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CSEAAM CENTRO STUDI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE PER L’AREA MEDITERRANEA BOSCO GIARDINO ESPERIENZE DI EDUCAZIONE AMBIENTALE TRA SCUOLA, CAMPAGNA E LABORATORIO Osservazione, elaborazione e archiviazione Distretto Scolastico 35 - Mirano (VE)

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CSEAAM

CENTRO STUDI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE PER L’AREA MEDITERRANEA

BOSCO GIARDINOESPERIENZE DI EDUCAZIONE AMBIENTALE TRA SCUOLA, CAMPAGNA E LABORATORIO

Osservazione, elaborazione e archiviazione

Distretto Scolastico 35 - Mirano (VE)

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" Un bosco per tutti coloro che hannoocchi per vedere e orecchie per sentire, naso per odorare e mani per toccare, bocca per gustare e mente per capire, dà poche certezzesulle proprie conoscenze ma apre all’esperienza dei sensi e alla curiosità della scopertadei propri limiti.Forse, se ci chiedessimo più spesso il perché delle cose e degli eventi,saremmo in grado di risolvereattraverso le idee formulate, i quesiti, ché qualsiasi cosapuò essere l’esca per qualcosa d’altro.”

(Pensieri rimasti in mente. 1966)

CSEAAM - Centro Studi di Educazione Ambientale per l'Area MediterraneaTesti e ideazione: Giuseppe SpinelliDisegni: Elena Campanini, Luigi Muggiasca, Nunzia Schiariti, Rosy CatalanoRevisore bozze: Elisabetta SpinelliConsulente: Antonio TodaroGrafica: Leda Psallidi - Coordinamento tecnico della versione digitale: Alessandro Signori

Distretto scolastico n° 35 - MiranoPresidente: Tiziana PoggioliCoadiuvatori: Stefano Antonini, Umberto TronchinCollaborazione scientifica: Vallì Fonfon

Il Presente contributo, dal titolo originale “Classificare e ordinare le piante”, é stato elaborato dal CSEAAM per il corso diaggiornamento "Percorsi di educazione ambientale" organizzato nel 1996 dal Distretto scolastico n° 35 di Mirano (VE).

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o duplicata con sistemi elettronici o meccanici. E' consentito l'uso per fini didattici, indicandone la fonte.

© CSEAAM 2000.

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Presentazione. A. Todaro p. 5

1. Classificazione e determinazione p. 71.1. Cenni propedeutici p. 91.2. Breve storia della classificazione p. 111.3. Categorie tassonomiche e nomenclatura p. 161.4. La chiave dicotomica p. 23

2. Nel mondo delle piante legnose p. 332.1. Alberi e arbusti p. 352.2. Riconoscere la morfologia p. 392.3. Odori e colori p. 632.4. Adattamenti ed ecologia p; 65

2.4.1. Fattori abiotici2.4.2. Fattori biotici2.4.3. Forme biologiche

2.5. Genesi p. 73

3. Dalla teoria alla pratica per un progetto di educazione ambientale p. 813.1. La scoperta dell’avventura p. 833.2. L’ambiente bosco p. 843.3. Obiettivi e contenuti dell’educazione ambientale p. 853.4. Organizzare un programma di lavoro p. 863.5. Il percorso proposto p. 913.6. Il materiale da distribuire p. 93

4. Il piacere della scoperta p; 974.1. Considerazioni generali p. 994.2. Il luogo p. 1004.3. Attività di organizzazione delle idee p. 1024.4. L’uscita sul campo p. 1064.5. La restituzione in laboratorio p. 116

Conclusioni p. 133

Bibliografia p. 135

Allegati: a1 - Organizzazione del lavoro elaborato dalla S.M.I. “Matteotti” di Maerne p. 139a2 - L’albero e il bosco, una storia che ci riguarda da vicino p. 143

Rubrica fogliario/chiave dicotomica

SOMMARIO

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Il presente lavoro apre il sipario sul palcoscenico di un sito di Mirano ove viene data voce protagonista allaBotanica. E’ un palcoscenico popolato da una serie di quinte ove teoria e sperimentazione, principi generali esollecitazioni didattiche, specificatamente mirate e strettamente connesse al territorio, si alternano offrendosi

all’insegnante sullo sfondo di un copione legato al tema dell’ambiente.L’ambiente é una delle tematiche verso cui si va sempre più aprendo la nostra scuola. Basta dare un’occhiata

alle riviste di didattica che ne propongono sempre più insistentemente esempi di programmazione educativa eistruttiva. Ma quale ambiente?, visto che le caratteristiche e le potenzialità sono molto articolate e complesse.

Il Prof. Spinelli qui cerca di riannodare i fili verdi che interessano una didattica ambientalista rivolta al mondodelle piante. Lo fa analizzando specifici contenuti delle discipline coinvolte, proponendo e sollecitando operositàanche ludiche in modo da consentire ai partecipanti alle attività di individuare alcuni percorsi culturali che con-sentano, al termine delle varie proposte, di acquisire una visione unitaria del paesaggio e del territorio locale.

Per riannodare alcuni dei tanti “fili” culturali, che sono sottesi all’ambiente locale, egli sollecita prima adindividuarli, sollevarli ed analizzarli singolarmente. In altre parole, smontarli per ricercare e capire la loro valenzaculturale. Successivamente, intrecciarli all’interno di un telaio pedagogico calandoli nella realtà locale.

Nel concretizzare questo percorso, sostenuto da un’ipotesi metodologica e didattica, si rende evidente la straor-dinaria complessità di una didattica che deriva da un modo di procedere sistemico, diventando d’obbligo da quan-do si parla d’ambiente, e che é in grado di assicurare l’intera forza cognitiva e creativa.

In quest’ottica, la didattica, proposta dal prof. Giuseppe Spinelli, diviene la sede di un incontro tra le idee e icomportamenti degli alunni, la professionale competenza dei docenti e la peculiarità dell’offerta culturale.Nel presentare il lavoro di questo appassionato educatore e, da tempo, sensibile divulgatore delle tematicheambientali, viene da chiedersi quanta fiducia egli debba avere nelle potenzialità dell’educazione ambientale seritiene utile offrire al docente della attuale scuola italiana un insieme di qualificati strumenti didattici. È certo chequesti ,se opportunamente utilizzati, possono contribuire alla conoscenza e salvezza dell’ambiente, nella certezzache una corretta cultura ambientale costituisce la matrice indispensabile per una politica di autentica crescitacivile e morale della nostra società.

Di certo gli studenti potranno compiere osservazioni ed esperienze di prima mano su cui riflettere, riorganiz-zare i contenuti acquisiti procedendo con particolare correttezza metodologica. E procedendo in questo itinerarioculturale, la nostra scuola potrà finalmente permettersi di convertirsi in un sistema educativo aperto in grado diinstaurare con l’extrascuola una relazione di complementarietà e di interdipendenza, assicurando cultura pertutti i dodici mesi dell’anno, in quel particolare laboratorio della mente che dovrebbe essere in tutte le nostre aule.

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PRESENTAZIONE

Antonio Todaro

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1. CLASSIFICAZIONE E DETERMINAZIONE

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"Allora il Signore Iddio ... li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati; in qualunque modo l'uomo avesse chiamati gli esseri viventi, quello dovevaessere il loro nome. E così l'uomo impose dei nomi a tutto il bestiame,a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche..."

(Genesi, II-19,20).

“...L’inganno e l’errore risiedono in ciò che il nostro giudizio aggiunge a quanto attende di essere confermato o di non essere smentito.”

(Epicuro, 341-271 a.C.)

“Il primo tentativo di capire quello che si vede consiste nell’inquadrare l’esperienza inun sistema categoriale precedente.”

(U. Eco, 1997)

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1.1. CENNI PROPEDEUTICI

Gli esseri viventi sul nostro pianeta, all’interno della biosfera, hanno la caratteri-stica comune di essere in grado di accrescersi, riprodursi, reagire alle sollecitazioniesterne, comunicare, consumare energia, autoregolarsi e mutare nel tempo. Grazie aqueste capacità, dai più elementari organismi si è arrivati, dopo 3,5 miliardi di anni,all’attuale varietà di forme viventi: circa 2,4 milioni di specie conosciute e, probabil-mente, altrettante di sconosciute (e/o scomparse). (1)

Tutti gli esseri viventi consumano energia per contrastare la tendenza adaumentare la loro entropia (cioè la diminuzione dell'ordine). (tav.1.) I continuinecessari apporti di energia vengono fondamentalmente acquisiti utilizzando diret-tamente l'energia solare, utilizzando energia chimica libera, oppure utilizzando altriorganismi viventi o non più viventi. (2) Ovvero abbiamo esseri autotrofi ed esserieterotrofi. Genericamente parlando diciamo che i primi sono piante e i secondi anima-li. (3) Come si può vedere abbiamo iniziato a specificare “nomi” per chiarirci leidee e poterle trasmettere in modo che ogni “addetto” le comprenda. In definitivatutti rispondono all'istintivo bisogno dell'uomo di dare un nome alle cose quasi avoler esorcizzare o acquisirne il possesso, senza contare la praticità della comunica-zione verbale rispetto a quella gestuale per indicare oltre i concetti, anche di “cosa”si tratti. La trasformazione in comunicazione scritta é un passo successivo per fer-mare nel tempo concetti e situazioni. Prima le pitture, i pittogrammi e gli ideogram-mi (che derivano dai segni gestuali) che indicano concetti; infine le lettere che espri-mono suoni per indicare parole con un loro preciso significato.

Il lavoro di crescita culturale continua nell’organizzare le parole per risolverequesiti dopo esserseli posti. Spesso la risposta presuppone una ricerca a cui collabo-rano più specialisti. Nel caso specifico chi ha preparato lo schema che qui si propo-ne (tav.2.) può essere considerato un “tassonomo”, chi incasella gli esseri viventiutilizzando le regole tassonomiche é un “sistematico”, chi predispone una guidaper riconoscere ogni essere conosciuto fino a quel momento é un “classificatore” echi usa tale guida per individuare le varie specie conosciute è un “determinatore”.Si può capire come possa essere importante per tutti una cultura di base (risultantedalle interrelazioni tra scienze della natura e scienze umane) per comprendere ilmosaico entro il quale agisce la propria specializzazione.

D’altro canto se la curiosità innata va sostenuta, va sollecitato anche ogni atteg-giamento di rispetto verso il mondo a cui abbiamo dato un nome e che con noi vivee si trasforma nel tempo. Si tratta di amministrare i processi vitali di GEA, la terra,con un uso (e non uso) attento delle sue molte risorse (conservazione).

Dal grecoβιος = che vive e σφαιρα = palla

Dal greco ετερος = altro, αυτος = stesso e τροφος = che si nutre di. Dal latinoanimal = essere viventee planta = virgulto.

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La conservazione passa attraverso affettività, sensibilità, percezione, conoscenzae partecipazione. E’ dunque un fatto culturale e la cultura può riappropriarsi diquesta attenzione attraverso un’educazione che faccia emergere se stessi (conosci testesso) e formi altresì ai mutui rapporti impostati sui valori considerati tali da tutti ipopoli. Così, attraverso la percezione, lo studio successivo dell’ambiente e l’intro-spezione si avvia un’educazione ambientale. Permanente, se si crede, come é inevi-tabile che sia.

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Energia radiante

Energia muscolare

FOTOSINTESI RESPIRAZIONE

CO2+H2O

Sostanze organiche +O2

Energia chimica

Energia termica

Tavola 1. Fotosintesi e respirazione.

Il continuo apporto di energia (diretta sotto forma di luce e indiretta sotto forma di materia) richiesto dagli esseri viventi énecessario per costruire nuove strutture, sostituire quelle consumate ed eseguire il lavoro biologico.La materia é ricavata direttamente dall’ambiente (sia dal substrato chimico-fisico sia da altri esseri viventi) e l’energia vieneresa disponibile attraverso la fotosintesi e due processi che avvengono all’interno delle cellule: la respirazione anaerobica e larespirazione aerobica. Sono questi gli stimoli biochimici che mettono in atto il meccanismo definito “la vita”. Ogni processo sirealizza mediante una serie di reazioni strettamente legate le une alle altre. Le piante (nella loro quasi totalità) sono in grado difabbricare autonomamente i propri materiali nutritivi attraverso un processo chimico noto come fotosintesi; esse sono conside-rate gli organismi produttori di materiali nutritivi per tutti gli altri organismi che vivono sulla terra (animali, funghi, moltiprotoctisti e molti batteri) i quali devono procurasi il cibo adottando altre strategie.L’invenzione della fotosintesi ha consentito di utilizzare una fonte di energia illimitata come é l’energia solare. Con questaenergia (642 kcal.) si innesca una successione di reazioni chimiche che si conclude con la costruzione degli zuccheri(CnH2nOn), sostanze altamente energetiche, a partire da sostanze molto semplici: acqua (H2O) e anidride carbonica (CO2)con un rilascio, intuibile, di ossigeno (O2).

Tavola 2. Suddivisione degli organismi viventi in base al modo in cui si approvvigionano di energia.

Fonte di energia

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o Luce solareCO2

Sostanzeorganiche

Composti chimici

Fotoautotrofi Chemioautotrofi

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1.2. BREVE STORIA DELLA CLASSIFICAZIONE.

Il primo serio studioso di botanica fu TEOFRASTO di ERESO (371-285 a.C.) del qualeabbiamo due trattati che evidenziano, tra l’altro, il ruolo delle foglie come organi dinutrizione e un criterio di classificazione delle piante in base al loro portamento.C’é chi afferma che designò ogni pianta con un nome binomiale, di certo si sa chetentò di organizzare le piante in categorie omogenee. D'altro canto sull'asserto delsuo maestro ARISTOTELE (384-322 a.C.) che affermava "una cosa possiede o non pos-siede una determinata proprietà", sono basate le attuali chiavi analitiche per ladeterminazione delle specie. (4)

Il pensiero aristotelico permeò il mondo romano e dominò fino al Rinascimentoquando lo studio della flora inizia ad evolversi, secondo un moderno metodo scien-tifico, nelle diverse “scuole botaniche” degli stati italiani. (5) Per tutto il Medioevo,invece, la scienza languì e si sviluppò la tendenza a rappresentare le piante in erbarifigurati, spesso fantasiosamente, e a raccogliere le piante utili in “orti dei semplici”.Medioevale é il trattato del salernitano M.PLATEARIO (XII sec.) “Liber de simplici medi-cina” che probabilmente abbinava al testo anche una iconografia, come sarà eviden-te nel “Tractatus de herbis” del senese B. MINI (XIV sec.) che ne ha ampliato e rima-neggiato l’opera. Per rimanere nel territorio della Repubblica di S.Marco, a Padovae a Venezia operano il SAVONAROLA (1384-1461), il MICHIEL (1510-1576),l'ANGUILLARA (1512-1570) e a Verona il CALZOLARI (1521-1600). (6) Tra gli autori cita-ti non va dimenticato il CESALPINO (1519-1603) che fu il primo che affrontò il proble-ma di dare un nome alle piante utilizzando le differenze riscontrate negli organidella fruttificazione. Egli ha anche il merito di aver iniziato a sostituire gli erbarifigurati (collezioni di disegni raffiguranti le piante) (tav. 3.) con erbari di essiccata(collezioni di piante secche poste su fogli di carta) (tav. 4.) ed aver evidenziato illegame esistente tra forme e funzioni.

Come si può intuire i secoli XV-XVI furono un periodo di grande attivitàdurante i quali si costituiscono anche i primi orti botanici universitari. (7) E’ ilperiodo delle grandi scoperte geografiche e l’esigenza della precisione nello stu-dio delle piante rimette in moto un rinnovato interesse. (8) L’ampliamento e l’ap-profondimento delle conoscenze scientifiche, connesso al metodo sperimentaledi indagine proposto da GALILEO (1564-1642), inizia ora a stimolare una piùattenta osservazione del reale. Ma dal 1600 la scuola botanica italiana, così benavviata, arresta il suo percorso a tutto vantaggio di altri paesi europei. Il proces-so, con la condanna di Galileo e "della pretesa che l'intelletto umano potesse sco-prire i segreti del mondo senza rivelazione divina", come sottolineava POPPER

(1902-1994) nel 1969, si ferma momentaneamente specie negli Stati legati al pote-re della Chiesa. Riprende solo dopo la seconda metà del secolo XVIII con l'illumi-nismo e l'influsso della cultura centroeuropea. La scoperta di nuovi mondi,intanto, aveva ampliato enormemente gli orizzonti geografici e il numero dipiante da catalogare, facendo diventare pressante l'esigenza di individuare criteriguida per una nuova classificazione funzionale che permettesse di assegnare loroun nome. Infatti le piante vengono ancora spesso individuate attraverso un nomecui subito segue una descrizione in latino che sottolinea le loro caratteristicheprincipali (polinomio o nome-frase). (9)

E’ LINNEO (Carl von Linné)(1707-1778) che elencò e descrisse le varie parti di cia-scun essere vivente secondo un ordine rigorosamente fisso, con una uniformità dicriteri. Nella sua opera "Philosophia botanica” (1751) propose di utilizzare gli organiriproduttivi vegetali come criterio guida per la classificazione delle piante.

Dal greco βοτανικηche deriva da βοτανη = erba.

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Tavola 3. Riproduzioni botaniche a confronto.

I disegni medioevali sono spesso fantasiosi e denotano come il disegnatore non conoscesse la pianta e la disegnasse sulla base didescrizioni; con la stessa iconografia si illustravano anche specie affini ma diverse (vedi nello stesso testo il disegno di Acoroidentico a quello di Iris). Altri disegni dello stesso periodo sono più precisi anche se molti artisti disegneranno osservando degliessiccata che non permettono di comprendere la tridimensionalità presente in natura. Qui sono riprodotti dello stesso genereHelleborus un disegno medioevale presente nel libro del Platearius (XII SEC.) stampato nel 1488, una incisione rinascimenta-le in legno del Brunfels stampata nel 1530 e infine una incisione di Nicholas Robert pubblicata nel 1701.

Incisione del RobertIncisione del Brunfels

Disegno medioevale Disegno del Platearius

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1990

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Secondo tale criterio egli le divise in due grandi gruppi: crittogame, le piante i cuiorgani riproduttori non sono visibili, e fanerogame, le piante con organi riproduttoriben evidenti. Linneo inoltre perfezionò e introdusse, sulla falsariga di precedentitentativi, per esempio dei fratelli svizzeri JEAN (1541-1673) e GASPARD BAUHIN (1560-1624) che insegnarono a Montpellier all'inizio del XVII secolo, due soli nomi latini(nomenclatura binomiale) invece di una lunga descrizione per individuare la pianta(nomenclatura polinomiale). (tav. 5.) (10)

Linneo indicò così, nel suo trattato "Species plantarum" pubblicato nel 1753, la

Dal greco κρυπτος = nascosto,φανερος = evidente e γαµος = nozze

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Tavola 4. Foglio di un erbario settecentesco conservato nella Biblioteca dell’Orto dell’Università di Padova.

Si tratta di un erbario con essiccata (datato 1730) preparato dal monaco “Fra Giorgio da Venezia”che operò a Verona dove“Fra Fortunato da Rovigo” e “Fra Petronio da Verona” avevano intrapreso la preparazione di una collezione di essiccata per imonaci a scopo pratico e di studio, raccolta in otto volumi (più un volume di indici). Le specie rappresentate nella pagina 69sono: Filipendula vulgaris Moench e Laburnum anagyroides Med.

Artemisia absinthium

Artemisia follis incanis pinnatis,pinnis primis bilobatis,pinnulis incisis lanceolatis,floribus pendulis.

HALLER

Prima

Dopo

LINNEO

1753

Tavola 5. Semplicità della denominazione binomiale.

Quando vengono descritte nuove specie ancora oggi se ne fa una precisa descrizione in latino (diagnosi) con indicazioni didove verrà conservato il campione della nuova specie (olotipo). Il Genere e la specie sono quelli proposti dal botanico che ne haprodotto la prima diagnosi o ha istituito quel Genere.

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chiave di lettura della classificazione e la gerarchizzazione da lui proposta: generiche definivano il gruppo di appartenenza e specie, all'interno di quel genere, perdefinirne gli individui. (11)

Il nome scientifico di un organismo vivente é così dato da un nome generico eda un nome specifico, uso che tutt'ora permane. La denominazione binomiale per-mette la precisa identificazione della pianta cosa che non avveniva con i “nomi vol-gari” che spesso definiscono con lo stesso nome piante differenti (omonimia). Ilnome generico é tipico di quel gruppo, mentre il nome specifico può essere attribui-to a diverse piante come ad esempio “officinalis”: Rosmarinus officinalis, Lavandulaofficinalis. Come lingua veicolare si utilizzò ancora il latino, la lingua “dotta” deltempo. Va ricordato che Linneo non fu un botanico in senso stretto ma un biologoappassionato.

Anche in Italia (ma il vecchio sistema polinomiale persisterà ancora) ALLIONI

(1725-1804) indica per primo alcune specie con il loro "binomio" linneano. E’ sual’opera in tre volumi con 92 tavole dei fratelli Peiroleri “Flora pedemontana sive enu-meratio methodica stirpium indigenarum pedemontii” del 1785. Il fatto di potersi ricor-dare facilmente, senza confusioni e ambiguità le specie vegetali che in italianohanno spesso lo stesso nome pur appartenendo a specie vegetali differenti e dicomunicare con tutto il mondo per scopi scientifici, indusse a descrivere e ordinarele piante secondo le nuove proposte.

Ai sistemi soggettivi “artificiali” di classificazione si cercò di opporre un sistemache tenesse conto delle reali affinità tra le piante. Nascono le basi per un ”sistemanaturale” che tende ad individuare ed evidenziare i caratteri da confrontare. E’ J.RAY (1628-1708) il precursore di tale nuovo indirizzo a cui segue M. ADANSON (1727-1805) che si basa sulla forma degli organi delle piante per giungere alla loro classifi-cazione.

Intanto si andava sviluppando la teoria evoluzionistica che permise di spiegarele minori o maggiori affinità tra le specie. C. DARWIN (1809-1882), che pubblica"L'origine delle specie" nel 1859, ha il pregio di presentare la sua teoria evoluzionisti-ca supportata da una precisa documentazione e di spiegare con la “selezione natu-rale” la teoria della trasformazione nel tempo e nello spazio degli esseri viventi.Egli introduce il concetto di sistema naturale di classificazione per cui le specie affi-ni sono quelle che hanno il grado di parentela più forte rispetto a quelle meno affi-ni. (12)

Nasce la classificazione filogenetica, una classificazione in cui gli organismisono raggruppati in funzione della loro origine evolutiva comune e non solo sullabase di somiglianze e affinità generali. (13)

De CANDOLLE (1778-1841) e altri autori elaboreranno sistemi formali fino a giun-gere ai sistemi tassonomici che terranno conto dei livelli di organizzazione come nelsistema di A. ENGLER (1844-1930). (tav.6.)

Engler pone le basi della moderna sistematica per giungere alla "New systema-tics", così definita nel 1940 da J.S.HUXLEY (1887-1975). La nuova sistematica fu fon-data da DOBZANSKY (1900-1975) un genetista, da G.G.SIMPSON (1902-1991) unpaleontologo e da E.MAYR (1904-1987) un ornitologo, come risultato della fusionedella sistematica biologica con la genetica delle popolazioni. (14)

Le affinità esistenti tra gli organismi viventi sono interpretate in termini filoge-netici e oggi la distinzione può essere fatta su caratteri "primitivi" o "evoluti" con-frontando la specie oggetto di studio con le forme ancestrali. La ricerca delle rela-zioni di omologia tra strutture costituisce il fondamento degli studi filogenetici(ovvero delle sequenze evolutive). Già W. von GOETHE (1749-1832) suggerì chepotesse essere possibile una omologia nelle forme delle foglie (sepali, petali, squa-

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Tavola 6. Albero genealogico degli esseri viventi.

L’albero genealogico (filogenetico) degli esseri viventi qui riprodotto é stato disegnato nel 1866 dallo zoologo tedesco E.Haeckel.

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me, normofilli) in quanto hanno la stessa origine e la stessa sequenza di sviluppo.(15) (tav.7)

Il problema é riconoscere i caratteri primitivi da quelli evoluti sfuggendo allalogica che 'semplicità' sia sinonimo di "primitività". Infatti basterebbe pensare allemonocotiledoni che sono oggi considerate le piante più evolute ma posseggonoprevalentemente un'impollinazione anemofila, ovvero una condizione più primiti-va rispetto all'impollinazione entomofila (se ne può dedurre che per le piante risul-tava essere più vantaggioso sfruttare il vento come vettore per il polline). In realtà irapporti filogenetici tra i vari gruppi di organismi sono poco conosciuti e non sonodefiniti con precisione (o con certezza).

I diversi studiosi interpretano pertanto in modo diverso i dati rilevati (pochisono i fossili di piante da cui trarre significative informazioni e ridotte sono leconoscenze su altri caratteri quali quelli chimici o quelli fisiologici, per cui ci sibasa prevalentemente sull'analisi delle strutture vegetali attuali). (16) Conse-guentemente le classificazioni filogenetiche possono essere diverse da autore adautore. (17) (tav.8.)

Non v’é, infatti, concordanza tra i botanici soprattutto sulla suddivisione e defi-nizione delle famiglie e degli ordini da attribuire alle classi delle angiosperme. Inrealtà anche le divisioni delle gimnosperme sono contraddittorie. Ma poiché lamaggior parte dei tassonomisti segue le linee della teoria evolutiva, da uno studiodelle analogie e somiglianze tra organismi spesso nascono le ipotesi evolutiveseguite per individuare la casella a cui assegnare un determinato essere vivente.(tav. 9.)

1.3. CATEGORIE TASSONOMICHE E NOMENCLATURA.

Nel momento in cui si descrive, si dà un nome e si ordinano le diverse specie diviventi organizzandole secondo una certa logica, ci si occupa di tassonomia.

La tassonomia dà un nome agli organismi viventi in funzione delle loro rela-zioni di parentela seguendo un palinsesto di classificazione naturale che ricostrui-sce la storia dell’evoluzione. Viene assegnato così il tassello di riferimento nelmosaico della biosfera. L'insieme delle conoscenze e dei criteri, che permettonodi individuare affinità e differenze degli esseri viventi, secondo uno schema che

Dal grecoταξις = ordine,

ordinamento e νοµιος = modo di

distribuire ordinatamente.Dal latino

classis = categorie dasuddividere.

16

Tavola 7. Omeosi.

E’ presentato il disegno di Goethe a illustrazione dei risultati dei suoi studi sulle forme fogliari del garofano. Egli, per primo,ipotizzò una loro graduale metamorfosi. Oggi é confermato che i nomofilli, i petali e i sepali prendono tutti origine dai primor-di fogliari equivalenti presenti sui primordi del germoglio. Sono pertanto definite strutture omologhe. Omeosi (dal grecoοµοιωσις che significa somiglianza) é il termine che indica il trasferimento di forme e funzioni fra organi diversi.

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Regno PLANTAEDivisione Angiospermae GymnospermaeClasse Dicotyledones Ordine Rosales ConiferalesFamiglia Leguminosae TaxodiaceaeGenere Robinia SequoiaSpecie pseudoacacia sempervirensautore L. Endl.

(in Fenaroli-Gambi, 1976, secondo Engler)

Regno PLANTAEDivisione Magnoliophytina Conipherophytina

(Angiospermae) (Gymnospermae)Classe Magnoliatae Pinatae

(Dicotyledones)Ordine Fabales PinalesFamiglia Fabaceae TaxodiaceaeGenere Robinia SequoiaSpecie pseudoacacia sempervirensautore L. Endl.

(in Fitschen, 1977, secondo Takhtajan)

Regno PLANTAEDivisione Spermaphyta

(Phanerogamae)Sottodivisione Angiospermae GymnospermaeClasse Dicotyledones Coniferopsida Ordine Fabales PinalesFamiglia Fabaceae Taxodiaceae

(Papilionaceae)Genere Robinia SequoiaSpecie pseudoacacia sempervirensautore L. (Lamb.) Endl.

(in Rameau, Mansion, Dumé, 1989, secondo Engler)

Regno VEGETALIADivisione Angiospermae GymnospermaeClasse Dicotyledones Coniferopsida

Pinopsida)Ordine Rosales Coniferales

(Pinales)Famiglia Leguminosae TaxodiaceaeGenere Robinia SequoiaSpecie pseudoacacia sempervirensautore L. (Lamb.) Endl.

(in Ferrari, Medici, 1996, secondo Wettstein)

Regno VEGETALIADivisione Magnoliophyta Pinophyta

(Anthophyta)Sottodivisione Magnoliophytina Conipherophytina

(Angiospermae) (Gymnospermae)Classe Magnoliopsida Pinopsida

(Dicotyledonopsida)Ordine Fabales PinalesFamiglia Fabaceae TaxodiaceaeGenere Robinia SequoiaSpecie pseudoacacia sempervirensautore L. Endl.

(in Gerola, 1997, secondo Takhtajan e Cronquist)

Tavola 8. Esemplificazioni di classificazioni seguite da diversi autori come rilevato dai rispettivi testi.

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Dal francese sistematique che deriva

dal latino systematicus asua volta derivato dal

greco συστηµατικοςche deriva da

συστηµα = sistema.

riveli l’origine dei diversi gruppi (e quindi la struttura dell’albero evolutivo), costi-tuisce invece la sistematica. Porre invece ogni organismo vivente in una gerarchiaordinata sulla base di caratteri distintivi che si ripetono costantemente, comuni perogni livello e già individuati, viene detta classificazione. La classificazione dà ordi-ne alla varietà degli oggetti presenti sul pianeta terra e la classificazione filogeneticaraggruppa gli organismi in funzione della loro origine evolutiva comune. Chi usainvece una classificazione per identificare un organismo vivente compie una deter-minazione. Se la classificazione consente di ordinare le piante, la determinazioneconsente di riconoscere le diverse specie sulla base di una guida alle osservazioniche rispondono a quesiti tra loro collegati (chiave dicotomica).

18

clorofite(alghe verdi unie multicellulari)

feofitealghe brunemulticellulari)

batterichemiosinteticiautotrofi

clanobatteri

spirochete

batteri fermentativi matanogenialofili estremi

termoacidofili

batteri gram-positivi

enterobatteri

batteri azotofissatoriaerobi

eubatteri archibatteribatterifotosintetici anaerobi

rodofite(alghe rossemulticellulari)

mixomiceti(funghimucillaginosi)

sporozoi(plasmodio)

flagellati(vari tipi)

sarcodini(vari tipi)

protozoi(ciliati)

crisofite(alghe giallee diatomee)

oomiceti(muffeacquatiche)

chitidriomiceti(funghi acquatici)

deuteromiceti(funghiimperfetti) licheni

(asco-basidiolicheni) nematodi

(vermicilindrici)

anelli(vermi segmentati)

brachipodi(terebretula)

ctenofori(tentacolati)

platelminti(vermi piatti)

poriferi(spugne)

cnidari(celenterati)

molluschi

rotiferi

artropodi

emicordati

echinodermi

cordati

zigomiceti(funghiconiuganti)

ascomiceti(lievito di birrae muffa verde)

Basidiomiceti(funghi)

FUNGI ANIMALIA

PROTOCTISTA

MONERA

angiosperme(dicotiledoni monocotiledoni)

gimnospermeconiferali(conifere)

gimnospermeginkgoali(ginkgo)

briofitemuschi edepatiche)

pteridofite(felci)

PLANTAE

lepidofite(licopodi)

gimnospermegnetali(uva marina)gimnospermecicadali(cicas)

calamofite(equisetali)

psilliofite(pulicaria)

ProcariotiE

ucarioti

Tavola 9. Albero filogenetico attuale.

La suddivisione in 5 regni (Monere, protoctisti, funghi, piante e animali) é stata proposta per la prima volta da WHITTAKERR.H. nel 1969 e modificata nel 1990 da Margulis L. et alii, che sostituirono il nome protisti (proposto da Haeckel nel 1868) conil nome protoctisti già proposto da Hogg nel 1860.

(da

Ven

ture

lli, V

irli 1

995)

pterofite(felci)

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Ogni gruppo di individui che possiede specifiche caratteristiche in comunecostituisce un "TAXON" che si pone ad un certo livello di organizzazione ed é com-preso in "TAXA" di rango superiore e contiene TAXA di rango inferiore. (18) In botani-ca i ranghi principali sono: Regno, Divisione, Classe, Ordine, Famiglia, Genere,Specie. Specie simili vengono inserite nei generi appropriati e i generi, con una figu-ra del fiore analoga, vengono inseriti in una stessa famiglia. Così di seguito. (19)

Il genere é dunque il taxon che comprende più specie affini tra loro: indica ilgruppo a cui appartiene quell’individuo. I nomi dei generi possono essere descritti-vi, oppure commemorativi o geografici o sistematici, ecc. (tav.10). La specie é l’unitàfondamentale della classificazione e se esiste una qualche variabilità tra i suoi indi-

19

Tavola 10. Derivazione dei nomi scientifici: il genere.

1. Descrittivo (mette in evidenza un carattere particolare delle specie che vi appartengono)Taxus baccata(dal greco ταξες = τοξον = tossico)

2. Commemorativo a. di personaggio storico Paulownia imperialis(da Anna Paulowna, 1795-1865, figlia dello ctzar Paolo I e moglie di Guglielmo III)

b. di personaggio famoso Sequoia sempervirens(da Sequoiah, capo Cherokee che nel 1820 ne inventò l’alfabeto)

c. di studioso Parrotia persica(da F.W. Parrot, 1792-1841)

d. di primo coltivatore Albizzia julibrissim(dal conte F. degli Albizzi)

e. per onorare amici Lagerstroemia indica(da M. von Lagerstöm, 1691-1759, amico di Linneo)

f. di chi ha introdotto la pianta dal paese d’origineRobinia pseudoacacia(da J. Robin, giardiniere di Luigi XIV e fondatore dell’orto botanico di Parigi)

g. di direttore d’orto botanico Gletitsia triacanthos(da G.Gleditsch, 1714-1786, dell’orto botanico di Berlino)

h. mitologico - religioso Juglans regia(da Jovis glans; Giove era re degli dei dell’Olimpo)

i. di artista Chorisia insignis(da J.L.Choris illustratore )

l. di chi l’ha descritta per prima Davidia involucrata(da A. David, 1826-1900, missionario-naturalista)

3. Geografico (dal nome di una località) Cupressus sempervirens(da κυπαρισσοσ = di Cipro)

4. Sistematico(dal nome di una specie che ne fa parte) Pinus pinea

5. Mercantile (fa riferimento alla sua utilizzazione) Picea excelsa(da pix - picis = perché se ne ottiene pece)

6. Morfologici a. perché somiglia ad altro generePseudotsuga menziesii

b. perché riferito ai caratteri delle piante che vi appartengonoScyadopitys verticillata(Abete parasole)

7. Autoctoni (così chiamati nella loro lingua d’origine) Gingko biloba

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vidui, li si suddivide in sottospecie (ssp) e/o varietà (var.). La specie individua l’in-dividuo all’interno del gruppo. La specie viene indicata con un termine aggettivatoe fa riferimento, anche in questi casi, a particolari della pianta oppure indica lo stu-dioso, il raccoglitore, il coltivatore o chi la ha introdotta, oppure fa riferimento all’a-rea di provenienza o, infine, indica caratteri strutturali propri della pianta. (tav.11.) Inomi scientifici e quelli “volgari” attingono dal latino, dal greco o da altre lingue(toponimia). (tav.12.)

Ogni pianta é designata, come si é potuto notare, dal genere e da un aggettivospecifico (nome scientifico), che vanno scritti facendoli risaltare dal contesto: sonoin corsivo se inseriti in una qualsiasi altra forma di scrittura. Il nome del Genere hal'iniziale maiuscola mentre quello della specie va sempre in minuscolo. La pianta“rosmarino” é indicata con Rosmarinus officinalis .

Ogni taxon é seguito dall'indicazione dell'autore che lo ha descritto per primo eha proposto il nome secondo le disposizioni del codice internazionale di nomencla-tura botanica (ICBN). Il nome scientifico del rosmarino completo é: Rosmarinus offici-nalis L., dove L. sta per Linneo. Ad un certo livello gerarchico vale infatti sempre ilprimo nome dato in conformità alle regole nomenclaturali (leggittimità del nome). Seviene cambiato il nome ad un taxon, oppure vi é l'attribuzione a un'altra specie o altrogenere, il nome dell'autore del "basionimo" viene posto tra parentesi, seguito dall'ab-breviazione dell'autore della nuova dizione: Chaenomeles speciosa (Sweet) Nakai. (20)

All'interno della specie, come detto, una variabilità nei caratteri osservati, può

20

Tavola 11. Derivazione dei nomi scientifici: la specie.

1. Descrittivo (riferito a particolari della pianta) Cotoneaster horizontalis(dal portamento prostrato)

2. Commemorativo a. storico Pinus montezumae(da Montezuma re atzeco del XVI secolo)

b. personaggio famoso Acacia farnesiana(dal cardinale Farnese)

c. studioso Celtis tournefortii(da J.P. Tournefort botanico francese , 1656-1708)

d. arboricoltore Abies weitchii(da J.H. Weitch, 1868-1907)

e. chi l’ha introdotta Chamaecyparis lawsoniana(introdotta nel 1854 dal vivaista C.Lawson)

f. mitologico - religioso Paliurus spina-christi

h. scopritore Araucana bidwillii(scoperta nel 1846 da T.Bidwill, 1815-1853)

i. direttore di orto botanico Pinus wallichiana(da N. Wallich, sovrintendente del giardino botanico di Calcutta nel 1830)

l. raccoglitore Ailanthus giraldii(da G.Giraldi, raccolse piante in Cina attorno al 1890)

3. Geografico Prunus persica

4. Mercantile Acer saccharinum

6. Morfologico a. strutturale Prunus spinosa

b. somigliante Robinia pseudoacacia

7. Religioso Cedrus deodara(da deva-daru = albero degli dei)

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permettere di individuare una sottospecie (ssp.), ovvero un gruppo all'interno dellaspecie, in genere ben delimitato dagli altri gruppi presenti (a causa di barriere geo-grafiche, per esempio). La specie può inoltre avere al suo interno delle variazionistrutturali rispetto al 'tipo' (che designano anche un gruppo di individui intraspeci-fici non ancora ben noti); si parla: di varietà se é presente in natura (Pinus sylvestrisvar. scotica) e di cultivar se é coltivata (Pinus sylvestris 'Aurea').(21) Nel primo casosi tratta del pino silvestre che vive in Scozia e nel secondo caso del pino silvestreottenuto in vivaio che ha foglie di colore dorato. Si può avere inoltre anche unaforma (f.), data da un mutante particolare che ne definisce, ad esempio, il colore disuoi organi (Acer pseudoplatanus f. purpureum). (tav. 13.)

Due specie di taxa vicini possono incrociarsi tra loro e se ne ottiene un ibridoche mostra di solito i caratteri dei due genitori. Se l'incrocio é tra specie dello stessogenere si pone una x tra i nomi (Platanus x acerifolia é l'ibrido tra Platanus orientalis ePlatanus occidentalis); se l'incrocio é avvenuto tra specie di due generi diversi la x siantepone al nome (x Cupressocyparis leylandii é l'ibrido tra Cupressus macrocarpa eChamaecyparis nootkatensis).

Tavola 12. Etimologie di alcuni nomi volgari delle piante.

Famiglia ERICACEAE

GenereDaboecia

Genere Vaccinium

GenereRhododendron

specieD. azorica

specieD. cantabrica

ibridoD. x scotica

cultivar‘Silverwells’

formaf. alba

cultivar ‘Bicolor’

cultivar‘Alba Globosa’

GenereErica

Tavola 13. Esemplificazione di rapporti nomenclaturali.

(da

Bric

kell,

198

9 -

mod

ifica

to)

AILANTO dal malese Aylanto = albero del cieloARANCIA dal sanscrito Nagaranja = gusto degli elefantiAZZERUOLO dal persiano Azadi = albero derakt = libertàBAGOLARO dal toscano Bacola = piccola baccaBERGAMOTTO dal turco Beg-armodi = pera del principeCARPINO dal celtico Kar = duro, pin = testaCINNAMOMO dal greco Kinnamomon = nobile pianta perfettaCOCCO dal portoghese Cocos = mascheraFRASSINO etimologia sconosciuta Era albero sacro alle popolazioni nordicheGINKGO dal cinese Gyn-kyo = albicocco d’argentoHINOKI dal giapponese Hi-No-Ki = albero del solePAPAJA dal caraibico AbabaiSORBO dal latino Sorbere = bereTAMARINDO dall’arabo Tamar = frutto hindi = indiano

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Regno: VEGETALIA

Divisione Classe Ordine Famiglia Genere

Ginkgophyta Ginkgopsida Ginkgoales Ginkgoaceae GinkgoPinophyta Pinopsida Pinales Pinaceae Picea

CedrusPinus

Taxodiaceae SequoiaCupressaceae Cupressus

ChamaecyparisThujaCalocedrus

Taxopsida Taxales Taxaceae TaxusMagnoliophyta Magnoliopsida Magnoliales Magnoliaceae Magnolia

Laurales Lauraceae LaurusCalycanthaceae Chimonanthus

Saxifragales Saxifragaceae PhiladelphusHydrangea

Rosales Rosaceae CotoneasterCrataegusPhotiniaChaenomelesRubusRosaPrunus

Hamamelidales Platanaceae PlatanusFabales Caesalpiniaceae Gleditsia

Fabaceae LaburnumRobinia

Myrtales Lytraceae LagerstroemiaMalvales Tiliaceae TiliaRutales Simaroubaceae AilanthusSapindales Aceraceae Acer

Hippocastanaceae AesculusCelastrales Aquifoliaceae Ilex

Celastraceae EvonymusRhamnales Vitaceae ParthenocissusCornales Cornaceae Cornus

AucubaAraliaceae Hedera

Betulales Betulaceae BetulaAlnus

Corylaceae CarpinusOstryaCorylus

Fagales Fagaceae FagusQuercus

Salicales Salicaceae SalixPopulus

Urticales Ulmaceae UlmusCeltis

Moraceae MorusBroussonetiaFicus

Euphorbiales Buxaceae BuxusEbenales Ebenaceae DiospyrosOleales Oleaceae Fraxinus

ForsythiaLigustrumOsmanthus

Gentianales Apocynaceae NeriumVinca

Lamiales Verbenaceae VitexClerodendrum

Dipsacales Caprifoliaceae SambucusViburnumLonicera

Liliopsida Liliales Liliaceae RuscusPoales Poaceae Phyllostachys

Tavola 14. Quadro d’unione dei generi (secondo Takhtajan e Cronquist) trattati nell’area di indagine.

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Può capitare che si sviluppi una pianta dal punto di innesto tra due specie contessuti dei due genitori. In tal caso si antepone un + al nome della specie: un ibridoda innesto tra Laburnum e Cytisus é il + Laburnocytisus adamii.

Se poi viene scritto solo il genere seguito da sp. (Quercus sp.) significa che sista prendendo in esame una qualsiasi specie all'interno di quel genere; se il genereé seguito da spp. (Quercus spp.) significa che si sta parlando in generale di piùspecie appartenenti a quel genere. Molte specie vengono spesso indicate con ladizione più usata anche se non ufficiale ma è opportuno stendere una lista delladizione corretta a cui fare riferimento. (22) Solo il binomio proposto per primoper una data specie é ritenuto valido e i successivi sono compresi in una lista disinonimi (sono nomi diversi da quello assegnato ufficialmente ma attribuiti almedesimo taxon). L'Acer opalus Mill. ssp. obtusatum (Waldst. et Kit.) Gams é unsinonimo insieme all'Acer neapolitanun Ten., dell'Acer obtusatum Waldst. et Kit. exWilld (Fitschen J., 1977). Vale il principio della priorità e solo se la descrizione e ladenominazione di una pianta soddisfano le norme riportate nel già citato codiceinternazionale di nomenclatura botanica, il nome ha validità internazionale.Quercus robur L., descritto e pubblicato da Linneo nel 1753, ha priorità su Quercuspedunculata Ehr., descritto da Ehrhart nel 1789. Il binomio accettato viene modifi-cato, per esempio, a seguito della costituzione di nuovi generi o specie, a cuiaccreditare quella specie. (23)

Gli omonimi sono invece nomi eguali attribuiti a differenti taxa. In Italia é il casodel “bucaneve” che designa indifferentemente l’Helleborus niger e il Galanthus nivalise, nei paesi anglosassoni, quello del “sycamore” che in Scozia indica l’Acer pseudo-platanus, in Inghilterra il Platanus x acerifolia e negli States il Platanus occidentalis. Aifini del presente lavoro si é adottata la nomenclatura riportata da FITSCHEN (1977)basata sugli studi di TAKHTAJAN (1973), utlizzando per inquadrare i Taxa superiorianche i lavori del CRONQUIST (1992). (tav.14).

1.4. LA CHIAVE DICOTOMICA.

La botanica sistematica ricerca dunque i modi per organizzare su basi filogeneti-che un sistema di classificazione naturale delle piante. Tale organizzazione permet-te di dare un nome ad ogni essere vivente che viene individuato sulla base di unachiave di lettura (chiave dicotomica).

La chiave dicotomica é costituita da una sequenza di scelte che il suo autore pro-pone a chi la sta usando. In genere vengono fornite due possibilità e, a seconda dellascelta fatta, si continua seguendo le indicazioni analitiche proposte. (tav.15) (24)

Ogni autore può costruirsi una sua specifica chiave dicotomica stabilendo ilmodo di seguire le sequenze e quali elementi prendere in considerazione. Certo èche occorre essere ordinati e proporre le sequenze in modo ragionato riducendo ilnumero dei passaggi, allegando un glossario figurato con i termini botanici correttiper facilitare le scelte delle sequenze. Nel caso di alberi e arbusti si possono prende-re in considerazione il portamento generale dell'albero e la eventuale caducità dellefoglie, la scorza (colore e disegno), le caratteristiche dei rametti (forma, colore, pelo-sità), le foglie (forma, picciolo, pelosità, caratteri sulle due pagine, dimensioni,odori, distribuzione lungo il rametto), i fiori (forma, colore, dimensioni), i frutti(forma, dimensioni e colore), i semi (forma, dimensioni), le gemme invernali(forma, colore e presenza di altri elementi) e le cicatrici fogliari. La determinazioneconsiste nel seguire la chiave dicotomica impostata (un gruppo di osservazionigenerali nel cui interno si individua un sottogruppo) fino ad arrivare, per fasi suc-

23

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cessive, alla specie che si sta osservando. Tra i libri italiani più significativi per ladeterminazione botanica della flora abbiamo oggi la Flora d'Italia del PIGNATTI

(1982), che segue le opere sulla flora italiana del BERTOLONI (1775-1869), delPARLATORE (1816-1877), del FIORI (1865-1950), dello ZANGHERI (1976) e del DALLA

FIOR (1981). Si tratta di libri specialistici; per pubblicazioni illustrate di più facileapproccio é riportata un’apposita bibliografia.

Tavola 15. Esemplificazione di guida dicotomica.

1 - Frutto con cupola 51 - Frutto con ali 2

2 - Ali rotondeggianti Ulmus1 - Ali allungate 3

3 - Un unico frutto 41 - Due frutti uniti a formare Acer1 - uno schizocarpo

4 - Ala ritorta ad elica Ailanthus1 - Ala diritta Fraxinus

5 - Foglia a margine Quarcus ilex1 - intero liscio o sinuato1 - Foglia a margine lobato 61 - o comunque non intero

6 - Ghiande con cupula a squame appressate 8

1 - Ghiande con cupula a squame allungate 7

7 - Margine della Quercus cerris1 - foglia con lobi acuti1 - Margine della foglia Quercus castaneifolia1 - a denti evidenti

8 - Foglia pubescente Quercus pubescens1 - Foglia non così 9

9 - Foglia quasi sessile Quercus robur1 - con orecchiette1 - Foglia non così 10

10 - Foglia con lobi arrotondati Quercus petraea10 - Foglia non così 11

11 - Foglia con incisioni Quercus rubra10 - fino alla metà del lembo

10 - Foglia con incisioni Quercus palustris10 - fin oltre la metà del lembo

(da

Spi

nelli

,198

9.)

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NOTE.

1. Se si vuol utilizzare una terminologia rigorosa, può essere definito “vivente” ogni struttura in grado di metaboliz-zare e perpetuarsi. Il sistema vivente quindi nel suo complesso costituisce un modo di esistere molto stabile. Le struttureche non soddisfano la definizione data sono inanimate o morte.

Il primo sistema chimico che può considerarsi vivente risale a circa quattro miliardi di anni fa, cioé poco più dimezzo miliardo di anni dopo il consolidamento della crosta terrestre. Questo significa che la vita ha avuto un’origine incondizioni fisico chimico-ambientali specifiche diverse dalle attuali ma tali da permettere agli eventi ‘titoli’ di concretiz-zarsi.

HALDANE (1860-1964) e OPARIN (1936) avevano teorizzato fin dagli anni ‘30 un’atmosfera primitiva priva di ossigenolibero. Successivamente nel 1950 UREY (1893-1981) e il suo allievo MILLER (1952) avallarono tale ipotesi con una serie diverifiche di laboratorio che tendevano a far luce su quali reazioni chimiche fossero potute avvenire sulla terra primitiva.

Nel suo dispositivo Miller creò un’atmosfera di metano (CH4), ammoniaca (NH3), vapor d’acqua (H2O) e idrogeno(H2) (come si può rilevare ancor oggi nelle emissioni vulcaniche) al di sopra di un “oceano” di acqua. Sottopose i gasall’azione di una scarica elettrica continua (simulante i fulmini) e, dopo pochi giorni, dall’analisi del contenuto della“brodaglia” ottenne preziose informazioni dai nuovi composti (aminoacidi) formati. In questo contesto la vita sulla terraviene intesa come un processo globale innescato da un flusso continuo di energia elettromagnetica proveniente dal solein un’atmosfera primitiva terrestre riducente, ricca di idrogeno, donatori di idrogeno e pochissimo ossigeno libero.

Tra i fossili più antichi vi sono quelli provenienti dalla formazione di PILBARA (Australia Nord Occidentale), datati3,5 miliardi di anni fa e certamente risultato di un’evoluzione ipotetica a partire dai primi composti organici avvenuta inmiliardi di anni prima. Da queste forme si arriva all’oggi dove la varietà delle forme viventi é difficilmente valutabile:secondo alcuni autori (Moore, 1974) sulla terra vivrebbero circa 2,4 milioni di specie conosciute.

Oggi la vita, da un punto di vista strettamente scientifico, é intesa come un “sistema chimico aperto, capace contempora-neamente di crescere, riprodursi, reagire agli stimoli ed evolversi” (Ageno M., 1987).

La storia di questi eventi é legata allo studio dell’evoluzione: una storia degli artifici che l’innumerevole varietà degliorganismi viventi apparsi sulla terra, ha via via inventato per compensare il mutare delle locali condizioni ambientali.“Ho chiamato questo principio, grazie al quale ogni lieve variazione, se utile, viene conservata, con il termine di selezione”: così scri-veva DARWIN nel 1859 quando definì il meccanismo della casualità evolutiva; un principio che ha superato per 135 annile prove, le indagini e le verifiche.

2. Ogni essere vivente é un sistema organizzato e ordinato (L. Ingraham, 1975) ed é l’energia acquisita dal sole o daaltre fonti che si trasforma per compiere il lavoro necessario e organizzare i nuovi sistemi. In altre parole i sistemi perrimanere organizzati hanno bisogno di energia, scomparendo la quale, degradano. Occorre dunque energia libera dispo-nibile, più un certo disordine (entropia), rappresentato da molecole a basso peso molecolare (CO2 = anidride carbonica obiossido di carbonio), H2O = acqua), libere nell’ambiente (gas o vapore). Nel caso delle piante legnose (come nella mag-gioranza delle piante) l’approvvigionamento di energia é realizzato tramite una serie di reazioni chimiche di cui le fasiiniziali utilizzano la luce solare (fotosintesi) per aggregare nei cloroplasti nuove molecole. Per tale ragione le piante ven-gono più specificatamente chiamate “fototrofe” superando il concetto di autotrofia. La fotosintesi si attua in due fasi:nella fase luminosa la luce attiva la clorofilla contenuta nei cloroplasti e avviene la scissione dell’acqua nei suoi due com-ponenti fondamentali H (idrogeno) e O (ossigeno) e l’anidride carbonica in C (carbonio) e O. L’ossigeno in parte si libera,mentre l’idrogeno, nella fase oscura, viene legato al carbonio e a parte dell’ossigeno. Il prodotto finale della reazione éuno zucchero a sei atomi di carbonio, con un assorbimento di energia (nel violetto-blu e nel giallo-arancione) pari a 684kcal.

In una foresta solo l’1°/°° - 3°/° dell’energia proveniente dal sole é incamerato attraverso la fotosintesi. La CO2 vienefissata in ragione di 1-2 kg peso secco/anno/m2, fino a punte massime di 9 kg come avviene nella canna da zucchero.

3. LINNEO suddivideva gli esseri viventi in piante e animali. Al suo tempo le conoscenze erano macroscopiche: fane-rogame e vertebrati essenzialmente. Attualmente alcuni botanici sottolineneano la distinzione tra vegetali e piante. Ivegetali sono considerati tutti gli esseri che sintetizzano attraverso la luce e le piante sono quei vegetali con organizza-zione superiore e, in particolare, quelle che hanno colonizzato le terre emerse. La pianta é un organismo vegetale costi-tuito da radici, fusto e foglie, e le alghe che sono organismi autotrofi, ricadono nei ‘vegetali’.

4. Il sapere scientifico é legato ad un processo che si sviluppa nel tempo e porta a conoscenze tra loro interrelate. Taleprocesso inizia, per la cultura occidentale, nel VI secolo a.C., in Grecia, un paese che stava vivendo una fase di grandeespansione demografica, sociale, economica e culturale tale da influenzare tutta l’area mediterranea. Mileto, in particola-re, con i suoi continui contatti culturali e commerciali con l’oriente é il fulcro del nuovo pensare “scientifico”, speculativoe pragmatico insieme. E’ qui che inizia il suo cammino la scienza moderna con grandi pensatori come TALETE di Mileto(624-548 a.C.), ANASSIMANDRO (570 a.C. ca. - ) e ANASSIMENE (546-528 Ca. a.C.). Essi indagano sul mondo della natura eintroducono un nuovo spirito critico nell’atteggiamento dell’uomo verso il mondo naturale facilitando il passaggio dalmito alle scienze.

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Successivamente, verso la metà del IV secolo a.C. ARISTOTELE fonda ad Atene il Liceo che diventa la scuola di forma-zione degli studiosi di un nuovo modo di intendere l’uomo nel suo rapporto con l’ambiente.

Aristotele scrisse opere che spaziano in ogni campo della conoscenza. Le sue osservazioni dirette sugli esseri viventie le sue ricerche consentono di considerarlo un uomo di scienza nel senso più moderno del termine. Nella sua opera“Historia animalium”, descrive 495 specie di animali ordinati secondo forme e abitudini, mostrando di aver compresocome le varie specie fossero classificabili secondo un ordine graduale. Nel trattato menzionato si legge: “... la natura proce-de gradualmente dalle cose inanimate alla vita animale, così che é impossibile determinare un’esatta linea di demarcazione che con-senta di stabilire da quale parte collocare una forma intermedia ...”. Si delinea così l’opportunità di una classificazione gerarchi-ca che parta dall’esame delle singole specie raggruppandole in insiemi sempre più ampi fino a risalire al “summusgenus” che le comprende tutte (beninteso, Aristotele nelle sue opere non ha mai affrontato un esplicito schema di classifi-cazione ordinato gerarchicamente, come verrà affrontato successivamente).

L’opera di Aristotele fu continuata dai suoi allievi, il più noto dei quali é TEOFRASTO. Egli mostra di condividere lestesse tendenze “evoluzionistiche” del suo maestro. Fece importanti studi nell’ambito delle scienze naturali in generale edella botanica in particolare dove iniziò a utilizzare una nomenclatura tuttora in uso (carpo, pericarpo, monocotiledoni,dicotiledoni). Le sue opere di botanica, come la “Storia di Piante” e la “Cause delle Piante”, sono ricche di dati e osserva-zioni su più di 600 piante che classifica, ordina e raggruppa in modo molto accurato basandosi sulla morfologia dell’ap-parato riproduttore. Esse rappresentano i più sistematici trattati di biologia pervenuti dall’antichità anche se scrivesopratutto delle presunte proprietà medicinali delle piante allora conosciute corredandole di leggende. Nell’opera Περιφυτων ιστορια (Historia plantarum) Teofrasto classifica le piante in δενδρον (albero), θαµνος (frutice), φρυγανον (suffruti-ce) e ποα (erba). Al loro interno egli individua generi, specie e varietà (Cortesi F., 1950). Mi sembra poi importante citareanche EPICURO (341-271 a.C.) che non poteva non conoscere piante con proprietà medicamentose, vista la sua fama dimedico.

D’altro canto non bisogna dimenticare che ancora oggi i membri di culture a tecnologie primitive riconoscono i fruttieduli da quelli velenosi, le erbe utili per cacciare e le piante velenose o medicinali, le piante da cui ottenere fibre e quelleofficinali, gli alberi da cui trarre specifici legni per costruire certi utensili piuttosto che altri, e nel caso degli sciamanianche le piante “magiche” e allucinogene. Essi attuano una classificazione ‘pratica’ inserendo le piante in un gruppo“utilitaristico” piuttosto che in un altro dando loro un nome per individuarle e trasmetterne così l’uso legato alla propriacultura.

5. Se le prime rappresentazioni di piante medicinali risalgono a circa 7000 anni fa (sono state ritrovate in Cina) e leprime incisioni di rami e foglie, su osso, addirittura al paleolitico, le prime pitture nell’area mediterranea raffigurantierbe (ritrovate nelle tombe egizie) sono del 2000 a.C. Agli intenti decorativi di assiri, egizi, greci e romani si affiancano leprime citazioni di 70 piante riportate nella bibbia, le oltre 300 piante descritte dai medici greci e le ben 500 piante descrit-te dagli scrittori latini: VARRONE (116-27 a.C.) e VIRGILIO (70-19 a.C.) nel I sec.a.C., COLUMELLA nel I sec. I romani conti-nuano l’opera scientifica dei greci ampliando quelle applicazioni pratiche agronomiche e medicinali, basterebbe citarePLINIO il vecchio (Plinius secundus)(23-79) che nella sua “Naturalis historia” scrive di botanica nei libri XII-XXVII edescrive oltre 800 specie di piante. Egli ricorda le opere di CRETEVAS o CRATENAS(120-63 a.C.), medico di Mitridate V.Eupatore, METRODORO di Atene (II sec. a.C.), DIONISO (I sec.) come illustratori botanici, e si può ritenere che dal primoderivino le illustrazioni degli erbari redatti dal VI secolo in poi (Pirola A., 1982). Da citare anche LUCREZIO (99-55 a.C.) e ilsuo “De Rerum Naturae” che se anche non parla di piante riprende lo scritto di Epicuro Περι µυσεως, e DISCORIDE medi-co del I sec. che scrive “De materia medica” (Περι υλης ιατρικης) in cui tratta solo di piante medicinali (si tratta di 600piante descritte e illustrate in 5 libri di cui nel primo vengono descritti gli alberi). Un “Codex vindebonensis” (conservatoalla biblioteca di Vienna) fatto redigere nel 472 dalla figlia dell’imperatore d’oriente Anicio Olibrio, Juliana Anicia, vienedefinito ‘Erbario di Dioscoride’ e le illustrazioni ivi riportate (sembra copiate dagli originali di Cretevas), più o menorimaneggiate, verranno utilizzate fino al XVIII secolo (si può ricordare il Codex neapolitanus del secolo VIII con figureschematiche). Ma dopo la caduta dell’impero romano, la tolleranza culturale che l’aveva contraddistinto viene annullatadai secoli ‘bui’ del Medio Evo in cui sembra prevalere un integralismo religioso intollerante e repressivo, facendo unadebita eccezione del regno di Sicilia dello svevo Federico II (1194-1250). Le autorità ecclesiastiche e politiche misero infat-ti al bando e spesso distrussero la maggior parte di queste opere del mondo antico e quelle poche che sfuggirono venneroconservate nelle abazzie. Il Medio Evo, dunque, non fu molto favorevole allo sviluppo delle scienze e ben poco aggiunse,nel campo della botanica, a quanto precedentemente acquisito. Una probabile eccezione fu, nella prima metà del XIIsecolo a Salerno, un trattato redatto dal PLATEARIUS che descrive gli usi di 276 piante spontanee impiegate nella medici-na domestica locale. IL testo di tale autore é conosciuto come ‘Circa instans’ dalle prime parole del prologo: “Circa instansnegocium in simplicibus medicinis nostrum versatur propositum” (E’ nostro intento occuparci ora delle medicine semplici).Ricordo che oltre agli erbari figurati erano in uso anche raccolte di calchi di piante impressi a nerofumo “ectypa planta-rum” su fogli di carta.

Fatto è che le piante venivano studiate soprattutto nei monasteri dove si allestiva un ‘orto dei semplici’ con piantemedicinali ed aromatiche di cui si conoscevano, spesso empiricamente, le proprietà terapeutiche. Per “semplici” si inten-devano le singole specie, che venivano utilizzate nei miscugli medicamentosi. D’altro canto fermenti latenti si sviluppa-rono successivamente con l’impulso dato dalla cultura araba che aveva recuperato le conoscenze greche, romane e, vero-similmente, anche quelle delle aree orientali con cui era venuta in contatto. Tanto é vero che nella Facoltà di Medicina di

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Parigi dei 13 libri (più precisamente si tratta di manoscritti) inventariati nel 1395, più della metà erano traduzioni di testidi medici arabi o commentari su questi ultimi (Hahn A., Dumaitre P., Samion-Contet J., 1962).

6. A Ferrara operano il GHINI (1490-1556) di Pisa e l'ALDOVRANDI (1522-1605) di Bologna; il MATTIOLI a Siena (1501-1577) che scrisse opere per il riconoscimento delle piante descrivendole e riproducendole (fa disegnare 1200 piante)spesso rappresentate con caratteri non realistici. Probabilmente ci si basava su essiccata, ovvero piante conservate in foglidi carta, e quindi di per sé appiattite e la rappresentazione tridimensionale era frutto dell’immaginazione dell’artista. E’opportuno poi citare, oltre al CESALPINO di Arezzo, il DELLA PORTA (1536-1615) del Regno di Napoli. Qui, nel 1809, sorgeràla prima scuola "italiana" moderna di floristi e speciografi, voluta dal TENORE (1780-1861) (Pignatti S., 1982). Del Tenoreconosciamo una “Flora napoletana” (1811-1838), ossia una descrizione delle piante indigene del Regno di Napoli, in 5volumi con 350 tavole colorate a mano. Vogliamo anche ricordare il MICHELI (1679-1737) fiorentino e il TODARO (1818-1892) che a Palermo pubblica l’Hortus botanicus panormitanus sive plantae novae vel criticae quae in horto botanico panormitanocoluntur descriptae et iconibus illustratae (1875-1892).

7. Il secolo XV é il secolo del risveglio dell’interesse verso la natura e matura contemporaneamente la necessità diuna precisa descrizione della realtà osservata in modo approfondito. A partire dal XVI secolo la storia naturale trae gio-vamento dalle riedizioni e dai commenti dei precedenti scrittori classici (come i “Commentari a Dioscoride” del Mattioli);in questo periodo, grazie anche alla diffusione della stampa, vengono pubblicate le opere di Teofrasto, Plinio eDioscoride. Il MICHIEL pubblica a Venezia “Cinque libri delle piante” con disegni acquarellati. Si fa sempre più spazio ilconfronto tra le descrizioni degli antichi e l’osservazione diretta, la scoperta di nuove flore (e faune), il diffondersi dierbari e la nascita degli orti botanici (Padova, Pisa, Firenze nel 1545, Bologna nel 1567, Leida nel 1577, Lipsia nel 1580,Montpellier nel 1593, Parigi nel 1635).

Come detto, la tradizione della coltivazione delle piante medicinali era in uso fin dal medioevo presso le comunitàmonastiche (certosini, benedettini, francescani) e fino a tutto il XVI secolo. Nella prima metà del sec.XVI, per volere delSenato della Repubblica Veneta, si avviò lo studio delle piante medicinali e viene fondato a Padova il primo orto botani-co universitario (29 giugno 1545). Nel XVII-XVIII secolo lo studio delle piante diventa dominio delle sedi accademiche(Forneris, Moggi, 1995) e, a partire da tale momento, si avvia il collezionismo e la dettagliata analisi botanica che caratte-rizzerà poi il secolo XIX e l'inizio del XX. I giardini botanici vengono ora realizzati tenendo presente l'ambiente di vitadelle piante, l'uso che se ne fa o le famiglie a cui appartengono; tutte le piante sono inoltre cartellinate con indicazionianche dell'area di origine. Oggi gli orti botanici sono organizzati come 'banca dati vivente' e l’area é intesa non solo come“contenitore” ma come ambito di ricerca appoggiandosi ad una biblioteca per acquisire tutte le conoscenze utili alla suagestione. Del resto una identica funzione ebbe il primo orto botanico che si conosca nella storia e che conteneva tutte lepiante utilizzate dagli egizi (Gerola, 1996).

8. Si sviluppa l’interesse naturalistico di molti artisti come LEONARDO DA VINCI (1452-1519), CRANACH (1472-1553),DÜRER (1471-1528), ecc., anche se sopravvive ancora il gusto per le creature esotiche, meravigliose e spesso fantasiose. Sitende al dettaglio e le rappresentazioni delle piante sono più precise anche grazie allo sviluppo delle scuole fiamminghee tedesche e il risveglio delle arti figurative. La botanica era ancora intesa come depositaria di quelle nozioni relative allepiante medicinali e alla descrizione delle loro proprietà terapeutiche. Essa pertanto dipende dalla medicina e ciò induce aosservare, raccogliere, disegnare e catalogare. Si diffondono gli erbari figurati a stampa come quello di Gherardo CIBO

(1512-1600). Le illustrazioni sono spesso di tipo schematico, disegnate a memoria su indicazioni di terzi o riportate datesti più antichi, frequentemente di pura fantasia. D’altro canto alcuni disegni dell’edizione 1488 del Platearius sonoabbastanza corretti (sia pur schematici) e a colori come la Primula veris o l’Helleborus viridis.

Permane per tutto il '500, con una massima diffusione in epoca tardo rinascimentale grazie alle incisioni su legno e lastampa, la scelta di utilizzare disegni poco esatti (e quindi inaffidabili) per costituire 'erbari'. Per altro emergono i tentati-vi di artisti quali il WEIDITZH., allievo del Dürer che disegna direttamente dal vivo le piante per le illustrazioni (gli origi-nali sono incisioni xilografiche) dell’”Herbarum vivae eicones” del botanico tedesco BRUNFELS (1488-1534) datato 1530 edella “De historia stirpium” del FUCHS datato 1542. L’erbario del Brunfels é uno dei primi lavori contenenti descrizione efigure delle specie di una regione europea. In qualche misura si cerca di discostarsi dall’iconografia poco precisa antece-dente. Una maggiore precisione nel tratto (quando invalse l'uso delle acqueforti che permetteva un'iconografia più accu-rata e attendibile) e la notevole produzione libraria del XVII secolo favoriscono, d’altro canto, la divulgazione delle cono-scenze botaniche antiche, facendo riscoprire e revisionare in modo critico i testi classici che erano stati tramandati perripetute copiature di testi e disegni (quindi spesso mediate da influenze culturali diverse da quelle originali o alterati dainterpretazioni individuali). E’ solo con la costituzione degli orti botanici che si diffuse l'uso di preparare erbari (libro diessicati) piuttosto che erbari a stampa. Interessante, tra gli altri, un erbario conservato presso l'orto botanicodell’Università di Padova della prima metà del secolo XVIII, attribuito ad un frate veneziano. Altro erbario di essiccattain 12 volumi, datato 1767, con didascalie e una bibliografia essenziale é quello del TRIUMFETTI, conservato presso laBiblioteca Casanatense di Roma. Da allora invalse sempre più l’uso di considerare l'erbario una raccolta di piante essic-cate. Cionondimeno pregevoli diventano le opere illustrate di botanica grazie alle incisioni su rame (la prima delle qualié napoletana) e ricorderò le opere del REDOUTÉ (1759-1840) abile artista di fiori e rose in particolare. Alla bilbiotecaCasanatense, già menzionata, si trovano i 5 volumi dell’AUDIFFREDI datati 1770 in cui le diverse specie sono organizzate

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secondo il metodo di classificazione di Tournefort, considerato il padre della botanica descrittiva (Ceccapieri, 1991). E’ dal 1700 infatti che si iniziano a produrre volumi botanici con tavole tratte da incisioni in rame e poi colorate a

mano, metodo che proseguirà fino al 1830. Dal 1830 prevalsero altre tecniche: acquatinta, mezzatinta, acquaforte a fondopuntinato e infine la litografia che verso la fine dell’800 permise la stampa a colori. Il migliore artista illustratore é rite-nuto il botanico tedeco EHRET G.D. (1708-1770) che disegnò per opere botaniche come “Plantae selectae” e “Hortus nitidi-simis” (Sitwell, 1990). Altri importanti illustratori botanici sono i fratelli FRANZ e FERDINAND BAUER che pubblicano le lorotavole nei volumi di LAMBERT A.B. “A description of the Genus Pinus” del 1803-1824 e nei dieci volumi della “Floragreca” del 1806-1840 curati da J. SIBTHORP (1758-1796).

Dalla metà del XVI e poi più specificatamente nel XVII e XVIII secolo, si consoliderà la pratica del disegno sotto lasupervisione di un botanico. In Italia (collezioni del Museo dell’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Firenze))CALAMAI (1800-1851) riproduce preziosi modelli di piante in cera (Moggi, 1981)

Gli erbari fino alla fine del XVII secolo rimangono dunque una raccolta di disegni. Ma con la "rivoluzione scientifica"si preferiscono le osservazioni personali e si iniziano a preparare campioni essiccati. D’altro canto si tenga presente chefin dal secolo XVI si era iniziato a produrre erbari di essiccata montati su carta quando questa, con l’avvento della stam-pa, iniziò ad essere meno costosa. Si parla dell’inglese J. FALCONNER, erborista a Ferrara, come il primo che preparò unerbario di essiccata, una procedura apparsa verso la fine del XV secolo (Lieutaghi P., 1990), rammentando, d’altro canto,che viene indicato come autore del primo libro di essiccata di piante medicinali, il GHINI.

9. La “botanica” ha un suo nuovo impulso nel Rinascimento e si consolida a partire dal XVI secolo come scienzafinalizzata a classificare, catalogare e denominare le specie vegetali. Con la scoperta dell’America, aumenta l’inventariodelle piante conosciute e si complica il modo di designarle. Le osservazioni e le descrizioni confuse delle nuove piante edei nuovi animali spingono ad individuare un agile sistema di classificazione che permetta un facile riconoscimento e unconfronto tra esseri viventi.

La mancanza di una nomenclatura rigorosa e univoca comportava gravi errori di copiatura delle lunghe frasi perdescriverla fatto che rende difficile il riconoscimento della stessa pianta in ambienti diversi. Si classificano le piante concriteri soggettivi: in ordine alfabetico, secondo l’ordine aristotelico (alberi, arbusti, erbe), in erbe odorifere e non, in pian-te purganti, piante medicamentose o piante velenose, piante con nomi di santi, piante alimentari, piante aromatiche,piante tessili, piante ornamentali, piante da legno, piante da frutto, ecc., o anche osservando le loro forme e arrivando ariunire sotto un unico nome piante particolarmente simili. Inoltre si ha la tendenza a distinguere le piante mediante l’ag-giunta di un aggettivo scelto in base al colore dei fiori, ai caratteri dei luoghi in cui crescevano, ecc, tentativi che testimo-niano l’aspirazione a concretizzare il concetto di genere o specie già introdotto da Teofrasto.

Di questo periodo sono i “botanici mistici”, il più noto rappresentante dei quali é PARACELSO (T. Bombast vonHohenheim, 1493-1541) il quale affermava: “La virtù salutare della pianta dipende dalla somiglianza della sua forma conquella della parte del corpo umano che si intende curare”. E’ la cosidetta teoria delle segnature: ogni pianta aveva unaforma assegnata da Dio in modo che l’uomo potesse riconoscerne l’uso a cui era destinata (il gheriglio delle noci cheassomiglia al cervello era prescritto contro il mal di testa, per esempio).

E’ il CESALPINO, in Italia, che inizia un periodo (siamo nel XVI secolo) in cui verranno poste le basi per un sistemadi classificazione più corretto e impostato su criteri oggettivi validi una volta per tutte (propone i caratteri di fiori,frutti e semi) come é evidenziato nel “De Plantis” (1583). Partendo dal presupposto che classificare non può significa-re descrivere, ma ordinare secondo una gerarchia naturale, nell’opera menzionata egli riuniva circa 1500 piante in 20classi definite sulla base di caratteri morfologici. Tale classificazione inizia con una prima grande divisione del mondovegetale in: alberi e arbusti da una parte e cespugli ed erbe dall’altra. Le successive separazioni tengono conto di altrecaratteristiche come: morfologia del frutto, morfologia dei semi, ecc. Nasceva così il primo sistema naturale costruitogerarchicamente in modo discendente. Dopo il Cesalpino i sistemi di classificazione si moltiplicarono ma tendenzial-mente la scelta dei caratteri rimase arbitraria. A lui, tra l’altro, si fa risalire la separazione della botanica dalla medici-na (Malandin, 1990).

Numerosi sono poi i botanici che operano all'estero, tra i tanti menzioniamo: G.BAUHIN di Basilea (1560-1624) che stu-diò una nomenclatura più rispondente alle esigenze di snellire la definizione delle piante, l'inglese J. RAY (1627-1705) chedistinse le mono dalle dicotiledoni e diede il via a un sistema naturale di classificazione. In particolare Ray fu il primostudioso moderno che sostenne l’utilità di seguire un modo di classificare “ascendente”; egli inoltre definisce per primoil concetto di “specie” e introduce il concetto della comune discendenza tra individui della stessa specie. Un contributoimportante per sollecitare l’uso di tale metodo lo si deve a G. PONTEDERA (1688-1757), docente presso l’Università diPadova. Ricordiamo anche il provenzale G.PITTON de TOURNEFORT (1656-1708), che propone un metodo di classificazionebasato sulla corolla del fiore. In tale classificazione le piante vengono divise in 22 classi e nella classe XVIII e XIX eranoraggruppati gli alberi.

10. Gaspare BAUHIN descrive 6000 piante nella sua opera “Pinax Theatri Botanici” del 1623 (e ben 18.655 nel suo“Methodus Plantarum Novarum”) seguendo uno schema: forma del fiore, forma del frutto, forma del seme. Egli poiaggiunge per ogni specie un sinonimo, usato da autori precedenti. E’ il primo tentativo di nomenclatura binomiafecendo riferimento ad uno schema comune. D’altro canto nel 1694 CAMERARIUS nel suo libro “De sexu plantarum epi-stola”, descrive il sesso dei fiori (fatto contestato dalla maggior parte dei botanici d’allora) e su questa intuizione

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Linneo elaborò il suo sistema di classificazione. Beninteso l’uso degli organi sessuali del fiore non tiene conto delleaffinità tra le specie (rimane cioé un sistema artificiale).

In realtà, alcuni disegni dell’opera del Platearius (nell’edizione a stampa del 1488) presentano definizioni in uno odue nomi latini. Trascrivo: Capparis, Bardana, Avena, Primula veris, Malva ortensis, Consolida minor, Centaurea maior, Cassiafistula che sono stati ripresi poi da Linneo e da altri autori. Ci sarebbe cioé già una nomenclatura binomiale non codifica-ta a meno che i nomi non siano stai inseriti in epoche successive. Certo é che nel volume di essiccata di L.SABBATI del 1738vengon riportati alcuni binomi per distinguere una data pianta: tale é il caso del “Therebinthus vulgaris” e, nel volume aquesto precedente di circa un secolo del De l’OBEL “Plantarum seu stirpium iconas”, si utilizzano ancora binomi in lati-no, come nel caso del “Pinus maritima” per indicare le diverse xilografie delle piante. Quale utimo esempio cito che nel-l’iconografia accurata del MATTIOLI (1565) e dello JONSTON (1662) viene riportata una nomenclatura binomiale per indica-re le diverse piante, come “Mespilus altera, Malus vulgaris”. Si tratterebbe allora più di regolamentare una nomenclaturasu basi “universali” per evitare confusioni e sinonimie, piuttosto che inventare un binomio già usato come concetto eprobabilmente in abbozzo fin nei testi greci. Bauhin ha cercato di dare un ordine alla confusione imperante tra i diversiautori e di trovare gli equivalenti tra i nomi medioevali delle piante e quelli della sua epoca, utilizzando caratteri definitiper inquadrare quel binomio; ovvero egli ha cercato di superare l’arbitrarietà delle classificazioni precedenti. Per altro,ancora siamo lontani dal concetto di specie utilizzabile come unità base di classificazione.

11. Linneo é il primo teorico della biologia sistematica; nel suo sistema di classificazione l’unità base é rappresentatadalla specie. Ogni specie é la manifestazione della potenza creatrice divina: “... tot enumeramus species, quot ab initio creavitInfinitum Eus...”. La sua opera principale é il “Systema Naturae” edita nel 1736 e successivamente ripresa e ampliata (finoalla decima edizione del 1758). Qui egli descrisse l’universo in un insieme di “non viventi” e di “viventi” (animali e piante),con una uniformità di criteri e un ordine fisso, utilizzando un linguaggio semplice, condensato e facilmente accessibile.

Ha così imposto un nuovo metodo di lavoro in alternativa alle vaghe e prolisse descrizioni del tempo. Gli zoologi inparticolare considerano tale decima edizione come base per la nomenclatura scientifica degli esseri viventi. Per quantoriguarda le piante, nell’opera “Philosophia botanica “ del 1751, egli espone un metodo di studio impostato sulla morfo-logia del fiore (numero e disposizione delle varie parti), ponendo attenzione alle sue componenti sessuali. Seguendo talecriterio Linneo costruì un sistema di classificazione in cui ogni specie conosciuta di animale e vegetale occupava unposto; ciò comportò il raggruppamento delle specie in generi, di questi in ordini e degli ordini in classi. Il sistema di clas-sificazione proposto da Linneo viene anche detto “sistema sessuale”, ma é da sottolineare, comunque, che esso é unmodo di classificare “soggettivo” perché viene arbitrariamente scelto una particolare caratteristica del vivente.

Linneo chiude il periodo dei “sistemi artificiali”. Il sistema basato sugli organi sessuali é attualmente completamenteabbandonato a causa della sua artificialità ma rimane valida la sua struttura logica diffusa ancora nei manuali di ricono-scimento delle piante (le chiave analitiche o dicotomiche).

Per primo J. MILLER classificò le piante del ‘Physic Garden di Chelsea’ secondo il sistema linneano riportando i dise-gni dei fiori nell’ordine da lui designato nel libro ”Illustratio systematis sexualis Linnaei” del 1770-77. Le regole dinomenclatura proposte da Linneo ebbero come conseguenza la revisione di tutte le conoscenze botaniche del tempo,accentuando gli sforzi per un’iconografia precisa, naturale, corretta e utile ai fini scientifici. Tali obiettivi vengono sancitida CURTIS W. che fonda nel 1787 il ‘The Botanical Magazine’ e avvalendosi anche dell’opera dell’illustratore FITCH W.H.(1817-1892).

12. Dopo Linneo la problematicità di questo argomento diventa sempre più complessa. Si deve ricordare B. M. deLAMARCK (1744-1829), che contribuì in modo determinante a divulgare l’aspetto evoluzionistico della biologia e a soste-nere lo studio della sistematica zoologica dalle forme più semplici a quelle più complesse. Né si può dimenticareWALLACE (1823-1913), che contemporaneamente a DARWIN, elaborò la teoria biologica più influente del XIX secolo indu-cendo a interpretare i rapporti di somiglianza tra le specie come conseguenza dei rapporti di parentela. Infine é da ricor-dare anche E. HAECKEL (1834-1919), che trasse da tutti questi studi la convinzione che la classificazione dovesse esserefondata sui rapporti di parentela che uniscono le varie specie, cioé sulla filogenesi: la storia stessa degli organismi.Ricordiamo che Haeckel si é interessato anche di relazioni ambientali e che a lui si deve il nome di “Ecologia”.

13. Prima di Lamarck e Darwin gli studiosi di questo argomento erano convinti che la grande varietà delle piante edegli animali fosse stata creata direttamente da Dio (fissità della specie) di cui vedevano l’ordine nelle varie modificazio-ni. Per tale motivo il settore delle scienze naturali relativo alla classificazione e alla nomenclatura degli esseri viventi odei fossili era considerata la parte più nobile poiché poteva consentire di avvicinare e capire l’ordine divino.

Si tenga presente che il concetto di specie si é evoluto nel tempo partendo dal concetto espresso da CUVIER (1769-1832): la specie é l'insieme di individui simili tra loro nati gli uni dagli altri o da genitori comuni a cui assomigliano.Cuvier, come Linneo, era convinto che le specie fossero fisse e immutabili. Oggi la teoria evoluzionistica prima sviluppa-ta da Lamarck e poi da Darwin e Wallace, fa rilevare la variabilità e il cambiamento all'interno di una specie. La specie épertanto formata da "quegli individui che si incrociano tra loro generando una prole feconda" come si espresseDOBZHANSKY nel 1937. In realtà tale definizione non é sempre applicabile in campo botanico, in quanto molte specie vege-tali sono in grado di incrociarsi dando origine a una prole ibrida fertile (come in Quercus spp., oppure in Platanus spp.).Il platano orientale (specie di origine mediterraneo orientale e presente in rare stazioni calabresi, siciliane e campane),

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per esempio, si incrocia con il platano occidentale (originario dell’America Settentrionale) dando origine ad un ibrido(Platanus x acerifolia) che a sua volta si riproduce.

D'altro canto molto spesso le specie ci sono note in modo non preciso in quanto dobbiamo tenere conto della variabi-lità, dell'evoluzione che esse continuamente subiscono e del loro bagaglio cromosomico. Pertanto pur essendo caratteriz-zante il concetto di "specie" questo é legato all'interpretazione che l'autore di quella flora dà agli studi sulla natura, inquel periodo preciso della ricerca scientifica, come ha scritto PIGNATTI (1982).

A questo punto ci sono tutte le premesse, come si espresse Darwin nell’origine delle specie, per la costruzione di un“sistema naturale” di classificazione. Un tale sistema accomuna piante parenti tra di loro in quanto hanno seguito lineeevolutive parallele discendendo da progenitori comuni. Alcuni botanici ammettono, a questo proposito, che l’origine ditutti i viventi possa essere avvenuta da un unico capostipite (origine monofiletica), altri invece riconducono tale evento apiù capostipiti (origine polifiletica). ambedue cercano di costruire un albero genealogico detto ‘filogenetico’ che unisce idiversi taxon in base alle loro rassomiglianze o alle origini. In una interpretazione che privilegi l’aspetto evoluzionisticoogni gruppo di individui (generi, famiglie,...) rappresenta una parte del “grande albero” genealogico che esprime tutti irapporti di parentela tra individui (Minelli, 1991). Ogni albero genealogico ha ramificazioni che pongono in relazione gliesseri viventi in funzione delle supposte o reali, differenti o comuni, origini. La distanza tra i rami di tale albero genealo-gico é legata alle affinità e alle correlazioni rilevabili attualmente tra le varie specie sulla base di altri fattori (come la con-vergenza o il parallelismo) indipendentemente dalla loro origine. La ramificazione legata alle origini é studiata dallasistematica filogenetica; quella legata agli altri fattori é studiata dalla sistematica fanetica (sistematica delle forme).Oggigiorno si parla, inoltre, di sistematica cladistica che deriva dal concetto di “clade”, termine coniato dal botanicotedesco W.HENNIG, per indicare l’insieme delle unità tassonomiche che derivano da un unico progenitore ancestrale. Intal senso possiamo avere linee monofiletiche e polifiletiche.

Ripetiamo che il concetto di Botanica si consolida dal XVI secolo in poi come scienza della collocazione e della descri-zione dei vegetali, svincolandoli dallo studio delle loro proprietà mediche. Tale sviluppo concettuale fu possibile grazie aquattro fattori: 1. l’invenzione della stampa, 2. la produzione di carta a bassi costi, 3. la riscoperta dei testi classici, 4.l’ampliamento degli orizzonti grazie alle scoperte geografiche. Le nuove tecniche di incisione ebbero poi il merito di ren-dere più precisa l’iconografia tralasciando le stilizzazioni medioevali spesso approssimate. Il lavoro iconografico diven-terà così il risultato della collaborazione tra artista e botanico in quanto diventa via via più importante evidenziare queiparticolari della morfologia utili per la classificazione e l’identificazione corretta della specie.

14. La New Sistematics é basata sullo studio degli esseri viventi in natura, non solo dal punto divista morfologico maanche da quello degli aspetti funzionali e dinamici del collegamento con l'ambiente. E' lo studio comparato dei diversiorganismi dove la morfologia (la conoscenza delle differenze strutturali) e la storia evolutiva (filogenesi) costituiscono labase per la disposizione dei gruppi della tassonomia.

La tassonomia é la scienza che studia la struttura dei vari taxa, li riunisce via via in taxa di ordine superiore e li siste-ma in un palinsesto di classificazione naturale, ricostruendo e rappresentando l’evoluzione degli esseri viventi. La tasso-nomia definisce i criteri, la prassi e la nomenclatura utile per caratterizzare i diversi gruppi superiori. E’ insomma, la tas-sonomia, lo studio teorico dei metodi di ordinamento della classificazione attraverso la descrizione dei principi, delleprodecure e delle norme che la regolano. Riassumiamo qui di seguito, per evitare confusioni che la tassonomia studia gliesseri viventi con lo scopo di metterne in risalto diversità e somiglianze in modo da rendere possibile la loro identifica-zione (riconoscimento) e la loro collocazione in uno schema generale. Alla tassonomia interessano i modi per classificaregli esseri viventi.

La sistematica invece si occupa della valutazione, delimitazione e determinazione della somiglianza dei gruppi natu-rali in cui ripartire gli organismi in base a caratteri comuni e relazioni di parentela. Stabilisce i criteri da seguire per“incasellare” l’essere vivente nel taxon più appropriato, dandogli un nome, e ne definisce i limiti. La sistematica puòseguire due percorsi: uno in cui gli esseri viventi sono raggruppati secondo una gerarchia discontinua (classificazioneartificiale) e uno in cui essi sono collegati da una certa continuità (classificazione naturale). Nella classificazione i variindividui vengono riuniti in gruppi (specie, generi, famiglie, ordini, classi) sempre più grandi e sempre più complessiseguendo un ordine gerarchico e stratificato. La classificazione porta a disporre tutti gli esseri viventi in un ordinatosistema di categorie sistematiche. Ovvero, la determinazione é il riconoscimento di una data specie sulla base di unoschema già esistente (classificazione) messo a punto dalla tassonomia (Gerola F.M., 1996). In realtà alcuni studiosi consi-derano sistematica e tassonomia sinonimi, altri considerano la tassonomia parte integrante della sistematica (come relati-va alla nomenclatura e alla classificazione degli esseri viventi) e altri ancora considerano la sistematica come l’aspettopratico e la tassonomia come l’aspetto teorico della stessa branca di studi. I vari tipi di classificazione dipendono dallalogica secondo cui é impostato il lavoro: il criterio gerarchico é la linea più propriamente tassonomica; se vien sceltoinvece un altro intento (somiglianza morfologica, oppure importanza agraria o altre proprietà) si cura maggiormente l’a-spetto sistematico.

Oggigiorno la sistematica, pur basata ancora sui livelli di organizzazione e sui gradi di sviluppo delle specie vegetali,come si può confrontare nel sistema proposto da ENGLER in collaborazione con PRANTL (1849-1893), un altro botanicotedesco, che considera sempre più la ricostruzione dei legami filogenetici intercorrenti tra le diverse specie come sottoli-neò WETTSTEIN(1863-1931). L'ordinamento sistematico non solo ci permette dunque di classificare facilmente e di reperirele specie che ci interessano ma anche di mettere in evidenza il grado di parentela esistente tre le diverse piante. E' chiaro

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che più le piante sono lontane tra loro nel sistema tanto meno sono imparentate e tantomeno sono in grado di avere unadiscendenza feconda che in genere rimane all'interno della stessa specie.

15. Goethe comprese che era possibile osservare una transizione di forme (concetto di omologia) dai nomofilli agliantofilli che dunque dovevano avere una stessa origine (sono tutte foglie) e sono da considerarsi strutture omologhe.Invece le foglie e i cladodi sono strutture analoghe in quanto svolgono stesse funzioni ma hanno origine diverse.Ricercare le omologie tra gli esseri viventi, ovvero i rapporti evolutivi, é oggi alla base degli studi filogenetici.

16. E’ vero anche che ancora oggi una particolare attenzione viene rivolta agli organi della riproduzione sessuale inquanto sono quelli che risentono di meno delle influenze ambientali. In ogni caso occorre utilizzare sempre una pluralitàdi caratteri confrontati tra loro per differenziare i vari gruppi sistematici e definire l’appartenenza di quell’essere viventea questo o quel taxon. Infatti, più sistemi di analisi vengono presi in considerazione e maggiore é la precisione nell’indi-viduare le relazioni filogenetiche tra le specie.

17. Gli esseri viventi possono essere ordinati tenendo presente la loro morfologia o altri principi. Il riconoscimento diuna specie in natura permette di passare alla descrizione della stessa osservando il maggior numero di individui e poiconfrontando i dati ottenuti con quanto riportato in erbari o pubblicazioni. Volendo approfondire la questione, alle osser-vazioni generali di tipo morfologico, ancorché affiancate da dati misurati, si devono aggiungere considerazioni su baga-glio genetico, ecologia, fenologia, comportamento e distribuzione, per giungere all'immagine globale della specie.

Va da sé che i nomi possono cambiare perché o la pianta é stata identificata non correttamente in origine e il primonome corretto pubblicato é quello che viene proposto, oppure perché il genere é variato in base alle nuove conoscenzebotaniche, oppure si é scoperto che lo stesso nome indicava due piante differenti. In definitiva nel momento attuale pos-siamo solo verificare se la specie esiste in un certo territorio e se é distinta rispetto alle altre specie vicine. Tralasciandoogni giudizio sulla validità di una specie che ha solo valore relativo ed é funzionale alla ricerca svolta.

Attualmente la sistematica biologica é interessata da nuovi indirizzi di studi a livello molecolare e da una revisione eun completamento delle idee di Darwin (neodarwinismo). Il sistema di classificazione neodarwiniano si propone di evi-denziare i rapporti che consentono di ricostruire le derivazioni filogenetiche tra i vari taxa. E’ così ormai largamenteaccettata, tra gli esseri viventi, la divisione tra Procarioti (con nucleo non circondato da membrana) ed Eucarioti (connucleo circondato da membrana). Ai primi appartengono gli archibatteri e gli eubatteri, ai secondi le alghe, i funghi, lepiante e gli animali.

18. Le categorie gerarchiche sono dette taxa e la loro denominazione viene basata sulla nomenclatura binaria. Ognigruppo sistematico di individui costituisce un taxon (plurale taxa): il genere é un taxon, la famiglia é un taxon, la specie éun taxon. Ogni specie, sulla base delle affinità filogenetiche, é inserita in un genere, questo nella famiglia e così via fino alRegno. Il termine TAXON é stato accettato al VII convegno internazionale di botanica di Stoccarda (1950) per indicare ungruppo sistematico di qualsiasi entità definendo, contemporaneamente, le desinenze da dare ad ogni gruppo per indica-re il rango del taxon:

le divisioni o stipiti -phyta, le classi -opsida, gli ordini -ales e le famiglie -aceae. I nomi scientifici di ogni Taxon (ad esclusione di Genere e specie) seguono norme stabilite da un codice internaziona-

le di nomenclatura botanica che viene aggiornato ogni 6 anni (per le piante coltivate si segue uno specifico codice inter-nazionale di nomenclatura). Il recente codice internazionale di nomenclatura botanica (Tokio Code, 1994) riporta che perdesignare categorie di ordine superiore al genere si deve fare riferimento al genere che caratterizza il taxon stesso. Lafamiglia, ad esempio, viene indicata sulla base del genere più importante ivi presente e non più su basi morfologiche:così le compositae il cui nome di riferisce al carattere morfologico “capolino” sono oggi più propriamente dette asteraceaedalla specie più rappresentativa. Così Rosa dà il nome alla famiglia delle rosaceae, all’ordine delle rosales, ecc. La nomen-clatura più specifica é fissata sempre dai congressi internazionali di botanica e periodicamente si fa la revisione dei nomiaccettando nell'uso quello dato dall'autore che ha descrittto per primo la pianta. Per tale motivo al nome scientifico seguel'abbreviazione del nome dello studioso e abitualmente si riporta nei saggi una lista di sinonimi per i nomi non più uti-lizzati.

Il codice internazionale di nomenclatura botanica stabilisce regole precise per la descrizione e la denominazionedei taxa vegetali e per l’accettazione di nuovi taxa é necessaria una descrizione in latino (diagnosi) e una pubblicazio-ne effettiva. Tuttavia permane una certa confusione perché c’é una continua disparità di vedute tra i botanici. Le deno-minazioni dei diversi taxa, la loro ampiezza e la composizione variano da autore ad autore, tanto che si tende a scrivereanche il nome dell’autore che ha proposto quel dato taxon per primo. La confusione é notevole sopratutto quando se nevuole fare un uso didattico, così occorre comprendere che le Dicotyledones e le Monocotyledones del Syllabus di ENGLER

(196412) sono le Magnoliatae e le Liliatae del TAKHTAJAN (1973) e corrispondono alle Magnoliopsida e alle Liliopsida delCRONQUIST (1992), rispettivamente.

19. Le piante che hanno caratteri analoghi sono comprese nella stessa specie (o nella stessa sottospecie quando sihanno modeste variazioni della forma tipica). Le specie che concordano nella maggior parte dei caratteri (e sulla basedelle affinità filogenetiche) sono riunite nel genere; più generi simili sono riuniti in una famiglia, più famiglie formano

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un ordine, più ordini una classe, più classi si raggruppano in divisioni e queste costituiscono i regni. Il sistema gerarchi-co utilizzato é vincolato alle nostre attuali conoscenze (connesse alla capacità di indagine sulle affinità delle piante).Viene valutato il grado di affinità (dai rapporti filogenetici) e il grado di somiglianza (dalla coincidenza di diversi carat-teri). La categoria (taxon) "specie" viene attribuita alla più piccola unità di gruppo di individui riconosciuta come tale(comunità ereditaria) e che si distingue da tutte le altre unità in base a caratteri costanti, ereditari e di isolamento ripro-duttivo. La specie é l’insieme degli individui che formano popolazioni geneticamente simili tra loro (Stebbing in GerolaF.M., 1996). A livello delle specie si diramano, infatti, le linee evolutive tra le diverse comunità. Quando due popolazionidi origine comune hanno raggiunto un certo grado di divergenza (per cui gli individui che vi appartengono sulla basedei caratteri che manifestano possono essere riconosciuti come facenti parte dell'una o dell'altra popolazione), si possonoconsiderare appartenenti a due specie distinte. I vegetali possono essere classificati o secondo un rapporto anatomico chene caratterizzi la filogenesi oppure attraverso un’indagine sierodiagnostica sulla specificità delle albumine e di alcunereazioni (composizione della parete cellulare e biosintesi della cellulosa, sequenze nucleotidiche degli acidi nucleici, pre-senza di specifici enzimi, ad esempio) per comprenderne l’appartenenza a specifici taxon. Il metabolismo e la strutturadella pianta, ai fini sistematici, non hanno valore assoluto se non sono collegati a più indagini prima di dare una rispostaattendibile.

20. La nomenclatura usata nella sistematica delle scienze naturali ha un suo linguaggio impostato in modo da rende-re univoca l’identificazione di una specie. Alla base della nomenclatura botanica vi sono delle regole elaborate da Linneoche sono state poi via via aggiornate e perfezionate nei congressi internazionali di botanica e che vengono accettate intutto il mondo. In questo sistema Quercus cerris (cerro), Quercus ilex (leccio), Quercus petraea (rovere) sono tre specie diver-se individuate da aggettivi diversi e appartenenti al genere Quercus e come tali sono riconosciute in tutto il mondo. Ognispecie viene designata utilizzando l’intero binomio fatto seguire (nei lavori scientifici) dall’iniziale dell’autore che perprimo ha descritto la specie: Salix babylonica L. e Larix decidua Mill. stanno ad indicare due specie, la prima appartenenteal genere Salix e descritta da Linneo, la seconda appartenente al genere Larix e descritta da Miller.

21. Si intende per varietà un gruppo di piante con una specifica particolarità all’interno della specie, trasmissibilegeneticamente; per forma si designano le deviazioni straordinarie dovute a mutazioni, anche queste trasmissibili geneti-camente e per cultivar si designano quelle piante i cui caratteri sono trasmissibili solo con la moltiplicazione vegetativa.

22. Nell’esempio dell’acero napolitano (Acer obtusatum Waldst et Kit ex Willd) secondo FITSCHEN J. (1977), FENAROLI

L. e GAMBI G. (1976) riportano quali sinonimi: Acer opalus Mill., Acer tomentosum Koch, Acer velutinum Boissier, Acer nea-politanum Tenore, Acer aetnense Strobl.

23. Un ulteriore esempio é relativo a Quercus sessilis Ehrh. = Quercus sessiliflora Salisb. = Quercus petraea (Matt.) Liebl.Liebl. é colui che ha descritto per primo la specie attribuendole il basionimo specifico (petraea), mentre Matt. ha descrittoper primo e assegnata la specie al genere Quercus.

24. Nel momento in cui si descrivono le piante si deve attribuire loro un nome e successivamente ordinare le diversespecie secondo una certa logica. Raggruppando le foglie in insiemi (a seconda dei caratteri comuni), indipendentementedalla variabilità individuale (ad esempio le dimensioni), si effettua una classificazione. Un tale modo di operare riunisceinizialmente le singole piante in gruppi collettivi di rango sempre elevato entro i quali si possono individuare altri carat-teri che permettono una suddivisione in un ‘rango inferiore’. Così le varie specie sono riunite in generi, i vari generi infamiglie, ecc. Ricordo che la guida alle osservazioni (chiave dicotomica) é stata ideata da LAMARCK.

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2. NEL MONDO DELLE PIANTE LEGNOSE

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“Così parla un albero: in me è celato un seme, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vitaeterna. Unico è l’esperimento che la madre perenne ha tentato con me, unica la mia forma e la venatu-ra della mia pelle, unico è il più piccolo gioco di foglie delle mie fronde e la più piccola cicatrice dellamia corteccia. Il mio compito è quello di dar forma e rivelare l’eterno nella sua marcata unicità.”

(H. Hesse, 1877-1962) (Alberi, 1919)

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Dal grecoκορµος = ceppo e φυτον = pianta.

Dal latino arbor = albero,arbustus che deriva daarbor=piccolo albero;frutex=arbusto e subfrutex=sottoarbusto.

Dal greco σπερµα = seme e φυτον = pianta.

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2.1. ALBERI E ARBUSTI.

Le piante superiori conosciute ammontano a circa 262.000 specie (300.000 peralcuni autori come Harrison H.J., 1979) e sono circa 6.000 le specie della flora italia-na che giocano un ruolo determinante nel caratterizzare il nostro paesaggio(Pignatti S., 1982); di queste circa 500 sono specie arbustive e arboree. (1)

Le piante superiori sono differenziate, da un punto di vista embriologico,morfologico e funzionale in tre organi fondamentali: radice, fusto e foglie. A uncomplesso così strutturato viene dato il nome di “cormo” e all’insieme delle pianteche lo posseggono viene dato il nome di cormofite. (2)

Empiricamente parlando le piante superiori si possono distinguere in legnose ederbacee sulla base di caratteri morfologici assai semplici quali il grado di lignifica-zione del fusto, la consistenza dello stesso e il modo diverso di superare il periododi aridità. Le piante erbacee sono sempre non lignificate (escludendo i bambù), condiametro modesto (escludendo i banani) e comprendono prevalentemente pianteannuali o biennali. Le piante legnose hanno fusto lignificato che può raggiungerenotevoli dimensioni sia in altezza che in diametro e comprendono solo piante lon-geve. Il campo delle indagini può essere ulteriormente ristretto, valutando, nell'am-bito delle specie legnose, se la specie è un albero, un arbusto (o frutice) o un suffrutice(tav.1.) e individuando poi, sia sulla base delle caratteristiche morfologiche dellefoglie, degli pseudofrutti o dei frutti, se appartiene alle "CONIFERE" (portatrici diconi) oppure alle "LATIFOGLIE" (dalle foglie espanse) che corrispondono alle gim-nosperme e alle angiosperme, rispettivamente. (3)

La parte aerea di tali piante legnose é costituita dalle foglie e dal fusto, quest’ul-timo con funzione di collegamento tra quelle e le radici. Le piante legnose posseg-gono un accrescimento primario dato dal meristema apicale (responsabile dello svi-luppo in altezza) e un accrescimento secondario dato dal cambio cribro-vascolare(responsabile dell'accrescimento in diametro). Le parti giovani delle piante sonorivestite dall’epidermide che é di origine primaria, ma le piante adulte sono caratte-rizzati da tessuti tegumentali di origine secondaria sulle cui pareti cellulari si édepositata la suberina, un composto impermeabile ai liquidi e ai gas. Tale stratoimpermeabile protegge il fusto dalla perdita di acqua e permette la sopravvivenzadella pianta che ricrea al suo interno l’ambiente ricco di acqua in cui era vissutaprima della conquista della terraferma..

La diffusione della specie viene affidata al seme. Per tale motivo tali piante sonostate designate con il termine di Spermatofite. Il seme é una struttura che permette lasopravvivenza dell'embrione (sporofito giovane), al suo interno, finché le condizio-ni ambientali non sono tali da permetterne l'accrescimento e la germinazione chedarà origine allo sporofito adulto. (4) Le piante superiori sono nella quasi totalità

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Dal greco φως = luce.

Dal greco γυµνος = nudo, αγγειον = vaso

e σπερµα = seme.

Dal latinoconifer = che producefrutti conici, derivato

da conus = cono e ferre = portare,

derivati a loro voltadal greco κωνος = cono

e φερω = portare.

dei casi fotoautotrofe, in grado di utilizzare la luce solare quale fonte energetica, persintetizzare dalle molecole d’acqua e d’anidride carbonica, zuccheri.

Per quanto riguarda un inquadramento generale, comunemente parlando,anche se non corrispondono più a unità sistematiche riconosciute, gli alberi, i frutici(arbusti) e i suffrutici sono Fanerogame e si suddividono in GIMNOSPERME eANGIOSPERME. (tav. 2.) (5)

1.1. Le Gimnosperme sono attualmente definite più propriamente con il termi-ne PINOPHYTA.

Si tratta di un gruppo di piante legnose a lenta crescita (50 generi e 500 specie),prevalentemente arboree (in condizioni climatiche particolarmente fredde possonotrovarsi anche sotto forma arbustiva) che producono semi nudi derivati da gametifemminili contenuti in ovuli posti sulla superficie di foglie modificate legnose confunzione protettiva. I semi sono appoggiati su strutture dette "pigne" o “coni” chepossono esere legnose come i "galbuli" dei cipressi (Cupressus spp) o carnose come le“coccole”dei ginepri (Juniperus spp) con rare eccezioni come gli “arilli” del tasso(Taxus baccata) in cui l’involucro che avvolge il seme é carnoso e colorato. Negli orga-ni riproduttori maschili le squame portano sulla faccia dorsale le sacche ripiene digranuli pollinici e, in quelli femminili, le squame portano sulla faccia ventrale gliovuli. Il trasporto del polline é prevalentemente affidato al vento (anemofilia) facilita-to, in molte specie, dalla presenza di una espansione alare più o meno ampia (tav. 3.).

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Tavola 1. Caratteri distintivi di Alberi, frutici e suffrutici.

Le piante con fusto legnoso vengono suddivise in alberi (come il tiglio), frutici (come il mirto) e suffrutici (come la salvia). Glialberi posseggono un caule (tronco) ramificato a partire da una certa altezza, gli arbusti possono essere ramificati fin dal livellodel suolo e posseggono più tronchi che si dipartono da un unico ceppo (sono i frutici), oppure posseggono oltre alle radici, unbreve tratto di fusto lignificato, mentre gli ultimi internodi dei rami rimangono erbacei e si rinnovano annualmente (sono isuffrutici). Lo schema tradizionale descritto che vede le piante morfologicamente divise in radici, fusto e foglie, ha un suoriscontro negli alberi e negli arbusti ma non é sempre evidente per le piante erbacee nelle quali può mancare una parte (cfrLemna sp., una piccola pianta acquatica in cui le radici si innestano sulle foglie). D’altro canto il mondo delle piante é colmo disorprese, strategie di sopravvivenza, gusto estetico e mostruosità con strutture atipiche di difficile definizione, se normalità oanomalie.

ALBERO FRUTICE SUFFRUTICE

Chioma

Rami

Tronco o fusto

CollettoPicale

Radici

Piede

ALBERO FRUTICE SUFFRUTICE

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Tavola 2. Caratteri distintivi tra Gimnosperme e Angiosperme arboree.

Le gimnosperme hanno molti cotiledoni e foglie prevalentemente rigide. Hanno accrescimento laterale e una radice principaleda cui si dipartono radici secondarie. Le dicotiledoni posseggono due o più cotiledoni, fiori a verticilli prevalentemente penta-meri (o anche tetrameri), foglie prevalentemente con picciolo e nervature retinervie. Anche loro hanno accrescimento laterale euna radice principale da cui si dipartono radici secondarie. Le monocotiledoni sono caratterizzate invece da un unico cotiledo-ne, da fiori a verticilli trimeri, foglie guainanti e avviluppanti il fusto, e nervature che decorrono parallele. Non hanno in gene-re accrescimento laterale con rare eccezioni (Dracaena sp. ha un accrescimento in larghezza dovuto a uno strato di cellule che“apre” i fasci cribo-vascolari producendo cribo e legno) e hanno numerose radici avventizie.

Tavola 3. Pollini.

Il polline contiene i gameti che sono deputati alla fecondazione dell’ovocellula. Ogni specie vegetale ha un suo polline concaratteristiche tali che ne permettono la determinazione. È spesso dotato di sacche aerifere che ne facilitano il trasporto tramiteil vento di modo che si diffonde anche molto lontano dall’area in cui vive l’albero. La loro strutura esterna é molto resistente (écostituita da sporopollenina) e permette ai pollini di conservarsi per lunghissimi periodi.

Taxus baccata(29 µ)

Fagus sylvatica(48 µ)

µ (micron) = 1 millesimo di millimetro

Pinus sylvestris(55 µ)

Pinus cembra(72 µ)

Picea abies(68-130 µ)

Populus tremula(29 µ)

Alnus glutinosa(29 µ)

Carpinus betulus(37 µ)

Quercus petraea(39 µ)

Acer pseudoplatanus(34-35 µ)

Struttura Gimnosperma Struttura Angiosperma dicotiledone Struttura Angiosperma monocotiledone

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Dal greco πτερις = felcee φυτον = pianta.

Ovuli e granuli pollinici sono sempre portati da strobili (coni) diversi che posso-no essere presenti sullo stesso individuo (pianta monoica) (Abies alba) oppure sudue individui diversi (piante dioiche) (Taxus baccata). (6)

La storia delle conifere risale al carbonifero superiore (circa 290 milioni di anni fa)che per tale motivo viene chiamato “era delle Gimnosperme”. Le preconifere conaccrescimento secondario e foglie aghiformi si sono originate nel permiano, un perio-do dell'era paleozoica (durato circa 38 milioni di anni, caratterizzati da una riduzionedell'umidità atmosferica, da una aridità climatica e da freddo intenso). Durante taleperiodo avvenne l'estinzione delle grandi pteridofite arboree e la differenziazione e dif-fusione delle gimnosperme che furono le prime piante in grado di sintetizzare lasuberina. Le gimnosperme hanno la loro massima espansione nel giurassico (unperiodo dell’era mesozoica durato circa 63 milioni di anni) e sono da considerarsi per-

tanto le spermatofite più antiche. Solo nel successivo Cretaceo con l’esplosione delleAngiosperme inizierà il rapido declino delle Gimnosperme di cui molte specie scom-pariranno durante le fasi glaciali e interglaciali del quaternario e conseguenti oscilla-zioni climatiche. (tav.4)

1.2. Le angiosperme sono oggi dette MAGNOLIOPHYTA e sono piante in cui ilgamete femminile é contenuto in un ovulo racchiuso in una particolare struttura delfiore detta ovario. Sono le piante a fiore per antonomasia. (7)

Dall’Eocene le angiosperme diventano il gruppo di piante dominante. Le angio-sperme arboree iniziano a predominare a partire dal cretaceo e quando, dal giurassi-co, il clima diviene più arido con un progressivo raffreddamento (solo verso la fine

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PALEOZOICO (350) MESOZOICO (150) CENOZOICO (68) NEOZOICO (2)

Cambriano Ordoviciano Siluriano Devoniano Carbonifero Permiano Triassico Giurassico Cretaceo

Piante vascolari G

imnosperm

e Angiosperm

esenza sem

i

Bryophyta

Psilophyta

Licophyta SphenophytaPterophyta

Pteridospermophyta

Cycadales

Taxodiales

Ginkgophyta

Magnoliophyta

Olocene

Pleistocene

Pliocene

Miocene

Oligocene

Eocene

Pallocene

Gnetophyta

Conipherophyta

Tavola 4. Schema dell’evoluzione delle piante.

Nel triassico si diffondono le taxaceae e le auracaraceae; nel giurassico, favorite dal clima più secco, si diffondono le conife-rophyta, nel cretaceo le ginkgophyta. È invece a partire dal cretaceo superiore che si diffondono le angiosperme. Nelle zone aclima continentale secco, lontano dalle paludi, sono le gimnosperme a prendere il sopravvento sulle pteridofite in quanto laloro riproduzione é svincolata dall’acqua: il fusto protegge il passaggio dell’acqua verso le foglie e queste sono rivestite di cuti-na che riduce l’evapotraspirazione. La nomenclatura é secondo TAYLOR ed EMBERGER in GEROLA (1996). (I tempi delle eresono espressi in milioni di anni.)

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dell'era cenozoica) si evolvono piante con ciclo vitale breve. Dall'oligocene (durato14 milioni di anni) inizia, infatti, lo sviluppo delle spermatofite erbacee caratterizzatedal solo accrescimento primario. Da queste, attraverso radiazione adattativa, si éancora ritornati a piante legnose perenni e con accrescimento secondario.(8)

I fiori possono essere sia ermafroditi ( ) (Pyrus communis) che unisessuati (¢) ( )portati da un unico individuo (pianta monoica) (Corylus avellana) o da due individuidistinti (pianta dioica) (Salix sp.). In alcuni casi sono presenti sulla medesima pianta siafiori unisessuali maschili e femminili sia fiori ermafroditi (Platanus sp.). Dopo la fecon-dazione l'ovulo si trasforma in seme e l'ovario in frutto con la funzione di proteggere ilseme e favorirne la disseminazione. Sono suddivise in due classi che corrispondono aquelle definite dal numero delle foglioline embrionali o cotiledoni presenti nel seme:

-MAGNOLIOPSIDA (Dicotiledoni) con due cotiledoni (comprendono alberi,arbusti, suffrutici ed erbe). I fiori sono generalmente a 4-5 petali o loro multipli;sono cioé tetrameri o pentameri (hanno 4 o 5 elementi inseriti ad ogni verticillo delperianzio). Le foglie sono generalmente costituite da un picciolo e da una laminache é percorsa da una nervatura per lo più pennata o retinervia con una fitta rete diintersezioni (anastomosi) tra le nervature secondarie. In prevalenza posseggono unaccrescimento secondario che segue quello primario. La maggior parte delle sper-matofite sono dicotiledoni: circa 170.000 specie.

-LILIOPSIDA (Monocotildoni) hanno un solo cotiledone, sono prevalentementeerbacee (tranne Yucca, Dracena e Palme); i fiori sono costituiti in genere da 3 pezzifiorali o multipli (hanno 3 + 3 tepali, 3 + 3 stami, 3 carpelli); le foglie in genere nonsono suddivise in lamina e picciolo, sono parallelinervie e di forma lanceolata.Hanno prevalentemente solo un accrescimento primario. Le monocotiledoni com-prendono circa 60.000 specie.

2.2. RICONOSCERE LA MORFOLOGIA.

Per potere riconoscere gli elementi che saranno utilizzati nella chiave dicotomicaoccorre avere un'idea del significato dei diversi termini scientifici usati per designa-re la morfologia della pianta e avere chiaro il loro disegno. La morfologia individua icaratteri con cui la pianta si presenta nell’ambiente. L’osservazione procederà dalgenerale al particolare interessandoci principalmente di organi (come le foglie) osistemi di organi (come le gemme), valutandone forma e distribuzione nello spazioattraverso l’osservazione ad occhio nudo o al massimo con una lente d’ingrandi-mento e comunque solo di ciò che si vede libero e a portata di mano. In linea dimassima le osservazioni della forma delle foglie e della loro distribuzione lungo ilramo permettono di determinare le diverse specie di alberi, ma alcune volte ènecessario utilizzare ulteriori informazioni. Nelle tavole allegate si fa riferimento alportamento, al tronco, alle gemme, alle foglie, ai frutti o agli pseudofrutti. Occorrericordarsi che i caratteri tipici delle famiglie, dei generi e delle specie non si ripeto-no in modo assoluto e uniforme in tutti gli individui, per cui solo l'esperienza per-metterà di distinguere tra tutti i caratteri osservati quelli reputati tipici di una spe-cie piuttosto che di un'altra (variabilità individuale). Si tenga presente inoltre chealla variabilità esistente tra diversi individui si aggiunge quella esistente tra lediverse zone della stessa pianta. Risulta dunque importante un’osservazione diffu-sa per individuare i caratteri medi su cui effettuare le proprie rilevazioni.

Da tale generale suddivisione si approfondiranno via via le osservazioni inda-gando, nei particolari su:

Dal greco ανϑος = fiore

e φυτον = pianta.Dal grecoκοτυληδων = cotiledoni.

Dal greco µορφη = forma e λογος = discorso.

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¢£ £

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Dal grecoεπι = sopra

e δερµα = pelle.

Dal latino cuticuladiminutivo di

cutis = pelle.

Dal greco στοµα = bocca

e τριχωµα derivato daδριξ = pelo.

a. L’epidermide.Le foglie, i frutti, i rami giovani, i fiori e i fusti erbacei sono rivestiti da un'epi-

dermide, un tessuto adulto primario formato da cellule vive, con funzione di prote-zione degli strati più interni dalle infezioni, dai danni meccanici, dalle radiazionipericolose e di difesa contro un’eccessiva perdita d’acqua. (9) A tal fine le pareti cel-lulari dell’epidermide sono impregnate di cutina e di cuticola spesso associata acere. La superficie dell’epidermide può divenire uno degli elementi diagnostici utiliper riconoscere le diverse specie, utilizzando il tatto. (tav. 5.)

L’epidermide é costituita da specifiche cellule epidermiche e da cellule specializ-zate (stomi e tricomi). Tralasciando gli stomi presenti generalmente nella superficieinferiore della foglia e la cui apertura rappresenta il collegamento tra ambienteesterno agli organi della pianta e i suoi strati più interni, osserviamo i peli. I peli otricomi possono essere situati sia sulla pagina superiore della foglia (servono perrinfrangere la luce e quindi limitare l'irradiazione intensa che potrebbe compromet-tere la funzionalità della clorofilla), sia sulla pagina inferiore (creano uno strato diaria che saturandosi di vapore acqueo limita la traspirazione, evitando, inoltre ladispersione di calore). I peli possono essere di forme diverse: stellato nel tiglioargentato (Tilia petiolaris), a scudo nell'olivo (Olea europaea), semplice nel tigliocomune (Tilia platyphyllos) o ghiandolare (Lonicera periclymenum). (tav. 6.) (10)

b. Le gemme.All’apice del fusto é posta una o più gemme (gemma apicale), cosiccome all’a-

scella delle foglie (gemma ascellare). Le gemme sono gli apici vegetativi preformaticostituiti da meristema, bozze fogliari, bozze fiorali e primordi dei rami (all'ascelladelle bozze fogliari), e danno origine ad un germoglio in via di sviluppo. I primordi

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Tavola 5.

Superficie dell’epidermide.

Tavola 6. Tricomi.

Liscia

Scabra

Pelosa

Coriacea

Pruinosa e coriacea

Bifido Stellare Gliandolare Appuntito Scutato

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dei rami sviluppandosi originano gemme laterali o ascellari. Le gemme solitamentevengono classificate in base alla loro posizione (gemme terminali, gemme laterali,opposte, alterne, distiche), in base al loro contenuto (gemme vegetative, gemme fio-rifere, gemme miste) o alla loro attività (gemme dormienti).

Le gemme possono essere nude come nel sambuco (Sambucus nigra) oppure rico-perte da foglioline squamiformi modificate dette perule, come nel carpino (Carpinusbetulus). Possono essere evidenti o anche nascoste dal picciolo della foglia (Robiniapseudacacia). La loro posizione lungo il ramo, la loro forma, (rotondeggianti inFraxinus, fusiformi in Fagus, conica in Platanus, ovoidale in Rhamnus, angolare inQuercus), le dimensioni (grandi come in Aesculus o piccolissime come in Crataegus),il colore, l’odore, la presenza di peli (Quercus pubescens), stipole o lacinie (Fagus syl-vatica) o resine (Pinus spp.) ed essudati più o meno appiccicosi (Alnus glutinosa), sesono sessili o meno, se sono appressate o divergenti dal ramo, il numero e la formadelle perule (o se queste sono +/- combacianti), sono altrettanti elementi da prende-re in considerazione per distinguere una specie dall'altra soprattutto durante ilperiodo invernale. (tav. 7.) L’osservazione va fatta su diversi rametti giovani (non

Tavola 7. Caratteri delle gemme.

L’apice del germoglio con i tessuti meristematici, durante il periodo di dormienza della pianta é protetto dal freddo, dalla disisdra-tazione e dall’attacco degli insetti, in una gemma. Le gemme in fase di riposo sono povere d’acqua e ricche di soluzioni concentra-te di zuccheri che funzionano come un anticongelante. Le gemme sono nude quando il germoglio termina di accrescersi e sono legiovani foglie (profilli) a funzionare da gemme che si distenderanno a formare i nuovi nomofilli (Viburnum sp.); le gemme sonoin genere coperte da foglie squamiformi (perule) come in Aesculus spp. e avvolte da stipole come in Fagus sp., da peli semplicio ghiandolari, dalla base del picciolo come in Platanus spp., da cere, resine o da cellule parenchimatiche. Esse possono suddivi-dersi, per una facile determinazione in: gemme su rami spinosi, gemme su rami rampicanti, gemme su rami; gemme opposte,gemme alterne, gemme distiche, gemme ovoidali, gemme coniche, gemme rotondeggianti, gemme affusolate, gemme costolute.

nuda

Le gemmesi

presentano:

con una perula

con due perule

con più perule

gemma nascostaPlatanus x acerifolia

gemma su piccioloAlnus incana

gemma ascellante

Alianthus altissima

gemma appressata al ramo

Salix alba

gemmacon spine

Berberis vulgaris

gemmacostolutaQuercus

gemma patenteAesculus

Hippocastanum

gemma rotondaFraxinusexcelsior

gemma conica su

brachiblastoSorbus aria

gemmeaddossate

Pyrus communis

gemmeavvolte

da stipoleQuercus cerris

gemma ovoidalePopulus

canescens

gemmevicine

Fraxinus excelsior

gemma conica a punte

reflessePinus pinea

gemmanuda

Rhamnus frangula

gemma obliquaaffusolata

Fagus sylvatica

Gemme apicali

Gemme ascellari

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sui polloni) esposti al sole.

c. Il germoglio.Il sistema caulinare di una pianta (fusto e foglie) viene designato con il nome di

germoglio. (tav. 8) L’attività meristematica dell’apice del germoglio inizia con lacomparsa di un primordio fogliare nel quale la divisione cellulare di meristemi spe-cifici origina la forma della foglia propria per quella specie. Nel frattempo l’apicedel fusto si allunga grazie all’attività cellulare e si delinea la fillotassi (disposizionedelle foglie lungo il fusto) propria della specie. In realtà nelle piante legnose si pos-sono avere più fillotassi (e forme fogliari diverse da quelle adulte) in funzione del-l’età del germoglio e in funzione della sua ortotropia o plagiotropia (A.D.Bell, 1993).Ovvero vi é un cambiamento di morfologia della pianta nel tempo nell’ambito diuna serie continua che va dalla germinazione alla morte: plantula, stadio giovanile,stadio immaturo, stadio verginale, stadio riproduttivo, stadio subsenile e stadiosenile, che rimangono indipendenti dall’età assoluta della pianta e sono piuttostodeterminati dalle condizioni ambientali in cui essa vive (Barthélémy D., Edelin C.,Hallé F., 1989). Inoltre c’é da ricordare che se il meristema apicale funziona indefini-tivamente; avviene il continuo allungamento del germoglio con una crescita di tipomonopodiale, se viceversa il meristema apicale ad un certo momento cessa di fun-

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Tavola 8. Sezione schematica di un germoglio di dicotiledone.

L’embrione che si sviluppa dallo zigote, dopo la fecondazione, é costituito da cellule in continua divisione. Sviluppandosi l’em-brione, la crescita per divisione delle cellule rimane limitata agli apici del germoglio e agli apici radicali, dove cellule che man-tengono la capacità di dividersi costituiscono il tessuto meristematico primario. Per conseguenza si ha un aumento di dimen-sioni in senso longitudinale. I meristemi apicali del germoglio, sia principali che laterali, formano anche gli abbozzi, o primordidelle foglie e dei rami, e dei fiori. Essi costituiscono le gemme delle piante. I nomofilli, i petali, i sepali prendono tutti originedai primordi fogliari equivalenti presenti sui primordi del germoglio e sono, pertanto, strutture omologhe. La parte prossimaledel germoglio, prima del profillo (la prima foglia del fusto) é detta ipopodio. Altri tessuti adulti acquisiscono, dopo un certotempo, la capacità di riprodursi e sono detti meristemi secondari, come il fellogeno (o cambio del sughero) e il cambio propria-mente detto che genera libro e legno. In questo caso si ha un aumento di dimensioni in senso radiale.

- primordio fogliare

- apice del germoglio

Cuffia

Gemma principale

Periciclo

Cambio

Fusto

Foglia

Tessuto vascolare

Radice principale

Radice laterale

Apice radicale

Gemma laterale o ascellare

G

R

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zionare e prende il sopravvento il meristema ascellare, avremo una crescita di tiposimpodiale. Ai fini del presente lavoro, per finalità didattiche, definiremo germogliola struttura fusto-foglie-gemma apicale cresciuta nell’anno e ancora di consistenzaerbacea, sia essa derivata da una gemma apicale o ascellare. Un cercine di cicatricilasciate dalle perule che coprivano la gemma apicale dell'anno precedente indica l'i-nizio del getto di ciascun anno e ci permette di individuare i rami dell’anno (dicolore prevalentemente verde), i rami di un anno, di due anni, ecc. (tav. 9).

d- Rami e tronco.Il fusto o caule rappresenta la parte assile del germoglio, ha le funzioni di soste-

nere i rami e le foglie e permettere loro di ‘conquistare’ uno spazio verso la luce;garantisce inoltre il trasporto dei liquidi necessari alla pianta per vivere e funzionaanche come organo di riserva. E’ costituito da tubi (tracheidi e trachee), definiti conil termine di “legno”, che permettono il flusso dell'acqua con i sali minerali dalleradici alle foglie e da altre cellule specializzare (i cribri) che viceversa permettono ladistribuzione dell’acqua con le sostanze organiche elaborate a seguito della fotosin-

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Tavola 9. Aspetto invernale di un ramo. Età, direzione e crescita dei germogli.

Le zone di accrescimento sono dette meristemi. I meristemi primari sono posti all’apice del germoglio che viene protetto neiperiodi di riposo da squame organizzate in una struttura detta gemma.La gemma apicale racchiude gli abbozzi delle foglie (dei fiori) e dei meristemi apicali. Le perule cadendo lasceranno un cercine ela distanza tra due successive cicatrici permette di comprendere la crescita del rametto durante un anno e individuare l’età deirametti a partire dal germoglio apicale. Le piante sono costituite da unità strutturali ripetitive influenzate dall’ambiente. Unaunità strutturale é costituita da un internodo e da un nodo con gemma e foglia (fitomero). La sua crescita avviene secondo unasimmetria definita geneticamente. Con il termine di profillo si indicano le prime foglie del primo nodo di un ramo (o del ger-moglio).L’accrescimento può essere proleptico (ritmico con una fase di riposo stagionale e produzione di gemme) e silleptico (continuonel tempo senza riposo e senza gemme)(secondo le definizioni riportate in Bell A.D.,1993). Al cune volte si può osservare lapresenza di un germoglio direttamente dal tronco per risveglio di una gemma dormiente (si parla in tal caso, secondo la dizio-ne della scuola americana, di reiterazione proleptica). Quando sul tronco si formano fasci di germogli si parla di ramificazioneepicornica per la presenza di gemme avventizie di origine endogena o di gemme preventizie di origine superficiale. La cauliflo-ria si ha quando si formano fiori sul tronco o sui rami.

Gemma apicale

Perule (foglie modificateche avvolgono le gemme)

Lenticelle

Internodo

Nodo

Nodo

Rametto di un anno

Ramo di tre anni

Ramo di due anni

Gemma ascellare

Cercine lasciato dalpicciolo della foglia caduta

Cicatrice ad anello della gemma apicaleche ha formato il rametto di un anno

da S

pine

lli, 1

989

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tesi, dalle foglie a tutte le altre parti della pianta. Il fusto é costituito inoltre ancheda altre strutture con funzione di sostegno, protezione e accrecimento. I “vasilegnosi”(il legno) si accrescono annualmente in cerchi concentrici influenzati dal-l’andamento stagionale e sono visibili tagliando il tronco. (tav. 10.) (11)

Il portamento è il carattere più appariscente dell’albero e rappresenta la formache lo stesso ha acquisito durante il suo sviluppo e la sua crescita: ne sono esempi irami penduli del salice piangente (Salix babylonica), la forma conica dell'abete rosso(Picea abies), la chioma a ombrello del pino da pinoli (Pinus pinea) o la chioma emi-sferica del faggio. Il portamento dell’albero é influenzato ovviamente da fattorigenetici che condizionano l’assetto delle ramificazioni: simpodiale o monopodiale.(tav. 11.) Tuttavia è bene chiarire che il portamento (o se si vuole, la silhouette) non

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Tavola 10. Anelli annuali.

Nei climi freddi e temperati la crescita dell’albero é scandita dal ritmo delle stagioni: si arresta nella stagione fredda e riprendein primavera allorché la temperatura é più mite. Ogni anno si forma un anello di cellule più o meno consistente a seconda dellecondizioni ambientali. In alcune specie come le conifere e molte latifoglie é evidente, mentre per altre (betulle, agrifogli, tigli) émeno visibile. Ad ogni anello di accrescimento del legno corrisponde in genere un anno di vita dell’albero per cui conteggiandoattentamente tutti gli anelli anuali, si può risalire alla sua età. E possibile in tale maniera confrontare anche gli anelli di diver-se piante e riavere una datazione a ritroso nel tempo partendo dalla data certa di un campione di legno. Dall’osservazione den-drologica é poi possibile ricostruire le condizioni climatiche di ogni anno e il periodo in cui si sono verificate. In annate più pio-vose, infatti, si riscontrano cerchi più chiari e larghi (perché si sviluppano molto); anni meno adatti, più secchi e meno piovosihanno invece anelli più stretti e più scuri. Ciascun anello é costituito da un settore interno piùchiaro formato da cellule grandie con parete cellulare sottile (legno primaverile) e da una parte più esterna scura formata da cellule più piccole a parete piùspessa (legno autunnale o di chiusura). Ad ogni anello scuro e chiaro corrisponde un anno. L’ampiezza dell’anello e la suastruttura dipendono dall’attività fisiologica dell’albero, dal suo stato di salute, dal clima e dalle condizioni ambientali locali.Nelle Gimnosperme costituite da legno omoxilo gli elementi conduttori sono a doppia funzione: di trasporto e di sostegno(fibrotracheidi). Nel legno primaverile prevale la funzione di trasporto e in quello estivo la funzione di sostegno. Nelle dicotile-doni il legno é invece eteroxilo formato da vasi (trachee e tracheidi), fibre e cellule parenchimatiche. In molte specie l’area dellegno vecchio (quella centrale) appare evidente di colore più scuro (duramen) rispetto a quella più esterna (alburno): é il casodi Robinia, Larix; in altre piante il colore é uniforme come in Salix, Populus, Abies. Il colore scuro del duramen é dovuto alfatto che il legno é impregnato di vari prodotti (terpeni, tannini, flavonoidi) con azione fungicida.L’età degli alberi può essere determinata anche dalle loro dimensioni o, nel caso delle conifere, dal numero dei palchi che pos-seggono (in genere ogni tre anni un palco).

19101930195019701982Legno

Libro

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Tavola 11. Crescita del sistema dei germogli.

La forma della chioma é influenzata dalla disposizione dei rami e delle gemme. L’asse principale dell’albero cresce verticalmen-te e forma rami di primo ordine che origeneranno rami di secondo ordine, e così via. Se i rami laterali di secondo ordine si svi-luppano meno di quelli di primo ordine e questi ancor meno dell’asse principale che si accresce indefinitivamente, si parla diramificazione di tipo monopodiale (M) essa é tipica delle gimnosperme a portamento piramidale (abete rosso) e di alcune angio-sperme (pioppo). Se al contrario i rami laterali crescono più dell’asse principale, tanto da assumerne le veci, si parla di ramifi-cazione simpodiale (S) che é tipica della maggior parte delle angiosperme (tigli). L’accrescimento simpodiale si ha quando l’ac-crescimento viene proseguito dalla gemma ascellare; ogni unità simpodiale termina con un fiore o una spina o un viticcio.L’orientamento dei rami può essere plagiotropo se esso si pone orizzontalmente oppure ortotropo se si pone verticalmente. Ilgermoglio é ortotropo quando si sviluppa in direzione opposta alla forza di gravità; é invece plagiotropo quando ha uno svilup-po laterale perpendicolare alla forza di gravità. Un ramo ortotropo può essere piegato verso il basso ma tenderà ad avere sempreuno sviluppo verso l’alto. Si presti attenzione tra ortotropia (rami verticali) e plagiotropia (rami orizzontali) che possono esseremascherati da un riorientamento dei rami dovuta al peso o a metamorfosi o anche a interventi antropici.Lo sviluppo dell’albero può anche essere interpretato secondo un modello architettonico,valutando la ripetizione del modello(reiterazione) e i mutamenti che hanno potuto influenzare i rami (metamorfosi).HALLÉ e OLDEMAN nel 1978 hanno descritto (e previsto) 23 sequenze di “modelli architettonici arborei” sufficienti per descri-vere le specie tropicali e di ambiti più temperati (cfr Bell, 1993) impostando il loro riconoscimento sulla base del fatto che ognipianta legnosa é costituita da unità simili che si ripetono nello spazio (moduli). Tra i più evidenti modelli citeremo il modellodi RAUH (tronco monopodiale, rami monopodiali ortotropi e accrescimento ritmico) tipico di Picea abies; il modello diLEEUWENBERG (tronco e ramificazione simpodiale con due unità simili terminali) come in Euphorbia punicea; il modello diCHAMPAGNAT (tronco ortotropo simpodiale in cui ogni unità simpodiale si ripiega per azione del proprio peso) come in Salixbabylonica; il modello di TROLL che si può differenziare nel tipo presente in Prunus ssp (tronco e rami plagiotropi su troncomonopodiale) e nel tipo presente in Platanus spp. (rami e tronco plagiotropi su tronco simpodiale), o il modello di SCARRONE(tronco monopodiale con rami ortotropi simpodiali e accrescimento ritmico) come in Phellodrendron chinense. In realtà éabbastanza complesso individuare l’architettura di un certo albero (é difficile capire alle volte la differenza tra monopodio esimpodio) proprio perché l’ambiente lo condiziona fortemente e poi perché essa può variare a seconda dell’età. Ad esempio inArbutus unedo il modello é differente se l’albero cresce in pieno sole (modello di Leeuwenberg) o all’ombra (modello diScarrone) e in Acer pseudoplatanus l’albero inizia la crescita secondo il modello di Rauh e lo termina secondo il modello diLeeuwenberg) (Bell, 1993).

A B

F

R R

I I

F

Rauh

Crescita indeterminata

MODELLI

(da

Rau

h, in

Krü

ssm

ann,

196

8)

(da

Bel

l, 19

93)

Leeuwenberg Trollmonopoidale

Trollsimpodiale

Champagnat ScarroneCrescita determinata

Accrescimentomonopodiale Accrescimento

simpodiale(dicasio)

Accrescimentosimpodiale

(monocasio)

M S

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sempre offre dati sicuri per la determinazione della specie, in quanto può essereinfluenzato e condizionato da un insieme di fattori quali l'età, le condizioni mete-reologiche e climatiche (luminosità, ventosità, disponibilità d’acqua), le condizionipedologiche, l'azione di agenti patogeni, l'azione dell'uomo e degli animali, la vici-nanza di altre piante e la variabilità tra gli individui di una stessa specie. (tav. 12.)

Spesso il portamento é modificato da mutazioni che vengono poi riprodottevegetativamente dagli orticoltori per un qualche interesse ornamentale. E’ tale ilcaso del salice piangente (Salix alba ‘Tristis’) dai rami penduli, del pioppo italico(Populus nigra ‘Italica’) a forma di cipresso, prediletto da Maria Teresa d’Austria o

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Tavola 12. Portamenti degli alberi.

Il portamento degli alberi dipende dal grado di dominanza apicale e dalla sua durata (Longo, 1986). Se la dominanza esercitatadall’asse principale é forte e dura tutta la vita, per cui i rami laterali sono più devoli, si ha una ramificazione monopodiale altri-menti é simpodiale e può essere a monocasio o a dicasio. Fondamentalmente il portamento é legato alla diversa velocità di cresci-ta dei rami: se la crescita delle ramificazioni é dappertutto eguale si hanno specie ‘decorrenti’ come quelle che assumono porta-mento globoso o a ripiani, mentre siamo in presenza di specie ‘excurrenti’ quando la crescita della cima é preminente rispetto aquella dei rami laterali come nelle specie con portamento fastigiato, piramidale o colonnare (Zimmermann, Brown, 1971).Il fusto può essere eretto (con portamento perpendicolare al suolo), strisciante (quando si appoggia al suolo), rampicante (quan-do si sostiene con organi atti ad attaccarsi al sostegno), volubile (quando si sostiene avvolgendosi al sostegno).Ancora si può indagare sullo sviluppo dell’albero: modesto, medio, notevole; sull’andamento più o meno regolare del fusto, suicaratteri del fusto: lineare o tortuoso. Anche la chioma può essere regolare o irregolare, folta o rada, raccolta o espansa, inseritasu ramificazioni alte oppure su ramificazioni basse. Per portamento colonnare si intende anche quello delle palme che avendosolo una gemma apicale sono costituite da un ciuffo di foglie poste su un lungo ‘stipite’.

Tavola 13. Eterocladosi (Eteroclasia).In alcune specie arboree i rametti possono presentare forme differenti come nel larice (Larix decidua). Ci sono rami d’allunga-mento (i macroblasti) che portano solo foglie e lungo i quali si sviluppano i brachiblasti (rami corti) che portano foglie e sonospesso coinvolti nella formazione di spine e fiori. I rami possono anche richiamare l’aspetto di foglie composte come nel cipressocalvo delle paludi (Taxodium distichum) (rami fillomorfici) e cadere a un’alternanza di stagione lasciando cicatrici evidentisul tronco.

Rametto di un anno

Cercine

Rametto dell’ anno

Aghi subrachiblasto

Ago sumacroblasto

Ago

colonnare ovoidale piramidaleo scalare

a ripianio tabulare

ad ombrello globoso fastigiatodecombente

(da

Spi

nelli

, 198

9)

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Dal greco βραχυς = breve,µακρος = esteso e βλαστος = germe.

Dal grecoφελλος = sugheroe γενης = nato da.

dal faggio contorto (Fagus sylvatica ‘Tortuosa’).I rami possono essere molto corti (brachiblasti) e portano sovente fiori oltrecché

foglie, e lunghi (macroblasti) che portano solo foglie e brachiblasti. (tav. 13.) I rametti posseggono colore (chiaro in Viburmum opulus, scuro in Prunus cerasus,

rosso in Cornus sanguinea, verde in Euonymus europaeus, giallo in Populus nigra) ecaratteri morfologici specifici che sono elementi diagostici per facilitare la determi-nazione delle diverse specie sia osservandoli con cura che tagliandoli obliquamente.(tav. 14.)

e. La scorza.Un altro rivestimento é il sughero, un tessuto adulto secondario originato dal

cambio subero-fellodermico o fellogeno. Sulla superficie interna delle cellule paren-chimatiche sottoepidermiche (o a volte anche da quelle epidermiche come nel melo)viene depositata la suberina che le rende impermeabili.

Per permettere gli scambi gassosi tra l’interno e l’esterno della pianta si forma-

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Tavola 14. Rametti.

I rametti possono essere interi e lisci oppure variamente scanalati e con ali (pterocaule).

rametti in sezione

midollo morbidoe spugnoso

Sambucus nigra

senzamidollo

Lonicera xylosteum

midollocompatto

Castanea sativa

midolloalveolare

Juglans regia

suberificato

trigono convesso trigono concavo

appiattito solcato scanalato

alato striato bipartito

quadrangolare

con lenticelle

quadrangolare concavocilindrico

liscio scabro con verruche

glandoloso con costesugherose

peloso lanoso con aculei con spine

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Dal grecoνοµοσ = regola

e φυλλον = foglia.Dal latino folia

plurale di folium =foglio.Dal greco φως = luce

e συδδεσις = composi-zione per formare

un tutto.

Dal greco ετερος = diverso

e φυλλον = foglia.

no, in genere, in corrispondenza degli stomi della precedente empidermide, le lenti-celle. (12) Le lenticelle sono aperture di forma e grandezza variabile (da frazione dimillimetri a diversi millimetri) nelle diverse specie, ripiene di cellule tondeggianticon pareti appena suberificate (o non suberificate), con molti spazi intercellulari(tessuto di riempimento o sughero lasso) in modo da lasciare la possibilità che passil’aria necessaria per gli scambi gassosi. Alla fine dell’estate il fellogeno forma unostrato di sughero (sughero compatto) che chiude la lenticella. Con il successivosopraggiungere della buona stagione, il fellogeno forma nuove cellule di riempi-mento che premendo contro lo strato di cellule suberificate esterne, lo rompe ria-prendo così nuovamente la lenticella.

Tutti i tessuti morti esterni all'ultimo fellogeno sono indicati con il termine diritidoma o scorza (e non "corteccia" come impropriamente viene chiamata). Il ritido-ma a maturità si ispessisce e si riveste di sughero che ha il compito di ridurre la tra-spirazione, di proteggere e isolare i tubi interni deputati al trasporto delle soluzionisia di sali minerali che nutritive. L'aspetto del ritidoma o scorza, soprattutto nei casiin cui non si disponga di altri elementi utili per la determinazione, come avviene,ad esempio, durante la stagione invernale, in mancanza delle foglie é importanteper riconoscere le specie. (tav. 15.)

L’aspetto della scorza varia a seconda dell’età (se si tratta di individuo giovane oadulto) e dell’altezza a cui si osserva. Le scorze giovani sono generalmente liscie ecolorate, ricoperte di feltro, peli, ghiandole, lenticelle, cicatrici fogliari, spine; quelleadulte mantengono in alcuni casi la scorza giovanile per l’intero tronco come nelfaggio o solo per le ramificazioni e le parti distali del tronco come nel tremolo, manella maggioranza dei casi si evolvono in un ritidoma variamente articolato.

Della scorza si rileveranno, differenziando tra piante giovani e adulte, il colore,la presenza e il tipo di fessurazioni, la presenza di lenticelle e di spine e infine diliquidi trasudanti (ad esempio la resina che fuoriesce dalla corteccia di talune coni-fere). Si potranno così riconoscere, ad esempio, le betulle (Betula spp.) dalla scorzabiancastra e fessurata trasversalmente; i platani (Platanus x acerifolia) dalla scorzache si stacca a placche e dal caratteristico colore a macchie chiare e scure; i faggidalla scorza liscia e chiara; gli abeti rossi (Picea abies) dalla scorza rossastra a scaglie,impregnata di resina, i pini silvestri (Pinus sylvestris) con colore dei rami principalisalmone-rossastro; i ciliegi (Prunus cerasus) dal colore del tronco mattone scuro luci-do, oppure gli evonimi (Euonymus europaeus) dai rami verdi.

f. Nomofilli. La foglia é il principale organo fotosintetizzante della pianta. La sua forma e la

disposizione lungo il ramo sono elementi fondamentali per la determinazione dellaspecie dell’albero o dell’arbusto. Ogni specie arborea o arbustiva presenta foglie conforme caratteristiche che hanno proprie precise connotazioni. In linea generale unafoglia é costituita da un picciolo (che può in realtà anche essere assente) con cui èancorata al rametto e attraverso cui passano i vasi e i cribri per il trasporto dei liqui-di necessari allo svolgimento di tutte le funzioni fisiologiche della pianta, e unalamina più o meno espansa, con funzione di laboratorio chimico. (tav. 16) Si prestipoi sempre attenzione alla individualità di ogni albero e alla variabilità esistenteanche al suo interno, per cui le osservazioni e le valutazioni vanno fatte consideran-do sempre un certo numero di foglie adulte. Inoltre alcune piante come l'edera(Hedera helix) o il leccio (Quercus ilex) presentano foglie con spiccata diversità morfo-logica a seconda se siano giovani o adulte o se siano poste al sole o all'ombra o sesiano foglie della chioma o dei polloni. Si parla in tal caso di eterofillia. (tav. 17.)

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La foglia é un organo ad accrescimento definito (in quanto non ha cellule meri-stematiche di accrescimento) ed é destinata a morire, staccandosi dalla pianta. Lepiante che perdono tutte le foglie contemporaneamente sono dette caducifoglie, men-tre se la caduta delle foglie é graduale nel corso dell'anno (o di diversi anni) la pian-

Dal latinocaducus = destinato acadere.

49

Tavola 15. Scorze.

Tutti i tessuti esterni al fellogeno (che origina sughero) muoiono e formano il ritidoma. Ogni anno si forma nuovo fellogenosempre più interno fino ad arrivare al libro secondario.

liscia granulosao increspata

(Fagus sylvatica)

suberosa e protuberante

(Quercus suber)

in pellicole che si arrotolano(Prunus avium)

in placcheche si desquamano(Platanus x acerifolia)

a strisce flessibili o filamenti che si

desquamano(Cryptomeria

japonica)

a placche allungate rigide che restano

fissate ad una estremità

(Chamaecyparislawsoniana)

spugnosa e fibrosaanche con creste

longitudinali(Sequoiadendron

giganteum)

screpolata,irregolarmente fessurata

(Cedrus atlantica)

screpolataa piccole scaglie

(squamosa)(Picea abies)

con spine(Gleditsia

triacanthos)

con lenticelle(Prunus avium)

con scaglie e placcheallungate asimmetriche

(Pinus pinea)

screpolata con fessure longitudinali poco profonde

(fessurata)(Liriodendron tulipifera)

a creste e solchi profondi

(solcata)(Quercus robur)

scorze connate al tronco

scorze che si staccano in superficie

intrecciata,a losanghe

o a creste geometriche(Robinia pseudacacia)

profondamente fessuratain settori geometrici

(fratturata)(Diospyros kaki)

(in V

auch

er, 1

993)

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ta é detta sempreverde (in quanto sui rami vi sono sempre foglie). Sono caducifogliespecialmente le angiosperme delle zone temperate in cui esiste un'alternanza sta-gionale marcata e in cui l'inverno é freddo. Poco prima della caduta delle foglie,sotto stimoli ormonali la pianta produce alla base del picciolo uno strato di piccolecellule parenchimatiche con scarsi spazi intercellulari detto strato di separazione (odi abscissione). Caduta la foglia rimane una cicatrice fogliare che ha forma, posizio-ne dei fasci cribovascolari e localizzazione caratteristici. (tav. 18.) (13)

Si tenga presente che per le gimnosperme, ad eccezione di poche specie che per-dono le foglie durante l'inverno come il larice (Larix decidua), il tassodio (Taxodiumdistichum) e il ginkgo (Gingko biloba), l'esame delle foglie è possibile tutto l'anno; perle angiosperme, ad esclusione delle sempreverdi come l'olivo, l'alloro, il leccio o ilmirto (Myrtus communis), l'esame è possibile solo nel periodo che va dalla comparsa

Dal latinosemper = senza fine e

viridis derivato da vivere = essere verde.

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Rachide

Fogliolina

Gemma ascellare

Rametto

Nervature

Picciolo

Gemma apicale

Tavola 16. Parti della foglia.

La superficie superiore di una struttura (foglia o ramo per esempio) secondo la terminologia anglosassone viene designata conil termine di adassiale e quella inferiore, abassiale. Manterremo le dizioni italiane perché ci sembrano sufficientemente precise.La parte più distante dal suo punto di inserzione o di origine é detta distale e quella più vicina, prossimale.Nelle foglie composte la disposizione delle foglioline lungo la rachide può essere opposta oppure alterna o, anche, essere alternanella parte distale e opposta in quella prossimale.

Nervatura I

Nodo

Nodo

Internodo

Nervatura II

Faccia ventrale o pagina superiore

Ascella della nervatura

Laminao lembo fogliare

Faccia dorsaleo pagina inferiore

Guaina basale

Picciolo

Gemme ascellari

Foglia semplice

Foglia composta LIA AGHIFORME

Brachiblasto

Foglia aghiforme

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delle foglie fino alla loro caduta, grossomodo da marzo a novembre. A questanorma fa eccezione, ad esempio, la roverella (Quercus pubescens), una quercia le cuifoglie pur seccandosi alla fine dell'autunno, rimangono sulla pianta fino alla prima-vera successiva quando inizia un nuovo ciclo stagionale: ciò permette di identificar-la anche in pieno inverno (si parla di foglie marcescenti).

L’osservazione delle foglie comporta che:a. si eviti di indagare sui polloni o sugli esemplari troppo potati;b. si considerino sempre più rametti dello stesso albero;c. si esaminino le foglie adulte confrontandole eventualmente con quelle dei

polloni;d. si valutino le differenze tra foglie in ombra e foglie in luce, tra foglie su bra-

chiblasti o su macroblasti.

51

Tavola 17. Eterofillia.

Si parla di eterofillia quando per influenze ambientali si possono osservare più forme diverse di foglie sulla pianta distribuitein aree diverse (all’ombra, al sole, vicino al suolo). Se invece sullo stesso nodo si notano foglie di forma e dimensioni differentisi parla di anisofillia. Allorché tale differenziazione é caratterizzata da un bagaglio genetico diverso si parla di dimorfismo opolimorfismo fogliare. Una pianta può presentare ad esempio nomofilli (aghiformi, squamiformi o laminiformi) e catafilli(foglie membranacee). L’eterofillia contraddistingue spesso rami con orientamento differente. L’edera (Hedera helix) ad esem-pio ha un assetto giovanile (ramificazione monopodiale, fillotassi distica, radicante e rampicante con radici avventizie) e unassetto adulto (ramificazione simpodiale, fillotassi a spirale, con fiori e priva di radici avventizie). Un ramo giovane piantatoper talea origina anche la forma adulta; se invece si pianta un ramo proveniente dalla forma adulta cresce come arbusto e nondiventa rampicante (Bell, 1993). Il ramo mantiene dunque le sue caratteristiche quando se ne fa una talea dalla forma adulta,mentre evolve in quelle della pianta adulta quando la talea proviene da un ramo giovane. Tale comportamento differenziatoviene detto topofisi.

Tavola 18. Cicatrici fogliari.

Le cicatrici fogliari permettono di comprendere, sopratutto in inverno, la distribuzione delle foglie lungo il ramo e il disegnodella posizione dei vasi vascolari. Ambedue elementi che facilitano la determinazione della specie.

Ilex aquifolium Populus alba

Modello con più canali evidentiModello con tre canali evidenti

Modello conuna cicatrice

e senzacanali

evidenti

Fraxinus

Acer

Alnus Salix

Betula Fagus

Castanea Populus Platanus

Quercus cerris Aesculus

Corylus Euonymus

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Genericamente parlando in base alla forma delle foglie possiamo distinguere:latifoglie, aghifoglie e squamifoglie per indicare alberi o arbusti con foglie a laminaespansa, a forma di ago e a forma di tegola. (tav. 19.)

Per l’identificazione della specie l'esame delle foglie deve evidenziare i seguenticaratteri:1- la disposizione lungo il rametto (fillotassi)(tav. 20.),2- le dimensioni (lunghezza e larghezza),3- la forma della lamina (tav. 21.),4- la divisione della lamina (tav. 22.),5- il profilo del margine (tav. 23.),6- la forma dell'apice e della base (tav. 24.),7- la lunghezza del picciolo e/o l'assenza dello stesso (foglie sessili)(tav. 25.).In subordine si prenderà ancora in esame:8- il tipo di superficie della lamina (liscia, rugosa, pelosa ecc.), 9- il colore sulle due pagine,10- l’odore e il sapore particolari, 11- la presenza di stipole, 12- la consistenza e la simmetria della lamina (tav. 26.),13- l'impronta lasciata dalla foglia sul ramo dopo la sua caduta (cicatrice fogliare),14- la presenza di ghiandole.In taluni casi diventa elemento diagnostico la forma delle nervature che sono

costituite da fasci conduttori e contribuiscono anche al sostegno della foglia coadiu-vate da cellule collenchimatiche e schlerenchimatiche. (tav. 27.)

Nella maggior parte delle dicotiledoni le foglie posseggono una nervatura prin-cipale da cui si dipartono obliquamente nervature secondarie (laterali) sempre piùminute (anastomosi); nelle foglie penninervie esse assomigliano ad una penna d’uc-cello, nelle palminervie (ma sarebbe più giusto chiamarle raggiate) le nervature sidipartono dal punto di intersezione della lamina con il picciolo e nelle foglie reti-nervie sono evidenti anche le nervature più minute come in una fitta rete.

Le monocotiledoni hanno, nella maggior parte dei casi, foglie parallelinervie incui le nervature principali si diramano longitudinalmente da un punto o da piùpunti alla base della foglia e sono intersecate da piccole anastomosi; sono general-mente lanceolate o lineari, non suddivise in lamina e picciolo e possono avvolgere ilfusto con una guaina. Naturalmente ci sono eccezioni: lo stracciabraghe (Smilaxaspera) ha foglie retinervie pur essendo una monocotiledone.

g. Sporofilli e antofilli.Le strutture delle spermatofite deputate alla riproduzione sono dette “strobili”.

Dal latino latus = largo,

acus = ago,squama = squama

e folia = foglia.

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Tavola 19. Forme delle foglie.

laminiformi squamiformi aghiformi

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Tavola 20. Fillotassi.

A. Posizione nel piano e nello spazio.In ogni specie le foglie sono inserite sul fusto secondo un ordine regolare (fillotassi). La disposizione delle foglie lungo il fustoavviene in modo da facilitare la captazione della luce. Può variare lungo il rametto per esempio essere decussata nella parte prossi-male e opposta in quella distale (Eucalyptus globulus). Le foglie sono impiantate ai nodi e possono essere allineate secondo linee:

ALTERNE (una foglia per nodo). Nello spazio esse possono assumere la:Disposizione monostica quando tutte le foglie si trovano da un solo lato del rametto, come un pettine (se vi é una leg-gera torsione tra ogni nodo per una crescita asimmetrica degli internodi, le foglie appaiono spiralate come una scala apioli: avremo la disposizione spiromonostica. - Disposizione distica quando le foglie si dispongono su due lati delrametto come un doppio pettine; nel caso di torsione si ha la disposizione spirodistica). - Disposizione a spirale quandosono evidenti più di tre file di foglie.

OPPOSTE (due foglie per nodo). Nello spazio assumono la: disposizione decussata quando l’angolo tra le coppie di foglie é di 90°; se l’angolo é < di 90° la fillotassi é detta bijurata (é una spirale decussata). La fillotassi é detta orixata quandole foglie opposte sono distiche e presentano dimensioni differenti: più piccole quelle in posizione superiore e più grandiquelle in posizione inferiore come in Lagerstroemia indica.

VERTICILLATE (tre o più foglie per nodo)

B. Angolo di divergenza.La linea longitudinale che unisce nello spazio le foglie di eguale posizione é detta ortostica e la spirale tra la foglia più giovane ela successiva allineata sull’ortostica é detta spirale generatrice (ed é indipendente dal numero di giri attorno al fusto per ottener-la). E’ possibile indicare allora, con una frazione, la disposizione delle foglie alterne lungo il rametto partendo dalla foglia piùgiovane. Ad esempio con 2/5 esprimo il concetto che per giungere all’ortostica di partenza devo girare due volte attorno alrametto e incontrare 5 foglie (ovvero che la foglia 0 é allineata alla foglia 5 da cui si evince indirettamente che le ortostiche pre-senti sono 5): ogni foglia adiacente é posta a 2/5 x 360° = 144° (angolo fillotattico). I fattori di disturbo sono numerosi e bisognaprestare attenzione a non commettere errori nei calcoli. Ogni specie ha un suo proprio angolo di divergenza per cui tutte le suefoglie sono disposte secondo tale ordine. LEONARDO FIBONACCI, matematico pisano del XIII secolo (tra l’altro, ha introdotto inoccidente i ‘numeri’ arabi), ha per primo disposto i numeri in una serie tale che ognuno é la somma dei due precedenti:1,2,3,5,8,13 ... .Tale serie di Fibonacci si ravvisa anche nelle frazioni delle più comuni fillotassi (1/2, 1/3, 2/5, 3/8, 5/13, 8/21...) che tendono a raggiungere il valore limite eguale a 0,381966 (valore della sezione aurea, ovvero del rapporto tra altezza elunghezza) che moltiplicato per 360° dà un valore pari a 137°30’28”. La pianta sfasa la sovrapposizione delle foglie (e deirametti) per permettere la loro maggiore insolazione con un valore angolare che tende a 137°30’28”.

a - distribuzione sul piano

b - distribuzione spaziale

alterne

a spirale decussate distiche

opposte verticillate fascicolate

1

2

4

5

3

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foglie lineari

falciforme flabelliforme troncomucronata palmata imparipennata trifogliata digitata bipennata

foglie ellittiche foglie ovate foglie obovate

intera lobata palmatapennatasettapartitafidaincisa

liscio dentato crenato seghettato spinoso repandociliatodoppio

seghettatodoppiodentatosinuato

arrotondata ottusa tronca auricolata obliqua con stipolecuoriformeacuta

arrotondato acuto ottuso appuntito acuminato smarginato spinosoumbonato

Tavola 21. Forme della lamina.

Tavola 22. Divisione della lamina.

Tavola 23. Profilo del margine della lamina.

Tavola 24. Forma dell’apice e della base della lamina.

Api

ceB

ase

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Tavola 25. Picciolo e lamina fogliare.

Organi dello stesso tipo saldati insieme si definiscono connati (foglie di Lonicera sp. saldate al nodo), mentre organi di tipodiverso saldati insieme vengono definiti adnati.e (peduncolo dell’infiorescenza di Tilia spp. saldato alla brattea che lo sottende).

connata decorrente embriciata equitanteperfogliata amplessicaule abbracciante

subsessile sessile

eretta appressata patente reflessa

b. La foglia può anche essere + o - saldata al nodo:

c. La posizione della foglia rispetto al ramo è:

rotondo scanalato

compresso semintero

Tavola 26. Simmetria e andamento della superficie laminare.

Le stipole sono espansioni presenti alla base della foglia o delle foglioline delle foglie composte (in tal caso sono dette stipel-le) e si formano fin dalle prime fasi del suo sviluppo (primordi fogliari). Possono essere all’estremità prossimale del picciolo(in Rosa sp. sono adnate al picciolo per un tratto della sua lunghezza) oppure essere presenti all’intersezione del picciolocon il fusto. Le stipole possono essere caduche o permanenti.

con stipole

ondulata

involuta

revoluta

piana

conduplicata

curvata

simmetrica andamento della superficie della laminaasimmetrica

a. La foglia può essere:

picciolata

a1. Forma del picciolo.

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Tavola 27. Nervature.

Le nervature delle foglie possono essere: campilodrome: se seguono la forma della foglia (Laurus sp.), curvinervie: se sonocurve e parallele per un tratto al margine fogliare (Cornus spp.), rettinervie: se decorrono diritte (Ginkgo sp.), palminervie:quando le nervature partono tutte da un medesimo punto (Acer spp.), penninervie: se le nervature secondarie si dipartono daun asse principale (Ostrya sp.), paralleninervie: se sono tra loro parallele (Phyllostachys sp.), retinervie: quando le nervatu-re si intrecciano fittamente (anastomosi) e ricoprono tutta la foglia (Tilia spp.).

rettinervia(a ventaglio)

uninervia

penninerviaopposta

curvinervia(lirata)

parallelinervia

palminervia palminerviapenninerviaanamostosata

penninerviaalterna

retinervia

Tavola 28.. Stuttura e forma degli strobili.

Gli strobili delle piante superiori sono le strutture deputate a permettere e favorire la fecondazione.I coni delle gimnosperme sono molto semplici e sempre unisessuati, quelli delle angiosperme invece possono anche essere moltocomplessi e costituiti da diverse parti. Un cono femminile si riduce a squame più o meno lignificate che proteggono l’ovulo,per contro un fiore ermafrodita presenta: peduncolo e talamo con funzione di sostegno; calice formato dai sepali con funzione diprotezione; corolla formata dai petali con funzione di richiamo dei pronubi che permetteranno la impollinazione incrociata(funzione vessillifera); androceo formato dagli stami costituiti da filamenti e antere: le antere contengono il granulo pollinico;gineceo formato dal pistillo costituito dallo stigma, dallo stilo e dall’ovario. L’ovario contiene gli ovuli da cui deriveranno, dopofecondazione, i semi. Nel loro insieme il calice e la corolla formano il perianzio; l’androceo con il ginegeo, il perigonio. In alcune piante come in Euphorbia sp. i fiori sono circondati da brattee e stipole fuse facenti funzioni di petali e sepali.I fiori delle angiosperme sono dunque polimorfi, con una struttura di base formata da pezzi fiorali disposti a spirale o a verti-cilli sopra un ricettacolo: foglie o fiori sterili (calice e corolla) e fiori fertili (stami e pistilli). L’ovario poi, rispetto al calice puòessere posizionato: infero, semiinfero o supero.

Squama ovulifera

Squama primariacopritrice

Ovulo

Antera Stigma Petali

Ovario

Peduncolo

Filamento Stilo

Sepali

Ricettacolo o talamo

Parti di uno strobilo (cono)femminile di gimnosperma

Parti di uno strobilo (fiore) ermafrodita di angiosperma

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Comunemente si parla di coni maschili e femminili nelle gimnosperme e di fioriermafroditi oppure di fiori unisessuali femminili (fiori pistilliferi) e maschili (fioristaminiferi) nelle angiosperme. (tav. 28.)

La pianta che porta fiori maschili e femminili é detta monoica (Pinus spp), men-tre quella che porta i fiori maschili e femminili distinti su due individui diversi édetta dioica (Laurus nobilis). Gli sporofilli comprendono stami e carpelli e gli antofil-li indicano sepali, petali oppure le foglie fiorali.

L'esame dei fiori viene attuato mediante l'analisi delle loro caratteristiche piùevidenti quale il colore, le dimensioni, l'odore, il numero sull'asse fiorale, la forma ela simmetria. La simmetria può essere raggiata nel fiore attinomorfo, come nellerosacee (Rosa canina), bilaterale o dorsoventrale nel fiore zigomorfo come nelle faba-cee (Sophora japonica) o nelle specie più evolute. (tav. 29.)

Ancora, può essere elemento diagnostico la presenza lungo gli steli di particolaristrutture (peli, ciglia, ghiandole, macchie, vescichette).

Accertata la presenza e le caratteristiche delle strutture sopraindicate, si puòindividuare il tipo di corolla del fiore in esame: corolla gamopetala (o simpetala) seha i petali uniti e corolla dialipetala se ha i petali divisi. Per maggiore chiarezzariportiamo alcuni esempi: le querce (Quercus spp.), gli olmi (Ulmus spp.), il sorbodomestico (Sorbus domestica), i peschi (Prunus persica), i pruni (Prunus spp.) e il ribes(Ribes rubrum) sono tutte specie a corolla dialipetala; i tigli (Tilia spp.), l'olivo (Oleaeuropaea) e i sambuchi (Sambucus spp.) sono specie a corolla gamopetala. Se la corol-la é assente il fiore é detto apetalo (Salix sp.) Analogo discorso viene fatto per i sepa-li (con funzione protettiva) che formano il calice.

Nella pratica, per il lavoro che intendiamo proporre, è più che sufficiente svolge-re una osservazione fondamentale che consiste nell'individuare simmetria e forma,e se la specie porta un unico fiore sullo stelo fiorale o se, come avviene nella mag-gior parte dei generi, porta più fiori riuniti in infiorescenze. (tav. 30.)

Si tenga presente però che un'analisi approfondita sulla tipologia fiorale pre-suppone precise conoscenze di botanica al fine di interpretare correttamente ilmateriale che si sta osservando. E’ relativamente facile un’osservazione sugli anto-filli mentre diventa più laboriosa nel caso degli sporofilli. Inoltre i fiori sono presentisolo per un periodo limitato dell'anno riducendo di fatto le possibili osservazioni e

Dal grecoανϑος = fiore, partesuperioreσπερµα = seme.e φυλλον = foglia.

Dal latino flos = fiore.

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Tavola 29. Simmetria fiorale.

I carpelli che costituiscono il fiore possono essereliberi (fiore apocarpico) oppure saldati assieme(fiore sincarpico). I fiori possono essere simmetri-ci o meno a seconda che divisi lungo un piano sene ottengano due o più parti speculari. I fiori sim-metrici hanno uno o più piani di simmetria. Se ilpiano di simmetria é uno solo il fiore viene defini-to zigomorfo se, al contrario, possono essere indi-viduati due o più piani di simmetria il fiore vienedetto attinomorfo. La corolla può essere a petaliliberi (dialipetala) o a petali saldati insieme(gamopetala).

attinomorfogamopetaloDatura sp.

attinomorfodialipetaloRosa sp.

zigomorfoDigitalis sp.

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Dal latinofructus che deriva da

frui = podere.

Dal greco περι = attorno

e καρπος = frutto

spesso, come nelle gimnosperme e in una parte delle angiosperme arboree, i fiorisono assai poco evidenti con la conseguenza pratica che risulta difficile la loroidentificazione su queste basi.

h. Frutti e falsi frutti.Il frutto ha origine dall'ingrossamento dell'ovario a seguito dell'avvenuta fecon-

dazione (l'unione delle cellule maschili contenute nel polline con quelle femminilicontenute negli ovuli) (14). L'ovario si trasforma in frutto e gli ovuli fecondati insemi. (tav. 31.) I frutti sono detti secchi se il pericarpo a maturità ha una consistenzalegnosa o coriacea con la possibilità di aprirsi per liberare i semi (frutti deiscenti)oppure essere tutto il frutto elemento di dispersione (frutti indeiscenti). (tav. 32.)Sono invece frutti carnosi quelli che mantengono una consistenza carnosa. I frutti

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Tavola 30. Le infiorescenze.

L’infiorescenza é un sistema riproduttivo costituito da un complesso di rami portanti i fiori che derivano da un germoglio. Ilfatto che i fiori siano ragruppati aumenta la possibilità di fecondazione rispetto ai fiori isolati, non solo nel caso di impollina-zione dovuta al vento (anemofila) ma anche nel caso di impollinazione tramite insetti pronubi (entomofila). Le piante anemofile hanno fiori piccoli senza corolla, unisessuati e in genere a fioritura precoce; le piante entomofile hanno fioripiù evidenti, odorosi, colorati e con nettarii per attirare gli insetti. Sono dette cimose quelle con accrescimento simpodiale (ogni

Larix decidua(Larice)

Salix caprea(Salicone)

Amorpha fruticosa(Indaco bastardo)

Robinia pseudacacia

(Robinia)

Corylusavellana

(Nocciolo)

Ligustrumlucidum

(Ligustro)

Hedera helix

(Edera)

Cono Spiga

Grappoloo

racemo

Amentoo

gattino

Pannocchia (grappolo composto)

Grappolodi

ombrelle

a. Infiorescenze racemose

(da

Spi

nelli

, 198

9)

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possono essere semplici, composti oppure riuniti in infruttescenze:a- ai frutti secchi indeiscenti appartengono l'achenio (i singoli frutti della rosa),

la ghianda (quercia), la samara o pterodio (olmo), la noce (nocciolo), la disamara(acero) e il lomento (carrubo)(Ceratonia siliqua);

b- ai frutti deiscenti appartengono il follicolo (oleandro), il legume (robinia) e lacapsula (salice);

c- ai frutti carnosi appartengono la drupa (ciliegio) (Prunus avium), il nuculanio(nespolo) (Mespilus germanica), la bacca (vite) (Vitis vinifera), l'esperidio (limone)(Citrus limon), la balausta (melograno) (Punica granatum). Il frutto con i semi in essodispersi é una bacca, altrimenti se la parte interna (endocarpo) che avvolge il seme édura, si parla di drupa;

d- ai frutti composti appartengono il cinorrodio (rosa)(Rosa sp.) e il pomo (melo)

59

Eucalyptuscamaldulensis

(Eucalipto rosso)

Crataegusmonogyna

(Biancospino)

Viburnumlantana

(Viburno)

Sorbus aucuparia(Sorbo

degli uccellatori)

Ficuscarica(Fico)

Platanusacerifolia(Platano)

Ulmus laevis

(Olmo ciliato)

Ombrella Corimbo

Ombrellacomposta

Corimbocomposto

SiconioCapolino

In fascetti

fiore si sviluppa all’ascella della bratteola del fiore precedente) e racemose quelle con accrescimento monopodiale. Le infiore-scenze cimose possono terminare con un fiore (monocasio), con due fiori (dicasio) o più fiori (pleioclasio). Sia le infiorescenzecimose che racemose possono avere gli assi principali non terminanti con un fiore e sono dette politeliche in contrapposizionealle infiorescenze monoteliche che terminano sempre con un fiore.E’ interessante notare come le infiorescenze ramificate sono derivate da un modulo di ramificazione (paracladio) che ripete ilportamento del ramo che lo genera (paracladia).

b. Infiorescenze cimose

dicasio

tirso

rifidio

drepanio

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Epicarpo

Mesocarpo Endocarpo

Seme

Tavola 31. Frutto e seme.

a. Schema generale della sezione di un frutto.La fecondazione permette la formazione di un seme che é racchiuso in una struttura atta a proteggerlo derivata dall’ovarioo da altre parti del fiore: (ricettacolo e perianzio) il frutto appunto, che nel suo insieme é costituito dal pericarpo e dal seme.Il frutto é l’unità di dispersione delle angiosperme. Nel caso delle gimnosperme é il cono che protegge il seme ed é questoche assolve la funzione di dispersione.

b. Schema della sezione longitudinale di un seme di dicotiledone.Il seme é costituito da un embrione e da un tessuto nutritivo (endosperma secondario) che può anche trasformarsi in tessu-to di riserva. L’embrione nel tempo si differenzia in un abbozzo di radice (radichetta), in un asse ipocotile, in un meristemaapicale (piumetta) e in cotiledoni con funzione di riserva alimentare.

Sezione di un frutto

Radichetta

Asseipocotile

Endosperma secondario(albume)

Cotiledoni

Ilo

Tegumento interno(tegmen)

Tegumento esterno(testa)

Gemma

Sezione longitudinale di un seme di dicotiledone

Tav. 32. Frutti, frutti com-posti, infruttescenze efalsi frutti.

L’unione del nucleo pollinicoe della cellula uovo origina ilseme che è protetto da uninvolucro formatosi in modidiversi.Il pericarpo più o meno car-noso permette di distinguere ifrutti carnosi da quelli sec-chi. Il frutto secco si puòaprire a maturità per permet-tere la disseminazione: si dicedeiscente. In caso contrario siparla di frutti indeiscenti. Per le gimnosperme in cui gliovuli sono portati diretta-mente su squame adotteremoil termine di ‘falsi frutti’.

FRUTTI CARNOSI

- Drupa (Ciliegio)

(Noce)

- Bacca (Vite)

Esperidio (Arancio)

Balausta Melograno)

FRUTTI SECCHI INDEISCENTI

- Achenio (frutto singolo del Fico)Ghianda (Quercia)Pterodio (Olmo)

- Noce (Nocciolo)Castagna (Castagno)

- SchizocarpoSamara (Acero)

- LegumeLomento (carrubo)

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(Malus domestica). I frutti composti si originano quando alla formazione del fruttonon partecipano solo l'ovario ma anche altre parti del fiore. Nel caso del cinorrodioi frutti (acheni) sono protetti dal ricettacolo ingrossatosi; nel caso della mela, il frut-to vero derivante dall'ovario è il "torsolo", mentre la polpa deriva dall'ingrossamen-to del ricettacolo. (15)

e- ai frutti aggregati appartengono la mora (rovo)(Rubus spp.) e il lampone(Rubus idaeus). In questi casi un singolo frutto é in realtà un insieme di frutticini(drupe) saldati assieme tra loro (che si lasciano staccare facilmente dal talamo),derivanti da un unico fiore con più ovari.

f- alle infruttescenze (frutto apparentemente unico ma in realtà derivato da piùfiori riuniti in infiorescenza) appartengono il sorosio (mora dei gelsi) (Morus spp.) eil siconio (fico).

Va da sé che alcuni frutti possono appartenere a più sezioni come é il caso dellampone o del fico in cui anche il ricettacolo si é ingrossato e partecipa alla costitu-zione di quello che individuiamo come ‘frutto’ (frutto composto-aggregato e infrut-tescenza composta rispettivamente).

Un cenno particolare meritano i coni femminili delle gimnosperme che si tra-sformano, dopo fecondazione dell'ovocellula (che origina il seme), in corpi fruttifericostituiti da squame legnose come nel pino (Pinus spp.), abete (Abies ssp.) (pigne) ecipresso(Cupressus ssp.) (galbuli), o carnose come nel tasso (Taxus baccata) (arilli) e

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ANGIOSPERME

FRUTTI SECCHI DEISCENTI

- Capsula (Salice)

- Follicolo (Oleandro)

- Legume (Acacia)

GIMNOSPERME

FALSI FRUTTI

- Strobilo o cono (Pino)

- Galbulo (Ginepro)

- Arillo (Tasso)

INFRUTTESCENZE

- Sorosio (Gelso)

- Mora (Rovo)

- Siconio (Fico)

- Noci con profillo alato (Tiglio)

FRUTTI COMPOSTI

- Pomo (Melo)

- Nuculanio (Nespolo)

- Cinorrodio (Rosa)

- Mora (Rovo)

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nel ginepro (Juniperus communis) (coccole). Parleremo in tali casi per la stretta ana-logia con la forma del frutto, di pseudofrutti o falsi frutti.

i. Semi e cotiledoni.La produzione di semi permette alla specie di assicurarsi, in linea teorica, la pos-

sibilità di perpetuarsi nel tempo e diffondersi nello spazio. (16) Ai fini dell'identifi-cazione della specie interessa conoscere anche i caratteri del loro involucro esterno,di cui si prendono in esame il colore, la forma, le dimensioni e la presenza di parti-colari strutture e rilievi atti a facilitarne la diffusione.

Quando i semi sono pronti per essere disseminati, si distaccano dalla pianta. Ingenere sono all’interno di strutture atte a proteggerli che quando maturano si apro-no (ovvero cambiano colore, modificano consistenza e composizione, e acquisisco-no un sapore gradevole che li rende appetibili agli animali disseminatori), facilitan-do la dispersione dei semi nell’ambiente circostante. (tav. 33.)

Se si pone poi un seme a germinare (basta adagiarlo su un pò di cotone tenutocostantemente umido e posto in un luogo buio), si può già avere un’ idea precisa delgruppo cui assegnare la pianta esaminata; infatti il numero delle foglie embrionali ècostante e tipico. Nel caso delle angiosperme le possibilità sono ristrette a una o almassimo due foglie embrionali (cotiledoni): le monocotiledoni con un unico cotile-done e le dicotiledoni con due cotiledoni. (17) La presenza dei cotiledoni, come basedi determinazione, è meno importante per le gimnosperme, queste infatti sono dota-te di cotiledoni in numero variabile: due cotiledoni nel cipresso, cinque nell'abete

62

Autonoma (autocora)

Aesculus hippocastanum(Ippocastano)

Tramite il vento (anemocora)

Tilia platyphyllos(Tiglio)

Tramite l’acqua (idrocora)

Alnus glutinosa(Ontano)

Tramite l’uomo (antropocora)

Castanea sativa(castagno)

Tramite gli animali (zoocora)

per ingestione(endozoocora)

Sorbus aucuparia(Sorbo degli uccellatori)

per trasporto (epizoocora)

Viscum album(Vischio)

per raccolta (sinzoocora)

Corylus avellana(Nocciolo)

Tavola 33. Disseminazione.

La disseminazione consiste nel diffondere i semi a una certa distanza dalla pianta madre, cosicchè le nuove piantine si svilup-pino bene senza la competizione della pianta adulta. In tale maniera le diverse specie acquisiscono spazi sempre più grandi, senon interferiscono cause avverse.

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rosso, da cinque a sette nel Larice, da dieci a tredici nel pino da pinoli, fino ad unmassimo di diciassette nel cedro (Cedrus sp.). Le piantine con le loro foglioline cotile-donari e le loro prime vere foglioline appaiono molto diverse dalle piante adulte masi possono riconoscere nel sottobosco, con un pò di esercizio. (tav. 34.)

La maggior parte delle specie arboree e arbustive presenti nell'area di studioappartengono alle dicotiledoni. Per altro alcune specie di monocotiledoni come lapalma nana (Chamaerops humilis) (che é l’unica specie spontanea in Italia, ps nelparco regionale della Maremma o in Sardegna) e il bambù (Phyllostachys sp.) vengo-no da taluni autori comprese tra gli alberi e gli arbusti. Personalmente ritengo chenon avendo la struttura dell’albero e ne siano da escludere anche se si può afferma-re che abbiano un portamento arboreo e siano in varia misura ‘lignificate’.

Con la disseminazione la pianta si irradia sulla superficie circostante disponibileaumentando il proprio areale; i nuovi individui si sviluppano fino allo stadio adultoiniziando poi a riprodursi, producendo semi che continueranno il ciclo. (tav. 35.)

2.3. ODORI E COLORI

Importanti per riconoscere alcune specie sono gli odori che emanano strutturecome gli idioblasti (cellule isolate) e i tessuti secretori e ghiandolari. (18) Sono tessu-ti secretori quell’insieme di cellule responsabili della produzione di sostanze (oliiprofumati, resine, lattici, ecc.) che la pianta elabora per scopi diversi (richiamo, dife-sa, cicatrizzazione, ecc.) e che possono essere accumulate all'interno della cellula; siparla invece di tessuti ghiandolari quando le sostanze prodotte vengono liberate

63

Tavola 34. Plantule.

Si possono notare le foglie cotiledonari e le prime vere foglioline già in grado di fotosintetizzare. Ai molti cotiledoni delle coni-fere si evidenziano i due cotiledoni della quasi totalità delle piante legnose.

abete rosso

pino nero platano

acero riccio pioppo nero

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all'esterno della cellula. Al primo caso ascriviamo l'odore delle foglie dell'alloro(Laurus nobilis), dei petali delle rose (Rosa canina), degli esperidi degli agrumi (Citrusspp.) e del bergamotto (Citrus bergamia) in particolare, che hanno tutti tasche secre-trici (gruppi di cellule) o cellule isolate che contengono olii essenziali. A questi tes-suti appartengono anche i tubi laticiferi costituiti da cellule vive che contengono unliquido bianco (o di altro colore) detto latice: le foglie dell'oleandro (Nerium oleander)o del fico (Ficus carica). Nel secondo caso distinguiamo tessuti ghiandolari interni seil prodotto viene trattenuto all'interno della pianta come nell’iperico (Hypericumperforatum) o nei pini (Pinus spp.), o tessuti ghiandolari esterni quando il prodottoviene riversato anche all'esterno della pianta. In questo caso si tratta di tessuti che sitrovano sull'epidermide e gli essudati si accumulano tra la cuticola e le cellule dell'e-pidermide finché, lacerandosi la cuticola per pressione, questi non fuoriescono all'e-sterno. E’ il caso del rosmarino (Rosmarinus officinalis) o della salvia (Salvia pratensis).

Per quanto riguarda i colori della chioma, ogni albero ha una sua sfumatura cro-matica specie nel periodo autunnale quando risaltano gli antociani (rossi, gialli,arancione, marrone) che venivano mascherati dalla presenza della clorofilla (dicolore verde). (19) Così é possibile individuare i pioppi dal colore giallastro, lo sco-

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MAGGIO

CICLO BREVE

APRILE

SETTEMBRE

OTTOBRE

NOVEMBRE

tav. 35. Ciclo vitale dell’albero.

Possiamo individuare un ciclo lungo che corrisponde allo sviluppo della piantina fino alla sua morte e un ciclo breve consistentenella produzione dei semi. L’età delle piante legnose varia a seconda delle specie e altrettanto varia il periodo di tempo necessarioaffinché raggiungano la capacità di riprodursi: circa 45 anni per un faggio. La stessa fruttificazione non avviene ogni anno(come nelle betulle) ma anche dopo intervalli di tempo più o meno lunghi: nel faggio, ogni 5-8 anni. Il ciclo breve del faggio ini-zia con la fioritura tra aprile e maggio, segue la maturazione delle faggiole tra settembre e ottobre, infine il seme cade a terra traottobre e novembre per germinare nella primavera successiva (fase eterotrofa). Come si può notare (i cotiledoni sono due) si trat-ta di una dicotiledone. I semi delle piante legnose possono essere pronti alla germinazione dopo appena un mese dalla dissemina-zione (l’olmo) altri nella primavera successiva alla disseminazione, altri dopo anni (il tiglio dopo due anni).

CICLO LUNGO

INVERNO45 anni ESTATE

FAGGIO ADULTO

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tano (Rhus cotinus) dal colore rosso fuoco, il noce dal colore marrone scuro, il pioppobianco (Populus alba) dal colore grigiastro, il liriodendro (Liriodendron tulipifera) con ilsuo colore rosso-arancione, il ginkgo (Ginkgo biloba) dal colore giallo oro e distinguer-li dai sempreverdi che mantengono il colore verde, più o meno cupo, durante tutta lastagione avversa. Che dire poi della innumerevole gamma dei colori dei fiori alla cuifunzione vessillifera é affidata la riproduzione sessuale della pianta?

2.4. ADATTAMENTI ED ECOLOGIA.

Un albero o un arbusto lo immaginiamo più o meno svettante con un fusto dirit-to e foglie sempre delle stesse caratteristiche e dimensioni. In realtà non é semprecosì. Ogni organismo é adattato all'ambiente in cui vive; questo significa che neltempo la selezione naturale ha maggiormente favorito chi era in grado di attuarespecifiche strategie di sopravvivenza. Non di rado piante di specie diverse diffusein ambienti eguali, hanno adattato in modo analogo i propri organi (convergenzaadattativa) (basterebbe pensare alla vegetazione delle dune litoranee e quella pre-sente in alta montagna). E’ infatti coinvolta la sfera delle interrelazioni tra fattorilimitanti abiotici (con il substrato) e biotici (con gli altri esseri viventi) (20). Fattoriabiotici limitanti sono la temperatura, l'umidità, la luce solare, il vento, la strutturadel terreno, la disponibilità d'acqua e la presenza di sali minerali. (tav. 36.) Fattoribiotici limitanti sono la presenza di individui della stessa specie o di specie diverse.Le strategie adattative sono sopratutto modificazioni morfologiche del cormo.

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Area ottimale

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Limite inferioredi tolleranza

Limite superioredi tolleranza

Primula

Massimaabbondanza

Tavola 36. Rapporti di unessere vivente con i caratterifisico-chimici dell’ambiente .

La valenza ecologica individual’ampiezza della tolleranza a spe-cifici fattori ambientali (luce,temperatura, concentrazioni disali minerali, pH, umidità delterreno, ecc.). È chiaro che lecondizioni ambientali influenza-no ogni essere vivente. Questi,quindi, vivono entro limiti mas-simi e minimi ben definiti infunzione della loro capacità diadattamento. Ogni essere viven-te, in altre parole, ‘tollera’ certiparametri ambientali, scompa-rendo quando questi non simanifestano più.

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Alcune di queste sono codificate nel patrimonio genetico e sono ereditate (e la pian-ta le manifesta indipendentemente dall’ambiente in cui vive), altre non sono codifi-cate geneticamente come tali e si manifestano solo in concomitanza di specifici fat-tori scatenanti. (tav.37.)

Fattori fondamentali per la crescita delle piante sono: la disponibilità d’acqua, latemperatura, la quantità di energia solare disponibile e la presenza di opportuni saliminerali. Altri fattori sono quelli che si instaurano tra diverse piante che entrano incompetizione nello spazio per approvvigionarsi degli elementi indispensabili alproprio sviluppo. Di seguito sono riportati alcuni fattori che influenzano la morfo-logia delle piante.

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FATTORI ESTERNI ALLA PIANTA

Sistema naturale Sistema antropico

Fattori organici

esposizionemorfologiaubicazioneerosione

Fattoriclimatici

radiazioneluminositàtemperaturaumiditàprecipitazioniventomanto nevoso

Fattoriedafici

strutturacomposizionechimicaumiditàpHhumussubstratogeologico

Inquinamento

- composizione- concentrazione- tempo di esposizione

Fattoribiotici

competizioneparassitismosimbiosipredazione

FATTORI INTERNI ALLA PIANTA

Caratteri genetici

Morfologia Fisiologia Comportamento

(reazioni)RISPOSTA INDIVIDUALE(adattamento)

Positiva Negativa Scomparsa

RISPOSTA DELLA POPOLAZIONE(evoluzione)

Positiva Negativa Scomparsa

RISPOSTA DELLA COMUNITÀ(successione)

Senza interferenze Con interferenze (successione progressiva) (successione regressiva)

Stadio degradato Ulteriori interferenze Scomparsa

come formazione pioniera stadio finale di disclimax

Stadio finale di climax (successione secondaria) Stadio finale di paraclimax

Attività

- introduzione di nuove specie

- impianto di monoculture

- deforestazione- agricoltura- allevamento- degradazioni- dissodamento

dei terreni- incendi

Tavola. 37. Interrelazioni tra fattori ambientali, adattamento, evoluzione e successione.

Ogni processo di successione tende a formare comunità finali stabili e compatibili con quel clima e quelle condizioni edafiche.Come comunità climax si può intendere quelle in cui la respirazione R é equilibrata dalla produzione P. Infatti se P é maggioredi R, aumenta la biomassa (si hanno accumuli di sostanza organica) e si instaura una successione ecologica.

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Dal greco φυτον = pianta.υγρος = umido,

µεσος = medio,

ξερος = secco

Dal grecoσκληροφυλλοςche deriva daσκλερος = duro.

Dal greco ηλιος= sole, φιλος = amicoe σκια = ombra.

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2.4.1. Fattori abiotici.2.4.1.1. Bilancio idrico.Gli ambienti aridi sono quelli in cui la pianta rischia di perdere più acqua di

quella che assume; vi é aridità reale quando non c’é acqua nel terreno e aridità fisio-logica quando c’é abbastanza acqua ma essa non é disponibile per le piante (adesempio d’inverno o in presenza di acqua salmastra). Si ricordi che la pianta si ponea riposo se il suolo si raffredda in condizioni tali da non permettere più l'assorbi-mento di acqua. In tale maniera anche una giornata invernale luminosa con ariacalda non porta ad un disequilibrio tra traspirazione e rifornimento di acqua.

Per quanto riguarda l'adattamento alla disponibilità di acqua, alberi e arbustipossono dividersi in :

a- igrofite tipiche di terreni molto umidi, vivono in climi caldo-umidi o inambienti in cui il terreno e l'atmosfera sono saturi di acqua e vapor d'acqua rispetti-vamente (Populus nigra). Tali piante hanno adattamenti per aumentare la traspira-zione. Le piante che vivono in ambienti umidi con le radici immerse nell’acquasono dette elofite: ne sono un esempio le mangrovie (Rhizophora spp.).

b- mesofite tipiche di ambienti con disponibilità di acqua propri di climi tempera-ti in cui le oscillazioni delle riserve idriche nel terreno sono moderate e i valori del-l'umidità atmosferica sono medi. Le foglie sono sviluppate e vengono perse durantela stagione critica come nel noce (Juglans regia).

c- xerofite tipiche di ambienti poveri d’acqua e di climi aridi, ne é un esempio illeccio (Quercus ilex). Molte piante possono evitare il periodo secco sviluppando unciclo vitale breve che dura quanto la stagione delle piogge (piante effimere), oppuresottostanno ad una fase di riposo eliminando le foglie (piante aridocaducifoglie).Altre piante si adattano al periodo di aridità in quanto sono provviste di fogliedotate di diversi accorgimenti per ridurre la traspirazione, come le foglie ridotte ericche di oli delle xerofite a microfille (rosmarino) o le foglie coriacee con peli nellapagina inferiore delle xerofite a sclerofille come l’olivo (Olea europaea).

d- idrofite proprio di piante che vivono immerse nell’acqua. (22).

2.4.1.2. Radiazioni solari.Le specie, a seconda del loro sviluppo, si possono adattare a differenti condizio-

ni di intensità luminosa (irragiamento adattativo) (tav.38.) e per quanto riguarda l'a-dattamento alla luce disponibile possiamo avere:

a- piante eliofile che amano la luce (la loro massima velocità fotosintetizzante siha alle forti intensità luminose);

b- piante fotofile che amano situazioni intermedie, in penombra;c- piante sciafile che si sviluppano all'ombra.

Uno stesso individuo può presentare foglie eliofile esposte alla luce e foglie sciafileesposte a luce debole (in ombra). La suddivisione sopraaccennata é valida per gli arbu-sti e le erbe; gli alberi nelle loro fasi di crescita (germinazione, sviluppo della plantula,accrescimento) fino a maturità, possono assumere valenze elio-sciafile successive.

2.4.1.3. La lunghezza del dì e della notte. Le piante entrano in quiescenza influenzate da condizioni endogene e da condi-

zioni ambientali: temperatura, umidità e lunghezza del dì e della notte hanno, a que-sto proposito, un’importanza notevole. Le giovani foglie (spesso ancora nelle gemme)percepiscono lo stimolo fotoperiodico che induce alla quiescenza con un meccanismoche la fa insorgere o interrompere, coordinato da ormoni vegetali: auxine, giberellinee acido abscissico (Gerola M.F., 1996). Fattori di periodismo e temperatura inducononelle piante il passaggio da una fase vegetativa a un’altra riproduttiva. (23)

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2.4.1.4. La temperatura.Sono importanti per una pianta le temperature minime sia invernali che estive.

Alcune piante arboree, come ad esempio il peccio o abete rosso (Picea abies), non sisviluppano se la temperatura estiva é troppo bassa (se scende cioé sotto i 10°C aluglio). D’altro canto anche le temperature troppo alte impediscono alla pianta divivere a meno che non siano sopravvenuti adattamenti morfologici e fisiologici talida permetterne la vita anche in ambienti estremi. Piante che vivono bene inambienti freddi sono dette microterme, piante di ambienti temperati sono dettemesoterme, e macroterme le piante che vivono in ambienti molto caldi.

2.4.1.5. La reazione dei terreni.La natura e la struttura del terreno influenzano l’irradiamento delle piante. La

reazione chimica é tanto importante e determinante che su terreni calcarei vivonospecie basifile (come il Rhododendron hyrsutum) e su terreni silicei specie acidofile(come il Rhododendron ferrugineum). Le alofite sono invece le piante che riescono avivere in terreni con alti contenuti di sale ed assumono una morfologia simile aquella delle piante xerofite in quanto in terreni con acqua salata si ha un’ariditàfisiologica per la pianta come in terreni completamente asciutti.

2.4.1.6. Modifiche delle formea. Modifiche del fusto.L’errore più comune é confondere foglie e fusti. Dato che i fusti giovani, ancora

verdi, svolgono anche la fotosintesi clorofilliana, alcune piante che hanno perdutole foglie, per attuare la fotosintesi, trasformano i rami laterali (brachiblasti) appiat-

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Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

INVERNO PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO

1 2 3 4 5 6 7 8 9

Intensitàluminosaal suolo

± 1300 lux

Tavola 38. Fioritura in un bosco di latifoglie.

L’intensità luminosa che giunge al suolo varia in funzione dell’età del bosco e delle stagioni. 1. Rosa di Natale (Helleborusniger), 2. Fior di stecco (Daphne mezereum), 3. Erba trinità (Hepatica nobilis), 4. Viola selvatica (Viola sylvatica),5. Fragola (Fragaria vesca), 6. Martagone (Lilium martagon), 7. Imbutini (Campanula trachelium), 8. Genziana di bosco(Gentiana asclepiadea), 9. Ciclamino (Cyclamen europaeum).

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Dal grecoκλαδοδης = ramoso,per indicare un ramoche assume la funzionedi foglia, deriva daκλαδος = ramo e φυλλον = foglia.

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tendoli e assumendo una forma fogliacea (fillocladi o cladofilli o cladodi) come nelpungitopo (Ruscus aculeatus) o nella ginestra (Spartium junceum). Anche nelle piantea fusto succulento (che funge da riserve d'acqua grazie a un parenchima acquifero,per sopravvivere in ambienti dove si prolungano nel tempo le condizioni di ari-dità), é questo a svolgere l'attività fotosintetica. I rami si sono appiattiti assumendola forma di grandi foglie, mentre le foglie vere si sono trasformate in spine). Lafoglia e il ramo appiattito verde (cladodio) sono ‘organi analoghi’ in quanto svolgo-no la stessa funzione ma hanno struttura interna differente. (24)

Altre modificazioni relative al fusto sono quelle delle piante che abbisognano disostegni vivi o morti per portarsi verso la luce. Le piante con fusti deboli si avvol-gono attorno al sostegno (albero, roccia o palo che sia) direttamente, come nellamadreselva (Lonicera periclynemum) o tramite rami o germogli trasformati in viticcicome nella vite (Vitis vinifera). In alcune piante rampicanti come l’edera (Hederahelix) si formano radici avventizie aeree che si sviluppano dal fusto (radici aggrap-panti) con la funzione di aggrapparsi al supporto. Ci possono essere anche radici atrampolo che sostengono come puntelli il fusto ed esplicano funzione di assorbi-mento come in Pandano (Pandanus sp) e poi si hanno radici colonnari che si diparto-no dai rami come nel fico delle pagode (Ficus benjamin) in cui un unico esemplarepuò formare un intero boschetto. Il fusto é tutto sommato “plastico” nella fase di cre-scita i tronchi e i rami vengono piegati o da agenti naturali (come dal vento prevalente)oppure dall’azione dell’uomo. (tav. 39.)

Tav. 39. Potatura.

Il vento effettua una potatura naturale che distruggendo le gemme sul lato più esposto impedisce che la pianta si sviluppi nor-malmente. L’uomo interviene analogalmente per dare una “forma” o forzare la pianta a produrre.

Capitozza (per produrre legacci o fascine)

Ceppaia (per paleria)Potatura (errata)a palo telegrafico

Potatura corretta

Ventofreddosecco

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Rami e tronchi opportunamente piegati su supporti rigidi permettevano di ottene-re particolari forme, come avveniva nei boschi destinati agli arsenali. Oppure anchetagliati e cesellati per ottenerne forme particolari nei giardini (topiaria). Certo tutt’altracosa rispetto alle potature che stravolgono l’assetto naturale della pianta e dimostranofin troppo spesso l’ignoranza dei potatori.

b. Modifiche delle foglie.La foglia é l'organo maggiormente esposto alle influenze ambientali ed é anche

quello che é dotato di maggiore capacità plastica. Per ridurre la traspirazione, adesempio, in alcune xerofite le foglie si sono trasformate in spine perdendo ogni fun-zione fotosintetica ma diventando anche deterrenti verso gli animali erbivori.Anche la rachide e la guaina possono essere trasformate in parte per facilitare alfusto volubile di far presa sui sostegni vivi o morti (Clematis spp.): si hanno cirri oviticci.(tav. 40.) In alcuni casi tali cirri hanno alle loro estremità delle piccole vento-se (Partenocissus spp.), mentre altre piante si aiutano con il picciolo volubile (Clematismontana). Nel caso dello stracciabraghe le stipole si sono invece trasformate in unci-ni. (25) Altre piante hanno le foglie trasformate in squame (catafilli) con funzione diprotezione. D'altro canto per aumentare la superficie fotosintetizzante alcune piantemodificano il picciolo o la rachide, appiattendola (fillodio) come nell'acacia (Acaciarubida). Inoltre in alcune specie come la robinia (Robinia pseudoacacia) vi possonoessere foglioline soprannumerarie come anomalie morfologiche.

c. Modifiche delle radici.In ambienti umidi le radici di alcune piante arboree come il cipresso calvo

(Taxodium distichum) assumono caratteristiche tali da funzionare come prese d’aria:(pneumatofori sono radici aeree). C’é da ricordare che tutte le radici con funzioneprevalente di sostegno che non si formano dall’apice radicale dell’embrione (radi-chetta) sono radici avventizie. Esse si possono sviluppare all’apice del caule, allasua base oppure nei suoi tratti intermedi, come avviene nell’edera.

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Dal grecoφυλλωδης = simile a

foglia.

Tav. 40. Modifiche delle piante rampicanti.

Le piante rampicanti posseggono cirri (modificazioni di foglie intere o di loro parti come il picciolo o le stipole). I cirri possonoanche derivare dai fusti. Possiamo avere un cirro fogliare quando si pone all’ascella della gemma o del ramo e un cirro ramealequando si trova sopra a una foglia. Il viticcio é l’estremità terminale di un germoglio. Il viticcio si avvolge attorno al supportoperché la parte a contatto si accresce meno velocemente. I piccioli delle piante rampicanti sono spesso persistenti, lignificano erimangono attaccati alla pianta anche dopo la caduta della lamina (Clematis sp); altre volte il picciolo dà origine ad una spinalegnosa (Ribes uva-crispa) o facilitare, per la presenza di pulvini o pulvinoidi la torsione della lamina (Mimosa pudica).Inoltre l’estremità prossimale del picciolo può essere allargato per avvolgere e proteggere la gemma (Platanus sp.). I pulvinipossono essere presenti alla base del picciolo, alla base della lamina o alla base di ogni fogliolina nelle foglie composte. I pulvi-noidi costituiscono articolazioni di crescita e possono dare origine a strutture prensili nelle piante rampicanti.

Clematis vitalba

Loniceraperyclimenum

Parthenocissustricuspidata

Vitis vinifera

Hedera helix

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2.4.2. Fattori biotici.2.4.2.1. Modifiche delle forme.a. Modifiche del fusto.Alcune piante sono munite di aculei o spine caulinari per difendersi dal morso

degli erbivori. Queste sono costituite da molti tessuti meccanici, hanno la strutturadel fusto (sono rami trasformati) come nel prugnolo (Prunus spinosa) ma hanno unacrescita limitata. In altri casi, come nelle rose (Rosa spp.), "le spine" sono emergenzeche non presentano la struttura del fusto ma sono solo protuberanze della cortecciaoriginate dai tessuti sottoepidermici e rivestite di epidermide. Per tale motivo sistaccano facilmente dal fusto lasciando una cicatrice netta, in questo caso si parlapiù propriamente di “aculei”. (tav. 41.) Infine vi può essere un appiattimento delfusto dovuto a degenerazione del meristema apicale (fasciazione) per intervento diagenti patogeni. Alcune piante per sfuggire agli erbivori tendono a confondersi conl’ambiente circostante (mimetismo vegetale), specie in aree aride; é il caso deiLithops sp. sudafricani che assomigliano a piccoli sassi.

b. Modifiche delle foglie.Negli ambienti aridi e semiaridi anche le foglie (o loro parti) sono spesso trasfor-

mate in spine per scoraggiare gli erbivori o i parassiti a nutrirsi della pianta: é ilcaso della Robinia che ha trasformato in spine le stipole o dell’agrifoglio le cuifoglie più basse sono spinose.

Per richiamare gli insetti le foglie possono poi trasformarsi in appendici sterilicon funzione vessillifera e protettiva (petali e sepali) e in appendici fertili (stami epistilli) con funzione riproduttiva. In alcuni casi le brattee che rivestono i fiori sonofoglie modificate (ipsofilli) come nella buganvillea (Bouganvillea sp) (26).

Alcuni organismi (quali gli insetti), poi, utilizzano le piante per facilitare lo svilup-po delle proprie larve deponendo le uova entro i tessuti della pianta. La pianta reagi-sce allo stimolo e forma una galla di forma differente a seconda dell’ospite. (tav. 42.)

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tav. 41. Spine e aculei.

Le spine sono di origine endogena e presentano un tessuto vascolare. Sono poste all’ascella o al di sopra delle foglie e sono ori-ginate dai rami (spina rameale); se é sotto la gemma si tratta di una foglia modificata o di una sua parte (spina fogliare); sesono accoppiate sotto le foglie si tratta di stipole trasformate (spina stipolare); infine si può trattare di spine da radici avventi-zie. Le spine dunque derivano da metamorfosi di rami, foglie e stipole, mentre gli aculei sono solo emergenze di fusto e foglie.Le spine rameali sono all’ascella di una foglia; le spine caulinari proseguono il ramo (Prunus spinosa). Le spine possono deri-vare da un germoglio ascellare (Gleditsia triacanthos) o derivare dal profillo (Citrus sp.). Alle volte l’apice di un germoglioabortisce per la perdita delle capacità meristematiche e se prima le cellule ispessiscono e lignificano le loro pareti cellulari, siforma una spina. La caduta o la perdita dei rami a causa di una zona di abscissione é detta cladoptosi.

Rosa canina

con aculei

Pyrus communiscon spinerameali

Berberisvulgaris

con spinefogliari

Gleditsiatriacanthoscon spine

da germoglio

Robiniapseudoacacia

con spinestipolari

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Tav. 42. Parassitismo.

Alcuni organismi utilizzano le piante per facilitare lo sviluppo delle larve. La pianta reagisce stimolata e forma una galla diforma differente a seconda dell’ospite. Un disturbo o un’alterazione morfologica si ha quando la pianta é sollecitata dall’inter-vento di animali diversi e produce galle che sono costituite da cellule vegetali. La loro forma é collegata alla specie animaleparassita e alla specie vegetale che ne subisce l’attacco. Si parla di epifillia quando le superfici fogliari presentano fiori o gemmevegetative o galle derivate dall’attacco di parassiti.

Cynips quercus folli(Cinipide)

Andricus kollari

Thaumetopoea pityocampa(Processionaria del pino)

su foglia di quercia

Parassitismo con sollecitazione morfologica Parassitismo senza sollecitazione morfologica

su foglia di faggio

su betulla

Adulto

su gemma di rovere

Larva

Mikiola fagi(Cecidomia)

Andricus fecundator Byctiscus betulae(Rinchite)

su rametto di rovere

su pino nero

larva

Tav. 43. Forme biologiche.

Le piante vascolari si possono ripartire in forme biologiche come proposto da RAUNKIAER nel 1934. Il rilevamento delleforme biologiche permette di ottenere uno spettro biologico della comunità vegetale in esame. I raggruppamenti prendono inconsiderazione il modo in cui viene protetta la gemma per superare la stagione nella quale sono raggiunti, per quella specie, ilimiti di tolleranza legati alla siccità da freddo o da caldo. Le fanerofite (P) sono piante perenni legnose con gemme poste aaltezze superiori ai 30 cm dal suolo e comprendono alberi e grandi arbusti. Le camefite (Ch) sono piante legnose con gemmeposte a meno di 30 cm di altezza dal suolo e comprendono piccoli arbusti e suffrutici. Le emicriptofite (H) sono piante perennicon gemme a livello del terreno ma protette dalle foglie secche basali. Le geofite (G) sono piante perenni con gemme sotterraneesu bulbi, tuberi e rizomi (comprendono anche le piante perenni acquatiche che hanno gemme sommerse). Le terofite (T) infinesono piante erbacee annuali che superano il periodo avverso allo stato di seme.

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Dal grecoαυτος = stesso,αλλος = diversoχδϖν = terra.Dal latino adventicius,derivato da advenire =venuto da fuori.

Dall’italico flora =nome della dea dellafioritura.Dal latino vegetatio =animazione derivato davegetare = animare.

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2.4.3. Forme biologiche.A seconda di come la pianta supera, nel ciclo vegetativo, la stagione sfavorevole,

si possono distinguere nelle cormofite 5 forme biologiche principali in funzionedella posizione delle gemme, come ha proposto RAUNKIAER (1934). (tav. 43.) Le variezone di vegetazione possono dunque essere tipicizzate dalla percentuale delle varieforme biologiche. In ambienti tropicali umidi prevalgono le epifite e le fanerofite(con un 60% sul totale), nei deserti prevalgono le terofite e nelle foreste mediterra-nee dominano le terofite (40%) e le emicriptofite (30%). Nelle foreste temperate si haun numero maggiore di emicriptofite (50%), nelle zone di montagna e nella tundraprevalgono le emicriptofite (60%), mentre nelle zone di alta montagna e polari pre-valgono le camefite a cuscinetto.

2.5. GENESI.

Per quanto riguarda la loro origine, in una data area geografica, possiamo avere(Pignatti, 1985): piante spontanee (autoctone) presenti in un dato luogo in virtù diuna propria forza di irraggiamento e senza essere state introdotte dall'uomo, opiante introdotte (alloctone). A loro volta queste ultime si suddividono in piante col-tivate (quelle che si propagano solo con l'intervento dell'uomo) e piante avventizieche si propagano anche senza l'intervento dell'uomo. Le piante avventizie possono aloro volta essere casuali se scompaiono dopo pochi anni perché o non si riproduco-no o perché non riescono a svilupparsi in piante adulte e naturalizzate, quando sistabiliscono in modo definitivo in un certo luogo trovando condizioni analoghe aquelle del paese d'origine.

A proposito dei termini bosco, frutteto, prato, landa, campo, si tratta di denomi-nazioni che indicano differenze strutturali determinate dalla dominanza di un certotipo di pianta in un dato spazio (stazione). Il loro studio può avvenire individuandole diverse specie presenti e la loro distribuzione (studio della flora) oppure le loroaffinità e complementarietà nel formare comunità (studio della vegetazione). Nelprimo caso si ha una raccolta di dati generali e nel secondo di dati di dettaglio. Lespecie affini da un punto divista ecologico sono specie caratteristiche (specie guida)che permettono di far riconoscere quell’aggruppamento vegetale omogeneo che “farilevare un’ecologia particolare e autonoma” (Braun-Blanquet, 1915). La vegetazio-ne é dinamica e si evolve sostituendo specie floristiche ad altre più stabili in rappor-to al clima dell’area, fino a costituire una comunità stabile “climax”. Nell’ambienteplaniziale dove sorgono le ville miranesi il climax é quello del querceto misto; signi-fica che i prati, se non vi fosse un continuo intervento antropico esterno, si evolve-rebbero naturalmente verso i cespuglieti e il bosco.

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NOTE.

1. Se si considera la grande varietà climatica e orografica che caratterizza la penisola italiana, ci si può rendere contodella naturale diversificazione della vegetazione che nel suo assetto attuale ha risentito delle imponenti vicende legatealle glaciazioni (l’ultima glaciazione é terminata circa 15.000 anni fa) e dell’opera modificatrice dell’uomo. Per compren-derci fino in fondo specifichiamo che per flora si intende un elenco delle specie vegetali presenti in un’area e per vegeta-zione si intende il complesso risultato delle interazioni esistenti tra le piante presenti in un certo spazio e in un datotempo.

Come detto, un elenco delle piante presenti in un certo territorio, ordinate secondo un criterio logico che permetta diindividuarle facilmente, ne costituisce la "FLORA". Conoscere quali piante ci sono in un luogo può dare un'idea deicaratteri ambientali presenti (o passati). L'esame dei reperti archeologici e dei pollini fossili, per esempio, permette ditracciare un quadro della flora esistente in un dato tempo anche se oggi le specie sono scomparse. Così si può affermareche la flora terziaria italiana era ricca di specie arboree tropicali e subtropicali: Podocarpus, Taxodium, Sequoia, Thuja,Smilax, Ficus, Laurus, Cinnamomum, Magnolia, Liriodendron, Anona, Pittosporum, Zizyphus, Liquidambar, Eucalyptus, Sophora,Acacia, Diospyros che scomparvero per la maggior parte durante le grandi invasioni glaciali successive (Pignatti S., 1976).

2. Radice, fusto e foglie sono strettamente connessi tra loro e costituiscono nel complesso l’intera pianta; sono il risul-tato della specializzazione acquisita nel corso della loro storia evolutiva. Gli studi paleontologici e paleoclimatici permet-tono di comprendere le pressioni ambientali cui le piante sono state sottoposte dal passaggio da un tipo di vita esclusiva-mente legato all’acqua ad un tipo di vita adattato alla terraferma.

Le forme vegetali primitive erano unicellulari e vivevano in acqua; era la stessa cellula che provvedeva direttamenteall’assorbimento delle sostanze nutrienti, alla fotosintesi, alla riproduzione e allo svolgimento di tutte le altre funzionivitali. Nel corso dell’evoluzione si sono registrati due eventi fondamentali: un aumento delle dimensioni degli organi-smi che vivevano nell’acqua e la loro successiva conquista dell’ambiente terrestre. La conquista dell’ambiente terrestreha comportato l’evoluzione di nuovi organi più adatti alla vita subaerea, facilitando nello stesso organismo la separazio-ne delle varie funzioni. La sopravvivenza delle piante presuppose dunque quegli adattamenti che permisero a tutte lecellule di dotarsi dell’acqua necessaria per vivere. Si sono in tal modo formati organi specializzati nel compiere la foto-sintesi (le foglie) con aperture (stomi) per facilitare gli scambi gassosi; organi che ancorano la pianta al terreno e assorbo-no acqua e sali minerali (le radici), organi che assicurano il rifornimento idrico e lo scambio di sostanze (il fusto) e sistemidi organi adibiti alla riproduzione (il fiore).

3. Inventare nuovi termini per definire, nel linguaggio comune, gruppi di piante alla luce delle conoscenze scientifi-che più recenti mi sembra corretto. Ad esempio se si definisce con “conifere “ quel gruppo di piante che portano i coniallora si dovrebbe indicare con fiorifere” il gruppo che attualmente viene definito con il termine “latifoglie”, in quantoporta fiori. Considero pertinente il concetto che le strutture portanti le parti deputate alla fecondazione siano definitestrobili: coni quelli semplici delle gimnosperme e fiori quelli più complessi delle angiosperme. Concettualmente si potràpoi parlare di aghifoglie, squamifoglie e latifoglie, evitando la distinzione di gimnosperme per le prime e di angiospermeper le seconde in quanto foglie a lamina espansa si hanno anche tra le gimnosperme e viceversa, foglie aghiformi e squa-miformi anche tra le angiosperme.

D’altro canto la suddivisione in alberi e arbusti o cespugli (che comprende frutici e suffrutici) comunemente usata inItalia é convenzionale e differisce nelle diverse culture. In Francia, ad esempio, l’arbre designa la specie legnosa con untronco e un’altezza superiore a 7 metri, l’arbuste ha caratteri analoghi ma é alto fino a 7 metri, l’arbrisseau é ramificato findalla base con altezza inferiore a 7 metri e il sous-arbrisseau é inferiore a 50 centimetri di altezza, con rametti erbacei semi-legnosi rimpiazzati di anno in anno (é equiparabile al suffrutice). In Germania si usano i termini Baum per designare l’al-bero con un’altezza superiore a 5 metri, Strauch indica l’arbusto ed é equiparabile al frutice, Halbstrauch indica il suffruti-ce. Altri termini utilizzati sono il Spalierstrauch un arbusto strisciante (come Dryas octopetala) e il Polsterstrauch per indica-re un arbusto molto basso (come Alyssum spinosum). In Italia si usa anche il termine ‘cespuglio’ per indicare un arbusto,ma sembrerebbe più opportuno differenziare i due concetti facendo riferimento alla loro altezza (proponiamo di conside-rare il cespuglio come una pianta bassa, non più alta di 75-100 cm, molto ramificata fin dalla base con un aspetto com-patto, mentre l’arbusto ha comunque un’altezza superiore ad un metro) senza che questo implichi una sua caratterizza-zione botanica. Si potrebbe parlare di un habitus arboreo, arbustivo (frutici) e cespuglioso (comprendendovi bassi fruticie suffrutici)).

Nel linguaggio scientifico si utilizza invece il termine di Fanerofita che prende in considerazione solo l’altezza dellapianta al momento dell’osservazione. Si hanno allora:macrofanerofite con h>20 m; mesofanerofite con 7<h<20 m; micro-fanerofite con 2<h<7 m; nanofanerofite con 0,5<h<2 m. In tale suddivisione i suffrutici che in genere sono più bassi di 50cm, corrispondono alle camefite.

4. Il seme é un organo connesso alla riproduzione ed è in grado di trascorrere un periodo più o meno lungo di ripo-so; al suo interno é contenuta la pianta allo stato di embrione. L'embrione dispone di sostanze di riserva che utilizzeràdurante la germinazione. Tali sostanze possono essere localizzate nello stesso embrione (cotiledoni) oppure in altre partidel seme (endosperma).

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Il primo organo che esce dal tegumento per assorbire l'acqua é la radichetta, successivamente si liberano i cotiledoniche diventano verdi e capaci di compiere la prima fotosintesi per rifornire la pianta dell’energia chimica necessaria al suosviluppo.

5. Linneo con il termine fanerogama si riferì all’insieme di piante in cui la fecondazione si realizzava in modo evidenteall’interno di un organo specializzato per la riproduzione, il fiore. Successivamente Linneo esaminando i vari tipi di fioridivise le fanerogame in due grandi categorie: le gimnosperme e le angiosperme.

Attualmente, secondo la sistematica filogenetica i termini di Pteridofite, Spermatofite e Gimnosperme hanno persoqualsiasi valore per i botanici e possono venire ancora utilizzati solo per finalità didattiche (Gerola F.M., 1996). D’altrocanto altri autori seguono il Wettstein, per esempio, distinguendo uno stipite Anthophyta diviso in gimnosperme e angio-sperme.

6. In botanica tutte le foglie modificate con funzione sessuale (micro o macrosporangi) sono riunite in “strobili” che,nelle spermatofite sono detti, genericamente parlando “fiori”. Qui seguiremo le indicazioni della scuola botanica ameri-cana (Bell A.D., 1993) in cui si designano con il termine di pigne o coni gli strobili (femminili) delle conifere e con il ter-mine di fiori gli strobili delle angiosperme.

Le gimnosperme sono caratterizzate dunque da sporofilli trasformati in squame e riuniti in piccoli coni o pigne. Glistrobili maschili sono formati da foglie squamiformi che portano due sacche entro cui matura il polline; gli strobili fem-minili sono formati da foglie squamiformi che portano ognuna due ovuli. Le foglie squamiformi possono essere tra loroindipendenti e aderenti (le pigne degli abeti) oppure fuse tra loro a formare una struttura tondeggiante (galbuli) comenel ginepro (Juniperus communis) che può diventare molto lignificata come una piccola pigna: é il caso del cipresso(Cupressus sempervirens). Nel tasso (Taxus baccata) la struttura riproduttiva non é a cono ma é costituita da un unico semeavvolto da un cercine anulare carnoso (arillo) derivato dalla squama ovulare. Le pigne maturano dopo un tempo variabi-le da uno a tre anni e la liberazione del seme avviene a seguito della separazione delle foglie squamiformi e/o la succes-siva caduta dall’albero. Il numero dei semi sulle singole squame può variare da uno-due a molti. I semi sono in molti casialati (Abies spp), in altri sono avvolti da un tegumento robusto (Pinus pinea) e in altri ancora sono avvolti da un arillo chea maturità assume un colore scarlatto. Le foglie sono nella maggior parte dei casi aghiformi o squamiformi e quelle deipini permangono sulla pianta per un periodo da 2 a 4 anni; in Pinus longeva, l’albero più longevo della terra, gli aghirimangono fotosinteticamente attivi sulla pianta per 45 anni.

Il ginkgo (Ginkgo biloba ) é l’unica gimnosperma a foglia laminare ed é una pianta fossile vivente, unico rappresentan-te di un gruppo di piante più primitive delle conifere, tanto che viene compresa da diversi autori in una divisione pro-pria: GINKGOPHYTA. Secondo tale classificazione le “gimnosperme” comprendono, inoltre, al rango di divisione leCONIFEROPHYTA, le CYCADOPHYTA e le GNETOPHYTA. Si presti attenzione che altri autori non considerano più leCycadophyta al rango di stipite.

Le gimnosperme (Pteridospermophyta) fecero la loro comparsa nel Permiano, periodo dell'era Paleozoica caratterizzato(nell'emisfero nord) da un diffuso prosciugamento delle paludi del carbonifero (290 milioni di anni fa) e da una glacia-zione nell'emisfero sud. Si originarono quindi piante xerofite adatte a climi caldo aridi e a climi freddo secchi, rispettiva-mente. Hanno pertanto strutture fogliari spesso centriche con un mesofillo compatto, una spessa cuticola esterna e stomiinfossati al di sotto della superficie fogliare. Il fusto adulto ha struttura eustelica; il loro legno é omoxilo costituito dafibrotracheidi (ad esclusione delle Gnetales) (é un’osservazione da fare al microscopio) con funzione sia di trasporto che sisostegno. Più precisamente nelle Conipherophyta si ha un legno di tipo “pinoxilo” con fibrotracheidi e nelle Cicadophyta unlegno di tipo “monoxilo” con prevalenza di tessuti parenchimatici. Compare per la prima volta il sughero, una sostanzache coibenta il fusto. Sono questi aspetti considerati caratteristici di adattamento a lunghi periodi di aridità proprio nellestagioni sfavorevoli. Ricordo che il periodo di aridità fisiologica fa riferimento al periodo in cui non é presente acqua inuno stato assimilabile dalla pianta.

C'è da chiedersi come mai alcuni vegetali hanno scelto di colonizzare le terre emerse e come sia potuto avvenire taleprocesso. Posso ipotizzare che in una pozza disseccata o in via di disseccamento, alcuni vegetali avevano subito unamutazione o comunque si erano originati individui con strutture modificate che permettevano di superare i periodi criti-ci d’assenza d’acqua. Supponiamo che fosse il sughero che avvolgeva le parti esterne e proteggeva le cellule interne daldisseccamento. D’altro canto l’ambiente terrestre, a parte il problema ormai risolto di mantenere un certo tenore d’acquaall’interno dei propri tessuti, é più favorevole alla fotosintesi. Nell’acqua infatti la luce viene assorbita maggiormente dalmezzo e quindi i vegetali ricevevano meno luce e qualitativamente diversa da quella captabile nell’aria. Inoltre gli scam-bi gassosi necessari al processo fotosintetico sono più veloci nell’aria per cui le piante riescono a svilupparsi più veloce-mente che in acqua, espandendo la superficie esposta alla luce.

7. Le angiosperme sono comprese nel grande aggruppamento delle antofite (ANTHOPHYTA), queste produconosemi che maturano protetti all’interno di foglie ripiegate su se stesse per delimitare una cavità (ovario). In tale tipo difiori vi sono degli antofilli sterili che formano il calice e la corolla e antofilli fertili (sporofilli) che formano l’androceo (laparte maschile del fiore che produce il polline) e il gineceo (la parte femminile del fiore formata da foglie profondamentemodificate dette carpelli) entro cui é posto l’ovulo. La maggior parte delle foglie ha una nervatura principale da cui sidipartono le nervature secondarie (carattere tipico delle dicotiledoni). Le parti del fiore (sepali, petali, stami, pistilli) sono

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generalmente in numero di 3, 4 o 5 o loro multipli interi. Le angiosperme dicotiledoni hanno il fusto adulto con strutturasecondaria eustelica (i fasci legnosi si distribuiscono lungo una circonferenza e si aprono in un cambio) e legno eteroxilo,mentre le monocotiledoni anche da adulte mantengono la loro struttura primaria con i fasci collaterali chiusi distribuitinel parenchima del tronco (struttura atactostelica). Alcune eccezioni tra le monocotiledoni sono conosciute come nel casodi Pandanus che ha fusti ramificati e un accrescimento in spessore che dipende dall’attività dei meristemi primari (M.F.Gerola, 1996). Anche le palme pur non possedendo un accrescimento laterale (i fasci cribo-vascolari sono chiusi e distri-buiti nel tronco in numero enorme) sono “legnose” in quanto le cellule adulte hanno pareti cellulari lignificate. La scorzanon esiste e sono le guaine delle foglie cadute che formano il disegno dello ‘stipite’.

Se le prime piante con semi comparvero verso la fine del periodo Devoniano, solo nel mesozoico sono stati rinvenutifossili appartenenti alle angiosperme il cui primo reperto risale al Cretaceo (125 milioni di anni fa). Si imposero successi-vamente sulla preesistente flora in modo graduale e circa 75 milioni di anni fa iniziarono a comparire le specie ancheoggi presenti. Più propriamente le angiosperme vengono attualmente definite con il termine di Magnoliophyta.

8. C'è effettivamente il quesito del perché le piante arboree originarono piante erbacee (che sono considerate, pertan-to, più evolute). Si pensa in generale che un breve ciclo vitale (pianta annuale) sia favorito da condizioni in cui il periodofavorevole alla vita é breve ma con risorse disponibili e caratteristiche ambientali non estreme. La pianta attua un rapidosfruttamento dell'ambiente e con una rapida riproduzione mette in circolazione molti individui disponendo così di unanotevole variabilità genetica. In una situazione di tal genere l'evoluzione della popolazione é favorita. Le piante perennisono invece caratteristiche di ambienti estremi e limitanti (o che lo sono stati). Quando il clima, ad esempio, é caratteriz-zato da forte variabilità annuale, soprattutto in senso di abbassamenti repentini di temperatura, le piante possono esseredistrutte proprio nel momento della fioritura (antesi). In circostanze di tal genere una intera popolazione di pianteannuali può scomparire, fatto che non succede con le piante perenni che possono sempre riprodursi l'anno successivoquando le condizioni si presentano migliori.

D’altro canto essendo gli studi basati sul reperimento di resti fossili é indubbio che sia relativamente più facile, perperiodi così lontani nel tempo, ritrovare alberi fossili piuttosto che strutture erbacee. Probabilmente le ipotesi non dannochiarezza di quanto effettivamente sia accaduto e non conosco se dal paleozoico siano potuti giungere fino a noi pollini ospore o altre parti non legnose delle piante esistenti a quei tempi.

9. L’epidermide é formata da uno o più strati di cellule vive che, viste dall’alto, hanno forma poligonale o allungatacon bordi dentellati o ondulati. Esse svolgono la funzione di aumentare la superficie di contatto e, di riflesso, la resisten-za della superficie. Le cellule epidermiche sono caratterizzate dalla loro particolare morfologia: sono prive di cloroplastie posseggono pareti cellulari modificate senza spazi intercellulari.

La parte esterna dell’epidermide é rivestita da uno strato continuo di cutina (una sostanza resistente alla biodegrada-zione ) che forma nel suo insieme la cuticola; il suo spessore varia in relazione all’ambiente in cui vive la pianta ed émaggiore nelle specie che vivono in ambienti aridi e minimo in quelle che vivono in ambienti umidi. Spesso alla cuticolasi associa la presenza di cere che oltre ad accentuare la difesa contro le perdite d’acqua, aumentano la resistenza contro leinfezioni e contro la luce solare, in particolare le radiazioni HUV (ma possono poco contro le piogge acide che produconoseri danni all’epidermide degli organi maggiormente esposti).

10. Le appendici (peli o tricomi) che sporgono dall’epidermide possono avere caratteristiche morfologiche diverse:possono essere unicellulari o pluricellulari, formati da cellule vive o morte (in questo caso le cellule sono piene di aria ela totale riflessione della luce le rende bianche). La loro principale funzione é quella di aumentare la protezione delleparti interne della pianta contro un’eccessiva perdita di acqua per traspirazione. Inoltre hanno anche la funzione didifendere la foglia da qualsiasi tipo di traumi provenienti dall’esterno (protezione dai raggi solari, regolazione dell’eva-potraspirazione, ecc.); possono anche avere altre funzioni come la difesa dagli animali erbivori (con un’azione meccanicae chimica), la disseminazione, la secrezione e l’attacco a un sostegno.

11. L’organizzazione delle cormofite può essere ricondotta allo schema generale: radici (la parte ipogea) e germoglio(la parte epigea costituita da fusto, rami e foglie). Si ricorda ancora che il caule permette la distribuzione nello spazio degliorgani sintetizzanti favorendo la loro migliore illuminazione. I vasi e le cellule parenchimatiche collegate sono riuniti infasci legnosi o fasci vascolari o fasci xilematici. I vasi legnosi o xilematici (legno) hanno la funzione di trasportare acqua esostanze nutrienti (linfa non elaborata o grezza) dalle radici alle foglie. I cribri e le cellule parenchimatiche collegatecostituiscono il libro o floema o leptoma. I vasi cribrosi o floematici (libro) hanno viceversa la funzione di trasportare lesostanze più complesse (linfa elaborata) dalle foglie alle diverse parti della pianta. In realtà ho anche osservato alberiscortecciati per un tratto ad anello che continuavano a vivere, verosimilmente il flusso discendente era bypassato allegno. Le piante superiori, per la presenza di tali tubi deputati alla circolazione dei liquidi vengono anche definite“vascolari”. Come si ricorderà il legno é costituito dalla sovrapposizione di numerosissime cellule morte con paretevariamente lignificata, unite in modo da costituire dei sottili tubi, mentre i vasi cribrosi sono costituiti da cellule viveseparate da membrane fittamente perforate in modo da consentire la discesa controllata del flusso di linfa elaborata.

I vasi cribrovascolari sono distribuiti nel fusto secondo una struttura primaria (caratteristica di tutte le piante erbaceeannuali o biennali il cui ciclo vitale si svolge in un unico periodo vegetativo, e di tutte le piante perenni nel loro primo

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anno di vita) o secondo una struttura secondaria (caratteristica di tutti gli alberi, arbusti e suffrutici dal secondo anno divita). Nella struttura primaria del fusto, procedendo dall’esterno verso l’interno, si nota: l’epidermide (uno strato di cellulesuperficiale), la corteccia (costituita da cellule con membrana cellulare più ispessita) e il cilindro centrale (costituito dalmidollo in cui sono contenuti i fasci vascolari, il libro e il legno). Nella struttura secondaria si ha una situazione più com-plessa poiché compaiono due nuovi tessuti: il cambio e il fellogeno. Il primo si insinua tra i vasi del libro e i vasi del legno eappone ogni anno nuovi strati di vasi che determinano l’ingrossamento del fusto e si identificano con la serie di anelli con-centrici visibili all’interno del fusto; il secondo si trova nella corteccia e produce il sughero. Nelle regioni con climi freddi otemperati o comunque con alternanza stagionale spiccata (come é il caso della regione italiana) la crescita dell’albero é scan-dita dal ritmo delle stagioni: un arresto nella stagione fredda (o comunque la stagione meno adatta per la vita della pianta),una ripresa in primavera, un arresto in estate e una nuova ripresa in autunno. Il risultato é un’alternanza di cerchi chiari escuri dovuti, ogni anno, alle diverse dimensioni delle pareti delle cellule dei vasi primaverili ed estivi.

12. Dove l’epidermide non rimane per tutta la durata della vita dell’organo, la protezione degli strati più interniavviene in seguito alla produzione di un nuovo tessuto tegumentale (il sughero) che riveste alla periferia le parti legnosedel fusto e della radice. Il sughero forma la scorza ma lo si può trovare anche in altre parti della pianta in seguito a ferite,come tessuto di cicatrizzazione. Le cellule del sughero sono cellule morte, spesso piene d’aria e di colore scuro per lapresenza di sostanze tanniche (così si spiega il colore scuro dei tronchi degli alberi). Il contenuto di aria all’interno dellecellule giustifica la leggerezza del sughero e la sua capacità di isolante termico (oltre al fatto di essere impermeabili ai gase ai liquidi).

Nelle aree in cui avvengono gli scambi gassosi, il fellogeno forma verso l’esterno cellule le cui pareti sono poco sube-rificate: qui l’organizzazione dei tessuti consente un’areazione dei tessuti posti in profondità. Si formano le lenticelle, for-mazioni lenticolari con sughero lasso. I vegetali emergendo nell’aria, per permettere alle loro parti interne di essere anco-ra immerse nell’acqua necessaria alle loro funzioni vitali e alla riproduzione, evitando il disseccamento, hanno protetto iloro gameti, le loro spore con strati di cellule sterili diffrenziando pareti cutinizzate ed elementi conduttori con ispessi-menti lignificati per il trasferimento dell’acqua alle parti che ne necessitavano.

Il numero delle lenticelle presenti nel sughero é molto variabile da specie a specie e per alcune (Betula spp.) può esse-re elemento diagnostico per la determinazione.

13. Tra i fattori che avviano il distacco della foglia dalla pianta vi é l’accorciamento del periodo di illuminazione che,percepito da sostanze particolarmente sensibili alla luce presenti nelle piante (fitocromo), induce la produzione di ormo-ni. Questi attivano reazioni specifiche responsabili della formazione di uno strato di cellule con pareti sottili (strato diabscissione) alla base del picciolo. E’ a questo livello che avviene il distacco della foglia dal ramo. Sotto tale strato siforma uno strato protettivo costituito da cellule suberificate che isolano la foglia dal fusto, prima della caduta, in mododa impedire eventuali infezioni e perdita di liquidi. Il peso della foglia o l'effetto di agenti atmosferici fanno si che essa sistacchi lungo tale linea (abscissione fogliare). L’abscissione é stata posta in relazione, tra l’altro, con una alterata produ-zione di auxina e di etilene nella foglia. I composti a cui si deve la caduta delle foglie sono chiamate, nel loro complesso,“dormine”. Si ricorda che i due ormoni prima citati vengono usati in agricoltura per prevenire la caduta delle foglie, deifiori e dei frutti.

14. Dalla fecondazione di un fiore con un solo avario si ha un frutto. Dalla fecondazione di un fiore con più ovari siha un frutto apparente costituito o contenente tanti frutticini tra loro più o meno saldati (frutto aggregato). Dalla fecon-dazione dei fiori di un’infiorescenza si ha un’infruttescenza costituita da più frutti appressati lungo un asse. Se dopo lafecondazione alla costituzione del frutto partecipano oltre all’ovario anche altre parti del fiore, si ha un frutto composto.Spesso si hanno frutti aggregati-composti (cfr cinorrodio di Rosa) o infruttescenze-composte (cfr siconio di Ficus).

15. Ci é sembrato più funzionale, sopratutto in termini didattici, proporre la classificazione dei frutti secondo la lineadelle pubblicazioni di scuola tedesca (e anche francese). Nelle pubblicazioni di scuola italiana per falsi frutti si intendo-no gli organi derivanti sia dalla trasformazione dell’ovario che da altre parti e non viene usato il termine di frutto com-posto. Recentemente ho letto che i corpi fruttiferi delle gimnosperme vengono chiamati antocarpi (Medici M., Ferrari D.,1996). I francesi e i tedeschi per frutti composti (fruits composés e Sammelfructe, rispettivamente) intendono sia quelliformati dalla unione di frutti elementari derivati dall’ovario dello stesso fiore o di fiori vicini (infiorescenze), sia quelliderivati dalla trasformazione dell’ovario e del ricettacolo. Per un tentativo di codificazione che non porti a confusionepotrebbe essere opportuno considerare frutti aggregati quelli con l’aspetto di un frutto ma costituiti da tanti frutti uniti efrutti composti quelli in cui alla formazione del frutto, oltre all’ovario, partecipa anche il ricettacolo ingrossato.

16. L’embrione contenuto nel seme é una piccola pianta intera, con radici, fusto e foglie abbozzate, quasi completa-mente disidratata e in uno stato quiescente per far durare la specie nel tempo sopravvivendo a condizioni di vita precariequali il freddo, la siccità o il calore interno. E’ un organo caratteristico ed esclusivo delle piante superiori e le sue funzionisono legate alla propagazione di una specie in un’area sempre più vasta. I semi sono nella grande maggioranza dei casipiuttosto piccoli e hanno spesso particolari dispositivi che ne facilitano la disseminazione (uncini per agganciare il pelodegli animali, ali membranacee adatte al volo planato, ecc). Il seme (il macrosporangio), almeno per la sua parte più

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importante che é l’embrione, é il prodotto ottenuto dalla fusione di un gamete maschile e femminile a seguito della fecon-dazione. Si formano in realtà anche altre strutture alcune delle quali servono come fonte di sostanze nutritive (verrannoutilizzate dall’embrione durante la germinazione del seme), altre servono come mezzo di protezione dell’embrione controeventuali lesioni meccaniche, contro la precoce penetrazione dell’acqua (che potrebbe indurre l’embrione a germinare inmomenti non opportuni) e anche contro la perdita dell’acqua. Nei semi la maggior probabilità di sopravvivenza indivi-duale é data da una maggior quantità di riserve che consentono alla piantina di superare le temporanee condizioni di dif-ficoltà (nei piccoli dei vertebrati, invece, la maggior probabilità di sopravvivenza é legata alla maggior attenzione da partedei genitori oltreché a una intrinseca capacità adattativa nel caso che non esistano cure parentali).

17. Il seme rimane per un certo periodo di tempo unito alla pianta madre, poi si stacca quando le condizioni ambien-tali (acqua in abbondanza, temperatura sufficientemente alta, presenza di luce e ossigeno) sono tali da ridurre i rischidella germinazione. A questo punto l’embrione riprenderà a crescere, si allungherà formando una specie di cordoncinobiancastro. Una estremità si affonderà nel terreno (la radichetta) e costituirà la radice, una altra estremità si orienteràverso la luce (il fusticino e le foglioline embrionali) e diverrà il fusto da cui spunteranno le prime vere foglie.

Un seme di dicotiledone (come quello del faggio) in fase di germinazione mostra subito sotto il tegumento i cotiledo-ni a cui é demandato il compito di proteggere e nutrire l’embrione. Un seme di monocotiledone (come quello del grano)contiene un solo cotiledone ricco di sostanze nutrienti (grassi e proteine) e una sostanza di riserva endogena che contieneamido e proteine.

18. Nelle piante, a parte la caduta delle foglie e l’eliminazione degli strati più vecchi della corteccia, non vi é alcunorgano specializzato nell’eliminazione dei prodotti di rifiuto di diversa natura. I tessuti che svolgono quest’attività ven-gono identificati con il nome di tessuti di escrezione.

Vi sono però anche altri specifici sistemi unicellulari (idioblasti, peli) o pluricellulari sia interni che esterni il cui meta-bolismo si é specializzato nella produzione di sostanze che vengono poi accumulate nei vacuoli o allontanate dalla pian-ta (sistemi secretori). Idioblasti secretori si possono trovare sparsi nei tessuti primari e secondari della pianta; i prodottidella secrezione sono resine, mucillagini, gomme, olii, tannini, ecc. Nella cannella (Cinnamomum cassia) si trovano celluleoleose nella corteccia e negli agrumi (Citrus spp.) i petali dei fiori posseggono cellule che producono olii volatili che atemperature adeguate volatilizzano attraverso le pareti cellulari. A questo proposito mi sembra strano che volatilizzinoattraverso la “cuticola” delle foglie come indicano molti testi, direi piuttosto che ciò possa avvenire attraverso gli stomidopo essersi accumulati nelle camere sottostomatiche e nel parenchima aerifero.

Alle cellule secretrici appartengono anche i canali laticiferi. Sono questi veri e propri tubi delimitati da una pareteliscia ed elastica di cellulosa entro cui si accumula un latice, un’emulsione lattiginosa, in genere bianca, che fuoriesceall’esterno quando i tubi che la contengono vengono lesionati. Si trovano in molte piante tra cui le euforbiacee e le mora-cee; sono già presenti nell’embrione e continuano a crescere con la pianta penetrando in tutti i suoi organi. Talora invececellule limitrofe possono fondersi in seguito al dissolvimento delle loro pareti trasversali: si originano in tale maniera deicontenitori tubuliformi (canali laticiferi composti) come avviene nell’oleandro. Il significato della presenza dei canali lati-ciferi nelle piante non é chiaro; la loro probabile funzione é quella di difesa dagli animali.

Le cellule secretrici sono sempre localizzate al margine di canali o di spazi intercellulari dove si versano i prodottielaborati in vere e proprie tasche schizogene. Altri gruppi di cellule secretrici possono dissolvere le loro pareti costituen-do tasche di secrezione come nel caso di quelle presenti nell’esocarpo delle arance. Inoltre si possono trovare cellule e tes-suti ghiandolari costituiti da cellule vive: é il caso dei peli pluricellulari in cui solo la cellula terminale é la vera ghiandolasecretrice. In generale le cellule secretrici delle gimnosperme e di alcune angiosperme come il lentisco (Pistacia lentiscus),isolate o raggruppate in tasche o canali, producono oleoresine.

19. Prima che la foglia cada, i prodotti di idrolisi (come gli zuccheri) vengono trasportati in altre parti della pianta.Anche la clorofilla viene degradata e i carotenoidi presenti non più mascherati dal suo colore verde, diventano evidenti ele foglie appaiono gialle e arancioni. Appena la temperatura notturna si abbassa vengono sintetizzati antociani (coloreviolaceo, rosso o viola) mentre le sfumature marrone sono dovute a sostanze simili ai tannini (Longo, 1990)

20. E’ l’adattamento alle diverse condizioni ambientali che favorisce la grande varietà delle specie; sopratutto negliambienti più disagevoli v'è la maggiore differenziazione (Pignatti S., 1997). Esiste cioè un rapporto molto stretto traforma-funzione-ambiente che coinvolge le piante nella loro interezza: morfologia, struttura interna, colore, odore, fisiolo-gia (i processi interni che permettono alla pianta di vivere). Ovvero é la relazione esistente tra i processi vitali e la struttu-ra che la pianta assume per vivere in un certo habitat. Modificando l’ambiente di vita può cambiare tale rapporto e se lapianta non riesce ad adattarsi alle nuove condizioni é destinata a scomparire da quell’area.

Nel lavoro qui presentato abbiamo inteso per “forma” la morfologia esterna della pianta visibile ad occhio nudo, tra-lasciando se non come veloce descrizione la struttura interna che può essere vista solo con l’aiuto di un microscopio. Per“funzione” si intendono, invece, tutti i processi vitali che consentono alla pianta di germinare, crescere e riprodursi.

Come l’ambiente possa influenzare morfologia e funzioni delle piante (e degli altri esseri viventi) si può riscontrarenelle ‘convergenze adattative’ che consiste nel fenomeno per cui specie diverse presentano una morfologia simile (esclu-dendo le strutture fiorali che permettono una corretta classificazione) per adattarsi ad ambienti simili anche se lontani

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nello spazio e nel tempo (cfr. euforbie africane e cactus nord-americani).Il bagaglio cromosomico (genotipo) influenza l’aspetto della pianta per cui v'è una differenza di forma tra individui

diversi (variabilità intraspecifica) che può presentare, a seconda dell’età, una variabilità nelle foglie e uno specifico feno-tipo (forma) influenzato dall’ambiente. Per tale motivo piante con genotipo identico possono presentarsi con formediverse nei diversi ambienti.

21. Il principio dei fattori limitanti deriva dalla legge del minimo proposta nel 1840 da J. von LIEBIG (1803-1873).Secondo tale legge la crescita di una pianta é influenzata dalla quantità più bassa di un certo nutriente presente rispettoal fabbisogno. Ciò significa che nel caso in cui ci sia a disposizione nel terreno una quantità di sostanze nutrienti suffi-ciente per N elementi ma insufficiente per anche un solo altro elemento, la crescita sarà limitata in quanto condizionatada quest’ultimo.

22. In Francia, rispetto all’umidità del terreno abbiamo una articolazione in: piante xerofile, mesoxerofile, mesofile,mesoigrocline, igrocline, mesoigrofile, igrofile. In Italia si riportano anche le elofite, ovvero le piante con radici e parte delfusto sommerso che possono presentare anche radici respiratorie.

23. Le piante arboree e arbustive passano allo stadio riproduttivo, fiorendo poi in genere ogni anno dopo aver rag-giunto la maturità sessuale che segue lo stadio vegetativo. La luce e la temperatura influenzano questo evento tanto éche una pianta posta in ombra può rimanere allo stadio vegetativo. Il dispendio di energia dei fiori, infatti, può esserecompensato solo con una forte produzione di prodotti della fotosintesi che a sua volta é influenzata dalla luce.Ovviamente la lunghezza del dì e della notte influenzano la fioritura, così come influenzano la quiescenza e la germina-zione dei semi. In particolare sembra ormai chiarito come sia, in effetti, la lunghezza della notte o della fase al buio (nic-tofase) che condiziona la fioritura, piuttosto che la lunghezza della fase diurna. Le piante a tale proposito si possono sud-dividere in piante brevidiurne (o longinotturne) e piante longidiurne (o brevinotturne). Le piante brevidiurne sono quel-le che fioriscono tanto più precocemente quanto più é lungo il periodo notturno (Gerola M.F., 1996). Se il periodo di illu-minazione si allunga rispetto al fotoperiodo critico tipico della pianta, questa non fiorisce.

24. Il cladodo é una strategia della pianta xeromorfa che sacrifica le foglie (per ridurre la superficie traspirante) sosti-tuendole nella loro funzione fotosintetica con i fusti trasformati. I cladodi (fusti appiattiti) sono sottesi da una foglia (osottendono una foglia) mentre i fillodi (modificazioni del picciolo e/o della lamina) sono sottesi da una gemma (o sotten-dono una gemma).

25. Le piante rampicanti hanno adottato la strategia di appoggiarsi a supporti vivi o morti per esporre le foglie allaluce. Vivono pertanto in ambienti ombrosi e hanno acquisito un fusto sottile, spesso volubile e con organi prensili coa-diuvatori dell’ascesa. Piante a fusto volubile sono quelle in cui il fusto stesso si avvolge al sostegno. Altra strategia,soprattutto in ambienti freddi, consiste nel rimanere prostrati: il fusto diventa strisciante. In tale condizioni si ha minoredispersione di calore e durante il periodo invernale si viene coperti dalla neve che funziona da coibente.

26. Le piante che sfruttano il vento per il trasporto del polline (anemogame) hanno strobili in genere con infiorescen-ze composte da fiori unisessuali poco colorati. Le infiorescenze maschili sono allungate e pendule (amenti) e produconouna notevole quantità di polline. Una pianta di tal genere utilizza una notevole quantità di energia per la riproduzionema é svincolata da qualsiasi altro fattore. Le piante che sfruttano invece gli animali (zoogame) hanno fiori vistosi, colora-ti, profumati e dispongono di nettare per attirare i pronubi. I fiori sono generalmente ermafroditi per utilizzare il vettoresia per trasportare il polline ad un altro fiore sia per permettere al polline trasportato da un altro fiore di attuare la fecon-dazione. In questo caso la pianta risparmia energia ma dipende dall’attività del pronubo e si evolve insieme a questo.

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3. DALLA TEORIA ALLA PRATICA

IPOTESI PER UN PROGETTO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE

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“... io mi vedo come un bambino che gioca in riva al mare, e di tanto in tanto scopre un ciottolo piùlevigato, o un conchiglia più bella delle altre mentre davanti mi si stende inesplorato l’immenso oceanodella verità”.

(I.Newton, 1647-1727)

“...per un attento osservatore nessun monte é abbastanza alto e nessun mare troppo profondo. Eglideve sentirsi libero come l’aria che circonda tutto: né chiacchiere, né storie, né studi, né convinzioni lodevono tenere lontano dal tutto guardare”.

(J.W. von Goethe, 1749-1832)

“Colui che é cieco alle bellezze della natura ha perduto metà del piacere di vivere.”

(B.P., 1857-1941)

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3.1. LA SCOPERTA DELL’AVVENTURA

Affrontare l’ignoto è per ogni uomo sinonimo di avventura e inizia con la sco-perta di noi stessi, con l’essere disponibili a cambiare, preparandosi ad un faticosocammino di conoscenza di ciò che è attorno a noi e in noi.

L’avventura è la scoperta di quanto si è creativi, di quanto si è fantasiosi, di quan-to si è attenti, coraggiosi, pazienti e fiduciosi nelle proprie capacità. L’avventura èimpegnarsi nella progettazione preventiva per prepararsi all’impresa, è fare emergereil coraggio di affrontare gli imprevisti e la perseveranza di arrivare alla meta. Il con-tatto diretto con la natura (o in modo più completo, con l’ambiente quale risultatodelle interazioni tra natura e cultura) è il banco di prova delle teorizzazioni: qui rice-viamo stimoli, ispirazioni, sensazioni e anche le risposte ai quesiti relativi a un usoappropriato delle risorse. L’avventura ci insegna la problematicità degli ostacoli dasuperare, il rischio e la necessaria prudenza. Ci insegna ad essere precisi e fantasiosi,sicuri e nello stesso tempo consapevoli dell’importanza degli altri che camminanoinsieme a noi. Avventura è anche un ritrovarsi e confrontarsi con gli altri e non soloacquisire fiducia in sè stessi. È un mezzo per entrare in sintonia con l’ambiente; è ilmodo attraverso cui si arriva alla meta e si impara a superare gli ostacoli attraversola fatica fisica e la razionalizzazione interiore dei fatti che via via capitano lungo ilpercorso. È la volontà di mettersi in cammino e superare le incomprensioni adottan-do metodi per approfondire le conoscenze e gli itinerari da seguire.

L’avventura, non essendo altro che un gioco di simulazione, diventa un metodoper affrontare la vita. Le parole chiave delle regole del gioco sono: i concetti etici divivere l’ambiente nel rispetto reciproco, di amore e salvaguardia della vita, di mani-festazione del coraggio nell’affrontare e risolvere i problemi e gli imprevisti; i con-cetti scientifici connessi al limite, alle interdipendenze, alle trasformazioni neltempo e nello spazio; i concetti tratti dall’economia quali la progettazione, il bilan-cio e la gestione.

Se giocare può essere considerato innato, partecipare e giocare bene s’impara.Essere avventurosi significa, in ultima analisi, imparare a giocare bene il giocodella vita. Non è facile realizzare l’avventura; occorrono amore, sensibilità, volontà,conoscenza, personalità, capacità, competenze e professionalità. Essa si snoda attra-verso il gioco, la scoperta, la ricerca, l’impresa, la progettazione e il servizio, parten-do da un messaggio che costituisca la motivazione di partenza.

L’avventura non dà mai per scontato che si conoscano tutti i fatti e fa rilevare ladifficoltà della scoperta ma anche la soddisfazione di avere risolto un quesito dopoun’attenta preparazione e una ricognizione sul campo, poiché ogni utente, per esse-re sicuro del territorio che percorre, deve poterlo fare proprio conoscendolo, giocan-dolo ed esplorandolo.

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L’adulto per far questo deve calarsi anche nei panni del più limitato o del piùpiccolo: a quell’altezza cosa vede, che sente, che odora, che ostacoli ha, che può toc-care? Le uscite vanno sempre calibrate a misura di utente; per questo occorre chel’adulto scopra egli stesso quell’ambiente, inventi anche lui, osservi, agendo ancheautonomamente per richiamare la propria attenzione su di un particolare importan-te da fare scoprire.

Al di là della conoscenza occorre essere capaci di trasmettere valori: osservarele formiche con la lente badando a non ucciderle, per esempio. Lo scopo dell'edu-catore non è di suscitare una risposta necessariamente omogenea da parte delgruppo, la cui reazione positiva lo gratifica immediatamente (come gratifica delpari il gruppo!), piuttosto quella di dare spazio ai normali tempi di reazione dellapersona. I tempi di reazione sono necessari in quanto ogni singolo partecipantedeve avere la possibilità di registrare, ragionare, reagire sulla base degli imputdati; i tempi aiutano l’animatore nella preparazione delle attività, nella valutazio-ne delle risposte del gruppo e nella verifica dei risultati raggiunti. Perché lo sap-piamo tutti: “é più facile tenere occupati dei ragazzi piuttosto che educarli” comeha giustamente affermato C. BRAGHINI (1993) ad uno dei campi internazionali delCSEAAM.

Un’esperienza educativa applicata all’ambiente diventa educazione ambientalequando, superata l’istanza conoscitiva e protezionistica verso la natura, o la com-prensione dei processi degli ecosistemi recupera l’avventura, il concetto di ambien-te, i rapporti uomo-natura, i valori, la progettualità e la partecipazione degli utenti.

Essa, accanto all’approccio scientifico del problema passa anche attraverso espe-rienze, sensazioni ed emozioni ‘operando sul campo’ tenendo presente che l’am-biente diventa una risorsa educativa se da soggetto, mezzo o fine diventa anchevalore. È già un primo passo essere in grado di comprendere perché, dove, come equando intervenire; un secondo passo é poi comprendere se l’intervento é opportu-no, riconoscendo e accettando anche ciò che non può essere fatto.

3.2. L’AMBIENTE BOSCO.

I maggiori benefici dall’attività avventurosa nell’ambiente si acquisiscono se l’atmo-sfera in cui operano gli utenti è tranquilla e rilassante, se lo spazio è ampio e sicuro, se tut-to il necessario per l’attività che si desidera svolgere sia disponibile e materialmente pre-sente, se viene dato il tempo materiale per fare e scoprire da sé... e gli utenti non siano affa-mati o stanchi.

Il percorso educativo può essere iniziato utilizzando l’ambiente familiare, l’am-biente della scuola, vari ambienti naturali, l’ambiente cittadino, l’ambiente del vil-laggio, e non ultimo “l’ambiente fantastico” prendendo spunti dagli ambienti in cuivive l’utente. Partire dall’ambiente naturale per giungere a quello artificiale, in unasorta di evoluzione culturale, è un percorso che vuole sollecitare il gioco, l’avventu-ra e la responsabilità: in realtà ci si sta preparando a guidare da soli la propriacanoa, secondo un’espressione cara a B.POWELL (1857-1941). Una preparazione pre-ventiva potrà essere attuata nel giardino della scuola o in altro ambito dove ognirischio é controllabile per “vedere” la tenuta dei partecipanti.

Il luogo dell’avventura, lo sento profondamente, é il bosco. E’ il luogo di miti eleggende, di dimensioni religiose e misteriose. E’ il luogo dell’attenzione, delle sor-prese, dell’imprevisto e del gioco; me lo immagino impenetrabile con qualcosada scoprire al di là..Dove oggi sono città, borghi, villaggi e campi coltivatierano un tempo remoto boschi che l’uomo ha distrutto o profondamentemodificato e il cui ricordo é rimasto nell’immaginario. Mi sono chiesto

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spesso perché ciò sia potuto accadere, solo per un fatto economico legatoalla sopravvivenza (non si poteva rimboschire o curare la produzione deiboschi?) oppure sussistevano altre motivazioni a noi poco conosciute, non c’era lacultura adatta oppure li si é sistematicamente voluti cancellare perché retaggio direligioni antiche?

Il bosco é da me considerato lo spazio più adatto per sviluppare la fantasia eaffrontare il gioco, l’avventura e la conoscenza di sé stessi. Avventurarsi in unbosco, per esempio, presuppone un’attenta preparazione con un percorso in aula,soprattutto per i più piccini, che imiti le difficoltà da superare, con tecniche di lavo-ro da utilizzare e un sopralluogo per ridurre i rischi e scegliere il luogo adatto alleattività. Nel bosco ci sono ostacoli da superare, ci sono cose da conoscere e scoprire,ci sono limiti da non valicare (non ci si “sparpaglia” e si acquisisce sicurezza dellospazio che si controlla) e ci si abitua a capire dove sono i pericoli per agire con pru-denza e vincere la paura. Il bosco dà spazio alla fantasia e diventa un luogo doveinventare, dove costruire, dove fantasticare, dove usare i sensi, dove raccogliere eosservare materiali.

In un bosco (e il parco vi può essere paragonato), possono essere realizzate tuttele attività che verranno proposte ma c’é molto di più da fare: c’é la scoperta degliodori, dei fruscii, dei gridi e dei segnali, dei colori, delle luci e delle sensazioni tatti-li; c’é la festa del compleanno dell’albero, si inventano piccole storie del bosco, siascoltano le leggende, si disegnano animali fantastici con i sassi, le pigne e i rametti;si canta insieme. Il bosco diventa una fonte di divertimento: ci si può nascondere, siraccolgono frutti secchi per farne ghirlande, si scoprono le tante curiosità mai visteprima. Il bosco diventa così un amico e una fonte di notizie fantastiche.

Si possono sollecitare la sensibilità verso l’ambiente (natura e costruito) metten-do in risalto il bello, le forme, le armonie e i colori, utilizzando quegli strumenti chepermettono di approfondire maggiormente le proprie osservazioni e, via via, dalpiù semplice passare al più complesso fino ad elaborare ipotesi di gestione e inter-vento. Alla fine della giornata si ricorda cosa si è sentito, odorato, gustato, toccato,udito e fatto di bello ... di brutto ... e così via. È un continuo incastro di sensazioni,conoscenze e atteggiamenti seguendole strategie, le tecniche e i metodi più diversi.

Così si rafforzano le proprie capacità, si viene informati sulle regole necessa-rie per operare nel rispetto degli altri, si capiscono i propri limiti, i condiziona-menti e si acquisisce il senso del rischio: abituati ad avere tutte le comodità, nonè male imparare che, con fantasia, esse si possono costruire con l’indispensabile,e abituati ad appropriarci di tutto velocemente, non è male educarsi alla curiositàprudente.

3.3. OBIETTIVI E CONTENUTI DELL’EDUCAZIONE AMBIENTALE.

L’educazione ambientale è quell’educazione che risulta da un progetto di appren-dimento continuo, articolato e metodico al fine di fornire quelle conoscenze, queglistrumenti, quelle capacità, quei valori, quelle attitudini, quelle abilità e quelle compe-tenze in grado di mettere il soggetto in condizione, da un lato, di costruire una sua nuo-va sensibilità e, dall’altro, di gestire in modo corretto il proprio rapporto con l’ambien-te e rafforzarne la sua conservazione.

Tre sono essenzialmente i contributi educativi da recuperare con l’educazione am-bientale: un’etica adeguata, le conoscenze sull’ambiente inteso come ecosistema cultu-rale (struttura, funzionamento e trasformazione nello spazio e nel tempo) e l’acquisi-zione di competenze di base nelle valutazioni economiche e tecnologiche. Eticamenteparlando la nuova cultura “della transizione ambientale” si dovrebbe fondare su valo-

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ri quali la lealtà, l’amicizia, la solidarietà, la partecipazione e il rispetto; la compo-nente scientifica dovrebbe superare l’approccio disciplinare delle strutture ambien-tali, sviluppando lo studio delle interazioni tra i processi nei sistemi ambientali.Infine l’economia dovrebbe indagare sui costi-benefici nell’ambito ambientale (conparticolare attenzione ai concetti di prevenzione, riciclo e sistema) e la tecnologia do-vrebbe individuare quelle forme di intervento che non compromettano i processi am-bientali fin dall’approvvigionamento, durante il processo produttivo e dopo l’uso daparte degli utenti. La finalità educativa è quella di giungere alla conservazione nellosviluppo compatibile, applicando regole ‘etiche’, ‘ecologiche’ ed ‘economiche’ peressere in grado di intervenire con opportune tecnologie, nel rispetto degli equilibrinaturali esistenti.

Si pensa che in tal maniera si possa contrastare l’azione antropica che ha preva-lentemente agito sull’ambiente con forti interventi modificatori in vista di guadagnie rese sempre maggiori. E’ difficile immaginare un paesaggio rurale o montano (pernon parlare di quello urbano) disgiunto dall’opera dell’uomo che lo ha modificato(disboscato, dissodato, messo a coltura e organizzato in proprietà, diffondendo col-tivazioni specializzate, annichilendo specie vegetali non ritenute utili) con una ten-denza a renderlo uniforme. Per mantenere invece una biodiversità il territorio puòdivenire, in questo contesto e in una retrospezione storica, un ambito di lavoro e diformazione.

3.4. ORGANIZZARE UN PROGRAMMA DI LAVORO.

La proposta é di lavorare in equipe simulando un consiglio di classe.Lo schematismo evidente della tavola allegata è solo utile per creare una mappa

mentale da seguire nello svolgimento delle attività in modo che risultino chiare leinterconnessioni tra le parti. (tav. 1.) L’avvertenza è che comunque si dia semprespazio all’intuito, all’imprevisto, alla fantasia e alla curiosità; in poche parole che cisia flessibilità verso tutto ciò che ci circonda.

Sia pure seguendo una traccia prefissata, non si abbia dunque paura di indaga-re, grazie alla propria esperienza, su effetti e fattori che risultino interessanti per ipartecipanti oltre la finestra degli obiettivi che reputiamo importanti e che abbiamoindividuato a tavolino, predisponendo un’apposita griglia. (tav. 2.)

In linea di massima si dovrebbe prevedere per un dato livello:0 - quali obiettivi e quali finalità raggiungere;

*1 - quali strumenti predisporre per rilevare la situazione di partenza (sensi-bilità, fantasia, percezione dei problemi, nozioni di base, capacità logi-che, atteggiamento etico e comportamenti);

2 - quali contenuti individuare per attuare 1.;3 - quali contenuti individuare per raggiungere gli obiettivi ipotizzati;4 - quali attività realizzare in modo che il percorso educativo sia interessan-

te (attività nell’area esistenziale, cognitiva e operativa);5 - quali ambienti possono rispondere meglio alle esigenze di 3.;6 - quale metodologia seguire per imparare a capire;7 - quali materiali (schede, manuali, diapositive, acetati, ecc) predisporre;8 - quali strumenti utilizzare per il rilevamento, l’osservazione e la restituzione

dei dati;9 - quali modi proporre per raccogliere i risultati e i materiali prodotti;

10 - quali articolazioni dei tempi di realizzazione prevedere;11 - quale organizzazione mettere in moto per la realizzazione;12 - quali forze coinvolgere;

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13 - quali strutture sono necessarie;14 - quali autorizzazioni sollecitare;

*15 - quali strumenti predisporre per conoscere la situazione finale;16 - quali contenuti individuare per attuare 15.;17 - quali forme attuare di comunicazione del lavoro.

Con un asterisco sono indicati i due momenti che permettono di svolgere unaverifica su un certo tema. Chiedere, ad esempio, alla fine di un’esperienza sulparco, tramite un questionario, “Cosa intendi per giardino storico” e confrontare larisposta con quella data all’inizio dell’attività permetterà di rilevare quanto è varia-to il modo di vedere degli utenti e quanto si sarà stati incisivi e/o formativi.

Gli spunti di indagine preannunciati, da un punto di vista formale, soddisfanole esigenze di quasi tutte le materie. (tav. 3.)

Nel progetto all’aria aperta ipotizzato, si potrà notare come ogni materia puòriconoscersi in un argomento specifico, sia nelle attività di campagna che di labo-ratorio. Seguendo tutti gli insegnanti lo stesso schema e utilizzando le stessemetodologie di indagine per una certa tematica, i dati raccolti potranno essere traloro confrontati e collegati per la restituzione e la elaborazione conclusiva. Se ilprogetto riuscirà a svilupparsi anno dopo anno con i medesimi utenti e con atti-vità che si integrano a vicenda, potremo allora a buon diritto parlare di “educa-zione ambientale”.

Nel disegno generale di indagine sull’ambiente “bosco” del giardino storico, lediverse materie possono concorrere con la loro specificità. Suggeriamo di seguitoqualche possibile attività o argomento di studio:

•Le idee, la religiosità, l’etica e la filosofia connesse all’osservazione dell’albero edel bosco, e i rapporti tra le parti. Il valore dell’albero come simbolo rituale e magico. Ilrapporto uomo-ambiente, uomo-uomo, uomo-animale, uomo-pianta. Qualità della vi-ta e problemi sociali. Il dominio (da ‘dominus’) come custodia della diversità culturalee religiosa. L’evoluzione del pensiero etico della gestione dell’ambiente. Templi, bo-schi, divinità e nuovo ordine.

•Osservazione di un albero e composizione di un brano poetico, confronto con gliscritti di altri autori. Registrazione degli incontri con gli esperti e raccolta bibliografica.Relazione sull’esperienza impostando le cartelle secondo le norme dell’editoria. Lacultura locale riferita al bosco. Le favole, le leggende, le tradizioni, le parole legate al bo-sco e la loro evoluzione etimologica. Esposizione orale e composizione scritta sulleesperienze maturate dall’allievo. Le didascalie della mostra. Elaborazione e invio dilettere ad organismi che si interessano del bosco o del verde dei parchi per ottenerneinformazioni e materiali. Etimologia della toponomastica. Leggende e modi di dire.

•L’evoluzione del rapporto uomo-bosco o uomo-albero o uomo-animali.Importanza del legname e suo uso nelle diverse epoche; la distribuzione del bosconelle mappe degli archivi storici. Le trasformazioni nel tempo in un certo ambito.Le trasformazioni nell’uso del suolo. Le colonizzazioni. I boschi sacri e quelli vinco-lati a particolari esigenze. La distribuzione del bosco nel tempo. La distruzione deiboschi per fini religiosi. Dai ‘paradisi’ ai parchi pubblici: origine e sviluppo.

•Lettura, comprensione e analisi di brani di opere che affrontano il problema delrapporto uomo-natura dalla lingua originale. Invio di lettere ad organismi interna-zionali per ricevere materiali utili al lavoro. Riassunto del lavoro svolto e predispo-sizioni di didascalie per l’esposizione in una mostra. Il pensiero ‘ambientale’ dellacultura studiata. Cultura e natura nel Paese di origine.

Religione Filosofia

Italiano

Storia

Lingua straniera Lingua storica

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GeografiaEconomia

Diritto

•Le mappe mentali dell’ ubicazione dei boschi nel Comune (o nell’area) di appar-tenenza e la distribuzione attuale del bosco; planimetria di un’area a verde pubblico,sua progettazione e suo bilancio preventivo.

Il cerchio da chiudere e lo sviluppo sostenibile. Analisi dei dati meteorologici.Rapporto con la gestione presente in diversi Comuni oltre a quello di residenza.Importanza del bosco e sue funzioni. Il parco naturale come ambito di protezione.

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DIRETTA

DISEGNI

INTERVISTE

SCHEDE

CARTOGRAFIA

MAPPE

DISEGNI

FOTO

DIPINTI

ANALISI DATI STRUTTURA

RICERCA

OS

SE

RVA

ZIO

NE

CULTURA CULTURA

STRATI DI VEGETAZIONEINTERRELAZIONILIVELLI ENERGETICITRASFORMAZIONI NEL TEMPOSTATO DI CONSERVAZIONEEPOCHE DI IMPIANTO

EDUCAZIONE

VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALERAPPORTI CON LA POPOLAZIONE

CO

NS

ULTA

ZIO

NE

SINTESIRISULTATI ATTIVITÀ

PRESENTAZIONE AGLI ABITANTI DEL TERRITORIO

MOSTRE PUBBLICAZIONEAUDIOVISIVI

ANALISIPUBBLICAZIONI

INDIRETTA

STORICACOLLOQUI

FOTO

RILEVAMENTI

DATI BIBLIOGRAFICIDATI DI CAMPAGNA

AMMINISTRAZIONESTRUTTURE ANTROPICHEECONOMIAGESTIONEVIABILITÀNORMATIVERESTAURO AMBIENTALEORGANIZZAZIONE E CONTROLLO

ANALISI DATI FUNZIONAMENTO E SUCCESSIONE

STRATIFICAZIONI

ANALISI CARATTERIFISICI-CHIMICI-BIOLOGICI-ANTROPICI

Tavola 1. Ipotesi di lavoro interdisciplinare in un sistema parco. Quadro di riferimento. (Da un modello di ItaliaNostra - Verona, modificato). Obiettivi da raggiungere:

1. Capacità di osservazione 2. Capacità di connessione 3. Precisione 4. Intuizione, valutazione e formulazione ipotesi 5. Abilità manuale 6. Capacità di impostare ricerche, approfondendole sempre più dal semplice al complesso 7. Divertirsi8. Sviluppare fantasia e capacità di inventare 9. Sviluppare interessi 10. Approfondire le conoscenze scientifiche 11. Acquisire metodologie di lavoro 12. Individuazione delle possibili soluzioni da verificare 13. Lavorare in equipe di 2-3persone 14. Uso degli strumenti 15. Acquisire la sicurezza di sé e accettare anche gli errori 16. Prestare maggiore attenzione e rispetto alle cose.

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ScienzeChimica

MatematicaGeometria

Distribuzione dei boschi antichi attraverso la toponomastica. La mappa dei giardini.

•L’ecosistema bosco, i caratteri fisico-chimici dell’ecosistema, riconoscimento dipiante arboree e animali. Raccolta dati e costruzione di chiavi dicotomiche. Studiodel funzionamento del bosco e della sua successione ecologica. Misurazioni deltempo locale. Uso dei frutti del bosco.

•Analisi statistica dei dati (media, devianza, frequenza); calcolo della superficiee del volume fotosintetizzante; costruzione di grafici e uso degli assi cartesiani.Calcolo percentuali e impostazione di proporzioni. Calcolo delle altezze, delledistanze e dei volumi. Circonferenze e diametri. Valutare l’incremento di peso, di

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ATTIVITÀ DI CAMPAGNA ATTIVITÀ DI LABORATORIO

CONSULTAZIONE

BIBLIOTECA

SCHEDARIO

COSTRUZIONE CARTINE TEMATICHE SULLADISTRIBUZIONE DELLA PIANTA NELLA ZONA

RILEVAMENTO TOPOGRAFICO

MOSTRA E AUDIOVISIVICALCHI

REDAZIONE NUOVEPAGINE D’INVENTARIO

DETERMINAZIONE DELLA PIANTAFOTOGRAFIAE DISEGNI

PREDISPOSIZIONE NUOVE SCHEDECOMPILAZIONEQUESTIONARI

OSSERVAZIONE

ANALISI AL MICROSCOPIO PALINOTECA

Messa a dimorain un ambienteadatto

ARCHIVIO

RELAZIONE

SPERMOTECA SERRA PIANTINE

RACCOLTA

Foglie

Fiori

Frutti

Semi

Polline

PRESSARE + ESSICCARE ERBARIO

Tavola 2. Ipotesi di lavoro nell’ambito botanico entro lo schema interdisciplinare proposto in tavola 1.

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Fisica

Educazione tecnica e artistica

Disegno

numero e di superficie fogliare. Proporzioni gradevoli all’occhio basate sul rapportoaureo. Spirale logaritmica e serie di Fibonacci.

•Misurazione dell’energia prodotta da un bosco; misure del calore ceduto e loroinfluenze sull’ambiente. Mutamenti di stato. Propagazione della luce. Energia edentropia.

•Costruzione di semplici apparecchiature per l’analisi di parametri fisici; co-struzione di manufatti utili alla gestione e all’osservazione del bosco. Predisposi-zione di un apparato iconografico. Gli attrezzi della cultura materiale. Imposta-zione e allestimento di una mostra, preparazione della carta riciclata e stampa didisegni e cartelloni in difesa del bosco. I manufatti, le costruzioni e l’architettura

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EDUCAZIONE

TECNICA

SCIENZE FISIC

HE,

CHIMIC

HE, BIO

LOGICHE

Taola 3. L’ambiente permette un linguaggio comune

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legata all’uso del legno. Dai boschi alla cattedrale di Trani. Il recupero dei materialiscartati e loro riuso. Le foglie si modellano. Le forme e i colori degli alberi e del bo-sco. Disegnare utilizzando diverse tecniche.

•Percussioni, legni e flauti per ripetere lo stormire delle fronde, il canto degli uc-celli, il ruscellare dell’acqua e i piccoli rumori della natura. Diversa sonorità dei le-gni; elaborare un brano di musica “naturale”.

•“City trail” e “nature trail” con prove fisiche (percorso Herbert), prove discienze, di geografia e orientamento (“orienteering”). Giochi di movimento.Predisporre un percorso “sensitivo e tattile” per non vedenti.

Tale lavoro per discipline si può fondere con un’indagine stagionale che diventilaboratorio propositivo annuale o pluriannuale. Esemplificando: in autunno, all’ini-zio dell’anno scolastico, si procede con una ricognizione per localizzare gli alberi(mappatura) e identificarli apponendovi cartellini di riconoscimento. Si preparanoschede di raccolta dati nelle diverse stagioni acquisendo la terminologia adatta. Sipossono iniziare collezioni di rametti, di frutti e di semi indagando sulle gemme, laforma e i caratteri dei rametti nudi. In inverno si possono studiare i sempreverdi conuna serie di esperienze su caduta foglie, crescita rametti, portamento e comparare irisultati con le osservazioni maturate sulle caducifoglie. E’ un momento per inda-gare anche sulla scorza degli alberi e degli arbusti, visitare musei o frequentarebiblioteche per acquisire informazioni ulteriori e maturare idee per nuove ricerche,preparare giochi sui trucioli ottenuti dai rami di diversi alberi. In primavera si con-frontano le ipotesi formulate durante l’inverno sulla forma delle gemme, si fotogra-fa, si disegnano i fiori, si possono fare analisi del polline e iniziare una raccolta difoglie predisponendo anche una chiave dicotomica. In estate la scuola é finita ma ésempre possibile chiedere di redigere un diario raccogliendo dati nel luogo di vil-leggiatura da confrontare con quanto si é fatto, dando un taglio se non ‘ecologico’almeno da ‘esploratore’ alle osservazioni.

3.5. IL PERCORSO PROPOSTO.

Le attività di educazione ambientale possono seguire sentieri diversi. Noi seguiremo il sentiero che porta dal meno complesso al più complesso

secondo un’evoluzione storica del rapporto con la natura e poi con l’ambiente.Faremo un cammino ad occhi aperti (sensibilizzazione), ci interesseremo del rico-noscimento degli ambienti, capiremo i segni dell’uomo (preparazione) e proporre-mo attività di controllo e gestione (partecipazione). In tal modo il processo educa-tivo si snoda attraverso il sentire, il capire, l’ipotizzare e l’agire. In linea di massi-ma si scoprirà l’ambiente prima nelle sue componenti (la struttura), poi nei fatto-ri, nei meccanismi, nelle interrelazioni che l’influenzano e infine nelle sue tra-sformazioni spaziali e temporali, sia a livello di individui che di popolazioni e dicomunità.

Dovendo lavorare sul terreno con utenti di differente estrazione culturale, occorreprevedere un incontro preliminare per attivare una reciproca conoscenza e porre le basidel lavoro da svolgere. (tav.4) L’animatore effettuerà un sopralluogo nell’area oggettodi attività per verificare la diversità delle strutture esistenti da quella data e individua-re le zone in cui opererà con quegli specifici utenti. Si premunirà dei permessi necessa-ri e richiesti (utili per un discorso indiretto di educazione alla popolazione) e solleciterà

Musica

Educazione fisica

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l’adesione e la collaborazione degli Enti che operano sul territorio in esame. Infine or-ganizzerà l’uscita sul campo, le attività da realizzare, il lavoro di indagine e di raccolta dati. Unapposito spazio sarà il luogo della prima sommaria restituzione delle osservazioni de-gli utenti che continuerà poi nella sede di appoggio (il laboratorio, per esempio).L’esperienza sarà ulteriormente analizzata in classe per verificare il grado di coinvol-gimento e i lavori svolti dagli studenti (incontro conclusivo di un percorso), e termineràcon la presentazione del lavoro alla comunità. L’educazione ambientale come viene diseguito proposta vuole essere un progetto che coinvolga i partecipanti in senso unita-rio (considerando tutta la persona) e globale (considerando la persona parte di una co-munità). L’approccio è quello della vita all’aperto che intende non solo mettere in con-tatto con l’ambiente per comprendere le interrelazioni e l’importanza della diversità

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LINEE DI AZIONE PER REALIZZARE UNA VISITA DI STUDIO

PREPARAZIONE

PROGRAMMAZIONE

• INCONTRO PRELIMINARE

ORGANIZZAZIONE

• SOPRALLUOGO

PARTENZA CON I MEZZI A DISPOSIZIONE

ARRIVO SUL LUOGO PRESCELTO

• ESPLORAZIONE DEL LUOGO

• OSSERVAZIONE E ANALISI RISORSE

• COSTRUZIONE MAPPE E OGGETTI

FINALIZZATI AL LAVORO DA SVOLGERE

• USO DEGLI OGGETTI, DEI MATERIALI

PRODOTTI E DELLE RISORSE AMBIENTALI

• ATTIVITÀ DI SCOPERTA E INDAGINE

RITORNO A SCUOLA

• ELABORAZIONE DEI DATI RACCOLTI

E DELLE OSSERVAZIONI FATTE

• DISCUSSIONE

• PRESENTAZIONE DEI RISULTATI E DEI

METODI UTILIZZATI

STESURA DELLA RELAZIONE FINALE

INSEGNANTI - ANIMATORI

ANIMATORI

STAFF CENTRO

UTENTI

STAFF DEL CENTRO E ADDETTI AGLI UFFICIENTI DIVERSI

ENTI DIVERSI

UTENTIANIMATORI

UTENTIINSEGNANTI

INSEGNANTI ANIMATORISTAFF DEL CENTRO

Tavola 4. Linee di azione per realizzare una visita di studio.

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negli ecosistemi, ma anche sollecitare il rispetto della vita, l’uso corretto delle risorse, ilsenso di comunità e uno spirito di osservazione attraverso la pratica dell’analisi criticae propositiva sui fenomeni osservati.

A tal fine si utilizzerà la fantasia, la creatività e la manualità fondendo il teorico eil pratico (l’imparare giocando del metodo scout) (saper fare), sperando che un im-pegno continuato nel tempo possa formare un nuovo modo di pensare e agire nel-l’ambiente.

La metodologia da seguire consiste nel sollecitare risposte da verificare par-tendo sempre dall’esperienza già acquisita e aiutando attraverso integrazioni eosservazioni ripetute. (tav. 5.) La risposta deve essere coerente e logica, deve esse-re una scoperta e non il risultato di una esposizione dell’animatore. Ovviamente sideve tener conto dell’età, dei gradi di difficoltà affrontati nelle attività, dei concettiche si vogliono trasmettere e delle associazioni logiche maturate durante il lavorosvolto. Si deve tendere a utilizzare la forza dell’intelligenza e il senso logico dei par-tecipanti (una sorta di jujutzu culturale). La prassi della ricerca scientifica propostaabitua a porsi le domande, a ricercare le soluzioni ai quesiti per verificarne gli as-sunti, e stimola la curiosità. Il vero problema sarà la disponibilità in termini di tem-po e di personale, soprattutto se le attività verranno realizzate nella sequenza logi-ca ipotizzata nelle pagine seguenti.

A tal fine la strategia potrebbe essere:1. documentarsi ed effettuare una prima ricognizione di ciò che si é in grado di fare;2. Indagare con i partecipanti su come organizzare il lavoro da proporre.3. Ritoccare i lavori proposti.4. Sperimentare idee, rapporti, tempi e modi di restituzione.5. Intervenire per risolvere il problema e gestirlo.

3.6. IL MATERIALE DA DISTRIBUIRE.

Il materiale di base che ogni partecipante riceverà sarà costituito da fogli bianchie a quadretti (15 fogli per iniziare) con tutto l’occorrente per costruire un quadernodi “caccia” (o un “diario di bordo”, se si preferisce). Qui il partecipante scriverà glieventi avvenuti giorno dopo giorno, le risposte e le elaborazioni ai lavori proposti, leosservazioni e le valutazioni maturate. È utile un quaderno ad anelli in quanto i fo-gli possono essere spostati e aggiunti in modo opportuno. Il quaderno può anche es-sere costruito partendo da un supporto di legno a cui si incolla una larga striscia dipelle per il dorso e il frontespizio. Nel supporto di legno due fori, alla distanza degliusuali perforatori da tavolo, permetteranno di trattenere con opportune viti passantii fogli forati delle dimensioni del quaderno. Alla fine del lavoro, si distribuisce un fo-glio stampato con le indicazioni del campo, dell’ente che lo organizza, della data edel luogo. Si distribuiranno anche etichette autoadesive in cui il partecipante potràscrivere il proprio nome.

Per le attività in campagna si può anche distribuire un supporto (formato A4) dicompensato con gli angoli smussati, cordello (per poterlo facilmente trasportare oanche tendere al collo per farne una base su cui scrivere) e un mollettone di ferrobrunito che servirà per trattenere le schede e i fogli necessari per i rilevamenti.

Per svolgere il lavoro si potrà seguire la traccia indicata da una scheda che ha loscopo di facilitare la raccolta e l’interpretazione dei dati. Le diverse fasi permettonodi capire la situazione (osservazione, descrizione, censimento e studio), oppure épossibile seguire un proprio filo di indagine. Il materiale da utilizzare (schede, fogli,

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INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA

MOTIVAZIONE

STIMOLO DOMANDA

OSSERVAZIONESUL CAMPO

RISPOSTA E IPOTESI

VERIFICA

DISCUSSIONE

CONFRONTO E ANALISI CRITICA

RICERCA BIBLIOGRAFICA

Principi metodologicidell’indagine geografica

LocalizzazioneComparazioneConnessione

AttivitàCasualità

Materiali

Nuova ipotesio domanda

Nessuna nuovaipotesi o domanda

CONCLUSIONI ATTENDIBILISUL FENOMENO OSSERVATO

PARTECIPAZIONE DELL’ATTIVITÀ SVOLTA E DEI RISULTATI

Visualizzazione Verbalizzazione Drammatizzazione Comunicazione

RACCOLTA DELLE CONOSCENZE DEL GRUPPO

esperienzeconoscenze osservazione

CAPACITÀ POSSEDUTE AttenzioneIntuizioneMemoria

Registrazione e interpretazione

RACCOLTA DATI E INFORMAZIONI

Strumenti e materiali

ESPERIMENTI

Strumenti

Tavola 5. Metodologia seguita nell’attività didattica .

Partire dalle conoscenze e dalle esperienze degli studenti per stimolare domande e riflessioni che li conducano a quelle “scoper-te” che rispondano ai quesiti formulati è un metodo che permette di usare la propria intelligenza e il proprio senso logico perrafforzare idee maturate dentro di sè. La verifica delle ipotesi può avvenire sia attraverso una via indiretta (che consiste nell’acquisire materiali bibliografici e di altrogenere per consultarli), sia una via diretta (che consiste nell’invitare un esperto che confermi o aggiunga ulteriori informazionia quelle possedute). L’analisi avviene sulla base di due procedimenti: la deduzione, ovvero il procedimento logico che da unprincipio generale o da un complesso di dati permette di ricavare una considerazione parziale in essi contenuta e l’induzio-ne, il procedimento logico che dalla constatazione di fatti particolari permette di risalire ad affermazioni generali. In lineagenerale, il metodo proposto va bene a qualsiasi livello, ma deve essere ogni volta opportunamente reinterpretato perché ognirealtà ha caratteristiche sue proprie. I principi ispiratori del procedere dell’indagine scientifica sono qui connessi ai principi del-l’indagine geografica. Significa che di un evento occorre chiedersi dove si trova e che spazio occupa (localizzazione ed esten-sione); se il fatto osservato può essere confrontato con qualcosa, conosciuto sulla base dell’esperienza personale maturata, chepresenta analogie o differenze (comparazione); se è collegabile a fatti che possano spiegare le interdipendenze tra i diversi even-ti che lo determinano (connessione); se si trasforma nel tempo e con che risultati (attività), e se esistono cause i cui effetti sianodati dall’evento osservato (causalità). La prassi della ricerca scientifica, qui utilizzata, abitua a ricercare le risoluzioni ai quesiti,a porsi domande e stimola la curiosità.

Percorso di scoperta e avventura attraverso

a. curiositàb. sensibilitàc. attenzioned. osservazionee. classificazionef. determiazioneg. fantasiah. proposizionei. impegnol. attivazionem. partecipazionen. realizzazioneo. serviziop. comunicazione.

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tracce), o quanto dovesse servire, deve essere disponibile in numero leggermentesuperiore al numero dei partecipanti, in modo che eventuali errori possano esserefacilmente superati. D’altro canto alcuni scritti strategici (o anche altro) sono daaffiggere in uno spazio apposito per essere messi a disposizione del gruppo che puòricopiare quanto interessa sul taccuino di lavoro.

Il materiale da usare sarà ovviamente distribuito prima dell’attività, mentre lenote e le relazioni scritte saranno fornite alla fine e nei momenti di pausa, (se nonespressamente previste e richieste dai partecipanti) in modo che non si interferiscacon le lezioni teoriche o i lavori sul campo. Gli insegnanti riceveranno anch’essi unacopia di tutto il materiale in maniera che possano continuare il lavoro a scuola, epotranno maturare idee per la visita d’istruzione susseguente. Si ricordi che le sche-de e gli altri materiali sono solo tracce del percorso da fare: esse vano adattate agliutenti con animazioni, esposizioni, attività, fantasia, spirito di avventura, compe-tenze, attenzione, conoscenze, metodo di lettura, e valori opportuni.

Con il materiale (schede, fogli, e materiale per scrivere) e pochi semplici strumentisi possono iniziare a realizzare indagini e letture ambientali con la finalità sia diacquisire conoscenze sia di formare atteggiamenti rispettosi verso la natura e gli altrimembri che partecipano alle attività.

Gli strumenti e i materiali devono possedere il pregio di essere poco costosi inmodo da permettere la riproducibilità delle esperienze anche in ambiti dalle risorseeconomiche limitate. Infatti, spesso la maggior parte dei gruppi che intendono lavo-rare in ambiente hanno limitati mezzi a disposizione per riprodurre ciò che mostre-remo loro durante la scoperta, l’avventura o il servizio. Significa che anche quantonoi proporremo deve basarsi sull’imperativo del risparmio (minor costo per il mag-gior beneficio), del riuso e del riciclo nei limiti del possibile, delle risorse disponibilie non essere (ed essere stato) di danno all’ambiente all’atto della produzione.

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NOTE

1. Fare un’inchiesta o solo somministrare un questionario non è facile, si rischia spesso di essere invadenti. La genteintervistata può essere restia a parlare, soprattutto se si sente esclusa o oggetto di curiosità.

Vale la pena allora pensare e realizzare, prima di ogni intervento in tal senso, una serie di attività a servizio di quellacomunità per farsi conoscere e ‘catturare la loro benevolenza’ (non necessariamente una cosa eclatante: basterebbe abbel-lire la via principale, pulirla, fare una festa con gli anziani...). Poi, perché non potrebbe essere possibile realizzare que-st’attività coinvolgendo le scuole locali di pari livello? I bambini, i ragazzi e i giovani locali sono tramiti naturali tra chiviene da fuori e chi è del posto. Da un lato ci si potrà sentire più importanti perché depositari di una cultura oggetto distudio e, dall’altra, si viene a contatto con nuove realtà.

2. Il Museo di Salò alla fine degli anni '70 inizio anni '80 aveva attivato una schedatura della flora del Parco AltoGarda Bresciano con scheda perforata, carta della distribuzione ed essicata plastificato, coinvolgendo gli studenti di unalocale scuola media superiore.

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4. IL PIACERE DELLA SCOPERTA

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Stamo in autunno ma é bella la staggionear tempo mio già poco, rubbo ‘n momentome vojio mette ar sole, sur barcone,coi gomiti appoggiati e su le mani er mento.

Guardo le fojie, dar vento so’ ‘n po’ mossema ancora je resistono ostinatemorte sò ancora verdi, artre so’ rossema quasi tutte ai rami sò attaccate.

E mentre quarche pianta se riposa,perché a novembre la natura attende,un’artra fa spuntà ‘n geranio rosaribbelle a que la legge nun s’arende.

Lo guardo attentamente da vicinomentre ar sole d’autunno se colora,de petali tiè aperto ‘n ombrellinoconvinto che l’estate duri ancora.

Ner gergo de li fiori nun c’ha significato,modesto e semplice, nisuno lo riccojieperché nun é nemmanco profumato,perciò sta lì ar sicuro tra le fojie.

Su questo quarche cosa vojio scriveme sembra er caso de rendejie giustiziaperché nun vò dì gnente però vivee perché ‘n fiore sempre dà letizia.

Lo cojierò pian piano, co’ l’amore,pe’ mettelo appoggiato fra i capelliperché me piace tanto quer colore,lo stesso che colora i sogni belli.

Lo tratterò co’ tutti li riguardicome si fosse ‘na rosa senza spinee come la donzelletta de Leopardi,m’adornerò cò quello er petto e er crine.

(G. Antonini, 1996)

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4.1. CONSIDERAZIONI GENERALI.

La proposta é di giungere a una conoscenza diffusa degli alberi, attraverso unametodologia di scoperta, avventura e ricerca insieme. Si può calcolare che osserva-zioni settimanali per acquisire conoscenze relative a tre specie di alberi, entro unanno permetteranno di possedere tutte le conoscenze fondamentali per riconoscere"a prima vista" gli alberi della propria zona. Il lavoro da svolgere prevede un conti-nuo organizzarsi tra attività di laboratorio, attività sul campo, ricerche bibliografi-che e organizzazione dei dati raccolti. Le attività proposte permetteranno, per esem-pio, di avere dati e materiali utili per uno scambio di notizie tra scuole e associazio-ni. I partecipanti possono proporre scambi di foglie, in erbario, o di dati, viamodem. Questo permetterà di arricchire le proprie conoscenze, la propria raccoltadi disegni e di foglie, faciliterà il passaggio di informazioni sulla distribuzione dellespecie arboree in un certo territorio, informerà sulle tecniche utilizzate e sui metodididattici adottati, creerà una rete di educazione ambientale e favorirà nuovi interes-si promuovendo nello stesso tempo scambi culturali e amicizie.

Non ci si deve dunque arrestare alla lettura degli alberi e alla elencazione dellespecie presenti (flora), ma si può continuare indagando su altre componenti, sui fat-tori e sulle interrelazioni presenti fino a porre le prime basi per un’analisi piùapprofondita delle interrelazioni tra piante e substrato, dell’organizzazione nellospazio e nel tempo delle diverse piante (vegetazione), dei rapporti tra piante e ani-mali, e tra piante e uomo, fino a giungere ad una propria preggettualità per realiz-zare giardini o orti.

Non solo, un’indagine del genere diventa un’esperienza per vedere e porre iproblemi in modo sistemico, indagando su diversi argomenti e le loro interrelazio-ni, documentandosi infine sul modo di affrontare analoghi problemi all’estero,acquisendo materiali diversi come fonte di informazione. In poche parole, interes-sarsi di ambiente per suscitare atteggiamenti di attenzione e rispetto verso la natu-ra, la cultura e tutti gli esseri viventi.

Un’area a parco pubblico si stacca dal costruito urbano, diventa luogo per capi-re, inventare e proporre un rapporto nuovo con l’ambiente sviluppando una sensi-bilità come preludio a ricerche e analisi più impegnative. In un parco non ci sonoalberi con il cemento al piede, ingabbiati e soffocati da costruzioni; o capitozzati eridotti a pali tanto da perdere ogni portamento. In un parco la pioggia indugia sulprato invece di precipitarsi in tombini o allargarsi in cunette e il pigolio sommessodelle nidiate o il sussurro del vento sono ancora segnali preminenti invece del fra-stuono assordante della città. In un parco per recuperare parte delle nostre sensa-zioni e capire l’importanza della diversità che esplode nel godimeto estetico diforme e colori. In un parco insistono altre ombre, altre luci, altre forme, altri colori,altri silenzi, altri fruscii, altri profumi. Tutto da scoprire: un luogo delle percezioni

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di ritmi stagionali nei tempi e nello spazio della nostra libertà dipendente dallanatura.

Uno spazio per conoscere gli alberi (forma, dimensioni, colori, età, bisogni, svi-luppo, capire il corso del sole per carpirne l’ombra) ed essere in grado di sperimen-tare forme e funzioni per progettare giardini che siano misura di esseri viventi enon solo d’uomo. Così porre i presupposti per edificare una città consapevole dellaqualità della vita di tutti i sui componenti.

4.2. IL LUOGO.

Ambito d’indagine, come “bosco di città” é il giardino ormai unito di due villevenete (villa Belvedere e villa XXV Aprile di Mirano) che viene inteso come un sub-sistema inserito nell’ecosociosistema “città”. (carta 1.) D’altro canto esso é parte diun progettato “anello verde di Mirano” e un suo studio diventa preludio ad unaindagine diffusa su tutto il territorio.

Il vantaggio consiste nel fatto che la locale biblioteca diventerebbe, con la bar-chessa adiacente, un ambito di incontro, riferimento e approfondimento per le atti-vità qui proposte. Il lavoro é pensato per gli insegnanti che, come professionisti del-l’educazione, tradurranno ai livelli scolari e negli ambienti disponibili le idee pro-poste. Informazioni e iconografia adatta si trovano presso l’archivio di Stato delcapoluogo più vicino e anche presso l’ufficio tecnico comunale e/o l’ufficio giardinie verde del comune. Altre informazioni per i giardini storici possono essere raccoltepresso la locale sovrintendenza alle belle arti. Non manca poi qualche studioso loca-le che può dare informazioni supplementari.

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Carta 1. Stralcio di mappa del catasto austro-italiano (1867-1913) comune censuario Mirano (archivio storicoVenezia).

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, 198

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Un parco é anche un’area per studiare gli adattametni (acclimatizzazione) che lepiante hanno subito.

Non si può non pensare che le specie provengano da aree diverse, anche monta-ne, dove le condizioni sono diverse rispetto a quelle della pianura che comunquerisente dell’influenza del mare. La disposizione delle piante non é stata lasciata alcaso o solo all’estetica, ma é vincolata a precise capacità di individuare o creare queimicroambienti necessari alle diverse specie per bene svilupparsi (elementi legati alsuolo: struttura, chimismo e reazione, acqua, reti del detrito; elementi legati all’aria:luce, temperatura, umidità, vento, reti del pascolo). Il parco diventa un ambito incui natura, coltivazione e arte si fondono.

Nel 1700 parchi e i giardini sono parte della conduzione agricola e si creano sce-nografie vegetali in spazi contenuti, come rappresentazione di una natura percepi-ta, giusto per dare l’illusione di essere in presenza di spazi ampi. In tale maniera ifrutteti e i prati (il brolo) si trasformano in boschetti. L’impressione é che si vogliafermare la natura e ricrearla con la propria mano. Nell’organizzazione del giardinoattorno alle ville prevale poi il parco romantico all’inglese (dove composizionebotanica e assetto paesistico erano studiati minuziosamente) con rimaneggiamentiad ogni passaggio di proprietà per le differenti destinazioni d’uso attribuite. (1)

In tale contesto le specie botaniche utilizzate (latifoglie) sono autoctone e spessoassociate alle vigne e alle piante da frutto. Le conifere invece sono isolate per richia-mare attenzione con il loro colore cupo sullo sfondo delle latifoglie. Così il parcodalla natura rigogliosa é in realtà il risultato di un’attenta progettazione che accostamasse, colori, forme, spazi diversificati allo scopo di stupire il visitatore. Un equili-brio delicato da tenere, comunque sempre sotto controllo. Ancora di più oggi chel’area del giardino storico é legata all’uso pubblico.

Per rispondere a tutti i quesiti che la curiosità e la visita al complesso costituitodalle due ville pongono (che c’era prima delle ville, quando e in che lasso di temposono state costruite, quale era l’impianto prima dell’attuale, chi é stato il commit-tente, chi sono stati l’architetto e il progettista, chi sono stati gli artisti che l’hannoarredata, chi i giardinieri, chi il progettista del giardino, quali i rifacimenti neltempo, quando sono state introdotte le diverse piante arboree?). Certamente non éfacile rispondere a tutte le domande e una ricerca sulle fonti storiche o una inter-pretazione dei documenti consultati é necessaria. Da una breve lettura di tali docu-menti emerge che la villa Belvedere fu commissionata dai Bollani e poi passò agliErizzo, mentre il giardino fu ristrutturato nel 1840 da V.P. Barzizza che grazie almiranese L. Garzoni gli diede l’impronta di parco romantico all’inglese come loconosciamo oggi, con prati alternati a boschetti, laghetti in un continuo movimentodi forme. (carta 2.) Si estende per 19.000 m2 ed é diviso dal Musone, dal giardinoampio 35.000 m2 della villa XXV Aprile i cui committenti furono i Giustiniani diVenezia che successivamente la vendettero ai Morosini della sbarra (famiglia il cuistemma si trova sul pozzo).

La villa Belvedere ha facciata e impianto seicentesco mentre la villa XXV Aprileha un impianto più palladiano.

Da un punto di vista botanico diremo che i due parchi richiamano i boschi plani-ziali degradati con farnia (Quercus robur), carpino (Carpinus betulus), aceri (Acer cam-pestris, A. platanoides) e tigli (Tilia cordata, T. platyphyllos), frassino (Fraxinus oxycarpa),olmo (Ulmus carpinifolia), pioppo (Populus nigra), corniolo (Cornus mas) e biancospino(Crataegus monogyna), dove il clima semicontinentale (freddo invernale, caldo estivoed escursione termica notevole; precipitazioni nelle stagioni intermedie e in estate)gioca un ruolo predominante.

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4.3. ATTIVITÀ DI ORGANIZZAZIONE DELLE IDEE.

Fase di preparazione. (T 2h.55’)a- Si effettua un sopralluogo laddove si intende portare gli utenti, si predispone una

mappa (carta3.) e si raccolgono le foglie degli alberi e degli arbusti presenti cheverranno disposti per l’essiccamento. Ci si informa sui caratteri naturalistici degliambienti che si incontreranno durante l’escursione (consultando pubblicazioni intema o parlando con esperti).

b- Si stila un elenco degli alberi e degli arbusti presenti nell’area.

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Carta 2. Area dei giardini delle ville “Belvedere” e “XXV Aprile”.

VIA BELVEDERE

VIA L. MARUTTO

F. MUSON

VIA

PA

RA

UR

O

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c- Si fotocopiano le foglie essiccate inserendovi la foglia di una pianta che non puòessere presente nell’area oppure omettendo di fotocopiare una foglia. (tav. 1)

d- Si preparano le schede di rilevamento per facilitare la raccolta ordinata dei dati.e- Si predispongono fotocopie con disegni dei caratteri morfologici relativi alle

foglie, alla fillotassi, alla scorza e all’albero nel suo insieme.f- Si confezionano tanti cartellini di cartone arancione (oppure rosso o giallo) (10 x 7

cm) quanti sono i nomi dei partecipanti; i nomi verranno scritti sopra i cartelliniin stampatello. I cartellini si forano vicino al margine superiore e si appendono,

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Carta 3. Area gioco.

L’area in cui operare èquella rappresentta nellamappa. Entrare dal sentie-ro come segnalato con unafreccia e non oltrepassarei punti neri marcati (•)fino alla fine dei lavori.

Tavola 1. Il foglio di riferimento può essere ottenuto fotocopiando le foglie (a), o riproducendole con un programma compute-rizzato di inversione (b), oppure adottando la tecnica del ‘frottage’ (c) e ripassandolo a china (d) o, ancora, riprodotta per pres-sione con nerofumo o inchiostro da stampa, o riportando solo il contorno con una tecnica a ‘spruzzo’.

a b c d

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tramite uno spago, ai diversi alberi presenti nell’area oggetto dell’attività prepa-ratoria (circa 1 ha).

Fase di pre-realizzazione (T 1h.30')Si distribuiscono fogli di carta formato A4 e si chiede ai partecipanti di scrivere

una definizione di LATIFOGLIA utilizzando non più di 15 parole. Tempo 5'. Si chiededi scrivere il nome, il cognome e la data (volendo si può fare scrivere una sigla ditre lettere e tre numeri, da memorizzare e utilizzare ogni volta che si faranno atti-vità scritte).

Con tale materiale predisposto si trascrive su di un foglietto (1/8 di A4) la defi-nizione di latifoglia inserendo nel margine destro in altro la sigla scelta. Tutti i par-tecipanti affiggono a muro, lungo una linea e di seguito, il loro foglietto. Si numera-no (1-2) i foglietti formando così coppie di persone che si incontrano e concordanouna definizione comune di latifoglia. La nuova definizione va posta sopra le primedue, si assegna una nuova numerazione e si procede, con i nuovi gruppi formati, aconcordare una sintesi del punto divista dei quattro partecipanti. Si procede comeprima finché, al vertice della piramide così individuata non vi sarà la definizioneche corrisponde al pensiero di tutto il gruppo. Si forniscono le informazioni corret-te sul termine di latifoglia e si verifica su di un dizionario l’esattezza della definizio-ne emergente. A questo punto tutti girano il foglio A4 e in 1', di getto, tracciano ildisegno schematico di una latifoglia.

In questa seconda attività il partecipante più vicino all'animatore attacca il suofoglio (che definiremo prototipo) al centro di una parete e gli altri dovranno attacca-re i loro disegni in una posizione correlata alla somiglianza con il prototipo: piùvicini se gli assomigliano, più lontano se non gli assomigliano, badando ai disegnigià posizionati. Alla fine si possono contare i diversi raggruppamenti, costruire ungrafico delle risposte date. Si discute dei risultati.

Dopo un certo lasso di tempo si può ridistribuire un secondo foglio A4, si fascrivere il nome, il cognome e la data. Tempo 3' si chiede di disegnare ancora unalatifoglia sul retro del foglio. E’ una verifica. L'educatore ritira i fogli che può utiliz-zare per proprie osservazioni sui partecipanti via via che lavora con loro. Vi é unacerta connessione tra il disegno e "l'essere" di chi lo ha disegnato (come ho verifica-to in anni di osservazione). Anche se alcuni nutrono dubbi sull'attendibilità delmetodo, vi é certo un’indicazione in più per aiutare un partecipante: la posizionedell'albero rispetto al foglio e la sua grandezza, il modo con cui ha tracciato le lineee cosa ha disegnato possono dare indicazioni sui problemi da affrontare, il compor-tamento e la strategia educativa da adottare. (tav. 2)

Fase preliminare. (T 40’)In classe si proiettano diapositive di alberi, quale test d’ingresso, o si organizza-

no altre attività, preparando alla fine una tavola riassuntiva delle conoscenze posse-dute dai partecipanti.

Gli alberi possono essere individuati facendo prima una ricognizione sul posto echiedendo ai partecipanti di preparare una lista (senza pretese di censimento) dellespecie presenti. Un incontro é sufficiente per indagare sulle conoscenze possedute.La motivazione ufficiale dell’incontro è che si sta realizzando una documentazionescientifica sul luogo le cui informazioni di prima mano possono essere fornite solodalla popolazione locale. I partecipanti stendono una lista di piante che secondoloro sono presenti nel parco, indicandole come meglio credono. Successivamente siforniscono schede di foglie e si chiede di indicare ancora quelle che si riconoscono eche nome hanno (senza peraltro dire che non tutte le foglie rappresentate fannoparte delle specie presenti nel parco).

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Le schede vengono fatte vedere ai singoli e si trascrivono i nomi, dialettali omeno, che vengono pronunciati; parimenti le specie poco segnalate devono essereulteriormente verificate per evitare che si commettano errori di valutazione.

In un secondo caso, si preparano diapositive delle specie arboree presenti nelparco (e non) tenendo presente che un centinaio di diapositive commentate occupa-no un’intera serata. Durante la riunione si proiettano le diapositive chiedendo aipresenti di dire il nome corrispondente: quando tutti sono d’accordo sull’albero ilnome si trascrive nell’apposita scheda. Alla fine degli incontri si potrà discutere sela popolazione o i partecipanti hanno conoscenze sul loro ambiente naturale (relati-vamente alla flora arborea). Con molta probabilità i risultati del primo incontrosaranno stati deludenti: in genere la conoscenza naturalistica é scarsa; si può allorapensare ad un secondo intervento.

La seconda attività consiste nel fornire la scheda (tav.3) e proiettare non più di 50diapositive di alberi. Si prega ogni partecipante di scrivere al numero corrisponden-te il nome della specie che ha riconosciuto. Alla fine si raccolgono gli schemi e siriproiettano le diapositive sottolineando quei particolari che permettano di ricono-scere le specie. Un altro animatore avrà nel frattempo restituito con un grafico’delleconoscenze’ la prima serie di risposte.

Finita anche la seconda proiezione, si restituiscono gli schemi (barrati neglispazi vuoti della prima risposta), si proiettano ancora le stesse diapositive e ognipartecipante scrive i nomi che si ricorda nella colonna della seconda proiezionedove é lo spazio relativo al numero della diapositiva. Si elaborerà un altro graficoda confrontare con il primo. Si organizza allora una terza attività che consiste neldare agli alberi il proprio nome. I cartellini su cui i partecipanti che intendono ade-rire alla scoperta hanno apposto, in stampatello formato gigante, il loro nome, ven-gono distribuiti nel parco appesi agli alberi. Ogni partecipante dovrà individuarel’albero assegnato e predisporre una sua breve descrizione.

Si confrontano le descrizioni e si chiede l’impressione maturata: se sono chiare,se possono essere confrontate o se occorrano definizioni più precise e comuni atutti. Si dovrebbe giungere alla necessità di “codificare i termini” per potere com-parare i rilevamenti fatti.

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Tavola 2. Test ‘Albero’.

I disegni aventi per tema l’albero possono dare un’informazione generale sul disegnatore. Per esempio la disposizione e ledimensioni dell’albero rispetto al foglio A4 su cui é tracciato possono indicare timidezza o meno.

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4.4. L’USCITA SUL CAMPO.

1.Premessa.Le attività proposte sono una esemplificazione di ciò che può essere realizzato

anche in altri ambienti. Iniziare in un ambito controllato con uno spazio (di circa 1ha = 100 m2) permette di fare tirocinio, ridimensionare l’impatto giocoso e dispersi-vo e fare comprendere quel comportamento attento e rispettoso che ognunodovrebbe avere visitando un certo luogo. Come visto si inizia in classe operandocon attività di sensibilizzazione da rinforzare poi nel luogo in cui ci si recherà perfare comprendere:

a. l’importanza del silenzio in certi ambienti;b. l’importanza di riportare indietro con sé, se non si é in un centro urbano con

un regolare servizio di raccolta rifiuti e cestini adatti, i rifiuti prodotti;c. l’importanza di non collezionare, strappare o asportare cose dalla natura che

potessero essere importanti per l’ecosistema o la sopravvivenza di una qual-siasi specie. Ogni cosa va lasciata al suo posto.

d. l’importanza del rispetto delle cose e degli esseri viventi. Non é solo unriguardo verso la vita presente o il funzionamento dell’ecosistema, ma

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Tavola 3. Schema di modulo per rilevare le conoscenze dei partecipanti durante una proiezione .

Il tema può riguardare le piante arboree, le piante esotiche, le piante medicinali, le piante aromatiche, le piante rare oppure lepiante coltivate, ecc.

Specie riconosciute nella prima proiezione

NOME / SIGLA

Specie riconosciuteN°

1

2

3

4

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6

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anche un’attenzione verso coloro i quali faranno dopo di noi le medesimeosservazioni. Gli si permette, in tal modo, di ripetere esperienze analoghe;

e. l’importanza della partecipazione e del lavoro di gruppo.

2.Attività.Fase di sensibilizzazione e conoscenza. (T 2h 30’)a- In busta chiusa e siglata ogni coppia di partecipanti riceverà la fotocopia delle

foglie degli alberi presenti nel parco lungo il tragitto che si intende percorrere,insieme ad un messaggio cifrato (di facile identificazione) che permetterà dicapire cosa si dovrà fare. Si può ambientare il lavoro da svolgere facendoseguito ad una storia: "Σιαµο υνα µισσιονη σχιεντιφιχα χηε δεϖε εφφεττυαρειµπορταντι ινδαγινι νελλ∋αρεα χοντρασσεγνατα δαλ βιχολορε δι υνα στρι−σχια δι ναστρο δα χαντιερε. Περ µοτιϖι δι σιχυρεζζα νον ανδατε ολτρε ισεγναλι. Α χαυσα δελλα σεγρετεζζα δελλ∋οπεραζιονη, λ∋Αχχαδεµια δελλεΣχιενζη µι ηα ινϖιτατο α χονσεγναρϖι λε ιστρυζιονι ιν χοδιχη. Πριµα διδαρϖι υφφιχιαλµεντε λ∋ινχαριχο, χι σονο δοµανδη?”Istruzioni chiare (che traducano il messaggio cifrato o indicano cosa fare) ver-ranno poste in una busta sigillata (una per gruppo) da fare aprire in caso dinecessità quando, ad esempio, la lettera cifrata non sarà stata decodificata.

b- Mentre i partecipanti sono alla scoperta dell’albero dimenticato e dell’alberointruso, su di un tavolo o su di un telo steso per terra si dispongono tutte lefoglie fotocopiate. Ogni foglia sarà indicata con il genere e la specie .

c- Via via che i partecipanti ritornano, mostreranno quanto hanno fatto, sottoli-neeranno le difficoltà incontrate e, consultando l’esibizione delle foglie,apporranno per ogni foglia, vicino al nome proprio di persona individuatodurante la scoperta del bosco, anche il nome scientifico.

d- Si distribuiscono ai gruppi di 6 persone, precedentemente costituiti, unmazzo di carte. (tav. 4.) Le carte, in numero di 40, riportano alcune un disegnoscientifico attinente alle foglie e altre la relativa didascalia. Si propone ai par-tecipanti di inventare le regole di un gioco da presentare agli altri gruppi. Lafinalità è di apprendere in modo giocoso i termini scientifici necessari per lesuccessive attività di determinazione. Una variante può consistere nell’ impo-stare l’attività in modo che fornendo rettangoli di cartoncino, i disegni e i rela-tivi termini scientifici della fillotassi o della forma delle foglie, siano i parteci-panti a costruire le carte, elaborando essi stessi le didascalie necessarie perspiegare il disegno collegato a quel termine.

e- L’animatore può dire, a questo punto, mostrando una lettera intestata: “Leguardie forestali mi avvertono che occorre segnalare con assoluta precisione i

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Tav. 4. Il gioco tipo memory.

ALTERNELe foglie si

distribuisconolungo il rametto

in modo alternato

FOGLIAOVATA

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Responsabilità di ognuno

Formulazione ipotesi

MemorizzazioneVerifica

caratteri morfologici degli alberi; occorre archiviare l’identikit per poterlo con-frontare con segnalazioni future.”Oppure: “Secondo voi, è preferibile una informazione generica per indivi-duare la specie oppure è più utile una scheda che rilevi molti caratteri diidentificazione confrontabili tra loro?”A questo punto coppie di partecipanti ritornano dall’albero che porta il loronome e compilano una semplice scheda. La scheda è completata da nuoviquesiti che rendono esaustivo il rilevamento. (tav. 5.)

f - Se i partecipanti non sono particolarmente competenti, si lamenteranno chenon tutti i quesiti sono conosciuti. Si chiederà cosa consiglino di fare. Larisposta dovrebbe essere: “Avere un glossario oppure i disegni per capire dicosa si tratta”. Si consegneranno allora le fotocopie con i disegni delle ulterio-ri informazioni scientifiche. (tav. 6.) In tale maniera, i partecipanti saranno sollecitati a documentarsi per conosce-re i termini scientifici necessari e a verificare il lavoro che stanno eseguendo.Le diverse schede potranno infine essere confrontate tra loro.

g- Ogni scheda presuppone che si effettui sul retro il disegno della foglia, dellascorza, dei frutti e dei semi. Il problema è solo tecnico: chi non sa disegnarepuò effettuare un ‘brushrubbing’ della scorza o delle foglie oppure raccoglierequeste ultime (bastano tre foglie su di un breve rametto) assieme ai frutti e aisemi da disegnare (o da riprodurre in vario modo) in laboratorio. Il brushrubbing consiste nell’ottenere un “negativo” della foglia. La fogliaviene fissata con un pò di nastro adesivo arrotolato al supporto rigido di cui èdotato ogni partecipante. Sopra la foglia ben distesa viene posto il foglio dellascheda, (o se si vuole utilizzare il disegno per una mostra, si userà un foglioda ciclostile) fissandolo con il nastro adesivo sul piano del supporto. Si passaora ripetutamente con una matita a pasta morbida (HB) sul foglio finchéemergono le nervature e il bordo della foglia. In laboratorio poi si ritoccheràcon inchiostro di china il disegno ottenuto. Per le cortecce occorre utilizzareuna carta più resistente (da pacco) e una bacchetta di cera da calzolaio.Oppure si prova a colorarle con le erbe (anche manipolandole opportuna-mente) individuando il sistema migliore per la restituzione.

h- I frutti e i semi, raccolti per specie in diversi sacchettini di carta, sarannomessi a seccare e poi saranno disposti in scatole dal coperchio forato con tuttele indicazioni utili per il loro futuro riconoscimento.

i- Il lavororealizzato ha fatto prestare attenzione alla pianta (la si é osservata,toccata, odorata) e si é avuto tempo per una reciproca conoscenza. Si può rin-graziare la pianta dell’aiuto dato e del fatto che se ne raccoglierà una piccolaparte per ben utilizzarla. Dovrebbe evitare, questa prassi, la raccolta di quan-tità di piante (come purtroppo avviene durante molte uscite sul campo) chepoi non si utilizzano e vengono anche abbandonate lungo il cammino; é unospreco che non ci possiamo permettere.

Fase di osservazione e rielaborazione. (T 2h)Si entra nel parco e si va in file di dieci persone dove si vuole. Ogni 100 passi, o

quando lo si reputa opportuno, il primo della fila si pone di lato e si accoda. La filacontinua ad andare con il nuovo capofila, finché, di volta in volta, l’ultimo chiude ilcircuito ritornando al punto di partenza. Qui ognuno disegna la “mappa mentale”del parco basandosi sul tragitto fatto e predispone una lista di quanto ha percepitodi bello o di brutto.

Si ripete l’esperienza dove ognuno deve rifare lo stesso tragitto e gli stessi movi-menti; alla fine si corregge la mappa con una matita rossa aggiungendo o eliminan-

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Scheda di raccolta dati per la determinazione di alberi ed arbusti

Genere e specie............................................................................................................................

Volgare .........................................................................................................................................(anche nomi dialettali locali).

Località..........................................................................................................................................

1. CARATTERI GENERALI1.1 Albero ❏ Arbusto ❏ ......................................................................................

1.2 Latifoglia ❏ Squamifoglia ❏ Aghifoglia ❏

2. LA SCORZA2.1 Colore...............................................................................................................................

2.2 Aspetto.............................................................................................................................

3. LA FOGLIA3.1 Foglia aghiforme ❏ Foglia composta ❏ Foglia semplice ❏

3.2 Forma della foglia.............................................................................................................

3.3 Colore pagina sup.......................................pagina inf.....................................................

3.4 Divisione della lamina.......................................................................................................

3.5 Margine............................................................................................................................

3.6 Forma della punta............................................................................................................

3.7 Forma della base.............................................................................................................

3.8 Disegno delle nervature ..................................................................................................

3.9 Presenza del picciolo

3.9.1 Foglia sessile (senza picciolo) ❏ Foglia peduncolata ❏

3.9.2 Picciolo grande ❏ medio (4>cm>1) ❏ piccolo ❏

3.10 Cicatrice attacco foglia.....................................................................................................

3.11 Presenza di peli: pag. inferiore ❏ pag. super. ❏

3.12 Odore: sgradevole ❏ gradevole ❏ normale ❏

3.13 Consistenza della foglia...................................................................................................

3.14 Dimensioni della foglia grande ❏ media (10> cm> 4) ❏ piccola ❏

4. POSIZIONE DELLE FOGLIE4.1 Distribuzione lungo il rametto...........................................................................................

4.2 Distribuzione nello spazio................................................................................................

5. CARATTERI DEL RAMETTO5.1 Il rametto si presenta con:

peli ❏ spine ❏ aculei ❏ lenticelle ❏ altro ❏...................

5.2 Il rametto è rotondo ❏ appiattito ❏

triangolare o quadrangolare ❏ altro ❏.......................................................

Compilato da Classe: Sezione:

N.

Tavola 5. A. Questionario

Lo schema è stato preparato durante esercitazione da A. Vara. (I C, ITCS-Salò, anno scolastico 1987-88).

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QUESTIONARIO PER LA SCUOLA MEDIA INFERIORE

QUESTIONARIO n°.............. Riferimento alla scheda d’archivio............. ..

famiglia.............................................................................genere............................................................................................

specie...............................................................................sottospecie.....................................................................................

Contrassegnare le caselle delle risposte scelte.

1 - Aspetto:

1a - albero ❑ frutice ❑ suffrutice ❑

1b - latifoglia ❑ aghifoglia ❑ squamifoglia ❑

2 - Tronco con scorza (ritidoma)

liscia ❑ ruvida ❑ screpolata ❑ con spine ❑ a placche ❑ acoste ❑

altro .............................................................................................................................................

di colore ....................................................................

3 - Rametti:

3a - con scorza: liscia ❑ ruvida ❑ screpolata ❑ con peli ❑ con setole ❑

con pruina ❑ con spine ❑ con aculei ❑

altro...............................................................................................................................................

di colore ............................................................

3b - sezione dei rametti: rotondeggiante ❑ triangolare ❑ tetragonale ❑ appiattita ❑

3c - rametti: rigidi ❑ flessibili ❑ volubili ❑ rampicanti ❑

4 - Gemme terminali:

4a - invisibili ❑ visibili ❑

4a1 - con perule ❑ nude ❑

4a2 - ricoperte di peli ❑ di pruina ❑ di resina ❑ appiccicose ❑

4a3 - di forma ellittica ❑ rotondeggianti ❑ ovali ❑ altro ❑

4b - gemme grandi (> 4 mm) ❑ gemme piccole (< 4 mm) ❑

4c - di colore.......................................................................................

4d - numero delle gemme

5 - Foglie:

5a - semplici ❑

composte ❑: paripennate ❑ imparipennate ❑ bipennate ❑ trifogliate ❑ digitale ❑

a ciuffi ❑: di 2 ❑ 3 ❑ 5 ❑ più di 5 ❑

5b - alterne ❑: opposte ❑ verticillate ❑ embriciate ❑ decussate ❑ sparse ❑

distiche ❑ fascicolate ❑: di2 ❑ 3 ❑ 5 ❑ più di 5 ❑

5c - senza picciolo ❑ con picciolo ❑ il picciolo è:

5c1 - lungo (> 7 cm) ❑ medio ❑ breve (< 1 cm) ❑

5c2 - a sezione rotondeggiante ❑ appiattita ❑ triangolare ❑ quadrangolare ❑

5c3 - con scanalatura superiore ❑ senza scanalatura ❑

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5c4 - di colore..............................................................

5c5 - che essuda latice ❑

5c6 - che presenta stipole ❑

altro ....................................................................................................................................

5d - caratteristiche della lamina:

5d1 - morbida ❑ consistente ❑ coriacea ❑ ondulata ❑

ripiegata ai bordi ❑ rigida ❑

altro ...................................................................................................................................

5d2 - con peli ❑ con setole ❑ con spine ❑ con pruina ❑ liscia ❑

5d3 - colore della pagina superiore.............................................................................................

- colore della pagina inferiore..............................................................................................

5d4 - di forma (foglia o foglioline):

lineare ❑ ellittica ❑ ovata ❑ obovata ❑ palmata ❑

rotondeggiante ❑ allungata ❑ lanceolata ❑ triangolare ❑

altro ....................................................................................................................................

5d5 - la lamina è: intera ❑ divisa ❑ incisa ❑ fida ❑

partita ❑ setta ❑ lobata ❑

5d6 - con margine: liscio ❑ dentato ❑ seghettato ❑ crenato ❑

ciliato ❑ doppio dentato ❑ doppio seghettato ❑ con spine ❑

altro ...................................................................................................................................

5d7 - con forma della base: arrotondata ❑ cuneata ❑ tronca ❑

cuoriforme ❑ asimmetrica ❑ orecchiuta ❑

altro ...................................................................................................................................

5d8 - con forma della punta: acuta ❑ ottusa ❑ smarginata ❑ allungata ❑

con mucrone ❑ con spina ❑ rotondeggiante ❑ acuminata ❑

altro ...................................................................................................................................

5e - foglie con odore: gradevole ❑ sgradevole ❑

5f - le nervature principali della pagina inferiore sono: prominenti ❑ quasi inosservabili ❑

con peli all’inserzione ❑ penninervie ❑ palminervie ❑ retinervie ❑

altro....................................................................................................................................

5g - dimensioni della foglia adulta: grande (> 10 cm) ❑ media ❑ piccola (< 4 cm) ❑

5h - foglie aghiformi ❑ squamiformi ❑ laminiformi ❑

Compilatore.........................................................................Anno..............Classe.........................Scuola..............................

Controllo..................................................................................................................................................................................

Tavola 5. B. Questionario traccia per una scuola media.

Il questionario consiste in un foglio con una serie di domande chiuse a cui rispondere. Permette di scoprire passo dopo passo lapianta attraverso un’osservazione puntuale che con un pò di pratica sarà quasi automatica e permetterà il riconoscimento diqualsiasi pianta anche nelle stagioni avverse quando non sono presenti le foglie. Per i particolari di difficile interpretazione siosserva con una lente contafili e si confronta con disegni esplicativi. Il questionario di campagna può essere arricchito con unquestionario da laboratorio che permette di rilevare altre informazioni sulla base delle pubblicazioni disponibili

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schema di fogliacomposta entro un profilo semplice

foglie lineari

intera

falciforme flabelliforme troncomucronata palmata imparipennata trifogliata digitata bipennata

lobata palmata

liscio dentato crenato seghettato spinoso repandociliatodoppio

seghettatodoppiodentatosinuato

pennatasettapartitafidaincisa

arrotondata

arrotondato acuto ottuso appuntito acuminato smarginato spinosoumbonato

ottusa tronca auricolata obliqua con stipolecuoriformeacuta

foglie ellittiche foglie ovate

squamiformefoglia composta aghiforme

pinnula

gemmaascellare

picciolo

rachide

foglie obovate

gemmaascellare

picciolo

foglia semplice

lamina

laminiforme

form

edi

visi

one

lam

ina

mar

gine

base

punt

a

Tav. 6. Caratteri fondamentali per indagare sugli alberi.

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alterne opposte verticillate fascicolate embriciate

superficie dell’epidermide

equitanti

aspe

tto d

el r

itido

ma

ruvidoQuercus ilex

screpolatoAcer pseudoplantanus

a crostePinus sylvestris

a placchePlatanus x acerifolia

con spinePrunus spinosa

solcatoTilia platyphyllos

fibrosoTaxodium distichum

liscioFagus sylvatica

con lenticelleAlnus incana

ram

etto

suberificato bipartito

rotondo scanalato compresso semintero

distichedecussatea spirale

fillo

tass

ipi

ccio

lo

con spine glabrostriato

appiattitoquadrangolare solcatocon lenticellerotondo

alato

liscia

ondulata

involuta

revoluta

piana

conduplicata

curvata

scabrapelosa

coriaceapruinosa

foglia

picciolata

sessile

andamento della superficie della lamina

con peli

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do le parti risultate mancanti o errate.Si sceglie il luogo da destinare a “base delle operazioni” a cui tutti faranno rife-

rimento e si mandano i partecipanti in giro per il parco in modo che riescano a com-pletare la mappa possibilmente con i rapporti corretti con le parti (prima in passi esuccessivamente con cordelle metriche e bussole, rapportatori, righe e righelli). Sifaranno segnare anche i luoghi in cui le percezioni erano negative o positive e si con-fronta il nuovo disegno emerso con la mappa allegata. Si chiedono le considerazionimaturate e si chiede di fare un grafico che mostri la frequenza delle cose belle obrutte percepite. Si può anche proporre di dare nomi fantasiosi alla mappa, oppuredi segnalare i luoghi dove sono presenti cose o piante di colore rosso, o dove ci sonoevidenti problemi da risolvere.

Mentre i partecipanti sono impegnati in questa attività (oppure durante unaseconda uscita) si vanno a disporre i cartoncini rossi su cui i partecipanti avevanoscritto il loro nome e il nome scientifico della specie osservata, uno per albero oarbusto presente, badando a scegliere tutte specie differenti. I partecipanti già sannocome compilare la scheda di rilevamento. Ognuno, sorteggiando i nomi, dovràindividuare l’albero e descriverlo. Si completano le schede e si fa un disegno o unafotocopia della foglia per un successivo gioco dell’albero perduto. A questo punto,dopo aver fatto una lista degli alberi (e arbusti) presenti e verificato che tutti i parte-cipanti li riconoscano, li si invita a ripercorrere con un gioco di esplorazione il parcoper individuare i siti in cui sono presenti i singoli alberi che verranno mappati con isimboli, i modi e le tecniche più diverse.

Analoghe ricerche su altri esseri viventi possono essere fatte munendosi dilente di ingrandimento, binocolo, fantasia e pazienza. Si possono così osservareuccelli, piccoli mammiferi, rettili, insetti descrivendoli e indicando anche dove lisi é visti: in ombra o in piena luce, in zone umide, in zone calde, sui fiori, suirami, in volo, se camminavano, se saltellavano. I partecipanti possono tentare dipredisporre una scheda di rilevamento per censire la presenza di avifauna nel ter-ritorio di studio. Per la sua compilazione ci si aiuterà con le pubblicazioni dispo-nibili e i consigli dell’animatore iniziando a indagare su ciò che interessa.Un’eventuale integrazione dei quesiti per approfondire le osservazioni sarà possi-bile farla in tempi successivi. I dati rilevati vanno poi confrontati nel laboratoriodidattico o nelle sale espositive del museo naturalistico più vicino sentendo ancheil parere di un esperto.

Altre attività e ricerche possono essere sentire i rumori, i suoni, i canti, i ronziioppure rilevare i diversi colori e capire nelle diverse stagioni quali essi siano preva-lenti, oppure rilevare gli odori o i profumi. Ancora, si possono riconoscere i frutti e lepiante velenose distinguendole da quelle i cui frutti possono essere mangiati o indivi-duare le piante che si presentano con spine rispetto a quelle con la scorza liscia, ecc.

Si possono anche individuare i servizi presenti e quelli ritenuti importanti manon presenti, predisponendo una mappa opportuna con la loro dislocazione. A tito-lo esemplificativo si elencano una serie di servizi e miglioramenti possibili su cuiindagare: sentieri, strade, segnaletica, giochi, aree pic-nic, panchine, lampioni, fon-tane, cestini per i rifiuti, telefono, chiosco-bar, prati, boschetti, aree recintate per per-mettere ai cani di fare ‘toilette’ senza sporcare il parco, boschetti, orto botanico,piste ciclabili, laghetti.

Ancora, può essere fatta un’indagine sul comportamento dei visitatori, predi-sponendo una scheda di rilevamento che riporti se i rifiuti sono fuori dai cestini omeno; se ci sono incisioni sui tronchi degli alberi; se ci sono alberi tagliati o trop-po potati; se ci sono rami spezzati; se la aiuole sono calpestate, se i prati vengonocalpestati; se i prati vengono utilizzati come campi di gioco; se i fiori vengonorecisi; se il verde diventa una pista da cross; se le fontane hanno il rubinetto aper-

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to; se vi é sporcizia in giro; se le panchine sono sporcate, ovvero se sono tagliuzza-te o rovinate. E altro ancora, basta un’analisi di gruppo per fare emergere i proble-mi anche a seguito di una ulteriore ricognizione sul luogo.

Si può poi confrontare la situazione del parco con quella di altri ambiti e vederecosa emerge, chiedendo anche il perché di quanto rilevato e come é possibile risol-verlo. Alla fine del lavoro si dovrebbe avere un’idea dei problemi presenti e dellesoluzioni possibili ed essere anche in grado di curare la predisposizione di unaguida al parco per altri utenti, anche non vedenti.

Fase di verifica e partecipazione indagando sull'opinione della popolazione esulle attività umane legate al bosco e/o al parco urbano. (T 6h)

Il lavoro relativo al riconoscimento delle specie ha indirettamente fatto percor-rere ai partecipanti il parco. Ripercorrere poi un itinerario prestabilito potenzial-mente ricco di osservazioni da fare mette in moto un atteggiamento di attenzio-neutile nelle fasi successsive. Dopo il breve tragitto nel bosco/parco, lungo unsentiero, in uno spiazzo, alla fine delle attività di lettura, l'animatore esordisce:"Secondo voi, quale può essere l'utilità di un bosco/parco"? Ogni partecipantescrive il suo parere su un foglio e al termine del tempo assegnato, i pareri vengo-no letti, raccolti e selezionati in insiemi omogenei predisponendo un grafico conla loro frequenza. L’animatore integrerà le informazioni ovvero introdurrà l’oppor-tunità di chiedere ai locali il loro punto di vista fino a confrontare quanto emersocon una lettura fatta da parte di un esperto.

Va da sé che si può chiedere se le domande alla popolazione possano essere fattea ruota libera oppure se sia necessaria una traccia di quanto chiedere. I ragazzi pro-babilmente diranno che occorre una traccia. A vostra volta, ne chiederete il motivo.Dovrebbe emergere, con l’aiuto dell’animatore, che è importante poter confrontarele informazioni e che quindi queste vanno rilevate in modo da poterlo fare. D’altrocanto l’attività fin qui svolta dovrebbe essere servita anche a questo scopo. (2)

Occorre dunque predisporre uno o più questionari che verranno strutturati daipartecipanti sulla base dei pareri già formulati che diventeranno altrettanti quesiti .Il questionario porrà domande con quesiti aperti o con quesiti chiusi, precodificati.Ogni gruppo di domande può avere sue proprie schede di raccolta omogenea deidati. Le domande da fare possono essere comprese in un elenco. Per esempio:

a - A cosa serve un parco?b - Chi utilizza il parco?c - Quali attività umane vi si svolgono?d - Come vengono realizzate tali attività umane?e - Che attrezzature vengono utilizzate?f - Il parco viene compromesso dalle attività umane?g - Come si potrebbe utilizzare meglio il parco senza comprometterlo?h - Quali sono i suoi desiderata a riguardo del parco?i - Quali suggerimenti avrebbe per chi gestisce il parco?l - Che alberi monumentali esistono?m - Che alberi hanno bisogno di interventi e dove sono ubicati?n - Che alberi da tagliare e sostituire?o - Che alberi e arbusti immettere?

Quando finalmente si sarà pronti a partire, ci si atterrà alle brevi indicazionisegnalate e si regalerà ad ogni intervistato una spilla fatta dai ragazzi in manierache la persona non venga importunata una seconda volta. Al termine dell’inchiesta, igruppi si riuniscono e preparano le schede sulla struttura ambientale rilevata (imateriali della cultura), elaborando le risposte in modo da avere un’idea del parere

Progettualità e servizio

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degli intervistati. In particolare ogni gruppo può confrontare quanto emerso con ilparere di un esperto (ispettore forestale, economista, naturalista, addetto ai giardi-ni), per stendere una relazione sul migliore modo di utilizzare quel tipo particolaredi area. Un’accurata ricerca di grafici, di fotografie anche storiche e di documentipermetterà ai gruppi di preparare una mostra sui risultati del lavoro svolto nel par-ticolare ambito e luogo di indagine.

Alla fine, con una opportuna campagna pubblicitaria, tutti i partecipanti che lodesiderano possono sottoscrivere un impegno di partecipazione alla attenta, rispet-tosa e corretta gestione dell’ambiente. I partecipanti devono andare appositamentein un ‘ufficio registrazioni’ e aderire all’iniziativa apponendo la firma a un docu-mento che va consegnato dopo aver assegnato un numero progressivo sul registrodegli aderenti (con data, dati anagrafici, indirizzo e professione), controfirmato dalpartecipante e dal responsabile dell’attività.

4.5 LA RESTITUZIONE IN LABORATORIO.

Fase di realizzazione. (T 2h)a- Le coppie si ricompongono nei gruppi di partenza e cercano, utilizzando le

fotocopie delle foglie (che possono essere ritagliate), di formare insiemi concaratteristiche comuni seguendo lo schema della scheda che si riferisce allefoglie.

b- Ogni membro del gruppo segna su di un foglio il nome di un albero tra quelliindividuati e, a turno, ogni partecipante di quel gruppo pone domande a cuisi possa rispondere solamente SI oppure NO (ad esempio: “È una latifoglia”?“Ha il picciolo”? ecc.) cercando di individuare il nome della pianta nel minoretempo possibile, ma nella correttezza della sequenza logica delle domande. indovina deve avere percorso tutti i passaggi necessari, altrimenti gli altri par-tecipanti possono non considerare valida (anche se esatta) la risposta. Siusano, a tale proposito, carte che riportano i caratteri della pianta; i due grup-pi hanno entrambi tutte le sequenze delle carte. (tav. 7)

c- Si proietta la trasparenza di un modello di chiave dicotomica con disegni difoglie di altrettanti alberi (cfr. I-tav.15), e si invitano i gruppi a determinare lespecie sulla base delle domande e dell’osservazione dei disegni. Alla fine,individuate le piante, si tolgono le striscioline di carta che tenevano coperti igeneri e le specie, e si verifica l’esattezza delle risposte.

d- Si invitano i gruppi a preparare una chiave dicotomica utilizzando tutte leschede compilate, riportando i due quesiti per ogni domanda e i disegniesplicativi a margine del foglio, per meglio identificare i caratteri menzionati,partendo da un diagramma di flusso. (tav. 8) Aiutandosi con le fotocopie, i partecipanti formano insiemi (su affinità e dif-ferenze) fino ad arrivare al punto in cui non é possibile una ulteriore suddivi-sione. Ci si avvarrà dell'esperienza maturata durante l'osservazione sulcampo e dei termini scientifici acquisiti. Le linee del diagramma termineran-no con la foglia reale, con l'indicazione del nome utilizzato a cui si sostituiràil nome binomiale corretto. Sulla base di questo graficismo si predispone unachiave dicotomica delle specie rilevate in un dato luogo, utilizzando caratterievidenti e facilmente verificabili.Le fotocopie delle foglie ritagliate permetteranno di organizzare meglio il dia-gramma che servirà come traccia per la chiave dicotomica. Ogni gruppoinventa per ogni pianta una combinazione binomiale appropriata (in latino)che viene inserita al posto adatto nella chiave dicotomica preparata. Alla fine

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del lavoro viene sostituita con la dizione corretta.e- I diversi gruppi si scambiano le chiavi dicotomiche realizzate e cercano di

identificare, con queste, gli alberi di cui l’animatore fornirà un breve ramettocon le foglie. Si segnano tutti i punti meno comprensibili dei quesiti e li simigliora in modo da renderli più logicamente connessi, discutendone con gliestensori.

f- I diversi fogli della chiave migliore (oppure i fogli migliori delle diverse chia-vi) verranno raccolti in un “manuale” che potrà essere ulteriormente aggior-nato variando e/o aggiungendo quesiti in funzione delle specie rilevate. Sipredisporrà anche una iconografia di supporto in maniera che individuato il‘Genere’ e la ‘specie’, se ne possa confrontare l’esatta appartenenza.

g- Si possono preparare schede d’archivio corredandole di fotografie a colori eporre (come detto) gli essiccata tra due veli di plastica termosaldati (a finididattici le piante sono utilizzabili senza rischiare la loro compromissione)prima di depositarli in erbario. Ogni notizia ulteriore non reperibile sulcampo va acquisita consultando libri, pubblicazioni o esperti. (tav. 9.)

117

Tavola 7. Il gioco dell’abbinamento.

AG

HIF

OR

MI

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E

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ALI

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IFO

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N IN

TE

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SE

TE

NE

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FORMA

TIGLIO X XX

CONSI-STENZA

MARGINE

ALBERI OSSERVATI

SCHEDA DI DISTRIBUZIONE DELLE INFORMAZIONI

da una sola lamina

da foglioline più piccole

É’ una foglia costituita

SEMPLICE

COMPOSTA

GRAFICISMO PER UN QUADRO DI PARTENZA

Tavola 8. Impostare i lavori per una chiave dicotomica.

fogliaalbero seme

GIN

GK

O

GIN

GK

O

GIN

GK

O

GIN

GK

O

frutto

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SCHEDA DI RACCOLTA DATI BIBLIOGRAFICI

SCHEDA D’ARCHIVIO N°

famiglia.............................................................................genere............................................................................................

specie...............................................................................ssp.................................................................................................

sinonimi...............................................................................nome volgare..............................................................................

nome dialettale locale.............................................................................................................................................................

T =.............................................................................. F =.........................................................................

J =............................................................................... I =...........................................................................

Derivazione del nome scientifico.............................................................................................................................................

1) Aspetto generale e portamento - Chioma, tronco, scorza ................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

2) Rametti dell’anno (°) o di un anno(x).................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

3) Gemme..............................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

4) Foglie.................................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

5) Fiori ...................................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

6) Frutti- Semi - Plantula ......................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

7) Ritidoma ............................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

8) Ambiente in cui vive la specie e caratteri del suolo ..........................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

9) Distribuzione......................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

10) Utilizzazione.....................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

11) Rimboschimenti e coltivazione ........................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

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12) Farmacopea ...................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

13) Etimologia .......................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

14) Anno di introduzione in Europa e in Italia .......................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

15) Provenienza ....................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

16) Soggetto: numero cromosomico, varietà, cultivar, forma................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

17) Località del territorio dove la pianta è stata vista

................................................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

18) Varie ................................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................................................

DISEGNI

Tavola 9. Facsimile di scheda per raccogliere dati bibliografici e aggiornare la scheda d’archivio.

CO

MP

ILA

TO

RE

.....

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

......

..

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Fase di rielaborazione. (T 30’-4h)a-Preparare una rubrica-fogliario. (T 4h)Materiale occorrente: cartoncino, forbici, fotocopie, disegni.Ci si basa sulla forma delle foglie e la loro distribuzione lungo il rametto. Su

diversi fogli di cartoncino si riuniscono insiemi di foglie con forme eguali distinte aseconda della loro disposizione lungo il rametto. Il margine destro viene opportu-namente sagomato e contrassegnato con la forma della foglia. Facendo scorrere tuttii fogli con le sagome delle foglie si sceglie la pagina corrispondente a quella dellafoglia in esame. Se la specie non si riscontra nella rubrica-fogliario significa che nonera conosciuta dall'autore e che quindi va inserita individuando i disegni e i datinecessari.

b-Preparare un gioco per assemblare una chiave dicotomica. (T 1h)La scelta é libera a discrezione dei partecipanti: si può utilizzare l’idea del domi-

no per organizzare un flusso di classificazione oppure del gioco con il detective chescopre, sulla base di domande precise, le specie nascoste. E così via.

c-Organizzare una raccolta (T 45’ - 2h)Ogni materiale raccolto va corredato da un cartellino che indichi gli estremi per

il riconoscimento della specie e la localizzazione. Fin dove é possibile si eviti di raccogliere per fini didattici piante o parti di esse

se vi é il pericolo di distruggere la pianta. In ogni caso si preleva il minimo indi-spensabile per avere la documentazione utile ai fini scientifici (basta un breverametto con tre foglie per essere in grado di costruire un erbario con tutte le infor-mazioni necessarie alle attività di osservazione in laboratorio). Vorremmo giungereall’acquisizione di un modo di fare per cui raccogliere disegni, fotografie e (forse)una foglia sia più che sufficiente per svolgere il lavoro proposto e soddisfare la pro-pria voglia di conoscenza della natura. Un tale atteggiamento di attenzione e rispet-to (come abitudine acquisita) sarà così esportabile in altri percorsi sia in natura, siain campagna, sia in città.

1. L’erbarioIl materiale occorrente consiste in: etichette bianche autoadesive, sacchetti di

plastica 30x20 cm, forbice da potatore, supporti rigidi e pesi, elastici a banda larga,fogli da giornale, cartone ondulato, fazzolettini di carta, fogli di carta assorbente,cartoncino bianco e strisce di carta bianca, colla, etichette per le indicazioni essen-ziali riguardanti la pianta, lente contafili 5x, raccoglitori. Il tempo per preparareogni foglio é computabile, considerando anche il tempo necessario alla raccolta eall’essicazione, da 45 minuti fino a 1 ora e 20 minuti. (tav. 10.)

Sul luogo del campionamento si è raccolto un rametto con le foglie (la parte ter-minale del rametto dell’anno o un breve tratto del rametto di un anno) o anche fiori,frutti, semi se si ha intenzione di aumentare le informazioni utili. Per raccogliere lepiante si può costruire una presso-cartella (due rettangoli di compensato 45x30 cm,spessore di 0,5 cm e una cinquantina di pagine di giornale tagliate a metà, tenuteinsieme da cinghie elastiche e un manico per il trasporto). Delle diverse parti dellastessa pianta si possono anche fare fotografie o disegni con le tecniche più appro-priate. Nel caso di alberi e arbusti suggerisco di utilizzare sacchetti di plastica in cuiriporre i rametti, i frutti e quanto altro, di quella specie, rilevato in natura. Ognirametto sarà dotato di un'etichetta con un numero che verrà riportato anche su unamappa e su un quaderno d'appunti. La busta viene chiusa con una striscia di nastroadesivo e posta in un canestro per il trasporto.

Contemporaneamente si compilerà una scheda con i dati più significativi che

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potranno essere utilizzati per il riconoscimento della specie, prima sul campo e poi,più accuratamente, in laboratorio. Il rametto verrà sistemato opportunamente trafogli di carta da giornale e messosotto pressa. Si avrà l'accortezza di avvolgere le partiche formano gruppi di organi (foglie accavallate, fiori sovrapposti), tra fogli di cartavelina per facilitare il veloce assorbimento dell'acqua.

Anche le parti più delicate vanno poste tra fogli di fazzolettini di carta o di cartaassorbente. In questa maniera, cambiando spesso le carte da giornale e ponendo lapressa in un ambiente ventilato, i colori rimarranno più vicini al naturale. Se lepiante sono bagnate vanno asciugate con carta assorbente prima di essere pressate(e se sono troppo avvizzite vanno fatte riprendere in un pò d'acqua; del carbone dilegna nell'acqua facilita l'apertura dei fiori).

La pressa d'erbario é simile alla pressocartella solo che ogni dieci piante daessiccare si pongono due fogli incastrati di cartoncino ondulato per facilitare la cir-colazione dell'aria. La disposizione della pianta tra i fogli di giornale segue l'assettonaturale (fiori penduli in natura vanno posti penduli anche per l'essiccazione).

La distribuzione della piante sarà fatta in maniera tale da rendere uniforme lospessore tra i diversi fogli (non tutte le piante al centro, ma distribuite anche aibordi). (tav. 11.)

Tutte le parti non essenziali andranno tagliate via. I rametti troppo grossi posso-no essere dimezzati asportando la loro parte inferiore e i rametti delle aghifoglie (maanche delle ericacee) possono essere immersi rapidamente in acqua bollente, asciu-

121

4 65

3

21

Tavola. 10. Fasi per realizzare un erbario.

1 e 2 raccolta sul campo; 3 e 4 preparazione in laboratorio; 5 e 6 sistemazione in archivio.

(da

Spi

nelli

, 198

9)

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gati e poi pressati per evitare che le foglie si stacchino dai rametti. Tutto si pone tradue assi delle stesse dimensioni dei fogli di giornale e si sottopone a pressione utiliz-zando diversi pesi. Si può anche costruire una pressa di legno con viti passanti chevia via si stringono oppure utilizzare una vecchia pressa da stampa. Via via che ifogli di giornale sono umidi si sostituiscono con carta asciutta. La prima volta dopo24 ore, le volte successive sempre più di rado finché la pianta é completamentesecca. La pressa con i fogli si mette in un luogo ventilato e all'ombra.

Per cambiare i fogli dei giornali, si pone il foglio asciutto su quello umido contenen-te la pianta e si capovolge utilizzando un supporto rigido. La pianta si adagia sul foglioasciutto senza cambiare di posizione. Eventualmente si può intervenire con le pinzetteper ritoccare la disposizione degli organi che si fossero spostati nell'operazione.

La pianta secca viene lasciata ancora per una settimana circa, ma non sotto pressa,tra fogli di giornale e infine "montata" su fogli di cartoncino (o su un foglio di carta da

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Tavoletta

Tavoletta

Contenitore per uovaoppure cartone ondulato

Contenitore per uovaoppure cartone ondulato

Rete metallica robusta

Giornale

Giornale

Giornale

Piantina

Piantina

Giornale piegato in due

Rete metallica robusta

Tavola 11. Disposizioni degli elementi che costituiscono la pressa.

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disegno) dove viene fissata con striscioline di carta. Si possono usare strisce di cartatrasparente e spilli per fissare la pianta oppure, nel caso di lavori didattici, strisce dicarta bianca incollate alle estremità.

Ogni foglio d'erbario recherà anche una etichetta per il riconoscimento posta inbasso o in alto a destra (e alternativamente a sinistra). (tav. 12.) L'etichetta conterrà:nome scientifico, famiglia, località e data di raccolta, nome di chi ha raccolto e di chiha determinato la specie. A parte, nello schedario, si indicheranno i nomi dialettali,l'ambiente in cui vive la pianta, l'altitudine, il tipo di suolo, le necessità edafiche eogni altra informazione utile.

La conservazione, dato che si tratta di materiali destinati a fini didattici, per nonavere problemi di deterioramento durante le consultazioni o a causa della presenzadi parassiti, é bene farla procedendo alla plastificazione. Si dispongono poi in racco-glitori raggruppando le piante secondo gli ambienti in cui sono state rinvenute e,all'interno di questi, in fascicoli che raccolgono le diverse famiglie d'appartenenza.

2. La xiloteca .Il materiale occorrente consiste in: scatole, etichette, seghetto, pirografo,vernice

trasparente, pennello. Il tempo ipotizzabile per ogni pezzo é di 2 ore.La xiloteca é costituita da campioni di legno. Si propone la sua realizzazione uti-

lizzando sezioni di rami o tronchi già tagliati. La forma da dare al campione é taleda permettere la visione degli anelli d'accrescimento sia in sezione longitudinale(radiale e tangenziale) che trasversale (tav.13); si spennella poi con vernice da

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Laboratorio didattico di.....................................................................

Genere...............................................................

Specie.................................................................varietà/ssp...................................

Famiglia...................................................................................................................

Località di rinvenimento..........................................................................................

m. l.s.m.......................................coordinate km......................................................

Data.........................................................................................................................

Rilevatore..........................................Determinatore...............................................

Posizione scheda archivio.....................................

Tav 12.Schema di etichetta

da applicare al foglio d’erbario.

Tavola 13. Tronchetto preparato

per osservarne le diverse sezioni.

Sul lato d’appoggio saràmarcato a fuoco il numerodi riferimento della specie

come riportato nello schedario generale.

Sezione trasversaleSezione longitudinale

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imbarcazioni. Ogni campione riporterà nella parte inferiore (ps a fuoco) il numerodella scheda preparata per l'erbario. A parte si possono raccogliere sezioni sia longi-tudinali che trasversali del rametto di un anno o anche, se se ne ha la possibilità,piccoli pezzi di impiallacciatura da mobiliere di quello specifico legno.

Il disegno della scorza (con riferimento alle diverse età degli alberi) può esseredocumentato anche con la tecnica del brushrubbing.

3. La spermoteca.Il materiale occorrente consiste in: scatole, contenitori trasparenti, etichette. Per

ogni seme occorrono 20 minuti.I frutti e i semi, raccolti per specie in diversi sacchettini di carta, saranno messi a

seccare e poi saranno disposti in scatole dal coperchio forato (o in recipienti traspa-renti: belle a vedersi le ampolle di vetro) contrassegnate da un'etichetta. A parte, suuna rubrica saranno riportate tutte le indicazioni utili per il loro uso. (3)

La raccolta dei frutti e dei semi deve avvenire a maturazione (se non lo fossero silasciano maturare al sole) e se sono carnosi si attende la loro completa disidratazio-ne (esistono degli essiccatoi da tavolo utilissimi per questi fini). Come per l'erbariola conservazione va fatta in luoghi asciutti e in assenza di luce.

4. La raccolta di calchi.Si possono realizzare calchi delle foglie, dei frutti e dei semi per poi preparare

positivi da colorare. I tempi variano a seconda delle dimensioni di quanto si inten-de riprodurre e del come lo si intende fare (da 20 minuti a 2 ore). L’avvertenza é dispalmare con un pennellino immerso in olio di vaselina l’oggetto per evitare cheesso aderisca al materiale utilizzato per lo stampo (gesso o altro materiale). Si puòanche prevedere di avvolgere il frutto con carta velina (si usa uno strato di un faz-zolettino di carta) ma si hanno perdite di dettaglio. Il frutto o il seme deve essereposto su di un piano e successivamente ricoperto dell’impasto di gesso e acqua. Seil frutto é grande e rotondo, conviene tagliarlo lungo il suo massimo diametro inmodo che sia poi facile la riproduzione e il distacco del calco. Un’altra tecnica consi-ste nel premere in modo uniforme l’oggetto contro una base di argilla opportuna-mente preparata e poi procedere con la restituzione di un ‘positivo’. Oppure si puòlavorare con la cartapesta (o striscioline di carta) attorno al frutto sulle due metà delsuo calco. Il risultato verrà fatto asciugare, incollato e infine colorato.

d- Archiviare i dati.

1. Le schede. Il materiale occorrente consiste in: scheda, forbici, colla, evidenziatore, ferro da

calza, fotocopie, foto. (T 30' per ogni scheda)I dati possono essere archiviati approntando un sistema di classificazione per la

facile ricerca delle informazioni. Si utilizzano schede opportunamente numerate oschede perforate secondo un codice di ricerca. La finalità è quella della facile indivi-duazione delle informazioni che dovessero essere necessarie in un dato momento.

In particolare, le schede perforate permettono di risalire alla specie dell’albero (odi altro) utilizzando un codice binario. (tav.14)

La scheda ha un suo numero progressivo, uno spazio bianco dove va inseritauna fotografia o una fotocopia o un disegno della foglia e numerose altre informa-zioni come: Genere e specie della pianta, posizione della pagina d'erbario in cui sitrova l'essicata, posizione del pezzo di legno o del disegno della scorza, posizionedel frutto e dei semi, pagina dello schedario (con indicazioni sulla località di rinve-nimento) e inventario generale (con informazioni sull'albero). La prima colonna

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Tavola 14. Scheda forata per l'archivio.

La scheda va resa leggibile colorando i quadratini della simbologia riferita alla specie osservata, compilando le domande aperte,inserendo la fotografia nello spazio bianco e attivando i fori. L’attivazione consiste nel tagliare via il bordo fino al foro corri-spondente sulla base della risposta ad una coppia di quesiti preregistrati.

SCHEDADETERMINAZIONE

Gen

ere

sper

mo

teca

erb

ario

inve

nte

rio

gen

eral

esc

hed

ario

spaz

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er la

foto

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AB

C

D

E

F

G

H

I

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M

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riporta l'altezza che può raggiungere l'albero o l'arbusto (fino a 0,50 m é un suffruti-ce, fino a 7 m se é un frutice; con 8 m si ha un albero piccolo, fino a 20 m un alberodi III grandezza, fino a 30 m un albero di II grandezza e oltre 30 m un albero di Igrandezza. La seconda colonna riporta l'altitudine a cui l'albero può essere rinvenu-to. La terza colonna riporta il periodo della presenza della foglie sulla pianta e laquarta colonna il periodo di fioritura. La scheda può presentare caselle con disegniesplicativi che forniscono varie informazioni sulla pianta (le caselle che fanno riferi-mento alla pianta si evidenziano), oppure essere predisposta con quadrati vuoti incui incollare i disegni (ridisegnati eventualmente sulla base di una legenda) con leinformazioni corrette. La scheda sarà in questo caso più contenuta e permettere unamaggiore descrizione di particolari.

La scheda possiede lungo il margine fori numerati a cui corrispondono coppie didomande (raccolte in una legenda). A seconda della risposta è possibile aprire lateral-mente i fori predefiniti. Le domande, molto semplici, impostate su elementi facilmen-te osservabili, sono indipendenti le une dalle altre e permettono la ricerca sulla basedelle conoscenze possedute.

Per individuare la scheda che riporta la specie che ci interessa, si pongono tutte leschede nello stesso senso e, inserendo un ferro da calza nel foro corrispondente al que-sito scelto, si separano automaticamente le schede che interessano da quelle non desi-derate perché non riportano il carattere voluto. Operando in questo modo, su altricaratteri, con successive estrazioni è possibile estrarre dal mazzo la scheda che rappre-senta la pianta che si intendeva determinare (o viceversa selezionare i diversi ambientiper conoscere le piante relative).Essendo la scheda corredata da disegni o fotografie eda una breve descrizione della pianta, non dovrebbe essere difficile il confronto e l’i-dentificazione delle specie osservate. Altre schede più sofisticate permettono di archi-viare dati utili al rimboschimento o memorizzare l’ubicazione delle specie. (4)

2. Gli Schedari.Sono tali le informazioni codificate su carta. Uno schedario generale, in ordine

alfabetico per specie, permetterà di risalire a tutte le informazioni possedute, mentreun inventario generale permetterà di segnalare i dati pertinenti alle località di rinve-nimento. (tav. 15.) Per ogni specie si potranno inoltre raccogliere dati ulteriori perindividuare e confrontare l’habitus giovanile da quello adulto, ecc. (tav. 16.)

3. La diateca.Anche le diapositive sono inventariabili indicando in un apposito registro: tema,

posizione nell’armadio e del contenitore, data, luogo ed eventualmente anche l’obiet-tivo, l’apertura del diaframma e la velocità di scatto. Ogni diapositiva fatta é posta inun caricatore (o in un contenitore) numerato indicando, in uno schedario o in undata-base, la sua posizione. E' possibile fare così ricerche veloci sulle piante che viavia sono necessarie per illustrare un certo argomento. Le fotografie permettono diarchiviare anche informazioni supplementari sull'albero (scorza, rami) senza che sene debba asportarne una benché piccola parte. Sarebbe certo un controsenso pro-muovere la conservazione delle piante per poi distruggerle non appena si delineanopropri interessi.Oggigiorno é possibile registrare o fotografare riversando, conappositi programmi, su computer.

4. Le banche dati e le carte.Il computer facilita l'archiviazione dei dati, la loro ricerca, elaborazione e analisi.

Basta un programma di archiviazione dati per essere in grado di predisporre unarchivio elettronico che permette ricerche e risposte in tempi velocissimi.(tav. 17)

Uno skanner (o altra strumentazione) permetterà di immagazzinare le forme

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Scheda d’archivio n°

Genere e specie ..................................................................................................................................................................

ssp./varietà ..........................................................................................................................................................................

Sinonimi................................................................................................................................................................................

Dati posizione

Inventario generale (pagina) .................................. Posizione essiccata (riferimento) .........................................................

Archivio fotografico (scheda) ................................... Posizione fotografia ........................ Posizione diapositiva ................

Questionario raccolta dati di campagna (numero) .............. Questionario dati bibliografici (numero)....................................

Dati etimologici

Dati su ambiente, distribuzione e anno introduzione in Italia...............................................................................................

.............................................................................................................................................................................................

Dati su uso...........................................................................................................................................................................

Dati sul soggetto.

numero cromosomico................. varietà....................... cultivar....................... forma.......................................................

Bibliografia essenziale ........................................................................................................................................................

.............................................................................................................................................................................................

Tavola 15. A. Schema di pagina dello schedario generale.

Nome volgare.....................................................................................................................................................

Dialetto locale ...................................................................................................................................................

Altri dialetti limitrofi.............................................................................................................................................

Etimologia dei nomi dialettali..............................................................................................................................

Altre lingue ........................................................................................................................................................

Tavola 15. B. Schema di pagina dell’inventario generale.

Pagina ................................... Scheda d’archivio

Genere.............................................................. Specie.................................................................................................

Famiglia..........................................................................................................................................................................

Area presa in esame.....................................................................................................................................................

Località individuate.........................................................................................................................................................

Posizione e localizzazione delle stazioni su carta topografica ......................................................................................

.......................................................................................................................................................................................

Riferimento carta tematica .............................................................................................................................................

Località citate in bibliografia da controllare ....................................................................................................................

........................................................................................................................................................................................

Località citate e non più ritrovate (località, autore, data).....................................................................................................

........................................................................................................................................................................................

Periodo di fioritura

Anno........... Giorno e mese..................... Anno........... Giorno e mese.....................

Anno........... Giorno e mese..................... Anno........... Giorno e mese.....................

Anno........... Giorno e mese..................... Anno........... Giorno e mese.....................

Anno........... Giorno e mese..................... Anno........... Giorno e mese.....................

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delle foglie (insieme a particolari della pianta) o altri disegni e un modem discambiare (via telematica) tra gli utenti le informazioni rilevate nel corso delleattività.

Diverse nazioni hanno attuato poi carte della flora e della vegetazione anche uti-lizzando la disponibilità degli studenti di scuole superiori. In Italia l'Istituto di bota-nica dell'Università di Trieste alla fine degli anni '70 aveva organizzato la raccolta diinformazioni floristiche da immettere in una banca dati e potere anche costruirecarte tematiche sulla distribuzione delle diverse specie rilevate. Ogni specie ha unsuo codice di riferimento che é riportato nella Flora d'Italia del Pignatti; la codificanumerica di quattro numeri per il genere e tre numeri per la specie permette l'im-mediato trasferimento o individuazione di qualsiasi dato floristico tramite elabora-tore elettronico.

Possono poi essere raccolte e archiviate altre notizie utili sulle specie interessate:sulle proprietà possedute, sugli usi, sulla provenienza, sul parco, sul giardino o sulluogo di indagine: conoscere da chi è stato realizzato, in che epoca, chi l’ha volutocostruire e perché, quali le diverse fasi di costruzione, quali le date di impiantodegli alberi e quale la loro provenienza. Ci sono racconti e leggende che coinvolgo-no il sito o quella specie? A che epoca risalgono? E così via: praticamente l’avventu-ra della scoperta é senza fine se si é esercitata una curiosità attenta e fantasiosa.

5. Il giardino delle plantule.Raccogliere i semi dopo aver individuato l’albero e cercare di farli germinare per

poi trapiantare le giovani piantine in un luogo adatto una volta abbastanza svilup-pate, può essere un’attività importante per programmare interventi corretti in natu-ra. Delle diverse fasi di sviluppo si possono fare disegni o una documentazionefotografica. Per tenere sotto controllo l’operazione ci si può affidare ad una schedadi sintesi. (tav. 18.)

6. Il notes dei colori.Se durante l’escursione si é chiesto di disegnare e colorare una pianta utilizzan-

do solo mezzi naturali, dando priorità a ciò che é inerte (e solo se necessario a partidi piante), si sono indirettamente raccolte informazioni sui colori presenti, in quelmomento, in quel sito. Nella dinamica del lavoro ci si scambia i disegni e ognuno

GIOVANE

PORTAMENTO

TRONCO

RAMI

FOGLIE

SEZIONE TRONCO

ADULTO

Tavola 16. Differenze tra albero giovane e albero adulto della stessa specie.

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N° S/R/C

1

2

3

4

5

Specie

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F=fiore, 1/12=mese

GRg=giallo ruggine

RV=rosso-violetto BrV=bruno violaceo RBr=rosso brunastro

Fr=frutto

B=bianco G=giallo R=rosso V=violetto V=verde B=bruno

monoica BrVBrV BrV amento

Pianta F1 F2 F3 F4 F5 F6 F7 F8 F9 F10 F11 F12 Tipo F

Nome italiano

1

2

3

4

5

Ontano Alnus glutinosa

AS (aspetto): A = albero, a = arbusto, sf = suffrutice, r = rampicante, C (copertura): S = Sempreverde

Origine = luogo di origine della pianta, Anno = anno di introduzione della pianta in Italia

(L.) Gaertner ABetulaceae

Genere e specie Autore Famiglia Origine Anno AS C

Fr1 Fr2 Fr3 Fr4 Fr5 Fr6 Fr7 Fr8 Fr9 Fr10 Fr11 Fr12 Tipo Fr Seme

1

2

3

4

5

RBr RBr RBr RBr RBr R:Br R:Br Strobilo Achenio con ali strette

1

N° S/R/C

Alnus glutinosa (L.) Gaertner (1970) Alnus communis Desf. Betula alnus Scop.

Specie Sinonimo 1 Sinonimo 2

Ontano nero

Betula glutinosa Lam.

Olnar, ArnerOnèss, Ogna

Sinonimo 3

Italiano Lombardo Veneto Romagnolo

1

Sloveno Francese Inglese

Crna jélsa Aune noir European Alder

1

ArFt

Alnus glutinosa

Specie=nome scientifico

ArFt=Archivio fotografico

ArEr=Archivio erbario

N°S/R/C= numero

2=box, 1=caricatore, 4=diapositiva

F=ambiente fiume, 2=foglio

125=numero scheda

2.1.4 F.2 125

Specie ArEr N°S/R/C

Tedesco

Schwarz Erle

125

a. Caratteri generali.

b. Caratteri fiori e frutti.

c. Elenco sinonimi e nomi locali.

c. Riferimenti ad archivi e schedari

Alnus glutinosa

Tavola 17. Griglie di raccolta su data base.

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deve cercare di trovare la pianta rappresentata, localizzandola chiedendo poi infor-mazioni supplementari sui colori osservati (magari utilizzando tavole cromatiche) esi predispongono grandi raggruppamenti dei colori fondamentali.

Si rilevano le informazioni scientifiche per la pianta (con l’aiuto di un botanico,se ci si sente poco esperti) e si costruisce una guida basandosi sui colori dei fiori. Laguida consisterà in un contenitore con fogli perforati di colori differenti (oppurefogli bianchi per le informazioni e pagine di cartoncino colorato per le suddivisio-ni), tanti quanti i raggruppamenti di colore individuati, su cui verrà riportato ildisegno (o la fotografia) del fiore con i dati raccolti. Il contenitore può anche esserecostruito da sé, come detto in precedenza, utilizzando viti passanti, fogli fatti taglia-re nella misura che si desidera, una tavoletta di legno e un dorso di pelle. (tav. 19)

130

Specie

Ambiente in cui è stato raccolto il seme:

I caratteri chimico - fisici dell’area di raccolta sono:

I caratteri del suolo sono:

pH data della raccolta

La pianta necessita per svilupparsi:

Disegno del seme

La pianta da cui proviene il seme vive: isolata in filare in gruppo in bosco

Data Fase Substrato Luogo U T Lux Evento che si registra H

s a

1 2 3 4 5 6 7 8 9

1. Data delle fasi.2. Fasi di germinazione, plantula, emissione I fogliolina, ecc.3. Substrato dove viene posto il seme, o la plantula o la piantina: sabbia umida, carta bibula, cotone, torba, ecc..4. Dove viene posto il seme: in contenitori, in germinatoi, all’aperto, in contenitori coperti da fogli di plastica nera

con fori, ecc.5. Umidità del suolo (s) e dell’ambiente (a) in cui si trovano i semi.6. Temperatura dell’ambiente.7. Luminosità ambientale.8. Descrizione dell’evento (seme, si apre il seme, spunta il cotiledone, si lignifica il fusto, ecc.).9. Altezza della piantina nelle diverse fasi.

Tavola 18. Tabella di controllo dello sviluppo delle giovani piantine.

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Nelle uscite successive osservando un fiore giallo, basterà aprire il notes nellepagine...gialle... e poi individuare (se già inserito) il fiore in questione.

Chi avrà anche fatto delle diapositive avrà materiale sufficiente per brillantiserate di diapositive impostate non solo sul godimento estetico ma anche su quelleindicazioni per il facile riconoscimento delle diverse specie. Un’osservazione un pòpiù accurata di ciò che si sta osservando porterà a una migliore memorizzazione.

131

NOTE

1. Lo stile del giardino paesistico all’inglese si diffonde nella Mitteleuropa (Europa centrale) negli anni 1779-1786 aseguito di uno scritto di HIRSCHFELD che identificava il giardino con il paesaggio. La natura selvaggia, quale opera artisti-camente compiuta, archetipo di bellezza spontanea e incorrotta, libera il giardino dalla struttura geometrica e prospetticalegata a confini ben definiti. Il progettista ora non imita, ma interpreta la natura e il ‘genius loci’ coinvolgendo l’ambienterurale e la residenza campestre (Morsiani, 1996). La medesima autrice pone l’attenzione sul fatto che nel settecento il ter-mine ‘romantico’ equivalesse a ‘pittoresco’. Successivamente si ha un nuovo orientamento definito “classico” caratteriz-zato da un equilibrato rapporto con la natura dove gli spazi aperti e il costruito ne costituiscono valori complementari.

Tavola 19. Il taccuino dei fiori.Il taccuino è uno strumento per memorizzare le informazioni raccolte in campagna basandosi sul colore dei fiori. È utile perriconoscere nuove specie e avere elementi sufficienti per sottolineare particolari atti ad individuare le piante anche senza fiori.Così in molti casi può essere d’aiuto per distinguere specie velenose (Veratrum album, a foglie alterne), da specie utilizzatedall’uomo (Gentiana lutea, a foglie opposte).

striscia di cuoio

viti passanti

copertina disegnata

tavoletta compensato

supporto di cartone

fogli colorati deltacquino con disegni di fiori

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2. Fare un’inchiesta o solo somministrare un questionario non è facile, si rischia spesso di essere invadenti. La genteintervistata può essere restia a parlare, soprattutto se si sente esclusa o oggetto di curiosità.

Vale la pena allora pensare e realizzare, prima di ogni intervento in tal senso, una serie di attività a servizio di quellacomunità per farsi conoscere e ‘catturare la loro benevolenza’ (non necessariamente una cosa eclatante: basterebbe abbellirela via principale, pulirla, fare una festa con gli anziani...). Poi, perché non potrebbe essere possibile realizzare quest’attivitàcoinvolgendo le scuole locali di pari livello? I bambini, i ragazzi e i giovani locali sono tramiti naturali tra chi viene da fuorie chi è del posto. Da un lato ci si potrà sentire più importanti perché depositari di una cultura oggetto di studio e, dall’altra,si viene a contatto con nuove realtà.

3. Osservazioni interessanti possono essere fatte sulle pigne in cui si può vedere chiaramente la spirale logaritmicasecondo la quale si dispongono le squame copritrici e le loro linee ortogonali. Si é capaci di un’astrazione ed avere l’ideache ci ricollega ad un assunto precedente?

4. Il Museo di Salò alla fine degli anni '70 inizio anni '80 aveva attivato una schedatura della flora del Parco AltoGarda Bresciano con scheda perforata, carta della distribuzione ed essicata plastificato, coinvolgendo gli studenti di unalocale scuola media superiore.

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CONCLUSIONI.

Classificare equivale a mettere ordine ed é anche un metodo per conoscere epoter usare appropriatamente le cose che ci stanno attorno superando l’emotività eattestandoci alla rigorosità operativa. L’idea guida che ne ha ispirato l’applicazioneé mutata sovente nel tempo al mutare delle conoscenze, delle ricerche e dei proble-mi connessi al mondo della natura. Il criterio che viene utilizzato é dunque in stret-ta relazione con gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere: può essere artificiale(valido per scopi pratici) e naturale (valido per intuire i rapporti esistenti tra gliorganismi viventi). Nella sfera della propria vita ognuno si sforza di trovare qual-cosa e occorre sapere cosa cercare e come descrivere ciò che abbiamo trovato seintendiamo comunicarlo ad altri. Per un confronto occorre che la cosa sia vista e sisappia affrontare una discussione serena cercando non solo di difendere la propriapercezione ma anche di percepirla secondo il bagaglio culturale degli altri, visto chel’interpretazione che diamo delle cose, ammesso che le vediamo, é influenzata dalproprio bagaglio culturale. Ora se vi é attenzione all’interpretazione emotiva cheviaggia sul soggettivo, occorre fare uno sforzo per acquisire un’interpretazioneoggettiva (scientifica, ad esempio) per una base comune di discussione e di confron-to valutando le ricerche più aggiornate sul tema.

Per essere in grado di fare ciò, un programma di lavoro e un processo perma-nente che porti a una chiave di lettura basata su termini scientifici appropriati, éindispensabile. Ecco che il riconoscimento delle specie attraverso l’osservazionedelle foglie significa affrontare un metodo di lavoro e obiettivi educativi (osservare,interrogare, dare risposte, verificare) e comprendere che le piante legnose (comeogni essere vivente) sono organismi dinamici che crescono in modo organizzatoinfluenzati da fattori fisiologici e ambientali.

Apparentemente didattica naturalistica, il lavoro proposto é invece educazioneambientale in quanto l'ambiente viene usato per fare acquisire ai partecipanti alleattività, la capacità di meravigliarsi, di aprirsi alla curiosità, di scoprire i valori, leattitudini, le capacità, le conoscenze e la prudenza dell’ avventura che tengonolatenti in sé, oltrechè essere un metodo di lavoro.

I ragazzi e i giovani sono sempre meno pronti linguisticamente, sempre menoabituati a ragionare e sempre meno disposti ad assumersi le proprie responsabilitàattirati dal miraggio del guadagno facile e dell’essere attraverso beni materiali.Obiettivi possono essere allora quelli che permettano di acquisire: capacità di osser-vazione, capacità di connessione e collegamento dei fatti, precisione, intuizione,capacità di valutare e formulare ipotesi, di verificarle e approfondirle con una ade-guata metodologia di lavoro (impostare ricerche dal semplice al complesso). Maanche sviluppare interesse, abilità manuale, inventiva e fantasiosità, lavoro in equi-

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pe, progettualità e uso degli strumenti. Forse insegnare i limiti delle nostre azioni,la certezza dell’incertezza che insegna come ogni evento é relativo al punto di vistae che spesso non é facile capire differenze e affinità o ciò che può essere cambiato daciò che non può esserlo.

La proposta é di divertirci tutti insieme, pur nei rispettivi ruoli, perché non esi-ste educazione a senso unico ma “coeducazione”. Forse utilizziamo poco questaopportunità reciproca come viene sottolineato dal breve racconto che a chiusurariporto: “Un padre vide il figlioletto che si sforzava di alzare una grande pietra. Sivedeva che il bambino ce la metteva tutta, ma non riusciva neanche a spostarla. Glichiese allora il padre, dopo averlo osservato in silenzio per un pò di tempo, se uti-lizzava tutta la forza di cui poteva disporre. Il figlio rispose rosso in volto e convoce stizzosa, che lo poteva vedere bene da solo se utilizzava tutto sé stesso. Ilpadre rispose di pensare meglio alla risposta, e dopo un po’ aggiunse: “No, tu nonstai usando tutta la forza di cui disponi vedi, per esempio, non hai chiesto a me diaiutarti”.

Ora, alla fine della lettura e del lavoro proposto, vi propongo di scrivere veloce-mente cosa pensate di aver acquisito e come intendete organizzarvi per realizzarlo.Verificatelo prima sul campo e chiedete a un esperto informazioni sulle parti cheabbisognano di competenze che non possedete, poi realizzate il lavoro con i vostristudenti. Tenete nota di ciò che accade e delle reazioni (magari utilizzando unosservatore fuori campo) e prevedete test di ingresso e di verifica. Migliorate levostre prime bozze e riorganizzate le attività anche se fuori piove. Lavorate con ivostri allievi per scoprire ciò che permetterà di elaborare una memoria scrittamigliore. Buona fortuna.

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ALLEGATI

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Allegato a1.

Il laboratorio di scienzedelle classi III della Scuola Media Statale “G.Matteotti”

di Maerne (VE).

VALLÌ FONFON

Premessa.La finalità didattica principale dell’attività é stata quella di suscitare l’esigenza di classificare gli esseri

viventi secondo criteri scientifici (nel nostro caso si trattava di alberi), seguendo un percorso determinato. Ilpercorso si é sviluppato attraverso tappe che hanno posto l’alunno nella situazione di avere un ruolo attivoanche nella progettazione mentre il docente ha aiutato il lavoro degli allievi e ha fornito il materiale e le ideenecessarie. L’attività é stata elaborata di concerto con l’insegnante di lettere che ha fornito un imput dell’idea dialbero e di bosco nell’immaginario collettivo sia con materiale fotografico e audiovisuale, sia con letture mirate,concludendo il lavoro con una produzione di poesie. Il lavoro é stato organizzato nel periodo marzo-maggio1997 per permettere agli allievi di fare attività di scoperta ambientale sul campo. I ragazzi che hanno partecipa-to ai lavori sono stati 18 e sono stati coinvolti una volta alla settimana per un totale di 22 ore.

Il laboratorio di scienze.Dal punto di vista scientifico l’attività si é sviluppata in fasi passando dalla formalizzazione dell’idea di

albero al tentativo di descrivere in modo empirico le sue parti giungendo a un’osservazione sistematica dellapianta (tronco, rami, foglie). La descrizione delle parti osservate ha obbligatoriamente portato gli allievi all’usodi termini appropriati e non casuali, poiché era sorta l’esigenza di usare un linguaggio comprensibile e usufrui-bile, con proprietà, da tutti. Attraverso l’analisi delle parti delle piante e le schede di lavoro, si sono portati gliallievi a classificare le specie arboree di un bosco artificiale di proprietà del signor Giorgio Tónolo che ha gen-tilmente concesso l’accesso per le finalità didattiche del progetto. Quale contropartita (ticket d’ingresso) unico“obbligo” era che gli studenti, dopo aver individuato le diverse specie, predisponessero un cartellino di ricono-scimento con il nome scientifico delle piante studiate.

Lo studente era libero di organizzare il percorso che intendeva seguire e scegliere le attività da fare dopoaver accettato le “consegne” a lui più consone e concordate in precedenza. Tutti i ragazzi si sono sentiti coin-volti anche se alcuni hanno avuto difficoltà ad orientarsi e a gestire le consegne assunte.

Il materiale di lavoro e il percorso sono stati organizzati, alla fine dell’esperienza, in un grande pannello ein un erbario esposti al pubblico. La valutazione dell’attività é avvenuta attraverso la formulazione di un testanonimo (già somministrato come test d’ingresso) dove i ragazzi esprimevano liberamente la propria opinione.I problemi organizzativi che si sono dovuti affrontare per la riuscita dell’iniziativa e le uscite sul campo sonostati ‘dimenticati’ nel momento della valutazione dei risultati. Il test ha dimostrato la validità dell’esperienzanon solo in chiave didattica ma anche formativa ed é stato apprezzato da tutti il lavoro “all’aperto”.

Le fasi del lavoro.I incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: suscitare sensibilità verso gli alberi, insieme all’esigenza di una classificazione precisa e corretta.Materiali: fogli di carta, pennarelli, tempere, matite, gomme per cancellare.Consegne: 1. scrivere il significato del termine latifoglia utilizzando al massimo 15 parole. Tempo assegnato 5’.

2. tracciare un disegno schematico di una latifoglia. Tempo assegnato 10’.3. individuare un codice personale formato da tre cifre e tre lettere con cui contrassegnare i lavo-

ri fatti.

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4. attaccare i fogli su una parete in modo che i disegni simili siano vicini e quelli con marcatedifferenze, più lontani rispetto al primo. Si possono considerare i diversi raggruppamentidelle definizioni e si costruisce un grafico delle risposte date. Si verifica sul dizionario l’esat-tezza delle definizioni. Discussione sui risultati.

Osservazioni: dai risultati emerge l’esigenza di un criterio per classificare le diverse latifoglie disegnate.

II incontro.Luogo: cortile della scuola.Finalità: risolvere il problema del rilievo di una scorza e comprendere quale percezione e quali conoscen-

ze ha l’allievo a riguardo del bosco.Materiali: fogli di carta da disegno di vari tipi, cere, pongo, matite, questionario.Consegne: 1. provare con quali tecniche si può ottenere un calco accettabile del ritidoma. Le prove con i

diversi materiali vengono effettuate sugli alberi presenti nel cortile della scuola. 2. rispondere alle domande del questionario: codice, hobbies e interessi propri, interessi e hob-

bies dei genitori/fratelli/sorelle, concetto di ambiente, propria percezione del bosco, impor-tanza e priorità nei diversi interventi umani verso la difesa ambientale, elenco di alberi e dianimali viventi nel bosco.

Osservazioni: quesiti andranno confrontati con le risposte finali alle domande: concetto di ambiente, propriapercezione del bosco, importanza della difesa ambientale e priorità, elenco di alberi e di animaliviventi nel bosco, per riscontrare quanto avrà inciso il lavoro sulla percezione degli allievi.

III incontro.Luogo: bosco del sig.Tonolo.Finalità: localizzare e scegliere le piante arboree da determinare.Materiali: fogli di carta, pennarelli, matite, gomme per cancellare, carta topografica, mappa del luogo, car-

toncini, spago, forbici, bussole e rondelle metriche.Consegne: 1. individuare sulla cartina la posizione del sito e sulla mappa la posizione di ogni albero scelto.

Scrivere sui cartoncini un nome scelto a piacere per il riconoscimento dell’albero. 2. analizzare la scorza degli alberi scelti utilizzando la tecnica precedentemente sperimentata. 3. raccogliere brevi rametti di ogni albero scelto da porre in acqua per un’osservazione successi-

va in laboratorio.

IV incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: saper descrivere una gemma e progettare una raccolta di reperti.Materiali: sacchetti di plastica, etichette autoadesive, schede, stereoscopio.Consegne: 1. attraverso le schede di lavoro individuare il tipo di gemma, le parti di cui é composta e le sue

caratteristiche. 2. osservare una sezione di gemma allo stereoscopio. 3. ricondurre le osservazioni entro insiemi omogenei.

Osservazioni: emerge l’esigenza di avere pubblicazioni adatte.

V incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: suscitare emozioni e capire l’importanza di una buona osservazione.Materiali: fotocopie di alberi da foto di Roiter.Consegne: 1. attraverso le foto descrivere le sensazioni e le emozioni che esse suscitano.

2. discussione dei risultati.Osservazioni: si potrebbe chiedere ai ragazzi di documentare il “bello e il brutto” di un’area attraverso le

fotografie e indagare sulle loro percezioni dell’ambiente in cui vivono.

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VI incontro.Luogo: bosco del sig.Tonolo.Finalità: mettere a punto un metodo di rilevamento e osservazione chioma.Materiali: fogli di carta, matite, gomme per cancellare, sacchetti di plastica e pressocartella, lenti di ingran-

dimento, schede di lavoro.Consegne: 1. raccolta e osservazione delle foglie e dei fiori.

2. osservazione delle foglie e individuazione, attraverso le schede, dei loro caratteri morfologici. 3. descrizione dei risultati

Osservazione: i ragazzi vorrebbero avere una loro guida al riconoscimento.

VII incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: progredire nell’attitudine a osservare e capire l’importanza del bosco.Materiali: fogli di carta, pennarelli, matite, gomme per cancellare, lenti di ingrandimento, decimetri.Consegne: 1. osservazione delle foglie.

2. significato del bosco e dell’albero nella cultura popolare. 3. discussione.

VIII. incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: suscitare sensibilità ed emozioni verso gli alberi e affinamento capacità critiche. Organizzazione

di un erbario.Materiali: fogli di carta, penne, registratore, teleregistratore, film.Consegne: 1. controllo delle schede compilate.

2. visione del film “Il segreto del bosco vecchio”. 3. discussione, interpretazione e commento sull’immaginario del bosco.4. commento scritto sul film. 5. elaborazione di scritti in prosa e in poesia per diffondere un’attenzione al bosco.

Osservazioni. Il lavoro viene svolto ascoltando musiche di Beethoveen e Bach. 30-45 minuti risultano esseresufficienti.

IX incontro.Luogo: bosco del sig.Tonolo.Finalità: organizzarsi per l’osservazione e l’archiviazione dei dati.Materiali: fogli di carta, penne, lenti di ingrandimento.Consegne: 1. osservazione e descrizione delle foglie e dei fiori.

2. esame materiale raccolto.3. schedatura dei dati e dei materiali raccolti.

Osservazioni. occorrono schede rigorose ma semplici da utilizzare.

X incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: organizzazione dello schedario e dell’erbario.Materiali: fogli di carta, penne, schede, pressa.Consegne: 1. osservazione dei materiali raccolti.

2. esame del materiale raccolto. 3. schedatura dei dati e dei materiali raccolti. 4. organizzazione dello schedario. 5. compilazione dei cartoncini di riconoscimento per le specie studiate.

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XI incontro.Luogo: bosco del sig.Tonolo.Finalità: uso del bosco in funzione didattica.Materiali: fogli di carta, penne, cartoncini, spago.Consegne: 1. individuazione degli alberi descritti e posizionamento dei cartoncini.

2. cartografia del sito con indicazioni sulla posizione, lo stato vegetativo e la specie. 3. confronto dello sviluppo dell’albero nei diversi mesi.

Osservazioni. occorre rendere più veloce e duttile il lavoro di restituzione dati dall’archivio. La festa finale(con pic nic) a coronamento del lavoro é stata un successo.

XII incontro.Luogo: laboratorio.Finalità: preparazione dell’erbario e dei pannelli della mostra.Materiali: fogli di carta, penne, pennarelli, colla.Consegne: 1. compilazione delle schede apposite.

2. sistemazione degli essiccata.3. discussione sui modi di comunicare al meglio il lavoro svolto.4. elaborazione dei pannelli da esposizione.

Osservazioni. coinvolgere gli allievi nelle spiegazioni della mostra é stato utile come verifica indiretta del-l’impegno profuso da ognuno nelle attività e della capacità di acquisire e comunicare il lavorodegli altri gruppi.

Genere Specie AA a l Nome italiano Nome dialettale1 Acer platanoides x2 Acer campestre x x3 Alnus glutinosa x4 Betula pendula x5 Carpinus betulus x6 Celtis australis x7 Cornus mas x8 Corylus avellana x9 Crataegus azarolus x10 Cydonia oblonga x11 Diospyros lotus x12 Ficus carica x13 Fraxinus angustifolia x14 Fraxinus excelsior x15 Juglans regia x16 Juglans nigra x17 Laburnum anagyroides x x18 Malus sylvestris x19 Mespilus germanica x x20 Morus nigra x21 Platanus x acerifolia x22 Populus alba x23 Prunus avium x24 Prunus cerasus x25 Prunus cerasifera x26 Prunus dulcis x27 Prunus spinosa x x28 Punica granatum x x29 Pyrus communis x30 Quercus robur x31 Robinia pseudoacacia x x32 Salix alba x x33 Sambucus nigra x34 Sorbus torminalis x35 Sorbus domestica x36 Tilia platyphyllos x37 Tilia cordata x38 Vitis vinifera x

Elenco alberi (AA), arbusti (a) e liane (l) presenti nel giardino Tònolo.

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Allegato a2.

L’albero e il boscouna storia che ci riguarda da vicino

FRANCESCO CERCATO

Introduzione.Fin dalle origini della storia umana e presso quasi tutte le civiltà del pianeta, l’albero ha sempre rappresen-

tato un elemento fortemente simbolico rispetto alla percezione che l’uomo ha dell’ambiente circostante. Pressole primitive religioni animiste il suo rinascere e morire al ritmo delle stagioni é stato visto come simbolo dellavita che eternamente si rinnova. L’albero é quindi divenuto, da parte dell’uomo, oggetto di culto e di offertepropiziatorie per un’esistenza lunga e in salute. Ancor oggi presso molti popoli, che pure recentemente hannoconosciuto la modernità, l’albero é rimasto oggetto di venerazione. Ad esempio chi avesse la ventura di attra-versare le rare vie di comunicazione che attraversano l’immensa Jakuzia (Repubblica asiatica della FederazioneRussa, tra le più sviluppate per l’estrazione delle risorse minerarie) di tanto in tanto può trovare un albero voti-vo al quale gli abitanti del luogo recano offerte in denaro, cibo, ex-voto. Medesimi esempi possono essereaddotti per le popolazioni indigene dell’Australia, dell’Africa e per alcune tribù degli indiani d’America pressocui, ad esempio, le enormi sequoie della California incarnano lo spirito stesso di Manitù. Nell’induismo, addi-rittura, l’albero rappresenta uno dei terminali della dottrina della metempsicosi o trasmigrazione delle anime opiù comunemente conosciuta come la dottrina della reincarnazione nella quale l’essere umano, una voltadefunto, può risorgere a nuova vita trovando esistenza in nuove forme animali o vegetali.

L’immaginario nel mondo occidentale.Nella civiltà occidentale e del bacino mediterraneo in particolare, l’albero e il bosco hanno sempre avuto

una duplice carica simbolica. Essi divengono i depositari del principio del bene e del principio del male.

Esemplificativa in tal senso é la Bibbia: “poi il Signore Iddio piantò un giardino in Eden, ad oriente e quivi posel’uomo, che aveva formato. E il Signore Iddio fece germogliare dal suolo ogni specie di alberi piacevoli d’aspetto e buoni amangiare e l’albero della vita in mezzo al giardino, e l’albero della conoscenza del bene e del male” (Genesi II, 8-9).

Anche il bosco come molteplice insieme di alberi ha assunto nell’immaginario collettivo una forte caratte-rizzazione in direzione della dicotomia bene/male. La selva in quanto tale può essere il luogo positivo del rifu-gio, dell’isolamento e della protezione dalle aggressioni del mondo esterno. Gli esempi in tal senso si sprecano:l’eroe positivo ROBIN HOOD trova sicuro rifugio nella foresta di Sherwood, così TARZAN é il primo eroe “volan-te” della storia del cimena e dei fumetti vivendo e spostandosi praticamente sempre sugli alberi. Ognuno dinoi, inoltre ha, o mi auguro avrà avuto, la fortuna di ricordare un albero della propria infanzia dove ha sognatodi costruire (o effettivamente ha realizzato) un proprio rifugio con poche tavole di legno collocate alla menopeggio. Un posto semplicemente sul quale salire, staccarsi da terra e restare, magari, un pò soli o con un amico,dove fantasticare in compagnia di se stessi e dei propri pensieri.

Il bosco é anche il luogo di magie e di strani abitanti. Basti leggere il racconto (e consiglio di vedere il filmche ne é stato tratto): “Il segreto del bosco vecchio” di Dino Buzzati dove viene ripreso in chiave mitico-ecologi-ca il tema della reincarnazione (già in DANTE nella Selva dei suicidi, cfr Inferno XIII, 31-37), con gli alberi che,oltre ad essere elementi propri della natura, divengono depositari della memoria stessa del luogo e dei suoiabitanti che si trasformano in esseri viventi del tutto umanizzati. Ancora per la simbiosi uomo/bosco é emble-matica la figura di ”Dersù Urzala” il solitario e poetico cacciatore mongolo dell’omonimo film del registra giap-

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ponese AKIRO KUROSAWA.

La foresta, come detto, assume anche una connotazione negativa. Essa diventa il luogo dell’ignoto, dellepresenze oscure, della paura, del luogo nel quale ci si perde o dove si viene condotti a smarrirsi. Le favole,testimonianze tra le più indicative dell’immaginario di un popolo, sono piene di boschi tenebrosi dove i bambi-ni si perdono e fanno brutti incontri.

Bastino a proposito le vicende di “Hansel e Gretel”, di “Pollicino”, di “Cappuccetto rosso” (o le altre storiedei fratelli GRIMM e di PERRAULT). La selva nasconde poi tutta una serie di personaggi fortemente negativi realio fantastici che siano: nel bosco si nascondono i briganti, gli assassini, le streghe, gli orchi, i lupi mannari.

Per la loro particolare collocazione in bilico tra elemento fantastico e consistenza psuedo-scientifica ricordocome sia idea comune presso moltissime culture che il bosco, come qualsiasi luogo impervio e inaccessibile, siala dimora privilegiata di figure al limite tra l’umano e il ferino. In questa categoria rientrano le varie tipologiedell’uomo selvatico. I racconti delle nostre Dolomiti sono piene di riferimenti all’“Om savarec”, l’uomo selvaticoappunto che talvolta é stato intravisto in un’aura quasi di leggenda, al margine dei boschi. Così negli StatiUniti, precisamente nelle regioni montagnose del Wyoming e del Montana sopravvive la credenzadel“Sasquatch” essere a metà strada tra l’uomo e l’orso che i pellerossa ritengono depositario di forze magiche ecapace di leggere la verità nell’animo di ognuno.

Che dire poi del famosissimo“Yeti” hjmalaiano italianizzato nell’”abominevole Uomo delle nevi”?

Storia e mutamenti.Resta da dire, in conclusione, sul come presso la nostra cultura occidentale sia andata costituendosi questa

duplice immagine del bosco. Come sempre, anche nello sviluppo delle idee, delle convinzioni, delle credenze,diviene motore unico la storia.

Due possono essere indicati come i grandi mutamenti epocali che hanno determinato uno spostamentototale nella percezione del comune sentire legato al bosco. L’età classica, cioé la civiltà greca e romana cheaveva creato a modo loro un mondo stabile e ordinato, aveva un’idea tutto sommato positiva della selva.Questa era spesso un luogo idillico abitato da soavi ninfe, dispettosi satiri e da spiriti generalmente favorevoli.E’con la fine del mondo classico, il crollo dell’impero romano, i secoli di regressione e l’incertezza propridell’Alto Medioevo che questa concezione muta radicalmente. Il bosco intanto attraversa una fase di rivincita ericonquista gli spazi antropizzati; le città abbandonate e cadenti vengono invase dalla vegetazione che cancellale antiche vestigia. Spostarsi diventa più difficile, viaggiare più pericoloso, la foresta si trasforma in un luogo diinsidie e di pericolo.

Tale accezione negativa si estende anche agli abitanti del bosco. Basti per tutti, a mò di esempio, il muta-mento di prospettiva cui é sottoposta l’immagine della civetta. Da animale sacro e venerato nella civiltà classica(era il simbolo stesso della dea Atena fondatrice di Atene) frequentando per sua natura i ruderi, più che maiabbandonati, essa viene associata, nell’Alto Medioevo, all’idea di distruzione e di morte. Così ancora oggi lapovera civetta paga lo scotto di questa sua travisata considerazione dove il suo canto é ritenuto funesto e latoredi messaggi di morte.

L’età contemporanea vede, a livello globale, il bosco arretrato sulla difensiva. L’interesse prevalente nei suoiconfronti é ora di tipo economico-speculativo. Tutti sappiamo delle foreste riarse, segate, dicioccate in tutto ilmondo al ritmo di migliaia di chilometri quadrati l’anno. Persino le siepi, i boschetti, le spallette, i filari, ultimereliquie di boschi un tempo rigogliosi e cupi, sono erosi da incendi e dissodamenti, strade e lottizzazioni.

Così, più che mai, oggi, l’albero assume la connotazione di una entità singola da salvaguardare, baluardodella natura (della quale troppo spesso smemorati, volenti o nolenti, facciamo parte pure noi) che si opponealle distruzioni insensate perpetrate dall’uomo.

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