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CARTE PONTINE OL ã~íÉêá~äá collana promossa dall’Archivio di Stato di Latina N

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CARTE PONTINE O=L=ã~íÉêá~äácollana promossa dall’Archivio di Stato di Latina

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I partiti politici

in provincia di LatinaPrimi materiali

per un progetto di ricerca storica e di tutela degli archivi

a cura di Agostino Attanasio

Pier Giacomo Sottoriva

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Copyright © 2005: Archivio di Stato di Latina

ISBN 88-89358-01-7

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INDICE

7 Presentazione

FONTI ARCHIVISTICHE

11 Agostino Attanasio, Per un progetto di tutela degli archivi dei partiti e delle personalità politiche in provincia di Latina

FRAMMENTI DI STORIA: DEMOCRAZIA CRISTINA, PARTITO COMUNISTA, PARTITO

SOCIALISTA, MOVIMENTO SOCIALE

23 Mario Ferrarese, Gli esordi della DC a Latina

25 Ninì Matteis, La Dc, frammenti di ricordi

27 Pier Giacomo Sottoriva, Il XII Congresso della DC di Fondi: quando Cervone sconfisse Andreotti

31 Mario Berti, 1947-1951: gli anni cruciali della lotta per la costruzione del Partito

43 Sabino Vona, Memorie del Partito comunista in provincia di Latina (1944-1964)

49 Franca Rasile e Anna Maria Tomassini, Donne e PCI. Appunti per una ricerca

57 Gabriele Panizzi, I socialisti del dopoguerra: un primo racconto

60 Tommaso Stabile, Postfascismo in terra pontina

71 Sabino Vona, La nascita, le difficoltà e i primi successi del Movimento sociale italiano

74 Pier Giacomo Sottoriva, La nascita del Movimento sociale italiano a Formia.Brevi note

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PROFILI BIOGRAFICI

79 Elisabetta Battista, Emilio Battista il primo senatore

80 Anna Maria Tomassini, Ludovico Camangi parlamentare repubblicano

86 Anna Teresa Romano Cervone, Vittorio Cervone: un profilo in piedi

89 Pier Giacomo Sottoriva, L’onorevole Mario Lauro Pietrosanti

90 Aldo D’Alessio, Severino Spaccatrosi

95 Giuseppe Parlato, Tommaso Stabile

100 Pier Giacomo Sottoriva, L’avvocato Leone Zeppieri

LE ELEZIONI

103 Emilio Drudi e Pier Giacomo Sottoriva, Le elezioni fino al 1951

UNO SGUARDO AGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA DALLA FEDERAZIONE COMUNISTA

121 Sabino Vona, Memorie di un segretario

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La pubblicistica pontina è alquanto avara di indagini sulla formazione della struttura politica,dell'assetto economico, della organizzazione sociale che la Provincia di Latina ha maturato apartire dalla fine della guerra. Altrettanto scarsa è stata la curiosità universitaria nel conoscernegli eventi, la formazione del corpo sociale, e le evoluzioni che la più dinamica società locale delLazio - al di fuori della non comparabile straordinarietà di Roma - ha conosciuto.

Le attenzioni prevalenti si sono finora rivolte alla definizione della nascita delle città nuove,spesso con scarsi entusiasmi per rivisitazioni "critiche" (ossia col taglio della indaginescientifica), e con ancor minori entusiasmi per una analisi della struttura sociale della provincianel suo insieme, comprensiva, cioè, della parte meridionale. Questi giudizi nascono dallaconstatazione della francescana povertà bibliografica nella materia.

Si corre, perciò, il rischio che vada lentamente perdendosi la memoria onomastica e quella storica- fatta anche di emozioni, di protagonisti, del racconto dal vivo - di fenomeni che hanno costruitola vita del nostro dopoguerra. La inesorabile legge biologica - sessant'anni dopo la fine dellaguerra - ha fatto scomparire molti personaggi che sono stati protagonisti della storia locale, e ciòè avvenuto spesso nella indifferenza di quelle stesse strutture sociali, culturali e politiche (adiniziare dai partiti) in cui quei personaggi si erano formati.

I convegni che si sono occupati di questi temi si contano sulle dita di una sola mano. In quellosvoltosi a Latina nel 1985 in occasione del cinquantesimo anniversario della nascita dellaprovincia ("Società e politica in provincia di Latina, 1934-1984"), Antonio Parisella affrontava iltema decisivo del rapporto tra ceto dirigente e sistema politico locale mentre Vittorio Cotestaanalizzava il ceto politico pontino dal 1964-1984. Subito dopo, i medesimi argomenti eranoripresi in altre sedi (A. Parisella, Cln, sindaci e prefetti in provincia di Latina, in L'altrodopoguerra : Roma e il Sud 1943-1945, a cura di N. Gallerano, Milano 1985, p. 433-445; V.Cotesta, Una nuova elite? : la struttura sociale della rappresentanza politica in provincia di Latina,Roma 1986; V. Cotesta - R. Bonacci, 1943-1946: nascita dei partiti a Latina. Protagonisti,avvenimenti, testimonianze, Latina 1987), aprendo terreni nuovi di ricerca che tuttavia non sonostati poi coltivati con grande profitto.

Non si fa molta fatica a mettere insieme i contributi del periodo successivo. Gli "scioperi arovescio" sono affidati ad un libro di Giuseppe Cantarano e ad un opuscolo del Comune diRoccagorga; sulla società pontina e sulla sua evoluzione v'è stata qualche tesi di laurea; lericerche sui mezzi di comunicazione e sui personaggi si limitano alle primissime pubblicazionidel Centro Studi Angelo Tomassini; quelle sul ruolo dei sindacati alle indagini di Maria RosariaBonacci (i cinquant'anni della Cisl); un abbozzo di vita imprenditoriale è dovuto all'amore di unpadre per un giovane figlio premortogli, ed è la vita di Massimo Izzi che il padre Tonino fecepubblicare per Marsilio Editori grazie alla penna di Armando Vitelli e Giuseppe De Santis. El'unico tentativo di tracciare un quadro della domanda e della offerta di cultura si deve al Censis,del 1990. Dalle carte degli archivi pubblici, infine, Annibale Folchi ha tratto la ricostruzionestorica de La fine di Littoria, 1943-1945 (1996).

Questo vuoto di memoria ha pure cause strutturali nel gran "vuoto di carte", di archivi dei

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partiti e delle personalità politiche che hanno fatto la storia della nostra provincia. Solo da unpaio d'anni l'Archivio di Stato di Latina è riuscito ad avviare una concreta politica di tutela diquesta documentazione, acquisendo gli archivi della federazione del PCI di Latina, l'archivio diVittorio Cervone e, negli ultimi giorni, quello del PRI, mentre le carte di Tommaso Stabile sonostate descritte per essere notificate dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio.

Come accade anche a livello nazionale, i caratteri originari dei partiti si traducono in qualchemodo anche nella loro produzione documentaria, e nella vocazione a conservare le proprie carte.Non è un caso che sia stato possibile, almeno finora, acquisire la documentazione di due partiti"unitari" come il PCI e il PRI, né che la DC sia rappresentata dalle carte di un suo esponente, perfortuna quello più importante. Molte carte e molti nuclei documentari, di cui v'è notizia, devonoessere ancora individuati, ma il recupero di questi materiali, per una volta, sembra poter darebuoni risultati. Questa pubblicazione nasce anche per questo, per diffondere e comunicare laquestione della tutela degli archivi dei partiti politici, che la scomparsa di tutte le maggioriorganizzazioni della prima repubblica rende urgentissima.

Ma la tutela degli archivi non vuol essere fine a se stessa. Questa pubblicazione: nasce anche conil desiderio di cominciare a scrivere un'altra storia della nostra provincia, per salvare il ricordodi figure che sembrano impallidite persino negli archivi domestici, oltre che nella memoriaistituzionale e in quella collettiva; vuole dimostrare, attraverso piccoli stimoli, come il ricordo el'indagine storica abbiano un campo pressoché sterminato davanti, purché vi sia chi - per spintaaccademica o per innesco volontaristico - decida di impegnarvisi.

Questa pubblicazione, che non s'illude di poter colmare vuoti di bibliografia storica al momentoincolmabili, si è imposta i termini temporali compresi tra la metà degli anni Quaranta e la finedegli anni Cinquanta, con qualche inevitabile incursione negli anni Sessanta e qualche"sguardo" anticipatore a quelli successivi. Essa offre MATERIALI: descrizioni di fonti archivistiche;frammenti di storia fatti di ricordi e testimonianze (Ferrarese, Matteis, Panizzi, Vona), talvolta diricostruzioni storiche di più ampio respiro (Berti, Stabile, contributo Drudi e Sottoriva sulleelezioni fino al 1951) o di avvii di ricerca storica (Rasile e Tomassini); di profili biografici che sonoin effetti autobiografie di gruppo (Spaccatrosi/D'Alessio), o capitoli di ulteriori possibili ricerche(Camangi/Tomassini), o brevi saggi storici, come quello di Tommaso Stabile delineato daGiuseppe Parlato, che qui ringraziamo per aver trovato il tempo di scrivere queste belle pagine.Ed in alcune parti presenta per il suo stesso carattere una inevitabile sovrapposizione tra autoried oggetto della narrazione, opportunamente segnalata con brevi notizie degli autori deicontributi che sono stati protagonisti della vita politica.

Quasi tutti i contributi sono ispirati ad un criterio discorsivo, informativo, sintetico: un inizio distoria, fatto per maglie molto larghe, attraverso le quali ci si augura che nuovi ricercatoripossano spingersi per infittire la ricostruzione e provare a fare auto-coscienza della società cheha preceduto quella dei giovani di oggi e accompagnato quella di chi oggi è meno giovane.

a.a. p.g.s.

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V

fonti archivistiche

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1. Forse altrove, in altre aree territoriali, sarebbestato possibile e metodologicamente necessario farprecedere la storia dei partiti politici, che allacaduta del fascismo costruiscono la nuova Italia, daun capitolo che quantomeno tornasse al primodopoguerra, agli ultimi anni del periodo liberale.Per censire le forze, ritrovare le persone ed igruppi che allora erano stati travolti dal fascismo everificare quanta di quella classe politicasopravvive nei nuovi organismi politici delsecondo dopoguerra, e quali fili della nuova tramapolitica riprendono la tessitura prefascista.Certamente, la lunga e resistente memoria degliaccadimenti e delle vicende del primo ventenniodel Novecento nella fascia che dai monti Lepinigiunge a Terracina, e da qui prosegue sconfinandofino al Garigliano attraverso la Terra di lavoro, lamemoria delle lotte e delle prime organizzazionidel movimento operaio, dei comuni socialisti, nel1944 è ancora ben viva.Ma nell'Agro redento e nelle città da poco fondatele cose si prospettano diversamente. Qui la cesurastorica è netta e profonda. L'epopea della bonificae della colonizzazione s'era appena conclusa, erastata appena creata la più giovane e "la piùfascista" provincia d'Italia, nel suo capoluogo ipalazzi innalzati per segnare nel paesaggio urbanole strutture di governo erano ancora freschi divernice, ancora si inauguravano e si fondavanocittà nuove ed ancora vi giungevano famiglie dicoloni, operai e lavoratori occasionali, impiegati efunzionari, quando la catastrofe della guerra facrollare tutto.La questione non riguarda l'entità e la consistenzadelle distruzioni belliche, fattore che pure incidenon poco sulle strutture socio-economiche. Essariguarda, soprattutto, il fallimento di un progettodi creazione di un nuovo spazio territoriale, di un

nuovo centro dotato di un forte profiloistituzionale capace di mutare, ridisegnandola, lagerarchia della rete urbana del Lazio meridionale.La fondazione delle città nuove dell'Agro pontinonon va semplicemente a riempire una vuotaestensione paludosa: essa sconvolge equilibrisocio-economici e demografici di lunga tradizionee trasforma i rapporti con i luoghi circostanti. Mavorrebbe ottenere risultati ancora più incisivi e dimaggior rilievo quando ad essa si sovrappone, nel1934, l'istituzione della nuova provincia diLittoria. Al nuovo comune, nato per essere uncentro rurale e divenuto "capitale" di dignitàprovinciale al pari di Viterbo, Rieti e Frosinone,capoluoghi dal 1927, sono ora assegnate, più omeno consapevolmente, funzioni nuove e diverse.Littoria è chiamata ad essere polo amministrativounificatore di due diversissime realtà: dell'area expontificia e di quella ex borbonica. I comuni dellaprima area avevano formato fino ad allora,nell'ambito della provincia di Roma, il circondariodi Velletri, con l'eccezione di quelli delmandamento di Priverno (con Maenza, Pisterzo,Prossedi, Roccasecca, Roccagorga e Sonnino),compresi in quello di Frosinone. La seconda fino al1927 aveva costituito, con Caserta capoluogo, partedella provincia di Terra di Lavoro, circoscrizionepoi soppressa e suddivisa tra le confinanti provincedi Napoli, Avellino Benevento, Frosinone e Roma,cui nel 1934 subentra la neonata provincia diLittoria aggregandosi i comuni fino al Garigliano.Ma, priva di Velletri, del centro che dall'Unità erastato sede di sottoprefettura e, prima ancora , erastato capoluogo di legazione pontificia, la nuovaprovincia nasce decapitata del suo più immediatoantecedente istituzionale; nasce con una sorta diacefalia storica che costringe, tanto peresemplificare, chi ha necessità di documenti ed atti

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Per un progetto di tutela degli archivi dei partiti e dellepersonalità politiche in provincia di Latinadi Agostino Attanasio

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dei nostri territori prodotti dagli uffici aventi sedein Velletri anteriormente al 1934, ad andare aRoma, dove quelle carte sono poi giunte.Ed ha, la neonata provincia, pure un evidentissimoproblema di rapporto con i comuni di Terra diLavoro, appartenenti ad un contesto territorialeche nulla aveva spartito con l'area storica in cuiera sorta Littoria, capoluogo fin troppo eccentricoe lontano. Le due aree erano state per secoli diviseda un confine di Stato, ma erano radicalmenteseparate soprattutto per il fatto di riferirsi adambiti di livello regionale e a centri metropolitani- Roma e Napoli - per tanti versi opposti econcorrenti.Se per Littoria il compito di tenere unite questedue diversissime realtà territoriali, di svolgerviuna funzione di coordinamento non soloamministrativo e burocratico, si presentava findall'inizio come una scommessa difficilissima, ildisastro della guerra viene subito ad interromperequalsiasi processo di ordinata formazione dellestrutture sociali, di articolazione della società civilein ceti e professioni, di consolidamento dei contestiamministrativi ed istituzionali. Non s'era ancorasedimentata, insomma, una classe dirigente localecapace di esercitare, se mai fosse stato possibile,una funzione di livello subregionale, quando lacatastrofe della guerra ed i rivolgimenti storici checonducono alla nascita della Repubblica, vengonoad azzerare completamente il quadro che a Littoriasi stava abbozzando.Non vorremmo correre il rischio di guardare allenostre cose con le suggestioni che ci hanno lasciatoi romanzieri francesi dell'Ottocento quandoraccontano di cittadine di provincia "ordinate",dirette da un forte notabilato fatto darappresentanti delle istituzioni statali e provinciali,da alti funzionari, da esponenti dei ceti elevati edel mondo delle professioni, di cittadineorganizzate in uno spazio "costruito" per imporrevisivamente le gerarchie politiche e sociali: unluogo solido e sicuro, governato da norme quasiimmutabili.Non vorremmo correre questo rischio, ma se lastoria delle istituzioni e degli organismiamministrativi locali ha un senso che travalical'anodina e stucchevole ricostruzione delle loro

forme, questa storia deve parlare di strutturesociali, di formazione di classi dirigenti, di gruppiorganizzati.Si capisce bene dunque come la storia istituzionaledella provincia pontina, soprattutto in questaprospettiva, si delinei con tratti particolarissimi: lacaduta del fascismo non cancella l'articolazioneamministrativa del 1934, né revoca a Littoria lasua funzione di capoluogo; la nuova Italia riceve ineredità una circoscrizione provinciale acerba ed uncapoluogo travolto dalla guerra quando ancora sistava formando: fragili organismi che la nettacesura dal passato decapita di qualsiasi struttura digoverno. Gli anni successivi alla caduta delfascismo e alla fine della guerra (giugno 1944)sono per Latina, rinnovata anche nel nome, unaseconda fondazione, una rinascita. In un vuoto dipoteri quasi assoluto.

2. A che serve questa premessa ? A tracciare unaprima ipotesi di lavoro e di ricerca, assegnando allastoria dei partiti politici nella provincia pontinauna funzione non secondaria e peculiare ancherispetto a quel che accade a livello nazionale.Mentre altrove, nelle vicende del difficilissimopassaggio dal fascismo alla democrazia, emergequasi sempre, con modelli di occupazione delpotere anche molto diversificati, la trama dellasocietà civile e la funzione della classe dirigentelocale, da noi, ove la cesura con il passato lascia unvuoto assoluto di poteri, questa trama vienetessuta ex novo e si va poi rapidamente - anchetroppo rapidamente - infittendo, trovando neipartiti politici, nelle loro dinamiche interne, diselezione e di promozione, una fonte per delinearenuovi scenari.Dopo aver ricordato che le vicende politiche dellaprovincia di Latina nell'immediato dopoguerrasono assimilabili a quelle del Mezzogiorno, ove lasostanziale assenza dell'esperienza resistenziale ela debolezza dei partiti del CLN consentonoall'autorità prefettizia di guidare il passaggio allademocrazia mediante la nomina di sindaci edamministratori locali, Antonio Parisella cosìsintetizzava già una ventina di anni fa lasituazione di cui s'è detto (Comitati di liberazione,prefetti e sindaci in provincia di Latina, 1944-1946,

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in L' altro dopoguerra : Roma e il Sud 1943-1945,a cura di N. GALLERANO, Milano 1985, p. 433-445):

Nei poco meno di due anni compresi tra laliberazione e le prime elezioni amministrative,alla scarsa autorevolezza dei comitati diliberazione nazionale e alla preminenzaprefettizia si accompagna anche una fortemobilità degli uomini alla guida delle istituzionilocali: con l'eccezione di pochi comuni alla testadei quali sono insediati in maniera incontrastataalcuni notabili, in genere si alternano tre oquattro tra sindaci e commissari. Sembra quasiche la dissoluzione del gruppo di potere e digoverno costituitosi durante il fascismo(anch'esso, peraltro, non molto omogeneo) abbiareso orfana la provincia, mentre un nuovo cetodirigente è ancora in formazione e stenta adaffermarsi.

S'è già detto nella presentazione: questi terreni diricerca non sono stati coltivati, forse sono statisolo dissodati accumulando molte e disparateconoscenze. Oggi, in un tempo che consente diguardare agli anni dell'immediato dopoguerra edella ricostruzione, al periodo decisivo per lanascita della democrazia italiana, con animi menocondizionati dalla passione ed occhi più lucidi, lastoria dei partiti può essere affrontata lasciando daparte gli sterili schemi delle ricostruzioniideologiche; essa può essere vista in modosistemico, come luogo di selezione della classedirigente locale che, qui più che altrove, è priva ditradizioni e di legami organici con il passato,sebbene alcuni o molti dei suoi esponenti avesserosingolarmente già militato e fatto esperienzaall'interno delle organizzazioni e delle istituzionidel periodo fascista.Con due possibili corollari: che questa particolaresituazione di vuoto di poteri che contraddistinguegli anni di trapasso dal fascismo alla democraziaabbia attratto forze e soggetti in grado di occuparerapidamente gli spazi disponibili, e che anche daqui sia derivato il dinamismo della società pontina,e la sua capacità di crescere a ritmi sostenuti. Mache, al contempo, questo carattere identificativodella nostra società sembra non aver (finora?)piantato solide radice, e sia invece accompagnato

ed in qualche modo connesso ad una fragilità dellesue strutture portanti, ad una loro permanenteprovvisorietà che ancora oggi si percepisce.Così, la storia dei partiti politici in provincia diLatina può essere storia "politica" senz'altro, ossiadella polis nel suo complesso e nella suaorganicità.

3. Ho già avuto modo di dirlo nel presentarequesta collana di CARTE PONTINE: non v'è cultura,né possono sopravvivere seri progetti di ricercasenza strutture e senza organizzazione. Così,questa storia dei partiti politici in provincia diLatina nasce parallelamente ad una intensa attivitàdi salvaguardia delle fonti archivistiche.Nell'Appendice che segue si dà conto delladocumentazione di cui sarà possibile avvalersi, edei limiti alla piena fruizione delle carte a motivodel loro stato di ordinamento. A questi ostacoli sipotrà seriamente rimediare solo con apportifinanziari da parte delle istituzioni politiche e deglienti pubblici, chiamati a definire una seria politicaculturale che tuttavia tarda a delinearsi.Per il resto, solo rapidissime indicazionibibliografiche sulle iniziative di tutela degli archividei partiti politici. A partire dal volumeGli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari diRoma, 30 giugno 1994, e di Perugia, 25-26 ottobre1994, Roma 1996 (PAS. Saggi, 39), ancora ogginecessario punto di partenza di qualsiasi ricerca.Indicazioni più aggiornate si troveranno in Gliarchivi storici dei partiti politici europei. Atti delconvegno, Roma 13-14 dicembre 1996, Roma 2001(PAS. Quaderni RAS, 94). E’ solo il caso diricordare infine la fitta rete di istituti culturali, ovesono conservati la gran parte dei fondi archivisticidei partiti politici, molto spesso provvisti di ottimeguide ed inventari (cfr. ad esempio: Guida agliarchivi della Fondazione Istituto Gramsci diRoma, a cura di L. GIUVA, Roma 1994; Guida agliArchivi dell’Unione Donne Italiane, introduzionedi M. OMBRA, Roma 2002) e la rete di “Archivi delNovecento”, realizzazione del ConsorzioBiblioteche e Archivi degli Istituti CulturaliRomani (BAICR) che collega i maggiori istituticulturali italiani consentendo la consultazione viaweb dei loro archivi (www.archividelnovecento.it).

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1. L’archivio della Federazione del PCI di Latina

L'archivio della federazione del PCI di Latina,depositato presso l'Archivio di Stato di Latina nel2002, ha una consistenza complessiva di 489 bustecomprendente documentazione che dall'immediatodopoguerra giunge fino alla nascita, nel 1991, delPDS, con una coincidenza quasi perfetta tra fontiarchivistiche e profilo storico del soggettoproduttore delle carte, salvo eccezioni chepotranno essere evidenziate a seguito di verifichepiù puntuali.La documentazione è pervenuta in un discretostato di conservazione ma senza alcun mezzocomplessivo di corredo, elenchi o inventari chefossero, anche se nei primi anni novanta lafederazione aveva dato vita ad un gruppo di lavoroper la sistemazione dell'archivio el'inventariazione delle carte. Tale gruppo di lavoroha proceduto alla "classificazione" di quasiduecento buste all'interno di uno schemaarticolato in una settantina di voci, e allaschedatura analitica delle carte contenute in uncentinaio di buste. Il lavoro testimonia

indubitabilmente la cura che i gruppi dirigenti delPCI hanno da sempre prestato alla conservazionedella propria memoria, confermando tutte lespiegazioni date ormai da anni sulla preponderantepresenza delle fonti del PCI nel panoramanazionale degli archivi dei partiti e dei movimentipolitici. Per un altro verso, tuttavia, il lavoro ècaratterizzato da comprensibilissime ingenuità ditecnica archivistica che purtroppo giungono adinficiarne la validità, a causa dell'artificiosità dellalogica classificatoria che - direbbe la nostradisciplina archivistica - altera l'originariadisposizione delle carte e diventa ingannevole peril ricercatore. Il che, quest'attenzione per le propriecarte non sufficientemente sostenuta da specifichecognizioni disciplinari, è il segno di uno iato, diuna distanza troppo forte tra società civile,organismi politici ed istituti culturali preposti allatutela delle fonti e all'organizzazione della ricercastorica: una distanza che ora il progetto sugliarchivi dei partiti e dei movimenti politici di cuiqui si tratta intende contribuire, per quantopossibile, a colmare. Prima di questo progetto, nel2003, in collaborazione con il Centro studi“Angelo Tomassini”, era stata verificata laNQ

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1. L’archivio della Federazione del PCI di Latina2. L’archivio Vittorio Cervone3. Le carte Tommaso Stabile

4. L’archivio del PRI di Latina e le carte Ezio Lucchetti

*Il lavoro archivistico non è (quasi) mai una fatica solitaria:come si legge in queste note, l’ordinamento e l’inventariazione dell’archivio del PCI

è stato affrontato a più riprese; l’attuale, provvisoria, sistemazione è il frutto di alcune giornate dilavoro di chi scrive e di Claudia Guerrieri.

L’archivio Vittorio Cervone è stato esaminato da Eugenia Mosillo e Ada Balestra, dell’Archivio di Statodi Latina. Ada Balestra ha poi compilato la descrizione riportata qui in Appendice avvalendosi anche,

per le notizie biografiche, del contributo di Anna Teresa Romano Cervone pubbblicato in questomedesimo volume.

Un ringraziamento al personale dell’Archivio di Stato di Latina, sempre pronto alla massimacollaborazione, anche al di là delle più strette competenze d’ufficio, sia per il decisivo apporto nelle presein carico e negli spostamenti del materiale archivistico, sia per gli apporti finali nella revisione dei testi.

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possibilità di ordinare ed inventariare l’archivio, oparte di esso, “provando” il tipo di lavoro da faresu dieci buste, prese a caso per ricavarne attendibiliindicazioni operative. Questo lavoro ha prodottoun inventario piuttosto puntuale delladocumentazione e, soprattutto, ha verificato lapresenza di documentazione prodotta dalla sezionecomunista di Latina, frammista a quella dellafederazione: un’osservazione di grandissima utilitàanche per i lavori futuri che dovranno ovviamentedistinguere l’archivio della federazione da quellodella sezione di Latina.Recentemente, in concomitanza con l’avvio delprogetto di tutela delle carte dei partiti e deimovimenti politici, è stato portato a termine unprimo lavoro di individuazione dei maggiori nucleidocumentari che compongono l'archivio.Parallelamente, è stata avviata l'inventariazionescientifica dell'archivio procedendo, data la suanotevole consistenza e le scarse forze adisposizione, per blocchi successivi. Il primo,cronologicamente compreso tra il 1945 e gli annicinquanta, è stato individuato e fisicamenteestrapolato; le carte così raccolte (21 buste) sonoattualmente oggetto dei lavori archivistici diordinamento ed inventariazione da parte diClaudia Guerrieri. Tali lavori, finalizzatiall'elaborazione di una tesi di laurea inArchivistica presso l'Università di Viterbo,comprendono il trattamento informatico delledescrizioni e la loro memorizzazione con ilsoftware GEA, prodotto ed elaborato nell’ambitodel progetto culturale “Archivi del Novecento”,così da consentire la consultazione via webdell’inventario.Di conseguenza, i nuclei archivistici risultano oracosì costituiti:

A. Documentazione disposta all'interno delleseguenti voci, stabilite a posteriori in occasione diuna sistemazione dell'archivio effettuata di recentepresso la federazione PCI:

Agitazione e propaganda; Appunti e riunioni dipartito; Artigianato; Cassa del Mezzogiorno;Comitati centrali; Comizi; Commercio; Congressialtri partiti; Congressi P.C.I; Congressi P.C.I.;

Consigli di quartiere e circoscrizioni; Consigliprovinciali; Consorzio di bonifica; Consorzio disviluppo industriale; Convegni; Convocazioniassemblee; Cooperative; Corrispondenza direzionee organizzazione (pochissimi documenti);Corrispondenza varia; Cortei, manifestazioni,scioperi; Cultura; Denunce e arresti; Elezioniamministrative; Elezioni amministrative(materiale prodotto dalle federazioni); Elezionipolitiche; Emigrati; Fascismo; Federazionegiovanile comunista; Formazione liste; Foto;Giornali murali; Infortuni sul lavoro;Inquinamento e problemi ambientali;Interrogazioni parlamentari; Manifesti; O.N.C.;Organizzazione e conferenze; Pensioni; Pianoregolatore di Sabaudia; Politica interna; Problemadella casa; Problemi contadini; Problemi del MedioOriente; Problemi della scuola e sindacati scuola;Problemi economici; Problemi energetici; Problemiesteri; Problemi militari; Problemi urbanistici;Profughi libici; Proposte di legge; Pubblicazioniciclostile; Pubblicazioni stampa; Questionefemminile; Questione trasporti; Rapporti caseeditrici e abbonamenti; Rapporti con altri partiti;Rapporti con enti; Rapporti con i comuni; Rapporticon i comuni (semivuoto); Rapporti sezioni P.C.I;Relazioni comitati federali; Sanità; Schemi diconversazione; Sindacati operai e agricoli;Situazione economica della sezione; Sottoscrizioni;Sport; Terrorismo; Tesseramento; Turismo;Turismo ed ecologia; Unità, Vie Nuove, Rinascita;Visite e viaggi; Volantini.

1960 ca - 1991, 186 buste con indici manoscrittiall'interno di 103 buste

B. Documentazione anteriore agli anni sessantaraccolta in buste:

busta 1: documentazione sul tesseramento (1950 -1955); circolari della segreteria di federazione(1951 - 1954); verbali di riunione (1955);documentazione sulla situazione politicaprovinciale; reclutamento nuovi iscritti (1953 -1955).busta 2: vertenze - collocamento (1949 - 1953);riunioni comitato federale (1948 - 1955);tesseramento sindacale CGIL (1949 - 1951);

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verbali riunioni comitato federale e commissionefederale di controllo; situazione economica (1953 -1955); cooperative (1953 - 1954).busta 3: documentazione su Ernesto Pucci (1955),Barachini Alfredo, Testa Pietro e altri compagni(ogni fascicolo contiene una biografia);documentazione sezione centrale quadri (1950 -1956); note biografiche dei memebri del comitatofederale; compagni arrestati per i fatti del 14 luglio1949.busta 4: diversi numeri di Rinascita, Unità, IlPopolo (1953 - 1958).busta 5: questioni agrarie (1950 - 1955); cameraconfederale del lavoro (1953); problemi salariali;problemi economici (anche anni '60);manifestazioni (1967 - 1968).busta 6: corrispondenza U.D.I; attività sezionefemminile (1954 - 1958); tesseramento donne; 3quaderni di appunti di Laura Masella (1956).busta 7: elezioni politiche Senato (1953); elezioniamministrative (1948); elezioni politiche Cameradei Deputati (1953); organizzazione dellapropaganda (1947 - 19519; corrispondentidell'Unità (1949).busta 8: tesseramento (1953); espulsioni dalpartito (1945 - 1950); congresso provincialeCGIL (1952); documentazione del comitatodirettivo; piano di propaganda; verbali riunioni;statistiche tesseramento e reclutamento (dal 1947);documentazione sullo sport (anni 70 - 80).busta 9: Terra Nostra; cooperative; problemi dellariforma agraria; questioni contadine; bollettino diinformazioni a cura della confederterra nazionale;riunioni sezione lavoro di massa; problemieconomici; documenti federbraccianti.busta 10: Dati elettorali distinti per comune eseggio (elezioni Senato 1953); rapporti con isocialisti (1947 - 1948); problemi della pesca(1950); verbali riunioni; festa Unità (1956).busta 11: VI congresso provinciale (1960);congressi sezione di Giulianello (1959).

1945-1960, 11 buste

C. Documentazione anteriore agli anni sessantaraccolta in fascicoli:

Comitato provinciale per la rinascita dell'agropontino, 1948-1951; Comitato di zona Itri-

Terracina, 1947-1948; IV Congresso provinciale,1954; Elezioni amministrative, 1951; Congressi disezione per il I congresso provinciale, 1945;Elezioni amministrative, 1954; Comitato zona sud,1947-1948; Elezioni amministrative, 1956; VCongresso provinciale, 1956; Congressi di sezione;III congresso provinciale; VII Congresso nazionale,1950; Congressi di sezione; II congressoprovinciale; VI Congresso nazionale, 1947; IVCongresso provinciale Federazione di Frosinone,1954; Preparazione del IX Congresso nazionale,1959; Congressi di sezione; V congressoprovinciale; VII congresso nazionale, 1956; Elencolavoratori agricoli di Sezze, 1949; Questioniterritoriali tra Pontinia e Priverno, 1947; Ente perla ricostruzione del cassinate, 1948; Caduti per lalotta di liberazione - Cooperativ ail Patriota, 1947;Elezioni amministrative comunali, 1954;Dati elettorali del Senato, 1954; Rapporti con icompagni socialisti, 1947-1950; Problemi dellapesca, 1950; "Schemi conferenze, comizi ecc.", ma:congresso sezione Latina, 1954; Festa Unità, 1956-1957; Tesseramento, 1950-55; Circolari segreteria,1954; Sulla situazione politica provinciale e altro,ca 1949.

1945 - 1960, 27 fascicoli: ca 10 buste

D. Documentazione inventariata a cura del Centrostudi Angelo Tomassini

1960-1991, 10 buste

E. Documentazione raccolta dall'on. AldoD'Alessio in qualità di deputato, distinta percomune e per tema

post 1972, 10 buste

F. Stampati e manifesti

post 1960, 42 buste

G. Tesseramento

post 1960, 4 buste

H. Documentazione in parte (46 buste)sommariamente descritta con raggruppamenti dinuclei minori

post 1960, 216 buste

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2. L’archivio Vittorio Cervone.

Le carte dell'archivio dell'onorevole VittorioCervone, protagonista di primo piano della storiapolitica del secondo dopoguerra in provincia diLatina, e figura rilevante nell'evoluzione politico -istituzionale delineatasi nella DemocraziaCristiana quale partito guida delle coalizioni digoverno, costituiscono un patrimoniodocumentario di straordinario interesse non soloper la comprensione di una figura politica dilivello nazionale, ma anche per la conoscenzadiretta di vicende e di processi politici, economici,sociali e culturali che hanno investito ampiamentee con assoluta incisività il nostro territorio.L'archivio personale dell'onorevole Cervone,depositato dai suoi figli con squisito senso diresponsabilità civica presso l'Archivio di Stato diLatina nel 2003, ha una cospicua entità; esso sisviluppa infatti per circa 57 metri lineari.L'approssimazione della consistenza, che almomento non ha ancora consentito di quantificareed identificare con esattezza le singole unitàarchivistiche, deriva non soltanto dall'assenza diun inventario seppure indicativo, ma soprattuttodal condizionamento dato al materiale cartaceo,peraltro di tipologie diverse, al momento deldeposito nel nostro istituto.Occorre puntualizzare, inoltre, che una parte nonirrilevante delle carte pervenute si trova in stato diconservazione non buono, e molto materialenecessita di adeguati interventi di disinfestazione edi restauro.Nonostante tali difficoltà, è stato possibile, dopouna prima e sommaria disamina, individuarenuclei documentari di una certa consistenzariconducibili alle diverse e svariate attività svolteda Cervone quale responsabile di partito in settoried ambiti diversi, come uomo di governo e nellasua attività parlamentare sempre attenta alleesigenze della provincia di Latina.Vittorio Cervone nasce il 14 gennaio 1917 a Gaeta,dove trascorre buona parte della giovinezza, e doveinizia la sua attività di militante cattolicodivenendo ben presto Presidente Diocesano deigiovani e riuscendo a mantenere salde lecompagini del cattolicesimo locale durante gli anni

della censura di regime.Completa gli studi a Roma, dove entra nellaCongregazione salesiana e nel 1941 consegue lalaurea in filosofia presso l'Università Gregoriana.Richiamato alle armi, viene inviato comesorvegliante dei magazzini viveri ad Albinia,presso Orbetello, dove si fa raggiungere daimembri della costituenda famiglia i quali, dopo il25 luglio 1943, vengono fatti rifugiare inPitigliano, mentre egli prende parte ai comitati diliberazione, profondendo il proprio impegno nellefile della Democrazia Cristiana, cui da subitoaderisce.Il suo primo impegno è a Gaeta, città nella qualeinizia a gettare le basi dell'organizzazione delpartito. Eletto consigliere comunale, è vicesindacodal 1946 al 1948, anche se senza dubbio è lafervida attività organizzativa all'interno dellaDemocrazia Cristiana a caratterizzaremaggiormente la sua attività politica, impegnosempre dominante lungo tutta la sua carriera,come emerge in modo inconfutabile dalla cospicuamassa di documentazione che riguarda sia neidettagli, sia nella trattazione delle problematichegenerali, la vita di un partito esemplarmenteorganizzato.Vittorio Cervone diviene in questi anni segretarioprovinciale della Democrazia Cristiana, segretarioprovinciale delle ACLI, e quindi referente di primopiano per la costituzione delle sezioni del partitoin tutti i comuni della provincia, come è datoricavare dalle cartelle di archivio, meticolosamentesuddivise in fascicoli, che costituisconocronologicamente la parte iniziale del fondo,strutturato secondo criteri che rimangono costantiper tutta l'attività della produzione documentaria.Dopo essersi trasferito a Latina, nel 1951 assumela carica di primo cittadino, che manterrà fino al1953, anno nel quale si dimette per essere elettodeputato nella Circoscrizione di Roma, nella qualeverrà nuovamente rieletto nel 1958 e nel 1963.Durante il quarto Governo Fanfani (21.2.1962 -16.5.1963) è sottosegretario al Ministero perl'Artigianato, l'Industria e il Commercio, conl'incarico di seguire i problemi connessi allanazionalizzazione dell'energia elettrica, e duranteil primo Governo Leone (21.6.1963 - 5.11.1963)

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mantiene la carica di sottosegretario al Ministeroper il Commercio con l'Estero.Queste due attività, sebbene di non lunga durata,sono ben documentate in almeno dieci faldoni dinotevole consistenza, all'interno dei quali gli affarigenerali vengono trattati parallelamente a quelli“particolari” riguardanti il collegio elettorale e, inmodo precipuo, le problematiche del settorerelative ai comuni delle province di Latina e, inmisura minore, di Frosinone.Nel frattempo Cervone si allontana dalla correnteandreottiana per legare le proprie sorti al nuovoprogramma politico promosso da Aldo Moro.Dal 1963 al 1969 assume nella DemocraziaCristiana l'incarico di dirigere l'Ufficio per iltempo libero, ponendo così in evidenza leproblematiche di un settore “nuovo”, affrontatocon il solito fervore che lo porta ad inaugurare lapubblicazione “Quaderni del tempo libero”,seguendo così idealmente quel filone dedicatoall'educazione che, dal punto di vista quantitativo,vede il proliferare di massicci fascicoli di appunti,copie, atti che costituiscono parte considerevoledella produzione documentaria, accresciuta da unaselezione ugualmente notevole di estratti edarticoli di giornali e riviste.Abbondantemente documentata è pure la suaattività di fondatore e presidente dell'AssociazioneNazionale Alunni e Genitori delle Scuole Laichenon Statali (A.N.A.G.e.S.L.), nonché di direttore eresponsabile del periodico “La Scuola Laica”.A partire dal secondo Governo Rumor, nell'agosto1969, fino alla fine del primo Governo Andreotti,che ha termine nel febbraio 1972, VittorioCervone assume l'incarico di sottosegretario allaMarina Mercantile, in tre anni di impegnoampiamente profuso il cui risultato, a livellodocumentario, è attestato in un discreto nucleocomprendente quasi tutte le tipologiedocumentarie: dal carteggio ordinario alle propostedi legge, dai dossier sulle singole problematiche aifascicoli nominativi in cui, come sempre nellosvolgimento delle sue cariche politiche e diimpegno civile, emerge sempre con forza lafocalizzazione sui problemi economici dellaprovincia di Latina.Un'attenzione particolare, e non solo in queste

carte, si profila relativamente al problemafondamentale del lavoro, cui dedica ogni energiapersonale, oltre che i mezzi di proposta legislativae di fattibilità operativa disponibili a livello piùsquisitamente politico, dall'attenzione al personaleche lo coadiuva nell'esercizio delle carichepolitiche, fino all'interessamento concreto allerichieste di lavoro provenienti dai singoli.Nel 1972 viene rieletto deputato nella medesimacircoscrizione, e nel 1973 passa a dirigere l'UfficioScuola della Democrazia Cristiana; il che lo portaad occuparsi non soltanto dei problemi dell'ediliziascolastica di ogni ordine e grado, fino a quellouniversitario, ma anche ed in modo mirato delleproblematiche della formazione del personale e gliindirizzi di insegnamento volti alla miglioreeducazione della popolazione in età scolare.Nell’ambito di questo funzioni nel 1974 promuovee convoca a Firenze la Conferenza nazionale per lascuola.Come già accennato, la produzione documentariarelativa allo svolgimento di questo delicatoincarico ha una consistenza notevole, almeno paria quella dell'attività di governo strettamenteintesa.Nel 1976 Vittorio Cervone viene eletto senatorenel collegio elettorale di Rieti, ed intensifica daallora i contatti con Aldo Moro, la cui figurapolitica segna profondamente, oltre che le suecarte, anche il suo destino di parlamentare, che hafine proprio ad un anno dall'assassinio dellostatista, quando si presenta alle elezioni del 1979come candidato alla Camera dei Deputati per ilCollegio di Roma Frosinone Viterbo Latina,uscendone sconfitto.Nell'ambito di tutta la produzione documentaria,purtroppo non ordinata ma già passibile disuddivisioni per grandi aree tematiche, un postoconsiderevole, forse un terzo dell'intero fondo, ècostituito dalle carte personali dell'uomo politico,fortemente presente nella società; una moleconsiderevole di appunti, diari, agende, riferimenti,fotografie, e soprattutto impressioni personalitestimoniano gli innumerevoli contatti, i facilirapporti con gli uomini politici, notabili, edesponenti di partito.Il momento politico, la contingenza degli eventi,

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che pure emergono sempre in modo chiaro daitesti di legge, dalle relazioni, dagli studi condottianche autonomamente, dagli articoli di stampa,proprio grazie alle carte personali acquistano unsignificato, assumono quella particolareconnotazione di “notizia fresca” che aiuteràmoltissimo chiunque voglia avvicinarsi a questeinteressantissime carte.Infine è bene ricordare la sua passione per lastoria,testimoniata dal volume pubblicato inoccasione dei quattrocento anni della battaglia diLepanto mentre di straordinario interesse è unadelle sue ultime fatiche, il volume Ho fatto ditutto per salvare Moro, scritto all’indomanidell’assassinio dell’uomo politico, quando giàVittorio Cervone comincia ad allontanarsidall'impegno militante all'interno del partito.

3. Le carte Tommaso Stabile

Le carte di Tommaso Stabile, custodite daifamiliari e solo di recente rese accessibili, non sonoancora perfettamente ordinate; la consistenzacomplessiva della documentazione, tra fascicoli,carte sciolte e cartelle, può essere sommariamentevalutata in quattro buste. La SoprintendenzaArchivistica per il Lazio, d’intesa con l’Archivio diStato di Latina, ha avviato la procedura per ladichiarazione di notevole interesse storico dellecarte ai sensi del d.lgs. 42/2004.Ecco una prima e sommaria descrizione delladocumentazione, distinta in base alle attuali unità,o nuclei, di conservazione:

A.1. a. Processo FAR (Fasci di AzioneRivoluzionaria): ritagli di giornali e stampati,1951.1. b. Corrispondenza professionale e carte dilavoro, 1946-1947.1. c. Corrispondenza relativa all'attività politica,1950-1955.

1. d. Lettere a Tommaso Stabile detenuto per ilprocesso FAR e lettere di Tommaso Stabile aicamerati in carcere, 1951-1952.1. e. Mozione del V congresso MSI, 1956.2. Corrispondenza politica: minuta di lettera diTommaso Stabile ad Arturo Michelini, segretarionazionale MSI, con cui trasmette copia di letteraricevuta da Cesare Pozzo passato al Fronte diLauro, 1955 sett. 9; biglietto di Ezio Maria Graj,Biglietto di Giorgio Almirante sulla polemicaTommaso Stabile-Magliozzi, 1958, dic. 1; foto,lettera di 11 consiglieri comunali MSI di Latinache formano un gruppo indipendente, 1958 lug.22.3. Documenti politici: documento sulla situazionesindacale in provincia di Latina, 1958, giu. 9;lettera di Evaristo Gambetta ad Arturo Michelinicontro la propria rimozione da commissariostraordinario del MSI di Littoria, 1958 lug. 6;lettera di Tommaso Stabile sui deludenti risultatielettorali, 1958; ritagli di giornali; documento delladirezione provinciale MSI, 1953; lettera di AsveroGranelli a Tommaso Stabile sul "lancio"dell'appello di Graziani, 1952, feb. 16; lettera diEvaristo Gambetta a Tommaso Stabile, detenuto,sui risultati elettorali, 1951 giu. 20; cambialesottoscritta da esponenti MSI per finanziare ilpartito.4. Raccolta di scritti da stampa periodica.

B.1. Raccolta di stampati: Fronte interno, agenzia diinformazioni, "Le origini del MSI", 1966 gennaio;2. "Quattrini dati" a Rauti per Ordine Nuovo,1964-1966.3. Documenti di Ordine Nuovo, 1964-1966.4. Documenti relativi alla corrente“Rinnovamento” di Almirante, 1964 (oltre aTommaso Stabile aderivano alla corrente DiManno, Ragonese, D'Erme).5. Corrispondenza con Rauti, 1965.

C.1. "Documenti MSI": corrispondenza dellacorrente “Rinnovamento”, 1963.2. Raccolta opuscoli e stampati, 1964-1969.3. Appunti di guerra: “Tempi di tormenta”,

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quaderni di memorie, 1944-1945; appuntidattiloscritti sul gruppo corazzato “Leonessa”,1969.4. “Contestazione”: stampati di Ordine Nuovo,1971.5. Stampati, ciclostilati di Ordine Nuovo eperiodici (Il Borghese, La Piazza), primi annisessanta - primi anni settanta

D. carte sciolte 1. “Giornalismo”: notizie del periodico “Provinciapontina” (a. 1, n. 1: marzo 1968)2. “Memorie per me e rivista NOI” (la rivista NOIdel marzo 1971 è collegata ad Ordine Nuovo; ilperiodico registrato a Latina è poi pubblicano inuna versione diversa da quella stabilita nelmenabò; Tommaso Stabile è chiamato in causa nelprocesso contro Ordine Nuovo), 1971-19733. Memorie in difesa di Tommaso Stabilenell'udienza contro Ordine Nuovo del 16 marzo19744. Documenti esibiti nell'udienza contro OrdineNuovo del 16 marzo 19745. “Contiene: rapporti della Questura di Roma[1971, 28 gennaio - 5 maggio], rapporti deiCarabinieri (7 aprile 1971), Lettera aperta adirigenti e militari, Notiziario 1979, novembre 5;sentenza di assoluzione del 16 marzo 1974”6. “Curriculum”: stampati e documenti in granparte riguardanti il processo contro Ordine Nuovo,1974.7. Stampati di Ordine Nuovo e NOI, 1971-19728. “Verbali di dibattimento”: udienza 16 marzo19749. Stampati10. Documenti da ordinare: corrispondenza, carterelative al MSI del 1964-1966, libretto di lavoro1945.

4. L’archivio del PRI di Latina e le carte diEzio Lucchetti

Si dà conto infine dell’archivio del PRI di Latina edelle carte dell’avvocato Ezio Lucchetti, che tantaparte ha avuto nella storia di questo partito inprovincia di Latina. I due nuclei archivistici sonoqui raggruppati per contiguità ideale e per il fattoche probabilmente una volta riordinatiricostituiranno in grandissima parte l’archivio delpartito.Ultimata la consegna della carte mentre questabrochure andava in tipografia, è possibile diresoltanto che la consisteza complessiva dei duenuclei documentari è di quasi cento unità.Ed aggiungere un ringraziamento all’avvocatoEzio Lucchetti che ha messo a disposizione le suecarte e si è attivato per l’acquisizione dell’archiviodel PRI custodito per tanti anni dal prof. MarioSiciliano, già segretario provinciale del partito diLatina.

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frammenti di storiademocrazia cristina

partito comunistapartito socialista

movimento sociale

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L'idea di scrivere una storia della DemocraziaCristiana pontina mi era balenata già intorno aglianni Sessanta. Avevo raccolto, dall'incontro conalcuni soci fondatori, notizie sicure sulla data dinascita ed era già un passo avanti. Ma quando hotentato di reperire atti ufficiali, documenti,frugando negli archivi, mi sono trovato senza unaminima traccia che potesse aiutarmi nel ricostruireil battesimo della DC nella provincia pontina.Ricordo esattamente nomi, episodi e fatti; ma nonbastano. Potrei raccontare il fervore e di queigiorni e di quegli anni, trascinato dal sentimento.La mia prima tessera risale al 1945. La sede dellaDC era in piazza della Libertà. Segretario era ilcavalier Enrico Ferracci. Dopo alcuni incontri avuticon Enrico Ferracci e Federico Pietrini, i due socifondatori della DC, le idee si fecero più chiare.Così ho potuto ricostruire faticosamente, conqualche inesattezza, il periodo della DC che va dal1944 al 1950.Alcuni storici hanno già raccontato di quelperiodo.Se la memoria non mi tradisce, nella città piùfascista d'Italia, la DC trova la sua nuovaleadership in un gruppo di cattolici già presentinella varie organizzazione statali. L'atto di nascitaviene redatto in una delle stanze dell'OratorioSalesiano. E' presente anche Don Carlo Torello,primo parroco della chiesa di san Marco.I soci presenti sono; Enrico Ferracci, dirigentedell’esattoria comunale; Federico Pietrini dirigentedel Banco di Santo Spirito, Aurelio Ambrosio,ingegnere capo dei Comune di Latina; AndreaIppoliti funzionario della Banca d'Italia; avv. MarioLauro Pietrosanti, dr. Vincenzo Rossetti, medico epioniere del tempo della bonifica, avv. AngeloOnorati, responsabile del Consorzio Agrario, eGiovanni Cessari, ragioniere capo della

Deputazione Provinciale. E' il gruppo politico cheprepara le elezioni amministrative del 1946.Assiste alla redazione dell'atto di nascita l'avv.Ercole Marazza che sarà per lunghi anniSegretario regionale della DC.Il ritorno alla politica attiva del gruppo dei vecchiappartenenti al Partito Popolare, nei quadri dellanuova DC, appare lento e faticoso, ma a differenzadegli altri partiti è certamente il più omogeneo. Inessa confluiscono, naturalmente, anche i gruppi ele associazioni cattoliche, prima tra tutte l'AzioneCattolica italiana.La presenza della DC nei territorio pontino puòdirsi molto articolata. Conta su una parte dellaborghesia. I suoi iscritti sono medici, avvocati eprofessionisti ed insegnati che si muovono semprenell'orbita dalla Chiesa. Ricordo che una grossamano sul piano delle adesioni venne dalleorganizzazioni cattoliche (Azione Cattolica, FUCI.ecc.).Uno degli obiettivi più immediati fu la ricerca diun collegamento più diretto e ravvicinato con i cetipopolari in aperta sfida con la politica del partitocomunista.La DC poi si collega con il mondo dell'agricolturaattraverso la Federazione Nazionale dei ColtivatoriDiretti, fondata da Paolo Bonomi.A Latina la Federazione provinciale è affidata allagrande esperienza del dr. Vincenzo Rossetti,medico e pioniere degli anni difficili della bonifica,e che sarà per molti anni custode di una vastoelettorato contadino che voterà sempre per ilpartito cattolico.Non voglio dimenticare, in questo avvio politicodemocristiano, il sostegno insostituibile dellachiesa locale e diocesana, madre sempre provvida edeterminante soprattutto nei periodi elettorali.Ricordo che alla prima manifestazione pubblica

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Gli esordi della DC a Latinadi Mario Ferrarese

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della DC nella città, accanto ai dirigenti del Partitoè presente anche il Vescovo ausiliare di Velletri perindicare quale fosse l'orientamento della Chiesadiocesana.Il primo congresso provinciale dei partito si tienenell'aula magna dell'Istituto tecnico “VittorioVeneto”, in Viale Mazzini, con una partecipazionedi delegati venuti da tutta la provincia.Sono presenti: il sen. Mario Cingolani, inrappresentanza della direzione nazionale DC, il dr.Pietro Campilli, della direzione nazionale, l'ing.Emilio Battista, vecchio popolare dl Terracina chesaranno poi i nostri rappresentanti alla Camera edal Senato nell'Assemblea Costituente. Viene elettosegretario provinciale l'ing. Aurelio Ambrosio,funzionario dell'ufficio tecnico del Comune diLatina, assistito da un comitato provinciale nelquale sono presenti tutti i soci fondatori più irappresentanti delle sezioni di Formia, Terracina,Cori, Gaeta, Sezze, Privemo. Intanto il gruppofondatore prepara le elezioni amministrative del1946.Il partito repubblicano sembra avere maggiorisimpatie tra gli elettori.Il prefetto di Latina, Gaetano Orrù, su pressionedel Comitato provinciale di liberazione, nominasindaco provvisoria di Latina il rag. FernandoBassoli, esponente di primo piano repubblicano.Dopo un confronto aspro e frontale, avvenuto tra ipartiti politici, alle prime amministrative, deI 7aprile del 1946, la DC ottiene il 32% dei consensie 13 consiglieri comunali: Mario LauroPietrosamti, Vincenzo Rossetti, SaturninoPiattella, Antonietta San Martino Verdesca, Mario

Isabella, Beniamino Lo Presti, Enrico Zanotto,Maria Cocco, Attilio Franzon, Giovanni Lucci. Maè il partito repubblicano a raccogliere, con il 37%dei voti, la maggioranza relativa.Poi, inizia il cosidetto periodo cervoniano.Vittorio Cervone, giunto a Latina nel 1946 - altriscriveranno di questo illustre personaggio dellaDC pontina- è l'uomo che scompiglia, negli anni1948-1951, tutti i piani degli altri partiti.La DC è presente in tutti i centri della provincia;le adesioni al partito sono sempre più numerose; lapolitica provinciale del partito è finalizzata semprealla promozione e alla crescita sociale edeconomica della gente pontina.Il filo sottile che Vittorio Cervone lancia dalla sededel Comitato provinciale di via Oberdan è un filo acui hanno fatto riferimento le generazionidemocristiane seguenti.Nelle elezioni politiche dei 1948 la DC raccoglieun largo successo di voti, sia nel capoluogo che inprovincia. E' anche merito della "manovalanza"che aveva il compito di affiggere i manifestielettorali.La DC si prepara alle amministrative del 1951.Il recupero politico di un elettorato, ancora incertonei confronti della DC, viene affidato a VittorioCervone. Che inserirà nella lista i rappresentantidelle categorie sociali per un ricambio effettivodella vecchia classe dirigente.Nel 1951, attorno o a questa DC, in città c'è ungrande fermento. Poi le scelte, la compattezza delgruppo, l'entusiasmo della gente le darannoragione.

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Nell'immediato dopoguerra, la Dc pontina nacquefra mille difficoltà. Non fu facile collegarel'entusiasmo e il senso di rivincita della nuovaclasse politica alle esperienze maturate per oltreventi anni nei dibattiti ospitati clandestinamentenelle sale parrocchiali.Si attuava un processo di ricambio. I partiti deldisciolto CLN si trovarono di fronte ai problemi inun Paese dilaniato e distrutto dalla furia bellica cheda Castelforte a Cisterna aveva sconvolto tutto ilterritorio pontino.Per la DC le difficoltà furono ancora maggiori, perla natura stessa degli iscritti, restii ad essereinquadrati in rigidi schemi organizzativi e per unacerta diffidenza delle organizzazioni sindacalicattoliche. Non era certo agevole assemblare ACLI,operai, intellettuali, vecchi Popolari edemocristiani appena nati, per intraprendere uniter comune verso finalità individuate da unPartito giovane che faticosamente reggeva lapressione dei partiti di sinistra.Vi era, però, fra le varie identità un denominatorecomune: la ricostruzione e la necessità di costruireuno Stato democratico sorretto da leggi chetutelassero tutti i diritti dei cittadini.Concretamente, bisognava lavorare per risolvere ledrammatiche urgenze dei singoli Comuni efavorire la partecipazione, sia pure delegata, allacostruzione di un nuovo Stato.Proprio nei Comuni si evidenziò lo spessore dialcune personalità che poi incisero sulla politicapontina.Non è un caso che Vittorio Cervone iniziò il suocammino politico dopo aver fatto il vice Sindaco aGaeta ed il Sindaco a Latina. La DC si misuravacori i problemi delle comunità locali in un terrenopiù congeniale, perché consentiva il rapporto conla gente e concretizzava quelle linee che Luigi

Sturzo indicava già nel programma del PartitoPopolare, l'unica partito italiano che poneva alquadro Politico il problema delle autonomie degliEnti locali, reclamando la partecipazione dellecomunità alla costituzione di uno Stato più agile epiù democratico.Nei Comuni spesso si accendeva un duroconfronto con le altre forze politiche, sempreimprontato ad una civiltà derivata dalla sofferenzadi un brutto periodo della storia italiana.Da Vittorio Cervone venne l'esempio e la spintaad operare nel tessuto locale con l'adesioneconvinta della intera DC attraverso l'impegno ditanti amici che ricorderemo pur con le carenzedovute al passare del tempo e all'indebolitamemoria, e rinviando per altri a quanto scriveMario Ferrarese:a Castelforte: Alfiero Di Mambro e FilippoCoviello;a Minturno: Filippo Fondi, Salvatore Signore, G.Antonio Conte, Franco Carcone;a Formia: Antonio Broccoli, Ottavio e PeppinoZangrillo, Mario Costa, gli aclisti Papa eTomassino, il sindacalista Filippo Gionta;a Gaeta: Francesco Paolo Cardi, Pasquale Corbo,Giovanni Viola, Cesarale;a Itri: Francesco Ialongo, Circonciso Maggiacomo;a Fondi. Benedetto Soccodato, Ernesto Zanettino;a Terracina: Ottorino Pernarella, De Risi, Bellini,Renato Maragoni;a Priverno: Antonio Caradonna, Vittorio Macci;a Sezze: Guido Bernardi, Mario Venditti, PeppinoDi Trapano;a Cisterna: Vittorio Nardacci, Felice Paiani,Federico Pietrini;a Latina: Emanuele Pompili, Mario LauroPietrosanti, Vincenzo Paolelli, Igino Salvezza.Va inoltre ricordato l'impegno della DC, sia pure

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La DC, frammenti di ricordidi Ninì Matteis

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come forza di minoranza, nei comuni collinari,dove dominavano i partiti di sinistra.Questo elenco, alla fine degli anni Cinquantaveniva arricchito dalla maturata esperienza dellanuova classe dirigente e dalla notevole presenzadel Movimento giovanile della Dc con gliautorevoli Dante Monda, Rodolfo Carelli e NinoCorona.La DC ebbe il merito (ovviamente non solo la DC,

ma tutte le forze politiche, di avere ricostruito laprovincia garantendo, nel quadro politico generale,una moderna visione del rapporto tra la politica ela gente pontina.Con lo storico congresso di Fondi del 1961, !a DCsi avviava ad un profondo rinnovamentoallargando i contenuti ed i confini di una azioneche andrebbe meglio riconsiderata.

Giovanni Matteis è nato a Formia il 25 luglio 1929, ha compiuto gli studi medi e superiori a Roma,presso il Liceo Mariani, laureato in Giurisprudenza a Roma, presso l'Università degli Studi La

Sapienza. Dedicatosi, insieme all'attività professionale, alla vita politica, ha poi seguito soprattuttoquest'ultima: nel 1958 è presidente dell'Ospedale del Dono Svizzero di Formia; dal 1960 è consigliere

comunale e poi assessore; nel 1965 è sindaco di Formia; nel 1970 consigliere provinciale, poi assessore e,nel 1974, Presidente della Provincia. Nel 1975 è presidente del Comitato regionale di controllo di

Latina, dal 1972 al 1989 è direttore del Consorzio industriale sud pontino.

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Il forte successo che la Democrazia cristianaottenne nelle elezioni politiche del 1948, dopo leparzialmente deludenti elezioni amministrative del1946, che avevano restituito la vita pubblicaitaliana alla normalità politica e istituzionale,attribuì al partito del Presidente Alcide De Gasperiun ruolo primario anche nella geografia politicadella provincia di Latina. Incidentalmente varicordato che, terminata la straordinaria battagliaelettorale del 18 aprile, De Gasperi volle prenderealcuni giorni di riposo e decise di trascorrerliproprio in provincia di Latina, presso il GrandHotel Miramare di Formia, dove soggiornò dal 25al 29 aprile unitamente ai suoi familiari. A ricordodi quel soggiorno, il Presidente lasciò sull'Albod'onore degli ospiti dell'albergo la sua firma sottoun breve e gustoso commento: rifacendo il versodel motto civico di Formia Post Fata Resurgo, DeGasperi scrisse Post Comitia Resurgo!).La primissima fase organizzativa della Dc fuaffidata all'ingegnere Ambrosio, ingegnere capodel Comune di Latina, che guidò il partito nelleelezioni amministrative del 1946. Il risultato furitenuto parzialmente insoddisfacente, e nelsettembre del 1946 il professor Vittorio Cervonevenne incaricato di assumere la Segreteriaprovinciale, circostanza che gli comportò il dupliceproblema di trasferirsi con tutta la famiglia aLatina dalla natìa Gaeta e di lasciare anche lacarica di vice sindaco che aveva in seno alla giuntacomunale della sua città. Quest'ultima decisionepuò apparire all'osservatore odierno - abituato adimbattersi in uomini politici che cumulano diversied anche importanti incarichi senza avvertireconflitti e, comunque, senza patire difficoltà anchefisiche di applicazione - davvero fuoridell'ordinario: Cervone, candidamente, haconfessato che ritenne di doversi dimettere anche

da consigliere comunale perché "dovendo guidaree dare fiducia ai democristiani delle varieAmministrazioni comunali, non potevo dare lasensazione, che, quale amministratore di Gaeta,facessi dei privilegi in favore della città checontribuivo ad amministrare".Questa dichiarazione spiega anche la suasuccessiva rinuncia a candidarsi alla Camera deiDeputati quando, in vista delle elezioni politichedel 1948, benché designato da tutti i Sindaci, daiSegretari sezionali e dall'intero Comitatoprovinciale della Dc, preferì rinunciare per potersidedicare alla costruzione del partito.Quegli intenti gli consentirono, effettivamente, diconsolidare la Dc, legandola ai maggiori esponentinazionali dell'epoca, invitati in diverse occasioni avisitare la provincia, ed in modo particolareall'astro sorgente del giovanissimo onorevoleGiulio Andreotti, che, dopo le elezioni del 1948,assunse l'incarico di Sottosegretario allaPresidenza del Consiglio dei Ministri.Andreotti fu, infatti, anche lui notevole sostegnodella giovanissima Democrazia cristiana pontina,nella quale radicò la sua presenza grazie al fortelegame che riuscì a stabilire con tutti irappresentanti comunali del partito, e grazie allepossibilità di venire incontro alle richieste che glipervenivano dai diversi comuni della provincia diLatina che la sua posizione gli offriva. La posizionedi preminenza si strutturò nel tempo attorno aquella che sarebbe stata chiamata "corrente", cheassunse la denominazione di "Primavera". Coltempo, però, l'affermarsi di nuovi schieramentiinterni portò ad una contrapposizione che emersein tutta evidenza al XII congresso che la Dcpontina celebrò a Fondi.I precongressi che lo precedettero individuaronochiaramente la rottura che si stava consumando

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Il XII Congresso della DC di Fondi: quando Cervonesconfisse Andreottidi Pier Giacomo Sottoriva

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tra l'andreottiana Primavera da una parte e tuttele altre correnti (morotei, fanfaniani, basisti,aclisti, ecc.), che si raccolsero sotto ladenominazione comune di Concentrazione.Secondo i buoni usi dc, Concentrazione negava cheobiettivo della sua azione fosse la personadell'allora ministro Andreotti, e dichiarava divolersi collocare, invece, come alternativa dialetticainterna, secondo una terminologia sempre attentaalle forme, anche se incapace di nascondere lasostanza.Era, per la verità, anche difficile sostenere che lalista che si opponeva a Primavera, e la cuileadership venne assunta dall'onorevole VittorioCervone, puntasse ad un riscatto dell'autonomiapontina rispetto al prevalere della "romanità"andreottiana, non foss'altro che per il fatto cheessa, in buona parte, si riconduceva all'onorevoleMoro, la cui venuta in provincia di Latina nel 1960aveva, evidentemente, convinto molti a seguirne letesi, ad iniziare dallo stesso Cervone. Nei discorsiche Moro aveva tenuto a Ponza prima e a Latinadopo era stata tracciata la teoria dell' "arcocostituzionale", dal quale andavano discriminate leestreme totalitarie neofasciste e comuniste. La tesiera stata eretta a base teorica nel congresso diFirenze del 1960, nel quale era stata affacciata laprospettiva di un cambiamento delle posizioninazionali, in vista di un avvicinamento a sinistra,tramite il collegamento organico, ossiagovernativo, col Psi che si andava sganciando dalPci.Il XII congresso di Fondi ripropose la dialetticanazionale (da una parte, per la sinistra, il ministrodel Turismo Folchi, che parlò della necessità diabbandonare il "mausoleo centrista"; dall'altra ilministro della Difesa Andreotti), ma divenneanche una giustapposizione tra Cervone, che ormaiambiva ad essere il portavoce della provincia, eAndreotti, nelle cui file aveva militato fino alcongresso di Firenze.Il congresso, dunque, si svolse dal 18 al 19 giugno,presenti 160 delegati eletti nei precongressi inrappresentanza di oltre 15 mila iscritti alla Dc(sono cifre importanti, come si vede). Glischieramenti erano così divisi: da una parte gliandreottiani, guidati dal sottosegretario Franco

Evangelisti, che avevano raccolto 4779 votiprecongressuali, si presentarono con la lista diContinuità; dall'altra centristi, morotei-cervoniani(che riportarono 8374 voti nelle elezioniprecongressuali), fanfaniani (1835 voti), e basisti siraccolsero nella lista unificante di Concentrazione,evidente frutto di una scelta che puntava allaaffermazione di quella asserita autonomiaprovinciale che si voleva perseguire e in nomedella quale si superavano molte divergenze edanche le molte diffidenze che si nutrivano verso lasinistra del partito.Larga la partecipazione degli esponenti nazionali:il ricordato ministro del Turismo Alberto Folchi, ilsottosegretario al tesoro Dino Penazzato, l'altrosottosegretario Dario Antoniozzi, che presiedette ilcongresso, oltre, ovviamente, al ministroAndreotti, a Cervone, a Franco Evangelisti.I lavori ebbero svolgimento presso il cinemaCastello, introdotti dal segretario provincialeprofessor Antonio Caradonna, che fu a lungoanche apprezzato presidente della Provincia. Iltema che fece da motivo conduttore del dibattito,fu La Dc partito di iniziativa politica per losviluppo democratico, economico e sociale dellaProvincia, e fu illustrato dal dottor CandeloroMignano, presidente della Camera di commercio. Imaggiori esponenti furono per gli andreottianiGuido Bernardi, Franco Ottaviani, Luigi Antonetti,Francesco Paolo Cardi, Emilio Battista; e perConcentrazione, oltre a Cervone, Mario Costa,Benedetto Soccodato, Francesco Paolo DeArcangelis, Candeloro Mignano, Giovanni Matteis,Riccardo Bellomo, Pasquale Corbo, VincenzoRossetti, capo dei Coltivatori diretti (anzi dei"bonomiani", come venivano identificati,strappato ad Andreotti), De Risi, e i "giovaniturchi" della sinistra dc Dante Monda, RodolfoCarelli e Nino Corona.Concentrazione presento un documento, notocome Mozione Matteis, dal nome del giovaneavvocato Nini Matteis che la preparo e presento.Al termine di un duello aspro e combattutosoprattutto all'esterno della sala congressuale, neicorridoi e in molte riunioni, Cervone ottenne lamaggioranza dei seggi, conquistandone 19, controgli 11 degli andreottiani. La votazione fatta col

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cosiddetto panachage (che consentiva lacancellazione di nomi dalla lista unica), punì ilgiovane Nino Corona, unico a non essere eletto trai quattro fanfaniani candidati alla direzioneprovinciale, e questa operazione fu attribuita aRiccardo Bellomo. Essa creò qualche problema, poirisolto facendo entrare Corona nel Comitatoprovinciale dc, con un incarico dirigenziale.Cervone dichiarò che quel congresso fu epocale"nel Lazio e al di là del Lazio", perché valse a"rompere il monolitico gruppo di Andreotti, e ad

aprire un po' più alla dialettica interna laDemocrazia cristiana". Fu anche il congresso nelquale la sinistra dc aprì la strada ad unriconoscimento di cui fino allora non avevabeneficiato. Ma soprattutto, fu l'occasione che,nelle dichiarazioni di premessa e di conclusioneche ne dette il gruppo vincitore, aprì nuoveprospettive alla Dc pontina, che rivendicò unproprio diritto ad affermarsi nella pienezza dellasua autonomia.

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La nuova fase politica, apertasi nell'aprile 1947 conla estromissione dei comunisti e dei socialisti dalgoverno, quale riflesso del precipitare della guerrafredda, in seguito alla rottura delle alleanze,realizzate durante la seconda guerra mondiale, frale grandi potenze del blocco antinazista eantifascista, posero al partito e al movimentodemocratico italiano, problemi di adeguamentibruschi di linea politica.Rimaneva fermo l'obiettivo strategico, maturatonella lotta antifascista, nel periodo della guerra diLiberazione e durante la lotta per l'istituzionedella Repubblica, e chiaramente delineato daTogliatti nei discorsi alla Costituente. Nel testodella relazione e delle proposte presentate per laelaborazione della Costituzione si affermava: "sitratta innanzitutto di introdurre nellaDichiarazione dei diritti che deve, a guisa dipreambolo, riassumere lo spirito della nostra cartacostituzionale, l'affermazione di nuovi diritti dellapersona umana il cui contenuto e in relazionediretta con l'organizzazione economica e la società.In secondo luogo si tratta di affermare conenergia, sin dai primi articoli della nuovaCostituzione, la necessità di operare nella societàitaliana, attraverso l'azione dello Stato, profondetrasformazioni economiche e sociali, e ciò alloscopo tanto di fare opera effettiva di redenzionedel popolo, quanto di colpire i gruppi privilegiati,autori della catastrofe nazionale, e impedire, conmodificazioni e riforme della nostra stessastruttura sociale, che un'altra volta questi gruppipossano avere il sopravvento e imporre allanazione i loro propositi reazionari, antipopolari eantinazionali".Appare evidente l'obiettivo di definire sul pianogiuridico nazionale una radicale modificazione deiprincipi economici e del ruolo delle classi che

erano propri "della filosofia politica delcapitalismo classico e delle costituzioni borghesi".La delineazione di tali profonde modificazionidelle strutture delle basi produttive e del relativomodello di sviluppo economico, giuridico e sociale,presupponeva la enucleazione di puntiprogrammatici strategici, che avrebbero richiesto aloro volta, una direzione politica diversa, fondatasu un blocco sociale che assegnava alla classeoperaia, ai contadini, ai ceti medi, attraverso unarete diffusa di organizzazione e istitutidemocratici, un ruolo di direzione assolutamentenuovo e non messo alla prova ancora da nessunaesperienza storica.Da qui le proposte programmatiche, svolte nellarelazione richiamata:a) la necessità di un piano economico, sulla basedel quale sia consentito allo Stato di intervenireper il coordinamento e la direzione dell'attivitàproduttiva dei singoli e di tutta la nazione;b) il riconoscimento costituzionale di forme diproprietà dei mezzi di produzione diverse daquella privata, e precisamente le proprietàcooperative e quella di Stato;c) la necessità che vengano nazionalizzate quelleimprese che per il loro carattere di serviziopubblico oppure monopolistico debbono esseresottratte all'iniziativa privata;d) la necessità dell'organizzazione di consigli diazienda come organi per l'esercizio di un controllosulla produzione, da parte di tutte le categorie dilavoratori, nell'interesse della collettività;e) la necessità che il diritto di proprietà, di cuid'altra parte si garantisce la tutela da parte dellalegge, sia limitata nell'interesse sociale;f) la necessità che la distribuzione della terra nelnostro Paese venga profondamente modificata, inmodo che sia limitata la grande proprietà e

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1947-1951: gli anni cruciali della lotta per la costruzione del Partitodi Mario Berti

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vengano protette e difese la proprietà piccola emedia, e in modo particolare l'azienda agricola delcoltivatore diretto.La proposizione di tale programma, nasceva dalconvincimento che le condizioni politichedeterminatesi nel paese, con la lotta antifascista edi Liberazione, la coscienza politica e di classematurata, nel movimento operaio, tra i brac-ciantied i mezzadri, ed i collegamenti organici realizzaticon strati notevoli di intellettuali, consentivano diprevedere che esso potesse essere sostenuto per unlungo periodo storico, da un ampio, articolato eimponente movimento di massa.E' indubbio che questa linea politica, non erapatrimonio di tutto il partito, che non vi era lacoscienza riflessa nelle grandi masse popolari e chela stessa classe operaia non esprimeva livelli diunità politica, tali da far prevedere un impegnotravolgente.D'altronde la linea politica di un partito che siproponga di trasformare la società, non si elaborae non diviene patrimonio di decine e centinaia dimigliaia di dirigenti e militanti e soprattutto digrandi masse, attraverso un tranquillo lavoro diricerca scientifica (che tuttavia va svolto concontinuità e rigore) e la diffusione dall'alto deisuoi postulati. Al contrario, definiti gli obiettivistrategici, essa si sviluppa nel fuoco dello scontropolitico e di classe, che le varie fasi della vita delpaese impongono. Così alla fine degli anni '40 eagli inizi degli anni '50, si pose il problema diadeguare e sviluppare la linea politica alla nuovarealtà.I cardini rimasero sempre gli stessi: lotta per lapace, per le libertà democratiche; per lo sviluppoeconomico e sociale. Essi però, richiedevano, lamessa a punto di obiettivi che dovevano scaturiredalle analisi dei processi in atto, nello scontrointernazionale e nazionale. Alla luce di taliobiettivi, sempre tra essi strettamente intrecciati,ne derivarono le piattaforme politico-programmatiche, su cui impegnare, con iniziativepolitiche e movimenti di lotta di massa, il partito elo schieramento democratico. Si trattava, comeallora si diceva, di tradurre nei termini comunali,di zona, provinciali, la linea politica del partito, perconcorrere alla sua attuazione e al tempo stesso al

suo arricchimento. Per la provincia di Latina, ilproblema presentava, come già all'indomani dellaLiberazione e come si è confermato nei decennisuccessivi fino ad oggi, difficoltà di un certo gradodovute alle condizioni oggettive (massicciaarticolazione nelle strutture economiche, nelletradizioni storiche e culturali) che rendeva arduo iltentativo di ricondurre ad unità obiettivirivendicativi e di trasformazioni economiche. A ciòva aggiunto la debolezza soggettiva del partito chenon poteva avvalersi dell'apporto di un nucleodirigente di larga estrazione operaia, o espressionesia pure in parte di una comunità cittadina disecolare formazione, così come e stato per lageneralità dei capiluogo di provincia del nostropaese.Latina, al contrario, essendo centro di recentissimaformazione, per di più con le caratteristiche e lefunzioni ad essa assegnate dal regime fascista, nonconsentì tale apporto. Questo elemento ha semprepesato negativamente sullo sviluppo organicocomplessivo del Partito e del movimentodemocratico in tutta l'area della provincia.Dopo il primo periodo di attività legale del partito,maggio-giugno 1944, e le prime esperienze di lottaper la terra e la ricostruzione, e dopo lapartecipazione alla ripresa della macchina dellostato, con la immissione delle forze politiche alladirezione dei municipi (prima con giunte del CLNe nel marzo-aprile del '46 con i primi consiglieletti a suffragio universale) si posero i problemidella lotta per l'occupazione, contro la miseria, perla difesa e per lo sviluppo dell'agricolturaattraverso un'organica riforma agraria.Questi problemi dovevano essere affrontati incontrapposizione alla linea avviata nel '41 dallaDC, dai gruppi dominanti del capitalismo italiano,dall'imperialismo USA attraverso la rottura dellapolitica di unità nazionale. E la fase dellarestaurazione capitalistica, che copre grosso modoil periodo dal '47 al '56 e che Togliatti giudicheràcome il periodo di "una democrazia che scivolaverso la reazione". E' il periodo in cui vengonogettate le basi del sistema di potere della DC in cuida una parte si consolida il collegamento popolaree di massa di questo partito, e al tempo stesso sirafforzano i canali di collegamento con i gruppi

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dominanti, in particolare dei gruppi monopolisticie di larga parte dell'imprenditoria capitalistica.La pratica del sottogoverno, la lottizzazione delpotere, la frantumazione corporativa del sistemaeconomico e politico, il clientelismo, la corruzioneche incominciano a prosperare sotto l'impulso delvoto del 18 aprile 1948 (e che rinverdivano vecchiepratiche di potere del periodo fascista, consentendouna certa continuità che tuttavia non è pacifica elineare perché si scontra con la rottura operatadalla lotta antifascista, dalla guerra di Liberazione,dalla fondazione della Repubblica, dallapromulgazione della Carta costituzionale),evidentemente presupponevano la non attuazionedel disegno costituzionale. Da qui la necessità chegli obiettivi di lotta delle masse popolari, dovevanonecessariamente contenere rivendicazioni di opereper servizi civili primari, per infrastrutturenecessarie allo sviluppo dell'agricoltura (opere dibonifica e di irrigazione), di riforme strutturali, instretto legame alla lotta contro la vecchia strutturastatale, i vecchi enti (passati sotto il dominio dellaDC) e i nuovi enti (per la nostra provincia Cassadel mezzogiorno) che operavano al di fuori di ogninorma di legalità costituzionale.Ma non era del tutto secondaria la rivendicazionedel rispetto dei diritti dei lavoratori, all'accesso allavoro contro la pesante e imponentediscriminazione anticomunista e antidemocraticache veniva praticata dai collocatori comunali e ingenerale da tutto l'apparato pubblico.L'elaborazione della piattaforma rivendicativaimpegnò il PCI ed il PSDI, la Camera Confederaledel Lavoro, la Federterra provinciale el'Associazione dei coloni dell'Opera nazionalecombattenti per un periodo non breve.Si è detto del grado di difficoltà esistenti esoprattutto della divisione profonda prodottasi trai contadini poveri, i braccianti, i giobbaroli deiMonti Lepini e i coloni dell'ONC, su cui abilmenteavevano speculato la DC, il clero ed in modoarticolare Paolo Bonomi che trovò nella plaga dellepaludi pontine una delle condizioni ideali persperimentare e realizzare il disegno reazionariofondato sul permanere del vecchio blocco agrario econservatore, esasperatamente anticomunista.Nel secondo congresso nazionale della CGIL,

svoltosi nell'ottobre del '49, Giuseppe Di Vittoriolanciò nella relazione introduttiva, i lineamenti delpiano del lavoro. Il piano identificava il nemiconumero uno nella disoccupazione e proponeva dicombatterlo attraverso una larga intesa su unprogramma di investimenti in alcuni settoriessenziali (edilizia, agricoltura, energia) verso iquali si dovevano indirizzare i maggiori sforzi delpaese. E Di Vittorio dichiarò allora - non senzaresistenze interne - che per una tale politica ilavoratori erano disposti a fare seri sacrifici,nonostante che le loro condizioni di vita fossero inquel periodo assai misere. Dalla relazioneintroduttiva di Antonio Amodio, tenuta alconvegno economico del 28 maggio 1950 deicomuni dei Monti Lepini e di Terracina svoltosi aSezze, così veniva sintetizzato il quadro nazionale:"nel momento attuale abbiamo 2 milioni didisoccupati nell'industria, 1 milione e mezzo dibraccianti e salariati che lavorano 150 giorniall'anno, 1 milione di operai che lavorano ad orarioridotto, 2 milioni di contadini poveri senza terra(con poca terra) che vivono nella più squallida edesolante miseria". E ancora: "infine il bassissimopotere delle masse popolari... L'istituto centrale distatistica stabilisce che il costo della vita per unafamiglia tipo per la sola alimentazione è da lire30.961 per Roma a lire 26.401 per Napoli, e pertutte le altre spese (abitazione, vestiario ecc.) lire28.000, con un costo totale medio diviso per unafamiglia tipo di lire 55/60.000. Se vediamo inveceche nell'industria l'operaio specializzato di fabbricain queste due zone guadagna da 30/35.000 lire, sivede quanto grande è la sproporzione e come persopperire a tutte le necessità esso sia costretto acomprimere enormemente le sue spese. Seguardiamo tutta la restante massa di operai chenon riescono a percepire le 20.000 lire mensili...;se scendiamo ancora nel campo agricolo dove lepaghe si aggirano su una media di lire 500giornaliere a punte minime di lire 363 in provinciadi Frosinone, appare evidente il grande divario".Proprio perché la situazione del Paese era questa, eall'interno di essa, più grave si presentava lasituazione del Mezzogiorno, la proposta del Pianodel Lavoro ottenne una vasta eco ed importantiriconoscimenti nel mondo politico, imprenditoriale

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e scientifico. Le altre centrali sindacali CISL e UIL,sorte dalla scissione del 1948, invece avversaronoil piano, rispondendo alla logica dellacontrapposizione frontale, anticomunista, propriadei canoni politici ed ideologici della guerra fredda.Si trovarono così ad avversare l'idea ispiratrice diquella politica: la lotta alla disoccupazione e allamiseria.Le condizioni drammatiche di vita delle massepopolari, di quel periodo, non debbono peròportare alla conclusione, che l'organizzazione dellalotta fosse facile.Al contrario, si incontravano difficoltà grandi, eper lo stato di soggezione, di rassegnazione e dipassività, imposto dalle classi dominanti, con laloro ideologia, diffusa tra le masse attraversocanali diversi; dal senso comune, alla scuola, allaChiesa ecc. Al tempo stesso tra le masse e lasocietà civile veniva svolta un'azione intimidatoriae repressiva intensa e articolata, attraverso ipartiti. le organizzazioni sindacali e di categoria, lapubblica amministrazione. Da qui la necessità diun lavoro rigoroso nelle analisi della situazioneeconomica e sociale, e di elaborazioni dipiattaforme rivendicative e programmatiche allequali, occorreva far partecipare masse popolari epopolazioni, che per secoli, erano state sempre aimargini e non erano state mai chiamate asvolgere, un ruolo di partecipazione ancheelementare e subalterno. Non va dimenticato che iprimi incerti passi, sulla via dell'esercizio deidiritti democratici erano stati violentementeinterrotti e abrogati per oltre un ventennio dalregime fascista.Insieme all'ostacolo della rassegnazione e dellapassività, era necessario combattere, all'interno delpartito e del movimento democratico, tendenze alriformismo spicciolo, al massimalismo (propriodella formazione politica prefascista delmovimento socialista delle nostre zone) e posizionisettarie, che respingevano la linea di alleanzepolitiche e sociali. L'insieme di questi elementiemergono con chiarezza seguendo l'insieme diiniziative politiche e di lotta, i tempi di attuazione,i limiti dell'iniziativa complessiva, che tuttaviarimane uno dei momenti fondamentali dellacostruzione e del partito e del movimento

democratico nella nostra provincia.All'indomani del II Congresso nazionale dellaCGIL la Federazione Comunista di Latina, laFederazione Socialista, la Camera Confederale delLavoro misero a punto un programma di iniziativaper consentire alla provincia di Latina dipartecipare alla battaglia nazionale per il Piano delLavoro. Il primo obiettivo fu di tradurre intermini provinciali la proposta nazionale.Avvalendosi delle elaborazioni e delle esperienzedi lotte gia accumulatesi nei primi cinque anni divita democratica, fu elaborata la proposta di pianoeconomico ricostruttivo provinciale. Il 15 gennaio1950 il Consiglio generale delle Leghe ed ilConsiglio provinciale della Camera provinciale delLavoro, riunitisi in seduta straordinaria,esaminarono il piano rivendicativo e il pianoricostruttivo della CGIL."Da tale esame - si legge nella premessa al pianoper la rinascita dell'economia provinciale - èscaturita l'esigenza immediata di una necessariaproiezione di esso in termini provinciali, poiché seè vero che la maggioranza dei problemi cheinvestono la vita del paese sono comuni a tutti ilavoratori, è anche vero che tali problemi debbonodirettamente interessare quelle categorie diartigiani, piccoli imprenditori, piccoli proprietari,impiegati, professionisti che da una rinascitadell'economia della nostra provincia potrannovedersi sollevati da quelle condizioni di disagionelle quali oggi versano".Il Piano per la Rinascita dell'economia provincialeconsta di tre parti oltre alla premessa e alleconclusioni. La prima parte è dedicata all'analisisocio-economica della provincia. Da essa emerge ilcarattere prevalentemente agricolo della provincia.Infatti la popolazione attiva è così distribuita:

agricoltura 69.849 unitàindustria 13.318 unitàimpiegati e professionisti 4.000 unitàartigiani e loro dipendenti 9.378 unitàesercizi vari 5.250 unitàpescatori 4.000 unitàpastori 1.699 unità

TOTALE 107.494 unità

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Il 65 per cento della popolazione attiva risultaaddetta in agricoltura.L'analisi si diffonde, con dovizia di dati sullecaratteristiche strutturali dell'agricoltura, suglisquilibri creati dall'assegnazione dei poderidell'ONC a famiglie fatte immigrare quando iterreni bonificati non sarebbero stati sufficienti asoddisfare la domanda di terra e di lavoro allepopolazioni indigene. Analisi attente, vengonocompiute sulla distribuzione della proprietà, suicontratti agrari dai quali è possibile desumere lapresenza della grande proprietà fondiaria (42aziende per complessivi 19.581 ettari; 13 società,per complessivi 8.090 ettari e circa 6.000 piccoli emedi proprietari non coltivatori con circa 40.000ettari). Questo ultimo dato va tenuto presente percomprendere le resistenze politiche ed ideologicheche si sono incontrate e si incontrano, quando nonsi impostano correttamente i problemi dellariforma agraria in rapporto alla politica dellealleanze sociali. Non vi è dubbio che ladisponibilità di terreni agrari lavorabili erano benpoca cosa a fronte di 39.844 unità lavorative dibraccianti, semiproletari e piccoli proprietari da 1 a3 ettari. Da qui emergerà con forza la propostadella ultimazione della bonifica dell'Agro pontinocome sbocco alla disoccupazione. Nel campodell'assistenza e della previdenza in agricolturaalcuni dati sono indicativi per valutare lo stato diarretratezza e d'abbandono in cui si trovano questilavoratori. (Va tenuto presente che i coltivatoridiretti erano privi di ogni assistenza medico-farmaceutica-ospedaliera e della pensione). Ibraccianti (e compartecipanti) che nel 1948 ebberola pensione in quel periodo erano nella provinciacirca un centinaio. Nel 1948 la pensione divecchiaia fu accordata soltanto a 150 lavoratori intutta la provincia.L'analisi nell'industria è più sintetica stante ladebolezza estrema della sua struttura che emergedai seguenti dati:- vetreria (Gaeta) 280 unità- stabilimenti Laterizi (Formia-Scauri)

550 unità- consorzi di bonifica 650 unità- zuccherifici (Latina) 100 unità- molini, pastifici, conserviere e altre attività

industriali 2.500 unità- imprese edili e affini 9.500 unità

TOTALE 13.580 unità

Gli addetti all'industria era pertanto il 5 per centodella popolazione residente (256.000 abitanti) e il12 per cento della popolazione attiva. Dei 9.500addetti all'edilizia la grande maggioranza eradisoccupata e di questi una minima parte percepivail sussidio di disoccupazione poiché la più parte neveniva esclusa in quanto non riusciva a versare le52 marchette ogni due anni necessarie per averediritto al sussidio di disoccupazione.La seconda parte contiene la piattaformarivendicativa. Fa propri i punti enunciati dalCongresso della CGIL di Genova.1. Aumento dei salari secondo la massimapossibilità di ogni singolo settore di attivitàeconomica e fissazione di un salario minimonazionale per tutte le categorie, comprese quelledell'agricoltura.2. Difesa e miglioramento della scala mobile.3. Nessun licenziamento.4. Adozione delle 40 ore settimanali di lavoro perconsentire un assorbimento professionale dilavoratori disoccupati elevando la integrazionesalariale a 48 ore.5. Adeguamento dei sussidi di disoccupazione edelle pen-sioni ed estensione ad essi della scalamobile.6. Perequazione del trattamento economico deglistatali, dei dipendenti degli Enti locali, parastataliecc. quello delle categorie similari delle aziendeprivate.7. Pieno riconoscimento dei poteri delleCommissioni interne.8. Applicazione del principio costituzionale dellapartecipazione dei lavoratori alla gestione dellegrandi aziende mediante il riconoscimento diConsigli di gestione che debbono assicurare ilcontrollo da parte dei lavoratori.9. Accoglimento delle rivendicazioni avanzate datutte le categorie lavoratrici della terra: braccianti,salariati, mezzadri compartecipanti, coltivatoridiretti ecc., così come è stato formulato dalCongresso unitario della Confederterra.

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La piattaforma rivendicativa provinciale è moltoarticolata e interessa la generalità dei lavoratoridipendenti, disoccupati e autonomi. E sviluppa lediverse rivendicazioni sui seguenti punti.

1) Per la disoccupazione:istituzione delle Commissioni di collocamento edesignazione dei 7 rappresentanti dei lavoratori subase elettiva da parte di tutti i lavoratori del luogo.Non a caso il primo obiettivo rivendica la paritàdei diritti attraverso la gestione democratica delcollocamento. Esso era la conseguenza di unasituazione intollerabile degli abusi e degli arbitriche venivano commessi dai collocatori scelti traappartenenti alla DC, al MSI, al PNM. Il Ministrodel Lavoro aveva inviato ai Prefetti una circolareriservata nella quale si impartivano disposizioniper la non costituzione delle Commissioni previstedalla legge (legge n. 264 del 1949). In questecondizioni gli Uffici di collocamento furonofacilmente trasformati, nella loro stragrandemaggioranza, in strumenti della politicaanticomunista governativa e padronale comestrumenti di ricatti e di intimidazioni. I collocatoritra l'altro erano stati messi in condizionieconomiche tanto basse da renderli più facilmentecorruttibili (percepivano stipendi dalle 10 alle20.000 lire al mese).

I successivi quattro punti, rivendicavano,l'estensione del sussidio di disoccupazione ailavoratori agricoli, l'apertura dei cantieri dirimboschimento e l'esecuzione dei lavori pubbliciapprovati e finanziati.

2) Per i lavoratori occupati in generale:rispetto delle tariffe e dei contratti;migliorare il controllo sulle prestazioniassistenziali e previdenziali.

3) Per i lavoratori dell'agricoltura:si rivendica l'applicazione delle leggi sui contrattiagrari, lo snellimento delle procedure perl'abbandono dell'enfiteusi, la difesa del fisco, ladifesa del prodotto agricolo e controllo dei prezzidei prodotti industriali, incentivi per la miglioreproduzione e per l'acquisto delle scorte vive o

morte.4) Per i concessionari dell'ONC:sospensione e rimborso dei danni di guerra;commissione controllo cassa mutua;trasformazione dell'Associazione bieticoltori dagestione commissariale in gestione normale;difesa del prodotto dalla speculazione di mercato aumento del numero delle quoted'ammortamento;trasformazione della clausola contrattuale chestabilisce il pagamento dei canoni in natura;sospensione dei diritti di mora ed iscritti in ruolo;controllo del servizio motorizzati dell'ONC inmodo da renderlo strumento economico a favoredei coloni.

Ho riportato per esteso la piattaformarivendicativa per i coloni dell'ONC persottolineare con quanta attenzione il movimentodemocratico seguiva i loro problemi, cercava dicontrastare la prevalenza della bonomiana ecercava di stabilire un blocco di alleanze tra classeoperaia, braccianti, contadini poveri, coltivatoridiretti.

5) Per i lavoratori dell'industria:riesame del problema della contingenza. Se nonerro nell'estate del 1949 si è svolto, su talerivendicazione uno sciopero generale ad oltranza,con la partecipazione fondamentale degli edili,della durata di circa un mese. Esso doveva essererisolto solo dopo vent’anni, nel 1968, con larottura delle cosiddette gabbie salariali.

Le altre due rivendicazioni riguardavano la difesacontro i licenziamenti nelle industrie a caratterepermanente; la richiesta del rinnovo del contrattonazionale e integrativo provinciale degli edili.

6) Per tutte le altre categorie di lavoratori:a. Fissazione di un minimo imponibile di ricchezzamobile e rivendicazione di una legge per l'equoaffitto e sulla stabilità sul pascolo dei pastori.b. Diritto di pesca su tutti i laghi e abolizione delmonopolio privato; assegnazione di petrolio per lapesca sgravato dall'imposta doganale come avvieneper i carburanti ad uso agricolo; rispetto della

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legge che proibisce la pesca a tre miglia dalla costaper i moto-pescherecci ed in particolare della pescaa strascico.c. Esonero dalla ricchezza mobile come praticatoper gli impiegati e per gli operai; equiparazionedelle sovrimposte comunali e provinciali a quelledello Stato: riduzioni delle tasse dal 20 al 30 percento per i Comuni sinistrati oltre il 50 per cento;riduzione dell'IGE; pagamento dei danni di guerraed accettazione delle domande presentate inritardo; finanziamento da parte dello Stato per gliartigiani.d. Difesa contro la forte pressione fiscale e contro igravami economici che costringono a mantenerealti i prezzi riducendo così il potere di acquistodelle masse.e. Costante pressione sugli organi statali fino alcompleto accoglimento delle rivendicazioni postedagli impiegati statali.

Anche le rivendicazioni del punto sei si mosseronella direzione di estendere le alleanze sulla basedi obiettivi rivendicativi delle categoriefondamentali di ceto medio, della città oltre chedelle campagne, intorno ai nuclei di classe operaiae delle masse di braccianti e dei contadini poveri.Alcune, sono piuttosto precise, come quelle deipastori e dei pescatori. Tra queste due categorie siebbero significativi movimenti di lotta e siottennero risultati sul piano delle organizzazionidi massa, con qualche riflesso politico nei rapporticon il PCI. Più generiche e sfumate sono lerivendicazioni degli artigiani e commercianti.

La terza parte si riferisce agli investimenti pubbliciper ultimazione della bonifica idraulica ed agrariadell'Agro Pontino, della Piana di Fondi e di MonteS. Biagio, della riva destra del Garigliano, deibacini imbriferi dell'Ufente e dell'Amaseno per ilrimboschimento dei monti Lepini, Ausoni edAurunci. Oltre agli investimenti per lo sviluppodell'agricoltura e per la difesa del territorio, l'altragrande rivendicazione riguardava gli investimentipubblici per la costruzione di acquedotti,fognature, ospedali, scuole, rade ecc. e per lacostruzione di case per i senza tetto.Il piano si diffonde nell'illustrare queste richieste,

a dimostrazione di come esse avrebbero consentitodi raggiungere alti livelli di occupazione. (Lepopolazioni dei Lepini e Terracina non eranoinsensibili a siffatte prospettazioni, perché recentee vivo era il ricordo della piena occupazionerealizzata nel culmine dei lavori per labonificazione delle paludi pontine). Per esempio,non venivano prese in considerazione le nuovetecnologie che già si impegnavano in simili lavorie che riducevano notevolmente l'incidenza deglioccupati, in rapporto agli anni Trenta. Gli USAesportavano loro macchine e tecnologie, e noi noneravamo più in regime di autarchia. Così venivanoillustrati i benefici che i vari strati sociali,artigiani, commercianti, ne avrebbero tratto conl'aumento del potere di acquisto delle massepopolari, attraverso l'allargamento del mercato diconsumo locale.È importante però sottolineare, come la propostadi piano sostenesse che la esecuzione di questeopere avrebbe posto le premesse per la creazioni diuna vera e propria industria.Nelle conclusioni si accoglie e rilancia l'appellolanciato da Giuseppe Di Vittorio dalla tribuna delsecondo Congresso Confederale. "Io credo che perla realizzazione di questo piano così rispondente aibisogni di vita ed agli interessi del popolodobbiamo chiamare il popolo stesso, tutta lanazione senza distinzione di ceti, gli italiani onesti,liberi e disinteressati allo scopo di offrire una viadi uscita alla disocccupazione, alla miseria,all'arretratezza e allo scopo di portare l'Italia sullavia di una civiltà più sviluppata. Noi dobbiamochiamare tutto il popolo a lottare in tutte le formepossibili per la realizzazione di questo piano, ed iocredo di poter dichiarare che voi sarete d'accordocon me che se in Italia vi è un Governo cherendendosi interprete di questi bisogni si impegnaa realizzare questi piani, il popolo italiano gli daràil suo appoggio e lavorerà perché il piano stessovenga realizzato in tutte le sue fasi. Io sono certoche questo Piano, malgrado le difficoltà chepresenta, ma che sono superabili sia accolto dalPaese e che la maggior parte dei cittadini italianisopporterà i sacrifici che si richiedono perchél'Italia esca dalla situazione attuale. Ma noisappiano che nessuno degli obiettivi potrà essere

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realizzato senza la lotta. Perciò chiameremo araccolta per la lotta tutti i ceti lavoratori italiani".Il lavoro di elaborazione del Piano di Rinascitaprocedeva di pari passo con iniziative tese adallargare le basi delle alleanze sociali e politiche econ la individuazione dei modi e delle forme per ilcoinvolgimento delle masse lavoratrici e dellasocietà civile, alla discussione e all'arricchimentodella piattaforma programmatica. Va tenutopresente che il coinvolgimento e la partecipazionedei cittadini è condizione indispensabile epermanente per lo sviluppo e il radicamento di unregime democratico come il nostro.In quel periodo il problema della partecipazioneera assolutamente indispensabile per contrastare,bloccare e rovesciare il clima e gli indirizzi chegoverni, classi dominanti, partiti conservatori emoderati, perseguivano per consolidare il risultatoelettorale del 18 aprile 1948. Tre furono i filoni incui si operò per tutto l'anno 1950 e i primi mesidel 1951:- costruzione di organismi unitari a livelloprovinciale, comunale, di borgo e di contrada cheesprimessero per quanto possibile le convergenzesociali e politiche intorno agli obiettivi del Pianodi Rinascita;- sviluppo di iniziative articolate e multiformi checonsentissero una partecipazione reale alladiscussione e arricchimento della piattaformaprogrammatica;- sviluppo dell'azione democratica nei consiglicomunali, provinciali, nel Parlamento e dipressione verso il governo e gli enti dello stato(cassa per il mezzogiorno, opera nazionalecombattenti, consorzi di bonifica) per rivendicarela soluzione dei vari problemi e per creare lepremesse e le condizioni di lotta dirette, da partedei disoccupati, dei braccianti, dei contadini poveri,dei coloni dell'opera nazionale combattenti.

Così verso la fine del mese di dicembre del 1949 sìcostituì a Latina il comitato per la rinascitadell'Agro Pontino. Vi aderirono la cameraconfederale provinciale del lavoro, l'unione donneitaliane, l'associazione partigiani d'Italia,l'associazione coloni dell'ONC, la federazioneprovinciale cooperative e mutue, la federterra, la

federazione giovanile comunista, le federazionicomunista e socialista. Presidente fu eletto ilcompagno prof. Luigi Piccaro, segretario dellafederazione del PSI.Nel promemoria inviato al ministro PietroCampilli, presidente del comitato dei ministri peril Mezzogiorno costituito all'indomani della primalegge istitutiva della cassa del mezzogiorno(giugno 1950), il comitato per la rinascita dell'agropontino così definiva il proprio scopo. "Porre inevidenza, di fronte alle masse lavoratrici dellaprovincia, agli enti, a tutte le organizzazionisindacali e politiche, ai parlamentari dellaprovincia, ed alle autorità governative, lasituazione grave in cui versano grandi masse dilavoratori e suggerire le soluzioni di una serie diproblemi che si pongono, perché ciòsignificherebbe non solo un alleviamento dellecondizioni generali di vita delle masse, masoprattutto la creazione delle premesse di unosviluppo agricolo ed industriale di tutta laprovincia."Momenti importanti di dibattito e di confronto siebbero con i convegni economici per l'agropontino che si svolsero a Pontinia il 23 aprile 1950e, per la zona dei Monti Lepini e la città diTerracina, a Sezze il 28 maggio 1950. Inquest'ultimo convegno la relazione generale fusvolta dal compagno Amodio segretarioprovinciale della camera del lavoro. Seguironoaltre tre relazioni di carattere tecnico specialisticosvolte rispettivamente dall'ing. FrancescoGiorgetta, dal dott. Edoardo Tosti Croce, dal dottTommaso Santoro, nessuno dei tre militanti neipartiti di sinistra. Il comitato della rinascita si eracreato nell'autunno del 1950, a conclusione delleiniziative per la discussione del proprioprogramma, un piano di lavoro che prevedeva:1. Lancio di una inchiesta sulla miseria tra lepopolazioni di alcuni comuni dei Monti Lepini econtemporaneamente, in alcune zone dell'AgroPontino, sulle condizioni di vita delle famigliecoloniche. L'iniziativa doveva concludersi il 28gennaio 1951.2. Lancio di una petizione di massa sullapiattaforma scaturita dai quaderni rivendicativi esul piano della vincita. La petizione si sarebbe

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dovuta concludere il 15 febbraio 1951.3. Convocazione di un'assise che prendendo atto diquaderni di rivendicazione e soprattutto dellerisultanze dell'inchiesta sulla miseria e sullecondizioni di vita delle famiglie coloniche, avrebberivolto un appello alle masse, invitandole a passarea forme di lotta appropriate per la soluzione deiproblemi.

Evidentemente, l'impegno della federazionecomunista, era pieno e totale. Anch'essaprogrammava il proprio lavoro, sia per dare unorientamento di massa, che per impegnare lesezioni a sviluppare adeguate iniziative politiche,affinché il movimento non stagnasse o rifluisse,ma al contrario si sviluppasse. Si indicavano nelpiano di lavoro della federazioni, inviato alcomitato regionale del partito, come sbocco ditutto il lavori di orientamento delle masse edell'opinione pubblica, due forme di lotta tra essecollegate:- ritmo intenso di pressione presso le autoritàprovinciali e centrali con invio di delegazioni;- passaggio immediato da parte delle masse adazioni di sciopero a rovescio.Dal verbale del 9 febbraio della riunione dellasegreteria, allargata ad alcuni compagni di zona econ la partecipazione dei compagni NicolaCundari, Aldo Natoli, del regionale e LauraMasella dell'UDI, è possibile cogliere il ruolo, losforzo politico e organizzativo che in quel periodosvolse il partito. Nella relazione, il compagnoSeverino Spaccatrosi, segretario della federazionecosì sintetizzava gli scopi della campagna in corso:"ci proponiamo l'obiettivo di condurre le massealla lotta per l'ultimazione della bonifica idraulica,dell' agro pontino in quanto ciò permetterebbe ilconseguimento di obiettivi sociali e di nuovealleanze. Ma naturalmente tutta questa nostraazione ha come scopo un vasto movimentodemocratico nella provincia in contrapposizionealla politica antidemocratica del governo." Gliobiettivi fissati dal documento di rinascita(inchiesta sulla miseria, petizione, assise),segnavano ritardi. La riunione rilevò i motivi deiritardi, dovuti alla lotta contro la visita del gen.Eisenhower , al fermo e all'arresto di molti

compagni, all'inclemenza del tempo,particolarmente accentuata in quell'inverno. Ma lecause più profonde furono individuare in unamobilitazione non omogenea delle varie sezioni,che non sempre consentivano mobilitazioniunitarie. Per esempio, a Sezze si costituirono 14comitati unitari di contrada, mentre il lavoro nelcentro urbano fu affidato alla sezione, che losvolgeva direttamente attraverso i militanti e isimpatizzanti, trascurando ogni sforzo dicoinvolgimento di altre forze politiche eorganizzazioni di massa.Così nell'Agro Pontino si risentiva della debolezzapolitica ed organizzativa. Tuttavia le adesioni aicomitati di rinascita furono numerose esignificative in quanto in alcuni casi vedevano lapartecipazione del parroco locale e del farmacista(allora aveva un ruolo).In generale si ebbero adesioni, qua e là, anche delleACLI e dei presidenti dell'azione cattolica. Unbuon lavoro svolse l'amministrazione democraticadi Sezze, sotto la direzione del compagno ItaloFicacci, a differenza di Priverno, dovel'amministrazione e il sindaco comunista sirifiutavano di prendere qualsiasi iniziativa.Sempre nella riunione del 9 febbraio, venne messoin evidenza il lavoro e la mobilitazione delle donnenell'agro pontino e nei monti Lepini sotto ladirezione della compagna Laura Masella. Negliinterventi di Natoli e Cundari, emerseroindicazioni su correzioni da apportare al lavoro incorso. Nessun accenno venne fatto al rapporto trail movimento in atto nella nostra provincia eRoma, furono presi solo impegni di aiuti sul pianopropagandistico e in uomini da parte del regionale.La riunione si concluse con la decisione di saltarela fase della petizione e dell'assise e di passare,dove le condizioni erano mature, ad azioni disciopero a rovescio. Questi iniziarono verso lametà di febbraio a Sezze, Roccagorga e Priverno esi conclusero alla fine di marzo con una grandemanifestazione a Ceriara. Si scelsero tre strade dacostruire e tutte di servizio e di collegamento piùrapido tra la collina e le pianure Pontina edell'Amaseno. Infatti a Sezze si scelse lacostruzione della strada Colli-Ceriara, aRoccagorga la strada Le Prata-Vallone-Ponte

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Ferrajoli; a Priverno la strada della Madonna delleGrazie che collegava il centro urbano a contradecome S. Spirito-S. Martino e ai terreni della Valledell'Amaseno.La lotta però si estese. A Sezze, oltre alla stradaColli-Ceriara, gli scioperi a rovescio si ebbero nellacontrada dei Casali (per costruire la deviazione allaScivularella che di fatto impediva il collegamentotra la via Ninfina e la via Fratanza, tagliando fuoril'intera contrada) e nella contrada Colli (per ilcollegamento dei due tratti delle strade comunali).Gli scioperi a rovescio, durarono circa un mese emezzo. Si imposero all'attenzione dell'opinionepubblica provinciale, regionale e nazionale. Ognigiorno parteciparono alla lotta, nella costruzioneillegale delle strade, mediamente cinquecentodisoccupati, contadini poveri, donne, giovani. Altrecentinaia di compagni e compagne, comunisti esocialisti, erano permanentemente impegnati intutti i comuni dei Lepini e nelle zone più avanzatedell'agro pontino (Borgo Faiti, Borgo S. Michele,Pontinia, Borgo Vodice) nell'opera di solidarietà,con la raccolta di grano, farina, legumi, patate, olio,vino, per nutrire gli scioperanti e nei casi più gravie drammatici soccorrere le famiglie più povere.Contribuivano, con offerte in natura,commercianti, coltivatori diretti, coloni dell'ONC,mentre altri strati sociali sottoscrivevano modestesomme di denaro. Notevole fu lo sforzo disolidarietà compiuto dalla popolazione di Corisotto lo stimolo e l'iniziativa dei nostri compagni.Anche da Roma, arrivano aiuti e contributi raccoltisoprattutto fra gli autoferrotranvieri, e daisindacati degli edili. Buona la partecipazione degliuomini di cultura. Si distinguono i cineasti con laripresa delle lotte da parte dei registi Giuseppe DeSantis, Gillo Pontecorvo, Luigi Squarzina e ipittori della scuola di Roma. L'Unità sostenne lalotta con servizi quotidiani sia attraverso inviatispeciali che con corrispondenti locali. Anchel'Avanti! e il Paese sostennero validamente lalotta per il lavoro e la rinascita. Di tanto in tantodovettero parlarne anche il Il Messaggero e IlTempo. Servizi particolari con ampiadocumentazione fotografica furono pubblicatiripetutamente dai settimanali Vie Nuove e NoiDonne. La presenza dei parlamentari socialisti e

comunisti fu assidua: Ingrao, Marisa Rodano,Natoli, Lizzandri ed altri ancora. Memorabile èrimasta la partecipazione del compagno GiancarloPajetta che in una domenica di marzo parlò in ungrande comizio a Sezze centro, visitò la contradadei Colli, la strada della Pace a Roccagorga, doveaffluirono non solo gli scioperanti, ma lamaggioranza della popolazione e concluseun'importante manifestazione nel tardopomeriggio a Priverno.La repressione del governo De Gasperi-Scelba nonfu leggera malgrado il grande moto di simpatia edi solidarietà che la lotta aveva generato in tutta laprovincia, a Roma e nel paese. Essa si inseriva nelclima arroventato dell'attacco anticomunista eantipopolare che aveva conseguito dal voto 18aprile 1948 un indubbio successo. La DC ottenne12.712.000 voti pari al 48,48 per cento e lamaggioranza assoluta dei seggi in parlamento conl'utilizzazione dei resti. Essa guadagnò rispetto alvoto del 1946 il 13,18 per cento. Il Frontedemocratico popolare (PCI-PSI) raccolse 8.137.047voti pari al 31,03 per cento, con una perditadell'8,65 per cento in rapporto al voto del 1946.Mentre il PSLI di Saragat (sorto dalla scissione diPalazzo Barberini del gennaio 1947) conseguì ilmiglior risultato della sua storia: 1.858.346 pari al7,09 per cento.L'azione antidemocratica sembra irrefrenabile.All'indomani di un discorso di Togliatti allaCamera (10 luglio 1948) un socialdemocraticoscrive su un quotidiano che bisogna essere pronti ainchiodare i comunisti al muro del loro tradimentoe non solo metaforicamente. Il mattino del 14luglio Antonio Pallante attenta alla vita di Togliattimentre usciva da Montecitorio. La risposta delPaese è immediata. Uno sciopero imponente scuotel'Italia. Gli scontri sono duri e sanguinosi: 16morti ed oltre 600 feriti. La repressione poliziescainfierisce nei giorni e settimane successive. Anchenella nostra provincia si ebbero oltre 50 arresti aCori ed a Sezze e un tentativo di graveintimidazione a Roccagorga. L'attacco alle libertàdemocratiche non si limitò ai diritti politici. Esso,sotto la spinta del padronato industriale e degliagrari, investì i diritti sindacali, alle riforme, alpane e al lavoro. La Fiat nel 1949 estromette dalle

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loro funzioni i componenti dei consigli di gestione.A Melissa (Calabria) il 30 ottobre 1949, la poliziaapre il fuoco sui contadini che occupano le terreincolte: tre morti. Il 29 novembre due lavoratoriuccisi a Torremaggiore (Foggia). Il 14 dicembre uncontadino è ucciso a Montescaglione (Matera)durante l'occupazione di un feudo. Nel gennaio del1950 durante una manifestazione contro lachiusura delle acciaierie di Modena la poliziaspara: sei lavoratori cadono assassinati. Salirannoin quel periodo a più di cento i lavoratori uccisidalla polizia di Scelba allora ministro degli interni.E' questo il clima nel quale si svolgono gli scioperia rovescio del febbraio-marzo 1951. I lavoratorierano consapevoli che si usciva all'alba per andaresul luogo della lotta, ma non erano certi che tuttisarebbero tornati a casa la sera. I comuni di Sezze,Roccagorga, Priverno, erano stati messi in stato diassedio con il trasferimento di cospicui contingentidi carabinieri e polizia. A Roccagorga furonoarrestati decine di lavoratori e trasferiti al carceremandamentale di Terracina. Odiosi ricattivenivano svolti dai collocatori comunali. Ovunquele caserme dei carabinieri furono mobilitate perintralciare, scoraggiare, reprimere la raccolta deigeneri alimentari e sottoscrizioni ritenendolequeste non autorizzate. Anche questo fronte dellalotta servì a diffondere e radicare nella coscienza dimigliaia e migliaia di uomini, donne e giovani, iprincipi ancora freschi d'inchiostro dellaCostituzione in materia di diritti e di libertà dilavoro e di giustizia sociale.Gli scioperi a rovescio si conclusero con risultatiimmediati e apprezzabili per gli stanziamentistrappati nelle opere di bonifica montana dirimboschimento, e per la costruzione del canalepedemontano dal torrente Iavone al fiumeAmaseno, ecc. Nei mesi e negli anni successivimigliaia di disoccupati trovano lavoro. Mentrefurono migliorate le condizioni di riscatto deipoderi da parte dei coloni. Ebbe così avvio l'operadi ultimazione della bonifica idraulica dell'agropontino.Non tutto però è stato realizzato: basta pensare alprogetto per la sistemazione di quella parte dicomprensorio del consorzio di bonifica pontino eche interessa parte del campo setino e del comune

di Pontinia. Credo che su questa straordinariaesperienza di lotta è necessario ritornare con laraccolta di tutta la documentazione possibile e peruna ulteriore e più meditata riflessione critica.Tuttavia le lotte dell'inverno '50-'51 che non siesaurirono, ma si svilupparono senza soluzione dicontinuità nei mesi e negli anni successiviinvestirono l'intera area della provincia: Bassiano,Sonnino, Monte S. Biagio, Minturno, Scauri.Furono suscitatrici di un movimento complesso earticolato con obiettivi diversi; la ripresa dellaoccupazione delle terre a Cori-Giulianello, LeCastella; le lotte contrattuali; le raccoglitrici diolive a Cori, Norma, Sermoneta, Bassiano; le lotteper la ricostruzione, la casa, le scuole, le grandiinfrastrutture (porto di Gaeta, galleria di MonteGiove), le opere di bonifica della piana di Fondi edella riva destra del Garigliano.In quel periodo il nostro partito compì uno deisalti di qualità più significativi dalla suacostituzione. Innanzitutto si affermò come forzapolitica rappresentativa di un blocco socialeimperniato sugli operai, sui contadini poveri e concollegamenti con i ceti medi della città e dellacampagna. Valorizzò e affermò le forzeintellettuali fino allora oscillanti tra massimalismoinconcludente oppure deluse dalle primeesperienze dell'ordinamento democratico cherifluivano verso posizioni qualunquistiche onostalgiche.Il Partito divenne sempre meno movimento esempre più forza organizzata, dotata non solo diun programma nazionale ma anche di un progettoper lo sviluppo della provincia in cui operava.Consolidò il suo carattere di massa in quanto nelcorso di quelle lotte furono reclutati centinaia emigliaia di nuove compagne e compagni. I giovaniche erano stati chiamati ad incarichi di direzioneall'indomani della liberazione furono riconosciuticome dirigenti di prestigio non solo da larghemasse popolari, ma anche dai gruppi dirigenti dellealtre forze politiche, dagli apparati dello stato e daidirigenti delle associazioni padronali. Tale processonon investì soltanto il gruppo ristretto che operavaa livello provinciale, ma esso si diffuse a livellolocale e di zona con l'affermazione i giovani comePucci a Priverno, Tretola a Roccagorga, Bellini a

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Pontinia, Stradaioli ad Aprilia, Attanasio eCapponi a Terracina e Di Trapano a Sezze.Certamente il processo non fu omogeneo; moltearee e città importanti della provincia pur avendosubito significativi cambiamenti dal punto di vistapolitico generale e sul piano di una maggioreautonomia nell'iniziativa politica, non ebbero quelsalto di qualità di cui si è parlato. Città comeTerracina, Fendi, Aprilia e Cisterna furonoinvestite negli anni successivi da movimenti elotte rilevanti che produssero sviluppo rapido delPartito e nel movimento democratico. Ogni cittàperò ha una sua storia legata a processi ditrasformazioni strutturali, economiche e sociali(industrializzazioni di Aprilia e Cisterna,terziarizzazione turistica di Terracina, commercialedi Fondi) con conseguenti emersioni di nuovefigure e ceti sociali: nuovi bisogni, nuovi costumiche richiedevano come sempre, come semprerichiedono, adeguamento di orientamento politico,rottura di schemi e pregiudizi, adeguamento dellepiattaforme politico-programmatiche, sviluppodella cultura generale e dei comunisti inparticolare. Laddove e stato carente tale sforzo dirinnovamento e di adeguamento il partito hasubito arretramenti per cui in centri come

Terracina dove alla fine degli anni cinquanta ilpartito si candidava a divenire forza dimaggioranza relativa e di governo locale, furigettato indietro per l'intrecciarsi di un rapidoprocesso di trasformazione economico e sociale el'attardarsi su posizioni politiche ormai superatedalla realtà.Il partito negli anni successivi a quelle lotteaffrontò anche il problema di rinnovamento eavvicendamento delle amministrazioni locali. ASezze, Priverno, Roccagorga, Cori con i compagniBerti, D'Alessio, Tretola, Luberti ed altri. Va da séche tali problemi non vanno letti con visionilocalistiche. Il tutto avveniva nell'ambito dellalotta nazionale e internazionale del partito. Sulfronte della lotta per la pace, della difesa dellacostituzione e delle libertà democratiche per illavoro e la giustizia sociale. Eventi memorabili siebbero con l'eccidio di Modena, con l'appellocontro la bomba atomica e con la grande lottacontro la legge truffa nelle elezioni politiche del1953. Rimane decisivo però il lavoro che icomunisti svolgono in ogni contrada, comune,provincia per la crescita e lo sviluppo del partito econ essa la coscienza e la cultura democratica delpopolo.

Mario Berti, autore di questo contributo, è nato a Sezze il 25 marzo 1926; iscritto al partito comunistadal 1945, è stato segretario provinciale della Camera del lavoro e, dal 1954 al 1961, sindaco di Sezze.

Dal 1955 al 1966, succedendo a Severino Spaccatrosi, è segretario della federazione PCI.Successivamente assume funzioni di Latina per molti anni, dal 1955 al 1966, succedendo a SeverinoSpaccatrosi. e assumendo funzionmidi dirigente dipartiro a livello refionale. Consigliere alla Regione

dal 1970 al 1985, dal 1976 è stato assessore all’industri, commerci e artigianato fino al 1980. Dal 1980al 1985 è stato vicepresidente del Consiglio regionale.

Le pagine qui pubblicate erano state scritte nel 1984 per un volume dedicato alla storia della federazio-ne del PCI di Latina mai pubblicato

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1. La nascita del Partito comunistaitaliano in provincia di Latina. Gli annidell'occupazione delle terre e dellasconfitta del '48

Nel settembre del 1944 il Centro del Partitocomunista italiano inviò a Littoria tre 'costruttori'.Erano passati poco più di tre mesi dalla liberazionedella città."Ricordo bene Nencini, Bonistalli e Ceni - diceMario Berti -. I primi due erano stati in carceredurante il fascismo. Venivano rispettivamente daEmpoli e da Prato. Ceni, ex tenente di fanteria,veniva da Grosseto. Si fermarono per un annonella nostra provincia, fino al congressodell'ottobre 1945".Ma non si partiva da zero. Dopo la scissione diLivorno (21 gennaio 1921) nella maggior parte deicomuni dei Lepini e in alcuni centri del sud, moltisocialisti avevano aderito al Partito comunista. Essitentarono di formare una organizzazione politica."A Terracina - ricorda l'onorevole Aldo D'Alessio- sorse subito una sezione, direttamente collegatacon la federazione romana. Essa venne scioltadurante il periodo fascista. L'opposizione al regime- continua Aldo - non si sviluppò molto. Ci furonoperò alcune iniziative (diffusione clandestina deL'Unità, proselitismo sotterraneo, e noncollaborazione con gli invasori durante la guerra).Il numero dei simpatizzanti e degli aderenti alnuovo partito aumentò. E così subito dopo laliberazione di Littoria, sorsero sezioni comunistein tutti i centri più importanti della provincia".A Littoria emerse la figura di Ignazio Raimondo,eletto presidente del Comitato provinciale diliberazione nazionale. Ignazio, persona mite esensibile, era giunto nel capoluogo pontino nel

1942, dopo aver scontato tre anni di confino aVentotene. Ed era diventato un punto diriferimento prezioso per i comunisti della città.Intanto molti giovani si avvicinavano al partito.Che puntò su di loro. Ma erano inesperti.I 'costruttori' inviati dalla direzione centraleavevano il compito di organizzare il partito su basifederali, con una forte struttura centralizzata.Guglielmo Nencini aveva l'autorevolezza el'esperienza per farlo. Nel giro di pochi mesi,infatti, preparò la conferenza di costituzione delpartito, che si tenne il 10 febbraio 1945. E venneeletto segretario reggente.Ho conosciuto Nencini verso la fine del 1976. Lo

accompagnò nella sede della Federazione delPartito comunista di Latina Antonio Amodio. Melo presentò dicendo che era stato il primosegretario provinciale del Partito comunistaitaliano, "per pochi mesi però", aggiunse. Mi parvedi cogliere un po' di ironia amara nelle parole enel sorriso di Amodio. Lì per lì non ci feci caso.Ho ripensato a quell'incontro. Conoscevo beneTonino. Quando si trattava di scegliere undirigente, lui preferiva sempre una soluzionelocale. Forse non ci fu accordo in quellaconferenza. O forse la direzione nazionale nonriteneva ancora maturo il gruppo dirigente che sistava formando. E così venne eletto segretarioreggente il 'costruttore' venuto dalla Toscana.Guglielmo Nencini restò in carica fino alcongresso provinciale che si svolse a Latina dal 26al 28 ottobre 1945. Venne eletto segretario l'exsindaco di Sezze Carlo Velletri. Che diresse ilpartito per pochi mesi. Nel giugno del '46, infatti,fu sostituito da Severino Spaccatrosi, un altroesterno al gruppo dirigente pontino, un'commissario politico' mandato dal centro. Venivada Albano.

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Memorie del Partito comunista in provincia di Latina (1944-1964) di Sabino Vona

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"Sul piano organizzativo - afferma Aldo D'Alessio- fu una scelta giusta, che diede eccezionali frutti.In poco tempo il Pci superò il Psi che pur godevadi un vasto consenso popolare. Meno sul pianopolitico, perché non si riuscì a stabilire un legamefecondo con la realtà di una provincia nata dapoco, e che comprendeva territori diversi per storiae cultura".Tra il '45 e il '47 ci fu l'occupazione delle terre. "IlPci - ricorda Mario Berti - sostenne le lotte deicontadini poveri e senza terra dei Lepini. Grazie aquelle lotte vennero assegnate loro alcune terrebonificate della pianura, da coltivare per un anno.Con una responsabile azione politica, inoltre,riuscimmo ad evitare che lo scontro tra i contadinidei Lepini e i coloni assumesse risvolti drammatici.La Dc ebbe invece un atteggiamento ambiguo. Neicomuni lepini ci accusava di non voler dare la terrabonificata ai contadini poveri, mentre in pianuradiceva il contrario, che volevamo togliere la terraai coloni".Il 20 febbraio 1946 venne a Latina il ministrodell'agricoltura Fausto Gullo, comunista. Visitò lozuccherificio e il Consorzio agrario.L'anno dopo ci fu la rottura dell'unità nazionale,"vissuta con rabbia e desiderio di rivincita da noicomunisti", ricorda D'Alessio.Il 1948 fu un anno brutto per la sinistra. Ci fu unacampagna elettorale dura ed aspra. Con comiziaffollati. Nei Lepini, nel Sud, a Latina. "In alcunicomuni lepini - ricorda Mario Berti - ci furonomemorabili contraddittori. Specialmente tral'onorevole Gazzorra, democristiana, e l'onorevolePietro Ingrao, comunista".Il Fronte democratico popolare venne sconfitto.Il 14 luglio ci fu l'attentato a Palmiro Togliatti. Peril 15 luglio venne proclamato lo sciopero generalenazionale. A Sezze e a Cori nella notte tra il 15 e il16 luglio ci furono blocchi stradali. Venneroarrestati alcuni dirigenti del Psi e del Pci, tra iquali Alessandro Di Trapano, il futuro sindaco diSezze.Chiedo ad Aldo se i giovani comunisti trovavano iltempo di divertirsi. "Certamente - risponde -. Ilsabato e la domenica, ad esempio, andavamo aballare nei locali della sezione, che si trovavanell'ex Casa dell'Agricoltore di Latina. Per

convincere gli anziani, talvolta restii, utilizzavamouna argomentazione nobile e infallibile: laconquista politica, dicevamo, avviene ancheattraverso il ballo".

2. Gli scioperi a rovescio. La finedell'occupazione delle terre. La costruzionedella Casa del Popolo di Roccagorga

Nel 1948, dopo la proclamazione dello scioperogenerale per l'attentato a Togliatti, ci fu la primascissione sindacale. La seconda avvenne nel 1949.La CGIL lanciò allora il Piano del lavoro. E laCamera del lavoro di Latina elaborò il Piano dirinascita.Anni duri. Disoccupazione. Miseria infinita. Isalari da noi erano più bassi rispetto alle areevicine. Per questo nel 1949 venne fatto unosciopero provinciale, il primo contro le gabbiesalariali.Nel gennaio del 1951 il Comitato di rinascita feceun'inchiesta sulla miseria. Vennero intervistatimigliaia di contadini dei Lepini e di colonidell'Agro pontino. Emerse una situazione diabbandono e di degrado. Drammatica.Insopportabile.Il Partito comunista, con il sostegno della Cgil,lanciò l'idea di una nuova, originale forma di lotta,lo sciopero a rovescio, il rovescio dello sciopero,perché si lavorava senza essere retribuiti.A Sezze lo sciopero alla 'riversa' iniziò il 18febbraio, a Priverno qualche giorno dopo, aRoccagorga il primo marzo.Undici mesi dopo toccòa Bassiano e a Sonnino. Uno sciopero a rovescio cifu anche nell'Agro pontino, vicino a San Donato,che si concluse con una grande manifestazione aponte Ferraioli.I disoccupati di Roccagorga andarono a lavorarealla strada delle Paludi, utile per raggiungere ipiccoli appezzamenti di terreno che i rocchigianiavevano in Agro pontino, dopo il ponte Ferraioli,sulla destra della migliara 47.

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C'erano anche molte donne, che trasportavano isassi per fare la massicciata.Erano trascorsi pochi giorni, quando una mattinaintervennero carabinieri e polizia. Quasi tutti ilavoratori riuscirono a fuggire. Ma ventuno di essifurono arrestati e condotti in carcere a Terracina.Ricordo quel giorno. Abitavo in campagna, aiPrati. Frequentavo la seconda elementare, in unapluriclasse. La scuola si trovava su una collina.Eravamo una trentina di bambini.Il maestro non riuscì a trattenerci, o non volle.Uscimmo dalla classe. Vedemmo la fila deicarabinieri e dei poliziotti che correvano percatturare i disoccupati. Avevamo paura. Perchéognuno di noi aveva almeno un parente chescioperava. C'erano anche i miei due cugini. Ec'era la fidanzata di uno dei miei fratelli.Appena uscimmo da scuola, allo 'spaccio'(ilnegozio dove si vendeva un po' di tutto, dal sale aitabacchi ai generi alimentari), incontrammo icarabinieri. Uno mi chiese dov'era mio padre."Lavora alla strada", risposi. Stava per farmi altredomande. Ma intervenne l'appuntato diRoccagorga, che conosceva la mia famiglia."Lascialo stare - disse -. E' vero, il padre lavoraalla strada. Ma fa il cantoniere provinciale".La sera, quando Vitale e Cataldo, i miei cugini,venivano a casa a trovarci, raccontavano tutto.Specie Vitale, il più estroverso dei due.Sentii parlare allora per la prima volta di PietroIngrao che un giorno, insieme alla solidarietà dellaDirezione del partito e de L'Unità di cui eradirettore, aveva portato anche una 'copella', unabotticella di vino ai disoccupati in sciopero.Venimmo a sapere che Ingrao, insieme a MarisaCinciari Rodano, aveva contestato l'operato di uncommissario di polizia che, senza autorizzazione,aveva fatto perquisire dai suoi uomini la sezionedel Partito comunista di Roccagorga. E che,insieme ai dirigenti provinciali comunisti, eravenuto anche Giancarlo Pajetta.Accanto ai vecchi dirigenti locali, in quei giorni dialtissima tensione si sperimentarono parecchigiovani comunisti, incoraggiati anche dallapresenza dei dirigenti nazionali.A Sonnino, durante lo sciopero, i registi GilloPontecorvo e Giuseppe De Santis effettuarono

alcune riprese cinematografiche. Il regista di Fondigirò poi un film su quegli avvenimenti, UnaStrada lunga un anno.Pietro Ingrao è tornato più volte a parlare degliscioperi a rovescio, delle condizioni di vita dellepopolazioni lepine, e delle relazioni complesse chegli avvenimenti e le scelte politiche nazionali elocali di quegli anni avevano tra loro. Come inquesti brani, ad esempio, tratti da una intervistarilasciata nel 1989. "Sui Lepini si riflette anchel'eco di tutta un'azione con cui la sinistra, isindacati ma soprattutto il Pci, si riporta all'attaccodopo la sconfitta che aveva subito nel 1948 e trovain queste lotte un radicamento, un terrenofavorevole. (...) Io me li ricordo molto bene i paesidei Lepini, soprattutto Roccagorga, Priverno,Sezze, come paesi molto poveri, diseredati,imparagonabili lontanamente a quelli di oggi. (...)Roccagorga me la ricordo fisicamente come ilpaese più misero, più povero, più diseredato. (...)Quelle lotte sono state il germe chesuccessivamente ha segnato i lineamenti di unasocietà di tipo avanzato anche sui Lepini. Inqualche modo possiamo dire che lì, sui Lepini, conqueste lotte, si affermava il diritto di presenza,anche nelle condizioni più difficili; si affermava,cioè, una volontà di intervenire, progettando,rivendicando un ruolo da protagonisti, nel sensoche anche loro, i contadini, i lavoratori e idisoccupati poveri dei Lepini volevano decidere enon solo chiedere lavoro. Essi rivendicavano ildiritto di pensare, di contare sulla configurazionedella loro vita, dei loro paesi; rivendicavano ildiritto, in definitiva, di decidere sul propriodestino"1.Negli anni Cinquanta Pietro Ingrao è tornatospesso a Roccagorga."Durante la campagna elettorale del 1953 - ricordaFrancesco La Banca - nella piazza di Roccagorga cifu un contraddittorio tra Pietro Ingrao el'onorevole Gazzorra, una democristiana moltobattagliera, che seguiva Ingrao, per scontrarsi conlui, in quasi tutti i comuni lepini. La piazza erastracolma di gente. Fu un duello bellissimo. ChePietro vinse nettamente".Francesco aveva allora 14 anni. Divenne grandeamico di Pietro Ingrao.

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Intanto le iniziative politiche si intensificavano.“Nei comuni - ricorda Aldo D'Alessio - ciinventammo la politica di assistenza sanitaria, conl'utilizzazione diffusa dei libretti dei poveri. Edanche la riforma del fisco, con l'abolizione delfocatico, l'imposta di famiglia”.In quegli anni di scontri aspri e duri un ruoloimportante venne svolto dalla libreria di IgnazioRaimondo, un dirigente comunista aperto,intelligente, gentile. Lì si incontravano poeti,artisti, uomini di cultura di orientamento politicodiverso, laici e cattolici, democristiani,repubblicani, socialisti, comunisti.Intanto il Pci si organizzava meglio. E siconsolidava in molti luoghi di lavoro.Alla fine del 1955 Severino Spaccatrosi lasciò ladirezione della federazione comunista di Latina.Venne eletto segretario provinciale Mario Berti,sindaco di Sezze.Intorno alla metà degli anni Cinquanta intanto siconcludeva la lunga storia delle occupazioni delleterre. "Nel 1955 - ricorda Mario Berti - unmigliaio di contadini di Sezze CisternaRoccagorga, Cori e Giulianello, con donne ebambini, occuparono alcuni terreni delle proprietàSbardella e dell'onorevole Fiammingo. La polizia liallontanò con la forza ed arrestò trenta persone tracui mia moglie Laura, Carlo Monte, ArmandoAgelini e la poetessa Adele Ricci.Io ero membro della Commissione perl'assegnazione delle terre incolte. Quella mattinadovevamo andare a fare un sopralluogo proprio daSbardella e Fiammingo. Andai in Prefettura. Fecifinta di non sapere niente di quanto era accaduto.Salimmo in macchina. Con me c'era anche AngeloBarbato, capo di gabinetto della Prefettura epresidente della Commissione. Che subito michiese: “Come sta tua moglie?”. “Bene, grazie.L'ho lasciata a casa. Dormiva ancora”. Dopo pochiminuti mi fece la stessa domanda. Stessa risposta.Arrivammo a Cisterna. E di nuovo Barbato michiese di mia moglie. Persi la pazienza. “Se lapolizia non rilascia subito gli arrestati - dissi - oalmeno non li porta nelle carceri di Latina, saràdifficile contenere la rabbia dei contadini.Comunque, per quanto mi riguarda, questamattina non ci sarà sopralluogo”. Riuscimmo a

calmare i contadini. Le trenta persone arrestatefurono condotte a Latina. Dove si fecero unadecina di giorni di carcere.Nel 1956 - aggiunge Mario - alcune centinaia diettari delle proprietà Sbardella e Fiamingo venneroconcessi a 700 coloni".In quello stesso anno la provincia di Latina venneinserita nell'area della Cassa per il Mezzogiorno.Iniziò un rapido processo di industrializzazione. Etutto cominciò a cambiare.Nel 1958 i comunisti di Roccagorga decisero dicostruire una Casa del popolo. L'idea era stata diManfredo Tretola, che aveva avuto occasione divederne alcune in Toscana e in Emilia Romagna. Illavoro venne fatto gratuitamente da molticittadini, alcuni dei quali non appartenenti alpartito. I fondi necessari per l'acquisto deimateriali da costruzione furono raccolti consottoscrizioni polari.I lavori terminarono nel 1960.La Casa del popolo venne inaugurata da EnricoBerlinguer, nel 1961. Fu un evento memorabile2.

3. E il Pci si apre sempre più ai giovani.L'industrializzazione e il rafforzamentodel sindacato

Nel 1958 ci furono le elezioni politiche. Per il Pcierano un banco di prova importante, perchécadevano a due anni dai fatti drammatici diUngheria. In provincia di Latina non c'erano stateripercussioni pesanti all'interno del partito. Nonera andato via quasi nessuno. La campagna distampa però era stata forte. E avrebbe potutocondizionare le scelte dell'elettorato. "Le elezioniinvece andarono piuttosto bene - ricorda MarioBerti -. Riuscimmo infatti a mantenere econsolidare la nostra forza".Chiedo a Mario come mai in quelle elezioni nonvenne eletto nessun parlamentare comunista dellanostra provincia. Eppure i numeri c'erano. E c'erauna esigenza oggettiva.

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"E' vero - risponde -. Ma ci furono alcuniproblemi.Nella segreteria della federazione venne deciso dipresentare la mia candidatura, insieme a quella diAldo D'Alessio, e di altri. Io ero contrario, perchéc'era incompatibilità tra segretario dellafederazione e parlamentare. In segreteria con mec'era anche Pietro Ingrao, il quale sostenne chepoteva esserci una deroga da parte della direzionenazionale, di cui lui faceva parte.La proposta - aggiunge - venne accolta dagliorganismi dirigenti del partito".Doveva dunque essere eletto Mario Berti. Oltreche in provincia di Latina, venne data indicazionedi attribuirgli preferenze anche in alcune zone diRoma e di Frosinone. Ma poi successe qualcosa."Una ventina di giorni prima delle elezioni -racconta Mario - andai a Roma. A BottegheOscure incontrai Giorgio Amendola, responsabilenazionale dell'organizzazione del partito. “Sonosolo tre anni che fai il segretario provinciale - midisse -. Sarebbe bene che continuassi a farlo,rispettando la norma dell'incompatibilità. D'altraparte - aggiunse - non abbiamo ancora uncompagno in grado di sostituirti”. Tornato aLatina, posi il problema in segreteria. La campagnaelettorale era ormai in una fase avanzata.D'accordo con il comitato regionale del partito,decidemmo allora di spostare le preferenze di fuoriprovincia da me a D'Alessio. Risultato? Una granconfusione. E non venne eletto nessuno di noidue".Aldo D'Alessio venne poi ripresentato nel 1963. Efu eletto deputato.Il partito intanto si consolidava. Le sezionidiventavano più accoglienti. Anche peremulazione. Specie dopo la costruzione della Casadel popolo di Roccagorga.Arrivarono le industrie. A Latina, Aprilia,Cisterna. E con esse migliaia di immigrati, tra iquali molti ragazzi.Agli inizi degli anni Sessanta i giovani apparivanosvogliati, e lontani dall'impegno politico e sociale.Almeno agli occhi degli adulti. Una indaginesociologica dell'epoca dice infatti che essiaspiravano soltanto alle tre 'M': un mestieresicuro, una macchina, una moglie da amare.

Eppure, quasi per uno strano gioco della storia,proprio quando i giovani sembravano senz'animae senza passioni, migliaia di ragazzi parteciparonoa Reggio Emilia e in moltissime altre città allegrandi manifestazioni antifasciste contro ilgoverno Tambroni che reagì con una dura,sanguinosa repressione. Li chiamarono i ragazzicon le magliette a strisce.Il Pci di Latina seppe aprirsi ai giovani, dando lorofiducia. E impostò una campagna di proselitismo.Segretario provinciale della Fgci (la federazione deigiovani comunisti italiani) era Mario Ciavolella.Sotto la sua guida nacquero e si svilupparonoalcuni circoli comunali assai vivaci politicamente eculturalmente. "A Sezze - afferma l'onorevoleLelio Grassucci - in soli quattro mesi facemmo120 iscritti. Anche a Cori, dove era segretario ungiovane contadino colto e affabile, raggiungemmoottimi risultati. A Latina, attorno a MarioCiavolella, si formò un bel gruppo di giovani, tra iquali emersero Pippo Maione e Laura Pennacchi.Circoli importanti vennero poi costituiti in altricomuni della provincia (a Roccagorga, a Fondi e aSperlonga, ad esempio)".Nel 1961 Lelio Grassucci venne eletto segretarioprovinciale della Fgci. “Ci ponemmo subito dueobiettivi - ricorda ancora Lelio -. Il disarmo delleforze di polizia durante le manifestazioni (nel1960 c'erano stati parecchi morti nelle piazze), e ilproblema dell'occupazione giovanile.Facemmo inoltre una intensa azione dipropaganda, con volantinaggio dinanzi allefabbriche e sui treni dei pendolari che si recavanoa migliaia nei cantieri edili di Roma”.La presenza del Pci, che era abbastanza forte tra ilavoratori dell'edilizia, era pressoché inesistentenelle nuove fabbriche.La federazione comunista di Latina alloraintervenne con una intensa azione politica eorganizzativa. E contribuì al rafforzamento delsindacato. Da Torino giunse a Latina in quegli anniGisella Di Juvalta, che in breve tempo riorganizzòla Fiom, il sindacato dei metalmeccanici. Gisellaera una donna forte, generosa e sensibile. Venivadalla scuola di Bruno Trentin, di Sergio Garavini edi Emilio Pugno."Nel 1964 - dice Lelio Grassucci - tenemmo

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presso l'Hotel Europa di Latina un convegno sullapresenza comunista dentro le fabbriche. PartecipòGiorgio Amendola.La sala era gremita. Ma sai quanti erano gli operaipresenti iscritti al Pci? Soltanto tre. Perché neiluoghi di lavoro la repressione era dura. E glioperai avevano paura dei licenziamenti.Decidemmo allora di costruire nuclei di operaicomunisti dentro le fabbriche più importanti.Come punto di riferimento avevamo le sezioni diGaeta, di Campo Boario a Latina e di Aprilia".Nel giro di pochi anni in quasi tutte le fabbriche lapresenza dei comunisti divenne visibile e forte.Nel 1966 venne eletto segretario della federazionecomunista di Latina Paolo Ciofi, un politicointelligente e accorto che aveva studiato economiaa Mosca.E fu subito svolta negli indirizzi di politicaeconomica."Fino ad allora - ricorda Lelio Grassucci - avevamoavuto un atteggiamento elastico nei confrontidell'intervento straordinario della Cassa per ilMezzogiorno nella nostra provincia. Anche perché

le fabbriche erano arrivate.Paolo Ciofi puntava invece sull'interventoordinario, e sullo sviluppo delle forzeimprenditoriali locali. La sua critica all'interventostraordinario fu perciò molto forte".

NOTE

11.. G. CANTARANO, Alla riversa, Edizioni Dedalo,1989, pag. 189 e seguenti.22.. Oggi la Casa del popolo in parte vieneutilizzata come sede dei Democratici di Sinistra ein parte come luogo di incontro per attivitàculturali e ricreative.

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Nell’archivio della federazione del PCI di Latina,all’interno del nucleo contraddistinto con la letteraB (cfr. Appendice, p. 16 di questo volumetto), labusta 6 raccoglie sia le carte della Federazioneprovinciale del partito sulle tematiche femminili,sia le carte del Comitato provinciale UnioneDonne Italiane. I documenti, che arrivano fino allavigilia degli anni '60, si infittisconosignificativamente attorno ai primi anni '50 (fine'51/ metà '53), e nel 1955.Abbiamo scelto di analizzarne alcuni, a nostroavviso tra i più significativi. Proprio per ilcarattere del presente lavoro, di semplice avvio diuna ricerca, ci è sembrato giusto farli 'parlare'riportandoli, per quanto possibile, per esteso,invece di darne sintesi interpretative.Se per il primo periodo essi sono, in buona parte,prodotti dall'UDI (provinciale e nazionale), è tuttainterna al partito (provinciale e nazionale) ladocumentazione relativa al 1955. E questo non ècasuale.Dalla loro lettura si possono trarre alcuneindicazioni sul modo in cui la Federazioneprovinciale del PCI, negli anni '50, definisce ilproprio ruolo e la propria azione politica neiconfronti delle donne. Le scelte fatte in questosenso sono rivelatrici del modo in cui il partito sirappresenta le donne all'interno della realtàlocale: sia le 'esterne', cioè quelle a cui si rivolgeper sostenerne interessi e bisogni; sia le 'interne',cioè le iscritte al partito, ma anche le tesseratedell'UDI.Un'ultima osservazione: i documenti analizzati cirimandano l'eco di un intenso coinvolgimento neidrammatici problemi economici e sociali delperiodo della ricostruzione in provincia, e di undibattito interno anche acceso; ma non cirestituiscono identità individuali, cioè nomi, se

non quello di Laura Masella, che risulta esseredirigente provinciale dell'UDI e delle donnecomuniste nei primi anni '501. Per quanto poiriguarda i documenti ufficiali prodotti dallaFederazione provinciale del PCI, essi non portanola firma di chi li ha stilati, e cioè SeverinoSpaccatrosi, segretario provinciale del partito dal1946 al 1955.

1951-1954

Un breve cenno preliminare sull’UDI, organismoche ricorrerà molto spesso in questi appunti.L’Unione Donne Italiane si costituisce nell'ottobredel 1944, in piena guerra, per iniziativa delledonne impegnate nella Resistenza e aderenti aipartiti di sinistra.Di poco precedenti sono i 'Gruppi di difesa delladonna e per l'assistenza ai volontari della Libertà",che inizialmente raggruppano le donne di tutti ipartiti antifascisti, unite nella drammaticaesperienza della guerra di liberazione. Ben presto,per conflitti interni le donne della democraziacristiana, ritenendo i gruppi di difesa'monopolizzati' dal PCI, se ne allontananoufficialmente nel 1945. Nell'anno precedente, apoca distanza dall'UDI, esse hanno dato vita a unaloro associazione, il CIF.Nonostante queste divisioni, l'UDI e il CIF vivonoesperienze significativamente unitarie, una primavolta nella comune partecipazione al “Comitatopro voto” alle donne (nato nell'ottobre del '44 suiniziativa dell'UDI), e poi nella grandemobilitazione per l'assistenza alle popolazioninell'immediato dopoguerra2.Negli anni successivi, le due associazioni sitroveranno a convivere con una sorta diambivalenza, presente in loro fin dall'origine: nel

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Donne e PCI. Appunti per una ricercadi Franca Rasile e Anna Maria Tomassini

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loro essere, cioè, un'emanazione dei partiti e,nello stesso tempo, organizzazioni formalmenteindipendenti; unite, almeno come aspirazione, perparlare e operare a nome di tutte le donne, madivise in schieramenti contrapposti per laconquista del consenso femminile.

Il primo documento ufficiale di carattereprovinciale, all’interno della busta 6, è una"Lettera del Comitato provinciale UDI ai Comitaticomunali Associazione Donne in difesa delPodere", del 4 dicembre 1951, firmata da LauraMasella.La lettera si apre con un'esortazione ad"avvicinare, a influenzare" le donne, a chiarireloro "le lotte che bisogna condurre". E se neindicano gli obiettivi, che nel documento vengonochiamati "punti del programma". Di questi, dueriguardano specificamente i diritti delle donne,braccianti e contadine, sul lavoro (" rispetto delletariffe per le raccoglitrici di olive, uva e arance"), ein particolare il principio disatteso della parità trauomo e donna ("diminuzione dello scatto esistentetra il salario della lavoratrice e il salario dellavoratore")3. Gli altri riguardano invece questionidi carattere economico e sociale complessivo: labonifica idraulica, innanzi tutto, per recuperareterra e lavoro, e "l'assistenza a tutti i figli deilavoratori della provincia" (refezione scolastica,libri, grembiuli, edifici scolastici….).Pur nella sua sinteticità, il documento rimandal'immagine di una realtà economica a carattereprevalentemente rurale, e profondamente povera,che le donne devono fronteggiare, sia sul lavoroche come madri di famiglia.La lettera termina con un invito a rafforzarel'Associazione Donne in Difesa del Podere,l'Associazione Donne in difesa della Famiglia, e aincoraggiare la costituzione dell'Associazionedonne senza-tetto.Quale sia il carattere di queste associazioni, lochiariscono gli appunti manoscritti (non firmati),presi ad un Convegno nazionale dell'UDI,dell'ottobre 1951. Da questi veniamo a sapere cheil Convegno si occupa anche di questioniorganizzative: l'estrema diversità delle situazioniche caratterizzano il Paese, e il desiderio di

migliorare i consensi sollecitano l'UDI aprevedere, in quelle realtà dove ha difficoltà aistituire i suoi 'circoli', una "organizzazionedifferenziata a base territoriale", cioè delleassociazioni che si mobilitino su specifici problemilocali, o di categoria.Ma gli appunti manoscritti ci rimandano anche unprofondo disagio che l'UDI sta vivendo: "molticomitati di circolo si identificano con leCommissioni femminili delle sezioni del PCI, dovenon ci sono indipendenti e socialiste (…)conseguenza questa del settarismo", "settarismoche impedisce di avvicinare le donne DC e dell'Azione cattolica", "l'UDI deve avere una vita piùautonoma".

Il ruolo dell'UDI, come 'organizzazione di massa'femminile strettamente legata al partito, non è indiscussione per l'organismo di dirigenza dellaFederazione di Latina, che alle donne dedica unaparticolare attenzione nel " Piano di lavoro dellaFederazione del PCI di Latina per lo sviluppodell'organizzazione femminile del Partito e lacostituzione di un vasto movimento di massa",datato 29-1-1952. Documento interessantissimo,per la ricchezza dei dati informativi, peraltroanalizzati con rigore.Nel 'Piano di lavoro' si dedica ampio spazioall'Associazione Donne per la difesa del Podere eall'Associazione Donne in difesa della famiglia. Daesso veniamo a sapere che le due associazioni sonostate costituite nel 1951; che la prima, che ha comebase territoriale l'agro pontino, ha i suoi punti diforza a Pontinia e borgo Faiti, mentre la seconda,la cui base territoriale è sui monti Lepini, ha il suopunto di forza a Sezze , ma è ben rappresentataanche a Priverno e Roccagorga. Oltre alle dueassociazioni, l'adesione diretta all'UDI è previstaattraverso altre due modalità: le tessere (cherisultano essere molto poche, dai dati riportati), e ibollini (un po' più numerosi), che vengonoapplicati direttamente sulle tessere di partito. Lecomplessive 1500 (circa) adesioni non soddisfanola segreteria provinciale del PCI, che si rivolge alledonne del partito, spronandole a un'attività che"deve tendere a rafforzare l'organizzazionefemminile di massa" , alla creazione "di un vasto

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movimento nei monti lepini per la terra, il lavoro,attraverso l'ultimazione della bonifica, perl'assistenza di tutti i bimbi dei braccianti e deicontadini poveri". Si tratta, in sostanza, di unasorta di delega all'UDI sui temi sociali, attraverso iquali avvicinare "la stragrande maggioranza delledonne" che, a causa dell'arretratezzadell'agricoltura e di un'industria inesistente,"sonocostrette a svolgere la loro attività, quasi per tuttol'anno, nell'ambito familiare e della propria casa".L'immagine che la segreteria provinciale ha delladonna "madre di famiglia", è quella di unacasalinga per necessità, e cioè per mancanza dioccasioni lavorative, e per questo isolata, pococosciente "della sua forza, della sua capacità (…) dicambiare la realtà in cui vive". E' evidente laconvinzione della Segreteria che - al paridell’uomo -" il processo di sviluppo e diemancipazione della donna" non può cherealizzarsi, marxianamente, attraverso il lavoro eall'interno di una società industrialmentesviluppata. C'è da annotare che la parola'emancipazione', usata dalla Segreteria provinciale,subisce un andamento carsico: tra i documenti cheabbiamo esaminato, essa ricompare solo nel 1955.Nell'elenco delle rivendicazioni da sostenere, ledonne alle quali si guarda (e cioè quelle degli stratisociali più svantaggiati, espressione per lo più delmondo contadino), vengono divise in categorie: dauna parte le operaie ( per la " parità di salario congli uomini, il riconoscimento delle qualifiche, lalotta contro lo sfruttamento dell'orario di lavoro"),e le lavoratrici agricole, cioè le raccoglitricistagionali di olive sui monti lepini, di uva aTerracina, di arance a Fondi ( per "l'assunzioneattraverso gli uffici di collocamento e il rispettodelle tariffe ); dall'altra parte, le "mogli dibraccianti della montagna, di coloni dell'agro, dioperai (per la "lotta contro lo sfruttamento deimariti, per la bonifica integrale (…) per asili nido,refezioni scolastiche, colonie, casa (…)". Per tutte,l'impegno per la difesa della Pace4.Il quadro dettagliato delle "lotte condotte dalle

donne in provincia dal 1950 (…) sotto la guidadelle organizzazioni democratiche", in partecoronate da successo, è un'indicazione chiara sullastrada da seguire: si va dallo sciopero delle

lavoratrici dei vigneti a Terracina, allapartecipazione agli scioperi a rovescio a Sezze eRoccagorga, dalla solidarietà delle braccianti dellecontrade di Sezze ai braccianti dei monti, allapreparazione delle bandiere della pace delle moglidi braccianti di Sezze e Priverno, alla raccolta difirme contro la bomba atomica. Particolareadesione ("di 250 mamme") riceve l'inchiestacondotta a borgo Faiti e Pontinia sulle condizionidi vita dell'infanzia. Essa ha un seguito, non solonel Convegno comunale organizzato sui risultatidell'inchiesta, ma anche nei risultati delle elezioniamministrative del 1951: Milena Bottini vieneeletta consigliera comunale a Pontinia.Ma la segreteria provinciale individua ragioni didebolezza anche nella vita difficile delle cellulefemminili e delle Commissioni femminili interneal partito5, e non per responsabilità delle donne: "imotivi vanno ricercati soprattutto nell'assenza diuna direzione generale delle nostre sezioni.L'organizzazione femminile di partito èconsiderata dai nostri compagni come un'altrasezione, che ha una sua dirigente, un suoorganismo, problemi seri da affrontare. E'veramente da ammirarsi lo spirito di sacrificio, ilcoraggio delle compagne (…)".Nella parte conclusiva del documento si affermache "non è più ammissibile che la compagnaMasella possa ancora dirigere e le donnecomuniste e l'UDI", e si propone di affiancarle duecompagne, per condividerne il lavoro.

E' di Laura Masella la relazione al "PrimoCongresso della Donna della provincia di Latina",che si tiene a Priverno il 22 marzo 1953. UnCongresso evidentemente organizzato in vista diquello nazionale dell'UDI, fissato per il mese diaprile e alla cui preparazione è dedicata lapubblicazione "Documentario di NOI DONNE",conservata nell'archivio. Per il Congressonazionale del '53 (siamo alla vigilia delle elezionipolitiche), la decisione dell'UDI di sostituire lapropria sigla con la parola "Donna italiana", èindicativa del bisogno di "rompere gli steccati", diuscire "da un'angustia settaria"6 in cui per anni siè chiusa, anche a causa del clima di

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discriminazione spesso persecutoria che ha dovutofronteggiare, a partire dal '48 ( lo stesso periodicodell'associazione, "Noi Donne" ha subito lascomunica di Pio XII, che è affissa nelle chiesecome ammonimento alle donne cattoliche).

E' opportuno qui ricordare, anche al fine di unacorretta 'lettura' dei documenti provinciali, che ilpercorso compiuto negli anni del dopoguerradall'UDI è complesso e difficile, strettamenteintrecciato agli avvenimenti politici del paese e allastoria dei partiti politici di riferimento,pesantemente condizionato dalle questioniinternazionali e dall'angoscia per il rischio di unanuova guerra.Ma pesanti sono anche i condizionamenti dellacultura familista diffusa nella società italiana epresente negli schieramenti politici, e al cuisistema di valori è difficile, per molte donne,interiormente sottrarsi. Per anni l'azione dell'UDIsarà segnata dalla ricerca di un difficile equilibriotra l'affermazione dei diritti e delle libertà delledonne (specificamente nel lavoro), e lerivendicazioni sociali più complessive, in cuil'individualità femminile sfoca in un'immagine didonna 'sposa e madre', che con dedizione esacrificio assume su di sé i problemi socialigenerali. Fa riflettere il fatto che se nello Statutodel '45, all'indomani dell'intensa esperienzavissuta da numerose donne nel corso della guerra,l'UDI si definisce "associazione perl'emancipazione", questo termine scompare nelleparole d'ordine dei successivi Congressi, nel '47("Per una famiglia felice, pace e lavoro"), e nel '49("Per l'avvenire dei nostri figli, per la libertà e ilprogresso, no alla guerra").

Il Congresso provinciale della Donna, a Priverno,si apre con il coro delle raccoglitrici di olive di Coriche cantano le tristi condizioni di lavoro e le lottesostenute. Sono 60 le delegate presenti. Ad esse sirivolge Laura Masella: "Un grande avvenimentooggi ha luogo nella nostra provincia; per la primavolta si riuniscono a congresso (…) le delegate dimigliaia e migliaia di mamme, di spose, diragazze", con "il compito di esaminare in questasede i problemi, le preoccupazioni che assillano, le

speranze che sono nei cuori della metà dellapopolazione della nostra provincia".Dopo aver tratteggiato le lotte sostenute dalledonne nella provincia, Laura Masella delinea unquadro drammatico delle loro condizioni di vita inquanto madri di famiglia, "una vita fatta disacrifici eroici, di pazienza e di miseria … 4.500famiglie vivono in baracche, grotte, cantine. Ciòvuol dire che 8.000 bambini vivono e si sviluppanoin ambienti malsani". Drammatici anche i datisulla scolarizzazione ("20.000 bambini non hannofrequentato l'anno scorso le scuole elementari")per l'impossibilità, da parte delle madri, disostenerne le spese, mentre pressoché nulla èl'assistenza governativa per la refezione scolasticae le colonie estive.La scelta di campo, delle donne a cui parlare e dicui parlare, è netta; e lo fa ben comprendere undocumento del 1952, "Piano di lavoro per ladiffusione di Noi Donne in occasione dell'edizionemeridionale", della segreteria provinciale dell'UDI,in cui si esprime un giudizio sul periodicodell'associazione, peraltro considerato prezioso"strumento di orientamento per le miglioriamiche dell'UDI": "… ci è parso che in certimomenti Noi Donne corresse troppo dietro alleesigenze della donna media (alludiamo alla donnafornita di una certa cultura e che gode di certecondizioni economiche e sociali) e non tenessepresenti i bisogni, i problemi, la mentalità dellenostre donne, le braccianti, colone, casalinghespose di operai ( …) le ragazze delle nostremontagne, disoccupate gran parte dell'anno".Questa scelta di campo è la stessa fatta in queglianni dal partito; c'è da chiedersi se non sia anche ilsegno di una difficoltà dell'UDI ad entrare inrelazione con donne di ceti sociali diversi, e adessere da loro riconosciuta.La relatrice, dopo aver affrontato anche un temastrettamente politico, quello delle prossimeelezioni e del rischio della "legge truffa" (la leggedi riforma elettorale approvata dal governo invista delle elezioni, per assicurarsi un "premio dimaggioranza") , conclude con un'immaginerassicurante di donna la cui ragione di vita è neldarsi agli altri: "Dalla tribuna di questo Congressogridiamo: vogliamo vivere meglio, vogliamo

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vedere splendere sui cari visi dei nostri bambini ilsorriso sereno che danno il benessere e la pace;vogliamo trovare nel volto dei nostri sposi lafiducia nella vita e negli uomini".

Il 1955

I documenti si infittiscono nel '55. Verbali deilavori del Comitato federale, appunti manoscrittidi riunioni , piani di lavoro, lettere della Direzionenazionale del PCI: al centro di tutta l'attivitàdocumentata del partito, all'interno della busta 6,c'è la preparazione della seconda Conferenzanazionale delle donne comuniste, indetta a diecianni dalla prima, e che si terrà nel mese di ottobre.Di tutta la documentazione presente, abbiamoscelto di analizzare la relazione dattiloscritta diLaura Masella al Comitato Federale del 4-4-'55;altri documenti sono qui presenti solo comeriferimento.

In una lettera del 13 giugno, la Direzionenazionale/Sezione femminile del PCI risponde allesollecitazioni degli organismi provinciali, e indica itemi che le conferenze comunali e provinciali (cheeleggeranno le delegate all'assise nazionale)dovranno affrontare e tradurre concretamente sulpiano locale:"1) l'emancipazione e la difesa dei diritti dellecittadine, delle madri, delle lavoratrici (…);2) (…) creare l'unità delle donne cattoliche suitemi ell'emancipazione, rafforzare il legame con lemasse femminili".Queste linee di orientamento generale sonosostanziate da due rivendicazioni concrete:l'approvazione della legge per la parità di salario, ela pensione alle casalinghe.Il ritorno della parola 'emancipazione', ilriconoscimento delle donne innanzitutto comecittadine, fanno percepire che qualcosa stacambiando, dentro e fuori il partito. Del restomolte cose stanno cambiando, attorno alla metàdegli anni '50, in Italia, favorite anche dal clima didistensione internazionale. La crisi del mondorurale e il processo di modernizzazione economica

e sociale spingono verso nuovi stili di vita, edaprono nuovi conflitti; mentre, sul piano politico,si fa strada la prospettiva di un governo 'aperto'alle forze di sinistra,e diventano un testimportante le elezioni amministrative che siterranno nel '56.Di fronte a un mondo in movimento, di cui ci sonosegnali anche nei fermenti del mondo cattolicofemminile, il partito comunista italiano avverte lanecessità di elaborare una nuova "linea d'azionepolitica di lavoro tra le donne".

In una lettera del 7 maggio, della Direzionenazionale/ Sezione femminile del PCI e firmata daLina Fibbi, si esprime grande soddisfazione perl'attività in corso nelle Federazioni provinciali."Questo fatto ci conferma quanto sia sentita nelpartito l'esigenza di chiarire i nostri orientamenti,di approfondire l'elaborazione dei temi, dellerivendicazioni e delle iniziative del movimentofemminile."

La Federazione provinciale di Latina ha già fattouna riunione, il 4 aprile. Primo punto all'ordinedel giorno: "I comunisti alla testa dei grandimovimenti per l'emancipazione della donna".La riunione si apre con la relazione (dattiloscritta)di Laura Masella. “A undici anni dalla Liberazioneil partito per lo meno nelle istanze superiori hauna posizione nuova”, esordisce Masella. Cheprosegue ripercorrendo il cammino delle donnedell'UDI e del partito nella provincia, a partiredalla liberazione. Un percorso discontinuo, le cuitappe indicate rivelano un comune destino perl'UDI e per il partito: l'iniziale partecipazione delledonne ("con una coscienza nuova dei loro diritti"e "schierate accanto ai lavoratori per una politicadi pace e di assistenza, per una politica agraria chedesse la terra ai contadini poveri"), si interrompenel '48. Sono le donne del ceto medio che siallontanano, "insegnanti, professoresse, mogli diimpiegati" , che pure avevano sentito "l'esigenzadi rinnovamento"; tra loro, dirigenti dell'UDI e delpartito. Non dice altro, Laura Masella, su quantoaccade dopo le elezioni del '48, se non che "non viè in dubbio la fedeltà ai principi", nonostante "unacerta resistenza nel rinnovare la tessera del

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partito"7. Ma è evidente che, nel mutato climapolitico, le azioni successive sono connotate dallascelta "di classe" fatta dopo il '48 dagli organismiprovinciali (e nazionali) del PCI e dell'UDI, cioè illoro rivolgersi ai ceti contadini e operai come unicisoggetti possibili del cambiamento. Lo testimoniail riferimento alle "grandi lotte" che l'UDI e ledonne del partito conducono in provincia ("conarresti e fermi") nel '50-52, insieme alleAssociazioni delle donne in difesa del podere e indifesa della famiglia. Ma poi, la stessa scomparsadelle due associazioni, "la situazione di riflussoverificatasi dopo il 1953”, sono rivelatrici di“disorientamento e disordine nel lavoro svolto”. Ilrichiamo è alle dirigenti dell'UDI e del PCI; piùvolte, riferendosi a loro, Masella usa la parola'timidezza' (e più volte questa parola sarà ripresa -ma con diverse accezioni - nel dibattito che seguela relazione, di cui ci sono appunti manoscritti).Masella parla di "timidezza che sfiora quasil'irresponsabilità nel discutere e far discutere leistanze di partito" sui "problemi delle donne edell'emancipazione". Che non si tratti di unadebolezza 'femminile', ma di una interpretazionedebole, incerta, del concetto di emancipazione("parola chiave" della Conferenza delle donnecomuniste), diventa chiaro nel prosieguo deldiscorso: "La lotta per gli aumenti salariali allelavoratrici" è stata posta dalle stesse dirigentiprovinciali semplicemente in chiave economica,non "come lotta per il rispetto dell'articolo 37della Costituzione repubblicana" e "comecondizione per l'emancipazione femminile".Tuttavia il 'silenzio' delle donne trova una ragioneanche nell' assenza di condivisione su questi temitra uomini e donne del partito: "i timidi tentativifatti in questo senso si sono realizzati tra laperplessità e l'incredulità, non solo dei compagnidirigenti, sia a livello di sezione che provinciale". El'atteggiamento di indifferenza degli uomini delpartito si è riverberato anche nella vita delleCommissioni femminili e nell'attività dell'UDI,che viene ancora una volta vista tutt'uno con ilpartito: "la nostra azione tra le donne (…) adeccezione degli anni precedenti il '53 è statacondotta in modo separato da tutte le attività delpartito".

Di fronte a questo scollamento, Masella concludecon una forte sollecitazione: "non le donnecomuniste devono dirigere le iscritte (al PCI) e letesserate (dell'UDI), ma tutto il partito nelle sueistanze superiori e di base".

In una lettera della Direzione nazionale delPCI/Sezione femminile, del 21 settembre, LinaFibbi valuta con preoccupazione i Piani di lavoroche ogni Federazione ha dovuto inviare, aconclusione dei lavori delle Conferenze delledonne che si sono svolte in ogni provincia. Fibbilamenta l'enunciazione generica "dellerivendicazioni specifiche delle masse femminili",la limitatezza di queste rivendicazioni, viste "comeproblemi che riguardano le operaie, le braccianti, eal massimo le contadine", e non come problemiche riguardano più vasti strati femminili. Maanche i temi affrontati, come quello della pensionealle casalinghe, prosegue la Fibbi, vengono visti neiloro aspetti puramente economici, e non come"riconoscimento sociale del lavoro (…) nel suogrande valore di emancipazione e di affermazionedi un diritto".Nella lettera della Direzione nazionale si poneattenzione anche alle cellule femminili: essedevono funzionare "come organismi di partito enon organismi del movimento femminile".Il riferimento al rapporto UDI - organismifemminili di partito è più chiaro ed esplicito in undocumento prodotto dalla Federazione di Latina,per la preparazione delle Conferenze comunali eprovinciale delle donne comuniste e che, per i suoicontenuti, richiama gli elementi di preoccupazioneespressi da Lina Fibbi8. In esso, con una certadurezza si afferma: "Se si fa eccezione per certeparticolari occasioni (…) finora i gruppi di donnecomuniste, nelle varie iniziative di massa, sonodiventati gruppi dell'UDI, con tutta la limitatezzache questo comportava e con tutti gli ostacoli allaformazione di una coscienza comunista da partedelle nostre compagne". L'equilibrio tra UDI epartito è rotto: l'impegno delle donne comunistenell'organizzazione di massa ha di fatto svuotatole cellule femminili e, soprattutto, ha causatol'estraneità delle donne agli orientamenti politicidel partito.

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Per altro verso , l'UDI può ripartire da qui, peravviare un percorso di autonomia, che le permettadi coltivare la speranza di diventare una forzaunitaria di tutte le donne. Al primo punto di undocumento del giugno 1956, il Comitato direttivodell'UDI nazionale dichiara: "per essere unitaria,l'UDI deve essere anzitutto autonoma da ognisubordinazione a qualsivoglia forza politica"9.

Il clima festoso, all'apertura della secondaConferenza nazionale nel mese di ottobre, rivela lalegittima soddisfazione delle donne comuniste diritrovarsi insieme, protagoniste dell'evento, e alcentro dell'attenzione di tutto il partito.Ma Laura Masella Berti, la prima tra le delegatedella provincia di Latina, non è presente ai lavori:"Duecento contadini, partiti all'alba da Sezze,hanno occupato le terre dell'agrario Fiammingo,iniziando la semina del terreno da temporivendicato perché incolto. Contemporaneamente,quattrocento contadini di Cori e di Giulianellodavano vita a una grande manifestazione neipressi della proprietà dell'agrario Sbardella (…).Contro questi contadini si è scatenata la Celere diCisterna e di Latina al comando del dottor Martina(…) il quale non si è accontentato di farebastonare i contadini, ma ne ha arrestato unatrentina, compresi tre dirigenti: il segretario dellaFederbraccianti provinciale, compagno Angelini, lacompagna Berti dell'UDI e il compagno Monti(…) della Commissione provinciale per le terreincolte, e li ha denunciati per 'oltraggio eresistenza alla forza pubblica'." (da "l'Unità", 20ottobre 1955).

NOTE

11.. Sfogliando la corrispondenza dell'UDI di queglianni, abbiamo verificato che, oltre a LauraMasella, ci sono altre due donne che firmano perla segreteria provinciale dell'UDI: Ebe Locatelli,per un breve periodo nel '52, ed Elena Ferraro nel'55-'56.22.. Sulla complessa esperienza femminile nelperiodo della guerra e nel primo dopoguerra, vedi:ANNA ROSSI-DORIA, Le donne nella scena politica,in Storia dell'Italia repubblicana, vol.1, pag 779 eseguenti (Torino: Einaudi,1994); EAD., Diventarecittadine (Firenze: Giunti 1996).33.. Alla data della lettera, sono passati sei anni dalriconoscimento del diritto di voto alle donne, cheelimina la loro inferiorità giuridica. Ne dovrannopassare ancora molti perché il principio diuguaglianza tra uomini e donne, sancito dallaCostituzione italiana, venga attuato sia sul pianoeconomico e sociale (uguale lavoro-uguale salario,uguale diritto di accesso alle carriere e alleprofessioni), sia sul piano del Diritto di famiglia(con la lunga permanenza delle norme del CodiceRocco, che sanciscono l'inferiorità della donnaall'interno della famiglia).44.. Sul tema della pace si mobilitano in quegli annile forze della sinistra; essa diventa il temacentrale dell'attività dell'UDI: diffusa è l'angosciaper una nuova guerra atomica, percepita comeimminente.55.. In una intervista al 'Paese delle donne', NildeIotti ha spiegato la nascita delle Cellule e delleCommissioni femminili del PCI : " (le donne)erano state tenute così lontane dalla politica chenon intervenivano mai nelle assemblee in sezione,non osavano parlare per evitare ripercussionifamiliari (…) così furono create le Commissionifemminili all'interno delle sezioni". Su questovedi anche: PAUL GINSBORG, Storia d'Italia daldopoguerra a oggi, pag. 262 e seguenti (Torino:Einaudi,1989).66.. Sono parole di Marisa Rodano in: Esperienzastorica femminile nell'età moderna econtemporanea - Atti del seminario, parte prima,pag.182 (Roma: Circolo 'La Goccia",1988).

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77.. Sul clima di intolleranza venutosi a creare nel'48 in provincia, e le sue ripercussioni sul PCIvedi: FLORIANA GIANCOTTI - ANNA MARIA

TOMASSINI, Ignazio Raimondo e la sua libreria,pag. 46 e seguenti (Centro studi AngeloTomassini, 1989).88.. Nell'archivio del PCI sono due i documenti(dattiloscritti e senza data) prodotti dalla

Federazione provinciale, di orientamento per leConferenze: " Per la preparazione delleConferenze delle Donne comuniste della provinciadi Latina(…)" "Per un giusto orientamento delPartito (…)".99.. Il documento completo è riportato in: MARISA

RODANO, Esperienza storica femminile nell'etàmoderna e contemporanea, cit., pag. 188.

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Entrai nel Partito Socialista Italiano, di fatto, nel1960, quando il professor Vincenzo Dispenza mitrascinò nella lista socialista per le elezioni delConsiglio comunale di Terracina.Ma la frequentazione di ambienti socialisti localiera iniziata nella seconda metà degli anniCinquanta, perché il Centro Culturale diComunità (il Movimento di Adriano Olivetti)organizzava incontri, dibattiti, seminari di studio,indagini su vari aspetti della vita locale(terracinese e provinciale), ai quali partecipavanorappresentanti dei partiti politici, tra questi isocialisti.Il professor Dispenza (di Palermo) lo avevoconosciuto al Liceo Scientifico di Terracina, oveegli insegnava Lettere e Storia (come supplente),con un approccio a dette materie diverso rispetto aquello degli altri docenti (tranne il professor DiegoAre, sardo di Santulussurgiu, insegnante diFilosofia, che, insieme a Dispenza, ci iniziò, tral'altro, alla storia ed alla geografia locali, con lalettura di alcuni testi del professor ArturoBianchini, terracinese): capimmo leinterdipendenze fra gli eventi storici, gli assettigeopolitici, la letteratura, in una successione chedal mondo, attraverso l'Europa, giungeva al nostracittà.Cominciai a prendere conoscenza dell'assettoistituzionale della nostra giovane Repubblica edelle dinamiche politiche che la caratterizzavano,in un quadro di riferimento costituito dai grandieventi mondiali che vedevano fronteggiarsiOccidente (con gli Usa e la Nato) ed UnioneSovietica (con il Patto di Varsavia).Avevo confusamente avvertito alcuni motivi delladura contrapposizione durante le elezioni del 1953(caratterizzate dallo scontro sulla legge truffa,voluta da Alcide De Gasperi ed avversata

duramente dai comunisti e dai socialisti), dopo che,ancora bambino, avevo assistito al grande chiasso(per me) delle elezioni del 1948, ove lo scontro erastato radicale, fra difesa dei valori dell'occidente elibertà, da una parte; dall'altra, volontà di riscattodei lavoratori da condizioni di vita miserrime e,quindi, riferimento ad ideali socialisti che,erroneamente, venivano materializzati nellaesperienza mitica del socialismo reale della UnioneSovietica.In quella seconda metà degli anni Cinquanta avevocominciato a sentire alcuni nomi di compagni checombattevano per i lavoratori, con i lavoratori peruna società migliore: il Liceo di Terracina erafrequentato da alcuni ragazzi di Fondi che miparlavano di un giovane socialista che, appunto aFondi, aveva iniziato a dare consapevolezza aicontadini, ai braccianti, alla manovalanza genericadelle loro condizioni di vita e della possibilità dimiglioramento delle stesse: era, questi, MarcelloDi Vito che sarebbe morto immaturamente, a soli34 anni, dopo le elezioni politiche del 1958. DiMarcello Di Vito ho sentito parlare spesso neglianni Sessanta, durante le mie frequentazionifondane, come una speranza di affermazione digrandi ideali di libertà e dignità umana, attraversobattaglie riferite alla concretezza delle persone edel territorio in cui trascorse la sua giovanemilitanza socialista.

Durante la campagna elettorale del 1958 (ch'iocondussi, non ancora maggiorenne: avevovent'anni, per Comunità della cultura, degli operaie dei contadini di Adriano Olivetti) cominciai aconoscere i nomi di coloro con i quali ho trascorsodecenni di militanza nel Partito Socialista Italiano,a partire dal 1960.Giorgio Zeppieri lo incontrai in un dibattito a

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I socialisti del dopoguerra: un primo raccontodi Gabriele Panizzi

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Latina: rimasi sorpreso per la sua laica ironia (isocialisti erano generalmente più appassionati edio altrettanto) che lo faceva diverso da VincenzoCinquanta (castelfortese) e da Vincenzo Granato(di Sezze); e soprattutto quest'ultimo, che,probabilmente a causa del suo impegno nellacampagna elettorale per le elezioni regionali del1980, morì alla fine di quell'anno.Con Angelo Tomassini, Zeppieri, Cinquanta (chesarebbe divenuto presidente nazionale dell'Operanazionale Combattenti) e Granato erano quattroavvocati di spicco del foro di Latina che sapevanoconiugare la loro professione con la militanzapolitica socialista e l'impegno istituzionale, nelComune e nella Provincia di Latina.Angelo Tomassini fu eletto successivamente alSenato della Repubblica.A Vincenzo Dispenza ed ai quattro avvocati siaffiancavano alcuni compagni con esperienzevissute nella realtà del mondo agricolo, comeOsvaldo Occhi, originario delle regionisettentrionali tributarie di scariolanti e dipersonale tecnico per la bonifica idraulica e, dopo,di coloni, o dei Monti Lepini defraudati deivantaggi della palude, come Armando Angelini, diCori.Accanto a questo nucleo, distribuiti nei 31 Comunidel continente della Provincia di Latina (nonconoscevo affatto la situazione delle isole di Ponzae di Ventotene), operavano tanti altri compagniche ricordo impegnati nelle battaglie politiche esociali che il Partito conduceva senza le lacerazioni(o, perlomeno, io non le avvertivo) iniziate neiprimi anni sessanta, dopo il Congressodell'autonomia socialista (Venezia 1957), dopo illuglio 1960 (Tambroni), in occasione delleelaborazioni programmatiche (1962) per la primaesperienza di governo (1963).Il Partito Socialista condotto da quei compagniebbe la capacità di collegare le tematiche generalidell'affermazione e della difesa dei diritti deilavoratori, attraverso rivendicazioni salariali enormative, dell'affrancazione dalla disoccupazionee dalla miseria di moltitudini umane senzasperanza, della rivendicazione della pari dignitàdelle persone umane (comprese quelle chesarebbero state chiamate pari opportunità fra

uomini e donne), indipendentemente dalledifferenze di classe, della concezione della libertàdi ciascuna persona come spazio fisico,intellettuale, morale e politico limitato daglianaloghi spazi delle altre persone, con quelle piùpragmatiche della organizzazione delle struttureamministrative per sviluppare azioni adeguate alletematiche generali, dell'assetto del territorio percontrastare gli squilibri che già si erano affermatinegli anni cinquanta con la crescita abnormedell'area romana rispetto a quella provinciale, delladotazione di infrastrutture di mobilità ed igienico-sanitarie e di servizi di formazione per sostenerel'incremento delle attività industriali.Anche le battaglie per la tutela dell'ambientecostituivano un aspetto della impostazionesocialista. Ricordo, tra le tante, quella contro ilcosiddetto campo boe di Gaeta, in favore di unassetto portuale integrato con l'entroterra gaetanoe formiano, capace di invertire la tendenzaall'accentramento romano.I quattro avvocati ed il professor Dispenza eranouomini d'ordine, e però la loro azione perl'attuazione della Costituzione repubblicana anchein materia di autonomie locali fu coerente etenace.La istituzione delle Regioni veniva intesa conriferimento alla creazione di un soggettoistituzionale territoriale capace di attenuare glisquilibri fra Roma ed il resto del Lazio, e dal qualesarebbe conseguito un sistema di controlli sulleProvince e sui Comuni fondato sui principi dilegittimità e non su quelli di merito (politici) checaratterizzavano la Giunta ProvincialeAmministrativa (GPA, di fatto la Prefettura).Quando, in relazione alle vicende politiche, conl'avvento del centro-sinistra, i socialistiparteciparono alle maggioranze consiliari delComune di Latina e della Provincia, concorseroall'adozione di atti amministrativi checonsentirono la traduzione in realtà dei principigenerali per i quali si erano battuti.Il Comune di Latina ebbe il suo primo PianoRegolatore Generale (dopo quello di fondazione)quando Vincenzo Granato fu Vice Sindaco edAssessore all'urbanistica.Infine, il rapporto con le altre forze politiche fu

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caratterizzato dalla consapevolezza dellaincombenza sulla situazione nazionale e locale deicondizionamenti internazionali. Pertanto, fugarantita al Partito Socialista Italiano l'autonomiasia dalla Democrazia Cristiana (con la quale sistabilivano relazioni di governo degli enti locali)sia dal Partito Comunista Italiano (del quale siriconosceva la specificità nazionale che consentivala conduzione di comuni generali battaglie diemancipazione del mondo del lavoro, ma siravvisava la chiusura ideologica che irrigidivaanche localmente le Sezioni di quel Partito e, allafine, ne faceva delle strutture di conservazione,non idonee ad affrontare le dirompenti dinamichedi trasformazione).Una ricerca basata sui documenti potrebbeconfermare il ruolo che il Partito SocialistaItaliano ha svolto in Provincia di Latina permodernizzare una società pesantementecaratterizzata dal fascismo attraverso le città

nuove e le opere di bonifica e, quindi, non adusaall'esercizio della democrazia, condizionata da unaclasse dirigente di antichi proprietari agrari e difunzionari fascisti, arretrata economicamente,divisa territorialmente fra nord romano e sudborbonico, fra zona collinare dei Lepini, autoctona,e pianura pontina riempita di immigrati veneti,friulani, emiliani e romagnoli. Una società cheaveva trovato nella Democrazia Cristiana l'alibiper non apparire formalmente fascista e nel PartitoComunista Italiano lo strumento perrivendicazioni fondamentaliste che, non di rado,lasciavano spazio alle cose come stavano.Un difficile ruolo, quello del Partito Socialista diMarcello Di Vito, del professor Dispensa, deiquattro avvocati e dei tanti militanti di base, chenegli anni cinquanta e sessanta ha consentito diconcorrere a creare le condizioni per una societàpiù aperta in una Provincia più integrata.

Gabriele Panizzi, nato a Terracina l'11 marzo 1938, laureato in Ingegneria meccanica nel 1962, si èdedicato all'attività politica da giovanissimo, avviando il Centro Olivetti di Comunità a Terracina.Iscritto al Psi, è stato eletto consigliere comunale a Terracina nel 1960, è stato confermato fino alle

elezioni del 1997, ricoprendo incarichi di assessore e, da ultimo, di presidente del Consiglio comunale.Dal 1975 al 1990 è stato Consigliere regionale, ricoprendo incarichi di Presidente della Giunta

regionale, di assessore ai Lavori pubblici, agli Enti Locali e all'Agricoltura, e di vice presidente delConsiglio regionale. E' stato parlamentare europeo e membro del Comitato europeo delle Regioni su

nomina del presidente Delors.All'idea di Europa ha dedicato gran parte della sua attività come membro della Direzione dell'Aiccre,

nella quale è entrato nel 1984. E' vice presidente dell'Istituto Altiero Spinelli e promotore dei Seminarieuropeistici di Ventotene.

Ha lavorato presso la Olivetti di Ivrea dal 1966 al 1972 come responsabile alla formazione dei centridi Marcianise e Pozzuoli. Ha lavorato come dirigente delle Ferrovie dello Stato dal 1990 al 2000 come

responsabile della formazione del personale.E' vice presidente della Fondazione Roffredo Caetani.

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1. 1944 - 1948L'arrivo nel Lazio degli alleati risale a fine maggio- inizi di giugno 1944 ed a Littoria entrarono il 25maggio 1944 e da allora la città fu soggettaall'Amministrazione Alleata in ottemperanza aquanto previsto dall'Armistizio col quale ilgoverno italiano s'impegnava - tra l'altro - apermettere l'occupazione di "certe zone" delproprio territorio da parte delle forze delle NazioniUnite che, in virtù dell'articolo 20 dell'armistizio,avrebbero esercitato "tutti i diritti di una potenzaoccupante".Le strutture dello Stato passavano così sotto ilcontrollo del Comandante in Capo Alleato. Dopoqualche mese verrà emanato dall'AMGOT ilproclama n°. 16 a firma del generale Alexander,capo delle Forze Armate Alleate e GovernatoreMilitare, per effetto del quale a partire dal 15agosto 1944 il governo militare e tutti i proclami egli ordini da questo emanati" (...) "cessano diessere operativi in quella parte del territorioitaliano che comprendeva le provincie di Roma,Frosinone e Littoria (...) che così rientravano sottola diretta amministrazione del governo italiano".Preoccupazione primaria degli Alleati nei territorioccupati fu di procedere:1 - all'arresto di quanti erano compromessi colpassato regime fascista e con i tedeschi occupanti;2 - alla nomina del sindaco e degli assessori,cariche alle quali dovevano essere chiamati aricoprirle esponenti antifascisti.Dopo il 15 agosto 1944 la nomina del sindaco edegli assessori veniva affidata al Prefetto "previaautorizzazione della Commissione Alleata diControllo". Comunque non potevano essereinvestiti di tali cariche quanti ne avessero giàricoperta una nel PNF o avessero avuto durante ilperiodo fascista cariche o qualifiche oggetto di

sanzioni epurative.Tutto ciò rientrava nell'ottica dell'epurazione cheera considerata condizione essenziale per rifondaresu basi democratiche la vita sociale e politicadell'Italia e pertanto non potevano ricoprirecariche amministrative a qualsiasi livello néfunzioni a livello provinciale e nazionale(Ministeri, Prefetture, Intendenze di Finanza etc.)tutti coloro che avevano comunque ricoperto ufficidi carattere eminentemente amministrativo epolitico (podestà, preside di provincia) durante ilregime fascista, nonché quelli che anche senzaaver ricoperto cariche di sorta avessero compiutoazioni dirette a limitare l'altrui sfera di libertà(squadristi), nonché quelli che avessero ricoperto"(...) l'ufficio di segretariato politico o altri incarichidel PNF o rivestito grado di ufficiale nella Milizia,a qualsiasi partito essi ora appartengano”. Dal 15agosto 1944 il territorio pontino rientrò sotto ladirezione amministrativa del Prefetto, essendocessate da tale data le funzioni della CommissioneAlleata di Controllo.Dalla fine del maggio 1944 al 14 agosto 1944 ilGoverno Militare Alleato non ebbe"interlocutori", per cui provvedeva direttamente anominare sindaci ed assessori previe informazionidei Carabinieri sulla moralità e sul passato politicodei nominandi.Infatti dalla caduta del Fascismo (25 luglio 1943) esuccessivamente dall'otto Settembre 1943 almaggio 1944 nel territorio della provincia pontinanon si erano costituiti i partiti politici antifascisti,né i comitati di Liberazione, né era stata data vitadurante la Repubblica Sociale Italiana a qualsiasiformazione partigiana.I partiti politici ed i Comitati di Liberazionevennero costituiti dopo la fine di maggio del 1944,e cioè dopo l'arrivo degli alleati. I primi partiti si

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Postfascismo in terra pontinadi Tommaso Stabile

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costituirono a Latina verso la fine di giugno, cosìcome, sempre dopo la fine di giugno del 1944 sicostituì il Comitato Provinciale di Liberazione.La costituzione dei Partiti e dei Comitati diLiberazione si protrasse nella provincia pontinaper tutto il 1944 ed in taluni comuni addiritturanei mesi di gennaio e febbraio del 1945. Nel 1979venne da me il giovane Carconi Filippo, laureandoin scienze politiche presso l'Università di Roma, alquale il prof. Carlo Vallauri aveva dato come tesidi laurea: "Storia dei Partiti e dei MovimentiPolitici in provincia di Latina dal 1944 al 1948".Ebbi con lui molti colloqui e gli diedi i seguenticonsigli: intervistare i politici che avevano operatonel periodo 1944 - 48, attingere dalla Prefettura diLatina tutta la documentazione relativa a quelperiodo.Il giovane laureando trovò molta disponibilità inPrefettura.Nella primavera del 1997 venne da me laSignorina Gioconda Bartolotta, laureanda inscienze politiche presso l'Università di Roma, allaquale il prof. Aliberti aveva dato una tesi diprelaurea a carattere monografico dal titolo “Laclasse dirigente a Latina tra il 1945 ed il 1953”.Alla Signorina Bortolotta diedi gli stessi consigliche avevo dato a Carconi.A disposizione dei due giovani misi la miabiblioteca ed i documenti in mio possesso.I politici intervistati da Carconi furono: VittorioCervone (D.C.), Mario Berti: (P.C.), VincenzoGranato (Partito Socialista), Tommaso Stabile(M.S.I.).Mi rifaccio ampiamente ai lavori di questi duegiovani, nonché alle relazioni dei Prefetti perricostruire l'origine del postfascismo pontino e lasituazione del dopoguerra in provincia di Latina.Il Carconi trovò due relazioni del luglio 1944 chela Prefettura aveva inviato al Ministero degliInterni e a quello della Agricoltura: unadell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura ed unadel Medico Provinciale.L'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura nella suarelazione del luglio 1944 faceva presente che iterreni sommersi "sono dodicimila (12.000) ettarie, interessavano i comuni di Fondi, Monte SanBiagio, Terracina, Pontinia ed in minor misura i

comuni di Littoria, Sabaudia e San Felice.Inoltre per ritardare l'avanzata degli esercitialleati, i tedeschi avevano anche minato larghezone, soprattutto costiere, delle quali nonesistevano mappe precise per cui non solo ilpericolo era maggiore, ma la paura dei contadiniritardava la ripresa dei lavori agricoli".La situazione economico-alimentare eraparticolarmente critica.Una relazione del Prefetto di Littoria dott. ErnestoPiscopo, del 4 Settembre 1944 prot. 1550,informava il Ministero degli Interni della criticasituazione in cui versava la provincia e scriveva:"Qui manca tutto e la situazione minaccia diaggravarsi sempre di più.Ormai la popolazione non può contare sullerisorse della terra, tutti i prodotti sono andatidistrutti o sono stati danneggiati e per le larghezone minate i contadini, per la paura, hannoritardato la ripresa dei lavori agricoli.Non vi sono patate, non vi sono legumi, non visono verdure; difetta in modo assoluto l'olio emancano i grassi solidi: perciò tutto deve essereimportato ed acquistato a prezzo di mercato nero.Vi sarebbero i prodotti della pesca ma vengonosottratti ai mercati della provincia per esserevenduti dove maggiore è il loro prezzo, inparticolare a Roma.La popolazione vive di pane e prodotti alimentariconservati, perché altro non si distribuisceufficialmente.Comunque anche il problema del pane stadiventando minaccioso perché il raccolto è statoscarso a causa delle distruzioni, inoltre spesso icontadini cercano di evitare la consegna deiprodotti alimentari all'ammasso e gli stessiprodotti vengono venduti al mercato nero".Dalla stessa relazione del Settembre 1944 sidesume che "lo stato di disagio in cui si trova lapopolazione è notevole per le razzie del bestiame eper i saccheggi operati su vasta scala non solo daitedeschi in ritirata ma anche da comunimalviventi.Lo spirito pubblico è alquanto depresso ancheriguardo alla penosa situazione in cui sono venutea trovarsi circa duemila (2.000) donne nellaprovincia di Littoria che, a seguito delle violenze

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subite dai soldati marocchini sono state contagiateda gravi malattie veneree e, nella maggior partedei casi si trovano in stato di gravidanza". Ledonne violentate erano dei comuni dei MontiAurunci.Da un'altra relazione del settembre 1944 ilDirettore Generale della Sanità Pubblica chiedel'intervento del Ministero dell'Interno perl'assistenza e la cura dr queste donne ed in seguitoper i bambini che sarebbero nati.Solo verso la fine del 1944, nella maggior parte deicomuni della provincia risultano costituiti iComitati di Liberazione Nazionale con lapartecipazione dei partiti che si andavano manmano costituendo.Tale organizzazione procede all'inizio ancorastentatamente perchè la popolazione, appena uscitada un grave stato di disagi e di sofferenzemateriali innarrabili si orienta politicamente condifficoltà.Nelle relazioni prefettizie si legge: "I partiti che siorganizzano dopo il passaggio del fronte sonoquello Comunista e quello Democratico-Cristiano,pur avendo un certo numero di iscritti ed aderentirappresentano però ancora delle semplici riunionidi persone che non sempre manifestano le stesseidee sulle istituzioni dello Stato."Il Prefetto Ciraolo faceva presente che in alcunicomuni l'organizzazione dei partiti era quasirudimentale e la loro azione non appare collegata aquella degli organi provinciali e centrali. Scrivevail Prefetto: "Talvolta sotto il nome di un partitoesiste soltanto una fazione che si muove ed agiscenon secondo principi ideali, ma per egoismi edinteressi particolari secondo la convenienza el'opportunità del momento".Nell'ottobre 1944 il Governo aveva provvedutoalla chiamata alle armi dei giovani di leva. In unarelazione prefettizia si poneva in risalto il pocoentusiasmo dimostrato dai giovani.Da una relazione del Prefetto del novembre 1944si rileva che la situazione economica annonariarimane ancora precaria.Tutti i generi poi hanno un alto prezzo di acquisto.E' diffuso il cosiddetto mercato nero."I produttori di olio spesso si rifiutano diconsegnare all'ammasso questo genere di prima

necessità.Ai contadini mancano attrezzature agricole ebestiame per riprendere i lavori della campagna".I segni di una graduale ripresa si registrano nelprimo trimestre 1945.Il Prefetto Ciraolo scrive ancora nelle suerelazioni: "L'industria edile ha intensificato ilavori di sgombero di macerie e di riparazione deifabbricati privati ed iniziato la costruzione dicasette per alloggi dei senza tetto in molti comunidella provincia.Sono stati iniziati i lavori di riparazione di moltiedifici pubblici e dell'acquedotto di Castelforte;continua la riparazione delle strade, dellefognature e di ponti".In questo periodo riprendono il lavoro il pastificioPaone di Formia e il molino Agro Pontino diLittoria Scalo.Per un maggior controllo dei prezzi ha iniziato ilsuo lavoro un comitato provinciale che stabilisce iprezzi massimi dei generi di prima necessità.Sempre il Prefetto in una sua relazione scrive:"nel campo dell'agricoltura è iniziata ladistribuzione del bestiame proveniente dallaSardegna e di seicentocinquanta (650) quintali dipatate venute dalla Scozia.I prodotti cominciano lentamente ad affluireall'ammasso e vengono subito distribuiti, infattigià dal marzo 1945 nel capoluogo si sono potuteeffettuare due distribuzioni di pasta e di olio.La ripresa economica determina una maggiordistensione nella popolazione ed è diminuito ilnumero dei reati comuni.Vanno ormai delineandosi chiaramente, in vistadelle prossime elezioni, le diverse attività deipartiti politici nella provincia di Littoria".La situazione dei partiti politici nella provinciapontina, come risulta dalla Relazione del PrefettoCiraolo del 4 giugno 1945 prot. n° 4135, (dopo unanno dall'arrivo degli alleati) è la seguente:- Democrazia Cristiana con 29 sezioni e circa 6.000iscritti;- Partito Comunista con 29 sezioni e circa 5.000iscritti;- Partito Socialista con 27 sezioni e circa 3.000iscritti;- Partito Repubblicano con 11 sezioni e circa 1.000

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iscritti;- Partito Liberale con 13 sezioni e circa 600 iscritti;- Partito della Democrazia del Lavoro con 14sezioni e circa 900 iscritti;- Partito d'Azione con 9 sezioni e circa 350 iscritti;- Partito Democratico Italiano con 1 sezione e 11iscritti;- Unione Monarchica Italiana con 3 sezioni e 80iscritti.Nel mese di maggio 1945 in varie località vengonotenuti molti comizi. I più affollati sono quellitenuti dai partiti di sinistra.Nell'ottobre 1945, in molti comuni della provinciail Partito Comunista Italiano ed il PartitoSocialista hanno promosso comizi per laCostituente, per la quale si voterà il 2 giugno1946.Il più numeroso è stato quello svoltosi nel comunedi Cori, con l'intervento di circa 2.000 persone.Altri comizi sono stati tenuti dal PartitoDemocratico Cristiano e dal Partito d'Azione neicomuni di Terracina, Cori e Ponza. La Questurasegnala che nei giorni 26 - 27 - 28 Ottobre 1945, èstato, inoltre, tenuto nel comune capoluogo ilprimo Congresso Provinciale del P.C.I. conclusosicon la votazione di una risoluzione auspicante"l'unità del popolo e l'edificazione, attraverso laCostituente, di una repubblica democratica che,realizzando la riforma agraria ed industriale",distrugga il predominio politico ed economico deiceti plutocratici".La Prefettura segnala al Ministero degli Interniche nel Comune di Latina si è costituita nel mesedi ottobre una sezione del fronte dell'UomoQualunque, alla quale hanno aderito circa 100persone, si è costituita la federazione provincialeanarchica ed una loggia massonica. Ancora laPrefettura segnala che il clero, pur nonpartecipando attivamente alla vita politica,fiancheggia l'azione del Partito DemocraticoCristiano (il tutto come da relazione del 2novembre 1945 prot. n. 7805 ).I partiti di massa sono tre (Comunista,Democristiano, Socialista), i più attivi nell'azionedi propaganda sono il partito Comunista ed ilpartito Socialista, al quale hanno dato vita l'Avv.Giuseppe Pompili, l'Ing. Renato Palombi, l'Avv.

Vincenzo Granato ed il Geometra GirolamoMalagola.Il partito Comunista, al quale hanno dato vitaIgnazio Raimondi, Ivo Medici, Antonio Amodio eMafrici Bruno, è il più presente, con vasteramificazioni nei territorio pontino, specie neicomuni dei monti Lepini.In questa fase della vita politica della provinciapontina il partito democristiano è fortementeantisocialcomunista.I primi congressi provinciali dei partiti, svoltisinell'ultimo trimestre del 1945, furono quelli dellaDC, del PSIUP (socialisti) oltre quello del PCI.Esaminiamo ora i partiti a Littoria dopo l'arrivodegli alleati.PARTITO REPUBBLICANO - la prima sezione sicostituisce a Littoria alla fine dell'agosto del 1944,cioè dopo tre mesi dall'arrivo degli alleati, edesattamente un anno dopo, nel 1945, nasce laconfederazione provinciale del partito.Tra i promotori del Pri di Littoria figuranoFernando Bassoli, Pio Camangi - che dal dicembre1944 ne fu segretario -, Pietro Ballerini, giàsegretario del GUF (Gruppo Universitario Fascista)di Littoria fino al 25 luglio 1943.Il PRI si presentò nel panorama politico delcapoluogo con ritardo rispetto agli altri partiti edaderirà al Comitato Provinciale di LiberazioneNazionale solo nel marzo 1945, perciò la suaaffermazione alle elezioni amministrative del 1946fu sorprendente.Bassoli viene eletto Sindaco di Latina, dopo esserestato nominato a tale carica dal Prefetto insostituzione di Cornelio Rosati del Partitod'Azione.Tuttavia la brillante prova del PRI è di brevedurata e di ciò approfitterà la DC che riusciràfacilmente a sostituirsi ad esso, sia in termini dielettorato che in termini di forza politica nellaquale riconoscersi per quanti avevano inprecedenza operato nel PRI, come accadde perBassoli che proprio alla DC decide, in seguito, dipassare (elezioni amministrative del 1964).Il tramonto del PRI si lega anche alle divisioniinterne fra iscritti e dirigenti perché non tuttierano favorevoli all'alleanza fra PRI e partiti disinistra, di cui Bassoli era assertore.

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Il PRI non riuscì, nonostante il successo ottenutoalle elezioni amministrative della primavera del1946, ad ampliare la sua base ed a coinvolgere icontadini, gli operai e gli artigiani.UOMO QUALUNQUE - nato nel 1945 per opera delgeometra Nardi, del dott. Bruno e del rag. DePasquale Giuseppe, dei quali gli ultimi dueaderirono in seguito alla DC. L'uomo qualunque,fondato dal giornalista Guglielmo Giannini, è unmovimento di opinione che si raccoglie attornoall'omonimo settimanale diretto dallo stessoGiannini.COALIZIONE DEMOCRATICA LIBERA - nella cui listacomparivano, tra gli altri, due esponenti del PartitoDemocratico del Lavoro, uno dei quali funominato Commissario Prefettizio, prima diBassoli.Con la Coalizione Democratica Libera si realizzaun'esperienza di schieramento unitario comequella che, nello stesso momento, interessava PCIe PSIUP.In questo caso le parti coinvolte erano laDemocrazia del Lavoro, appunto, ed il PLI tra i cuiesponenti, in diversi comuni della provincia, ilPrefetto si trovò a scegliere Commissari e Sindaci,scelta motivata dal fatto che molti di loro si eranooccupati di amministrazione pubblica già primadell'avvento del fascismo.DEMOCRAZIA CRISTIANA- i suoi fondatori nelcapoluogo avevano avuto tutti dei trascorsi nelPNF:Vincenzo Rossetti, il medico che si era distinto perl'opera svolta durante la bonifica, era statoufficiale della Milizia Fascista e sua moglie, perqualche anno, era stata segretaria provinciale deifasci femminili.Mario Lauro Pietrosanti, avvocato, era statoCapomanipolo della Milizia;Mario Grifone, avvocato, era stato Podestà fascistadi Sezze e membro della commissione di disciplinadella federazione fascista;Enrico Ferracci, era stato membro del ConsiglioProvinciale delle Corporazioni e direttore dellaesattoria comunale del capoluogo;Ada Judica, avvocato, era stata dirigente del FascioFemminile di Littoria;l'ing. Aurelio Ambrosio, era stato membro del

direttorio del Gruppo Universitario Fascista diLittoria.La prima sezione della DC nel capoluogo pontinosi costituisce a fine luglio del 1944 e cioè dopo duemesi dall'arrivo degli alleati. La sua azione trovòun valido appoggio nella Chiesa, essendo lo stessogruppo dirigente del partito composto per lo piùda quei professionisti del ceto borghese cheappunto "nell'orbita della Chiesa" si eranoculturalmente formati.Il Clero, a sua volta, poteva contare sulla sua"forza di penetrazione", soprattutto attraverso leparrocchie per favorire l'espressione del votofavorevole alla Dc. Pare anzi che la Dc pontinafosse allora giunta ad un grado di eccessivaidentificazione con la Chiesa, quasi fino a perderedel tutto quel carattere laico che dovrebbe essereproprio di ogni formazione politica. Contro questaeccessiva identificazione si oppose VittorioCervone, divenuto intanto Segretario Provincialein sostituzione dell'Ing. Ambrosio, che eraingegnere capo del Comune di Latina. La necessitàallora più immediatamente sentita era quella direalizzare una forma di coesione tra quella parte disocietà rappresentata a livello di direttivo nella DCed una base sociale caratterizzata da una fortedisomogeneità, non solo per la presenza di "gruppiprofessionali di diverso orientamento politico" maanche per quella delle masse popolari di operai econtadini che bisognava attrarre, per quantopossibile, nell'ottica moderata democristianasottraendole all'affluenza dei partiti di sinistra. Fuquesta l'impostazione politica di Vittorio Cervone.La DC puntò il suo interesse soprattutto verso icoloni ai quali si rivolse attraverso la Federazionedei Coltivatori Diretti, della quale, nella provinciadi Latina era diventato Presidente VincenzoRossetti. Con questa organizzazione la democraziacristiana conquistò un gran numero di colonipresenti sul territorio bonificato, i quali, data laloro provenienza, veneta per lo più, erano dellostesso orientamento politico e morale di cui sifaceva interprete la Federazione stessa, che siprofessava "di ispirazione cattolica e popolare".Certo è che essa non ebbe campo libero. Dovetteinfatti misurarsi con la concorrenza dell'UnioneSindacale di Franca, "un sindacalista fascista

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dissidente" che però bruciò tutte le sue scarsepossibilità nelle amministrative del 1946 - nellequale tentò un accordo ora con i liberali ora con irepubblicani al fine di indebolire la DC ma nonriuscì ad approdare a nulla se non alla dispersionedi quanti aveva inizialmente attratto. La Cameradel Lavoro adottò una strategia di attrazione deicontadini dei monti lepini che secondo la Cameradel Lavoro erano stati esclusi dall'assegnazione deipoderi (il che non era vero) e pertanto occorrevaprocedere ad una equa ridistribuzione delle terreattraverso il cosiddetto "scorporo" dei poderidell'O.N.C., tutti situati in pianura a destra dellaVia Appia.Fu facile alla Federazione dei coltivatori direttiagire sui coloni della pianura affermando che ilprogetto della sinistra si sarebbe sicuramenteconcretizzato nell'espropriazione dei terreni adanno dei coloni della pianura, i quali siriconobbero nella quasi totalità nella Federazionedei Coltivatori Diretti.Le sinistre fecero un altro errore strategico,accusando i coloni della pianura di non averottemperato alle disposizioni in materia diammasso pubblico e di essere pertanto, come allorasi diceva, dei “borsari neri”.Questa accusa delle sinistre ai coloni era falsa. Ineffetti chi praticava il mercato nero eranosoprattutto i contadini di Sezze e di Priverno, iquali vendevano i loro prodotti sul mercato diRoma che raggiungevano con i treni della mattina.Quest'attività la svolgevano anche durante ilperiodo bellico, con la tolleranza dell'autoritàgovernativa.I coloni della pianura ove si erano svolte leoperazioni belliche, avevano i poderi fortementedanneggiati, mancavano di bestiame, attrezzi estrumenti agricoli e facevano gran fatica aricostruire la microeconomia dei loro poderi.Bonomi difese i coloni a spada tratta. La propostadi scorporo dei poderi e l'accusa ai coloni di essereborsari neri, furono due errori politici chepreclusero ai partiti di sinistra un radicamentonella pianura pontina tranne nella zone delComune di Pontinia, ove era forte la presenza dicoloni ferraresi molto vicini ai partiti di sinistra edove la "sinistra" non chiese lo scorporo dei poderi

come aveva fatto invece per le altre zone dell'AgroPontino. Per cui il risentimento dei coloni dellealtre zone dell'Agro Pontino verso le sinistreaumentò.Alle amministrative della primavera del 1946 nonsi presentò il Partito d'Azione, il cui maggioresponente e più noto promotore era l'Avv. LeoneZeppieri, che era stato anche Presidente dellaDeputazione Provinciale, Commissario delConsorzio Agrario dopo l'arrivo degli alleati e nonaveva un passato di fascista impegnato. Dopo il 25luglio 1943 era stato nominato CommissarioGovernativo dell'Unione Fascista dei LavoratoriAgricoli.A Littoria il Partito d'Azione non erariuscito a realizzare la necessaria "saldatura ... tranuclei dirigenti e masse popolari", e quindi nonsufficientemente "competitivo" per affrontare lacontesa elettorale.Possiamo fare ora una prima considerazione.Facendo le dovute eccezioni (partiti comunista esocialista), i membri delle restanti formazionipolitiche di Latina avevano partecipato tutti allastessa esperienza fascista e la cosa non devesuscitare sorprese.Littoria nasce per volontà del regime fascista edinsieme alle altre cosiddette "città nuove"(Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia), è unachiara espressione di tale matrice ideologica.Basti pensare al fatto che nessuna manifestazionedi entusiasmo seguì a Littoria alla caduta diMussolini il 25 luglio 1945 e che i fascisti diLittoria, dopo tale data, non solo si riunivanoancora al Bar Poeta, il cui titolare era squadrista,ma quando il Duce fu liberato, riavviaronoimmediatamente la loro riorganizzazione su largascala.Tutti coloro i quali, dopo la liberazione da partedegli alleati, dettero vita a Littoria ai vari partiti(esclusi i comunisti ed i socialisti) erano stati più omeno vicini al PNF, sia come iscritti, per aver inesso militato, sia per avere in esso assunto ancheruoli di responsabilità.Impossibile dunque immaginare in un contestosociale come questo la realizzazione integraledell'operazione di epurazione tanto più che queglistessi ex fascisti costituivano il nucleo dirigentedei partiti democratici che si presentavano ora

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sulla scena politica e che avevano animato ilComitato di Liberazione, la cui costituzione però -si badi bene - è successiva all'arrivo degli alleatinel capoluogo. Quest'ultimo dato è tutt'altro cheuna mera precisazione cronologica.Proprio la postuma creazione di quest'organismorivela infatti che la scelta di campo compiuta daglianimatori dei partiti dopo l'arrivo degli alleati eramolto probabilmente motivata, più che dallamaturata convinzione della giustezza dell'ideaantifascista, da una considerazione diopportunismo politico, essendo quella l'unica viada percorrere per poter ancora reggere, elegittimamente, le sorti di una città che era la"loro" città, anche se nata con "peccato d'origine".La D.C., in particolare a Littoria, si organizza conlo scopo principale di "conquistare" il potere,operazione di conquista del potere cittadino e poidel potere provinciale incomincia con la conquistadel Consiglio di Amministrazione del ConsorzioAgrario.La DC, guidata da Vittorio Cervone, siimpadronisce della Cassa di Risparmio di Latinadella quale viene nominato Direttore Enricod'Errico, squadrista e segretario del Fascio diFormia, del Consorzio di Bonifica di cui vienenominato Commissario lo stesso Cervone edell'Ente Provinciale del Turismo, di cui vengononominati Commissari prima l'Avv. Mario LauroPietrosanti e poi l'Avv. Gaetano Loffredo,entrambi di provenienza fascista.La Democrazia cristiana assume il controlloeconomico delle risorse e degli operatori delterritorio pontino, il che le permette nel 1951 diconquistare il Comune di Latina eleggendo sindacoVittorio Cervone, che sostituisce il repubblicanoBassoli e conquisterà anche l'AmministrazioneProvinciale della quale diverrà Presidente il Prof.Viola Giovanni, Vice Presidente Avv. GaetanoLoffredo, già Segretario del fascio di Terracina ecomponente del Direttorio della Federazione deiFasci di Littoria.L'Avv. Loffredo succederà al prof. Viola comePresidente della Provincia.Insomma Vittorio Cervone compiva un'operazionedi "innesto" fra ex fascisti che avevano avutoanche incarichi di rilievo nel Regime e la

democrazia cristiana. Vengono eletti al ConsiglioProvinciale, il già citato Avv. Gaetano Loffredo, ilprof. Pasquale Tuccinardi di Minturno, fascista del1922 ed ex segretario del Fascio e conserverà lacarica di consigliere provinciale fino al 1970.Al Comune di Latina, nel 1951, vengono elettiConsiglieri Comunali, il prof. Vincenzo Tasciotti,squadrista ed ex Vice Segretario Federale, aCisterna il Signor Salvatori già podestà fascista, aFormia il dottor Gallinaro, già podestà fascista.Insomma nella scena politica la DemocraziaCristiana si colloca come partito di centro-destra,con forti venature "fasciste".Cervone, preso atto del fatto che la vecchia classepolitica pre-fascista per oltre vent'anni era statafuori dalla politica e che solo nei monti lepini sistava formando, nel dopoguerra, una classe politicatutta di ispirazione di sinistra che aveva avutoprima del fascismo esperienze amministrative edato che prima del fascismo non esistevaun'organizzazione del partito popolare, ritennegiustamente che oltre ad impossessarsi delle leveeconomiche, bisognava "innestare" nellademocrazia cristiana nomi di provenienza"fascista" che avessero avuto anche esperienzaamministrativa.Oltre ai casi già elencati Vittorio Cervone immisenella D.C. i seguenti ex fascisti:Zangrillo Ottavio di Formia, che venne elettoconsigliere provinciale, il prof. Raffaelli Davide,che era stato componente del Direttorio del G.U.F.,il quale venne eletto consigliere comunale aLatina, il maestro Cioffi, che era stato podestà diPriverno, l'Avv. Cesare Forte, per molti annipodestà e segretario politico del fascio diCastelforte, che venne presentato come candidatoal Consiglio Provinciale, il prof. Alfiero DiMambro di Castelforte, che era stato funzionariodel Ministero del Tesoro nella R.S.I. e per moltianni sarà Sindaco di Castelforte, Pasquale DiStefano, fratello di Bernardino Di Stefano, giàConsigliere Nazionale della Camera dei Fasci edelle Corporazioni. Pasquale Di Stefano, chedurante il Regime Fascista era stato Podestà diSabaudia, sarà eletto sindaco di Terracina nellalista della D.C. negli anni ‘60.L'uomo politico emergente è certamente il prof.

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Vittorio Cervone, segretario provinciale dellademocrazia cristiana, il quale, per molti anni saràl'incontrastato leader della democrazia cristianadella provincia pontina.Nella provincia di Latina la D.C. ottenne circa33.000 voti nel `46, ma è ancora in una situazionedi confusione e la sua organizzazione è piuttostoscarsa; la D.C., nel 1948, a distanzasostanzialmente di due anni, con la segreteria delprof. Vittorio Cervone, che dà al partitoun'accettabile organizzazione, passa a 68.000 voti,ed il corpo elettorale e più o meno lo stesso;questo balzo è dovuto alla paura del comunismocome fattore psicologico. Altri due fattoricontribuirono a quel successo. Grazie al prof.Cervone la D.C. ha conquistato, come abbiamovisto, tutti i centri del potere economico, ma ilfattore che ha maggiormente determinato ilsuccesso è stato l'intervento dei Comitati Civicinella campagna elettorale del 18 aprile 1948.Nel ‘47, subito dopo la Costituente, in alcuniambienti cattolici si sentì la necessità di dare unvolto preciso all'Italia, e di contrastare il socialcomunismo, chiamando a raccolta tutti i cattolici.Questa operazione di raccolta dei cattolici vennepromossa dal prof. Luigi Gedda, PresidenteNazionale dell'Azione Cattolica, mediantel'istituzione dei Comitati Civici.L'Azione Cattolica in sè, non è mai stato unpartito e non aveva neanche la struttura per poterassumere un'iniziativa elettorale; per questo ilprof. Luigi Gedda ideò i Comitati Civici.I Comitati Civici quindi, radunavano tutte le forzecattoliche: le associazioni di vario genere, l'AzioneCattolica, le ACLI, le confratemite ed associazionivarie di carattere religioso.Pur non essendoci una precisa intesa tra D.C. eComitati Civici, questi invitavano a votare per icandidati della D.C.Ci furono riunioni appunto di questi gruppi dellevarie associazioni sia maschili che femminili ed aquesta gente veniva spiegata la necessità,l'urgenza, di riunirsi insieme, di evitarel'assenteismo elettorale e quindi di cominciare adorientare i voti verso candidati cattolici.Praticamente è tutto un grande sforzo di unamacchina elettorale per orientare il voto dei

cattolici.Nella provincia di Latina operava un CentroProvinciale dei Comitati Civici che faceva capo alComm. Giuseppe Brustolin, che era segretariogenerale del Comune di Latina.La provincia era divisa in zone territoriali,corrispondenti ai territori delle diocesi di Terracinae Gaeta. Latina apparteneva alla diocesi di Velletri,ma costituiva un centro autonomo inquadratocomunque nel Comitato Civico Provinciale. IlComitato Civico di Aprilia, che faceva parte dellaDiocesi di Albano, faceva capo al ComitatoProvinciale di Latina.Presso questi centri si riunivano i responsabilidelle varie associazioni che facevano capo alle varieparrocchie.Una formidabile organizzazione capillare estesa intutto il territorio provinciale, notevolmentesuperiore all'organizzazione della democraziacristiana. Organizzazione che si contrapponeva aquella del partito comunista che si ramificava nelterritorio attraverso le sezioni e le cosiddette"cellule".Moltissime le iniziative prese dai comitati civici efra queste una che potrebbe sembrare di pococonto e cioè insegnare soprattutto alle donne comevotare. Un successo enorme ebbe un manifestoaffisso dai Comitati Civici in tutta la provincia,recante la seguente scritta: "Votare per Cristo enon per il Diavolo che si nasconde dietro il voltodi Garibaldi".Il simbolo elettorale della lista socialcomunistaraffigurava il volto di Garibaldi. Un'iniziativa inmodo particolare va ricordata: l'orazione di PadreLombardi che veniva chiamato il microfono di Dio.Padre Lombardi parlò a Latina da un podioallestito in Piazza San Marco.La Piazza era stracolma: migliaia di personevenute dai borghi ed anche dalla provincia.Perchè la scelta di quella Piazza?Il Parroco della Chiesa di San Marco era DonTorello, un Salesiano piemontese non fascista madecisamente anticomunista e la scelta del luogoaveva un preciso significato: "La Chiesa affermavacon decisione la sua vocazione anticomunista". IlPapa Pio XII era il Principe Eugenio Pacelli chenon aveva esitato a scomunicare i social comunisti.

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In quel periodo Vittorio Cervone, segretarioprovinciale della D.C., pur fortemente impegnatonella campagna elettorale, ingaggiò una grossabattaglia, sostenuto da Pietro Campilli, Ministrodell'Industria, e da Giulio Andreotti che erasottosegretario alla Presidenza del Consiglio.Al Congresso D.C. tenutosi a Napoli sul finire del1947, venne presentato ed approvato un ordine delgiorno con il quale le zone settentrionali delleprovince di Frosinone e di Latina venivano esclusedai benefici degli interventi straordinari (tra iquali quelli relativi all'industrializzazione) dellaistituenda Cassa per il Mezzogiorno.Secondo quell'ordine del giorno i beneficidovevano applicarsi alla Provincia di Frosinonefino a Cassino - Sora (inclusa) e per la provinciapontina fino a Terracina (esclusa) così come venivaescluso l'intero Agro Pontino.Fu proprio grazie a Cervone, sostenuto con forza econvinzione dal Ministro Campilli e dall'allorasottosegretario Andreotti, che i territorid'intervento della Cassa per il Mezzogiornovennero estesi alle Provincie di Latina e diFrosinone.Esaminiamo ora come si forma la geografiapolitica ed amministrativa della Provincia pontina.Le elezioni amministrative del 1946, il referendumistituzionale del giugno 1946, le elezioniamministrative del 1951, quelle politiche del 1953delinearono quello che sarà il quadro politicoamministrativo della provincia pontina.Le amministrative del 1946 evidenziano un fortesuccesso del Partito Repubblicano, nonchè un fortesuccesso dei partiti di sinistra nei comuni lepini eda Fondi, a Sabaudia risulta vincitrice una lista didestra che elegge il primo sindaco il prof. GiuseppeFichera che non nasconde le sue forti simpatie perla monarchia. A Castelforte vince una lista didestra che ha come simbolo elettorale il Gallo eviene eletto sindaco D'Orvè.La democrazia cristiana, tra le elezioniamministrative della primavera del 1946 e quellepolitiche del 2 giugno 1946 per l'elezione dellaassemblea costituente, raggiunge la media di33.000 voti in tutta la provincia.Al referendum istituzionale dei 2 giugno 1946, èsignificativo che Latina è la prima provincia a sud

di Roma con una maggioranza del 58% allaRepubblica, mentre i comuni del Sud pontino:Gaeta, Formia, Castelforte, Minturno, Lenola eMonte San Biagio, esprimono una maggioranzamonarchica.Il panorama politico si definirà con le elezionipolitiche del 1948, quando alla competizioneelettorale si presenta per la prima volta ilMovimento Sociale Italiano (M.S.I.) costituitosi alivello nazionale il 26 dicembre 1946 ed a Latina il10 luglio 1947.

2. 1948-1956

La Federazione Provinciale del M.S.I. si costituivail 10 luglio 1947 e l'atto di costituzione vennesottoscritto da: dr. Gino Zaccaria, dr. SilvioCavallero, Maggiore Corrado Di Fazio, dr.Tommaso Stabile, rag. Ubaldo Silvestri, dr. Paddu,Mario Caponi, Geom. Silvio Liberatori; pochigiorni dopo aderirono: Geom. della Valle, BrunoLorenzoni, prof. Manlio Mellacina, Paolo Tosatti,Gino Acciai. Alfredo Chirico ed EvaristoGambetta. Venne istituita una Sezione femminileaffidata alla Signorina Lidia Carucci.I primi giovani che aderirono al M.S.I. furonoTullio Cinto, Giovambattista Camillacci, RobertoTomei e Cassigoli Antonio.I sottoscritti di cui sopra erano quasi tutticombattenti, reduci dalla R.S.I. e dei campi diprigionia alleati, i cosiddetti "non cooperatori".Non era presente Ajmone Finestra perchèdetenuto politico per la sua appartenenza allaR.S.I. Al suo rientro a Latina, durante una cenaconviviale, gli fu consegnata la tessera del M.S.I.con la data di fondazione (10 luglio 1947).Nel primo M.S.I. confluirono quattro diverserealtà:- quella di quanti avevano militato nella R.S.I. ed ireduci dai campi di prigionia degli Alleati (i "noncooperatori"), il che qualificava il primo M.S.I.come diretta filiazione del Fascismo, così come silegge nelle informative della Questura - quella dei profughi della regione orientale delPaese (la rivendicazione nazionalista era presente

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nella propaganda del M.S.I.)- quella di una parte rilevante dei coloni che daitempi della bonifica erano giunti nell'AgroPontino e molti di loro erano stati combattenti inAfrica, in Spagna ed in Albania- quella dei giovanissimi che, data la loro giovaneetà, non avevano potuto partecipare alla guerra mache avevano militato nelle organizzazioni giovanilifasciste. Questi pur differenti ambiti di riferimentofavorirono una compiuta organizzazione dellerisorse di cui si disponeva, in termini di uomini edi mezzi.Già nel marzo del 1948 le sezioni del M.S.I. eranopresenti in quasi tutti i comuni. Queste realtàavevano una sostanziale omogeneità ideologica checostituì la forza iniziale del M.S.I. e la suasuccessiva ascesa politica e dettero vita a quelloche successivamente fu chiamato lo "zoccoloduro" del M.S.I. permeato di sostanziale fedeltàall'Idea Fascista.Nelle elezioni politiche del 1948 il M.S.I. registraun risultato molto lusinghiero, con oltre 4 milavoti in provincia e 1029 voti a Latina, la qualediventa così il laboratorio politico del M.S.I.; è ilquarto partito, preceduto dalla D.C. con poco più di7000 voti, dal Fronte Popolare (comunisti esocialisti), con 2712 e dal P.R.I con 1627 voti. Iprimi oratori del M.S.I. furono, in quelle elezioni:Giorgio Almirante, Roberto Mieville, OddoneTalpo, Nino De Totto, Renato Baratta, TommasoStabile, ai quali si aggiunsero dal 1950: AugustoDe Marsanich, Arturo Michelini, Pino Romualdi,Ezio Maria Gray, Massimo Aureli ed AjmoneFinestra.Le elezioni amministrative del 10 giugno 1951 (sivota con sistema a premio di maggioranza) ilM.S.I. a Latina ottiene 3418 voti, contro i 4844voti della D.C. e supera il P.C.I., il PS.I., il P.R.I. edi socialdemocratici. E' un successo straordinario.E' il secondo partito della città. Risultano eletticonsiglieri comunali del M.S.I. il Dott. GambettaEvaristo, il Geom. D'Erme Leandro, il Dott.Caradonna Egisto, il Dott. Gazzari Mario ed il Sig.Borghetto Ernesto.Nel Collegio Provinciale di Aprilia Cisterna, viene

eletto consigliere Provinciale il dott. FerdinandoParisella, che era stato durante il Regime FascistaPodestà di Fondi ed esponente provinciale dellaFederazione Fascista.Le liste del M.S.I. conquistano due Comuni:Aprilia (Sindaco Gugliemo Andreoni) e MonteSan Biagio (Sindaco De Angelis).Buoni i risultati conquistati nei principali Comunidella provincia.Il M.S.I. è il secondo partito a Latina ed il quartopartito a livello provincia presente con le suesezioni in tutti i comuni della provincia.Nonostante l'innesto nella D.C. di ex gerarchifascisti operato da Vittorio Cervone la "postumafedeltà fascista" aveva dato vita nella provinciapontina ad una realtà politica, radicata nelterritorio e tale realtà si confermerà ancora nelleelezioni politiche del 1953 ed in quelleamministrative del 1956.Nelle elezioni amministrative del 27 maggio 1956(con sistema proporzionale) il M.S.I. si confermaancora il secondo partito del capoluogo con 4.546voti contro i 7.026 voti della D.C., la quale perde lamaggioranza assoluta. Sparisce dalla scena politicail P.L.I. Il P.R.I. ed il Partito socialdemocratico sonopresenti con un consigliere comunale ciascuno.Il Consiglio Comunale è composto da:D.C. voti 7.026 (36,7%) seggi 16;destra: M.S.I. seggi 10; partito monarchico seggi 1;sinistra: (PC.I. - PS.I.) voti 5.198 (27,2%) seggi 7,oltre il PR.I (1 seggio) il partito socialdemocratico(1 seggio).In questa situazione la D.C. è costretta ad essereun partito di centro destra, anti comunista emoderatamente "antifascista".Le giovani leve emergenti della D.C., che trovanocome loro esponenti Dante Monda di Cisterna,Rodolfo Carelli di Sabaudia e Nino Corona diLatina, la posizione della D.C. come partito dicentro destra viene fortemente contrastataall'interno del partito. Monda, Carelli e Coronacondussero una serrata battaglia per spostare, e ciriuscirono, la collocazione della D.C., da partito dicentro destra a partito di centro di sinistra, cosìcome era avvenuto a livello nazionale.

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Fra gli ex fascisti eletti sindaci nella listademocristiana alle elezioni amministrative del1951 va segnalato anche il Comm. Curatolo aSabaudia, fascista nel 1922, vice Federale aMassaua in Eritrea e moschettiere del Duce.

Inizia così l'era Nino Corona - Delio Redi a Latinaed all'Amministrazione Provinciale, dopo la brevePresidenza del prof. Gino Salvezza, inizia la lungaera di Severino Del Balzo (Presidente) e poi quellapiù breve di Nino Corona (Presidente).

Queste pagine sono tratte da: La palude - Littoria - i grattacieli. Fascismo e postfascismo, con lacollaborazione di Giorgio Stabile, Velletri 1998, p. 243-259. Sulla figura di Tommaso Stabile vedi, in

questo medesimo volume, il profilo che ne ha tracciato Giuseppe Parlato.

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Il Movimento sociale italiano nacque il 26dicembre 1946.La federazione provinciale di Latina vennecostituita pochi mesi dopo, il 10 luglio 1947. L'attodi costituzione fu sottoscritto da Silvio Cavallero,Tommaso Stabile, Corrado di Fazio, Gino Zaccaria,Ubaldo Silvestri, Paddu, Mario Caponi e SilvioLiberatori. Alcuni giorni dopo aderirono EvaristoGambetta, Erasmo Magliozzi, Della Valle, BrunoLorenzoni, Manlio Mellacina, Paolo Tosatti, GinoAcciai e Alfredo Chirico.Fu eletto segretario provinciale Silvio Cavallero.Venne istituita anche una sezione femminile,affidata a Lidia Carucci .Aderirono subito parecchi giovani, tra i qualiTullio Cinto e Giovambattista Camillacci1.Quando a Latina venne fondato il partito "non erapresente Ajmone Finestra perché detenuto politicoper la sua appartenenza alla Repubblica socialeitaliana. Al suo rientro a Latina, durante una cenaconviviale, gli fu consegnata la tessera del Msi conla data del 10 luglio 1947"2.Il Movimento sociale italiano trovò subito unconsenso pressoché unanime tra i reduci della Rsie dei campi di prigionia degli Alleati, i cosidetti'non cooperatori'. Iscritti e simpatizzanti venneroinoltre dai profughi provenienti dalle regioni delnord est, dai coloni giunti in Agro pontino altempo della bonifica, dagli ex combattenti inAfrica Spagna e Albania, e dai giovani che avevanomilitato nelle organizzazioni giovanili fasciste.Molti dirigenti e amministratori del vecchioPartito nazionale fascista però erano passati datempo alla Democrazia cristiana. Tutti i fondatoridella Dc di Latina, ad esempio, avevano avuto deitrascorsi nel Pnf, da Vincenzo Rossetti a MarioLauro Pietrosanti allo stesso segretario provinciale

Aurelio Ambrosio.Il Movimento sociale riuscì comunque in brevetempo ad estendere la sua presenza politica e lasua rete organizzativa a Latina e provincia. Nelmarzo del 1948, alla vigilia delle elezioni politiche,in quasi tutti i comuni c'era una sezione delpartito.Quelle elezioni rappresentavano la prova del fuocoper il Movimento sociale italiano. Che si impegnòa fondo. Il gruppo dirigente organizzò comizi intutti i centri della provincia. A Latina venne ancheGiorgio Almirante. "Ricordo bene quel giorno -dice Romano Saurini -. Almirante parlò a piazzaDante, piena di gente. A poche decine di metri -aggiunge - c'era in contemporanea il comizio diAlcide De Gasperi, a piazza del Popolo".Il risultato elettorale fu positivo, sia in provinciache a Latina.In alcuni comuni la vittoria del 18 aprile 1948venne festeggiata insieme alla Democraziacristiana. A Sonnino, ad esempio, cometestimoniano alcune vecchie foto.Nonostante il buon risultato elettorale, eranotempi difficili per il Movimento sociale. Perché la'campagna acquisti' della Democrazia cristiana nonera affatto terminata. "No, non era terminata -ricorda il senatore Erasmo Magliozzi -. La vecchiaclasse dirigente del Partito nazionale fascista noncompromessa con provvedimenti di epurazioneentrò in parte nella Dc, e andò a ricoprireimportanti cariche politiche e amministrative".L'innesto nella Dc di ex gerarchi fascisti fu ilcapolavoro politico di Vittorio Cervone, ilsegretario provinciale del partito di De Gasperi cheveniva da Gaeta e che nel 1946 aveva sostituitoAurelio Ambrosio."Ex fascisti che avevano avuto incarichi di rilievonel passato regime - ricorda ancora Erasmo

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La nascita, le difficoltà e i primi successi del Movimentosociale italiano di Sabino Vona

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Magliozzi - passarono alla Dc in quasi tutti icomuni della provincia. Gallinaro a Formia, adesempio, dove poi diventerà sindaco. GiovanniViola a Gaeta. Vincenzo Tasciotti a Latina. Etantissimi altri. Mi chiedi se c'erano risentimenti?Si, c'erano. Molto forti. Ma c'erano anchecontestazioni da parte della sinistra".Nelle elezioni amministrative del 10 giugno 1951il Msi ottenne un grande successo: secondo partitoa Latina, quarto a livello provinciale."Nel comune di Littoria - scriveva dieci giornidopo le elezioni il segretario provinciale EvaristoGambetta in una lettera indirizzata a TommasoStabile che era in carcere a Roma3 - siamo passatida 1029 a 3600 voti; risultato stupefacente se sitiene conto che la Dc si dice abbia speso per lapropaganda circa venti milioni, mentre noi nonabbiamo potuto sorpassare le centoquaranta milalire. Il giorno delle elezioni mentre io mi facevocondurre in lambretta, la Dc faceva sfoggio diinnumerevoli autobus, taxi, automobili private".Evaristo Gambetta, succeduto a Silvio Cavalleronella direzione del partito, aveva dato l'anima inquelle elezioni. Un lavoro intenso. Che gli avevalasciato "un po' di indolenza e un grandemalessere". Aveva inoltre abbandonato quasi deltutto la farmacia di cui era titolare. Alla metà diluglio non riusciva ancora a riprendersi. Avevacomunque ripreso il lavoro e l'attività politica."Ora sto lavorando intensamente per lacostituzione dei sindacati della Cisnal - scrivevaancora il 18 luglio a Tommaso Stabile -. Se tuttova come prevedo, prima dell'autunno avremo, neisindacati, molte migliaia di inscritti".Tommaso Stabile uscì dal carcere agli inizi del1952. Pochi mesi dopo venne eletto segretarioprovinciale. Mantenne l'incarico fino al 1954.Aveva un compito importante. Consolidare ilrisultato delle elezioni amministrative del '51. Eprepararsi per le politiche del 1953.Il 29 marzo di quell'anno la direzione provincialedel Msi di Latina, all'unanimità, decideva difirmare una cambiale dell'importo diduecentocinquanta mila lire da scontare in unistituto bancario a nome dei diversi firmatari.Nasceva così un fondo cassa per la campagnaelettorale del 1953.

La passione politica e l'amicizia

Un giorno, durante la campagna elettorale del1980, mi telefonò Tommaso Stabile. Mi chiese ache ora era prevista l'apertura della campagnaelettorale del Partito comunista italiano. Perchédesiderava salutare l'amico Maurizio Ferrara,all'epoca segretario regionale del partito, che nonvedeva da molti anni.Ci incontrammo al bar Mimì. Si abbracciaronocome fratelli.Solo tanti anni dopo ho saputo la storia diquell'amicizia. Me la raccontò Tommaso tre annifa, a casa sua, quando andai a chiedergli di scrivereuna testimonianza dei suoi anni da studente alVittorio Veneto di Latina.Tommaso Stabile, volontario di guerra nel 1940,aveva conosciuto Maurizio Ferrara nel fronteoccidentale. Erano diversi in tutto. Ma diventaronosubito amici.Una sera Maurizio gli confessò di essere iscritto alPartito comunista italiano.Tommaso lo guardò sbalordito."E lo vieni a dire proprio a me? Lo sai che sonoiscritto al Partito nazionale fascista, no? E che èmio dovere denunciarti?"."Ma tu non lo farai" "E perché?""Perché sei un amico vero. Affettuoso. E leale”.La guerra, con le sue alterne vicende, li allontanò.Passarono alcuni anni. Un giorno, nel 1947, siincontrarono di nuovo, in una strada di Roma.Tommaso camminava guardingo. La barba lunga ei vestiti laceri."Sei proprio tu, Tommaso? - gli chiese Maurizioabbracciandolo -. Ma che ti è successo?""Sono ricercato dalla polizia""E perché?""Ho fatto parte dei Far", rispose Tommaso."Mica hai ammazzato qualcuno?", chiese ancoraMaurizio guardando Tommaso negli occhi."Assolutamente no"I due amici andarono a pranzo in una trattoria.Parlarono a lungo. Poi andarono in un negozio edacquistarono dei vestiti nuovi per Tommaso."Come già ti ho detto, ora lavoro a L'Unità - disseMaurizio Ferrara salutando Tommaso Stabile -. A

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stretto contatto con Palmiro Togliatti. Tieni, questoè il mio numero di telefono - aggiunse -. Puoichiamarmi in qualsiasi momento. E per qualsiasicosa".

NOTE

11.. Se si desidera approfondire, si veda: TOMMASO

STABILE (con la collaborazione di Giorgio Stabile),

La Palude. Littoria. I Grattacieli. Fascismo ePostfascismo, Ed. Vela, 199822.. T. Stabile, op. cit., pag. 25733.. Nel 1951 Tommaso Stabile era stato arrestatonell'ambito del processo ai Far (fasci di azionerivoluzionaria), una organizzazione clandestinanata nel 1945 che si sciolse al momento dellanascita del Msi.

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Il Movimento sociale italiano di Formia1 nacquenel 1947. La prima riunione si svolse inun'atmosfera che definire carbonara non èesagerato. L'ascesa e il crollo del partito fascista esoprattutto la guerra erano ancora esperienzavissuta sulla pelle di tutti, la democrazia appenariconquistata troppo giovane per considerarsisicura, e la polizia teneva d'occhio tutto ciò chepoteva suscitare sospetti di anormalità.Ma prima di raccontare questa vicenda locale,come primo contributo ad una ricostruzione dellanascita di un partito politico nell'immediatodopoguerra, sembra utile ricordare che elementi dicontinuità fascista si erano riscontrati in una seriedi incidenti registrati soprattutto alla vigilia dellaconsultazione elettorale del 1948, quando, cioè, ilMovimento sociale si preparava a riapparirelegittimamente sulla scena politica dopo il tracollodel Partito fascista, e nei mesi immediatamentesuccessivi.Da documenti della Prefettura consultati pressol'Archivio di Stato di Latina, emergono una seriedi segnalazioni. Il 30 ottobre 1947, scritteinneggianti a Mussolini e al fascismo apparverolungo la via Appia, mentre a Latina, sulla torrecomunale, fu issato un drappo nero "in riparazioneper danni bellici". Il 15 febbraio 1948, ad uncomizio svoltosi a Gaeta e tenuto dal professorNicola Mariotti e dall'avvocato TommasoRicciardi, parteciparono circa 500 persone, secondoil verbale dei Carabinieri. Il segretario dellaCamera del Lavoro, Virgilio Faccio, del Pci,pronunciò critiche ad alta voce verso i comizianti:ne nacque un tafferuglio che fu sedato dalla forzapubblica. Il 26 marzo dello stesso anno, il prefettoLimone lamentava alla Questura e ai Carabinieridi Latina che durante un comizio erano statipronunciati discorsi apologetici sul regime fascista.

Il prefetto, traendo spunto da quell'incidente,ricordò l'obbligo dello scioglimento immediato deicomizi, l'arresto degli oratori rei di apologia e ditutti coloro che avessero condiviso il reato. Il 16aprile, i Carabinieri informavano che tra varimanifesti elettorali era stato rinvenuto "unfoglietto bianco dattiloscritto" contenente unapoesia intitolata "Sulla tomba del duce". I militariassicuravano la rimozione del foglietto e l'avvìodelle indagini per identificare i colpevoli.Un altro episodio fu registrato il 21 ottobre: unasegnalazione del Questore di Latina informava che"ai principi del mese di ottobre, nel rione dellecase popolari, durante la notte, da alcuni giovaninon identificati, furono cantati degli inni diintonazione fascista". Erano state, di conseguenza,disposte pattuglie di sorveglianza per evitare ilripetersi "dell'inconveniente lamentato". Asegnalare l'avvenimento era stato il Comitatoprovinciale dell'Associazione nazionale Partigianid'Italia di Latina, di cui erano responsabili lamedaglia d'oro partigiana Mariano Mandolesi eCarlo Pasquarella.Ma fece scandalo il fatto che alle ore 8 del 6dicembre 1948, il parroco di Borgo Grappa avessecelebrato una messa funebre "in suffragio deldefunto Mussolini": alla cerimonia eranointervenute circa cinquanta persone, "tutti colonidella zona". Il Questore aveva, naturalmente,disposto "le opportune misure di vigilanza".

Pochi mesi prima, a Formia, nella piccola bottegacommerciale di Giovanni Mirante, che svolgeval'attività di orologiaio rivenditore e riparatore, siriunì un piccolo gruppo di persone con l'intento dicreare una sezione del partito che aveva già fattola sua comparsa in sede nazionale. Le circostanzeconsigliarono i convenuti a darsi appuntamento ad

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La nascita del Movimento sociale italiano a Formia.Brevi notedi Pier Giacomo Sottoriva

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ora tarda della notte, e la discussione si protrasseanimata fino alle 4 del mattino, quando alla portafurono bussati alcuni colpi. Una volta aperto,apparvero alcuni poliziotti che bloccarono tutti ipresenti, procedendo alla loro identificazione.Esaurite le formalità di riconoscimento, i poliziottiricordarono il divieto di assembramento, e ancorapiù di ricostituzione del disciolto partito fascista.L'operazione di polizia spiega i tempi, ma nonimpedì che si formasse la sezione formiana delMsi, che elesse come primo segretario il professorMelchiorre Ruggiero, docente di matematica allaScuola media di Formia, che, per un curioso casodella sorte, abitava nello stesso edificio in cui erastato internato Antonio Gramsci. Tra i primissimiaderenti, oltre a Giovannino Mirante, ci furonoPasquale Rossini, che aveva un'attività perpratiche d'auto, Raffaele Lutrario, Luigi Di Maio,Sandro Poccia, Primo D'Urso, Rocco Lombardi, cheera rientrato nel 1947 dall'Eritrea dove si erarecato nel 1935 da soldato nella guerra coloniale edove s'era trattenuto diventando piccoloimprenditore edile ad Asmara. Il figlio, geometraLuigi Lombardi, sarebbe stato eletto consiglierecomunale. Alla fine degli anni Cinquantaaderirono anche il medico dottor Attilio Rossi, cheaveva vissuto una esperienza come vicesindacoeletto nelle file della Democrazia cristiana, ilfarmacista dottor Antonio De Stasio e AntonioChiaromonte, che rivestì in quegli anni anche lacarica di consigliere dell'Ept di Latina. Venneorganizzata anche una sezione giovanile che fuaffidata, fin dall'inizio, alla responsabilità delgiovanissimo Angelo D'Urso, di appena 14 anni,figlio di Primo D'Urso, uno degli esponenti delfascismo formiano.Il Msi guadagnò una nicchia di consensi politiciche gli consentì una costante presenza nelconsiglio comunale di Formia: i consensi cheottenne oscillarono tra una cifra massima

dell'11,7% ottenuta nel 1960, e una minima del3,6% nel 1990.Gli esordi elettorali del Msi furono all'insegnadell'alleanza con il Partito nazionale monarchico dicui era segretario l'onorevole Alfredo Covelli, che,finché durò, conseguì a Formia un discreto ecostante risultato elettorale. Nelle due elezioniamministrative in cui Msi e Pnm si presentaronosotto la comune lista della "Stella, corona,fiamma" una volta prevalsero i voti del Msi, checonquistò due consiglieri, e nelle successive deimonarchici che conquistarono 3 dei 6 consiglieri(uno dei quali indipendente). La decadenza delpartito monarchico spinse il Msi a presentare unapropria lista autonoma, la prima volta nel 1960,che fu anche l'anno del massimo consenso maiottenuto dal partito con quella denominazione.La limitata rappresentanza consiliare (il maggiornumero di consiglieri presenti fu di 3, nel 1960 enel 1975) e il clima di diffidenza in cui il Msi, perle sue origini, era tenuto, suggerirono di utilizzareun foglio murale per amplificare la voce deldissenso e della proposta politica. Nacque, così, unperiodico Il Gladio, che faceva, in un certo sensoda contraltare al murale comunista La Battagliache, per una singolarità topografica, veniva espostoa brevissima distanza fisica: il secondo alpianoterra del Palazzo Lucciola, dove c'era la sededel Pci, e Il Gladio nella vicinissima via Sarinola.Ebbe frequenza "quasi settimanale", era diretto daAngelo D'Urso e durò per alcuni anni. Dal 1964 ilMsi aggiunge alla sua sigla elettorale quella diAlleanza nazionale, che porterà fino al 1990quando, dopo il congresso di Fiuggi, resterà la solascritta Alleanza nazionale.

NOTE11.. V. Storia illustrata di Formia, vol. V: Formia inetà contemporanea, a cura di P. G. Sottoriva,Sellino Editore, 2002.

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profili biografici

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Emilio Battista nacque a Terracina il 3 marzo 1903.Ancora giovanissimo studente aderisce, fin dallafondazione. nel 1919, al Partito Popolare nel qualerimane fino al suo scioglimento (1925).Laureatosi in ingegneria nel 1926, pressol'Università di Roma, durante il ventennio fascistasi dedica alla sua attività professionale. Autore divari progetti di bonifica idraulica in Sardegna,Sicilia e Lombardia, in seguito, ricoprendoimportanti incarichi si dedica alla realizzazione dilavori portuali, stradali, ferroviari ed edilizi.Richiamato alle armi durante l'ultimo conflittomondiale, nel periodo della occupazione tedescamilitò attivamente nel fronte clandestino dellaResistenza, contribuendo alla organizzazione dellaDemocrazia Cristiana. Dopo la liberazione diRoma, viene chiamato a svolgere attività moltoimpegnative in settori prevalentemente tecnici(Commissario Straordinario della AssociazioneNazionale per il Controllo della Combustione, ViceCommissario dell'Ente Nazionale Metano,membro del C.N.R., e del C.I.R., Presidentedell'Associazione Nazionale Ingegneri e Architetti(A.N.I.A.I). Istituita nel 1960 la Cassa diPrevidenza per gli Ingegneri ed Architetti, ne èPresidente fino al settembre 1965. E' Presidentedell'Istituto Nazionale di Architettura, costituitosinel 1959. Ne1 1961, eletto membro del ConsiglioNazionale degli Ingegneri, ne diviene Presidentedal 1963 al 1967. Dal 1965 è anche Presidentedella Federazione Europea delle Associazioni diIngegneri (F.E.A.N.I.).Eletto senatore nel Collegio di Latina nel 1948,viene riconfermato nelle elezioni de 1953, del1958, del 1963 e del 1968. Emilio Battista fu certofra gli uomini che con tenacia e competenzaimpostarono i problemi della ricostruzione dellamartoriata provincia di Latina e si adoperarono

perché venissero rapidamente eseguite lenecessarie opere.Appena entrato in Senato venne eletto segretariodel Gruppo democristiano e vice Presidente dellaCommissione Legislativa per i Lavori pubblici,Trasporti, Marina mercantile e Poste e nel gennaio1950 entra per la prima volta nella compagineGovernativa nel VI Gabinetto De Gasperi, qualesottosegretario ai Trasporti. Nel VII Gabinetto DeGasperi diventa sottosegretario di Stato perl'Industria e il Commercio, incarico nel qualeviene confermato nei successivi Governi DeGasperi, Pella, Fanfani e Scelba, fino al luglio 1955.Lasciato il Governo dopo cinque anni e mezzo dipermanenza, per la competenza acquisita neiproblemi economici europei, avendo rappresentatol'Italia nel Consiglio dei Ministri della ComunitàEuropea del Carbone e dell'Acciaio dal 1952 al1955, viene eletto membro dell'Assembleaparlamentare della CECA e subito dopo Presidente della Commissione Trasporti.Successivamente, quando l'on. Pella lasciò laPresidenza dell'Assemblea, viene eletto vice-Presidente fino al novembre 1957. Costituitosi nelmarzo 1958 il Parlamento europeo, Battista neviene eletto vice-Presidente e, nell'anno successivoviene chiamato alla Presidenza della CommissionePolitica contribuendo allo sviluppo della ComunitàEuropea. Delegato italiano alle Nazione Unite, èstato a capo di missioni diplomatiche in India,Israele, Grecia, Kenya, Tanganika, Somalia.Nel 1972, in occasione dello scioglimentoanticipato delle Camere, Battista si ritiradall'attività politica e parlamentare a causa di gravimotivi di salute. Muore il 10 luglio 1976.

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Emilio Battista, il primo senatoredi Elisabetta Battista

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Ludovico Camangi (1903-1974) nasce a Sora, nelfrusinate. Quando viene eletto all'AssembleaCostituente egli vive a Terracina, dove si ètrasferito da Velletri per il suo lavoro di ingegnerecivile presso il Consorzio di bonifica.Segretario provinciale del PRI di Latina neldopoguerra, la sua antica fede repubblicana èattestata dalla carica di Segretario dellaFederazione giovanile repubblicana del Lazio chericoperta nel 1921.Parlamentare dell'Assemblea Costituente, vieneeletto ininterrottamente dalla prima alla quartalegislatura (1948-1968).In sintesi, all’Assemblea Costituente ècomponente della quarta Commissione (LavoriPubblici, Trasporti e Marina mercantile. Poste etelecomunicazioni) per l'esame di disegni di legge.Nella prima legislatura (1948-1953) èSottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici ecomponente della commissione LLPP. Nellaseconda legislatura (1953-1958) è componentedella commissione LLPP e di diverse commissionispeciali per l'esame di disegni di legge. Nella terzalegislatura (1958-1963) ricopre la carica diSottosegretario all'Agricoltura e Foreste dal 24-2-'62 (Ministero Fanfani) ed è membro dellacommissione LLPP e di diverse commissionispeciali incaricate dell'esame di disegni di legge,tra cui "Tutela della libertà di concorrenza","Inchiesta parlamentare sui limiti posti allaconcorrenza nel campo economico", "Disposizioniper la tutela della libertà economica", "Controllosui monopoli". Infine, nella quarta legislatura(1963-1968) è Sottosegretario di Statoall'Agricoltura (1°, 2°, 3° Ministero Moro) ecomponente della commissione Agricoltura.

Nei lavori dell'Assemblea Costituente, Ludovico

Camangi interviene in aula nella discussione dialcuni articoli, punti nodali per il progetto diCostituzione democratica della nuova Italiarepubblicana: il diritto di sciopero, i vincoli allaproprietà terriera e i limiti di estensione dellatifondo, il diritto alla salute, la previdenzasociale.Più significativo il suo contributo alla discussionequando può attingere alla sua frequentazione dilavoro con gli operai, e alla "storia e alla tradizionedel nostro partito, che nacque praticamente dallegloriose società operaie affratellate"1 .Un'idea guida sta alla base delle sue proposte:limitare l'intervento dello Stato e snellire lamacchina burocratica, promuovendo forme dicooperazione e di controllo da parte dei lavoratoriattraverso la partecipazione agli utili nelle aziendedove lavorano, e la loro gestione diretta degliIstituti di previdenza.Su questi problemi Camangi interviene conl'entusiasmo disarmato di chi ha fiducia nellapossibilità di dar vita a una società e a uno Statopiù giusti; dagli emendamenti che egli presenta aitesti elaborati dalle Commissioni parlamentari,risulta chiaramente che gli è estranea la ricerca dimediazione politica e di compromesso praticata dairappresentanti di altri partiti, al fine di evitarespaccature e contrapposizioni inconciliabili inParlamento e nel Paese. Come quando, nelladiscussione sull'articolo 43 -nonostante leopposizioni manifestatesi all'interno dellaCommissione incaricata della redazione del testo -ribadisce che "nel momento in cui affermiamo [...]il diritto dei lavoratori a contribuire alla gestionedell'azienda presso la quale prestano la loro opera,io ritengo che sarebbe gravissimo errore nonaffermare contemporaneamente il sacrosantodiritto dei lavoratori a partecipare agli utili

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Ludovico Camangi parlamentare repubblicanodi Anna Maria Tomassini

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prodotti dal loro lavoro, che in questo casoaumenterebbero di valore perchè accanto al lavoropienamente manuale, particolare [...] essidarebbero qualcosa di più, perché verrebbero acontribuire all'indirizzo della gestione generaledell'azienda stessa. Sarebbe un gravissimo errore ei lavoratori non ci capirebbero [...]"2

Analoghe convinzioni Camangi le esprime nelladiscussione sull'articolo relativo alla Previdenzasociale e agli Istituti ad essa preposti: " [...] questiIstituti, di qualunque tipo essi siano, devono essereconsiderati proprietà dei lavoratori e devono essereda loro direttamente gestiti, non escludendo,naturalmente, l'intervento dello Stato, ma sottoforma di concorso". Altrimenti "lo stessolavoratore finisce per avere la sensazione che nonsi tratti di qualcosa che lo riguardi, ma che sia unadelle tante imposizioni, una specie di sfruttamentoal quale deve sottostare. Paga e basta". La critica diCamangi è alla "enorme, mastodontica macchina"burocratica che si è creta in Italia e dalla qualebisogna liberarsi, mentre "lo Stato deve soltantoapprestare i mezzi e garantire la libertà per cui illavoratore possa accudire a se stesso, senza essereconsiderato sempre un minorenne posto sottotutela [...] la redenzione dei lavoratori deve esseresoprattutto opera dei lavoratori stessi"3.E' a questo punto che Di Vittorio interviene daibanchi del PCI manifestamente contrariato,affermando che "l'emendamento suonasimpaticamente ai lavoratori", ma non può essereaccettato perché "noi vogliamo che si attui inquesto campo un concetto di Stato, perché ilconcetto di previdenza non può essere disgiuntodal concetto di solidarietà fra tutti i lavoratori delPaese e a questa previdenza solidale in favore ditutti i lavoratori può provvedere solamente loStato"4.Gli emendamenti di Ludovico Camangi nonpassano; espressione forse di ingenuità politica,essi tuttavia testimoniano la preoccupazione chel'Assemblea Costituente non operi un forte eradicale cambiamento. Il suo appello è che nellescelte risalti "la volontà di dimostrare al mondo eanche a noi stessi, che pure nelle angustie delnostro tempo, noi guardiamo avanti e guardiamo

lontano, e che non facciamo una Costituzionesoltanto perché abbiamo perduto la guerra - comecon dolore ho sentito affermare - ma perchévogliamo con essa non soltanto rifarci una vita,ma creare [...] un mondo migliore"5.Guardare avanti e guardare lontano: è una sfidadifficile da sostenere nel faticoso periodo dellaricostruzione post-bellica. Camangi è impegnato inprima persona, in qualità di Sottosegretario [1948-53) ai Lavori Pubblici, a 'riparare' i danni dellaguerra. Un problema principe [ e ricorrente neglianni) è quello della casa; ed è intenso il lavorodella Commissione LLPP per la sistemazione deinumerosissimi senzatetto e per agevolare laripresa delle costruzioni, soprattutto nel campodell'edilizia economica e popolare. A questo siaggiunga che le catastrofi naturali -peraltroperiodicamente ricorrenti nella storia dellapenisola, dall'eruzione vesuviana ai terremoti, allealluvioni - amplificano i disastri della guerra erichiedono interventi urgenti.Accanto a problemi di ripristino di strade efognature, di restauro di ponti e impiantiidroelettrici, gli interventi legislativi rivelanogradualmente segnali di modernizzazione nelpaese: alla fine dagli anni '40 Camangi si trova aparlare di autostrade e contributi straordinariall'ANAS6 ; negli anni '50 discutedella"predisposizione di progetti perl'adeguamento delle strade statali all'accresciutaintensità del traffico" e del completamentodell'aeroporto di Fiumicino.In effetti, nella sua lunga attività all'interno dellaCommissione LLPP (di cui è membro per più di 16anni), si riflettono le trasformazioni materiali, enon solo, del nostro Paese: uno sviluppo intriso dicontraddizioni, in parte legate ad una legislazionedi emergenza (che tale resta a più di 10 anni dallaguerra, come lo stesso Camangi riconosce inoccasione di una sua proposta su contributi stataliper fabbricati danneggiati dalla guerra)7, in partelegate alle collusioni tra forze politiche e forzeeconomiche e all'uso strumentale del potere a finipropagandistici ed elettorali.Ben presto i problemi della ricostruzione e dellosviluppo si intrecciano con questioni fondamentali,

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tra cui spiccano la pianificazione urbanistica e la"moralizzazione e normalizzazione"dell'imprenditoria italiana.Camangi vive il contrasto tra la legislazioned'emergenza e la necessità della salvaguardia e delrispetto della realtà urbana. Già nella primalegislatura discute in Commissione delle "Misuredi salvaguardia in pendenza dell'approvazione deipiani regolatori" e della "Assegnazione di unnuovo termine per l'esecuzione del pianoregolatore" di diverse città italiane. Sempre inCommissione, nella seconda legislatura, mette inluce insieme ad altri colleghi che, se la lentezza deipiani di ricostruzione è dovuta alla mancanzacronica di fondi, i ritardi nell'attuazione dei pianiregolatori sono da imputarsi all'immobilismo delleamministrazioni comunali.Ed è un immobilismo,quello cui si riferisceCamangi, già colpevole perché, rinunciando ad ungestione del territorio pur possibile attraverso glistrumenti legislativi esistenti8, garantisce di fattoche delle espansioni delle città ne approfitti 'ilprivato', la rendita fondiaria.Di qui l'ampliamento disordinato, senza controlli,e senza pudori, neanche per centri di rinomanzainternazionale. Tanto che il Parlamento istituiscedue Commissioni speciali, cui Camangi partecipa,per "la salvaguardia del carattere storico,monumentale ed artistico della città e delterritorio di Assisi", e per "la salvaguardia delcarattere lagunare e monumentale di Venezia".Salvare Assisi e Venezia non sono precedentibastevoli per impedire "il sacco di Roma". Piùvolte Camangi, dai banchi dell'opposizione,interroga il Governo, facendo sue lepreoccupazioni dell'opinione pubblica sulle scelteurbanistiche dell'amministrazione comunalecapitolina9.

Nel marzo 1954 Ludovico Camangi presenta unaproposta di legge per l'istituzione dell'Albonazionale dei costruttori. Se un precedente schemadi disegno di legge, da lui elaborato in qualità diSottosegretario, non aveva avuto seguito "per leperplessità manifestate da alcuni Ministri",resistenze sospette continuano a ritardare la

discussione.Ancora nel '59, Camangi ripresenta in Parlamentola sua proposta di legge. Essa viene finalmenteapprovata nel 1962, ma con 'aggiustamenti' daparte del Senato che non convincono il promotoredella legge, ma che egli accetta "perché è miodesiderio che la legge vada in porto"10.La proposta di legge viene ad inserirsi in un vuotolegislativo (é ormai obsoleto il vecchio Albo degliappaltatori del periodo fascista), a causa del qualenon esistono forme di controllo/autocontrollodella realtà imprenditoriale italiana rispetto alleproprie competenze capacità mezzi, né regole allequali le pubbliche amministrazioni debbanosottostare nelle gare d'appalto, in cui si gestisconorilevanti somme di danaro pubblico.La necessità di un censimento dei costruttori,"nonha bisogno di essere sottolineata. Basta considerareche di fatto questa categoria di operatori economicigestisce praticamente imponenti somme delloStato e degli enti pubblici; e, d'altra parte, l'attivitàanche tecnica di questi operatori incide fortementesulla stessa pubblica incolumità [...]. Vi è, infine, lanecessità di mettere ordine in questo settore, dovel'attuale stato di fatto rappresenta certamente ladannosa sopravvivenza di un disordine creato dallaguerra"11.A condividere le preoccupazioni di Camangi, e asostenere la sua iniziativa, vi sono i rappresentantidegli ingegneri e la stessa Associazione NazionaleCostruttori Edili, il cui Presidente scende in campocon una lettera al Ministro dei Lavori Pubblici(siamo nel '59). In essa, ricordando "tremendesciagure" (crolli di palazzi per incapacità edimprovvisazione di imprese costruttrici), auspical'istituzione dell'Albo nazionale, perché "solo untale Albo, aperto a tutte le imprese in grado didocumentare la capacità tecnica e la moralitàprofessionale, potrebbe assicurare una rigorosaselezione degli operatori e la eliminazione di quellinon idonei, contribuendo così a garantire,indirettamente ma efficacemente, la sicurezza dellecostruzioni"12.Quando il testo della proposta di legge torna dalSenato alla Camera, modificato, la CommissioneLLPP deve ridiscuterlo. Camangi lo fa con

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rassegnazione, pur consapevole della vanificazionedi alcuni articoli qualificanti: "E' stato soppresso -mi sono dimenticato di parlarne- l'articolo 5", diceil relatore Alessandrini, "che era quello in cuiveniva dato titolo di preferenza alle impreseiscritte (all'Albo), a parità di altre condizioni, nellaassunzione dei lavori"13.

Seduta del 24 gennaio 1951. In Aula si stadiscutendo di un conflitto di interessi tra 250coloni dell'agro pontino ed il Comune di Terracina(un esempio dei contrasti drammatici generati dalprogetto fascista di bonifica, e perpetuati neldopoguerra). E Camangi prende la parola inopposizione ad un suo alleato di governo,l'onorevole Bonomi della Democrazia Cristiana:"Signor Presidente, onorevoli colleghi. Io hoesitato molto, prima di decidermi ad intervenire inquesta discussione, per il fatto, per lo menoinsolito, di un Sottosegretario di Stato cheinterviene dal suo banco di deputato"14.L'episodio è indicativo dello stile che connotal'attività parlamentare di Ludovico Camangi, inparticolare se egli può fare riferimento alle sueesperienze di vita e di lavoro nelle nostre zone:quando si trova a parlare della bonifica pontina, oquando entra nel merito delle scelte operate dallaCassa per il Mezzogiorno, o quando presenta lenumerose interrogazioni riguardanti la nostraprovincia, netto è il suo rifiuto a chiudersi inangustie localistiche e ad assumere atteggiamentidi facile demagogia."[...] certamente è più facile difendere a tutti icosti gli interessi di un certo numero di individuipiuttosto che difendere a tutti i costi gli interessidi una collettività. Io preferisco, nella miacoscienza, difendere gli interessi della collettività,anche se questo possa nuocere ad una popolarità,alla quale non tengo affatto". Così conclude il suointervento, in polemica con Bonomi.Stesso atteggiamento, dieci anni dopo, quando -questa volta dai banchi dell'opposizione - proponeuna "Inchiesta sull'industrializzazione delMezzogiorno"15, a dieci anni dall'istituzione dellaCassa. La proposta non risponde ad una "esigenzapratica di conoscenza", ma ha, afferma gravemente

il parlamentare, "un movente penale"; essa è l'attoconclusivo di una lunga serie di interrogazioniriguardanti la nostra realtà locale, fatte ora alMinistro dell'Industria, ora al Ministro del Tesoro,per "conoscere l'elenco di tutti i finanziamentieffettuati negli ultimi cinque anni perl'industrializzazione del Mezzogiorno, nelleprovince di Frosinone e Latina […]non sidimentichi che mi ero riferito soltanto alle dueprovince di Latina e Frosinone che fanno partedella mia circoscrizione elettorale".Se da una parte i ritardi, le omissioni, "ladeliberata resistenza passiva" dei Ministri inquestione hanno rafforzato "le voci di irregolarità,di finanziamenti fatti senza discernimento e senzaun preciso ed obiettivo criterio di utilità e digiustizia", che "volevo con la mia richiestadissipare"; d'altra parte, ritardi e omissionirivelano l'impotenza del Parlamento di fronte allagrande libertà di manovra di un Ente speciale digoverno come la Cassa per il Mezzogiorno: "Aquesto punto il problema travalicava i confini diuna limitata vicenda 'interrogatoria' e diventavapolitico, investendo i rapporti tra Governo eParlamento".A dimostrazione dell'assenza di criteri nelladistribuzione dei fondi per settori, e nellaubicazione dei finanziamenti per la provincia diLatina, Camangi denuncia il "caso clamoroso"della "città dei polli" di Aprilia, fallita subito dopol'inizio della sua attività, critica "l'impressionanteaddensamento di iniziative industriali" sulla strada148, "all'estremità nord di questo territoriofortunato [...] in una zona in cui non trova, perquesto, giustificazione alcuna", e, ancora, denunciail fallimento di sette imprese industriali, "di cuiben quattro finanziate dall'ISVEIMER".E il rappresentante dell'ISVEIMER per laprovincia di Latina, ricorda Camangi, era quelPresidente della Cassa di Risparmio di Latina, sullecui inquietanti vicende egli stesso ha più voltepresentato interrogazioni16.Formalmente accolta, la proposta di inchiesta nonavrà un destino favorevole; alla necessità che essavenga fatta, si richiama di nuovo Camangi nellaseduta della Commissione Interni e dellaCommissione LLPP riunite (novembre 1961), in

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cui si discute di disegni di legge che prevedononuovi compiti e nuove attribuzioni alla Cassa peril Mezzogiorno. Relatore per la CommissioneLLPP è, in quell'occasione, l'onorevole VittorioCervone.Ancora dai banchi dell'opposizione, Camangipresenta due significative proposte; la prima, dirilevanza locale, riguarda il "Trasferimento aldemanio dello Stato del compendio termale diFiuggi". La seconda è una proposta di "Inchiestaparlamentare sulle condizioni delle abitazioni dellegenti rurali"; essa viene portata in aula per esserepresentata insieme ad altre proposte di leggerelative ad un piano decennale per la costruzionedi case rurali; dunque "l'utilità della propostadiventa necessità"17, afferma fiducioso ilparlamentare.Egli è peraltro instancabile nel presentareinterrogazioni; facendo riferimento solo a quelle dicarattere locale, si va dalla richiesta di demanialitàdel lago di Paola, a Sabaudia (terra che Camangiha a cuore fin dai tempi dell'AssembleaCostituente), al collaudo dei lavori per il campo-profughi di Latina, dalla sistemazione del porto diTerracina, alla ventilata soppressione della ferroviaFossanova-Terracina, fino al problema delcollegamento tra la provincia di Latina el'Autostrada del Sole.

Con il primo governo di centro-sinistra formatoda Amintore Fanfani alla fine del febbraio 1962(quasi al termine della 3° legislatura), il PartitoRepubblicano entra di nuovo a far parte delgoverno -insieme alla DC e al PSDI- e LudovicoCamangi viene nominato Sottosegretarioall'Agricoltura e Foreste.Egli ha partecipato e partecipa a CommissioniSpeciali, istituite per l'esame di disegni di leggesulla tutela e i limiti posti alla libera concorrenza eai monopoli: problema al centro dell'attenzionedelle forze politiche in un momento storicodelicatissimo, in cui è in gioco il programma diriforme che deve connotare la nuova coalizionepolitica. Del resto siamo negli anni del 'miracoloeconomico' e la nuova realtà industriale italiana habisogno di nuove regole, mentre l'esodo dallecampagne e l'emigrazione dal Sud rendono ancora

più lontani gli anni in cui, nell'AssembleaCostituente, Camangi discuteva dei vincoli allaproprietà privata della terra, e dei limiti diestensione del latifondo.La carica di Sottosegretario all'Agricoltura, che gliverrà rinnovata nei vari Ministeri Moro che sisuccedono nel corso della 4° legislatura,probabilmente non soddisfa le aspettative diCamangi. Lo testimonia il suo appassionatointervento in tema di lavori pubblici -soprattuttosul programma di edilizia popolare- in occasionedella costituzione del Ministero Fanfani.Quest'ultimo ha peraltro legato il suo nome alprogramma dell'INA-casa fin dal 1949, quand'eraMinistro del Lavoro.L'attività parlamentare e di governo di Camangi,nella sua ultima legislatura, si esaurisce all'internodei problemi dei Consorzi di Bonifica e delle loroamministrazioni: l'industrializzazione (e il suomito) lascia ben poco da discutere e legiferare inmerito all'agricoltura e alla realtà contadina infuga dalle campagne.

NOTE

11.. Seduta del 14 maggio 1947.22.. Ibidem.33.. Seduta del 10 maggio 1947.44.. Ibidem.55.. Seduta del 24 aprile 1947.66.. L'Azienda Nazionale Autonoma delle StradeStatali è istituita, con decreto,nel 1946.77.. Commissione LLPP - seduta del 18 ottobre 1957.88.. Ad esempio, la legge urbanistica n. 1150 del 1942(cui spesso i parlamentari si richiamano). Scopoprincipale della legge è l'abbattimento della renditafondiaria, il suo strumento cardine è il pianoregolatore comunale; essa in sostanza dà aiComuni la possibilità di dominare il mercato dellearee, espropriando i terreni compresi nelle zone di

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ampliamento, al fine di creare un mercatodemaniale.99.. Sul problema della pianificazione urbanistica esul tentativo -sabotato- del Ministro Sullo di'salvare' le città italiane, vedi PAUL GINSBORG,Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi, p. 368 sgg.,Torino: Einaudi, 1989.1100.. Commissione LLPP - seduta del 19 gennaio1962.1111.. Seduta del 10 aprile 1959 - intervento in aula.

1122.. Commissione LLPP -seduta del 27 gennaio1960; della lettera riferisce il relatore Alessandrini.1133.. Commissione LLPP -seduta del 19 gennaio1962.1144.. Seduta del 24 gennaio 1951 -intervento in aula.1155.. Seduta del 25 gennaio 1961 -intervento in aula.1166.. Interrogazione parlamentare del 23 luglio1959.1177.. Seduta dell'11 maggio 1960 -intervento in aula.

Questa scheda fa parte di un lavoro di ricerca sull'attività dei Parlamentari della provincia di Latina,dall'Assemblea Costituente agli anni Novanta. Il progetto è nato da un'idea della professoressa Virginia

Savona ed è sostenuto dal Centro studi Angelo Tomassini.Virginia Savona ha insegnato Storia e Filosofia nei licei; Anna Maria Tomassini ha insegnato Storia e

Filosofia ed è socia fondatrice del Centro Studi Angelo Tomassini.

Nella sua versione originale questa scheda è corredata da un'Appendice, contenente una selezione deipiù significativi interventi in Aula di Ludovico Camangi, in particolare quelli riguardanti problematiche

locali.

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Vittorio Cervone nasce il 14 gennaio 1917 a Gaeta.E' il quarto figlio di Michele e Pasqualina Iannuzzi.Prima vengono Carolina, Umberto, Filomena,seguiranno Luigi e Anna.

Dopo anni di navigazione con la CompagniaRubattino, Michele si è fermato a Gaeta dove haavviato una piccola attività commerciale chepermette alla famiglia di vivere, se non in grandiagiatezze, certamente con decoro. Vittoriofrequenta le scuole elementari nel quartiere diSant'Erasmo, a Gaeta vecchia econtemporaneamente l'Oratorio Salesiano di SanFrancesco. Entra precocemente nelle filedell'Azione Cattolica e quando, nel 1932, ilfascismo ordina la chiusura dei Circoli, Cervoneriveste la carica di Presidente Diocesano deigiovani. E' Arcivescovo della diocesi gaetanamonsignor Dionigi Casaroli.Il 1932 è anno terribile per i Cervone, perchémuore Pasqualina, il cuore della famiglia.La morte, sopraggiunta dopo una fulmineamalattia, lascia i figli attoniti. Poi, ognuno cerca lapropria strada e Vittorio, completati a Formia glistudi liceali, entra nella Congregazione salesiana aRoma e ivi frequenta l'Università Gregoriana.Consegue la laurea in Filosofia il 20 maggio 1941.Lasciata la Congregazione Salesiana è richiamatonell'Esercito, nella sussistenza e, dopo avercompletato la fase di addestramento a Salerno, èdestinato alla sorveglianza dei magazzini viveri diAlbinia, piccolo centro della Maremma, pressoOrbetello.Ormai prossima ai momenti tragici che

condussero alla fine del Fascismo, l'Italia sentesulla propria pelle gli effetti della politicadissennata che l'avrebbe condotta, di lì a breve, aldisastro.

Intanto, nei primi giorni di luglio del 1943 lasorella Filomena raggiunge Vittorio ad Albinia,con le figlie. E' accompagnata da Olga Tipaldi,giovanissima vedova di guerra. Olga, che diventeràsua moglie, ha due figli, Teresa e Rino.Le vicende politiche del 25 luglio 1943 furonoimmediatamente percepite da Vittorio Cervone,cresciuto e formatosi nell'Azione Cattolica, intutta la loro devastante pericolosità. Mandate aPitigliano, un piccolo paese dell'entroterra toscano,le due donne e i bambini, attende che si chiariscala situazione militare e, dopo l'armistizio dell'8settembre, aperti al popolo i magazzini viveri siritira a Pitigliano, in provincia di Grosseto. Prendeparte, con onore, alla guerra partigiana diventandouno dei capi dei reparti partigiani cattolici. Saràricercato dai fascisti e dai tedeschi.Intanto chiama il padre e la sorella rimasti aGaeta, e i futuri suoceri Tipaldi, a Pitigliano.Rimarranno fino al passaggio delle truppe alleate.Il 10 agosto 1944, appena liberata la Toscanameridionale Vittorio Cervone sposa Olga Tipaldi.Le nozze sono celebrate dal vescovo di Sovana ePitigliano, monsignor Stanislao Battistello.

Come tutti gli italiani attende la fine della guerrae una pace che sarà quella dei vinti. Fame,distruzioni, condizioni economiche e moraliprecarie saranno la prima eredità che il conflittoha lasciato ad un Paese in sfacelo e per VittorioCervone l'imperativo categorico è quello dimettere al servizio della ricostruzione ogni energiae un impegno totale. Da questo momento in poi lamilitanza politica nella Democrazia Cristiana, cuiha aderito fin dai tempi della resistenza, assorbiràogni sua energia.

Rientrato a Gaeta alla fine del 1945 ha lo specifico

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Vittorio Cervone: un profilo in piedidi Anna Teresa Romano Cervone

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compito, affidatogli dallo stesso vice segretario delPartito, Attilio Piccioni, di organizzarnecapillarmente la struttura.Contemporaneamente si trova, ben presto, alleprese con i primi impegni di vita pubblica. Nel1946 viene eletto consigliere comunale e poi vicesindaco di Gaeta. Ma è il Partito che deve essereorganizzato per poter essere presente nellaprovincia. Il 29 settembre 1946, succedendo alcommissario del Comitato provinciale, ingegnerAurelio Ambrosio, viene eletto segretarioprovinciale della D.C.Il professor Cervone, intanto, ha trasferito a Latinala famiglia. Abita, anzi coabita in un appartamentodell'INCIS, insegna Filosofia all'Istituto Magistralee fa qualche supplenza al Liceo classico della città.E' eletto segretario provinciale delle ACLI, eprende contatti con il dirigente provinciale dellaColtivatori diretti, dottor Vincenzo Rossetti.Lo sforzo maggiore è rivolto all'organizzazione.del Partito in provincia, e cerca di aprire sezioni intutti i comuni. Raccoglie attorno a sé vecchiPopolari e nuovi aderenti tra cui Calamai e Petrinia Cisterna; Giupponi e Corbi a Cori; AngeloOnorati a Norma; Peppino Di Trapano a Sezze;Caradonna e Macci a Priverno; Carlo Fauttilli aMaenza; Linneo Palombi e Vittorio Nardacci aRoccagorga; Mangone e Longo a Terracina, cui siaggiungerà Emilio Battista, poi lungamentesenatore di quel Collegio; D'Ambrino, Di Russo,Zannettino, Soccodato a Fondi; Cardi e Jalongo aItri, i fratelli Zangrillo a Formia; Jannitti, Corbo eMignano a Gaeta; Filippo Fondi e Giuseppe Forte aMinturno; e infine Alfiero Di Mambro aCastelforte. Da questo gruppo viene gran parte diquella che sarà la classe di amministratori cheguiderà la provincia di Latina per diversi anni.Il contatto con la base è assiduo e l'impegno totale.Benché sollecitato da più settori del partito, per leelezioni del 1948 Vittorio Cervone non presenta lapropria candidatura alla Camera dei Deputati:preferisce consolidare la propria presenza politicanella provincia e nel Capoluogo. A Latina ha ormaitrasferito la propria famiglia. A Teresa e Rino si èaggiunto Michele nato nel 1945, mentre proprionel 1948 sarebbe nato Ettore. Successivamente conMaria Grazia, e poi Loredana la famiglia sarà

completa.Viene proposta dalla Democrazia Cristiana per lepolitiche del 1948 la candidatura dell'avvocatoMario Lauro Pietrosanti, un vecchio popolare diBassiano trasferitosi a Littoria nel 1935, e il partitoottiene un successo importante diventando laprima compagine politica della provincia.Ma agli inizi degli anni '50 manca all'appelloLatina, in mano ad una giunta guidata daFernando Bassoli. Urge trovare soluzioniinnovative per una città che si sente pronta adiventare veramente un capoluogo. Urge un pianoregolatore. Urge inserire la città in un sistemastradale moderno. Urge un progetto diindustrializzazione che valorizzi le potenzialitàdella città e del suo interland e non la facciarestare la più ininfluente delle province laziali,Con questi progetti Vittorio Cervone si presentaall'elettorato per le elezioni amministrative del1951. Sarà un'elezione plebiscitaria per il nuovosindaco che si appresta a far diventare Latina unacittà nuova Già nell'agosto 1951 ci sono dueprogetti autorevoli di piano regolatore "La città sidifende" degli architetti Cappa, Valori e Rotondi, e"La grande Latina" di Labianca, Mariani eRoscioli. Pretende per Latina il riconoscimentodella dignità del lavoro profuso nel riscatto dallapalude per cui propone in Consiglio lacelebrazione del Natale della città. Ottiene da PioXII la proclamazione di Santa Maria Goretti acompatrona della città e patrona dell'AgroPontino. Accanto a queste che non sono operazionid'immagine, si adopera per inserire la città in tuttequelle situazioni che ne possano promuovere unapolitica industriale incisiva e insiste presso ilMinistro per la Cassa per il Mezzogiorno,. PietroCampilli, che la città venga inclusa nel piano deifinanziamenti per la realizzazione di operepubbliche e di industrializzazione.Dopo le dimissioni da Sindaco di Latina, si

candida al Parlamento come deputato per leelezioni del giugno 1953 e viene eletto dando cosìl'avvio ad un'intensa attività parlamentare. Unodei primi incarichi è di redigere la relazione alBilancio dei Lavori pubblici. Non resta in secondopiano l'obiettivo di promuovere atti in favore dellaprovincia. Viene allargata al comprensorio del

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Consorzio per la Bonifica pontina, di cui era statoPresidente, la zona d'influenza della Cassa per ilMezzogiorno. Viene avviata una politica turisticadi valorizzazione del territorio, in ciò affiancatodall'avvocato Loffredo e da Sostenio Camillacci.Inizia ad essere evidente che si deve potenziare larete stradale che collega Latina a Roma e al Laziomeridionale. E' di questi anni l'ideadell'allargamento(in realtà una vera e proprianuova ideazione) della s.s. 148, e poi della viaFlacca, sua naturale prosecuzione verso la partepiù a sud della provincia.

Intanto all'interno della Democrazia Cristiana sista delineando una più complessa topografia conl'affacciarsi delle correnti e al Congresso nazionaledel partito tenuto a Trento Cervone viene elettonel Consiglio nazionale per la corrente"Primavera", andreottiana, che rappresenterà nellaDirezione nazionale democristiana negli anni 1956e 1957. Intanto a Latina monta quello che vienechiamato lo scandalo della Cassa di Risparmio e sitenta di coinvolgerlo. E' l'avvisaglia di ciò che siprepara ai suoi danni, sempre nel Partito, dopo larielezione al Parlamento del 1958. Al Congresso diFirenze del 1959 subisce una pesante sconfitta chenasce all'interno stesso della corrente "Primavera"e non viene rieletto Consigliere nazionale.

Dopo le vicende fiorentine Cervone è in cerca nelPartito di una nuova collocazione in cui possariconoscersi. Sarà l'incontro con Aldo Moro aconvincerlo, e dopo lunghi incontri e colloqui sullaspiaggia di Terracina, si avvicina sempre piùprofondamente allo statista pugliese. AlCongresso provinciale della Democrazia Cristianadi Fondi del 1961 pronuncia il suo "j'accuse"contro la corrente andreottiana e contro GuidoBernardi e Franco Evangelisti che ne avevanoportata avanti la politica a Latina. Per l'interaDemocrazia Cristiana della provincia pontina è lasvolta verso una politica di centro sinistra.Nel 1962 viene nominato sottosegretarioall'Industria, Commercio e Artigianato del IVgoverno Fanfani. Avrà l'incarico di seguire i

problemi derivati dall'imminentenazionalizzazione dell'energia elettrica, mentre nelI° governo Leone, dopo le elezioni del 1963, sarànominato sottosegretario al Commercio conl'estero. Quando Aldo Moro va a presiedere il suoprimo governo nel 1963, Cervone torna a lavorarenel partito con l'incarico di dirigere l'Ufficio per iltempo libero, che manterrà fino a dopo larielezione del 1968, promuovendo iniziative comei "Quaderni del tempo libero", pubblicazionidestinate all'inquadramento culturale di unproblema che l'Italia affrontava per la primavolta.Nel 1969 assume l'incarico di sottosegretario alla

Marina mercantile nel II° e III° governo Rumor,poi rinnovatogli nel governo Colombo e nel Igoverno Andreotti , che concluse la legislatura.Rieletto nel 1973 passa a dirigere nel Partitol'ufficio Scuola in attesa dell'approvazione deiDecreti delegati che avrebbero cambiato la scuolaitaliana e a questo fine promuove e convoca aFirenze nel 1974 la Conferenza nazionale per laScuola per un primo bilancio sul tema.Nel 1976 il Partito gli chiede di presentarsi qualecandidato per un seggio senatoriale al Collegioelettorale di Rieti, poiché il seggio non era statomai appannaggio di candidati democristiani. Vinceancora una volta.Nel 1977 il rapimento di Aldo Moro lo coinvolge elo turba profondamente I legami personali efamiliari che lo legano allo statista pugliese lorendono sensibilissimo a quella tragica vicenda,sulla quale scriverà un libro intriso di frustrazionee di dolore.Le elezioni del 1979 lo vedono nuovamentecandidato alla Camera dei Deputati per il collegiodi Roma Frosinone Viterbo e Latina. Ne escesconfitto e non viene rieletto.

Lascia la vita politica attiva e si impegna, surichiesta del Cardinale vicario di Roma MonsignorPoletti, ancora una volta nell'organizzazionedell'Azione Cattolica romana.Torna a Latina per l'aggravarsi di un'affezionediabetica e a Latina muore il 18 settembre 1993.

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Primo deputato della provincia di Latina, elettonelle file della Democrazia Cristiana, Mario LauroPietrosanti nacque a Bassiano il 1° agosto 1901.Già avvocato a Velletri, con studio in via BasilioMagni 12, si trasferì a Littoria nel giugno del1935, vale a dire pochi mesi dopo l'inaugurazionedella nuova Provincia, e qui aprì lo studioprofessionale in via Andrea Costa 8.Nel 1922 si iscrisse al Partito popolare diretto dadon Luigi Sturzo, e subito dopo la liberazionepassò a militare nelle file della DemocraziaCristiana.Il 1945 fu l'anno decisivo per il mantenimentodella integrità della Provincia, che, nata il 18dicembre 1934, da più parti si voleva sopprimerein quanto nata dal fascismo. Insieme ad altri,l'avvocato Pietrosanti sostenne con successo la tesidella sopravvivenza della istituzione.Nel novembre 1945 fu nominato Presidente del

Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratoridella Provincia di Latina e, successivamente,Presidente dell'Ente provinciale per il Turismo diLatina.Candidato alla Camera dei Deputati nella listadella Democrazia Cristiana nelle prime elezionipolitiche del dopoguerra, svoltesi il 18 aprile 1948,fu eletto deputato e in questa veste espletò la suaattività in favore della inclusione della provincianell'ambito di intervento della Cassa per ilMezzogiorno, e per la realizzazione della viaPontina, che era stata pensata in occasione dellagrande Esposizione Universale che avrebbe dovutoaver luogo nel 1942 a Roma, ma che non ebbeseguito per il sopravvenire della guerra.Ritiratosi dalla vita politica, proseguì la sua attivitàdi avvocato fino alla sua scomparsa avvenuta ilgiorno 31 dicembre 1958, a Latina.

L’onorevole Mario Lauro Pietrosantidi Pier Giacomo Sottoriva

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11.. Severino Spaccatosi, comunista di Albano, puòa buon diritto essere considerato il primosegretario provinciale della Federazione di Latinadel PCI. Per diverse ragioni, che enumero così:perché, rispetto ai predecessori (valenti edisinteressati compagni che per periodi più brevi,hanno ricoperto questa carica), Severino - conmetodo scientifico e con una certa ispirazione di"storico" - ha studiato persone e cose delle terrepontine e ne ha tratto multiformi motivi dielaborazione politica, elargite ai militanti che (purcon alcune eccezioni) ne avevano assoluto bisogno;secondo, perché dichiaratamente (seguendocertamente le indicazioni del centro del Partito,ma anche e soprattutto per propria intimaconvinzione) si è proposto l'immane compito diformare - cercando di unire la teoria con la pratica(ossia, in altre parole, il progresso delle conoscenzecon la costruzione della azione politica) - unaclasse dirigente che, per gli ambienti conservatoridell'epoca, rappresentava una rottura radicale;terzo, perché a questo compito si è accintomettendo a frutto la sua esperienza di combattenteantifascista (ossia, le pratiche severe dellamilitanza e della lotta clandestina) che lo hannoindotto a puntare con successo (ma lo si èaccertato solo dopo) su un gruppo, numeroso edarticolato di giovani, che hanno assimilato i suoiinsegnamenti.

22.. Era giusto, era sbagliato?Sarei propenso a ritenere che fosse giusto (pur conle deformazioni di cui dirò appresso) perché quelgruppo ha, ben presto, imparato a muoversi comeun nucleo solidale ed autorevole che ha messo inlinea la frammentazione indescrivibile che

affliggeva il movimento operaio e socialista nellanuova provincia e che forzatamente lo avevasempre posto in condizioni subalterne.Subalterno, prima di tutto, alla ideologiadominante dello Stato Pontificio che avevaamministrato le masse contadine concedendo loroquel tanto che bastava sul piano economico permantenerle sottomesse ai "padroni" e soprattuttoalle articolate infrastrutture che caratterizzavanoil dominio nelle campagne (la gestione dei pattiagrari in vigore, esercitata con sapienza daavvocati di campagna e da "esperti";l'amministrazione dei comuni e delle universitàagrarie, affidata a figure locali di spicco cherispondevano regolarmente al sistema di poteredel quale erano parte integrante i magistrati localie le locali polizie, esercito compreso).Non c'è spazio per documentare questaaffermazione, ma basterà menzionare l'operazione"bonifiche" compiuta da e sotto Pio VI perrendersene conto.Due gli elementi salienti di questa fase.L'invenzione della "colonia perpetua", creata perbilanciare l'esproprio delle terre " emerse",assegnate in enfiteusi ai pupilli della nobiltàfamiliare, dei Papi e della Curia, nonostante sitrattasse di terre vincolate, da tempoimmemorabile, all'uso civico a favore dellecomunità locale,e - unitamente a questo - ilricorso spregiudicato alla forza (l'esempioculminante è l'eccidio di Roccagorga 1911) pergarantire l'intangibilità degli equilibri locali.

33.. Maggiormente rilevante la subalternitàconnessa con l'avvento del Fascismo.La politica del Duce, che tuttavia si avvalse di un

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Severino Spaccatrosi, primo segretario della federazionecomunistadi Aldo D’Alessio

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approccio diverso rispetto alla Curia, dovetteugualmente misurarsi con una resistenzacontadina, ancora più tenace di quella che si erapresentata all'epoca di Pio VI. Questa resistenzaebbe caratteristiche più marcate, perchéalimentata dalla decisione di Mussolini, dicompiere un duplice esproprio: quello contro icomuni dei Monti Lepini (Sezze, Priverno,Sermoneta, Sonnino) ai quali furono tolte cospicueporzioni di territorio per poter formare le nuovecittà; quello contro le comunità locali, private degliusi civici, cancellati con le leggi costitutive deicomuni di Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia.A differenza della Camera apostolica, che si difeseabilmente dai contadini - ostili alla bonificapromossa dal Papato - mediante l'erogazione dicontratti di colonia perpetua posti a carico deinuovi enfiteuti, Mussolini non ebbe, né usòriguardi, espellendo dalle terre bonificate icontadini della montagna e riassegnando le stesse,con contratti di colonia (poi ammessi a riscatto), alavoratori provenienti dalle regioni del Nord Est.E' vero che queste terre scaturivano da espropriche colpivano le proprietà, ma non quellelatifondistiche, bensì quelle medio grandi che nonsi assoggettarono alle disposizioni del regime e checomunque furono risarcite con soldi dello Stato,ovviamente.La risposta del Duce alla incoercibiledisapprovazione delle masse, fu una risposta altaconcretasi nella costituzione di una nuovaProvincia (Littoria), nella unificazioneamministrativa (rivelatasi irrazionale) di parti,storicamente diverse, di un territorio plasmatosisotto regimi distanti tra loro per cultura e perconcezioni etiche (dal Borbone, al Papato, alloStato unitario), nella velleitaria "battaglia delgrano" alla quale la nuova forza lavoro degli excombattenti non era addestrata, nella costruzionedi una classe dirigente di importazione che assunsetutti i poteri e che si dimostrò fedele al capo dellecamice nere (e lo è tuttora, in una certa misura),ma non alla storia ed alle tradizioni dellacomunità, ignorandone le radici e privandoseneessa stessa..Paradossalmente, questa impostazione, che con ildisastro della guerra può considerarsi conclusa, si

dissolse nelle sue essenziali sfide (il ruolo digranaio nazionale dell'agro pontino, il tentativo diaffermare un ceto di agricoltori tratti dalleesperienze della guerra, la scelta di un radicamentonelle terre bonificate di un popolo nuovo). Ma èsembrato che assurgesse a nuovi approdi con l'eradella repubblica, con le lotte dei contadini per larinascita, con l'intervento dello Stato e dellacosiddetta Cassa del Mezzogiorno.

44.. Questo fu l'oggetto degli studi di Spaccatrosi.Tuttavia non era un intellettuale (nel senso chenon pubblicizzò mai i suoi lavori, trasferendolianzi su quaderni che per la maggior parte sonoandati perduti). Erano lavori importanti, secondome, che conosciuti avrebbero potuto contribuire adarricchire gli indirizzi del partito e le conoscenzestesse dei compagni che esercitavano un benevolopatronato sulla neonata organizzazione(D'Onofrio, Ingrao, tanto per fare dei nomi). Pensoche fu un errore, perché da quegli appuntisparpagliati (che tuttavia potevano esseresistemati da un esperto) si sarebbero potutiricavare insegnamenti critici da applicare allaelaborazione della linea politica del Partito cheinfatti, a considerarla oggi, almeno per quantoriguarda Latina ed il Basso Lazio, apparedeficitaria e manchevole.

55.. Come è stato possibile allora che io ne sia aconoscenza?E' presto detto: leggendo (e un po' riflettendovi)gli atti dei congressi del periodo di Spaccatrosi,perché parecchie di quelle valutazioni egli letrasfuse nei suoi lunghi e un po' noiosi rapporti.Lo so perché ero io che battevo a macchina i testi(qualche volta lo faceva Amodio) cercando direnderli più scorrevoli, per quanto era permesso,in quanto Severino era geloso dei suoi scritti e nonammetteva che vi si apportassero cambiamenti.Adesso (ossia da almeno 20 anni) sono convintoche la nostra posizione su molti cruciali problemiavrebbe potuto essere più articolata. Problemicome il ruolo svolto dallo Stato con la politicadelle bonifiche (dal Papato a Mussolini), diappropriarsi cioè delle terre emerse e di

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ridistribuirle secondo un disegno sociale eproprietario; oppure come la interpretazione e lariforma dei contratti agrari (che, ove ne fosserostate indagate le origini storiche, poteva andareben al di là della "affrancazione delle cosiddettecolonie miglioratarie" e delle leggi Gullo)); oanche come la ricerca inconclusa di unapiattaforma che non fosse meramenteamministrativa volta ad impostare la integrazionetra loro di popolazioni espropriatetraumaticamente, prima con il Regno d'Italia e poicon la nascita di Littoria, delle proprie storicheradici.Spaccatrosi aveva già lasciato il suo incarico di

segretario quando Latina iniziò un percorso dinuovo sviluppo le cui premesse lontane, ne sonotuttora convinto, erano nella sistemazioneurbanistica data dal Papato (la rete delle"migliare" e dei canali), mentre quelle immediateerano nell'intreccio di lotte e di politicaassistenzialista di quel periodo anche se, ariguardo della industrializzazione e delle "nuovecittà", fu gabellata l'idea del cosiddetto"miracolo", operato soprattutto dalla Cassa delMezzogiorno (e da Andreotti). Invece ci si avvolsein un processo di espansione contraddittorio, i cuitermini debbono tuttora essere risolti.Facciamo pure finta di non accorgecene, poiché ilcentro destra tornato a dominare così ha decretato,ma gli eventi, anche se frammentari, sono chiari enon ammettono spiegazioni di comodo.L'arretramento delle coste, l'inquinamento deicorsi d'acqua e dei laghi, la compromissione dellebonifiche (non dovremmo dimenticare - eSpaccatrosi le aveva studiate - che esse sono tre;oltre quella dell'agro pontino, ci sono i Fondi eGarigliano), la salinizzazione delle falde,dovrebbero indurre ad una qualche riflessione,sulle politiche regionali finora svolte, sullairrazionale pressione demografica esercitata sulterritorio, sulla manomissione delle riserve e deiparchi, sul deserto lasciato dallo smantellamentodella industrializzazione.

66.. Spaccatrosi non ebbe modo di condividere ilsuccesso del suo lavoro.Poiché si tratta di ricordarlo è giusto dargli atto

che, nel corso della sua permanenza a Latina, haraccolto intorno a se un numero cospicuo di"allievi" come nessun altro dopo di lui. Ha aiutatotutti a crescere (anche coloro che giovani nonerano) indicando quale dovesse essere il ruolo di"capo" che un segretario politico di Partito, (di unPartito di massa) dovesse assumere. Ha insegnatoa seguire con tenacia i problemi dellaorganizzazione curandosi della scelta dei segretaridelle sezioni e dei membri da portare negliorganismi dirigenti e soprattutto delfunzionamento delle sezioni di cui promuoveva illavoro.Con discrezione, teneva d'occhio anche gliorganismi sindacali, che allora erano diretti dacomunisti e socialisti (nella maggior parte deicasi).C'era un punto debole: la direzione degli entilocali.Era un po' troppo lasciata alla improvvisazionepolitica dei sindaci, anche se - in fase diimpostazione - si curava molto l'apertura allepartecipazioni di forze civiche democratiche.Questo mancato interesse ha nociuto non poco, iocredo. Nociuto nel senso che i programmi delPartito non hanno potuto avvalersi di alcuneanticipazioni che, se acquisite per tempo sul pianoculturale e politico, avrebbero potuto aprire lastrada ad una azione riformatrice più incisiva. Miriferisco alla esperienza delle primeamministrazioni locali di Sezze (Sindaco Berti), diRoccagorga (Sindaco Tretola), di Priverno, diSonnino, che introdussero alcune novità sul piano,sia della politica della salute, sia della moderazionefiscale, cementando un blocco sociale molto fortetale da egemonizzare, per oltre un ventennio, ilpotere locale nella formula PCI - PSI.Non c'è spazio per illustrare nel dettaglio le sceltepolitiche di cui sopra, ma si può notare cheanaloga sottovalutazione si potè riscontrare inoccasione degli "scioperi a rovescio", forma dilotta inusitata tale da aprire la strada alla politicadella rinascita, ossia all'allargamento organicodello schieramento democratico.Sotto questo profilo non ci fu la riflessione chesarebbe stata giusta. In uno degli ultimi congressiSpaccatrosi ne fece solo un cenno nella sua

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relazione, lasciando a Berti l'onere di svolgerel'intervento al congresso. E se ne parlò in terminidescrittivi e non in quelli di una riflessione criticache avrebbe potuto mettere a fuoco, anche in sedenazionale, la novità rappresentata da programmi dilotta e da schieramento di forze, che si collocavanomolto al di là della consueta dimensione sindacalee di classe. Quella esperienza oggi la potremmodefinire più di tipo socialdemocratico checomunista ed aveva il pregio di non essere statainventata a tavolino, bensì generata dall'internostesso della società contadina e popolare.Forse per questo, pur godendo del massimoappoggio del centro del Partito, fu in definitivaclassificata come una delle tante lotte deilavoratori.Eppure erano evidenti a tutti le conseguenzeimmediate e più a lungo termine che da essascaturivano e che la rendevano assolutamentedisomogenea.E' nostra la responsabilità se questo lavoro non èstato adeguatamente memorizzato e reso oggettodi documentazione per uno sviluppo culturale cheal nostro movimento operaio è mancato.Ed è sempre nostra la responsabilità di non avereavviato una riflessione sugli eventi essenziali chehanno caratterizzato le terre pontine, eventi neiquali la presenza dei ceti contadini ed operai si èfatta sentire da protagonista.Ma la scuola era "buona" e noi - primi eletticomunisti al Parlamento italiano - ne abbiamodato ampia dimostrazione. Alla Camera ed alSenato un segno lo abbiamo lasciato poiché sonofrutto del nostro lavoro le politiche di riformademocratica delle forze armate, cui il PCI non eraaduso, il sostegno alla riforma dei corpi di polizia(lasciata a metà penso a causa della dominanteimpronta "sindacalista" che è venuta assumendo),la mini riforma agraria con l'affrancazione dellecolonie miglioratarie (sen. Angelo Compagnoni)rimasta purtroppo chiusa nell'ottica "ciociara".

77.. Cose ne ha fatte Severino Spaccatrosi, ma

queste gli sono mancate.Soprattutto ha aperto una strada nella quale sonopassati, con successo, quelli della mia generazione,da Mario Berti (segretario provinciale dopo di lui),a Franco Attanasio (che con ammirevole spirito, ètransitato dal professionismo rivoluzionario allaprofessione di avvocato, laureandosi in età non piùgiovanile), ad Antonio Amodio (fondatore delPartito e segretario della CDL), a Ernesto Pucci(anche lui da attivista della Federazione, a SindacoPriverno, ad avvocato), a Laura Masella(insegnante prestata al partito), a Lineo Bellini(prematuramente scomparso), a Sergio Sgarbi, aMarcello Capponi, a Gaetano Forte, a SalvatoreCiccolella, a Mariano Mandolesi (grandecomandante partigiano), a Italo Ficacci (avvocato esindaco di Sezze, studioso dei patti agrari), aGiovanni Ricci (grande dirigente dei comunisti diCori, arrestato per i fatti del 14 luglio), adAlessandro Di Trapano (detto "bufalotto")coltivatore diretto e sindaco di Sezze, a SergioRossi, genero del primo deputato socialista diTerracina, a Manfredo Tretola (medico, costruttoredella Casa del Popolo di Roccagorga), a GiacomoStradaioli (dirigente della sezione di Aprilia eimprenditore di alto livello). Ce ne sono stati moltialtri, più giovani, da Alfio Calcagnini (architetto edattento osservatore degli scempi urbanistici), aBernardo Velletri (dirigente della Alleanza deiContadini), a Gabriella Peloso (anch'essainsegnante, prematuramente scomparsa) che non èpossibile menzionare, ma eravamo (si direbbeoggi) una squadra potente ed affiatata che portò icomunisti ad un livello mai più raggiunto dopo.Tre parlamentari (due deputati, un senatore -Angelo Tomassini, dirigente massimo del PSIUP),numerosi sindaci, numerosi consiglieri provinciali,un assessore regionale - Mario Berti).

E' stata una stagione d'oro, con il 27 per cento divoti alle elezioni politiche.C'è solo da augurarsi, dal nostro punto di vista,che presto una nuova classe dirigente assuma su disé le responsabilità che incombono.

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Aldo D'Alessio, autore di queste note biografiche, è stato iscritto al PCI dal 1945, su proposta (era laregola di allora) di Mario Berti e di Antonio Amodio, ha ricoperto l'incarico di membro della segreteriadella federazione fino alla elezione di Berti ed è passato a dirigere la Camera del Lavoro di Latina, la

Federbraccianti e l'Alleanza dei Contadini. Eletto deputato nel 1963 è rimasto alla Camera per 4 legisla-tura (con incarichi di versi, anche nel gruppo). Cessato dalla carica di deputato è stato chiamato alla

direzione del PCI per dirigere il comitato di consultazione per le forz e ed i corpi armati dello Stato. Hafatto parte del "governo ombra" gestito da Occhetto, fino al suo smantellamento.

Insieme a Mario Tassone (ora vice ministro delle infrastrutture), a Giuseppe Zamberletti (ora presidentedella società per lo stretto di Messina), Guido Alberini (ora avvocato a Brescia), Francesco Aloisio (oraprimario di chirurgia a L'Aquila), Angelo Sanza (ora deputato di Forza Italia), a Vittorio Parola (già

senatore DS), ha fondato - nel 1989 - il COPIT (comitato di parlamentari per la innovazione tecnologi-ca) , di cui è segretario generale.

Ha pubblicato diversi libri, ha svolto una intesa attività di giornalista per l'Unità,Paese Sera, Rinascita,Patria Indipendente e diretto riviste per conto del COPIT.

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Tommaso Stabile fu uno dei personaggi piùinteressanti della destra politica pontina delsecondo dopoguerra e la presenza di un archivioorganico, riconosciuto e posto a disposizione deglistudiosi, costituisce indubbiamente un contributoessenziale all'analisi della classe dirigente dellaprovincia di Latina dopo il secondo conflittomondiale.Tommaso Stabile nacque a Castelforte (Caserta) il3 ottobre 1921 provenendo da una famiglia cheaveva individuato nel fascismo un movimento dirinnovamento e di sviluppo sociale: il padre,esponente sindacale fascista, nel 1922 fondò ilfascio di Castelforte; dopo i primi studi nelCasertano, Tommaso si stabilì con la famiglia nellaappena costruita Littoria, nel 1935. Nel 1939,Stabile conseguì il diploma all'Istituto tecnico perragionieri del capoluogo pontino. Iniziòimmediatamente a lavorare nel Consorzio agrarioprovinciale di Littoria ma, nel 1940, allo scoppiodella guerra, si arruolò volontario combattendo sulfronte occidentale nel btg. Littoria costituito dagiovani della provincia. Nel frattempo, partecipavaal Littoriali provinciali della Cultura e dell'Artedel 1940 e divenne corrispondente della Scuola diMistica Fascista, fondata da Niccolò Giani. Ritornòquindi al fronte, partecipando alla campagna diJugoslavia, nel 1941.Tra il 1940 e il 1943 prese parte ai corsi dellaScuola sindacale di Firenze, ottenendovi, nel 1943,il diploma. L'8 settembre lo colse a Vercelli doveera di stanza il suo reggimento di carristi. Aderìalla Repubblica Sociale Italiana, in ossequio aiprincipi sociali e sindacali che ne avevanocaratterizzato la scelta fascista e, tornato a Littoria,insieme con il padre vi fondò il fasciorepubblicano. Ritornò al nord i primi di novembre1943 arruolandosi nel Gruppo Corazzato

"Leonessa", a Montichiari (Brescia).La "Leonessa", costituita nel settembre 1943 aRoma, era l'erede della XV Legione Camicie Neredi Brescia, che aveva combattuto in Etiopia nel1935-36, sul fronte greco-albanese nel 1940-41 equindi, con la denominazione Gruppo CamicieNere Leonessa di Btg. "M", nel 1942-43, inRussia. Nel maggio 1943, con questi organici, erastata costituita la Divisione Corazzata "M", conarmamento di carri tedeschi e dislocata alle portedi Roma. Ricostituita sempre a Roma nelsettembre 1943, la Divisione dal 29 settembre eradi stanza a Rovato e a Montichiari, ove ebbe iniziola costituzione del gruppo e l'addestramento deireparti. La "Leonessa", inizialmente composta damilitari bresciani e bergamaschi, rapidamente siarricchì di volontari provenienti da tutto ilterritorio della Rsi, mentre i quadri degli ufficialivennero rinforzati dall'afflusso dei giovanisottotenenti provenienti dalle Scuole AllieviUfficiali della neocostituita Guardia NazionaleRepubblicana, comandata da Renato Ricci, ed erededella Milizia Volontaria per la SicurezzaNazionale. La Gnr, quindi, divenne un corpomilitare e di polizia insieme, avendo ancheinglobato i Regi Carabinieri, soppressi con lacostituzione della Rsi. Nel dicembre 1943 laDivisione Corazzata "M" fu sciolta e l'organico fuinquadrato nella Gnr, ma il rimase il GruppoCorazzato "Leonessa", di cui il ten. Stabile facevaparte.Il Gruppo, nel marzo 1944, venne destinato aTorino per attività antipartigiana: notevole fu ladelusione dei soldati che avrebbero preferitopartire per la difesa di Roma, così come in unprimo momento si era ventilato. La difesa di Romacontro gli eserciti alleati era un obiettivomotivante e significativo, mentre la destinazione

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Tommaso Stabiledi Giuseppe Parlato

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piemontese sottolineava la urgenza di rispondere,con atteggiamento soprattutto repressivo, allasempre più pressante realtà della guerra civile.La situazione in Piemonte, e in particolare aTorino, era pesante e Stabile venne gravementeferito in un attentato dei Gruppi di AzionePatriottica, l'organizzazione comunista incaricatadi svolgere attentati contro i fascisti, perdimostrare la vulnerabilità del fascismo e perscavare, dopo la prevedibile e conseguenterappresaglia, un solco di odio tra la popolazione ele autorità della Rsi. Il giovane tenente era datoper spacciato e addirittura si stava preparando ilsuo funerale; ma dopo tre giorni di agonia, Stabilesi riprese rapidamente e dopo una lungaconvalescenza, riprese il servizio attivo circa unaanno più tardi. In quella circostanza fu ancheproposto per una medaglia d'argento al V.M.Venne trasferito a Milano dove, durante laconvalescenza, lavorò all'Eiar collaborando con ilcondirettore generale, col. Luigi Pozzo, econducendo alcuni programmi per le forze armate,"L'ora del soldato" e "Radio in grigioverde" ecollaborando alla rivista "Camicia Nera" diBrescia.Nel dicembre 1944, sempre a Milano, assisté aldiscorso di Mussolini al Teatro Lirico. Polemico neiconfronti del Partito fascista repubblicano esoprattutto nei confronti di Farinacci, guardò consimpatia al Raggruppamento NazionaleRepubblicano Socialista di Edmondo Cione e alsuo giornale "L'Italia del Popolo": il tagliomazziniano lo convinceva, così come la prospettivadi una svolta socialista e nazionale al fascismo. PerMussolini, che autorizzò la creazione delmovimento, fu l'ultima occasione per realizzareuna blanda patina di pluralismo nella Rsi, alloscopo soprattutto di arginare il potere del Pfr diPavolini. Tuttavia Stabile notò nelle sue memorie,scritte l'anno successivo, anche il fallimentodell'iniziativa, a causa dell'atteggiamento ostiledelle gerarchie del Partito. In quell'ultimo periododella Rsi, sempre maggiore fu la sintonia di Stabilecon le posizioni espresse da personaggi comeConcetto Pettinato, il direttore de "La Stampa";dalle colonne del quotidiano torinese, Pettinatoproponeva soluzioni indirizzate verso la

pacificazione fra italiani, finché un articolo piùesplicito degli altri ne decretò, per mano delMinistro della Cultura Popolare, Mezzasoma,l'espulsione dalla direzione del giornale.Il 25 aprile lo colse a Torino, dove Stabile si erarecato per una ulteriore visita di controllo, inseguito all'attentato dell'anno precedente. Dal 25al 27 aprile, il gruppo Leonessa, insieme con altrireparti della Rsi, riuscì ad impedire che sirealizzasse la completa occupazione della città daparte del movimento partigiano, con duricombattimenti in molte zone centrali di Torino. Il27, in seguito ad un ordine del comando fascista, letruppe lasciarono ordinatamente il capoluogopiemontese: si trattava ancora di migliaia diuomini perfettamente armati, che, attraversoPiazza Castello, si incamminarono in direzione diMilano, unendosi, lungo il tragitto, con altre unitàprovenienti da altre zone operative del Piemonteoccidentale. A Torino era rimasto il federalefascista, Giuseppe Solaro, che aveva organizzatogruppi di franchi tiratori che impegnarono ipartigiani fino al 30 aprile. Avendo saputo chenella zona di Ivrea era stata costituita una "zonafranca" per i militari della Rsi, organizzata dalletruppe americane, tutte le forze uscite da Torino ele altre che si erano aggiunte, si concentrarono aStrambino Romano, dove, il 5 maggio, le truppefasciste e le unità tedesche si arresero agli alleati iquali concessero l'onore delle armi. Il giornoprima, Stabile e gli altri, avvicinati da alcunipartigiani di Giustizia e Libertà, si erano rifiutatidi arrendersi ad altri che non fossero soldatiregolari e pertanto attesero, appunto, l'arrivo degliamericani.Da Strambino Stabile venne condotto con gli altria Parabiago: a metà maggio fu trasferito a Milanoper essere interrogato da autorità alleate; mal'ufficiale americano che avrebbe dovutointerrogarlo, quel giorno aveva altro da fare edispose la liberazione di Stabile. Qualche giornodopo decise di partire per Roma, dove giunse conmezzi di fortuna a metà giugno. RaggiunseLittoria, nel frattempo diventata Latina.Si è dedicato molto spazio alla vicenda della guerrae della Rsi perché la successiva attività politica diStabile è strettamente legata alla esperienza della

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guerra civile; nelle memorie inedite - importantedocumento del quale è prevista la pubblicazione -il racconto del biennio 1943-45 diventaindispensabile per la formazione politica diTommaso Stabile, per comprendere le sceltesuccessive e per collocare la sua figura nel contestodelle lacerazioni che la guerra ha prodotto e dellequali dopo sessant'anni ancora si discute. Emergechiara nelle memorie l'appartenenza a quell'alasinistra del fascismo che individua nella Rsi nontanto l'alleanza con la Germania nazista, quanto larealizzazione delle speranze e delle prospettive dichi ritenne prevalente nel fascismo l'aspettosociale e rivoluzionario: "noi siamo fascisti-proletari", afferma con orgoglio Stabile nellememorie. Il che significa anche porre le condizioniper i dubbi, da parte del giovane reduce di Salò,nei confronti di quel mondo conservatore eborghese che, di lì a poco, sarà una dellecomponenti più attive e condizionanti del futuroMovimento sociale italiano.Il 1946-47 passò in clandestinità a Latina esuccessivamente a Roma, nel timore di esserearrestato come fascista, visto che la liberazione erastata frutto di un incredibile colpo di fortuna. Nel1947 comunque si laureava in Economia eCommercio, iniziando subito la libera professione.Sempre nel 1947 fondava il Msi a Latina: questopartito, costituito nel dicembre 1946 a Roma,raccoglieva soprattutto i reduci della Rsi, ma ancheuna buona parte di ex fascisti che intendevanoproseguire la attività politica alla luce del sole,nonostante la sconfitta del fascismo e la fine delsuo fondatore.Stabile, tuttavia, fu tra quelli che, pur iscritti alMsi, si avvicinò ai Fasci di Azione Rivoluzionaria:si trattava di un movimento clandestino, costituitoda Pino Romualdi e da Mario Tedeschi agli inizidel 1946, quando non era ancora chiara aineofascisti la possibilità di operare alla luce delsole. Ciò avvenne solo dopo il referendumistituzionale del 2 giugno 1946 e in seguitoall'amnistia voluta dal Ministro della GiustiziaTogliatti per recuperare in qualche modo i fascistiai progetti e agli scenari che stavano prendendoforma dopo la guerra. Molti fascisti, infatti, poco sifidavano delle soluzioni istituzionali e ritenevano

che invece la loro opposizione totale alla nuovaItalia dovesse essere sottolineata con azioniclandestine e di sabotaggio nei confronti dellasoluzione democratica nata dopo la guerra.Pertanto, alcuni fascisti dubitarono che il Msi fossela soluzione più adatta e preferirono continuare lalotta in clandestinità. La maggioranza, invece,scelse subito la via della legalità. Un gruppo,infine, più numeroso di quanto si credacomunemente, ritenne di dovere condurreentrambe le opzioni parallelamente: fu il caso diCesco Giulio Baghino, ad esempio, che fucontemporaneamente dirigente del Msi edesponente dei Far; pur accettando le regole delgioco democratico, questo gruppo neofascista, dicui Stabile fu parte, non volle "smobilitare" lastruttura clandestina, mantenendo ancora perqualche anno la possibilità di operare in terminieversivi ove la situazione lo avesse reso necessario.Tra il 1949 e il 1950 l'attività dei Far fu scopertadalla polizia e nel 1951 anche Stabile fu arrestato:al processo che si celebrò contro personaggi dirilievo (Julius Evola, il filosofo della destraradicale, Pino Rauti, Fausto Gianfranceschi, EnzoErra, Egidio Sterpa, solo per citare i più noti)Stabile fu accusato di attività eversiva e diricostituzione del disciolto partito fascista ma fuassolto per insufficienza di prove.Nel 1956 si sposò con Giuseppina PasqualiColuzzi, insegnante di scuola media, che avevapartecipato alle attività del Mif, il MovimentoItaliano Femminile "Fede e Famiglia", unaorganizzazione nata nei primi mesi del 1946 alloscopo di portare soccorso ai fascisti in galera. Ledonne del Mif, guidate dalla principessa MariaPignatelli di Cerchiara, moglie del principePignatelli che aveva organizzato il fascismoclandestino nel meridione occupato dagliangloamericani, provvedevano ad assicurare ladifesa nei processi contro quei fascisti che non sipotevano permettere un avvocato per ragionieconomiche, rifornivano i detenuti di viveri e divestiario, soprattutto quelli bisognosi o quelli (nonpochi) abbandonati dalle rispettive famiglie perragioni politiche, assicuravano una vicinanzaumana e politica attraverso fitte corrispondenzecon i fascisti incarcerati. Nel caso della Pasquali

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Coluzzi, l'attività si concentrò a favore dei fascistiospitati nel penitenziario di Viterbo, lacorrispondenza con i quali è conservatanell'Archivio Stabile.Negli anni Cinquanta e Sessanta si dedicòall'insegnamento e all'attività di commercialista;scriveva su "Il Tempo" di Roma, giornale sulquale, protetti da Renato Angiolillo, poteronoscrivere molti giornalisti fascisti, e sull'organo delMsi, "Il Secolo d'Italia": iniziò in quel periodol'opera di ricostruzione storica della vicenda dellabonifica delle paludi pontine, alla quale Stabilededicò molte delle energie di politico e di studioso.Di quegli anni sono i primi studi di Stabile: Laprovincia pontina e l'industrializzazione delMezzogiorno, Latina 1960, Quadrato anno zero:Littoria 1932-Latina 1962, Latina 1962 e Laprovincia pontina nel quadro dello sviluppoeconomico del Lazio, Latina 1967.L'attività politica di Stabile a Latina non fu facile;pur essendo uno dei fondatori, Stabile mantennesempre un'attenzione particolare ai movimenti delradicalismo di destra, secondo una linea che, neglianni Sessanta e Settanta, unì tatticamente lavecchia sinistra fascista, di cui Stabile faceva parteidealmente, con la destra radicale nata conl'influenza di Julius Evola: se dal punto di vistaideologico ben poco univa questi due segmenti delneofascismo, dal punto di vista della tattica politicavi era un'azione comune della destra e dellasinistra interne contro il gruppo nazional-conservatore rappresentato da Arturo Michelini,che assunse la segreteria del Msi nel 1954. Stabilefu federale di Latina dal 1952 al 1955, quando glisubentrò Aimone Finestra, che fu federale delcapoluogo pontino fino al 1989.Stabile fu consigliere comunale di Latina dal 1956al 1970 e consigliere provinciale dal 1961 al 1970.Stabile mantenne rapporti costanti con OrdineNuovo, la formazione fondata da ClementeGraziani e da Pino Rauti a metà degli anniCinquanta e che con il congresso di Milano del1956 uscì dal Msi per tornarvi, per la sola correntedi Rauti, con il ritorno di Almirante allasegreteria, nel 1969. A causa di tali rapporti,Stabile fu espulso dal Msi nel 1967 e non virientrò con Rauti due anni più tardi, nonostante

che il leader ordinovista glielo avesse proposto enonostante i personali e politici buoni rapporti conGiorgio Almirante, con il quale aveva condiviso,negli anni Sessanta, la partecipazione alla correntedi "Rinnovamento". Aderì quindi al Movimentopolitico "Ordine Nuovo" di Clemente Graziani,dirigendo "Noi", il mensile del gruppo del qualeuscì un solo numero. Solo per questo motivo,Stabile fu inserito nel processo contro "OrdineNuovo", processo dal quale fu assolto perinsufficienza di prove.Questa vicenda segnò il completo defilarsi diStabile dalla politica attiva: si dedicò ai giàricordati studi sull'agro pontino e raccolse notiziesulla storia di Littoria-Latina, pubblicando unadecina di opere che si segnalano per capacità diricerca e per messe di informazioni. Non si trattadi opere storiche nel senso classico del termine,anche perché lo scopo di Stabile è essenzialmentequello di dimostrare la validità del fascismo e dellasua azione innovatrice e sociale. Tuttavia, anchecon il passare degli anni, questi lavori sidistinguono per serietà e per onestà intellettuale eriflettono, meglio di ogni altra attività di Stabile, lasua collocazione politico-culturale nell'ambito diuna visione complessiva del fenomeno fascista,nella quale prevalente è l'aspetto dellarealizzazione di opere pubbliche checontribuiscono alla modernizzazione della societàitaliana nel contesto europeo e internazionale.Più numerosi e, per certi versi, più organici, sono ilavori storici del periodo fra gli anni Settanta e lamorte, avvenuta a Latina il 15 maggio 2003:Agro pontino romano: 1700-1971: modificazionisociali, economiche ed ambientali, [Latina] 1971;Dalla lestra al podere: la bonifica pontinaattraverso documenti inediti e testimonianze.1927-1939, Latina [1977];Latina una volta Littoria: storia di una citta:Littoria 1932, Latina 1982: cinquantenario, Latina1982;Dalle paludi una provincia: storia, economia,immagini, Latina 1984;La palude - Littoria - i grattacieli. Fascismo epostfascismo, con la collaborazione di GiorgioStabile, Velletri 1998;Le bonifiche in Italia e nei territori d'oltremare:

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(Eritrea-Somalia-Etiopia-Libia-Albania), inRussia-U.S.A.-Olanda: Arte e bonifica-Mobilitazione culturale: Sindacalismo fascista epost fascista, Velletri 2000 (collaborazione di

Giorgio Stabile, prefazione di Enzo Erra);La bonifica di Mussolini: storia della bonificafascista dell'Agro pontino, Roma 2002.

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Nacque l'8 giugno 1890 a Pofi (Frosinone), havissuto a Roma e da qui si trasferì a Velletri, dadove si spostò per raggiungere, il 14 marzo 1937,Littoria, dove è poi risieduto fino alla morte.Brillante avvocato, ottenne la libera docenza inDiritto Penale presso l'Università degli Studi LaSapienza di Roma. Subito dopo la liberazione, nel1944, ricostituito l'Ordine provinciale degliAvvocati in conseguenza della soppressione delleistituzioni corporative fasciste, ne fu nominatoPresidente.Sottoposto a procedura epurativa per presuntaattività fascista presso la Commissione diepurazione del personale universitario, fuscagionato con non luogo a procedere, ma in attesadella decisione ritenne, per correttezza morale, didover rassegnare le dimissioni dall'incarico nelnovembre 1945.Il 26 giugno 1944, il prefetto Piscopo lo nominòCommissario Straordinario dell'AmministrazioneProvinciale di Littoria, e il 20 settembre dellostesso anno l'incarico venne mutato in quello diPresidente dello stesso Ente. L'istituzione cheZeppieri presiedette assunse la denominazione diDeputazione provinciale1: fu l'organo di governoche, in attesa della elezione del primo Consiglioprovinciale, nel 1951, sostituì il monocratico efascista Preside della Provincia. La Deputazione, il31 gennaio 1945, deliberò, presenti 4 dei 7 membrieffettivi, il cambiamento della denominazione diLittoria in Latina..Nel giugno 1944 Zeppieri ottenne la nomina di

membro del Comitato comunale di assistenza diLatina, e nell'agosto dello stesso anno quella diCommissario governativo del Consiglio Agricoloprovinciale e di vice presidente del Comitatoprovinciale dell'Agricoltura.Nell'aprile 1945 fu nominato anche Commissarioprovinciale del Reale Automobile Club di Latina.Fu tra i fondatori del Partito d'Azione dellaprovincia di Littoria, rivestendone anche la caricadi Segretario provinciale e, successivamente, dimembro del Comitato regionale.E' deceduto a Latina nel 1950.

NOTE11.. La prima Deputazione provinciale era cosìcomposta: avvocato Leone Zeppieri, presidente;ingegner Pietro Ballerini, vice presidente;avvocato Romolo Giupponi, , Camillo Orlando,Ettore Simoneschi, Ottavio Zangrillo, EttoreBernardi fu Paolo, deputati effettivi; Pio Camangie Pasquale Fabiano, deputati supplenti. Segretariodottor Marino Cerioni. Successivamentesubentrarono Giovanni Viola, Emanuele Nicosia,Paolo Falovo, Francesco Sparagna, AntonioPernarella (supplente), Ignazio Raimondo(supplente), che sostituirono Orlando, Simoneschi,Camangi e Fabiano.

L’avvocato Leone Zeppieridi Pier Giacomo Sottoriva

La presente scheda biografica è stata realizzata grazie alle notizie fornite dall'avvocato GiorgioZeppieri, figlio di Leone.

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le elezioni

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L’ultimo rapporto al Ministero dell’Interno fascistasulla situazione dell’Agro Pontino è del 9 giugno1944: lo invia il questore Antonino Cocchi daMaderno, dove era riparato insieme ad altre auto-rità del regime, dopo la liberazione di Littoria e diRoma, avvenuta a breve distanza di tempo, allafine di maggio e il 4 giugno. La relazione parladella frettolosa, convulsa evacuazione della zona,attraverso Roccagorga, Carpineto, i Lepini,Valmontone, fino a Roma, al seguito delle truppetedesche in ritirata da Cassino, sotto l’incalzaredell’esercito alleato, che avanzava da due direttrici,quella dell’ex fronte di Cassino (lungo la Casilina)e quella della testa di sbarco di Anzio (che seguival’Appia).Il 9 giugno 1944, pochi giorni dopo la liberazione,muoveva i primi passi la vita politica democraticanella provincia di Littoria, nata appena dieci anniprima, e per i suoi circa 250 mila abitanti. L’AlliedMilitary Government of Occupied Territory avevaassunto il controllo del territorio e delle istituzionipontine (avrebbe restituito la piena autonomia aigoverni locali nel successivo mese di agosto1), affi-dando ai prefetti la nomina dei sindaci provvisori edelle giunte comunali (che si affiancavano e avolte si sovrapponevano ai Comitati locali di libe-razione nazionale), riservando l’approvazione dellenomine alla Commissione Alleata di Controllo. E iprimi partiti uscivano allo scoperto, qualcunoerede di una parvenza di struttura che aveva agitoin clandestinità soprattutto nelle ultime settimanedi guerra, qualche altro che si formava ex novo, siapur mutuando simbolo e schema dalla strutturaformatasi in sede nazionale.Al Palazzo del Governo a Littoria si insediava ilprimo prefetto di nomina alleata, il dottor Ernesto

Piscopo.Era l’inizio della ricostruzione e della democrazia,in una provincia che nelle sue «città nuove» nonaveva mai conosciuto un’amministrazione libera-mente eletta. Un cammino difficile, che iniziavadopo nove mesi di guerra sui due fronti pontini,quello del Garigliano a sud-est, e quello stabilizza-tosi sulla direttrice Littoria-Cisterna-Aprilia, comeeffetto dello sbarco di Anzio-Nettuno, a ovest. Lostrascico in termini di morti (circa settemila), diferiti (alcune decine di migliaia), di invalidi perma-nenti, di “marocchinati”, di sfollamenti, di distru-zioni di opere pubbliche, di esodi di intere città, erapesante. Se si eccettuano pochi paesi fortunati(Norma, ma anche Sermoneta, in parte Pontinia),tutti avevano conosciuto il peso dei bombarda-menti, dei cannoneggiamenti, della fame.Le cifre sono impressionanti. Le case totalmentedistrutte sono 6.942, per un totale di 53.425 vani;quelle danneggiate gravemente 5.657 (per 25.721vani); quelle che hanno subito danni meno gravi5.181 (per 27.327 vani). «Ciò vuol dire - riassumenel settembre 1945 Gaetano Orrù, terzo prefettodalla liberazione - che, ad eccezione dei piccoliComuni, in tutti gli altri, che sono in numero di23, la quasi totalità delle case è stata colpita inpieno e gravemente sinistrata dagli eventi di guer-ra». Alcune città non esistono quasi più: Aprilia,Cisterna, Castelforte, Itri, Spigno Saturnia sonodistrutte per oltre il 90 per cento dell’abitato;Formia, per quasi l’80%; Gaeta e Terracina percirca il 70 per cento.Nel novembre 1945, alla vigilia del nuovo inverno,i senza tetto sono almeno 20 mila, e secondo unrapporto della Prefettura in data 2 novembre 1945,il problema è particolarmente difficile a Latina,

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Le elezioni fino al 1951di Emilio Drudi - Pier Giacomo Sottoriva

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Formia, Minturno, Castelforte, Spigno, Fondi,Terracina, Aprilia e Cisterna. Due centri di raccoltaprofughi sono stati organizzati a Latina e a Gaeta,per una capacità complessiva di tremila posti, maal novembre 1945 sono stati attivati solo par-zialmente.Pesante è anche la situazione economica: le pocheindustrie esistenti all’epoca, una quarantina, equasi tutte concentrate al sud, risultano distrutte,gravemente danneggiate o comunque inutilizzabiliper oltre il 75 per cento. Solo poche sono in gradodi riprendere faticosamente l’attività tra la pri-mavera e l’autunno del ‘45: i conservifici di LatinaScalo e Sezze; l’impianto della Società Molini diLittoria; due pastifici e uno stabilimento di laterizia Formia; una fabbrica di conserve a Terracina; uncaseificio a Priverno e Prossedi. Le Vetrerie Fe-derate di Gaeta rimettono in funzione un forno,ma il lavoro è quasi fermo per la mancanza dicombustibile.Drammatica è la situazione nelle campagne. Unrapporto dell’Ispettorato dell’agricoltura del luglio1944 parla di migliaia di ettari allagati e di nuovoimpaludati: 1.200 nel comprensorio di Fondi eMonte San Biagio; quasi 12 mila in quello diTerracina-Pontinia; almeno duemila tra Littoria,Sabaudia e San Felice Circeo. Né si può ancorapensare a prosciugarli, perché i tedeschi, ritirando-si, hanno fatto saltare gli argini dei canali, devasta-to i grandi impianti idrovori, distrutto o asportatole pompe e i motori. Le perdite degli impianti perla bonifica sono stimate nella misura del 60-70 percento2.Più della metà delle case coloniche costruite tra il1932 e il 1937 sono distrutte (4.205 vani) o grave-mente danneggiate (oltre 8.000 vani), e quindi mi-gliaia di famiglie di contadini, da pochi anni inse-diati in terra pontina, sono senza tetto. Oltreall’acqua, i campi sono inutilizzabili alla produzio-ne a causa delle mine, che interessano 10.259 etta-ri. Quasi tutti i ponti, tra i quali 30 in cementoarmato, sono stati fatti saltare; il patrimoniozootecnico è pressoché sparito: dei 57 mila capibovini (di cui 8.700 da latte) registrati nell’ante-guerra, ne rimangono solo 5.600 (2.000 da latte);dei 1.279 capi bufalini, appena 800; dei 14.505 capiequini, 6.000; degli 82.996 ovini, appena 10 mila; i

19.153 caprini sono scesi a 8.500; i suini da 22.363a solo 1.500. Particolarmente sentita è la mancanzadi animali da lavoro, bovini ed equini, e i trattorisono quasi dappertutto scomparsi o danneggiati,ed è difficile trovare pezzi di ricambio. Anche ilpatrimonio verde più stabile e antico ha subito unapesante falcidie, giacché 6.500 ettari di bosco sonoandati distrutti o resi improduttivi, così come 8milioni e mezzo di viti, 220 mila alberi di olivo,600 mila alberi diversi.Ma la vita riprende. La gente, liberata dai vecchirapporti di subordinazione politica e di gerarchievarie, affronta i primi dibattiti, comincia a ricono-scersi nei partiti che si vanno organizzando. LaPrefettura segnala che i partiti più attivi e quelliche raccolgono il maggior numero di iscritti all’e-state del ‘44 sono il Partito comunista italiano e laDemocrazia cristiana. Nel settembre - scrive ilprefetto Piscopo alla Direzione generale dellaPubblica Sicurezza - nella maggior parte deiComuni della provincia risulta costituito ilComitato di liberazione nazionale. Quasi a segnarequesto crescente interesse della gente per la politi-ca, si susseguono numerosi i comizi e le riunioni:l’uscita dalla emergenza, la ricostruzione, le epura-zioni (ma a Littoria, in pratica, non ce ne furono),la nuova Costituzione sono i temi dominanti.Alla fine di ottobre, l’organizzazione delle varieformazioni politiche è la seguente3:Pci: 3.254 iscritti, segretario Ignazio Raimondo Psiup: 2.141 iscritti, segretario avvocato GiuseppePompili Dc: 1.264 iscritti, segretario provinciale ingegnerAurelio AmbrosioDemocrazia del Lavoro: 815 iscritti, segretarioAugusto LavorieroPli: 505 iscritti, segretario dottor Attilio Pilone Partito d’Azione: 405 iscritti, segretario professorLeone Zeppieri Pri: 148 iscritti. Non è indicato nessun esponenteprovinciale.E la forza di tutti i partiti tende a crescere rapida-mente. Qualche mese dopo, nell’aprile del 1945, lasituazione segnalata dal prefetto Giuseppe Ciraoloal Ministero degli Interni cambia, anche organiz-zativamente, nel modo che segue:Pci: 25 sezioni e circa 7.000 iscritti (di cui duemila

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solo a Sezze)Dc: 24 sezioni con 6.000 iscritti Psiup: 25 sezioni con 5.600 iscritti Democrazia del Lavoro: 12 sezioni e 1.100 iscrittiPri: 7 sezioni e 900 iscrittiPartito d’Azione: 9 sezioni con 700 iscrittiPli:7 sezioni e 450 iscritti.Comunisti e socialisti sono i primi a convocare irispettivi congressi provinciali: quello del Pci sisvolge dal 26 a1 28 ottobre 1945; quello del Psiupil giorno 25 novembre, «con la partecipazione di80 persone», come si legge nella relazione dellaPrefettura.Non mancano, nei rapporti del prefetto, i tentatividi analisi della base sociale degli schieramenti. «Ipartiti di sinistra - scrive Ciraolo nel dicembre del1944 - trovano facile sviluppo nel senso di reazio-ne conseguita alla caduta del fascismo e le adesio-ni, più che da sentimenti politici, sono provocatedalla propaganda di allettamento verso gli operai ei contadini, ai quali si promettono vantaggi di ognispecie, derivati da un nuovo ordine sociale». Percontro, «il partito democristiano è l’espressionedegli elementi più moderati», mentre «si nota unacerta tendenza degli intellettuali verso i partitiliberale e repubblicano».Si organizza anche il movimento sindacale: all’ini-zio del ‘45 in quasi tutti i Comuni pontini sonostate costituite le Camere del lavoro, che raccolgo-no le diverse correnti politiche in una strutturaunitaria4. C’è molto lavoro da fare, e si muove inuna triplice direzione: la costruzione di una men-talità nuova, che si affranca dal modello corporati-vo fascista e introduce la necessaria “psicologia”autonomista (sarà un obiettivo che inizialmentefaticherà ad imporsi, nel senso che i sindacati silegano ai partiti politici, e prima di affrancarsenepasseranno decenni); il recupero di situazioni eco-nomiche che la guerra ha congelato (le aziendesopravvissute sono debitrici di parecchie mensilitàarretrate ai propri dipendenti); la sollecitazionerivolta ai nuovi istituti pubblici a creare occasionidi lavoro, soprattutto cantieri per la ricostruzionedegli edifici civili e per le opere pubbliche.Altissimo, del resto, è il numero dei disoccupati,che il rientro dei reduci, dei prigionieri e deglisfollati fa crescere progressivamente. Al 30 set-

tembre 1945, nei registri dell’Ufficio provincialedel lavoro ne risultano iscritti 4.137, ma è unacifra approssimativa e sicuramente riduttiva, comeafferma la stessa Prefettura: «In effetti però sonomolti di più (circa 15 mila), perché molti non sonoregistrati in quanto in diversi Comuni non funzio-na l’Ufficio di collocamento». Ad essi vanno adaggiungersi migliaia di contadini poveri, sia quelliche si trovano in Agro pontino come coloni immi-grati, sia quelli tradizionali della fascia lepina. Iprimi, peraltro, si troveranno ad affrontare a brevele richieste di pagamento dell’Onc in base ai con-tratti agrari, e, per altri versi, il pericolo di lavorarenei campi che celano le insidie dei residuati bellicie dei campi di mine, nonché, spesso, il venir menodegli uomini rimasti sui campi di guerra. I conta-dini lepini cercano di riunirsi in cooperative, e simobilitano per ottenere l’assegnazione di terre dacoltivare, e non di rado invadono le grandi tenutedei proprietari o dell’Opera nazionale combattenti.Li guida, in particolare, la Federterra.Anche il clero fa la sua parte: il prefetto GaetanoOrrù lo descrive il 3 agosto 1945 «apparentementeestraneo alla politica, fiancheggia il partito demo-cratico cristiano». E scendendo nel dettaglio: «NelComune di Cori il parroco ha iniziato una campa-gna contraria al partito comunista e in particolarmodo contro le donne che si sono iscritte a dettopartito».La nascita dei partiti crea la ricerca dei consensiper la propria parte, cosicché è inevitabile che lasolidarietà che era sintetizzata dal Cln poco a pocosi allenti. Nascono, quindi, contrasti che si riper-cuotono in seno al Comitato di liberazione provin-ciale. Quei contrasti si accentuano via via che ci siavvicina alle prime elezioni del dopoguerra, quelleper la costituzione dei Consigli comunali (si svol-geranno in tre turni successivi, dalla primaveraall’autunno); e quelle per la formazionedell’Assemblea Costituente e per decidere, attra-verso il referendum, la forma istituzionale chedovrà governare l’Italia, dopo le molte critiche cheerano state rivolte alla casa regnante.Questa crescente tensione è anche un riflesso delmutato clima politico a livello nazionale. Due ele-menti, in particolare. erano intervenuti a mutare irapporti tra i partiti nati dalla Resistenza: le dimis-

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sioni del governo Parri, maturate il 10 dicembre1945, sostituito dal primo governo del democri-stiano Alcide De Gasperi; e la condanna dell’ideo-logia comunista che il pontefice Pio XII aveva pro-nunziato il 25 febbraio 1946. Come momento diulteriore diversificazione, le Acli, riemerse dallalunga e forzosa eclisse in epoca fascista, riprendo-no una funzione sindacale che inevitabilmente vanella direzione di contribuire a rompere il fronteunitario raccolto nella Cgil.Determinanti sono anche gli avvenimenti interna-zionali: il 5 marzo 1946 Winston Churchill pro-nuncia a Fulton, negli Stati Uniti, il discorso della«Cortina di ferro» che segna l’inizio della «guerrafredda» tra l’Occidente e l’Unione Sovietica. InItalia si era già in piena campagna elettorale.Nella provincia pontina, che poco più di un annoprima, il 31 gennaio 1945, aveva abbandonato ilnome «compromesso» di Littoria scegliendo quellodi Latina, sono quasi 120 mila gli elettori chiamatialle urne, ripartiti in 30 Comuni (mancavanoMaenza e Roccasecca dei Volsci aggregati aPriverno, e SS. Cosma e Damiano aggregato aCastelforte).

Referendum e Assemblea Costituente

Il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 èl’appuntamento più atteso, e il risultato esprimeuna prevalenza di voti in favore della Repubblica:il 54,9% contro il 45,1% attribuito alla monar-chia. Una scelta superiore anche a quella naziona-le, che fu del 54,3 per cento di voti contro il re. NelLazio, più repubblicana della provincia di Latina èsolo Viterbo, col 55,1 per cento. Le altre tre pro-vince, Roma, Frosinone e Rieti, attribuiscono lapreferenza alla monarchia, rispettivamente con il51,3%, il 56,7% e il 57,4% dei suffragi.Il risultato per i singoli Comuni pontini è riporta-to nella Tabella 1.La scelta repubblicana esprimeva minor legame colpassato e desiderio di rinnovare. Il risultato, tutta-via, non è omogeneo sul territorio pontino. LaRepubblica ottiene la maggioranza in 21 dei 30Comuni e in ben 17 della zona a nord di Terracina.Di contro, nel sud, 9 comuni su 13 sono per la

monarchia: fanno eccezione Fondi, Campodimele,Itri e Ponza.La città più repubblicana è Cori, con oltre l’89 percento. Latina dà alla Repubblica il 58,3 per centodei voti e si colloca, così, al quarantatreesimo postonella graduatoria dei capoluoghi repubblicani: liguida Ravenna col 91,2 per cento; ultimo èMessina, col 14,6.Contemporaneamente, il 2 giugno si vota perl’Assemblea Costituente: sono le prime elezionipolitiche dopo 22 anni. Le ultime votazioni risali-vano all’aprile del 1924, ed erano state regolatedalla Legge Acerbo, due anni dopo che il fascismoaveva conquistato il potere con la «marcia suRoma» nel ‘22.I risultati nei 30 Comuni della provincia sononella Tabella 2.In percentuale questa è la forza conseguita dai varipartiti:

Democrazia Cristiana 32,5Partito Repubblicano 22,2Partito Comunista 12,7Partito Socialista (Psiup) 11,3Unione democratica Nazionale 6,7Uomo Qualunque 4,3Blocco Naz. Libertà (monarchici) 2,4Partito d’Azione 1,1Concentrazione democrazia rep. 0,6AMI 1,5Altre liste 4,7

La Dc si afferma, dunque, come il gruppo politicopiù forte, con percentuali notevolissime a Fondi(44,5), Formia (43,1) e Gaeta (47,4). Al secondoposto si colloca il Pri (22,2 contro appena il 4,4conseguito in sede nazionale): il maggior successolo ottiene a Latina, dove col 32,3 per cento dellepreferenze, diventa il partito di maggioranza rela-tiva.Modesto il risultato del Pci (12,7) rispetto al 19per cento ottenuto in sede nazionale, e malgradogli importanti successi ottenuti in alcuni centri: il43,9% a Cori; il 29,1% a Sezze; il 20,8% a Fondi.Ancora maggiore è la delusione del Psiup, che con-segue l’ 11,3% rispetto al 20,7% nazionale: ilmaggior successo socialista si registra a Sezze, col

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32,4%. Sorprendente il 48 per cento dell’UnioneDemocratica Nazionale (poi Pli) a Minturno.A Latina i partiti più importanti ottengono, in per-centuale, i seguenti suffragi:

Partito Repubblicano 32,3Democrazia Cristiana 29,2Partito socialista (Psiup) 9,1Partito Comunista 7,3Unione Democratica Nazionale 5,4Uomo Qualunque 4,8Partito d’Azione 2,1

Il risultato che più colpisce, a Latina, è senza dub-bio quello del Pri: forse può spiegarsi come sceltadi un elettorato di immigrazione tradizionalmenteincline all’idea non monarchica e per la presenzadi un sindaco repubblicano, Fernando Bassoli. LaDc è un po’ al di sotto della media provinciale, mamostra una buona consistenza. Piuttosto magra lapresenza delle sinistre, Pci e Psiup.Può essere utile un confronto con il risultatogenerale del Lazio (Tabella 3).In sede nazionale, questa fu la ripartizione tra ipartiti, in percentuali e seggi (liste collegate colcollegio unico nazionale):

Democrazia cristiana 35,2 207Partito Socialista (Psiup) 20,7 115Partita Comunista 19,0 104Unione Dem. Naz.le 6,8 41Uomo Qualunque 5,3 30Partito Repubblicano 4,4 23Blocco Naz. Libertà 2,8 16Partito d’Azione 1,4 7Concentr. Democrazia Rep. 0,4 2Mov. Union. Ital. 0,3 1Partito Cristiano Soc. 0,2 1

Il quadro nazionale è completato dalle liste noncollegate al collegio unico:

Movim. Indip. Sicilia 0,8 4Partito Sardo d’Azione 0,3 2Partito dei Contadini 0,4 1Partito Dem. Lavoro 0,2 1Altre liste 1,8 -

Alla provincia di Latina viene assegnato un solodeputato, il repubblicano Ludovico Camangi, diTerracina, eletto sull’onda del successo del Pri intutta l’area pontina. Sarebbe stato confermato peralcune legislature.

Le elezioni amministrativ

Qualche mese prima del voto del 2 giugno 1946per il Referendum e per l’ Assemblea Costituente,in tutta Italia si erano svolti i primi turni elettoraliper costituire i consigli comunali. Due furono iturni, scaglionati in più scadenze per consentireallo Stato che stava ancora organizzandosi, didistribuire le forze dell’ordine sul territorio, e,quindi, per tenere sempre sotto controllo la situa-zione: il primo ebbe luogo in primavera, tra il 10marzo e il 7 aprile, e impegnò 5.722 Comuni; ilsecondo, autunnale, si svolse tra il 6 ottobre e il 10novembre, e interessò altri 1.572 Comuni. Venneapplicato il sistema proporzionale nei capoluoghidi provincia e nei centri con popolazione superioreai 30 mila abitanti. In tutti gli altri centri venneapplicato il sistema maggioritario.In provincia di Latina tutti i Comuni votarono nelturno di primavera. Per le quattro «città nuove»della bonifica (la stessa Latina, Sabaudia, Pontiniae Aprilia) fu il primo voto libero in assoluto.Nel capoluogo la vita politica democratica comu-nale era iniziata il 6 giugno 1945, quando il prefet-to Gaetano Orrù aveva nominato sindacoFernando Bassoli (Pri) e assessori Francesco DeSantis (Pli), Ivo Medici (Pci), Antonio Ciraolo(Democrazia del Lavoro) e Andrea Ippoliti (Dc).Come assessori supplenti, Ubaldo Noce e GiovanniRoversi. Questa giunta sostituiva il commissarioprefettizio Augusto Lavoriero (Democrazia dellavoro), nominato il 26 aprile 1945 dal prefettoGiuseppe Ciraolo. Sub-commissario fu nominatoFrancesco De Santis, poi scelto anche come asses-sore.Questi furono i risultati a Latina, dove, il 7 aprile1946 gli elettori votanti furono il 68,5% del corpoelettorale5:

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S.C. 1.878 20,2 8 seggiPri 3.476 37,4 16 seggiPli 753 8,1 3 seggiDc 3.005 32,4 13 seggiU.Q. 179 1,9 -

Le altre otto maggiori città della provincia(Cisterna, Fondi, Formia, Gaeta, Minturno,Priverno, Sezze e Terracina) votarono nel seguentemodo:

EElleezziioonnii ddeell 1100 mmaarrzzoo 11994466Formia

Elettori 6.704 Votanti 67,8%S.C.A. 1.096 26,2 6 seggiPri 147 3,5 -D.C.A. 2.772 66,3 24 seggiU.Q. 167 4,0 -

GaetaElettori 7.321 Votanti 62,4%S.C. 764 19,0 6 seggiD.L. – P.d’A. 375 9,3 -D.C. 2.860 71,7 24 seggi

MinturnoElettori 5.841 Votanti 58,0%S.C.A. 419 13,9 -D.C. 1.163 38,7 24 seggiIndip. (due liste) 1.427 47,4 6 seggi

EElleezziioonnii ddeell 2244 mmaarrzzoo 11994466Cisterna

Elettori 6.256 Votanti 60,0%S.C.A. 513 15,5Pri 1.659 50,3 24 seggiD.C.A. 1.129 34,2 6 seggi

PrivernoElettori 7.947 Votanti 78,3%S.C. 2.178 37,6 6 seggiInd. Centro 2.652 45,7 24 seggiCombatt. 971 16,7 -

SezzeElettori 8.828. Votanti 82,0%S.C. (due liste) 4.810 71,7 30 seggiDC 1.897 28,3 -

EElleezziioonnii ddeell 3311 mmaarrzzoo 11994466Fondi

Elettori 7.646 Votanti 82,6%S.CA. (tre liste) 3.577 58,2 24 seggiD.C.A. 2.574 41,8 6 seggi

EElleezziioonnii ddeell 77 aapprriillee 11994466 Terracina

Elettori 12.354 Votanti 83,7%S.C. 2.179 22,8 -Pri 4.645 48,7 24 seggiD.C.A. 2.716 28,5 6 seggi

Per i paesi minori, non sono disponibili dati uffi-ciali presso gli archivi Istat, del Ministero degliInterni e della Prefettura. Molto problematica laricerca negli archivi comunali, dove mancano quasisempre i risultati numerici assoluti e percentuali.Per molti mancano notizie ufficiali anche sullacomposizione dei Consigli.Si vota in cinque tornate:- il 10 marzo a Lenola e Spigno Saturnia- il 17 marzo a Norma, Roccamassima, Sabaudia eSan Felice Circeo- il 24 marzo a Cori e Prossedi- il 31 marzo a Campodimele, Itri, Monte SanBiagio, Pontinia, Sermoneta, Sperlonga eVentotene- il 7 aprile ad Aprilia, Bassiano, Ponza e Sonnino.Vincono liste di sinistra variamente composte(Pci-Psiup; Pci-Psiup e indipendenti; Indipendenticon elementi socialcomunisti, ecc.) a Bassiano,Cori, Lenola, Pontinia, Roccagorga, Sermoneta,Sonnino, Sperlonga. In tutti e otto i Comuni laminoranza è rappresentata dalla Dc o, comunque,da alleanze di ispirazione democristiana.La Dc (da sola o con alleati) vince invece adAprilia, Prossedi, Sabaudia e Ventotene. Nei primitre centri l’opposizione è affidata a Pci-Psiup; aVentotene è formata da una lista di indipendenti.Un caso a sé è Campodimele, dove prevale unalista formata da «laici» e indipendenti di sinistra,mentre la minoranza va a una formazione Pci-Psiup.A Castelforte vince una lista di ispirazione liberalerafforzata da elementi democristiani. I seggi diminoranza vanno a una formazione dc. I socialco-

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munisti restano fuori dal Consiglio comunale.Mancano indicazioni ufficiali circa la data delleelezioni a Castelforte e Roccagorga e sulla compo-sizione dei primi Consigli comunali a Itri, MonteSan Biagio, Norma, Ponza, Roccamassima, SanFelice Circeo e Spigno. In tutti questi Comuni ilmandato amministrativo non arriva alla scadenzadei cinque anni: a Castelforte si voterà di nuovonel 1948 e a Roccagorga nel 1950, mentre gli altrisette centri arriveranno alle elezioni generali del10 giugno 1951 sotto la guida di un commissarioprefettizio. In particolare, i Consigli comunali ven-gono sciolti a Itri il 17 giugno 1950; a Monte SanBiagio il 21 ottobre 1950; a Norma il 12 febbraio1951; a Ponza il 25 novembre 1948; aRoccamassima il 14 gennaio 1950; a San FeliceCirceo il 5 maggio 1950; e a Spigno Saturnia il 30gennaio 1951.

Le elezioni politiche del 1948

I circa due anni che vanno dalle elezioni del 1946 aquelle politiche del 1948 sono particolarmentedensi di avvenimenti in tutto il Paese e culminanonella rottura definitiva della solidarietà tra i partitinati dalla Resistenza. Molto pesano le vicende in-ternazionali: la guerra fredda, la guerra civile inGrecia e la “dottrina Truman” che, nel 1947, impe-gna le potenze occidentali a intervenire dovunqueil sistema politico democratico (ovvero non comu-nista) fosse o si supponesse in pericolo; la conqui-sta del potere da parte dei comunisti in Polonia ein Cecoslovacchia tra la fine del 1947 e l’inizio del1948. Senza contare la condanna dell’ideologiacomunista da parte di papa Pio XII, della quale si ègià accennato.Dalla liberazione sono trascorsi appena due anni,ma quei tempi sembrano lontanissimi. Poche setti-mane dopo l’enunciazione della “dottrina Truman”il Pci viene estromesso dal governo, al termine dicirca tre anni di una collaborazione che era iniziatacon la “svolta di Salerno”6. Nello stesso periodo siscioglie il Partito d’Azione, che aveva avuto unaparte determinante nella lotta al fascismo. NelPartito socialista (non più Psiup, ma Psi) si registrala scissione di Palazzo Wedekind (11 gennaio

1947), provocata da Giuseppe Saragat, che fonda ilPsli (Partito socialista lavoratori italiani), poi Psdi.Come punto di riferimento e di riaggregazionedella estrema destra fascista, era nato (26 dicembre1946) il Msi, che si presenta per la prima voltaall’elettorato il 18 ottobre 1947 alle elezioni comu-nali di Roma.Tutto questo ha ovviamente dei riflessi direttianche in provincia di Latina, dove i contrasti poli-tici registrati fin dal 1946 continuano a radicaliz-zarsi. La tensione aumenta via via che si entra nelclima delle elezioni politiche (fissate per il 18 apri-le 1948), e sfocia anche in incidenti. Gli schiera-menti sono nettamente divisi: da una parte l’elet-torato moderato e cattolico, schierato con la Dc;dall’altra, socialisti e comunisti, uniti nel FronteDemocratico Popolare (Fdp), simbolizzato da unatesta di Garibaldi su una grande stella.I risultati sono abbastanza in linea con quellinazionali. Rispetto all’andamento regionale, inve-ce, la zona pontina, si caratterizza per una ac-centuazione del voto in favore della Dc (nel Lazioè seconda solo alla provincia di Frosinone, terra diGiulio Andreotti, ai suoi esordi in politica); per unlimitato consenso alle forze di sinistra (penultima,davanti a Frosinone); per una buona simpatiadimostrata al Pri (è la provincia laziale più repub-blicana); e per la scarsa presa del Msi, che nellaprovincia creata dal fascismo realizza una percen-tuale piuttosto bassa (solo Viterbo è meno missi-na).Questi i risultati del voto per la Camera deiDeputati in tutta Italia:

Dc 12.741.299 (48,5%); 305 seggi (53,1)Un. Social. 1.858.346 ( 7,1%); 33 seggi ( 5,7)Pri 652.477 ( 2,5%); 9 seggi ( 1,6)P.P. Sud Tir. 124.385 ( 0,4%); 3 seggi ( 0,5)F.D.P. 8.137.047 (31,0%);183 seggi (31,9)B.N.(Pli-Up) 1.004.889 ( 3,8%); 9 seggi ( 3,3)Pnm 729.174 ( 2,8%); 14 seggi ( 2,4)Msi 526.670 ( 2,0%); 6 seggi ( 1,0)Altre liste 494.625 ( 1,9%); 2 seggi ( 0,3)

Il riepilogo generale del Lazio è nella Tabella 4;quello della provincia di Latina nella Tabella 5.Molto forte solo sui Lepini, il blocco Pci-Psi, pur

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non cogliendo il successo che forse si aspettava,riesce, comunque a migliorare le posizioni rag-giunte nel 1946. La Dc ha la sua roccaforte nel sudpontino, nella stessa area, cioè, che il 2 giugno1946 aveva dato la maggioranza alla monarchia.Con riferimento ai due blocchi contrapposti, neimaggiori centri pontini si registrano questepercentuali:

Aprilia Dc 44,9 FdP 19,8 Cisterna Dc 39,6 FdP 26,2Cori Dc 35,9 FdP 52,4Fondi Dc 56,0 FdP 30,6Formia Dc 71,1 FdP 10,1Gaeta Dc 70,9 FdP 13,5Latina Dc 51,0 FdP 19,2Minturno Dc 75,8 FdP 5,3Ponza Dc 48,0 FdP 27,2Priverno Dc 47,4 FdP 37,1Sabaudia Dc 51,6 FdP 24,0Sezze Dc 35,2 FdP 54,8Terracina Dc 41,2 FdP 24,6

Il risultato delle elezioni per il Senato in provinciaricalca sostanzialmente quello per la Camera deiDeputati: il 55 per cento dei voti va alla Dc, il restosi ripartisce tra socialcomunisti e Pri. Poche frangeagli altri partiti. L’unico seggio assegnato alla zonapontina va al democristiano Emilio Battista, diTerracina, poi confermato ininterrottamente fino al 1972.

Questo il dato globale del collegio di Latina, dalquale sono esclusi i Comuni di Cisterna, Cori eRoccamassima, all’epoca aggregati a Velletri. I can-didati sono Carlo Velletri per i socialcomunisti;Gustavo Traglia per il Msi; Ludovico Camangi peril Pri; Emilio Battista per la Dc e Giovanni Longoper il Pnm.

S.C. 22.053 22,9Msi 4.177 4,3Pri 11.157 11,6Dc 53.373 55,3Pnm 1.354 1,4

Per i singoli comuni del collegio pontino il risulta-to è riportato nella Tabella 6, mentre nella Tabella

7 viene indicato il voto nei tre centri aggregati aVelletri.

Nel 1948 si completa anche l’assetto delle ammini-strazioni di Maenza, Roccasecca dei Volsci e SSCosma e Damiano, i tre Comuni ai quali era statarestituita autonomia amministrativa7.A Maenza si vota il 7 dicembre 1947. Due le listeper i 1.557 elettori: la Dc e un’alleanza di sinistra(Pci, Psi e Pri), che vince largamente. Questi neldettaglio, i risultati:

Dc 482 37,6 3 seggiPci-Psi-Pri 800 62,4 12 seggi

Nel settembre del 1948 si vota negli altri dueComuni: il 5 a Roccasecca dei Volsci (753 elettoriper due liste: Dc e La Torre, che raggruppa le sini-stre); e il 15 a SS. Cosma e Damiano (1.856 eletto-ri e tre liste: Dc, dissidenti Dc e Pci-Psi). Inentrambi i casi vincono le coalizioni di sinistra:

Roccasecca dei VolsciDc 217 33,9 3 seggiLa Torre 423 66,1 12 seggi

SS Cosma e DamianoPci-Psi 640 55,2 12 seggiDissidenti Dc 297 25,6 3 seggiDc 222 19,2 -

Nessun problema per l’avvio dell’amministrazionea Maenza e Roccasecca. Non così a San Cosma,dove si apre immediatamente con Castelforte, la«questione territoriale», una contesa per la giuri-sdizione su una vasta zona di pianura rivendicatada entrambi i Comuni. Senza esito la mediazionedel Commissario ripartitore nominato dallaPrefettura, il ragioniere Carmelo Pugliese.Occorrerà un cinquantennio per trovare, sia puretra insoddisfazioni, la soluzione.La conquistata autonomia di Maenza, Roccaseccadei Volsci e SS. Cosma e Damiano provoca ovvia-mente nuove elezioni anche nei Comuni ai quali itre centri erano aggregati: a Castelforte si vota il 5settembre e a Priverno il 3 ottobre. Inoltre, il 7novembre si riaprono i seggi a Sezze, dove

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l’Amministrazione eletta nel 1946 era stata scioltain anticipo.A Castelforte vengono presentate 4 liste: Dc, Msi,una mista di sinistra, Tre Torri, e una civica, cheha il singolare nome di Cuore di Gesù. I dati uffi-ciali non sono reperibili. Vince comunque la coali-zione di sinistra, che guiderà il Comune per dueanni esatti, fino al 20 settembre 1950, quando ilConsiglio comunale viene di nuovo sciolto primadella conclusione del mandato, lasciando il posto alCommissario prefettizio ragioniere GiordanoBruno.Questi, invece, i risultati a Priverno e a Sezze:

PrivernoGli elettori sono soltanto 6.153 contro i 7.947 didue anni prima. Socialcomunisti e gruppi alleaticonquistano la maggioranza assoluta. La Dc, chenel 1946 non si era presentata con il proprio sim-bolo, non va oltre il 30 per cento. I1 Msi coglie unnotevole 10 per cento. Ecco il dettaglio:

S.C.A. 2.483 52,6 16 seggiPri-Psdi 300 6,4 -Dc 1.457 30,9 4 seggiMsi 474 10,1 -

SezzeGli elettori aumentano da 8.828 a 9.475. I risultatifanno registrare una flessione sia della sinistra(meno 7 per cento) che della Dc (meno 4,9), abeneficio del Msi:

S.C.A. 4.696 64,7 24 seggiD.C.A. 1.697 23,4 6 seggiMsi 860 11,9 -

Sezze non è l’unica Amministrazione eletta nel1946 che non arriva alla fine del normale manda-to. Elezioni suppletive sono necessarie, nel 1949, aGaeta (10 luglio) e a Fondi (20 novembre).

GaetaMolto sensibile è l’aumento degli elettori, che sal-gono da 7.321 a 11.275. Sorprende, a prima vista,la netta flessione della Dc, che perde più del 21 percento. In realtà gli Indipendenti sono una lista diispirazione democristiana che, sfruttando il quo-

ziente del sistema maggioritario, strappa alla sini-stra anche la minoranza: a nulla giova ai so-cialcomunisti l’aver aumentato di 2,9 punti in per-centuale:

S.C. 1.635 21,9 -Dc 3.739 50,0 24 seggiIndip. 2.105 28,1 6 seggi

FondiAnche qui gli elettori aumentano sensibilmente,passando da 7.646 a 9.386. I risultati portano a unribaltamento delle posizioni emerse nel 1946: lasinistra perde il 18,7 per cento a vantaggio dellaDc:

S.C.A. 3.185 39,5 6 seggiDc 4.887 60,5 24 seggi

La serie di scioglimenti anticipati delle ammini-strazioni locali testimonia il difficile avvio delnuovo sistema democratico. C’è tensione forte tra ipartiti dei due blocchi, e l’attentato al segretariodel Pci Palmiro Togliatti, avvenuto il 14 luglio del1948, mette il Paese a rischio di guerra civile:anche in provincia di Latina si registrano scontri,disordini, arresti. Una spaccatura sempre più nettasi ha in Parlamento, nelle giunte, sulle piazze, neicampi, nelle fabbriche, dove più forte si registral’avvenuta rottura dell’unità sindacale. Ad appe-santire la situazione, accentuando le polemiche,continuano a concorrere gli avvenimenti interna-zionali: l’adesione italiana al Patto atlantico, lacontestazione della bomba H, l’inizio della guerrain Corea.La zona pontina vive il grande momento dell’occu-pazione delle terre da parte del movimento deicontadini (a Cisterna, nelle aziende dell’OperaCombattenti dell’Agro Pontino) e degli «scioperi arovescio» sui Lepini.Comincia intanto a farsi sempre più forte, per lepopolazioni della vicina fascia collinare, il richiamodel lavoro nella pianura e in particolare a Latina,che infatti, al censimento del novembre 1951,conta 35.115 abitanti, con un aumento di 15.461unità (il 78,6 per cento) rispetto ai 19.654 residentidel 1936. Per gran parte l’incremento è frutto del-l’immigrazione di gente che viene dai Lepini.

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Le elezioni provinciali

Le elezioni amministrative del 10 giugno 1951segnano la formazione dei primi consigli provin-ciali a base democratica. Abrogato il sistema fa-scista che concentrava il potere delle province nellemani dell’organo monocratico che si chiamavaPreside, all’indomani della liberazione le am-ministrazioni erano state affidate dal governomilitare alleato alle Deputazioni Provinciali, nellequali erano presenti rappresentanze dei vari parti-ti. Assestato il sistema politico con le consultazionidel 1948 per la Camera e il Senato, ed operantiormai da cinque anni i consigli comunali, arrivaanche per le province il momento del confrontodiretto con gli elettori, secondo il sistema dei colle-gi.Nella elezione del primo Consiglio provinciale,nella zona pontina furono chiamati alle urne 156mila elettori (il 55,2 per cento della popolazione). Iseggi da assegnare erano, all’epoca, 24, dei quali 16col collegio uninominale e 8 col riparto pro-porzionale.Questi furono i risultati complessivi (i votantifurono l’86,2 per cento):

S.C 42.408 34,4 7 seggiPsuli 4.545 3,7 1 seggioPri 15.416 12,5 2 seggiDc 45.496 36,9 12 seggiPli 2.795 2,3 1 seggioPnm-Msi 12.226 9,9 1 seggioInd. 320 0,3 -

E questi furono i consiglieri eletti:Dc: Loffredo, Brustolin, Varrone, Mangoni, Dinia,Zangrillo, Viola, Rigoni, Terella, Cardi, Tibaldi,Caradonna; Pci: Brusaporci, Spaccatrosi, Ricci,Attanasio, Amodio; Psi: Piccaro, D’Ettorre; Pri:Bianchini, Bartolomeo; Psuli: Mascolo; Pli:Tuccinardi; Msi: Parisella.

Elezioni comunali del 1951

Nella stessa data si va anche al rinnovo di 25 con-sigli comunali: in cinque città (compreso il

Capoluogo) che superano i diecimila abitanti, sivota col sistema proporzionale; nelle altre venti,col sistema maggioritario. Le altre otto ammini-strazioni pontine erano state rinnovate in prece-denza, con turni elettorali suppletivi. Ultima inordine di tempo, Roccagorga, dove si era votatopiù di un anno prima, il 5 febbraio 1950, in segui-to allo scioglimento della giunta di sinistra elettanel 1946, messa in crisi dai contrasti sorti sullagestione di alcuni terreni comunali e di uso civico.Il risultato era stato favorevole a una lista di ispi-razione democristiana, contrapposta a quella for-mata da Pci e Psi.L’elemento più evidente nei risultati delle comu-nali del 1951 è la netta flessione del Pri e il succes-so del Msi, assente nelle consultazioni del 1946. IlPri, in alcuni centri, arriva a perdere anche unterzo dei voti: il 30 per cento a Latina, il 36,8 a Ci-sterna, il 29,6 a Terracina. A Formia addirittura lalista non fu presentata. Sorprendente, di contro,l’avanzata del Msi, specie alla luce del risultatonon esaltante nelle elezioni politiche di tre anniprima. Particolarmente consistente la presenzamissina a Latina (23,3 per cento e 5 seggi, secondopartito dopo la Dc); a Cisterna (18,5 e 3 consiglieriinsieme ai monarchici); a Formia (12,6 e 2 seggi,sempre insieme ai monarchici).La sinistra socialcomunista confermava la suaforza nella fascia lepina e migliorava le posizioniin alcuni dei centri maggiori: nel Capoluogo (più5,1 per cento) e soprattutto a Cisterna, dove salìdal 15,5 al 40,8 assorbendo buona parte dei votiperduti dal Pri. Nel sud pontino segnò invece unconsistente regresso: del 12,6 per cento a Formia,del 2,1 a Minturno. L’esatto inverso della Dc che,sostanzialmente stabile nel nord provincia, miglio-rò le posizioni nel sud, in particolare a Minturno,dove, con due diverse liste rafforzate da indi-pendenti e alleati di varia estrazione, migliorò dioltre 8 punti.Questo il dettaglio per Latina e per gli altri quat-tro Comuni maggiori:

LatinaCrolla il Pri a vantaggio della Dc che, pur rima-nendo quasi stabile in percentuale (33 per centocontro il 32,4 di cinque anni prima) si vede

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aggiudicare, per il meccanismo elettorale, la mag-gioranza assoluta dei seggi: 26 su 40. Esce dalConsiglio il Pli (che nel ‘46 aveva ottenuto 3 rap-presentanti) e vi entrano socialdemocratici, mo-narchici e missini. La sinistra guadagna in percen-tuale ma perde tre consiglieri.

Pci 1.659 11,3 2 seggiPsi 2.052 14,0 3 seggiPsuli 848 5,8 1 seggioPri 1.085 7,4 2 seggiPli 213 1,4 -Dc 4.844 33,0 26 seggiPnm 561 3,8 1 seggioMsi 3.418 23,3 5 seggi

Negli altri quattro centri maggiori, il confrontocon le elezioni precedenti è problematico perchénel ‘46 si era votato col sistema maggioritariomentre nel ‘51 vigeva il proporzionale. Il punto diriferimento più valido sono le percentuali.

CisternaSocialisti e comunisti insieme conquistarono ilComune con il 40,8 per cento dei voti (più 25punti) e 20 seggi su 30, a scapito del Pri che, allea-to al Psuli, crollò dal 54,3 al 13,5 (2 seggi). In caloanche la Dc (dal 34,2 al 7,2). Il Msi, insieme aimonarchici, si attestava sul 18,5 per cento.

Pci-Psi-lnd nd 2.332 40,8 20 seggiPri-Psuli 773 13,5 2 seggiDc 1.553 27,2 5 seggiPnm-Msi 1.055 18,5 3 seggi

MinturnoMolto complessa era la situazione in questoComune per la presenza di liste formate da diversecomponenti e alleanze. Ne conseguiva una geogra-fia consiliare così complicata che l’am-ministrazione era destinata ad avere vita breve:scioglimento del Consiglio, commissario prefetti-zio e nuove elezioni furono sanciti poco più di unanno dopo, il 16 novembre 1952. Questi i risultati:

Pci-Psi-Ind. 761 11,8 2 seggiDc-Pri-lnd. 1.946 30,3 5 seggiDc-Psuli-Pli-Msi 1.041 16,2 3 seggiL.M. 1.004 15,6 8 seggi

L.M. 1.256 19,6 9 seggiMsi-Pnm 419 6,5 3 seggi

TerracinaIl Pri scese dal 48,7 al 19,1 (con due liste) perden-do il Comune a vantaggio della Dc che, con treliste, salì dal 28,5 al 34,2 conquistando 20 seggi su30. Il Pci fu il secondo partito, con tre consigliericome i repubblicani e con il 19 per cento dei voti.

Pci 2.327 19,0 3 seggiPsi 1.734 14,1 2 seggiPri 2.106 17,2 3 seggiPli 236 1,9 -Dc (lista 1) 3.642 29,7 7 seggiDc (lista 2) 311 2,5 2 seggiDc (lista 3) 240 2,0 1 seggioPnm 343 2,8 -Msi 1.332 10,8 2 seggi

Per i comuni minori i risultati sono riportati nellaTabella 8.In definitiva, al di là di singole situazioni, questeelezioni segnarono il consolidamento della Dc. De-mocristiani erano il sindaco di Latina (VittorioCervone, segretario provinciale del partito, che sisarebbe dimesso il 5 maggio 1953 per candidarsialla Camera dei Deputati, lasciando il posto a IginoSalvezza); il presidente e il vicepresidentedell’Amministrazione provinciale (Giovanni Violae Gaetano Loffredo); i presidenti di alcuni deiprincipali enti (Consorzio di Bonifica, ConsorzioAgrario, Istituto Autonomo Case Popolari, EnteTurismo) e della banca locale, la Cassa di Rispar-mio di Latina, poi travolta da uno scandalo nel1955-56 e assorbita tra molte polemiche dallaCassa di Risparmio di Roma. Era il periodo in cui,dopo la faticosa ricostruzione dell’immediatodopoguerra, si preparavano grossi cambiamenti intutto il territorio pontino, il più importante deiquali fu, certamente, l’inclusione della provincianell’area di finanziamento della Cassa per ilMezzogiorno, con una conseguente industrializza-zione, rapida ed inevitabilmente ricca di con-traddizioni.Proprio in quegli anni misero radice alcuni deiproblemi di oggi.

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NOTE

1. La data della restituzione è variamente indica-ta: al proclama n. 16 del 19 agosto (in AS Latina,Prefettura di Latina, Gabinetto, b. 185), si contrap-pongono altre tre date: quella che retrocede lariconsegna al 1° agosto (“Alle ore 0001 (sic) leNazioni Unite hanno restituito questa Provinciadi Littoria sotto la giurisdizione del governo”: inAS Latina,Prefettura, Gabinetto, b. 185); quella del15 agosto e quella che, citata da Leonardo Musci,viene posta al 17 agosto.2. Questo l’elenco dei motori asportati dagliimpianti idrovori da parte dell’esercito tedesco nelsolo comprensorio del Consorzio di BonificazionePontina:Impianto Striscia: 2 motori da 157 HP - 260 v., 2trasformatori da 155 KVA - 20000 - 260 v.Impianto Sega: 2 motori da 29 HP - 260 v., 1 tra-sformatore da 60 KVA - 20000 - 260 v.Impianto Caposelce: 2 motori da 90 HP - 260 v., 2trasformatori da 95 KVA - 20000 - 260 v.Impianto Calambra: 2 motori da 90 HP - 260 v., 2trasformatori da 95 KVA - 20000 - 260 v.Impianto Caronte: 2 motori da 66 HP - 260 v., 1motore da 35 HP - 260 v., 2 trasformatori da 77KVA - 20000 - 260 v. Impianto Pantani da Basso:2 motori da 120 HP - 500 v., 2 trasformatori da120 HVA - 500 v.Impianto Ceccaccio: 2 motori da 53 HP - 260 v., 1motore da 35 HP - 260 v, 2 trasformatori a 65KVA - 20000 - 260 v.,2 trasformatori da 130 KVA - 20000 - 260 v.Impianto Matera: 2 motori da 220 HP - 260 v., 2trasformatori da 200 KVA 20000 - 500 vImpianto Inferno: 2 motori da 121 HP - 260 v., 2trasformatori da 130 KVA - 20000 - 260 vImpianto Tabio: 2 motori da 121 HP - 260 v., 2trasformatori da 130 KVA – 2000 -260 v.Impianto Mazzocchio: 7 motori da 510 HP - 500v., 3 trasformatori da 1450 KVA - 20000 - 500 v.3. Relazione Presidenza Consiglio dei Ministri,Gabinetto 1944-47. 31 ottobre 1944. In: IstitutoRomano per la Storia d’Italia dal Fascismo allaResistenza, pag. 114.4. Il primo sindacato fu la Cgil unitaria della pro-vincia di Littoria che, l’indomani della fine dellaguerra, nel 1944, aveva come segretario generaleItalo Donato (del Psiup) e come segretari AntonioCipriani (del Pci) e Quinto Bernardis (della Dc).

Nel 1945 la guida provinciale passa a Ficacci (Pci),Santoro (Dc) e Donato (Psiup). Nel 1946 Ciprianidivenne segretario generale, per i socialisti suben-trò Armando Angelini, la Dc confermò Bernardis,e per il Pci entrò anche Franco Velletri. La Cgilunitaria si ruppe tra il 16 e il 18 ottobre 1948,dopo l’attentato a Palmiro Togliatti avvenuto il 14luglio. La componente democristiana, guidata daGiuseppe Pastore, assunse dapprima la denomina-zione di “Libera Cgil”. Le componenti socialdemo-cratica e repubblicana costituirono, invece, la Fil.In provincia di Latina Lcgil e Fil si unificaronosotto il nome di Cisl, e il 16 maggio 1950 i quattroresponsabili provinciali (Quinto Bernardis,Giuseppe De Pasquale, Valerio Veronese e DuilioMarsella) ne dettero ufficiale notizia al Prefetto ealle altre autorità. Nel 1953 responsabile dellazona di Formia era Armando Macali (V. Storiaillustrata di Formia, vol. IV, e Cisl Latina.Solidarietà e servizio, i primi quaranta anni dellaCisl di Latina (1950-1990).5. I partiti sono identificati con le sigle Istat: S.C.sono i socialcomunisti, S.C.A. i socialcomunisticon altri gruppi alleati. D.C. è la DemocraziaCristiana, D.C.A. la Democrazia Cristiana congruppi alleati.6. Il 13 marzo 1944 l’Unione Sovietica (subito se-guita dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti)riconobbe il governo Badoglio costituito dopo lacaduta di Mussolini e del fascismo. Come condi-zione per la loro partecipazione, i partiti democra-tici chiedono l’abdicazione del re, ma PalmiroTogliatti, segretario del Pci, appena rientrato dallaRussia, propone un governo di unità nazionale e ilrinvio alla fine della guerra di ogni decisione sullaquestione istituzionale: repubblica o monarchia. Il21 aprile 1944 si costituisce, così, a Salerno, sem-pre sotto la presidenza del maresciallo PietroBadoglio, il «governo dei sei partiti» (Dc, Psi.Psiup, Pd’A, Pli, Democrazia del Lavoro), il primogabinetto politico dopo la fine del regime fascista.Vittorio Emanuele III, nove giorni prima, il 12aprile, si era impegnato a trasmettere i poteri alprincipe ereditario Umberto, col titolo di «luogote-nente generale del regno», all’indomani della libe-razione di Roma.7 . Maenza riacquista l’autonomia con Decreto delCapo provvisorio dello Stato n. 194 del 7 marzo1947; Roccasecca dei Volsci con Decreto C.P.S. n.63 del 9 giugno 1947; Santi Cosma e Damianocon Decreto C.P.S. n 333 del 27 marzo 1947.

NNS

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NNT

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NNU

Tabella 1. Referendum istituzionale del 2 giugno 1946: provincia di Latina

Aprilia 791 540 1.331 136 9,3 116 85,3Bassiano 761 422 1.183 29 2,4 22 75,9Campodimele 630 .143 773 47 5,7 28 59,6Castelforte 898 2.643 3.541 372 9,5 231 62,1Cisterna di Latina 2.503 1.647 4.150 344 7,7 299 86,9Cori_ 3.712 1.155 4.867 232 4,5 - -Fondi 4.024 2.945 6.969 299 4,1 207 69,2Formia 1.883 4.479 6.362 427 6,3 167 39,1Gaeta 2.461 5.505 7.966 427 5,1 272 63,7Itri 1.531 1.372 2.903 138 4,5 100 72,5LATINA 6.641 4.747 11.388 793 6,5 648 81,7Lenola 240 1.308 1.548 67 4,1 35 52,2Minturno 834 3.923 4.757 563 10,6 437 77,6Monte San Biagio 855 1.233 2.088 131 5,9 80 61,1Norma 1.461 363 1.824 62 3,3 45 72,6Pontinia 2.302 801 3.103 196 5,9 134 68,4Ponza 1.376 980 2.356 90 3,7 - -Priverno 4.138 2.728 6.866 554 7,5 322 58,1Prossedi 793 450 1.243 129 9,4 93 72,1Roccagorga 1.077 731 1.808 122 6,3 86 70,5Rocca Massima 571 234 805 59 6,8 46 18,0Sabaudia 1.777 1.078 2.855 249 8,0 207 83,1San Felice Circeo 989 834 1.823 79 4,2 59 74,7Sermoneta 965 605 1.570 93 5,6 76 81,7Sezze 5.663 2.165 7.828 405 4,9 301 74,3Sonnino 2.264 1.189 3.453 161 4,5 109 67,7Sperlonga 432 671 1.103 63 5,4 51 81,0Spigno Saturnia 131 910 1.041 101 8,8 74 73,3Terracina 7.860 2.781 10.641 436 3,9 286 65,6Ventotene 110 449 559 25 4,3 11 44,0

TOTALI 59.673 49.031 108.704 8.829 5,9 4.542 88,5

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Le sigle di lista delle tabelle corrispondono ai seguenti partitio raggruppamenti politici:

Elezioni 1946Pci: Partito Comunista Italiano Psiup: Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (poi Psi)Pd'Az: Partito d'AzioneCdr: Concentrazione Democratica Repubblicana Udn: Unione Democratica NazionaleUq: Fronte dell'Uomo Qualunque Bnl: Blocco Nazionale Libertà Ami: Alleanza Monarchici italiani

Elezioni 1948Bn: Blocco NazionaleBpu: Blocco Popolare Unionista Cncu: Concentrazione Nazionale Combattenti UnitiDc: Democrazia CristianaFdp: Fronte Democratico Popolare (Pci e Psi) Mnds: Movimento Nazionalista per la Democrazia SocialeMsi: Movimento Sociale Italiano Pcd'I: Partito dei Contadini d'Italia Pcs: Partito Cristiano SocialePnma: Partito Nazionale Monarchico e Alleanza Democratica del Lavoro.Pri: Partito Repubblicano ItalianoUs: Unione SocialistaLe altre sigle corrispondono a gruppi minori non collegati alCollegio Unico Nazionale.

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CDR

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DC

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Altre liste

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% voti non validi

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NOM

Tabella 3. Elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946: Lazio

Tabella 4. Elezioni della Camera dei Deputati del 18 aprile 1948: Lazio

FROSINONE LATINA RIETI ROMA VITERBO TOTALE

Elettori 257.203 % 136.752 % 111.430 % 1.248.660 % 154.285 % 1.908.330 %Votanti 221.111 86,0 115.533 84,5 96.092 86,2 1.032.466 82,7 143.277 _ 92,9 1.608.473 84,3

PCI 15.485 8,0 13.196 12,7 11.657 13,8 143.875 14,9 24.927 19,0 209.140 14,1

PSIUP 17.829 9,2 11.724 11,3 10.507 12,5 101.430 10,5 18.262 13,9 159.762 10,8

P. D'AZIONE 1.491 0,8 1.089 1,0 2.149 2,5 13.453 1,4 551 0,4 18.733 1,3

CDR 1.846 1,0 480 0,5 4.043 0,4 557 0,4 6.926 0,5

PRI 30.253 15,7 23.159 22,2 7.597 9,0 139.309 14,4 19.048 14,5 219.366 14,8

DC 70.188 36,4 33.875 32,5 35.465 42,0 299.576 31,0 47.547 36,2 486.651 32,9

UDN 25.396 13,2 7.274 7,0 5.146 6,1 62.590 6,5 3.737 2,8 104.143 7,0

UQ 7.044 3,7 4.489 4,3 5.813 6,9 79.190 8,2 6.904 5,3 103.440 7,0

BNL 6.574 3,4 2.373 2,3 3.444 4,1 74.983 7,7 4.122 3,1 91.496 6,2

AMI 4.533 2,3 1.592 1,5 22.830 2,4 1.684 1,3 30.639 2,1

Altre liste 12.111 6,3 4.915 4,7 2.585 3,1 25.195 2,6 4.039 3,1 48.845 3,3

TOTALE 192.750 100,0 104.166 100,0 84.363 100,0 966.474 100,0 131.378 100,0 1.479.131 100,0

Voti non validi 28.361 12,8 11.367 9,8 11.729 12,2 65.992 6,4 11.899 8,3 129.348 8,7

Schede bianche 9.503 33,5 3.267 28,7 5.084 43,3 17.713 26,8 4.385 36,9 39.952 30,9

FROSINONE LATINA RIETI ROMA VITERBO TOTALE

Elettori 267.006 % 145.490 % 113.904 % 1.296.710 % 159.639 % 1.982.749 %Votanti 237.499 88,9 129.556 89,0 103.098 90,5 1.165.523 89,9 152 470 95,5 1.788 146 90,2

FDP 39.795 17,2 31.007 24,5 28.888 28,9 327.679 28,5 52.112 34,9 479.481 27,3

PCS 680 0,3 288 0,2 3.215 0,3 441 0,3 4.624 0,3

US 8.105 3,5 3.752 3,0 5.846 5,9 47.794 4,2 6.759 4,5 72.256 4,1

PRI 15.655 6,8 12.434 9,8 3.735 3,7 72.204 6,3 8.308 5,6 112.336 6,4

DC 140.721 60,9 68.377 54,0 50.580 50,6 579.585 50,4 70.394 47,2 909.657 51,8

BN 9.358 4,0 2.729 2,2 3.416 3,4 24.337 2,1 3.893 2,6 43.733 2,5

PNMA 5.233 2,3 2.423 1,9 2.037 2,0 26.345 2,3 2.275 1,5 38.313 2,2

MSI 7.826 3,4 4.164 3,3 4.529 4,5 57.497 5,0 3.782 2,5 77.798 4,4

MNDS 1.507 0,6 166 0,1 216 0,2 2.829 0,2 172 0,1 4.890 0,3

BPU 415 0,2 283 0,2 1.154 0,1 147 0,1 1.999 0,1

Altre liste 1.914 0,8 1.061 0,8 763 0,8 6.597 0,6 1.054 0,7 11.389 0,6

TOTALE 231.209 100,0 126.684 100,0 100.010 100,0 1.149.236 100,0 149.337 100,0 1.756.476 100,0

Voti non validi 6.290 2,6 2.872 2,2 3.088 3,0 16.287 1,4 3.133 2,1 31.670 1,8

Schede bianche 1.441 22,9 794 27,6 618 20,0 5.154 31,6 1.143 36,5 9.150 28,9

Page 121: Brochure 10 - home - Archivio di Stato di Latina

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Page 122: Brochure 10 - home - Archivio di Stato di Latina

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Tabella 6. Elezione del Senato della Repubblica 18 aprile 1948: collegio di Latina

Aprilia 2.177 1.822 83,7 340 339 149 6 36 824 1.694 128 7,0 66 51,6Bassiano 1.118 1.052 94,1 548 23 11 5 16 411 1.014 38 3,6 11 28,9Campodimele 815 762 93,5 37 171 24 2 4 482 720 42 5,5 5 11,9Castelforte 2.898 2.494 86,1 269 37 109 28 474 1.412 2.329 105 6,6 27 16,4Fondi 7.472 7.096 95,0 2.008 475 62 52 219 3.980 6.796 300 4,2 132 44,0Formia 8.317 6.844 82,3 667 253 205 50 483 4.811 6.469 375 5,5 87 23,2Gaeta 10.010 8.140 81,3 1.009 568 214 34 232 5.740 7.797 343 4,2 118 34,4Itri 3.127 2.844 90,9 414 438 107 23 172 1.582 2.736 108 3,8 40 42,6LATINA 13.938 12.744 91,4 2.363 1.729 916 139 358 6.449 11.954 790 6,2 299 37,8Lesola 1.584 1.507 95,1 27 35 26 8 24 1.326 1.446 61 4,0 17 27,9Maenza 1.365 1.308 95,8 298 210 27 4 29 682 1.250 58 4,4 23 39,7Minturno 7.091 6.032 85,1 294 349 135 37 327 4534 5.676 356 5,9 117 32,9Monte San Biagio 2.224 2.051 92,2 114 439 231 32 148 978 1.942 109 5,3 39 35,8Norma 1.823 1.742 95,6 278 499 15 15 24 867 1.698 44 2,5 17 38,6Pontinia 3.268 3.149 96,4 958 546 51 31 77 1.257 2.920 229 7,3 76 33,2Ponza 2.810 2.092 74,4 542 265 109 10 24 981 1.931 161 7,7 18 11,2Priverno 5.350 4.983 93,1 1.716 285 180 39 248 2.125 4.599 384 7,7 106 27,6Prossedi 1.346 1.278 94,9 248 41 10 8 43 867 1.217 61 4,8 22 36,1Roccagorga 1.840 1.746 94,9 793 18 461 8 15 335 1.630 116 6,6 30 31,0Roccasecca 645 632 98,0 73 42 18 4 9 469 615 17 2,7 1 5,9Sabaudia 3.119 2.930 93,9 647 411 185 18 88 1.438 2.787 143 4,9 57 39,9San Felice Circeo 1.824 1.717 94,1 175 137 23 18 565 730 1.648 69 4,0 16 23,2SS. Cosma e Damiano 1.470 1.255 85,4 305 21 44 9 97 724 1.200 55 4,4 21 38,2Sermoneta 1.746 1.587 90,9 500 202 98 10 57 584 1.451 136 8,6 44 32,4Sezze 8.161 7.736 94,8 3.947 302 200 48 73 2.558 7.128 608 7,9 160 26,3Sonnino 3.466 3.315 95,6 1.061 266 118 18 131 1.566 3.160 155 4,7 29 18,7Sperlonga 1.190 1.088 91,4 24 70 1 9 110 828 1.042 46 4,2 6 13,0SpignoSaturnia 1.321 1.040 78,7 24 97 25 17 67 777 1.007 33 3,2 12 36,4Terracina 11.606 10.726 92,4 2.345 2.887 403 672 186 3.618 10.111 615 5,7 206 33,5Ventotene 614 505 82,2 29 2 14 5 438 488 17 3,4 3 17,6

TOTALI 113.735 102.217 89,9 22.053 11.157 4.177 1.354 4.341 53.373 99.455 5.762 5,6 1.817 31,5

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Page 123: Brochure 10 - home - Archivio di Stato di Latina

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Tabella 7. Elezione del Senato della Repubblica 18 aprile 1948: collegio di Velletri

Cisterna 5.532 4.687 84,7 1.145 1.909 908 149 171 4.282 405 8,6 143 35,3Cori 5.088 4.927 96,8 2.410 1.664 355 75 150 4.654 273 5,5 102 37,4Rocca Massima 837 800 95,6 51 597 80 24 9 761 39 4,9 12 30,8

TOTALI 11.457 10.414 90,9 3.606 4.170 1.343 248 330 9.697 717 6,9 257 35,8

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Tabella 8. Elezioni amministrative del 10 giugno 1951 nei Comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti

Aprilia 3.297 2.819 85,5 632 798 4 911 16 2.341 20Bassiano 1.547 1.463 94,6 728 12 646 3 1.374 15Campodimele 971 893 92,0 15 266 3 588 12 869 15Castelforte 4.168 3.455 82,9 709 3 1.684 16 690 1 - 3.083 20Cori 5.974 5.647 94,5 3.301 16 - 2.032 4 5.333 20Itri 3.772 3.357 89,0 1.225 4 302 1.627 16 3.154 20Lenola 1.984 1.795 90,5 1.160 16 484 4 1.644 20Monte S. Biagio 2.746 2.359 85,9 124 737 4 1.214 16 2.075 20Norma 2.185 2.044 93,5 933 16 135 876 4 1.944 20Pontinia 4.307 4.037 93,7 1.572 16 1.421 4 544 3.537 20Ponza 3.398 2.038 60,0 553 4 1.381 16 1.934 20Prossedi 1.651 1.310 79,3 292 4 180 2 605 7 1.077 13Rocca Massima 976 923 94,6 424 12 377 3 51 852 15Sabaudia 3.664 3.275 89,4 - 1.228 4 381 1.331 16 2.940 20San Felice C. 2.333 2.044 87,6 492 867 16 501 4 1.860 20Sermoneta 2.049 1.827 89,2 632 16 463 1 532 3 1.627 20Sonnino 4.206 3.929 93,4 1.883 16 1.174 4 686 3.743 20Sperlonga 1.535 1.316 85,7 748 12 553 3 1.301 15Spigno Saturnia 1.416 1.193 84,3 988 15 988 15Ventotene 672 527 78,4 106 3 392 12 - 498 15

TOTALI 52.851 46.251 87,5 12.520 106 2.196 25 4.593 59 14.691 100 3.653 25 4.521 48 42.174 363

Ele

ttor

i

Vot

anti

% v

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SC o SCACento

sinistra DC

DCAe Centro

destra

Destra(PNM -

MSI - ID) Altri Totale

voti seggi voti seggi voti seggi voti seggi voti seggi voti seggi voti seggi

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NOQ

Uno sguardo agli anni Settanta e Ottanta dalla federazione comunista

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NOR

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1. La lotta contro le gabbie salariali.L'occupazione dell'aula consiliare diLatina. I sindacati scuola diventano prota-gonisti

Su incarico della Cgil nazionale, il 2 gennaio 1968venne a Latina Antonio Muscas.Antonio aveva una grande esperienza. Si eraformato alla scuola di Giuseppe Di Vittorio. Venivada Roma, dove per otto anni era stato nellasegreteria della Fillea, il sindacato degli edili eaffini."Quando giunsi a Latina - ricorda - la Cgil avevapoco più di 2.700 iscritti. In due anni, grazie allalotta contro le gabbie salariali e per la conquista dimigliori condizioni di lavoro, passammo a 18.000tesserati".L'Italia allora era divisa in sette zone salariali.Latina era inserita nella sesta. Da noi i lavoratorivenivano pagati meno che altrove: i loro salarierano inferiori del 30% circa a quelli della primazona.Il Pci era ancora debole dentro le fabbriche. Icomunisti che venivano dai comuni lepini erano insilenzio, e subivano senza reagire. Perché avevanopaura di essere licenziati."Il 30 settembre 1968 - afferma Antonio -facemmo uno sciopero generale. Al centro di essoavevamo posto l'obbiettivo del superamento dellegabbie salariali e il tema del riscatto dallacondizione di assoggettamento dei lavoratori(ritmi di lavoro, qualifiche, ambiente di lavoro,ecc.). Lo avevamo preparato bene. Avevamolavorato molto. Fu un grande successo. Al corteo eal comizio parteciparono più di cinquemilapersone, tra operai e studenti".Ci fu l'attenzione di tutta la stampa nazionale. "Il

Sole 24 Ore - ricorda l'onorevole Lelio Grassucci -riportò la notizia in prima pagina". "PaulGinsborg - aggiunge Muscas - nella sua Storiad'Italia 1943-1996, riconosce che fummo noi iprimi a rivendicare e ottenere, con scioperi emanifestazioni, l'abolizione delle gabbie salariali" L'iniziativa si sviluppò poi in 204 aziende. Vennerostipulati subito 103 accordi aziendali. In brevetempo quell'ingiustizia scomparve in tutte leaziende della provincia.Chiedo ad Antonio Muscas quale ful'atteggiamento della Cgil nazionale. "All'inizio -risponde - ci fu qualche incomprensione. Ma poi laCgil capì. E, insieme alle altre confederazioni,proclamò lo sciopero generale del 12 febbraio 1969al centro del quale pose l'abolizione delle gabbiesalariali".In alcune fabbriche ci furono momenti di tensione.Alla Mistral, ad esempio, alla Good Year, e alla CarSud di Aprilia, dove il 17 ottobre 1969 uno deititolari sparò contro i lavoratori, ferendone tre.Dinanzi alle fabbriche e alle scuole ogni tanto,insieme alle polemiche, c'era qualche scazzottata,provocata soprattutto dai gruppi estremisti didestra e di sinistra. Qualche volta però venivanocoinvolti anche esponenti del Pci e del Msi.Il Partito comunista intanto cominciò ad affermarela sua presenza dentro le fabbriche. E si consolidòtra gli operai dei Lepini che ogni mattina sirecavano a Roma per lavoro. "Una volta asettimana - dice Grassucci all'epoca segretarioprovinciale del Pci - andavamo a Roma Ostiense,salivamo sui treni e facevamo volantinaggio.Ricordo che anche tu in quegli anni sei venutospesso con noi".Il 7 giugno del 1970 si svolsero le elezioniamministrative.Ai primi di ottobre non era stata ancora fissata la

NOS

Memorie di un segretariodi Sabino Vona

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data di convocazione del consiglio comunale diLatina. Eppure c'era stata una richiesta formaleavanzata dal Pci intorno alla metà di luglio.L'onorevole Pietro Ingrao, inoltre, avevapresentato una interrogazione alla Camera deiDeputati. Niente. La Democrazia cristiana nonascoltava nessuno, presa com'era dai suoi problemiinterni. Allora Alfio Calcagnini, Lelio Grassucci,Franco Luberti e Nicola Lungo, i quattroconsiglieri comunisti, occuparono l'aula consiliare.Era il 3 ottobre 1970, un sabato. “L'avevano detto.E poiché i comunisti quando minacciano nonparlano mai inutilmente, l'hanno fatto”, scrisse IlMessaggero.Il giorno dopo la Dc fu costretta a convocare ilconsiglio comunale. Per il partito di maggioranzafu una sconfitta bruciante. E un successo per il Pcidi Latina. Che si organizzò meglio, e rilanciòl'iniziativa politica nella città. "Con una durabattaglia contro la speculazione edilizia e perrisanare i quartieri degradati della città - affermaLelio -. Facemmo ricerche. Pubblicammo duevolumi, Latina una città da cambiare e Il libroazzurro, una indagine sull'abusivismo e sullaspeculazione edilizia lungo la fascia costiera. Poi lipresentammo alla Procura della Repubblica. Ladelegazione era guidata da Pietro Ingrao e AldoD'Alessio".Il Partito comunista fino al 1968 aveva avuto unapresenza marginale dentro le scuole. Nel giro dipochissimi anni il suo peso tra gli insegnantidivenne rilevante. E conquistò simpatie e consensiin una vasta area di studenti.In quegli anni nacque il Sindacato scuola Cgil, cheinsieme al Sism Cisl (il sindacato dei professori diquella confederazione), si impegnò a fondo suitemi della condizione degli insegnanti e dellariforma della scuola.Venni eletto segretario provinciale della Cgilscuola nel 1969. Avevamo 16 iscritti. Alla fine del1969 eravamo 34. Centoquaranta nel 1971.Ottocentosettanta agli inizi del 1975.Molti insegnanti diventarono dirigenti di primopiano del Partito comunista italiano.Insieme a Giorgio Alessandrini, segretario delSism Cisl, costruimmo con pazienza un legameforte con il mondo del lavoro. E aiutammo il

movimento degli studenti democratici.Il primo maggio 1972 venne a Latina EnricoBerlinguer. Parlò a piazza del Popolo. C'eratantissima gente.Nelle elezioni politiche di giugno il Pci confermò ilbrillante risultato del 1968.La lotta sindacale era sempre aspra e dura. Nellefabbriche e nelle scuole. La Cgil, la Cisl e la Uilproclamarono uno sciopero generale per la scuola.Diffondemmo decine di migliaia di volantini. Loscioperò riuscì molto bene.Il 28 settembre 1972 partecipammo a una grandemanifestazione per la scuola a Roma. Riempimmodue pullman, più di cento insegnanti. Unadelegazione, guidata da Aurelio Misiti da GiorgioAlessandrini e da me, venne ricevuta dal Ministrodella pubblica istruzione Malfatti. Poi andammotutti a pranzo alla Festa nazionale de L'Unità. Solodue insegnanti non vennero. Dissero che avevanoda fare. Tornarono in treno.Nel mese di dicembre organizzammo uno scioperoper il diritto allo studio, per la democrazia nellascuola, e per migliorare le condizioni giuridiche edi lavoro degli insegnanti. In piazza del Popolo, aLatina, c'erano più di 1500 insegnanti, moltissimistudenti, e delegazioni di operai della MasseyFergusson, della Mistral, della Pozzi, della Slim,della Ime, degli edili. Non ce lo aspettavamo.Facemmo il comizio senza amplificazione. Altermine io e Giorgio non avevamo più voce.

Uno striscione di successo

Nella fabbrica di manufatti in cemento di SantePalumbo non venivano concesse pause al di fuoridi quella per il consumo del pasto a mezzogiorno.“Durante la preparazione di uno sciopero - ricordaAntonio Muscas - un operaio di quella fabbrica michiese se poteva fare uno striscione. Gli risposi disì. Poco dopo si presentò con questascritta:<Palumbo piscia e noi no>. Nacque cosìuno striscione che ebbe un grande successo”.

NOT

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2. Le bombe sui treni. Il grandemovimento nelle scuole. Il referendumsul divorzio

Dopo le elezioni politiche del giugno del 1972, siformò il governo Andreotti Malagodi, nettamentespostato a destra.La strategia della tensione riprese vigore. Lebombe sui treni e nelle piazze seminavano morte edistruzione.Nel 1972 vennero messe le bombe sui treni cheportavano a Reggio Calabria i lavoratori del nord edel centro. I sindacati avevano indetto in quellacittà una manifestazione per l'occupazione e losviluppo del Mezzogiorno. Reggio era sconvolta dauna rivolta popolare organizzata dalla destra cherivendicava la sede della Regione. Le bombescoppiarono a Cisterna.Il treno non si fermò nella stazione di Latina, dovelo aspettavamo in molti, almeno centocinquantapersone. C'erano insegnanti, operai, tecnici.Quanta fatica facemmo quella sera Umberto Gigli,sindacalista della Cgil, Vittoriano Cavadi ed io percalmare gli animi quando si seppe dell'attentato.I feriti vennero ricoverati nell'ospedale diPriverno.Quell'anno il congresso provinciale del Pci diLatina si tenne presso l'Hotel Sorrento. "Nellarelazione introduttiva - ricorda Lelio Grassucci -posi il problema del rapporto con il mondocattolico. Esso, a mio parere, doveva coinvolgeretutti e due i partiti storici della sinistra, il Pci e ilPsi. E il confronto doveva esserci con tutta la Dc, enon con una parte di essa, come sostenevanoalcuni compagni di partito. Al congresso nazionalevenni eletto nel Comitato centrale del partito".Il 1973 fu un anno difficile per l'economia.L'inflazione salì alle stelle, sotto la spinta degliStati Uniti d'America. Che così scaricarono suipaesi più deboli il costo della guerra in Vietnam.Contro quella guerra, e per la pace e la libertà inVietnam, il partito organizzò decine dimanifestazioni con cortei, comizi e veglie in tutti icomuni della provincia. Parteciparono migliaia digiovani.Le iniziative nelle scuole e nelle fabbriche si

intensificarono. Uno dei temi più sentiti era quellodel diritto allo studio. L'impegno dei sindacatiscuola Cgil e Cisl fu grande. In due giorniriuscimmo a organizzare ottanta assemblee nellemaggiori fabbriche della provincia. Ad ogniassemblea mandammo due insegnanti. Che furonocontenti di quella esperienza. Alcuni peròrestarono un po' scioccati, perché gli operai incarne ed ossa erano diversi dalla mitica classeoperaia che essi avevano immaginato. Io andai allaManuli di Castelforte e alla Findus di Cisterna.Si formò allora una nuova leva di dirigenticomunisti e di indipendenti di sinistra, tra i qualidesidero ricordare Ubaldo Radicioni, MarcelloCiccarelli, Vittoriano Cavadi, Antonio Di Fazio,Silvano Campanelli, Anna Maria Cammisa,Vincenzo Mattei, Enzo Liguori e Antonio Troisi.Il 4 maggio 1973 ci fu lo sciopero generaledell'area dei Lepini e degli Ausoni. Rivendicavamo,volevamo lo sviluppo di Mazzocchio. Perassicurare un futuro alle popolazioni dei comuni diquell'area, già allora segnati da un lento declino.Dopo lo sciopero vennero realizzate leinfrastrutture principali. Vennero alcune aziende.Poche. E qualcuna scomparve in un lampo.L'undici settembre 1973 il golpe militare in Cilemise fine alla esperienza del governo di Unidadpopular di Salvador Allende. Esso segnò anche lavita politica italiana. Il segretario del Pci EnricoBerlinguer, infatti, riflettendo su quei fatti,propose il compromesso storico. Il partito alloraintensificò i rapporti politici e istituzionali con laDemocrazia cristiana.In provincia di Latina l'incontro con gli elettori egli iscritti di questo e degli altri partiti dell'arcocostituzionale, come si diceva allora, avvennesoprattutto nelle scuole. Dove creammo unmovimento di massa straordinario.Nel 1974 vennero approvati i decreti delegati dellascuola. Lelio Grassucci mi chiese di elaborare unaproposta sulla zonizzazione dei distretti scolastici.La preparai insieme a Giancarlo Siddera e aRodolfo Buggiani, un insegnante del Liceoartistico di Latina che veniva da Roma.Dividemmo la provincia in cinque distrettitrasversali, in modo da comprendere in ognuno diessi sia i comuni montani che quelli di pianura.

NOU

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Fummo i primi in Italia. Ricordo la soddisfazionedi Lelio quando la Federazione comunista diBologna ne chiese una copia.Intanto a Latina il movimento degli studentidemocratici si rafforzava sempre più, sostenuto daisindacati scuola Cgil e Cisl. Nelle prime elezioniper gli organismi scolastici andarono a votaredecine di migliaia di genitori. Alle assembleeindette nelle scuole di Latina per definireprogrammi e liste avevano partecipato quasi20.000 persone.Le liste unitarie, definite sulla base di un accordoprogrammatico firmato dai sindacati e da tutti ipartiti dell'arco costituzionale, ottennero ungrande successo. Per la Dc aveva firmato l'accordoAndrea Nascani, responsabile dell'ufficio scuola diquel partito. Il segretario nazionale della DcAmintore Fanfani lo sospese dall'incarico. Andreavenne a trovarmi al Vittorio Veneto. Mi mostrò iltelegramma. Era molto amareggiato. L'accordovenne rispettato in tutte le scuole della provincia.Il 12 maggio 1974 si votò per il referendum control'aborto.La campagna elettorale era stata lunga e difficile.Erano scesi in campo i massimi dirigenti deipartiti. "A Scauri - ricorda Grassucci - venne afare il comizio Umberto Terracini. Era già anziano,ma volle tornare a Roma con il treno". Ci fu unanetta vittoria dei sostenitori della legge.Nel marzo del 1975 Lelio Grassucci mi convocònella nuova sede della Federazione, in via Isonzo.Il segretario era impegnato in una riunione. Loaspettai nel suo ufficio. Appeso a una parete c'eraun dipinto di Ennio Calabria, L'uomo con labandiera rossa. Grassucci mi aveva chiamato perpropormi di lavorare nel partito. Io ero indeciso.La scelta era difficile, perché la prospettiva eraquella di fare il segretario provinciale del Pci. Queldipinto, così affascinante e misterioso, mi inquietò.Un uomo porta una bandiera rossa, che lo avvolge.Curvo sotto il peso, l'uomo stringe l'asta nel suopugno poderoso. E' solo. Cammina lento nelsilenzio di una pianura che immagini immensa.Colori splendidi. Bellissime trasparenze. EppureL'uomo con la bandiera rossa fece aumentare imiei dubbi. Forse per quella verità appenaaccennata: nei momenti più duri sei solo, e da solo

devi portare avanti le tue battaglie. Alla fineprevalse la passione politica. Insieme allacondizione, accolta da Lelio, che non sarei maidiventato funzionario di partito. Era una anomalia,lo sapevo. Ma desideravo continuare a farel'insegnante. E mantenere la mia piena libertàpersonale. E così accettai.

Il documento dei cattolici per il no

Pochi giorni prima del voto del 12 maggio 1974,un sabato sera, i cattolici per il no mi invitarono auna riunione riservata, a casa di GiorgioAlessandrini. Insieme a Giorgio c'erano TommasoCapirci, Michele Briganti e Gianni D'Achille.Elaborammo il testo di un appello ai cattolici.Finimmo verso l'una di notte. Dovevamociclostilare il documento. Telefonai allora aVittoriano Cavadi, che aveva le chiavi della sezione'Gramsci' di Latina. Vittoriano mi mandò un saccodi accidenti. Poi venne ad aprire la sezione. Lamattina dopo i cattolici per il no diffusero ilvolantino davanti a tutte le chiese della città.

La visita di Paolo VI a Fossanova e i veleni deldopo referendum

Il 7 marzo 1974 ricorreva il settimo centenariodella morte di San Tommaso d'Aquino. Lemanifestazioni in onore del Santo si conclusero il14 settembre del 1974 con la visita di Paolo VI aFossanova, dove il grande Dottore della chiesa siera spento il 7 marzo 1274.La visita fu richiesta, e voluta fortemente, dalpresidente dell'Amministrazione provincialeGiovanni Matteis e dal sindaco di PrivernoErnesto Pucci. "Non lasciammo niente al caso -ricorda Franco Falascina, all'epoca giovanedipendente della provincia, che ebbe un ruolodecisivo nell'organizzazione dell'evento -.Studiammo ogni minimo particolare. E le coseandarono molto bene".Niente era scontato, però. Perché erano tempidifficili.Il 12 maggio di quell'anno, come già ricordato,c'era stato il voto per il referendum sul divorzio.Amintore Fanfani, segretario nazionale dellaDemocrazia cristiana, dopo la sconfitta su quel

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referendum, si preparava per la rivincita.L'alleanza con Aldo Moro resisteva, anche seognuno dei due leader pensava a prospettivepolitiche diverse.A luglio il Consiglio nazionale della Dc si tenneproprio a Fossanova. "Alcuni giorni prima diquella riunione - ricorda Ernesto Pucci - chiamai ilsindaco di Latina Nino Corona e il segretarioprovinciale della Dc Fabrizio Abbate. Chiesi loro seera gradito il saluto agli ospiti da partedell'Amministrazione comunale. Risposero che miavrebbero fatto sapere.Passarono un paio di giorni. E poi i due esponentidella Dc pontina, mortificati, vennero a scusarsicon me, perché Fanfani non aveva voluto".In quella riunione il segretario nazionale delpartito ribadì il suo fermo rifiuto di ogni“allargamento delle alleanze”. E Moro, purcontinuando a dare il suo appoggio a Fanfani,mantenne le sue aperture di dialogo al Partitocomunista italiano.Alla vigilia della visita di Paolo VI il clima politiconon era affatto sereno. Specie a Priverno, dove icattolici più integralisti non riuscivano ad accettarel'idea che un sindaco comunista potesse accogliereil papa.L'undici settembre il Comune rendeva omaggio,con un bel manifesto, a Paolo VI. "Priverno, cheha il privilegio di custodire i luoghi che furonotestimoni degli ultimi giorni di vita del grandeDottore della Chiesa - si leggeva tra l'altro -,porge il suo cordiale benvenuto ai Sindaci dellaProvincia, alle Autorità Religiose, Civili e Militariqui convenute per salutare il Papa e conserveràincancellabile il ricordo di questa significativa datadella sua storia".Fossanova si presentava bellissima come sempre, econ una nuova illuminazione. Era pronta adaccogliere il Papa.Durante la notte tra il 13 e il 14 settembre ilBorgo di Fossanova venne ricoperto da centinaia dimanifesti. Che attaccavano e insultavano il sindacodella città e la sua amministrazione."Appena lessi il manifesto - racconta Ernesto -chiamai subito il questore. Ero molto preoccupato.Ma il questore mi rassicurò. E mi garantì il suointervento, fermo e discreto".

L'elicottero con il Papa a bordo atterrò in uncampo vicino al complesso dell'abbazia."Secondo gli accordi presi con il cerimoniale delVaticano - ricorda ancora Ernesto Pucci - andai aricevere il Papa insieme al prefetto, al presidentedella Provincia e al parroco di Fossanova. Paolo VIpassò tra due ali di folla ed entrò nell'abbazia.Celebrò la Messa e fece una splendida lezione suSan Tommaso.Al termine del discorso del Papa Nino Corona sialzò per andargli incontro e salutarlo. Il serviziod'ordine scattò. In un lampo. Due energumenipresero per le braccia il sindaco di Latina e loriportarono di peso sulla sua sedia".

3. Il successo del Partito comunista nelleamministrative del 1975. La giunta disinistra alla Provincia

Il '75 ed il '76 furono anni di grandi successi per ilPartito comunista italiano.Alcuni mesi prima delle elezioni amministrativedel 1975, il partito tenne il suo congressoprovinciale presso il Garden Hotel di Latina. "Laparola d'ordine di quel congresso - ricorda LelioGrassucci - fu quella del rinnovamento e delrisanamento morale del paese. Al centro deldibattito ci fu la proposta del compromesso storico,elaborata da Enrico Berlinguer nell'autunno del1973. Consolidammo il gruppo dirigente delpartito in tutte le sezioni, e ci preparammo per leelezioni".In quel congresso venni eletto negli organismidirigenti provinciali del partito. Entrai insegreteria con l'incarico di responsabiledell'organizzazione. E partecipai, come delegato, alcongresso nazionale del partito che si tenne aRoma, all'Eur, nel Palazzo dello sport.Nella tarda primavera si svolse a Latina unagrande manifestazione sindacale. Venne LucianoLama, segretario generale della Cgil. Fece ilcomizio in piazza del Popolo, di fronte a migliaia

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di lavoratori provenienti da tutta la provincia.Insieme a Lelio Grassucci organizzai la campagnaelettorale.Rinnovammo le liste. Con insegnanti, studenti,medici, ingegneri, architetti, giovani operai etecnici. Che portarono entusiasmo e voglia di fare.In alcuni comuni il rinnovamento fu totale. Comea Roccagorga, ad esempio.Nei maggiori centri della provincia vennero atenere comizi e incontri alcuni dei massimidirigenti nazionali del partito. A Formia PietroIngrao parlò in un teatro stracolmo. A LatinaUmberto Terracini tenne un comizio a piazza delPopolo. Lo presentò un giovane della sezione'Gramsci' di Latina, Salvatore Pannunzio. Con ilsuo elegante, colto e raffinato linguaggio, ilvecchio senatore comunista fece uno splendidodiscorso. Tutto contro il compromesso storico, chelui non condivideva. Accanto a me c'era ToninoAmodio. "Chissà quanti voti ci farà perdere",borbottò tra il serio e il divertito.Finito il comizio, Terracini voleva tornare a Romain treno. "Andiamo a cena - gli proposi -. Poivedremo". Andammo a Cori, da 'Checchino'. Sifecero le undici di sera. "Ragazzo - mi disse -, tudomani devi andare a scuola, a lavorare. Portamialla stazione. Vado in treno".Con l'aiuto di Amodio e di Nicola Lungo, riuscii aconvincerlo a farsi accompagnare a casa inmacchina. Andammo con la Lancia di Tonino. Perstrada gli chiesi di Togliatti. Rispose alle miedomande con fredda cortesia, dando comunque ungiudizio positivo su quel grande dirigentecomunista. Si animò invece quando il discorsocadde su Antonio Gramsci. Ne parlò con rispetto,ammirazione, e grande affetto.'Il partito dalle mani pulite', come scrivemmo sumigliaia di manifesti e di volantini, ottenne unagrande vittoria. Conquistò nuovi comuni. Sirafforzò in provincia e alla regione, dove venneroeletti Mario Berti e Angela Vitelli.Nei consigli comunali entrarono molti giovani. Iovenni eletto consigliere provinciale e consiglierecomunale a Roccagorga.A Latina furono eletti Franco Luberti, LelioGrassucci, Alfio Calcagnini, Nicola Lungo,Rosanna Santangelo e Dario Roncon. Un bel

gruppo consiliare, che portò avanti importantibattaglie politiche e culturali.Anche in provincia venne eletto un gruppo diqualità, composto dall'indipendente di sinistraAntonio Lamante (eletto a Fondi), Cesare Bove(Priverno), Gaetano Forte (di Formia, ma eletto inuno dei due collegi di Sezze), Giacomo Stradaioli(Aprilia), Giovanni Bernardini (Sonnino), FaustoDe Angelis (Sezze), Pietro Vitelli (Cori), SabinoVona (Roccagorga).Nel mese di luglio organizzammo a Frattocchie,nella scuola del partito, un corso per i nuoviconsiglieri. Parteciparono più di cento persone.Le sezioni si riempirono di giovani, di donne, diinsegnanti, di operai. Ed aumentarono gli iscritti,sia nel partito che nella federazione giovanilecomunista.L'otto luglio di quell'anno Luigi Longo, presidentedel partito, venne a inaugurare la nuova sede dellaFederazione di Latina, in via Isonzo. Poi loaccompagnammo nella sezione di Borgo Sabotino,dove incontrò iscritti e simpatizzanti.Il problema del rapporto con i ceti medi

produttivi, come si diceva allora, era moltoimportante per noi. Avevamo un seguito discretotra i contadini. Ma la nostra presenza tra icommercianti e gli artigiani era piuttosto debole.Rafforzammo allora l'Alleanza contadini.Sostenemmo la Confesercenti. E organizzammoanche in provincia di Latina la Confederazionenazionale dell'artigianato, grazie all'impegno dialcuni artigiani, tra i quali Arghiri Puglia a Latinae Titta Giorgi a Sezze.Nell'autunno del '75 cominciarono a manifestarsi iprimi segni della crisi industriale. Nel tessile eabbigliamento, ad esempio (Confezioni Europa,Mit, Rossi Sud). E nell'elettronica di consumo(Mial, Ducati, Sel, Mistral).Il compromesso storico, intanto, faceva discutere.A tutti i livelli.In quasi tutti i comuni della provincia allacciammorapporti con la Democrazia cristiana e gli altripartiti di centro. E migliorammo quelli con ilPartito socialista italiano. Anche nei momenti discontro più aspri cercammo di mantenere uncorretto dialogo politico con tutti. Riuscimmo acostruire un quadro di fondo fatto di relazioni

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istituzionali e politiche capace di reggere alloscontro.Tra il 1975 e il 1980 venne fatta una sola giunta dilarghe intese, a Terracina, un monocoloredemocristiano con l'appoggio esterno del Partitocomunista. L'accordo venne raggiunto a casa diPasquale Trani, allora segretario della sezionecomunista della città, il primo novembre 1975.C'erano Fabrizio Abbate e Paolo Cerilli per la Dc,Lelio Grassucci ed io per il Pci.Nel novembre di quell'anno venne elettosegretario provinciale della federazione giovanilecomunista Domenico Di Resta, che per alcuni anniaveva guidato il movimento degli studentidemocratici. Sostituì Giancarlo Siddera, passato adaltri incarichi.Il 1976 fu un anno indimenticabile. Fu l'anno dellagrande avanzata del Pci.In provincia, con un lavoro politico accorto esapiente, nella primavera di quell'annocostituimmo una giunta laica e di sinistra, formatada esponenti del Pci, del Partito socialista, delPartito socialdemocratico e del Partitorepubblicano. Venne eletto presidente SeverinoDel Balzo, repubblicano. Per il Partito comunistaentrarono in giunta Fausto De Angelis, che ebbeanche l'incarico di vice presidente, GiovanniBernardini e Pietro Vitelli.Fu un governo che durò per tutta la consiliatura. Eche "lasciò un segno positivo per molti anni",ricorda Pietro Vitelli.Riuscimmo a instaurare rapporti di correttezzapolitica, di stima e di simpatia umana con tutti iconsiglieri. Prima dell'accordo, Severino Del Balzomi disse che sarebbe stato leale e corretto.Mantenne la promessa.

4. Il '76, un anno indimenticabile

Lelio Grassucci era segretario provinciale del Pcida più di sei anni. Aveva fatto un buon lavoro. Glipiaceva ancora dedicarsi al partito. Un giorno lochiamò Pietro Ingrao e gli propose, e gli consigliò,

di accettare la candidatura alla Camera. Avrebbepotuto così aiutare meglio la crescita politica delnuovo gruppo dirigente. C'era però a Latina unaltro possibile e valido candidato. Era FrancoLuberti, già deputato dal 1968 al 1972. Tra i dueuomini ci fu una competizione leale e corretta. Ioero responsabile dell'organizzazione. Feci in modoche entrambi avessero le stesse opportunità e lastessa visibilità, sia all'interno che all'esterno delpartito.La discussione nel partito fu ampia, tesa in qualchepassaggio. Ma sempre rispettosa. Decidemmo dicandidare Grassucci alla Camera e Luberti alSenato. Riuscimmo ad ottenere inoltre lacandidatura di Aldo D'Alessio a Roma.Ad aprire la campagna elettorale a Latina venneLuigi Petroselli, nella sala grande della bibliotecacomunale Aldo Manuzio. Feci io la relazioneintroduttiva, dinanzi a un pubblico folto e attento.Organizzammo comizi, incontri e assemblee intutti i comuni della provincia. Utilizzammo bene icandidati, insieme a decine di giovani dirigenti disezione. Eravamo presenti tutti i giorni davanti aicancelli delle fabbriche e nelle scuole. Una nuovagenerazione diventava così sempre piùprotagonista. Nel Pci. Ma anche nelle istituzioni. Enel mondo dell'economia e della cultura pontina.La campagna elettorale andava avanti in modotranquillo nella nostra provincia. Toni accesi, certo.E polemiche. Ma c'era rispetto reciproco tra ipartiti e i singoli candidati. Un giorno però accaddel'irreparabile.Il 28 maggio 1976 il deputato missino SandroSaccucci, in contrasto con la Federazioneprovinciale del Msi di Latina, accusata di essereormai in doppiopetto, fece con alcuni suoi uominiun raid a Roccagorga e a Sezze. Preoccupato,telefonai ai dirigenti della sezione comunista diSezze, ma non riuscii a trovare nessuno. Telefonaipoi a quelli di Roccagorga e suggerii loro dilasciare la piazza deserta, e di non accettareprovocazioni. Saccucci parlò dinanzi a pochissimepersone. Non successe niente. "Anche a Sezzec'era poca gente - ricorda Lelio Grassucci -.Durante il comizio - aggiunge Lelio - il deputatomissino accusò la sinistra della strage di PiazzaFontana. Di fronte al vociare di alcuni presenti,

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estrasse una pistola e sparò alcuni colpi". Ilcomizio finì in quel momento. Ci fu un fuggifuggi generale. Il corteo di macchine di Saccucciattraversò tutta la città. Partirono altri colpi dipistola. A Ferro di Cavallo venne colpito a morteLuigi Di Rosa, un giovane comunista di diciannoveanni, e ferito un altro ragazzo.Nella città lepina ci furono grandi manifestazionipopolari con la presenza di tantissimi giovaniprovenienti da tutti i comuni della provincia.Intervennero alcuni dirigenti di primissimo pianodei partiti democratici, come Pietro Ingrao,Giovanni Galloni e Massimo D'Alema, all'epocasegretario nazionale della federazione giovanilecomunista.Io non partecipai a nessuna di quellemanifestazioni. Restai quasi tutti i giorni infederazione, per dirigere la campagna elettorale.In quelle elezioni ottenemmo un grande risultato.Eleggemmo due parlamentari a Latina, LelioGrassucci e Franco Luberti, ed uno a Roma, AldoD'Alessio.Subito dopo le elezioni Pietro Ingrao partecipò adun appassionante dibattito che tenemmo al GardenHotel di Latina. Anche Massimo D'Alema vennenella città capoluogo, dove fece un comizio, apiazza del Popolo. Insieme a lui doveva parlarePaolo Ciofi, segretario regionale del partito, ma unfastidioso mal di gola lo bloccò a casa di SandroOnorati.Il 14 luglio 1976 convocammo il Comitatofederale, il massimo organismo dirigente delpartito, per eleggere il nuovo segretarioprovinciale.Lelio Grassucci nella sua relazione pose con forzail problema del rafforzamento del gruppo dirigentesia a livello qualitativo che a livello quantitativo.Disse che ero io il candidato più adatto a dirigerela federazione comunista. "Perché - aggiunse -Sabino è un compagno sicuro, colto, capace esaggio. Ha fatto importanti esperienze politiche esindacali. Ed ha grandi doti di equilibrio. Sapràsviluppare, ne sono certo, le positività presenti nelpartito". La discussione, come avviene quasisempre quando si vince, fu bella e gradevole.Venni eletto all'unanimità.Al termine della riunione mi venne incontro

Pietro Vitelli. "Mi sarebbe piaciuto fare ilsegretario della federazione - disse sorridendo -.Ma ora sei tu il mio segretario. E mi sta bene",aggiunse abbracciandomi.Io però non ero funzionario di partito. La mattinadovevo andare a scuola, a lavorare. Facemmoperciò alcune operazioni di rafforzamento delgruppo centrale.Eleggemmo una segreteria agile, composta daSabino Vona (segretario), Rosario Raco(organizzazione), Paola Ortensi (sezionefemminile), Nicola Lungo (problemi del lavoro),Pietro Vitelli (amministrazione).Chiamammo poi Vincenzo Recchia, giovanedirigente della sezione di Terracina, a svolgere unlavoro a tempo pieno in federazione, cooptandolo,insieme a Carlo Picozza, nel Comitato federale.Assegnammo compiti specifici di direzione aGiovanni Bernardini (sezione agraria), a CarloPicozza (sezione riforme e programmazione), aVincenzo Recchia (sezione stampa e propaganda),a Giancarlo Siddera (sezione enti locali), a ToninoAmodio (sezione piccola e media impresa,artigianato e commercio), e a Lelio Grassucci(ufficio parlamentare).Ai primi di agosto nacque il governo delleastensioni, un monocolore democristiano guidatoda Giulio Andreotti, votato dalla Dc conl'astensione del Pci, del Psi, del Psdi, del Pri e delPli. Esso rappresentò la prima fase dell'unitànazionale, quella non programmatica, segnatadall'urgenza di affrontare la grave emergenzaeconomica e monetaria del paese.Non tutti, all'interno del partito, condivisero lescelte della direzione nazionale. Ci furonomugugni, e qualche scontento. Anche da noi.Nel mese di ottobre la direzione nazionale delpartito, insieme ad altri tre segretari di federazionee al vice segretario del Piemonte, mi inviò indelegazione in Ungheria, per una serie di incontricon i massimi dirigenti del partito comunista diquel paese, seguito con un certo interesse daicomunisti italiani.Sull'aereo incontrai Luciano Lama, che dovevaavere una serie di colloqui con i sindacalistiungheresi. Avevo con me Un ragazzo dicampagna, un bel romanzo dell'amico Alessandro

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Petruccelli. Lama lo vide, lo sfogliò e mi disse cheavrebbe voluto leggerlo. Glielo regalai. Tornato aLatina, ne acquistai un'altra copia. Qualche giornodopo, insieme a Giuliano Manacorda e all'autore,lo presentai nella biblioteca comunale di Latina.Verso la fine di ottobre incontrai EnricoBerlinguer. Stava insieme a Paolo Bufalini, uno deidirigenti storici del Pci. Bufalini mi chiamò. Miavvicinai. Mi presentò. "Questo ragazzo - dissePaolo - è l'unico segretario di federazione cheabbiamo non funzionario. Anche dopo la suaelezione - aggiunse - continua a farel'insegnante". Berlinguer accennò un sorriso."Come vanno le cose a scuola?", chiese. "Bene,grazie", risposi un po' meravigliato. Perché misarei aspettato che mi chiedesse qualcosa delviaggio in Ungheria dove il partito mi avevamandato per capire meglio come stava cambiandoquel paese. O che mi chiedesse come andava ilpartito a Latina.Fu un brutto autunno quello del '76. Moltefabbriche entrarono in crisi. Nel sud pontino, aLatina, ad Aprilia. La crisi colpì quasi tutti i settori.In particolare quello tessile.Con l'onorevole Lelio Grassucci passai la notte diNatale nel capannone delle Confezioni Europa, insieme alle operaie diquella fabbrica.

Il comizio

Quella sera d’agosto c'era tanta gentenell'anfiteatro romano di Sezze, alla festa deL'Unità. Piovigginava. Mi presentò Titta Giorgi,segretario della sezione.Feci un intervento breve, perché tutti aspettavanolo spettacolo di Lando Fiorini. Terminai il discorso.Non pioveva più. "Avete visto? - disse con unapunta di ironia Lando Fiorini -. Il vostrosegretario, con il suo intervento, ha fatto smetteredi piovere".

5. Il congresso di Terracina

Nel giro di pochi mesi tutto era cambiato. Lasinistra, dopo trent'anni di opposizione, era algoverno della Regione, del comune di Roma, delleprovince di Roma, Latina, Rieti e Viterbo e di 138altri comuni del Lazio.Ci trovammo di fronte a compiti nuovi. Dovevamoattrezzarci meglio. E c'era bisogno di unrinnovamento vero. Di idee. Ma anche di uomini.I tempi erano maturi ormai. In tutti i comuni dellaprovincia avevamo gruppi di giovani capaci, che sierano sperimentati nelle elezioni amministrativedel '75 e in quelle politiche del '76. Che sapevanoinstaurare rapporti politici e amministrativi con leistituzioni e con gli altri partiti. Che avevanorapporti con il mondo del lavoro e con gli stratideboli della popolazione. Che erano legati aiproblemi della scuola, e sapevano apprezzare lacultura e gli eventi culturali.Nel 1977 ci fu il primo congresso regionale delpartito.Noi decidemmo di tenere il congresso provincialea Terracina (1). Lo preparammo bene. Neiquarantasei congressi di sezione parteciparonomigliaia di iscritti. Congressi molto belli, nei qualipresero la parola tantissimi simpatizzanti e iscritti.Furono congressi aperti, come si diceva allora. Inquasi tutti parteciparono delegazioni del Psi. Inquelli delle sezioni dei comuni più grandiparteciparono anche le delegazioni della Dc, delPri, del Psdi e del Pdup. Nei congressi di Latinanon intervenne nessun partito.Il congresso di Terracina si tenne dal primo al treaprile 1977. Venne a presiederlo GiovanniBerlinguer, che fece un bellissimo interventoconclusivo.In quel congresso, con il contributo prezioso didirigenti aperti e illuminati (da Aldo D'Alessio aLelio Grassucci, a Mario Berti, a Franco Luberti,allo stesso Giovanni Berlinguer), rinnovammoquasi completamente il gruppo dirigente. Anchedal punto di vista anagrafico. La maggior parte deimembri del Comitato federale, infatti, nonsuperava i trentacinque anni di età. Fu unaoperazione politica importante, credo. Che portòentusiasmo, fantasia, voglia di fare.

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Elaborammo idee nuove sul piano programmatico.E su quello metodologico. Affrontammo il temadrammatico del lavoro e dell'occupazione, cercandodi capire cosa stava accadendo nell'industriapontina. Discutemmo della piccola e mediaimpresa, dell'agricoltura, della pesca,dell'artigianato, del commercio. E della grandeviabilità, del turismo, della sanità. Ragionammo alungo sul ruolo e la funzione delle istituzioni, esulle politiche per la scuola e la cultura.Lanciammo la proposta dei progetti integrati disviluppo. Nella mia relazione ne tracciai le lineeessenziali, partendo dalla Piana di Fondi.Dal congresso di Terracina uscì un partitorinnovato, giovane, aperto, attento ai mutamentisociali e culturali.Portammo alla direzione del partito i protagonistidelle lotte politiche, economiche, sociali e culturalidi quegli anni. Giovani soprattutto, provenienti darealtà diverse. Ma anche persone avanti con glianni, presenti, e stimati, nel mondo del lavoro edella cultura.In alcuni comuni, pochi in verità, ci fu unconfronto aspro e duro con i dirigenti più anzianiche non riuscivano ad accettare il processo dirinnovamento. Un confronto corretto e rispettoso,però. Perché nel partito, allora, c'era spazio pertutti.Nel maggio '77 venne inaugurato a Sezze ilmonumento dedicato a Luigi Di Rosa.Parteciparono Luigi Longo, Presidente del Pci, eReza Olia, lo scultore iraniano autore dell'opera,che in quegli anni era in esilio in Italia.Era appena passato un mese, quando una notte sisentì un boato a Ferro di Cavallo. Con una potentecarica di esplosivo mani ignote avevano fattosaltare il monumento a Di Rosa.Mi chiamarono alle cinque di mattina, pertelefono.Organizzammo una grande manifestazione.Parteciparono i rappresentantidell'Amministrazione provinciale di Latina e diquasi tutti i comuni pontini. C'era tensione aSezze. Anche perché alcuni gruppiextraparlamentari, provenienti da tutta laprovincia e da Roma, volevano partecipare allamanifestazione.

Mi consultai con il sindaco della città Sandro DiTrapano e con Titta Giorgi, segretario della sezionedel Pci. Facemmo loro sapere che non potevanopartecipare. Una loro delegazione avrebbe potutodepositare una corona. Nulla più.In breve tempo riuscimmo a predisporre unservizio d'ordine straordinario, con lapartecipazione di circa 160 operai e tecniciprovenienti da tutta la provincia. Dalla federazioneromana e dal Comitato regionale del Pci,preoccupati, mandarono una ventina di uomini delloro servizio d'ordine. Molti avevano partecipatoalla manifestazione presso l'Università LaSapienza di Roma durante la quale era statocontestato il segretario generale della Cgil LucianoLama. Chiesi loro di restarsene in giro per Sezze.Perché non c'era bisogno del loro intervento.La manifestazione fu imponente. Il serviziod'ordine impeccabile.Nei mesi successivi riorganizzammo il partito,secondo le linee del congresso. Facemmo iniziativein tutti i comuni della provincia. A Sezze, adesempio, nel Teatro Pitti, lanciammo l'idea delParco dei Lepini. A Priverno discutemmo deldestino dell'area di Mazzocchio. A Latina, Aprilia,Cisterna, Formia e Gaeta affrontammo innumerose assemblee e dibattiti pubblici ilproblema della crisi dell'industria.Superammo tutti gli obiettivi stabiliti l'annoprima. Le feste de L'Unità andarono molto bene.Politicamente ed economicamente. Con lasottoscrizione per la stampa e con gli introiti delletessere, riuscimmo a toglierci i debiti che avevamofatto per l'acquisto dei locali della federazione.Nella campagna di tesseramento ottenemmorisultati brillanti. Vincemmo una Fiat 126, uno deipremi messi in palio dalla Direzione nazionale perle federazioni che facevano più iscritti. Durò pocoperò quell'auto, utilizzata dai funzionari delpartito. Una notte venne data alle fiamme.Nel dicembre '77 chiamai in segreteria PatriziaCiccarelli e Domenico Di Resta, due giovanidirigenti non ancora ventenni. A Patrizia Ciccarelliaffidai la responsabilità della commissionefemminile, a Domenico Di Resta l'organizzazionedel partito. Ai primi di luglio Domenico eraentrato a far parte del consiglio comunale di

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Latina, insieme a Romolo Furlan, dopo ledimissioni di Lelio Grassucci e Franco Luberti,eletti entrambi al Parlamento. Segretario dellafederazione giovanile comunista venne elettoPaolo Cardoni.

Il ritardo degli Inti Illimani

Quella sera d'agosto, a Minturno, il camposportivo era pieno di gente. C'era la festa deL'Unità. Il concerto degli Inti Illimani era previstoper le nove.Franco Mallozzi e Giannino D'Acunto, dirigentidella sezione del partito di Minturno centro, alleotto e mezza mi chiamarono per il comizio dichiusura.Il tempo a disposizione era poco. Sfiorai soltantogli argomenti più importanti.Ad un certo punto però Franco salì sul palco. E midisse che gli Inti Illimani erano rimasti bloccati neltraffico di Napoli. Dovevo perciò intrattenere ilpubblico più a lungo possibile.Allora parlai di tutto, dai problemi locali a quellinazionali e internazionali. Per più di un'ora eventi. Poi finalmente mi fecero cenno che ilgruppo cileno era arrivato."Ho dovuto intrattenervi in attesa dell'arrivo degliInti Illimani - dissi rivolto alle migliaia di personepresenti -. Ma questo voi lo avevate già capito. Esiete stati gentili e cortesi. Desidero perciòringraziarvi per la vostra infinita pazienza".Mi fecero un lungo applauso. Ho sempre pensatoche si trattasse di un applauso di liberazione.

6. I rapporti con Nino Corona. Lemanifestazioni per Moro. L'amarezza diEnrico Berlinguer. E mi chiesero diarmarmi

Negli anni Settanta era sindaco di Latina NinoCorona, un politico accorto e duttile. Che sapeva'tenere', sapeva gestire la sua maggioranza. Cosanon facile. Perché nel suo partito e nei partiti

alleati c'erano uomini di valore e di carattere forte.Nino sapeva curare i rapporti con l'opposizione.Quando aveva qualche progetto troppodirompente, sondava il terreno politico. Magaricon una telefonata, all'ora di pranzo. "Ciprendiamo un caffè insieme? - diceva - Non ti sivede mai. Sei sempre in giro. Che mi vuoi pigliàtutti i voti? Vediamoci un attimo, dovrei dirti unacosa".E così, mentre prendevi una tazza di caffè, buttavacon noncuranza la sua idea, come se gli stessepassando allora per la testa. Invece ci avevapensato a lungo. Vedeva la reazione, faceva i suoicalcoli politici, e la portava avanti. O magari laritirava. Come quando un giorno mi disse cheforse era bene "sistemare quelle cazze di casepopolari vecchie", non specificando il significatodella parola sistemare. Gli risposi che se persistemare intendeva abbattere le case realizzate daNicolosi, non ero assolutamente d'accordo, e chenoi comunisti avremmo fatto una opposizionedura sia nel consiglio comunale che nella città, trala gente. Non me ne parlò più.Ci fu un momento, durante il periodo delle cosìdette giunte delle larghe intese, in cui a Latinaavviammo una discussione e una trattativa politicatra maggioranza e opposizione. Ma non trovammonessun accordo. Né di gestione (trasparenza,funzionamento delle commissioni, comitati diquartiere, ecc.), dove comunque il sindaco Coronaaveva aperto qualche spiraglio, né sull'idea disviluppo della città. Perché noi volevamo 'ricucire'la città intervenendo innanzitutto nei quartieripopolari più degradati (campo Boario, Gionchetto,Pantanaccio), e poi gradualmente sul resto. LaDemocrazia cristiana e i suoi alleati invecedecisero di espandere la città verso il mare, oltre ilcentro direzionale. Restammo all'opposizione.Nino Corona era un uomo concreto. Talvoltaspregiudicato. Il suo modo di fare era spesso alcentro della discussione del gruppo consiliare edelle sezioni della città capoluogo. Che non sempreseppero mantenere un atteggiamento equilibratonei suoi confronti. Un giorno Corona era unmostro di bravura, imbattibile. Il giorno dopo eradiventato il sindaco peggiore nella storia di Latina.Intanto volgeva al termine la prima fase, la 'fase

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programmatica' del governo Andreotti.Discutemmo dei risultati ottenuti in decine diassemblee aperte.Pochi giorni prima che Giulio Andreottirassegnasse le dimissioni del suo governo (16gennaio 1978) per ricevere subito dal Presidentedella Repubblica Giovanni Leone l'incarico diformarne un altro con maggioranza precostituita,organizzammo a Latina una grande assemblea.Parteciparono più di 1500 persone. Il cinema teatroGiacomini era stracolmo, sia in platea che ingalleria. Intervenne Paolo Bufalini, della segreterianazionale del partito. Chiedemmo unrinnovamento profondo della compaginegovernativa. E la presenza di alcuni esponenti delPci nel nuovo governo. La Democrazia cristiana,come è noto, propose invece un nuovo monocoloreDc con pochissimi mutamenti.Dal tre al cinque marzo si svolse a Napoli l'ottavaConferenza operaia nazionale. Partecipammo conuna robusta delegazione, formata dai lavoratorieletti nelle assemblee che tenemmo nelle piùimportanti fabbriche della provincia.Il 16 marzo 1978, il giorno in cui si doveva votare,con l'appoggio del Pci, del Psi, del Psdi, del Pri, edel Pli, il nuovo governo monocolore Dc guidatoancora da Andreotti, ero andato presto infederazione. Era il mio giorno libero.Alle 9,35 mi telefonò Maria Grazia Delibato."Hanno rapito Moro - mi disse -. L'ho sentitoadesso dal telegiornale".Un colpo duro. Cosa fare? Chiamai Cesare Bove,capogruppo del Pci alla Provincia. Che vennesubito. Andammo in via Fabio Filzi, nella sedeprovinciale della Dc, per esprimere la nostrasolidarietà ai dirigenti di quel partito.Trovammo solo Nino Corona, insieme a LidanoTasciotti, se ricordo bene. Decidemmo insieme diorganizzare per il pomeriggio una grandemanifestazione, con comizio in piazza del Popolo aLatina.Fu una giornata lunghissima. Chiamai i segretaridi sezione e gli amministratori comunisti. Mandaitutti i funzionari in giro per i comuni dellaprovincia. Io andai ad Aprilia e a Cisterna perincontrare gruppi di operai impiegati e tecnici.Il pomeriggio in piazza c'era tantissima gente.

Parlai per ultimo, con la voce spezzatadall'emozione. Prima di me avevano preso laparola Erasmo Parasmo, segretario provincialedella Dc, Ignazio Balsamo per i socialdemocratici, eAntonio Signore per i socialisti.Ricordo la fatica, la rabbia e la sofferenza di queiterribili giorni. Ci furono assemblee in tutti iluoghi di lavoro. Il sindacato era in prima linea.Anche i partiti si impegnarono a fondo, insiemealla provincia, ai comuni, alle scuole.Il 9 aprile facemmo un convegno elettorale aTerracina, dove il 14 maggio si doveva votare per ilrinnovo del consiglio comunale. PartecipòAlessandro Natta, che era allora il più strettocollaboratore di Enrico Berlinguer. Dopo gliinterventi di Vincenzo Recchia e mio, parlò Natta.Accennò appena alle elezioni prossime. Parlòsoprattutto di Aldo Moro prigioniero delle Brigaterosse, e del momento difficile che stavamovivendo. Il cinema Fontana era pieno quel giorno.C'erano tante ragazze e tanti ragazzi. Cheascoltarono Alessandro Natta in assoluto silenzio.Il 9 maggio del 1978, dopo 54 giorni di prigionia,Aldo Moro fu ucciso e il suo cadavere rinvenutonel bagagliaio di un'auto a Roma.Ricordo il silenzio attonito dei 1700 studenti del'Vittorio Veneto' durante il mio intervento nelcortile della scuola. Ricordo la manifestazioneimmensa di Latina: non si era mai vista tantagente.Venne accolta la mia proposta di non fare discorsi.Perché non servivano. Non vennero gridati slogan.Silenzio assoluto. Fu una manifestazione grande,severa, matura.Ci fu però un episodio di orgoglio inopportuno. Ilpeso maggiore per organizzare quellamanifestazione era stato di noi comunisti. Cheeravamo meglio organizzati della Dc, anche seavevamo meno voti. Quel giorno eravamotantissimi. Come i democristiani, del resto, chepartirono da via Filzi. Si formò un corteo dibandiere bianche, che non volle mischiarsi conquello delle bandiere rosse. Io ero al centro delcorteo. Nino Corona venne a cercarmi. "Vieni allatesta del corteo", mi disse. Era il suo modo dichiedere scusa per l'errore dei suoi amici dipartito. Gli risposi di no. Ci mandai il sindaco di

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Sezze Alessandro Di Trapano, con il gonfalonedella sua città.

L'amarezza di Enrico Berlinguer

Il 25 maggio Enrico Berlinguer convocò tutti isegretari di Federazione a Botteghe Oscure.Era il giorno del suo cinquantaseiesimocompleanno.La riunione si tenne nel salone del comitatocentrale.Il suo viso mi sembrò più scavato del solito.Fece una relazione asciutta, sobria, essenziale. Alcentro del suo intervento pose la vicenda Moro.Parlò del rapimento, della prigionia edell'assassinio dello statista, avvenuto pochi giorniprima. Parlò dell'atteggiamento assunto dai partitie della tenuta del movimento operaio di fronteall'attacco delle Brigate rosse. Iniziò una lucidariflessione sul nuovo quadro politico che si stavadelineando.Ci furono parecchi interventi. Presi la parolaanch'io. Raccontai quanto era accaduto a Terracinail giorno dopo l'assassinio di Aldo Moro.Verso le cinque del pomeriggio del 10 maggioerano venute da me alcune ragazze della sezionedel Partito comunista di quella città accompagnateda Vincenzo Recchia.Le accolsi nella sede della federazione provincialedel Pci di Latina, in via Isonzo. Erano piene dirabbia. Qualcuna piangeva. Perché mentre stavanofacendo volantinaggio in piazza, alcune persone leavevano aggredite con queste parole: "Prima loavete ucciso ed ora avete il coraggio di dare ivolantini? Dovreste solo vergognarvi".A Terracina, dove Moro era di casa, era ancora incorso un'accesa campagna elettorale. Alcunidirigenti democristiani, per strappare qualche votoin più, avevano mandato in giro quelle voci.I comunisti di Terracina si erano semprecomportati con lealtà. Soprattutto a partire dalnovembre del 1975 quando si era formata unagiunta monocolore democristiana con l'appoggioesterno del Partito comunista italiano.Mentre parlavo, vidi che Enrico Berlinguerprendeva appunti con la sua grafia minuta edelegante.

Nelle conclusioni parlò per una ventina di minuti.Riprese anche il mio intervento, perché lo avevanocolpito le cose accadute a Terracina. C'eraamarezza nelle sue parole. Ricordò che mentre noicomunisti appoggiavamo con lealtà e impegno ilgoverno Andreotti, la Democrazia cristiana nonrispettava i patti. E una parte consistente di essafrenava ogni azione di rinnovamento.Chissà, forse quel giorno Enrico Berlinguer decisedi porre fine alla politica di unità nazionale.

E mi chiesero di armarmi

Eravamo a rischio a Latina in quegli anni? E'difficile rispondere a questa domanda. Posso diresoltanto che la Direzione nazionale del Partitocomunista, su suggerimento del Ministero degliinterni, chiese al senatore Franco Luberti e a me dinon muoverci mai da soli. E ci consigliò di andarein giro armati.Insieme a Luberti, che era membro dellaCommissione giustizia del Senato, mi recai dalquestore. Che ci suggerì di prendere il portod'armi. Con Franco ci guardammo in faccia. Nonsapevamo neppure come era fatta un'arma. E nonriuscivamo proprio a vederci con una pistola intasca.Ringraziammo il questore per la sua cortesedisponibilità. Ma non se ne fece niente. L'unicoaccorgimento che presi fu di non fare mai per duevolte di seguito la stessa strada.Spesso mi presentavo a scuola alle sette dimattina, "per fare compagnia ai bidelli", dicevoscherzando. E continuavo a girare per tutta laprovincia con la mia Citroen Dyane 4.

Le scazzottate nelle scuole

In quegli anni c'erano spesso scazzottate nellescuole. Anche nella mia, il 'Vittorio Veneto' diLatina.Quando Domenico Berardi, prima vice preside epoi preside di quella scuola, si accorgeva che glistudenti di destra intendevano picchiare, all'uscita,i ragazzi di sinistra, sapete che faceva? Prendeva iragazzi di sinistra e li accompagnava a casa con lasua macchina.E quando io mi accorgevo che gli studenti di

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sinistra avevano l'intenzione di picchiare quelli didestra, chiamavo questi ultimi e li accompagnavo acasa con la mia macchina.Ero un insegnante. E mi sentivo di agire così. Maero anche il segretario provinciale del Partitocomunista italiano.

NOTE

11.. Il manifesto del congresso venne realizzato dalpittore Adriano Massaccesi.

Sabino Vona è nato a Roccagorga il 6 gennaio 1943. Ha insegnato per moltissimi anni nell'Istitutotecnico commerciale Vittorio Veneto di Latina. E' stato segretario provinciale del Sindacato scuola Cgildal 1969 al 1975. Dal 1975 al 1980 è stato consigliere provinciale e consigliere comunale di Roccagorga.

Dal 14 luglio 1976 al 23 novembre 1980 è stato segretario provinciale del Partito comunista italiano.Dal 1981 al 1988 è stato responsabile lavoro e formazione del Comitato regionale del Pci. Dal 1990 al

1995 è stato sindaco di Roccagorga. Attualmente è giornalista, scrittore e critico d'arte.

Gli articoli presenti in questo volume hanno il taglio giornalistico dell'inchiesta, dell'intervista edell'indagine del fatto. Ma anche del racconto e della memoria. Sono stati pubblicati sulla rivistamensile Blu dall'aprile 2004 all'aprile 2005. Ad essi sono stati aggiunti alcuni pezzi pubblicati sul

quotidiano Il Territorio dal marzo 2004 all'aprile 2005.