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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 1 di 53 AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Contrada Bagnoli, 118 SANT’AGATA DEI GOTI (BN) ACCORPAMENTO DI UN IMPIANTO DI RECUPERO RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI E DI UN CENTRO DI RACCOLTA E TRATTAMENTO DI VEICOLI FUORI USO CON INSERIMENTO DELLE ATTIVITA’ DI MESSA IN RISERVA DI RIFIUTI PERICOLOSI, UBICATI IN VALLE DI MADDALONI (CE) ALLA S.P. 335 KM 13 + 340. Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. Studio Preliminare Ambientale il tecnico Rev. 0 del 25 gennaio 2016

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Contrada Bagnoli, 118

SANT’AGATA DEI GOTI (BN)

ACCORPAMENTO DI UN IMPIANTO DI RECUPERO RIFIUTI

SPECIALI NON PERICOLOSI E DI UN CENTRO DI RACCOLTA

E TRATTAMENTO DI VEICOLI FUORI USO CON

INSERIMENTO DELLE ATTIVITA’ DI MESSA IN RISERVA DI

RIFIUTI PERICOLOSI, UBICATI IN

VALLE DI MADDALONI (CE) ALLA S.P. 335 KM 13 + 340.

Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto

Ambientale ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.

Studio Preliminare Ambientale

il tecnico

Rev. 0 del 25 gennaio 2016

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INDICE

PARTE I - INTRODUZIONE ________________________________________________ 4

1. PREMESSA _________________________________________________________ 4

2 AUTORIZZAZIONI VIGENTI ____________________________________________ 4

3 NORMATIVA DI RIFERIMENTO _________________________________________ 5

PARTE II - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO _____________________ 7

4 IL PIANO TERRITORIALE REGIONALE DELLA CAMPANIA __________________ 7

4.1 La pianificazione paesistica __________________________________________ 12

4.2 I parchi naturali e le aree protette ______________________________________ 14

5 IL PIANO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI ________________ 18

6. IL PTCP DELLA PROVINCIA DI CASERTA _______________________________ 26

PARTE III - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE ______________________ 31

7. DESCRIZIONE DEL SITO _____________________________________________ 31

7.1 Localizzazione e descrizione dell’impianto ______________________________ 31

7.2 Vincoli ____________________________________________________________ 31

7.3 Classificazione sismica dell’area ______________________________________ 31

7.4 Recinzione ________________________________________________________ 32

7.5 Pavimentazione ____________________________________________________ 32

7.6 Accessi e viabilità __________________________________________________ 32

8 MODIFICHE CHE SI INTENDONO APPORTARE AGLI INPIANTI ESISTENTI ____ 32

9 RIFIUTI CHE SI INTENDONO GESTIRE – ATTIVITA’ SVOLTE - QUANTITATIVI __ 32

9.1 Tipologie rifiuti _____________________________________________________ 32

9.2 Quantità ___________________________________________________________ 34

9.3 Attività da svolgersi _________________________________________________ 36

10 MODALITA’ DI GESTIONE ____________________________________________ 41

10.1 Attività comuni a tutte le tipologie di rifiuti ___________________________ 41

10.2 Attività di messa in riserva ________________________________________ 41

10.3 Attività di selezione e cernita ______________________________________ 41

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10.4 Attività di riduzione volumetrica ___________________________________ 42

10.5 Attività di autodemolizione ________________________________________ 42

11 AREE DI GESTIONE RIFIUTI – MODALITA’ DI STOCCAGGIO - QUANTITATIVI MASSIMI STOCCABILI __________________________________________________ 42

12. ATTIVITA’ DI LAVAGGIO PEZZI E PARTI MECCANICHE ____________________ 48

13 DESCRIZIONE DEL SISTEMA AMBIENTE INTERESSATO ED IMPATTI DETERMINATI DALLA PRESENZA DELL’IMPIANTO __________________________ 48

13.1 Geomorfologia dell’area __________________________________________ 48

13.2 Idrogeologia ____________________________________________________ 50

13.3 Scarichi idrici ___________________________________________________ 51

13.4 Emissioni in atmosfera ___________________________________________ 52

13.5 Impatto visivo __________________________________________________ 52

13.6 Rumore ________________________________________________________ 52

13.7 Traffico veicolare ________________________________________________ 52

13.8 Risorse naturali e non utilizzate ____________________________________ 53

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PARTE I - INTRODUZIONE

1. PREMESSA

La presente relazione è redatta su incarico del Sig. BAGNOLI MARIO legale

rappresentante della AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. con sede legale in

Sant’Agata dei Goti (BN) alla Contrada Bagnoli n. 118, dal sottoscritto Ing. Salvatore

Muscetta iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli al n. 13601, e

rappresenta lo Studio Preliminare Ambientale della procedura di verifica di assoggettabilità

alla VIA di cui all’art. 20 del D.Lgs. 152/06 per il progetto di accorpamento dell’impianto

di recupero rifiuti speciali non pericolosi con il centro di raccolta e trattamento di veicoli

fuori uso gestiti ad oggi gestiti dall’azienda con incremento dei codici CER gestiti ed

inserimento delle attività di messa in riserva di rifiuti pericolosi.

2 AUTORIZZAZIONI VIGENTI

L’azienda opera in virtù delle seguenti titoli:

D.D. n. 90 del 23/05/2013 della Regione Campania di autorizzazione alla gestione di

un impianto di raccolta, trattamento e recupero di autoveicoli fuori uso;

Iscrizione al n. 26/W del registro delle Imprese di cui all’art. 216 del D.Lgs. 152/06

tenuto presso la Provincia di Caserta.

In particolare, con l’autorizzazione Regionale l’azienda è autorizzata a gestire

n. 12 autoveicoli prima del trattamento;

n. 44 autoveicoli dopo il trattamento,

e con l’iscrizione provinciale è legittimata a gestire i seguenti rifiuti:

Tipologia Codici CER

Operazione di

recupero di cui

all’Allegato C alla

Parte IV del

D.Lgs. 152/06

Quantità

(t/a)

2.1 [160120] [170202] [200102] R13 50

3.1 [100210] [120101] [120102] [150104] [170405]

[190102] [200140] R13 5.000

3.2 [120103] [120104] [150104] [170401] [170402]

[170403] [170404] [170406] [170407] [200140] R13 5.000

5.1 [160106] [160116] [160117] [160118] [160122] R13 4.000

5.2 [160106] [160116] [160117] [160118] [160122] R13 4.000

6.6 [070213] [120105] [160119] R13 80

10.2 [160103] R13 5.000

per un totale annuo di 23130 tonnellate.

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3 NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Il D.Lgs n. 152/2006 come modificato dal D.Lgs. 4/2008 e dal D.Lgs. 128/2010, prevede

che:

Art. 20 - Verifica di assoggettabilità

1. Il proponente trasmette all'autorità competente il progetto preliminare, lo studio

preliminare ambientale in formato elettronico, ovvero nei casi di particolare difficolta

di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo nel caso di progetti:

a) elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo

sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di

due anni;

b) inerenti le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell’allegato II che possano

produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente;

c) elencati nell’allegato IV, secondo le modalità stabilite dalle Regioni e dalle

Province autonome, tenendo conto dei commi successivi del presente articolo.

2. Dell'avvenuta trasmissione è dato sintetico avviso, a cura del proponente, nella

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale, nel

Bollettino Ufficiale della regione per i progetti di rispettiva competenza, nonché

all'albo pretorio dei comuni interessati. Nell'avviso sono indicati il proponente,

l'oggetto e la localizzazione prevista per il progetto, il luogo ove possono essere

consultati gli atti nella loro interezza ed i tempi entro i quali e possibile presentare

osservazioni. In ogni caso copia integrale degli atti e depositata presso i comuni ove il

progetto e localizzato. Nel caso dei progetti di competenza statale la documentazione e

depositata anche presso la sede delle regioni e delle province ove il progetto e

localizzato. I principali elaborati del progetto preliminare e lo studio preliminare

ambientale, sono pubblicati sul sito web dell'autorità competente.

3. Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 2

chiunque abbia interesse può far pervenire le proprie osservazioni.

4. L’autorità competente nei successivi quarantacinque giorni, sulla base degli elementi

di cui all’allegato V del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute,

verifica se il progetto abbia possibili effetti negativi e significativi sull’ambiente. Entro

la scadenza del termine l’autorità competente deve comunque esprimersi. L’autorità

competente può, per una sola volta, richiedere integrazioni documentali o chiarimenti

al proponente, entro il termine previsto dal comma 3. In tal caso, il proponente

provvede a depositare la documentazione richiesta presso gli uffici di cui ai commi 1 e

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 6 di 53

2 entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3. L’Autorità

competente si pronuncia entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine

previsto per il deposito della documentazione da parte del proponente. La tutela

avverso il silenzio dell’Amministrazione e disciplinata dalle disposizioni generali del

processo amministrativo.

5. Se il progetto non ha impatti negativi e significativi sull’ambiente, l'autorità compente

dispone l'esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso,

impartisce le necessarie prescrizioni.

6. Se il progetto ha possibili impatti negativi e significativi sull’ambiente si applicano le

disposizioni degli articoli da 21 a 28.

7. Il provvedimento di assoggettabilità, comprese le motivazioni, e pubblico a cura

dell'autorità competente mediante:

a. un sintetico avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana

ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione o della provincia autonoma;

b. con la pubblicazione integrale sul sito web dell'autorità competente.

ALLEGATO V

Criteri per la Verifica di assoggettabilità di cui all'art. 20

1. Caratteristiche dei progetti

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

- delle dimensioni del progetto,

- del cumulo con altri progetti,

- dell'utilizzazione di risorse naturali,

- della produzione di rifiuti,

- dell'inquinamento e disturbi alimentari

- del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie

utilizzate.

2. Localizzazione dei progetti

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono

risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

- dell'utilizzazione attuale del territorio;

- della ricchezza relativa, della qualità e capacita di rigenerazione delle risorse naturali

della zona;

- della capacita di carico dell'ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti

zone:

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a) zone umide;

b) zone costiere;

c) zone montuose o forestali;

d) riserve e parchi naturali;

e) zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette

speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 79/409/CEE e

92/43/CEE;

f) zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione

comunitaria sono già stati superati;

g) zone a forte densità demografica;

h) zone di importanza storica, culturale o archeologica;

i) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all'art. 21 del

decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

3. Caratteristiche dell'impatto potenziale

Gli impatti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione

ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare:

- della portata dell'impatto (area geografica e densità di popolazione interessata);

- della natura transfrontaliera dell'impatto;

- dell'ordine di grandezza e della complessità dell'impatto;

- della probabilità dell'impatto;

- della durata, frequenza e reversibilità dell'impatto.

PARTE II - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

4 IL PIANO TERRITORIALE REGIONALE DELLA CAMPANIA

Lo strumento principale di pianificazione è costituito dal Piano Territoriale Regionale.

Il carattere del PTR è prevalentemente di tipo strategico e rivolto a procedure di

pianificazione concordata con i diversi enti delegati alla pianificazione territoriale

(province, comuni, comunità montane) e con gli altri soggetti pubblici e privati coinvolti

da programmi aventi rilevanti effetti sul piano dell'assetto del territorio. In sintesi, il PTR

definisce gli indirizzi strategici e le linee di assetto territoriale, demandando ai Piani

Territoriali di Coordinamento Provinciale (e agli strumenti attuativi di livello regionale) gli

aspetti più vincolistici, in linea con le più recenti esperienze nazionali di pianificazione

territoriale regionale. Attraverso il PTR la Regione, nel rispetto degli obiettivi generali di

promozione dello sviluppo sostenibile e di tutela dell’integrità fisica e dell’identità

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 8 di 53

culturale del territorio ed in coordinamento con gli indirizzi di salvaguardia già definiti

dalle Amministrazioni statali competenti e con le direttive contenute nei piani di settore

previsti dalla normativa statale vigente, individua:

gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale,

nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione;

i sistemi infrastrutturali e le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale,

nonché gli impianti e gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;

gli indirizzi e i criteri per la elaborazione degli strumenti di pianificazione

territoriale Provinciale e per la cooperazione istituzionale.

Il PTR, inoltre, definisce:

a) il quadro generale di riferimento territoriale per la tutela dell’integrità fisica e

dell’identità culturale del territorio, come definite dall’art. 2 e connesse con la

R.E.R., fornendo criteri e indirizzi anche di tutela paesaggistico-ambientale per la

pianificazione Provinciale;

b) gli indirizzi per lo sviluppo sostenibile e i criteri generali da rispettare nella

valutazione dei carichi insediativi ammissibili sul territorio, nel rispetto della

vocazione agro-silvo-pastorale dello stesso;

c) gli elementi costitutivi dell’armatura territoriale a scala regionale, con riferimento

alle grandi linee di Comunicazione viaria, ferroviaria e marittima, nonché ai nodi di

interscambio modale per persone e merci, alle strutture aeroportuali e portuali, agli

impianti e alle reti principali per l’energia e le telecomunicazioni;

d) i criteri per l’individuazione, in sede di pianificazione Provinciale, degli ambiti

territoriali entro i quali i Comuni di minori dimensioni possono espletare l’attività

di pianificazione urbanistica in forma associata;

e) gli indirizzi per la distribuzione territoriale degli insediamenti produttivi e

commerciali;

f) gli indirizzi e i criteri strategici per la pianificazione di aree interessate da intensa

trasformazione o da elevato livello di rischio;

g) la localizzazione dei siti inquinati di interesse regionale ed i criteri per la bonifica

degli stessi;

h) gli indirizzi e le strategie per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse

culturali e paesaggistiche connesse allo sviluppo turistico ed all’insediamento

ricettivo.

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In coerenza con quanto affermato nelle Linee Guida del 2002, la Regione ha inteso dare al

PTR un carattere fortemente processuale e strategico, promuovendo ed accompagnando

azioni e progetti locali integrati. Il Piano territoriale regionale della Campania si propone

quindi come un piano d’inquadramento, d’indirizzo e di promozione di azioni integrate. Al

fine di ridurre le condizioni d’incertezza, in termini di conoscenza e interpretazione del

territorio per le azioni dei diversi operatori istituzionali e non. La proposta di Piano è

articolata in cinque Quadri Territoriali di Riferimento, utili ad attivare una pianificazione

d’area vasta concertata con le Province e le Soprintendenze, in grado di definire

contemporaneamente anche gli indirizzi di pianificazione paesistica:

1. Il Quadro delle reti:

la rete ecologica,

la rete dell’interconnessione (mobilità e logistica)

la rete del rischio ambientale che attraversano il territorio regionale.

Il PTR definisce “il quadro generale di riferimento territoriale per la tutela dell’integrità

fisica e dell’identità culturale del territorio, […] e connesse con la rete ecologica regionale,

fornendo criteri e indirizzi anche di tutela paesaggistico-ambientale per la pianificazione

provinciale”. Tale parte del PTR risponde a quanto indicato al punto 3 lettera a dell’art.13

della LR n.16/2004, dove si afferma che il PTR deve definire il quadro generale di

riferimento territoriale per la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del

territorio, […] e connesse con la rete ecologica regionale, fornendo criteri e indirizzi anche

di tutela paesaggistico-ambientale per la pianificazione provinciale.

2. Il Quadro degli ambienti insediativi

Individuati in numero di nove in rapporto alle caratteristiche morfologico-ambientali e alla

trama insediativa. Gli ambienti insediativi individuati contengono i “tratti di lunga durata”,

gli elementi ai quali si connettono i grandi investimenti. Sono ambiti subregionali per i

quali vengono costruite delle “visioni” cui soprattutto i piani territoriali di coordinamento

provinciali ritrovano utili elementi di connessione.

Tale parte del PTR risponde a quanto indicato al punto 3 lettera b, c ed e dell’art.13 della

LR n.16/2004, dove si afferma che il PTR dovrà definire:

gli indirizzi per lo sviluppo del territorio e i criteri generali da rispettare nella

valutazione dei carichi insediativi ammissibili sul territorio;

gli elementi costitutivi dell’armatura urbana territoriale alla scala regionale;

gli indirizzi per la distribuzione degli insediamenti produttivi e commerciali.

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I nove "ambienti insediativi", i cui confini sono variabili, possono essere indicati come

segue:

1. la piana campana, comprendente un'area molto vasta di 123 comuni;

2. l'area della costiera sorrentino- amalfitana, comprendente 20 comuni;

3. l'area dell'agro nocerino - sarnese e solofrano, comprendente 23 comuni;

4. l'area urbana di Salerno e della piana del Sele, comprendente 24 comuni;

5. l'area del Cilento e del Vallo di Diano, che comprende 94 comuni;

6. l'area di Avellino e del "cratere" di più incerta delimitazione, comprendente 84

comuni;

7. l'area beneventana comprendente 60 comuni;

8. l'area della media valle del Volturno, che include 28 comuni;

9. l'area del Matese e dell'Appennino molisano-sannita.

3. Il Quadro dei Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS).

Luoghi di esercizio di visioni strategiche condivise, individuati in numero di 45. Tale

suddivisione è stata effettuata in base alle dominanti territoriali presenti in ciascuna zona al

fine di individuare indirizzi strategici di sviluppo. Le dominanti territoriali individuate

vengono raccolte nelle seguenti sei classi:

1. naturalistica,

2. rurale-culturale,

3. rurale-industriale,

4. urbana,

5. urbano-industriale,

6. paesistico-culturale

Tale parte del PTR risponde a quanto indicato al punto 2 lettera a) e c), dell’art.13 della

L.R. n.16/2004, dove si afferma che il PTR dovrà individuare:

- gli obbiettivi d’assetto e le linee di organizzazione territoriale, nonché le strategie e le

azioni volte alla loro realizzazione;

- indirizzi e criteri di elaborazione degli strumenti di pianificazione provinciale e per la

cooperazione istituzionale.

4. Il Quadro dei campi territoriali complessi (CTC).

Nel territorio regionale vengono individuati alcuni “campi territoriali” nei quali la

sovrapposizione-intersezione dei precedenti Quadri Territoriali di Riferimento mette in

evidenza gli spazi di particolare criticità dove si ritiene che la Regione debba promuovere

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un’azione prioritaria di interventi particolarmente integrati. Tale parte del PTR risponde a

quanto indicato al punto 3 lettera f dell’art.13 della L.R. n. 16/2004, dove si afferma che il

PTR dovrà rispettivamente definire gli indirizzi e i criteri strategici per le aree

interessate da intensa trasformazione ed elevato livello di rischio.

5. Il Quadro delle modalità per la cooperazione istituzionale tra i comuni minori e delle

raccomandazioni per lo svolgimento di “buone pratiche”.

In Campania la questione riguarda soprattutto i tre settori territoriali del quadrante

settentrionale della provincia di Benevento, il quadrante orientale della provincia di

Avellino e il Vallo di Diano nella provincia di Salerno. In essi gruppi di comuni con

popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, caratterizzati da contiguità e reciproca accessibilità,

appartenenti allo stesso STS, possono essere incentivati alla collaborazione. Parimenti,

gruppi di Comuni anche con popolazione superiore a 5.000 abitanti ed anche appartenenti a

diversi STS, possono essere incentivati alla collaborazione per quanto attiene al

miglioramento delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità. Tale parte del PTR

risponde anche a quanto indicato al punto 3 lettera d dell’art.13 della LR n.16/2004, dove

si afferma che il PTR definisce i criteri d’individuazione, in sede di pianificazione

provinciale, degli ambiti territoriali entro i quali i Comuni di minori dimensioni possono

espletare l’attività di pianificazione urbanistica in forma associata.

I cinque quadri suggeriscono dimensioni diverse (dall’intera regione a parti del territorio

contenute), dotate di identità e di relativa autonomia, rispetto alle quali l’istituzione

regionale si pone come “rete” di inquadramento, indirizzo, coordinamento e sostegno delle

loro specificità. I Quadri Territoriali di Riferimento delineano il carattere di

copianificazione del PTR: l’intenzione è di poggiare il successo del Piano non tanto

sull’adeguamento conformativo degli altri piani, ma sui meccanismi di accordi e intese

intorno alle grandi materie dello sviluppo sostenibile e delle grandi direttrici di

interconnessione. Non si ricerca quindi una diretta interferenza con le previsioni d’uso del

suolo, che rimangono di competenza dei piani comunali, in raccordo con le previsioni dei

Piani Territoriali di Coordinamento (PTCP) provinciali, l’obiettivo è di contribuire all’eco-

sviluppo, secondo una visione che attribuisce al territorio il compito di mediare

cognitivamente ed operativamente tra la materia della pianificazione territoriale

(comprensiva delle componenti di natura paesistico-ambientale) e quella della promozione

e della programmazione dello sviluppo.

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 12 di 53

4.1 La pianificazione paesistica

La Legge n. 431/85, detta "Legge Galasso", costituisce la prima normativa organica per la

tutela degli aspetti naturalistici del territorio italiano, incidendo decisivamente anche nel

campo particolarmente delicato dei rapporti tra Stato e Regioni. La norma classifica come

bellezze naturali soggette a vincolo tutta una serie di territori individuati in blocco e per

categorie morfologiche senza la necessità di alcun ulteriore provvedimento formale da

parte della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda le sanzioni, la legge prevede che

con la sentenza di condanna il Pretore ordini anche il ripristino dello stato originario dei

luoghi a spese del condannato. Le opere edilizie nei luoghi vincolati sono sempre possibili

ma solo dietro espressa autorizzazione preventiva degli organi regionali competenti. Tali

autorizzazioni, soggette tra l'altro a controllo e verifica da parte del Ministero per i Beni

Ambientali e Culturali, sono atti vincolanti ad osservanza obbligatoria da parte dei singoli

Comuni che non possono rilasciare a loro volta autorizzazioni e concessioni in contrasto

con tale pronuncia oppure in assenza di essa.

La legge Galasso, inoltre, demandava alle Regioni il compito d'individuare quelle aree che,

per le loro particolari connotazioni, dovevano rimanere inedificabili fino all'approvazione

dei Piani Paesistici; il termine per la predisposizione dei Piani era fissato al 31 dicembre

1986, scaduto il quale il Ministero per i Beni Culturali sarebbe potuto intervenire in via

sostitutiva. Con deliberazione di Giunta Regionale n. 4459 del 30 settembre 2002 è stato

approvato il documento, denominato “Linee guida per la pianificazione territoriale

regionale (P.T.R.)”, e con la suddetta deliberazione n. 4459/02 è stato disposto che le Linee

Guida costituiscano, fino all’adozione del P.T.R. e all’entrata in vigore della legge

contenente le norme per il governo del territorio, norme di indirizzo per la pianificazione

territoriale regionale e provinciale.

Le Linee Guida stabiliscono che il P.T.R. procederà all’applicazione dell’Accordo Stato-

Regioni del 19 aprile 2001 per l’esercizio dei poteri in materia di paesaggio in base alle

definizioni, ai principi ed ai criteri della Convenzione Europea sul Paesaggio.

La “Convenzione Europea del Paesaggio”, siglata da 18 Paesi, si prefigge lo scopo di

promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la

cooperazione europea in questo campo. Con essa, si può considerare conclusa la fase che

ha visto nella pianificazione paesistica la preminenza delle politiche di conservazione,

passando ad un approccio più complesso che vede introdotti nuovi concetti quali “politica

del paesaggio”, “qualità paesaggistica”, “protezione del paesaggio”, “gestione del

paesaggio”, “pianificazione del paesaggio”. Anche le politiche industriali possono

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contribuire agli stessi obiettivi sopra enunciati, sciogliendo il nodo della separatezza fra

processi produttivi e territori contermini, integrando gli stabilimenti e le infrastrutture

connesse nell’ambiente e nel paesaggio circostanti, sviluppando la costruzione di paesaggi

industriali consapevolmente progettati e non casualmente depositati sui territori che li

ospitano.

Il paesaggio, pertanto, viene definito come il prodotto di un processo di interazione tra

“fattori naturali e umani”. Esso è una “componente essenziale del contesto di vita delle

popolazioni” (non solo le parti considerate più rilevanti), su cui è difficile esercitare un

controllo solo vincolistico, ma che deve essere oggetto di politiche specifiche “da parte

delle autorità pubbliche competenti attraverso la formulazione di principi generali, di

strategie e orientamenti finalizzati a salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio”.

Per tutti questi motivi nel preambolo dell’Accordo del 19 Aprile 2001 fra lo Stato e le

Regioni ne discende (Art. 2 dell’Accordo Stato-Regioni) che la pianificazione paesistica

praticata dalle Regioni si deve attenere ad alcuni criteri e modalità comuni.

In campo europeo le iniziative finalizzate al contenimento dei guasti del paesaggio e

all’innalzamento della qualità paesistica sono numerose, non fermandosi alla Convenzione

europea del paesaggio ma, oltrepassando il concetto di conservazione limitata alle singole

aree per quanto estese, si sono sempre più orientate alla costruzione di reti ecologiche. Si

ricordino le Direttive europee “Habitat” (92/43/CEE) finalizzata alla protezione degli

habitat naturali, seminaturali e Natura 2000 che ha portato alla decisione di costruire una

rete europea di habitat naturali.

In Italia, recentemente, attraverso il P.S.M., la costruzione della Rete Ecologica Nazionale

ha assunto invece il peso di una innovativa e più ampia politica sistemica di gestione

territoriale che integra le tematiche economiche e sociali con la politica complessiva di

conservazione e valorizzazione delle risorse ambientali, mirando alla diffusione di un

modello di vita sostenibile. Infatti, in territori fortemente antropizzati, quali i nostri, la

conservazione della natura e della biodiversità deve necessariamente integrarsi al tema

dello sviluppo locale.

Una recente ricerca del Ministero dell’Ambiente, APE (Appennino Parco d’Europa), è

stata motivata dalla necessità di integrare le politiche territoriali con quelle ambientali,

anche in considerazione dell’attenzione posta dall’Unione Europea relativamente al

programma di Rete Ecologica Europea e alla salvaguardia della “diversità” (UE, 1998), da

cui discende la definizione da parte del Servizio Conservazione della Natura del progetto

di Rete Ecologica Nazionale, di cui APE costituisce una parte importante. La costituzione

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delle reti ecologiche è così finalizzata a tutelare e a incrementare gli habitat più importanti,

insieme con le relazioni che li legano l’uno all’altro, attraverso la selezione delle aree

strategiche per la tutela, l’individuazione delle relazioni fra le diverse aree e dei corridoi

per la dispersione e la migrazione di specie animali e vegetali, infine attraverso lo studio

dei criteri di gestione della rete più opportuni.

Per questi motivi nella definizione degli indirizzi per la tutela paesistica, si è assunto che la

Regione Campania darà attuazione alla propria pianificazione paesistica principalmente

attraverso la costruzione della Rete Ecologica Regionale (R.E.R.), partendo dalla

considerazione che nei paesi europei i paesaggi naturali e i paesaggi umani sono

strettamente interrelati, per cui gli interventi tesi al mantenimento o alla riqualificazione

dell’ambiente naturale, assumono il ruolo di interventi di ricostruzione e riqualificazione

dei paesaggi antropici nei loro diversi livelli di artificializzazione e di conservazione attiva

dei paesaggi naturali e semi-naturali. La costruzione della rete ecologica regionale, quindi,

è contemporaneamente azione di conservazione, di riqualificazione e di costruzione del

paesaggio regionale. Pertanto, tutelare e valorizzare il paesaggio attraverso la costruzione

della rete ecologica significa comprendere le implicazioni ecosistemiche, sociali,

economiche, funzionali e culturali che influenzano il sistema di relazioni sul territorio che

deve essere guidato affinché possa vivere e svilupparsi in maniera sostenibile, nel

superamento della separatezza fra paesaggio visivo e paesaggio ecologico.

4.2 I parchi naturali e le aree protette

La materia delle aree protette in Campania è, essenzialmente, regolata da due leggi:

· la legge quadro nazionale n. 394 del 6 dicembre 1991

· la legge regionale n. 33 del 1° settembre 1993.

La Legge n. 394 istituisce le aree naturali protette di rilievo nazionale e regionale con lo

scopo di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio

naturale; si inizia a parlare di conservazione attiva dell'ambiente naturale prevedendo

l'inserimento delle attività economiche e la presenza dell'uomo attraverso nuovi strumenti

di gestione e pianificazione del territorio.

Le aree naturali protette sono state suddivise essenzialmente in quattro tipologie:

· Parco Nazionale;

· Parco Regionale;

· Riserva Naturale (Statale e Regionale);

· Area Marina protetta.

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Tale classificazione è stata modificata già due volte, ampliando i tipi di area protetta, con

le deliberazioni 21 dicembre 1993 e 2 dicembre 1996, così come stabilito dalla stessa legge

che prevede l'integrazione della classificazione da parte del Comitato per le aree naturali

protette, sentito il parere della Consulta tecnica.

La gestione di tali aree è affidata agli Enti Parco, quali enti autonomi in cui è garantita la

presenza delle comunità locali, delle associazioni di protezione ambientale e del mondo

scientifico.

Gli aspetti innovativi della legge 394/91 sono costituiti dagli strumenti di attuazione dei

parchi nazionali, che sono: il Regolamento del parco, il Piano del parco, per gli aspetti

territoriali, ed il Piano pluriennale economico e sociale, per la promozione delle attività

compatibili.

Nel 1993 la Regione, con lo scopo di perseguire gli obiettivi di cui alla 394/91, ha emanato

la Legge n. 33 "Istituzioni di parchi e riserve naturali in Campania".

Tale disposizione intendeva garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione

del patrimonio naturale della Campania.

La classificazione delle aree naturali protette, secondo tale legge, definisce solo due tipi, i

Parchi naturali e le Riserve naturali, demandando al Comitato Consultivo Regionale (CCR)

la possibilità di apportare ed integrare altre classificazioni, in considerazione delle

convenzioni europee e della legislazione nazionale.

La legge ha individuato un sistema di undici aree protette regionali, correlate ai due parchi

nazionali (Vesuvio e Cilento - Vallo di Diano), da istituire con appositi decreti del

Presidente della Giunta Regionale.

Successivamente con l'art. 34 della L.R. 18/2000 è stato sostituito l'art. 6 della L.33/93.

Allo stato attuale la Regione ha avviato delle Conferenze con gli Enti interessati

(Provincia, Comuni, Comunità Montane) per la ridefinizione delle perimetrazioni dei

parchi regionali.

Negli ultimi anni ci sono stati considerevoli progressi nella conoscenza del territorio

campano grazie agli sviluppi della Rete Natura 2000, in attuazione degli accordi previsti

dalla Conservazione sulla Biodiversità (Rio de Janeiro 1992) ed alle direttive CEE, 409/79

“Uccelli” e 43/92 “Habitat”.

Lo scopo di tali direttive è quello di tutelare gli habitat naturali e garantire il mantenimento

delle biodiversità.

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Il Ministero dell'Ambiente, per ottemperare a tale obbligo comunitario, ha dato vita al

progetto Bioitaly che ha visto coinvolte tutte le regioni e le province italiane, con il

supporto scientifico delle principali Istituzioni Scientifiche.

Nella Regione Campania sono stati individuati 132 siti, afferenti all'ambito biogeografico

"Mediterraneo", di cui 37 nella provincia di Napoli. In alcuni casi uno o più siti ricadono

nell'area protetta, in altri l'area protetta ed il sito coincidono, più raramente l'area protetta è

compresa in un sito più esteso dell'area medesima.

Per ognuno di essi la Regione ha elaborato una scheda suddivisa in due sezioni; la prima

riporta i dati fisico-geografici, ovvero la denominazione, l’ubicazione, l’estensione, i

comuni in cui l’area ricade; la seconda sezione comprende le principali caratteristiche

naturalistiche del sito, quelle geomorfologiche, faunistiche e floro-vegetazionali.

Al momento si è in attesa del seminario biogeografico, ovvero in attesa del parere della

Commissione Europea per la designazione di Z.S.C. (Zona Speciale di Conservazione) per

tali aree che concorreranno alla creazione della rete ecologica europea denominata "Natura

2000".

La mancata definizione gestionale, normativa e territoriale dei parchi ha vanificato lo

stanziamento annuale dei finanziamenti previsti dalla Legge 33/93 e la possibilità di

usufruire dei finanziamenti previsti dal POR Campania 2000-2006.

Per una più facile lettura si è suddiviso il sistema delle aree protette nelle tre presenze più

consistenti e geograficamente significative, quali, da est ad ovest: l'area del Parco

Regionale dei Campi Flegrei, l'area del Parco Nazionale del Vesuvio e l'area del Parco

Regionale dei Monti Lattari. Nell'area dei Campi Flegrei, nonostante la forte

antropizzazione ed il risultante caos urbano, si rilevano importanti testimonianze storico-

archeologiche, caratterizzate soprattutto dagli insediamenti greco-romani, presenze

naturalistiche, legate, alla natura vulcanica dell'area, ad una discreta presenza faunistica ed

alla varietà delle specie vegetazionali, che vanno dal tipo appenninico alla macchia

mediterranea e alla tipica vegetazione dunale.

Il parco nazionale del Vesuvio è sicuramente caratterizzato dalla presenza del complesso

vulcanico che ne definisce il paesaggio. La vegetazione è varia e differenziata: il versante

costiero del parco ospita una vegetazione tipicamente mediterranea; il versante del Somma,

più interno, presenta una vegetazione più mesofila, che ricorda quella appenninica. Le

recenti pubblicazioni sui parchi, riserve e siti Bioitaly della Regione Campania, il lavoro

delle principali Istituzioni Scientifiche e delle varie associazioni ambientaliste,

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rappresentano un contributo per la conoscenza, l'informazione e la divulgazione al fine di

promuovere l'affermazione di una più attenta sensibilità per le problematiche ambientali.

Insieme alla conoscenza di tali tematiche è necessaria una presenza attiva sul territorio che

può essere svolta dagli Enti Parco attraverso l'attuazione degli strumenti previsti dalla

vigente normativa, quali il Piano del Parco ed il Piano pluriennale economico e sociale, per

garantire un'adeguata ed attenta regolamentazione, pianificazione e gestione del territorio.

L'unico Ente Parco istituito è quello del Parco Nazionale del Vesuvio che ha predisposto il

Piano del Parco; sta, inoltre, attuando una politica di tutela dell'intero territorio protetto

attraverso l'abbattimento delle costruzioni abusive e attraverso interventi di ingegneria

naturalistica per far fronte ai dissesti idrogeologici; contemporaneamente, l'Ente sta

organizzando eventi e manifestazioni per la conoscenza dei luoghi e la promozione dei

prodotti locali.

Al momento gli altri strumenti per la tutela e la valorizzazione del territorio sono costituiti

dal Piano Urbanistico Territoriale (PUT) della penisola Sorrentino - Amalfitana (L.R.

35 del 27 giugno 1987) e dai Piani Territoriali Paesistici (PTP). La disciplina d'uso sancita

dai PTP deve però integrarsi con gli strumenti urbanistici comunali in modo da combinare

l'istanza di conservazione e l'istanza di valorizzazione.

Allo stesso tempo è importante coinvolgere le comunità locali, promuovere le iniziative

(imprenditoriali, artigianali, culturali e dei servizi) legate alle potenzialità dell'area protetta

e perseguire una politica di sensibilizzazione per l'uso di mezzi non inquinanti.

Tale azione dovrebbe riguardare anche la diffusione di metodi a basso impatto ambientale,

come ad esempio gli interventi di ingegneria naturalistica, nelle opere di bonifica e

risanamento ambientale, nella difesa del suolo, e nella manutenzione e fruizione dei luoghi;

tutto ciò seguito da un'opera continua e costante di monitoraggio.

Per quanto riguarda l'agricoltura sono stati fatti notevoli passi avanti attraverso il progetto,

varato dalla Regione, "Qualità totale nell'agricoltura campana" con lo scopo di individuare,

descrivere e far conoscere tutti i prodotti tipici dell'agricoltura campana e creare i

presupposti per tutelarne, nel tempo e sul mercato, la genuinità e il rispetto delle

caratteristiche peculiari.

Tale lavoro ha consentito di definire i disciplinari di produzione di un primo gruppo di

prodotti e di avviare per molti di questi la procedura di riconoscimento delle nuove

denominazioni comunitarie: Denominazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione

Geografica Protetta (IGP) e Attestazione di Specificità (AS).

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La definizione di un reticolo di corridoi ecologici e la valorizzazione delle attività

produttive compatibili permetteranno, da un lato, la valorizzazione della Rete Ecologica

provinciale e regionale, dall'altro, il consolidamento delle presenze attive sul territorio, il

miglioramento delle attività locali e l'apertura a nuovi flussi turistici.

Le aree naturali protette in Campania raggiungono circa il 25% della superficie totale (sup.

territoriale della Campania = 1.359.533 ha, sup. territoriale aree protette della Campania =

340.000 ha circa). Tale superficie è ripartita in 2 parchi nazionali, 1 area protetta marina

nazionale, 7 parchi regionali, 4 riserve naturali regionali, 4 riserve naturali statali, riserve

marine, aree di reperimento, zone umide di importanza internazionale, oasi WWF e

Legambiente interessando complessivamente oltre 200 comuni, di cui il 50% comuni con

popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Le quantità territoriali complessive che partecipano, come sistema delle aree protette ai

diversi livelli e come aree di particolare sensibilità, alla formazione della Rete ecologica

regionale, si possono stimare in:

· 2.600.000 ha delle aree dell'elenco ufficiale;

· 2.000.000 ha delle aree SIC/ZPS;

· Aree cuscinetto e aree contigue per il 20-25% delle aree protette, valutabili in

500.000 ha;

· Corridoi di connessione, che considerando i soli ambiti fluviali di pregio, le zone

montane a maggiore naturalità e gli ambiti di paesaggio più integri e sensibili,

contribuiscono con circa 1.500.000 ha.

Il "Progetto Bioitaly" ha individuato per la Regione Campania ben 132 Siti di Importanza

Comunitaria (S.I.C.) e 13 Zone di Protezione Speciale (Z.P.S.).

5 IL PIANO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI

Il PRGRS viene adottato con DGR n. 212 del 24/05/2011.

La struttura del Piano è articolata in tre parti:

quadro normativo di riferimento, quadro della pianificazione territoriale e settoriale

di interesse, contesto territoriale e socio-economico di riferimento;

analisi dei dati di produzione e gestione dei rifiuti speciali;

programmazione degli interventi necessari per raggiungere gli obiettivi individuati

e definizione dei criteri di localizzazione degli impianti di trattamento e smaltimento.

Gli obiettivi di pianificazione

Gli obiettivi del piano sono essenzialmente due:

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la riduzione della produzione dei rifiuti e della loro pericolosità;

la prossimità ovvero trattare o smaltire i rifiuti speciali in luoghi prossimi alla

produzione.

I principi e le finalità adottate per il raggiungimento di tali obiettivi, coincidono con gli

scopi fondamentali degli atti strategici, regolamentari e normativi a livello europeo,

nazionale e regionale ed in particolare:

la tutela della salute e dell’ambiente;

il rispetto dell’ordinamento comunitario, nazionale e regionale;

il principio della gerarchia nelle priorità di gestione dettate dall’art. 179 del D.Lgs.

152/2006;

il principio di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti

nella filiera del rifiuto.

Il Piano persegue i seguenti obiettivi specifici:

la determinazione di un quadro aggiornato di conoscenze relative alla definizione

qualiquantitativa della produzione dei rifiuti speciali nel territorio regionale;

la prevenzione sia qualitativa che quantitativa dei rifiuti prodotti in Regione

attraverso l’indicazione delle modalità e dei processi di riduzione alla fonte della

produzione e della pericolosità dei rifiuti speciali;

lo sviluppo di azioni di recupero e riutilizzo all’interno dei cicli di produzione,

anche attraverso incentivi all’innovazione tecnologica e/o accordi o contratti di programma

o protocolli d'intesa sperimentali;

l’innesco di rapporti orizzontali fra industrie e attività economiche diverse,

finalizzati a massimizzare le possibilità di “recupero reciproco” degli scarti prodotti,

secondo i principi dell’ecologia industriale;

lo sviluppo di azioni per l’adeguamento e la realizzazione di una adeguata rete

impiantistica integrata e coordinata di trattamento e smaltimento tesa a minimizzare il

trasporto e l’esportazione (in altre regioni o in altri paesi) dei rifiuti speciali, e

conseguentemente, a ridurre gli impatti ambientali e sanitari e a rendere la gestione dei

rifiuti speciali economicamente più sostenibile per l’apparato produttivo campano;

la definizione dei criteri di localizzazione per la realizzazione di eventuali nuovi

impianti di trattamento e la verifica, in base a tali criteri, di quelli esistenti;

la condivisione di un quadro di certezze regolamentari e di programmazione tra

l’apparato produttivo e le istituzioni della regione.

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Gli obiettivi prioritari

Gli obiettivi prioritari del PRGRS, sono:

Identificare ed eliminare i flussi non dichiarati e, tra questi, quelli smaltiti

illegalmente.

Favorire la riduzione della pericolosità dei rifiuti industriali e della loro quantità

alla fonte attraverso l’applicazione di BAT per ogni specifico settore produttivo.

Definire rigorosi requisiti tecnici minimali per il rilascio delle autorizzazioni alle

aziende di gestione dei rifiuti, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

Pianificare e favorire la realizzazione, attraverso l’identificazione di siti idonei, di

impianti di recupero, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti speciali, con

l’obiettivo di tendere all’autosufficienza regionale di gestione.

Accrescere la quantità e le tipologie di rifiuti speciali avviati a recupero.

Accrescere, attraverso comunicazione ed informazione efficaci la consapevolezza

dei cittadini sulla necessita di trattare e smaltire i rifiuti speciali onde evitare che il

loro impatto sulla salute e sull’ambiente sia fuori da ogni controllo.

Criteri di localizzazione degli impianti

Il PRGRS, in particolare:

prevede esclusivamente la definizione dei criteri di riconoscimento delle aree non

idonee ad ospitare impianti di gestione dei rifiuti speciali;

prevede esclusivamente la definizione dei criteri di riconoscimento delle aree e

degli impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti speciali.

non prevede l’individuazione concreta e di dettaglio delle aree non idonee ad

ospitare impianti di trattamento e smaltimento ne delle aree ove preferibilmente tali

impianti dovrebbero essere localizzati. Tale esercizio e di competenza esclusiva

delle province.

privilegia la localizzazione degli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti

speciali in aree a forte connotazione e vocazione industriale e ne specifica i criteri

di compatibilità sulla base di oggettivi e misurabili caratteri qualitativi e quantitativi

riconoscibili per ciascuna area industriale.

investiga l’esistenza di bacini di produzione di rifiuti di livello infra o super

provinciale ed analizza gli effetti economici, ambientali e sulla salute pubblica

derivanti da ipotesi di localizzazione impiantistica a servizio di tali bacini.

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prevede e comprende strumenti operativi di supporto all’individuazione concreta,

da parte delle province, dei siti ottimi di smaltimento e trattamento dei rifiuti

speciali

i criteri di esclusione delle aree per la localizzazione degli impianti di trattamento e

smaltimento dei rifiuti speciali attraverso l’analisi dei vincoli imposti dal quadro di

riferimento normativo e degli strumenti programmatici e di pianificazione vigenti;

riconosce come aree idonee alla localizzazione degli impianti di trattamento e

smaltimento dei rifiuti speciali, le aree esenti dai vincoli e specifica

dettagliatamente le tipologie impiantistiche compatibili con le aree suddette;

adotta come criteri di preferenziali per la localizzazione di nuovi impianti i territori

esenti da vincoli in cui ricadono località polari a forte connotazione e vocazione

industriale.

individua la necessita e l’urgenza di implementare il sistema informativo rifiuti

(SISTRI) al fine di disporre di dati di base sul ciclo dei rifiuti qualitativamente

adeguati, completi e aggiornati in tempo reale, anche per assicurare la piu corretta

localizzazione degli impianti di trattamento e smaltimento.

prevede l’aggiornamento periodico delle conclusioni circa la localizzazione

impiantistica sulla base dei dati restituiti dal SISTRI al fine di aggiornare i criteri di

preferenzialita delle scelte localizzative basate sull’individuazione delle localita

polari industriali in cui viene massimizzato il quantitativo di rifiuti o di frazioni

nobili disponibili rispetto alla superficie regionale attratta.

prevede l’aggiornamento periodico della cartografia di base relativa al sistema

vincolistico gravante sul territorio regionale attraverso la promozione del

coordinamento degli uffici regionali istituzionalmente competenti ed il

coinvolgimento attivo dei soggetti con responsabilità specifiche nella redazione dei

piani provinciali, nelle procedure di autorizzazione e di valutazione ambientale per

la localizzazione di dettaglio di nuovi impianti.

Proposta dei criteri di esclusione

I criteri di esclusione delle aree di allocazione degli impianti di trattamento o smaltimento

dei rifiuti speciali vengono proposti raggruppando le diverse tipologie di impianti in

macrocategorie omogenee rispetto ai processi e agli impatti generati sulle componenti

ambientali:

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I Discariche

II Impianti industriali a predominante trattamento termico con impatti principali sulla

componente ambientale atmosfera

III Impianti industriali di trattamento meccanico, chimico, fisico e biologico con

impatti principali sulle componenti ambientali suolo e acque.

Macrocategoria I: Discariche

Discariche per rifiuti inerti all’origine

Di norma i siti idonei alla realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti inerti non

devono ricadere in:

aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18

maggio 1989, n. 183;

aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8

settembre 1997, n. 357;

aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto

legislativo 11 maggio 1999, n. 152;

territori sottoposti a tutela ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 29

ottobre 1999, n. 490.

Barriera geologica. La barriera geologica e determinata da condizioni geologiche e

idrogeologiche al di sotto e in prossimita di una discarica tali da assicurare una

capacita di attenuazione sufficiente per evitare rischi per il suolo e le acque

superficiali e sotterranee. Il substrato della base e dei lati della discarica consiste in

una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di permeabilità e

spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri: conducibilità

idraulica k minore o uguale a 1 x 10 alla -7 m/s; spessore maggiore o uguale a 1 m.

Le caratteristiche di permeabilita della barriera geologica naturale devono essere

accertate mediante apposita indagine in sito.

Discariche per rifiuti speciali non pericolosi

Per la localizzazione delle discariche di rifiuti non pericolosi e pericolosi, bisogna tener

conto dei seguenti vincoli:

aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18

maggio 1989, n. 183;

aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8

settembre 1997, n. 357;

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aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto

legislativo 11 maggio 1999, n. 152;

territori sottoposti a tutela ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 29

ottobre 1999, n. 490.

aree naturali protette sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 6,

comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394;

Barriera geologica. Il substrato della base e dei fianchi della discarica deve

consistere in una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di

permeabilita e spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

conducibilità idraulica k minore o uguale a 1 x 10 alla -9 m/s; spessore maggiore o

uguale a 1 m. La continuita e le caratteristiche di permeabilita della barriera

geologica su tutta l'area interessata dalla discarica devono essere opportunamente

accertate mediante indagini e perforazioni geognostiche.

Discariche per rifiuti speciali pericolosi

Per la localizzazione delle discariche di rifiuti pericolosi, oltre i vincoli sopra esaminati,

bisogna tenere conto di quanto disposto nel secondo comma del paragrafo 2.1 (Ubicazione)

dell’allegato 1 del citato d.lgs. 36/2003.

Gli impianti non vanno ubicati di norma:

aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18

maggio 1989, n. 183;

aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8

settembre 1997, n. 357;

aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto

legislativo 11 maggio 1999, n. 152;

territori sottoposti a tutela ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 29

ottobre 1999, n. 490.

aree naturali protette sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 6,

comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394;

in aree interessate da fenomeni quali faglie attive, aree a rischio sismico di 1a

categoria cosi

come classificate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e provvedimenti attuativi, e

aree interessate da attivita vulcanica, ivi compresi i campi solfatarici, che per

frequenza ed intensita potrebbero pregiudicare l'isolamento dei rifiuti;

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in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale;

in aree dove i processi geologici superficiali quali l’erosione accelerata, le frane,

l'instabilità dei pendii, le migrazioni degli alvei fluviali potrebbero compromettere

l'integrità della discarica e delle opere ad essa connesse;

in aree soggette ad attività di tipo idrotermale;

in aree esondabili, instabili e alluvionabili; deve, al riguardo, essere presa come

riferimento la piena con tempo di ritorno minimo pari a 200 anni. Le Regioni

definiscono eventuali modifiche al valore da adottare per il tempo di ritorno in

accordo con l'Autorità di bacino laddove costituita.

Barriera geologica. Il substrato della base e dei fianchi della discarica deve

consistere in una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di

permeabilita e spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

conducibilità idraulica k minore o uguale a 1 x 10 alla -9 m/s; spessore maggiore o

uguale a 5 m. La continuita e le caratteristiche di permeabilita della barriera

geologica su tutta l'area interessata dalla discarica devono essere opportunamente

accertate mediante indagini e perforazioni geognostiche.

Discariche di qualsiasi tipologia

Oltre ai vincoli sopra detti, sono escludenti all’installazione di discariche la presenza di:

Aree di elevato pregio agricolo di cui al d.lgs. 228/2001

Adozione, già dal primo momento di esercizio, di tutte le misure di abbattimento e

contenimento delle emissioni diffuse e puntuali applicabili, incluse quelle adottabili

a medio e lungo termine, previste dal Piano Regionale di Risanamento e

Mantenimento della Qualità dell’Aria per i nuovi progetti di impianti che ricadono

nelle aree comprese nelle zone di risanamento e delle zone di osservazione.

Macrocategoria II: Impianti industriali a predominante trattamento termico

Per la localizzazione degli impianti industriali a predominante trattamento termico

(Impianti di trattamento termico p.d., impianti di rigenerazione di oli usati, impianti di

termodistruzione di rifiuti sanitari), vanno tenuti in considerazione tutti i vincoli che

implicano la protezione del territorio derivanti dall’analisi del quadro di riferimento

normativo e programmatico sopra esaminati.

Costituiscono, pertanto, vincoli cogenti a tutti gli effetti, anche per gli impianti a

predominante trattamento termico i seguenti:

aree individuate come soggette a rischio idraulico e a rischio da frana;

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Siti di Interesse Comunitario e Zone Speciali di Conservazione;

zone di tutela assoluta delle opere di captazione di risorse idriche per uso

idropotabile; zone di rispetto e di protezione dei corpi idrici sotterranei;

aree tutelate per legge dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio d.lgs. 42/2004

e s.m.i.;

aree naturali protette di cui alla Legge quadro sulle aree naturali protette 394/91;

faglie e aree soggette ad attivita vulcanica; escluse le aree a rischio sismico di prima

categoria;

doline, inghiottitoi e altre forme di carsismo superficiale;

aree soggette ad attivita idrotermale;

aree soggette a rischio di inondazione per portate al colmo di piena con tempi di

ritorno inferiori a duecento anni;

aree di elevato pregio agricolo, con le avvertenze di interpretazione e le limitazioni

di applicazione del vincolo sopra riportate.

applicazione delle misure di breve, medio e lungo termine previste nel Piano

regionale di risanamento e mantenimento della qualita dell’aria.

Macrocategoria III: impianti industriali di trattamento meccanico, chimico, fisico e

biologico

Per la localizzazione degli impianti industriali di trattamento meccanico, chimico, fisico e

biologico con impatti principali sulle componenti ambientali suolo e acque e cioè per le

tipologie impiantistiche: 1) Impianti di trattamento chimico-fisico e biologico; 2) Impianti

di pretrattamento e stabilizzazione; 4) Impianti di recupero di inerti provenienti da rifiuti di

CeD; 6) Impianti di recupero solventi esausti, vanno tenuti in considerazione tutti i vincoli

che implicano la protezione del territorio derivanti dall’analisi del quadro di riferimento

normativo e programmatico sopra esaminati.

Costituiscono, pertanto, vincoli cogenti a tutti gli effetti, anche per gli impianti industriali

di trattamento meccanico, chimico, fisico e biologico, i seguenti:

aree individuate come soggette a rischio idraulico e a rischio da frana;

Siti di Interesse Comunitario e Zone Speciali di Conservazione;

zone di tutela assoluta delle opere di captazione di risorse idriche per uso

idropotabile; zone di rispetto e di protezione dei corpi idrici sotterranei;

aree tutelate per legge dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio d.lgs. 42/2004

e s.m.i.;

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aree naturali protette di cui alla Legge quadro sulle aree naturali protette 394/91;

faglie e aree soggette ad attività vulcanica; escluse le aree a rischio sismico di prima

categoria (V-08b);

doline, inghiottitoi e altre forme di carsismo superficiale;

aree soggette ad attivita idrotermale;

aree soggette a rischio di inondazione per portate al colmo di piena con tempi di

ritorno inferiori a duecento anni;

aree di elevato pregio agricolo, con le avvertenze di interpretazione e le limitazioni

di applicazione del vincolo sopra riportate applicazione delle misure di breve,

medio e lungo termine previste nel Piano regionale di risanamento e mantenimento

della qualita dell’aria.

6. IL PTCP DELLA PROVINCIA DI CASERTA

Il processo di pianificazione attuato dalla Provincia di Caserta ha visto l’elaborazione di un

piano di sviluppo socio-economico (PSE), approvato con deliberazione del Consiglio

provinciale n. 84 del 30/11/2001, seguito dalla formazione del piano territoriale di

coordinamento (PTCP), iniziato già alla fine del 2002.

Il modello adottato per il PTCP, anticipato nel PSE, persegue, nelle parti ricognitive e

analitiche come nelle parti propositive del processo e degli elaborati del piano,

l’integrazione tra aspetti sociali, economici, ambientali del contesto.

Sebbene l’approccio non propone profili concettuali innovanti, l’ideologia del piano

persegue un obiettivo progettuale e disciplinare di pianificazione desueto nella pratica,

soprattutto a ragione della sinergia tra territorio e economia, estesa agli studi sulla base

economica del contesto come ad aspetti di finanza del piano, programmazione dello

sviluppo locale, coalizione pubblico-privata per la gestione attuativa del piano.

Il caso casertano si distingue per la particolare sottolineatura del ruolo degli studi socio-

economici nella pianificazione provinciale, spinta sino al conferimento al PSE di

autonomia formale sancita dalle modalità di formazione e approvazione.

Le valenze strategiche assegnate al PSE sono, infatti, ben sintetizzate nella presentazione

del volume dedicato al Piano di sviluppo socio-economico, pubblicato dalla provincia,

dove si riconosce che il piano “definisce, a valle d’una estesa indagine critica delle realtà

del contesto, uno scenario di cognizioni dello stato e delle suscettività socio-economiche

della Provincia di Caserta per riversarne il significato negli atti di governo del territorio,

delegati alla provincia, e nella ideazione-formazione del PTCP configurandosi, ad un

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tempo, quale strumento di messa a sistema dei molteplici programmi delle istituzioni e

degli strumenti che esprimono la coalizione pubblico-privata in taluni significativi casi di

intervento sul territorio.

Va sottolineato che la denominazione del PSE rispecchia letteralmente il duplice compito

di produrre ricerche peculiari al piano di sviluppo socioeconomico della provincia e porsi a

premessa del piano territoriale di coordinamento.

La ricognizione dello scenario della copianificazione, compiuta dal PSE, ha evidenziato

l’esigenza di collimazione e messa a sistema di iniziative in essere assunte da differenti

istituzioni per medesimi fini.

Il PSE ha prefigurato, per il successivo PTCP, un messaggio strategico e, per quanto

possibile, un programma di interventi e azioni, che coinvolge e integra le proposte della

progettualità delle istituzioni. Il tema dominante, la riqualificazione dell’ambiente

naturalistico gravemente ferito e del sistema urbano policentrico leso dal disordine

urbanistico, delinea i profili di un complesso processo rigenerativo che mira, con l’insieme

di interventi e azioni, al conseguimento di uno sviluppo di qualità. In questo scenario,

assumono rilievo gli effetti esortativi, oltreché funzionali, di alcune grandi opere, quali

l’aeroporto di Grazzanise, l’interporto Marcianise-Maddaloni, la ristrutturazione della rete

su ferro, i grandi poli universitari come il Policlinico di Caserta.

Scopo del piano è il criterio di individuare, per ciascun sistema di risorse, obiettivi

strategici, programmi e proposte specifiche, suscettivi della massima condivisione sociale

seguendo il filo di una politica di concertazione e copianificazione.

Le iniziative promosse dalle istituzioni, in primo luogo le azioni del programma operativo

della Regione Campania 2000-2006, che si è posto come “grande quadro strategico,

coerente con le politiche nazionali ed europee di medio-lungo periodo”, vengono

puntualmente perseguite. La casistica degli obiettivi strategici persegue principi di tutela e

valorizzazione del patrimonio ambientale naturale e culturale, efficienza delle reti delle

comunicazioni materiali e immateriali, dotazione e qualificazione dei servizi, centralità

delle azioni sul sistema dell’istruzione e della formazione professionale, interazione tra

ricerca e produzione.

Altri aspetti concernono le interazioni storiche tra il sistema urbano centrale Napoli-

Caserta e il restante territorio regionale.

La pressione gravitazionale esercitata dalla regione su Napoli va contenuta mediante il

conferimento di ruoli di riequilibrio ai sistemi esterni alla conurbazione napoletana.

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Il riequilibrio del grande sistema urbano centrale campano dovrebbe configurarsi come

tema dominante delle politiche regionali, fondando sopra il potenziamento del ruolo delle

città medie del sistema regionale e il rovesciamento del criterio gerarchico di primato

terziario e produttivo dei maggiori centri, in particolare del capoluogo regionale, reso

possibile dalla più efficiente mobilità sul territorio che si prospetta.

Questa questione interessa direttamente il sistema casertano, in modo precipuo le due

principali conurbazioni (casertana e aversana) immediatamente a ridosso del napoletano.

Questa prospettiva è comprovata dall’intervenuto decentramento universitario che,

dislocando sul territorio regionale le sedi delle nuove università della pentacoli campana,

ha conseguito, in un decennio, la rottura dello schema mono-centrico storico.

OBIETTIVI DEL PTCP

La strategia del PTCP persegue e integra obiettivi già individuati dal PSE. I profili

strutturali del piano delineati dal Preliminare conseguono conformità culturali con le

proposte del disegni di legge regionale Governo del territorio, condividendone le finalità

affidate alle disposizioni strutturali e programmatiche del PTCP, consistenti

nell’individuazione delle strategie della pianificazione urbanistica e nella definizione di

indirizzi e criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comunali.

Quanto a valore e portata di piano territoriale paesistico attribuito al PTCP, è questione

connessa all’attuazione dell’accordo Stato-Regioni in materia di paesaggio e agli esiti delle

intervenute verifiche di compatibilità tra i vigenti strumenti campani di pianificazione

paesistica e il predetto accordo, che ha riscontrato la necessità di “rivedere la

pianificazione paesistica” in sede di redazione dei piani territoriali provinciali di

coordinamento.

L'obiettivo principale del PTCP è di delineare una struttura in cui, accanto ai due sistemi

metropolitani del Casertano e dell'Aversano, emergano altri sistemi insediativi forti di una

propria identità in grado di svolgere un ruolo organizzatore della rete insediativa minore e

di attivare relazioni sociali ed economiche di qualità urbana. I Sistemi Locali di Lavoro

possono essere presi a riferimento come ambiti significativi dei diversi sistemi insediativi

della provincia.

Il PTCP ha i seguenti obiettivi specifici:

• Recupero dei centri storici:

È il primo obiettivo per la promozione della qualità del sistema urbano complessivo (cfr.

Lr 26/2002). La struttura storica originaria (in prima istanza coincidente con gli

insediamenti esistenti alla metà del secolo scorso) dovrà essere assunta come matrice per le

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operazioni di riqualificazione e di ricomposizione sia del sistema insediativo urbano che

della struttura insediativa diffusa sul territorio. Oltre che ai singoli episodi costituiti dai

centri storici di rilevante visibilità (da Caserta vecchia a San Leucio a S. Maria Capua

Vetere), l’attenzione dovrà essere posta alla rete dei centri e dei nuclei di antica formazione

che caratterizzano la Provincia.

• Riqualificazione degli insediamenti:

La domanda di riqualificazione degli insediamenti è definita come carenza di aree a

standard e come presenza di estese aree critiche (territorio negato). Per quanto riguarda le

aree a standard si può stimare un fabbisogno pregresso complessivo di circa 880 ha, di cui

580 ha nei soli comuni appartenenti alla conurbazione CE-NA-SA (dove la qualità

insediativa è certamente più critica).

La strategia di riqualificazione deve coniugare il soddisfacimento del fabbisogno di aree a

standard (domanda) con il recupero delle aree critiche (offerta), utilizzando come leva la

nuova attività edilizia.

• Soddisfacimento della pressione insediativa:

Il territorio provinciale è caratterizzato da un forte dualismo economico-sociale

determinato dai due sistemi metropolitani di Caserta ed Aversa e, di contro, dai sottosistemi

insediativi rarefatti e fragili, soprattutto nelle zone interne.

Di conseguenza, le politiche urbanistiche e di sviluppo economico-territoriale devono

sostenere i territori più fragili da un lato e, dall’altro, ridurre i carichi urbanistici aggiuntivi

nelle zone urbane più densamente abitate.

Dall'analisi demografica del territorio si calcola una teorica domanda di insediamento

basata sulle tendenze in atto e proiettata alla data del 2022, in cui il fabbisogno di nuovi

alloggi nella Provincia di Caserta a 70.000 unità. La parte principale della domanda è

concentrata negli ambiti di Caserta ed Aversa che, in assenza di convincenti politiche di

riassesto, capaci di spostare da un ambito all'altro il peso insediativo, dovrebbero assorbire

da soli l'83% del fabbisogno di nuovi alloggi futuri. Secondo questo scenario tendenziale

ed in mancanza di un'adeguata politica di sostegno, gli ambiti interni, al contrario,

continuerebbero a soffrire una progressiva erosione di popolazione, non tanto per i flussi

migratori, quanto invece per una nuclearizzazione delle famiglie.

Per tali fattori la strategia urbanistica del PTCP assume come obiettivo fondamentale il

RIEQUILIBRIO DEI PESI INSEDIATIVI poiché la necessità prioritaria è l’ottimizzazione

dell'uso del territorio; questo avverrà mediante:

• individuazione di cinture verdi a corona delle aree urbane (a partire dai Regi Lagni);

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• definizione di poli territoriali per quanto riguarda i servizi alla popolazione;

• riproporzionamento delle aree ASI attualmente occupate solo per un terzo.

Sistema Infrastrutturale

Gli interventi sul sistema infrastrutturale condizionano in modo molto netto l'efficienza

complessiva del sistema, anche se non possono essere considerati alla stregua di invarianti

territoriali. Essi sono infatti strumento e non obiettivo della strategia territoriale dei

riequilibrio territoriale.

Il disegno complessivo della rete su ferro e di quella carrabile deve, ovviamente, essere

pensato sia in relazione al soddisfacimento dei fabbisogni pregressi, sia in relazione dei

fabbisogni insorgenti e futuri.

Il PTCP ha i seguenti obiettivi specifici:

• Potenziamento della rete su ferro e della mobilità debole:

l’assetto infrastrutturale del territorio non si deve orientare esclusivamente al sistema

economico e produttivo ma incentrato principalmente alle esigenze del servizio alle

persone. La rete ferroviaria deve diventare l’armatura principale dei sistemi insediativi.

Ogni nuovo intervento dovrà essere collegato direttamente alla rete del trasporto pubblico.

Gli interventi sulla rete ferroviaria riguardano soprattutto il potenziamento e la

ristrutturazione delle tratte esistenti per realizzare il progetto di “metropolitana regionale”.

La rete del trasporto pubblico locale dovrà svolgere, invece, un ruolo ausiliario e sinergico

con quello delle linee ferroviarie. Per quanto riguarda la mobilità debole è necessario

collegare tutti i comuni all’interno della conurbazione; dotare di pista ciclabile ogni nuova

strada; promuovere lo scambio intermodale ferrovia/auto/bicicletta.

• Modernizzazione della rete stradale:

sono previsti alcuni tratti nuovi e l’ammodernamento di tratti della viabilità esistente,

nazionale e provinciale.

• Mitigazione dell’impatto delle grandi infrastrutture:

Le grandi infrastrutture di rango regionale, previste nel territorio della Provincia sono

l’aeroporto di Grazzanise e l’interporto di Marcianise. Tali impianti devono essere valutati

nel loro impatto ambientale e territoriale, anche per quanto riguarda i necessari interventi

di supporto viabilistico e ferroviario. Soprattutto è necessario valutare l’impatto di dette

infrastrutture sulle aree a forte valenza agricola-paesaggistica.

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PARTE III - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE

7. DESCRIZIONE DEL SITO

7.1 Localizzazione e descrizione dell’impianto

Il sito è ubicato in Valle di Maddaloni (CE) alla S.P. 335 km 13 + 340.

Dal punto di vista urbanistico, l’area di allocazione dell’impianto ricade in zona “E”

Destinazione Agricola del vigente Piano di Fabbricazione.

L’impianto risultante dalla modifica avrà una superficie totale pari a 9465 mq così distinti:

superficie coperta 1040 mq

superficie scoperta pavimentata 7515 mq

superficie scoperta non pavimentata 910 mq

7.2 Vincoli

L’area di allocazione dell’impianto:

non è ricompresa tra quelle SIN o ZPS;

è classificata “C1 - Aree di possibile ampliamento dei fenomeni franosi” secondo lo

PSAI dell’Autorità di Bacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno;

rientra tra gli ex SIN “Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano.

7.3 Classificazione sismica dell’area

Dal punto di vista della classificazione sismica, il territorio del Comune di Valle di

Maddaloni è classificato con la Delibera della Giunta Regionale della Campania n. 5447

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del 7.11.2002, in zona sismica di classe 3 ovvero in “Zona con pericolosità sismica media,

dove possono verificarsi terremoti abbastanza forti”.

7.4 Recinzione

L’impianto si presenta recintato su tre dei quattro lati. Il lato ad oggi “aperto” collocato in

posizione opposta rispetto alla S.P. 335 km 13 + 340, sarà chiuso con pannellature.

7.5 Pavimentazione

L’intera superficie impiantistica è realizzata in cemento armato lisciato e si presenta in

discreto stato di manutenzione e conservazione.

7.6 Accessi e viabilità

L’accesso al sito è assicurato da due varchi posti sulla S.P. 335 km 13 + 340.

L’impianto si raggiunge percorrendo la S.P. Fondo Valle Isclero sia provenendo da Caserta

che dai centri del beneventano.

8 MODIFICHE CHE SI INTENDONO APPORTARE AGLI INPIANTI

ESISTENTI

Le modifiche che l’azienda propone sono le seguenti:

unione dei due impianti, quello autorizzato ai sensi dell’art. 208 e quello iscritto ai

sensi dell’art. 216 del D.Lgs. 152/06;

modifica delle aree di allocazione e gestione rifiuti;

incremento delle tipologie di rifiuti ad oggi trattate con inserimento di rifiuti

pericolosi;

aumento del numero di veicoli stoccati e trattati;

attività di smontaggio e lavaggio parti e pezzi meccanici.

9 RIFIUTI CHE SI INTENDONO GESTIRE – ATTIVITA’ SVOLTE -

QUANTITATIVI

9.1 Tipologie rifiuti

I rifiuti che l’azienda intende gestire sono i seguenti:

per l’attività di autodemolizione

CER Descrizione

Attività di

Gestione

Rifiuti

16 01 04* Veicoli fuori uso ----

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rifiuti non pericolosi

CER Descrizione

Attività di

Gestione

Rifiuti

02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi) R13; R12

03 01 01 scarti di corteccia e sughero R13; R12

03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci

diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04 R13; R12

07 02 13 rifiuti plastici R13; R12

10 02 10 scaglie di laminazione R13; R12

10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11 R13; R12

11 05 01 zinco solido R13; R12

12 01 01 limatura e trucioli di materiali ferrosi R13; R12

12 01 02 polveri e particolato di materiali ferrosi R13; R12

12 01 03 limatura e trucioli di materiali non ferrosi R13; R12

12 01 04 polveri e particolato di materiali non ferrosi R13; R12

12 01 05 limatura e trucioli di materiali plastici R13; R12

15 01 01 imballaggi in carta e cartone R13; R12

15 01 02 imballaggi in plastica R13; R12

15 01 03 imballaggi in legno R13; R12

15 01 04 imballaggi metallici R13; R12

15 01 05 imballaggi in materiali compositi R13; R12

15 01 06 imballaggi in materiali misti R13; R12

15 01 07 imballaggi in vetro R13; R12

16 01 03 pneumatici fuori uso R13; R12

16 01 06 veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericolose R13; R12

16 01 16 serbatoi per gas liquido R13; R12

16 01 17 metalli ferrosi R13; R12

16 01 18 metalli non ferrosi R13; R12

16 01 19 plastica R13; R12

16 01 20 vetro R13; R12

16 01 22 componenti non specificati altrimenti R13; R12

16 02 14 apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci da 16 02 09 a 16

02 13 R13; R12

16 02 16 componenti rimossi da apparecchiature fuori uso, diversi da quelli di cui alla

voce 16 02 15 R13; R12

17 02 01 legno R13; R12

17 02 02 vetro R13; R12

17 02 03 plastica R13; R12

17 04 01 rame, bronzo, ottone R13; R12

17 04 02 alluminio R13; R12

17 04 03 piombo R13; R12

17 04 04 zinco R13; R12

17 04 05 ferro e acciaio R13; R12

17 04 06 stagno R13; R12

17 04 07 metalli misti R13; R12

17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10 R13; R12

19 01 02 materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti R13; R12

19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla voce 19 01 17 R13; R12

19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi R13; R12

19 12 02 metalli ferrosi R13; R12

19 12 03 metalli non ferrosi R13; R12

19 12 04 plastica e gomma R13; R12

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19 12 05 vetro R13; R12

19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06 R13; R12

20 01 01 Carta e cartone R13; R12

20 01 02 vetro R13; R12

20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui

alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35 R13; R12

20 01 38 legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01 37 R13; R12

20 01 39 plastica R13; R12

20 01 40 metallo R13; R12

20 03 01 rifiuti urbani non differenziati R13; R12

rifiuti pericolosi

CER Descrizione

Attività di

Gestione

Rifiuti

08 01 11* pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze

pericolose R13

08 01 19* sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o

altre sostanze pericolose R13

08 01 21* residui di vernici, o di sverniciatori R13

13 01 09* oli minerali per circuiti idraulici, clorurati R13

13 01 10* oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati R13

13 01 11* oli sintetici per circuiti idraulici R13

13 01 12* oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili R13

13 01 13* altri oli per circuiti idraulici R13

13 02 04* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati R13

13 02 05* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati R13

13 02 06* scarti di olio sintetico per motori, ingranaggi e lubrificazione R13

13 02 07* olio per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente biodegradabile R13

13 02 08* altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione R13

15 01 10* imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali

sostanze R13

1501 11* imballaggi metallici contenenti matrici solide porose pericolose (ad es.

amianto), compresi i contenitori a pressione vuoti R13

15 02 02* assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati

altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose R13

16 01 07* filtri dell'olio R13

16 01 13* liquidi per freni R13

16 01 14* liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose R13

16 06 01* batterie al piombo R13

16 06 02* batterie al nichel-cadmio R13

16 06 03* batterie contenenti mercurio R13

20 01 33* batterie e accumulatori di cui alle voci 160601, 160602 e 160603 nonché

batterie e accumulatori non suddivisi contenenti tali batterie R13

9.2 Quantità

Le quantità di rifiuti che si intendono gestire su base annuale, raggruppati per tipologie

omogenee come da D.G.R. 81/2015, sono:

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 35 di 53

Autodemolizione

La parte di impianto dedicata alle attività di autodemolizione, passerà dagli attuali 2620 mq

a circa 5070 mq. In particolare, le aree di allocazione dei veicoli bonificati e di quelli in

attesa di bonifica aumenteranno rispettivamente di 1200 e di 336 mq.

Stante ciò, presso l’impianto si gestiranno le seguenti quantità:

n. di autoveicoli stoccabili

giusto D.D.

n. 90 del 23/05/2013

n. di autoveicoli stoccabili

nell’area

di ampliamento

n. totale di autoveicoli

stoccabili a valle della

modifica proposta

Non bonificati 12 42 54

Bonificati 44 150 164

Il numero dei veicoli stoccabili nell’area di ampliamento, è stato ottenuto come dettato

dalla DGR 81/2015, considerando che può essere stoccato un veicolo per ogni 8 mq di

superficie disponibile.

Rifiuti non pericolosi

Codici CER Attività di

recupero

Quantità

t/anno

Quantità

t/giorno

[150101] [150105] [150106] [200101] R13; R12 3.000 10

[101112] [150107] [160120] [170202] [191205] [200102] R13; R12 300 0.16

[100210] [120101] [120102] [150104] [160117] [170405]

[190102] [190118] [191202] [200140] R13; R12 6.000 16

[110501] [120103] [120104] [150104] [170401] [170402]

[170403] [170404] [170406] [170407] [191002] [191203]

[200140]

R13; R12 6.000 16

[160106] [160116] [160117] [160118] [160122] R13; R12 6.000 13

[160214] [160216] [200136] R13 3.000 10

[170411] R13; R12 1.000 1.6

[020104] [150102] [191204] [200139] [170203] R13; R12 3.000 10

[070213] [120105] [160119] R13; R12 1.000 0.26

[030101] [030105] [150103] [170201] [191207] [200138]

[200301] R13; R12 3.000 10

[160103] R13 1.000 16

TOTALE 33.300

Rifiuti pericolosi

Codici CER Attività di

recupero

Quantità

t/anno

Quantità

t/giorno

[080111*] [080119*] [080121*] R13 1800 6

[130109*] [130110*] [130111*] [130112*] [130113*]

[130204*] [130205*] [130206*] [130207*] [130208*] R13 1800 6

[150110*] R13 900 3

[150202*] R13 900 3

[160107*] R13 900 3

[160113*] R13 900 3

[160114*] R13 900 3

[160601*] [160602*] [160603*] [200133*] R13 3000 10

TOTALE 11.100

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 36 di 53

9.3 Attività da svolgersi

Le attività che si intendono svolgere sui rifiuti sopra detti ed il destino degli stessi, è

riportato nella tabella seguente.

rifiuti non pericolosi

CER

Descrizione Attività Descrizione delle attività

Destinazione

finale dei rifiuti

o materiali

ottenuti dalle

lavorazioni

02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione

degli imballaggi) R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

03 01 01 scarti di corteccia e sughero R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

03 01 05 segatura, trucioli, residui di

taglio, legno, pannelli di

truciolare e piallacci diversi da

quelli di cui alla voce 03 01 04

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

07 02 13 rifiuti plastici R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

10 02 10 scaglie di laminazione R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli

di cui alla voce 10 11 11 R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

11 05 01 zinco solido R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

12 01 01 limatura e trucioli di materiali

ferrosi R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

12 01 02 polveri e particolato di materiali

ferrosi R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

12 01 03 limatura e trucioli di materiali

non ferrosi R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

12 01 04 polveri e particolato di materiali

non ferrosi R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

12 01 05 limatura e trucioli di materiali

plastici R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

15 01 01 imballaggi in carta e cartone R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

15 01 02 imballaggi in plastica R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

15 01 03 imballaggi in legno R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

15 01 04 imballaggi metallici

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

15 01 05 imballaggi in materiali

compositi R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

15 01 06 imballaggi in materiali misti R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 37 di 53

15 01 07 imballaggi in vetro R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

16 01 03 pneumatici fuori uso R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 01 06 veicoli fuori uso, non contenenti

liquidi né altre componenti

pericolose

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

16 01 16 serbatoi per gas liquido

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

16 01 17 metalli ferrosi

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

16 01 18 metalli non ferrosi

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

16 01 19 plastica R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

16 01 20 vetro R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

16 01 22 componenti non specificati

altrimenti R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

16 02 14 apparecchiature fuori uso,

diverse da quelle di cui alle voci

da 16 02 09 a 16 02 13

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 02 16 componenti rimossi da

apparecchiature fuori uso,

diversi da quelli di cui alla voce

16 02 15

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

17 02 01 legno R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

17 02 02 vetro R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

17 02 03 plastica R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

17 04 01 rame, bronzo, ottone

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

Impianti terzi

di recupero

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 38 di 53

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

17 04 02 alluminio

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

17 04 03 piombo

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

17 04 04 zinco

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

17 04 05 ferro e acciaio

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

17 04 06 stagno R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

17 04 07 metalli misti R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla

voce 17 04 10

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

19 01 02 materiali ferrosi estratti da

ceneri pesanti R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da

quelli di cui alla voce 19 01 17 R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

19 12 02 metalli ferrosi R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

Impianti terzi

di recupero

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 39 di 53

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

19 12 03 Metalli non ferrosi

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

19 12 04 Plastica e gomma R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

19 12 05 Vetro R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

19 12 07 Legno diverso da quello di cui

alla voce 19 12 06 R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

20 01 01 Carta e cartone R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

20 01 02 Vetro R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

20 01 36 apparecchiature elettriche ed

elettroniche fuori uso, diverse da

quelle di cui alle voci 20 01 21,

20 01 23 e 20 01 35

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

20 01 38 legno, diverso da quello di cui

alla voce 20 01 37 R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

20 01 39 plastica R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

20 01 40 metallo

R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita ed

eventuale riduzione

volumetrica per

cesoiatura, con cannello

o con pressa

compattatrice

Impianti terzi

di recupero

20 03 01 rifiuti urbani non differenziati R13; R12

Messa in riserva con

selezione e cernita

Impianti terzi

di recupero

rifiuti pericolosi

CER Descrizione Attività Descrizione delle attività

Destinazione

finale dei rifiuti

o materiali

ottenuti dalle

lavorazioni

08 01 11*

pitture e vernici di scarto,

contenenti solventi organici o

altre sostanze pericolose

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

08 01 19*

sospensioni acquose contenenti

pitture e vernici, contenenti

solventi organici o altre sostanze

pericolose

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

08 01 21* residui di vernici, o di R13 Messa in riserva Impianti terzi

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 40 di 53

sverniciatori di recupero

13 01 09* oli minerali per circuiti idraulici,

clorurati R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 01 10* oli minerali per circuiti idraulici,

non clorurati R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 01 11* oli sintetici per circuiti idraulici R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 01 12* oli per circuiti idraulici,

facilmente biodegradabili R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 01 13* altri oli per circuiti idraulici R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 02 04*

scarti di olio minerale per motori,

ingranaggi e lubrificazione,

clorurati

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 02 05*

scarti di olio minerale per motori,

ingranaggi e lubrificazione, non

clorurati

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 02 06* scarti di olio sintetico per motori,

ingranaggi e lubrificazione R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 02 07*

olio per motori, ingranaggi e

lubrificazione, facilmente

biodegradabile

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

13 02 08* altri oli per motori, ingranaggi e

lubrificazione R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

15 01 10*

imballaggi contenenti residui di

sostanze pericolose o contaminati

da tali sostanze

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

1501 11*

imballaggi metallici contenenti

matrici solide porose pericolose

(ad es. amianto), compresi i

contenitori a pressione vuoti

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

15 02 02*

assorbenti, materiali filtranti

(inclusi filtri dell'olio non

specificati altrimenti), stracci e

indumenti protettivi, contaminati

da sostanze pericolose

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 01 07* filtri dell'olio R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 01 13* liquidi per freni R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 01 14* liquidi antigelo contenenti

sostanze pericolose R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 06 01* batterie al piombo R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 06 02* batterie al nichel-cadmio R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

16 06 03* batterie contenenti mercurio R13 Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

20 01 33*

batterie e accumulatori di cui alle

voci 160601, 160602 e 160603

nonché batterie e accumulatori

non suddivisi contenenti tali

batterie

R13

Messa in riserva Impianti terzi

di recupero

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 41 di 53

10 MODALITA’ DI GESTIONE

10.1 Attività comuni a tutte le tipologie di rifiuti

Qualunque sia la tipologia dei rifiuti conferiti, le modalità di gestione possono essere

riassunte nelle seguenti fasi salienti:

• acquisizione del formulario di identificazione dei rifiuti e verifica conformità dei dati

trascritti;

• verifica autorizzazioni dell’attività di trasporto del vettore;

• verifica visiva del carico per controllo corrispondenza tra codice CER e rifiuto

trasportato;

• in caso di rifiuti metallici e di apparecchiature: controllo radioattività;

• pesatura del carico;

• accettazione del carico;

• trasbordo del rifiuto nell’area di scarico;

• pesatura dell’automezzo in uscita e apposizione del peso netto sul formulario;

• trattamento, recupero e stoccaggio dei rifiuti;

• conferimento a terzi dei materiali ottenuti o ad impianti terzi di recupero e/o

smaltimento.

10.2 Attività di messa in riserva

I rifiuti giunti in impianto che saranno assoggettati esclusivamente all’attività di messa in

riserva sono:

tutti i rifiuti pericolosi;

i rifiuti non pericolosi identificati dai seguenti codici CER

160103; 160214; 160216; 200136

Detti rifiuti, giunti in impianto, saranno allocati nelle aree ad essi destinate in attesa di

essere avviati ad impianti terzi di recupero.

10.3 Attività di selezione e cernita

Le attività di selezione e cernita saranno effettuate sia manualmente che con l’ausilio di

mezzi meccanici di movimentazione.

L’attività sarà annotata sulla “SCHEDA DI LAVORAZIONE” che riporterà i riferimenti

del formulario dei rifiuti in ingresso, il CER ed il quantitativo del rifiuto trattato nonché il

CER ed il quantitativo dei rifiuti derivanti dall’attività svolta.

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 42 di 53

La lavorazione effettuata andrà annotata sul registro di carico e scarico rifiuti.

Alla selezione e cernita saranno avviati i soli rifiuti non pericolosi identificati dai seguenti

codici CER:

020104; 030101; 030105; 070213; 100210; 101112; 110501; 120101; 120102; 120103;

120104; 120105; 150101; 150102; 150103; 150104; 150105; 150106; 150107; 160106;

160116; 160117; 160118; 160119; 160120; 160122; 170201; 170202; 170203; 170401;

170402; 170403; 170404; 170405; 170406; 170407; 170411; 190102; 190118; 191002;

191202; 191203; 191204; 191205; 191207; 200101; 200102; 200138; 200139; 200140;

200301.

10.4 Attività di riduzione volumetrica

I rifiuti identificati dai CER 15 01 04; 16 01 06; 16 01 16; 16 01 17; 16 01 18; 17 04 01;

17 04 02; 17 04 03; 17 04 04; 17 04 05; 17 04 11; 19 10 02; 19 12 02; 19 12 03; 20 01 40,

potranno essere assoggettati a valle o meno dell’attività di selezione e cernita, alla

riduzione volumetrica che sarà effettuata in uno o più dei seguenti modi:

per taglio con cannello ossigeno propano;

per pressatura;

per cesoiatura

i rifiuti derivanti dall’attività saranno stoccati in attesa di essere avviati agli impianti terzi

di recupero.

10.5 Attività di autodemolizione

Le modalità di messa in sicurezza e smontaggio dei veicoli fuori uso non subiranno alcuna

modifica rispetto a quanto autorizzato con D.D. n. 90 del 23/05/2013.

Le uniche modifiche che si intendono apportare sono quelle relative alle aree di

allocazione dei veicoli da bonificare, dei veicoli bonificati, di allocazione dei pezzi di

ricambio e di lavorazione dei materiali non pericolosi per taglio con cannello.

11 AREE DI GESTIONE RIFIUTI – MODALITA’ DI STOCCAGGIO -

QUANTITATIVI MASSIMI STOCCABILI

Le aree di gestione dei rifiuti pericolosi, sono collocate sotto tettoia di protezione.

Per i rifiuti allo stato liquido o che presentano il rischio di percolamento, è previsto

l’utilizzo di contenitori a tenuta posti su bacini di contenimento.

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 43 di 53

I rifiuti non pericolosi saranno stoccati in area esterna allo scoperto o in contenitori a

tenuta.

Nelle tabelle seguenti si riportano la descrizione delle aree di gestione dei rifiuti, le

modalità di stoccaggio ed i quantitativi massimi stoccabili.

Descrizione delle aree

ID

area Descrizione

Superficie

(m2)

Superficie

utile

(m2)

CER rifiuti allocati/materiali allocati Attività

svolta

1

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi

200 160

[100210] [120101] [120102] [150104]

[160117] [170405] [190102] [190118]

[191202] [200140]

R13

2 Area di lavorazione 63 63 --- R12

3

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi

65 52

[100210] [120101] [120102] [150104]

[160117] [170405] [190102] [190118]

[191202] [200140]

R13

4

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 67 53.5

[110501] [120103] [120104] [150104]

[170401] [170402] [170403] [170404]

[170406] [170407] [191002] [191203]

[200140]

R13

5

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 68 54

[110501] [120103] [120104] [150104]

[170401] [170402] [170403] [170404]

[170406] [170407] [191002] [191203]

[200140]

R13

6

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 70 56 [170411] R13

7

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 71 56.8

[101112] [150107] [160120] [170202]

[191205] [200102] R13

8

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 73 58 [150101] [150105] [150106] [200101] R13

9

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 440 352

[160106] [160116] [160117] [160118]

[160122] R13

10

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 85 68

[020104] [150102] [191204] [200139]

[170203] R13

11

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 85 68

[030101] [030105] [150103] [170201]

[191207] [200138] [200301] R13

12

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 85 68 [070213] [120105] [160119] R13

13

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 85 68 [160214] [160216] [200136] R13

14

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 85 68 [160103] R13

15

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 97 77.6

[100210] [120101] [120102] [150104]

[160117] [170405] [190102] [190118]

[191202] [200140]

R13

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 44 di 53

16

Area di gestione

rifiuti non

pericolosi 54 43

[110501] [120103] [120104] [150104]

[170401] [170402] [170403] [170404]

[170406] [170407] [191002] [191203]

[200140]

R13

17 Area di gestione

rifiuti pericolosi 235 188

[080111*] [080119*] [080121*]

[130109*] [130110*] [130111*]

[130112*] [130113*] [130204*]

[130205*] [130206*] [130207*]

[130208*] [150110*] [150202*]

[160107*] [160113*] [160114*]

[160601*] [160602*] [160603*]

[200133*]

R13

18

Area di allocazione

pezzi e parti

contaminate da oli

derivanti dalla

bonifica e messa in

sicurezza

autoveicoli

50 50 --- ---

19 Area di allocazione

ricambi 40 40 --- ---

20 Area di allocazione

ricambi 40 40 --- ---

21 Area di allocazione

ricambi 50 50 --- ---

22

Area di allocazione

rifiuti non

pericolosi derivanti

dalla bonifica e

messa in sicurezza

autoveicoli

120 96 --- R13

23

Area di allocazione

rifiuti pericolosi

derivanti dalla

bonifica e messa in

sicurezza

autoveicoli

120 96 --- R13

24

Area di messa in

sicurezza

autoveicoli

84 84 --- ---

25 Area di

conferimento 50 50 --- ---

26

Area di

conferimento

RAEE

50 50 --- ---

27 Area di allocazione

rifiuti prodotti 80 64 --- R13

28

Area di allocazione

veicoli da

bonificare

336 336 [160104*] ---

29

Area di allocazione

pezzi e parti di

ricambio

480 --- --- ---

30

Area di allocazione

veicoli da

bonificare

95 95 [160104*] ---

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31

Area di allocazione

rottami ferrosi

derivanti dalla

bonifica e messa in

sicurezza

autoveicoli

20 16 --- ---

32 Area lavorazione 140 140 --- ---

33 Area di allocazione

veicoli bonificati 1200 1200 [160106] ---

34 Area di allocazione

veicoli bonificati 350 350 [160106] ---

35

Area di allocazione

rifiuti di plastiche

derivanti dalla

bonifica e messa in

sicurezza

autoveicoli

30 24 --- R13

36 Area di lavorazione 50 50 --- ---

37

Area di deposito

temporaneo

carcasse

compattate

50 40 --- R13

38 Area di lavorazione 30 30 --- ---

Quantitativi massimi stoccabili

ID

area Descrizione

Superficie

(m2)

Superficie

utile

(m2)

Modalità di stoccaggio

Peso specifico

medio dei rifiuti

stoccabili

Quantità

massima

stoccabile

(Mg)

1 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 200 160

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

in massimo 8 cassoni da

30 mc

1.2 288

2 Area di lavorazione 63 63 ---

3 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 65 52

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

in massimo 2 cassoni da

30 mc

1.2 93.6

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4

Area di gestione rifiuti

non pericolosi

67 53.5

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

in massimo 2 cassoni da

30 mc

1.2 96.3

5

Area di gestione rifiuti

non pericolosi

68 54

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

in massimo 2 cassoni da

30 mc

1.2 97.2

6 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 70 56

In massimo 2 cassoni da

30 mc 1.5 90

7 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 71 56.8

In massimo 2 cassoni da

30 mc 0.7 42

8 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 73 58

In massimo 2 cassoni da

30 mc 0.3 18

9

Area di gestione rifiuti

non pericolosi

440 352

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

in massimo 20 cassoni da

30 mc

1.2 630

10 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 85 68

In massimo 3 cassoni da

30 mc 0.4 36

11 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 85 68

In massimo 3 cassoni da

30 mc 0.7 63

12 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 85 68

In massimo 3 cassoni da

30 mc 0.4 36

13 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 85 68

In massimo 3 cassoni da

30 mc 0.3 27

14 Area di gestione rifiuti

non pericolosi 85 68

In massimo 3 cassoni da

30 mc 0.6 54

15

Area di gestione rifiuti

non pericolosi

97 77.6

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

4 cassoni da 30 mc

1.2 144

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16

Area di gestione rifiuti

non pericolosi

54 43

Accantonati in cumuli con

base di forma rettangolare

e altezza massima 3 metri

ed altezza media 1.5 metri

fisicamente separati ed

individuati mediante

apposizione di targa

riportante il codice CER o

2 cassoni da 30 mc

1.2 72

17 Area di gestione rifiuti

pericolosi 235 188

In contenitori a perfetta

tenuta rappresentati da

casse e cassoni. I rifiuti

che possono dar luogo a

percolamenti, saranno

allocati in bacini di

contenimento.

Volume massimo 40 casse

o cisternette da 1 mc

1.1 44

18

Area di allocazione

pezzi e parti

contaminate da oli

derivanti dalla bonifica

e messa in sicurezza

autoveicoli

50 50 --- --- ---

19 Area di allocazione

ricambi 40 40 --- --- ---

20 Area di allocazione

ricambi 40 40 --- --- ---

21 Area di allocazione

ricambi 50 50 --- --- ---

22

Area di allocazione

rifiuti non pericolosi

derivanti dalla bonifica

e messa in sicurezza

autoveicoli

120 96 --- --- ---

23

Area di allocazione

rifiuti pericolosi

derivanti dalla bonifica

e messa in sicurezza

autoveicoli

120 96 --- --- ---

24 Area di messa in

sicurezza autoveicoli 84 84 --- --- ---

25 Area di conferimento 50 50 --- --- ---

26 Area di conferimento

RAEE 50 50 --- --- ---

27 Area di allocazione

rifiuti prodotti 80 64 --- --- ---

28 Area di allocazione

veicoli da bonificare 336 336 --- --- ---

29 Area di allocazione

pezzi e parti di ricambio 480 480 --- --- ---

30 Area di allocazione

veicoli da bonificare 95 95 --- --- ---

31

Area di allocazione

rottami ferrosi derivanti

dalla bonifica e messa in

sicurezza autoveicoli

20 16 --- --- ---

32 Area lavorazione 140 140 --- --- ---

33 Area di allocazione

veicoli bonificati 1200 1200 --- --- ---

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34 Area di allocazione

veicoli bonificati 350 350 --- --- ---

35

Area di allocazione

rifiuti di plastiche

derivanti dalla bonifica

e messa in sicurezza

autoveicoli

30 24 --- --- ---

36 Area di lavorazione 50 50 --- --- ---

37

Area di deposito

temporaneo carcasse

compattate

50 40 --- --- ---

38 Area di lavorazione 30 30 --- --- ---

in cui si suddividerà la parte oggetto di ampliamento con le attività che in esse si intende

svolgere.

12. ATTIVITA’ DI LAVAGGIO PEZZI E PARTI MECCANICHE

Il lavaggio dei pezzi e delle parti meccaniche imbrattate di oli, sarà effettuato nell’area allo

scopo dedicata posta nel lato superiore dell’impianto. Tale area avrà una superficie di 50 mq

e sarà protetta da tettoia.

L’attività svolta prevedrà:

lo smontaggio dei pezzi e delle parti meccaniche (motori, motorini, etc.);

il lavaggio con acqua e detergente sgrassante.

L’attività sarà effettuata manualmente mediante l’utilizzo di attrezzature varie e con l’ausilio

eventuale di una idropulitrice.

I reflui che si genereranno dall’attività, saranno raccolti in una vasca a tenuta a svuotamento

periodico, del volume di 2 mc.

PARTE IV - QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

13 DESCRIZIONE DEL SISTEMA AMBIENTE INTERESSATO ED IMPATTI

DETERMINATI DALLA PRESENZA DELL’IMPIANTO

13.1 Geomorfologia dell’area

L’area in esame è ubicata alle pendici del rilievo carbonatico di Monte Castello – Monte

Maiano in un’area pedecollinare ben terrazzata a quote topografiche variabili tra i 70 ed i

77 metri s.l.m.

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AUTODEMOLIZIONE 2000 BAGNOLI S.r.l. Pagina 49 di 53

Nell’area in esame di distinguono, principalmente, le seguenti formazioni:

unità carbonatiche mesozoiche, appartenenti alla piattaforma carbonatica appenninica

estesa dai dell’Abruzzo alla Lucania;

depositi flyschioidi miocenici;

depositi di origine piroclastica ascrivibili principalmente all’attività vulcanica dei

Campi Flegrei e del Roccamonfina;

depositi colluviali ed eluviali con intercalati materiali detritico alluvionali interdigitali

a depositi piroclastici.

La zona di interesse si colloca in una fascia pedemontana ed il prospiciente rilievo

carbonatico si presenta denudato e solo in limitate porzioni si rinviene una esigua copertura

di materiali piroclastici sciolti frammiste a materiali detritico-carbonatici. Anche dalla

carta geologica a corredo del PUC del Comune si evince che nella stretta zona di interesse

affiorano terreni essenzialmente di natura piroclastica.

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13.2 Idrogeologia

Nell’area la circolazione idrica delle acque sotterranee è caratterizzata dalla presenza di

litotipi a differente permeabilità; affiorano, infatti, depositi carbonatici ad elevata

permeabilità per fessurazione e da depositi piroclastici da sciolti a cementati con grado di

permeabilità da media a bassa. Il complesso piroclastico affiorante sull’intera area in

esame, è costituito dai depositi piroclastici sciolti sopra descritti, talora alterati ed

argillificati, che presentano una permeabilità primaria per porosità di grado variabile da

medio a basso e da depositi ignimbritici a compattezza da media ad elevata che presentano

una permeabilità primaria per porosità e, qualora cementati, secondaria per fessurazione di

grado medio. La falda base, con deflusso in direzione nord ovest, s’intercetta a profondità

relativamente elevate con discrete oscillazioni stagionali ed è sorretta dal complesso

dolomitico del Triassico Superiore – Lias Inferiore che tampona parzialmente la

circolazione idrica fungendo da impermeabile relativo.

Dalle indagini idrogeologiche eseguite nel sito ed in possesso dell’azienda, si intercetta una

falda freatica alla profondità di circa 22 metri dal piano campagna; considerato comunque

il peculiare assetto geolitologico dell’area non è da escludersi la possibilità di intercettare

piccole venute d’acqua anche a profondità relativamente modeste specie in concomitanza

di eventi metereologici di particolare intensità, laddove affiorano terreni di natura

piroclastica grossolana.

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13.3 Scarichi idrici

Come allo stato attuale gli scarichi idrici saranno rappresentati dalle acque reflue provenienti

dai servizi igienici raccolti in vasca a tenuta a svuotamento periodico, e dalle acque di

dilavamento piazzali scaricate nel “Canale di maltempo” adiacente l’impianto previo

trattamento in impianto del tipo chimico – fisico.

Detti scarichi sono autorizzati dal Comune di Valle di Maddaloni con autorizzazione

provvisoria Prot. 5614 del 12/12/2013 prorogata in data 10/10/2014 Prot. 4814.

Per quanto riguarda le attività di lavaggio dei pezzi e delle parti meccaniche, i reflui prodotti

saranno raccolti in vasca a tenuta del volume di 2 mc a svuotamento periodico.

La rete fognaria di cui alla suddetta autorizzazione, con l’ampliamento proposto non subirà

alcuna modifica servando già allo stato attuale anche la parte di impianto oggetto di

ampliamento.

Si ritiene, pertanto, che l’impatto prodotto sulla componente acqua sia da ritenersi

trascurabile.

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13.4 Emissioni in atmosfera

L’azienda è autorizzata alle emissioni in atmosfera ai sensi dell’art. 272 comma 2 del D.Lgs.

152/06 per le attività di taglio ossipropanico effettuate con impianto mobile.

L’abbattimento delle emissioni è garantito dall’utilizzo di un sistema di abbattimento mobile

avente le seguenti caratteristiche salienti:

portata in aspirazione: 1300 mc/h

sistema di abbattimento: prefiltri in cellulosa ad alta

efficienza e 2.5 kg carboni

attivi;

efficienza di filtrazione: 99.9%.

Le emissioni in atmosfera prodotte non modificheranno i livelli di inquinamento presenti

nell’area.

13.5 Impatto visivo

La modifica proposta non comporterà variazioni relativamente all’impatto visivo

determinato dalla presenza dell’impianto in quanto, allo stato attuale tutte le aree sono già

utilizzate per la gestione dei rifiuti.

13.6 Rumore

I livelli di rumore prodotti dall’azienda allo stato attuale sono riportati nella relazione

tecnica a firma dell’ing. Paolo Capece.

Da tale relazione si trova che i livelli di rumore prodotti in ambiente esterno rispettano i

limiti imposti dalla vigente normativa in materia considerata la classe di appartenenza della

zona di allocazione dell’impianto.

Le modifiche proposte, considerate anche le attività che nell’area di ampiamento si andranno

a svolgere, non dovrebbero comportare variazioni significative dei livelli di rumore ad oggi

immessi in ambiente.

13.7 Traffico veicolare

L’impianto è ubicato sulla S.P. 335.

I livelli di traffico su tale strada sono, allo stato attuale modesti. L’aumento di potenzialità

proposto relativamente all’incremento del numero di autoveicoli in stoccaggio, non

implicherà variazioni sui livelli di traffico attualmente presente in zona.

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13.8 Risorse naturali e non utilizzate

Le risorse utilizzate per il funzionamento dell’impianto sono le seguenti:

energia elettrica;

acqua;

gasolio.

L’energia elettrica è garantita dall’allacciamento alla rete del gestore ed è utilizzata per il

funzionamento dei macchinari e di tutte le apparecchiature elettriche, per l’illuminazione,

etc....

L’acqua, necessaria per i servizi igienici e per il consumo umano è assicurata

dall’allacciamento alla rete idrica comunale.

Il gasolio, utilizzato per alimentare i muletti e le varie attrezzatura alimentate con tale

combustibile, sarà stoccato in apposito serbatoio.

Il tecnico