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Atkins, capitolo 1 Termodinamica La termodinamica si occupa del calore, della tempera- tura e della relazione di queste due grandezze con l’energia e il lavoro. La termodinamica chimica mette in relazione le tra- sformazioni di energia con le trasformazioni chimiche e/o fisiche di un campione di materia che spesso le accom- pagnano (e.g. cambiamenti di stato di aggregazione e/o reazioni chimiche). Sistema (termodinamico) Definiamo sistema termodinamico una regione de- limitata dell’universo che costituisce il nostro oggetto di studio. La delimitazione puo’ essere costituita da confini fisici (e.g. le pareti di un recipiente) o sem- plicemente ideali (e.g. se il sistema e’ una soluzione contenuta in un beaker, il confine fra la soluzione e l’atmosfera non e’ definito da una parete fisica). Come vedremo, in termodinamica cio’ che non e’ il sistema e’ importante quanto il sistema stesso. Cio’ che non e’ il sistema viene detto ambiente o anche il resto dell’universo.

Atkins, capitolo 1balducci/cf-stan/canovaccio/...Atkins, capitolo 1 Termodinamica La termodinamica si occupa del calore, della tempera-tura e della relazione di queste due grandezze

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  • Atkins, capitolo 1

    Termodinamica

    La termodinamica si occupa del calore, della tempera-tura e della relazione di queste due grandezze con l’energiae il lavoro.

    La termodinamica chimica mette in relazione le tra-sformazioni di energia con le trasformazioni chimiche e/ofisiche di un campione di materia che spesso le accom-pagnano (e.g. cambiamenti di stato di aggregazione e/oreazioni chimiche).

    Sistema (termodinamico)

    • Definiamo sistema termodinamico una regione de-limitata dell’universo che costituisce il nostro oggettodi studio. La delimitazione puo’ essere costituita daconfini fisici (e.g. le pareti di un recipiente) o sem-plicemente ideali (e.g. se il sistema e’ una soluzionecontenuta in un beaker, il confine fra la soluzione el’atmosfera non e’ definito da una parete fisica).

    • Come vedremo, in termodinamica cio’ che non e’ ilsistema e’ importante quanto il sistema stesso. Cio’che non e’ il sistema viene detto ambiente o ancheil resto dell’universo.

  • • Spesso ci capitera’ di considerare un sistema suddi-viso in sottosistemi; altre volte considereremo piu’sistemi combinati assieme in un supersistema; ci ca-pitera’ addirittura di considerare un supersistema co-stituito dall’unione del sistema e dell’ambiente (inquesto caso non c’e’ nulla al di fuori del supersiste-ma, che ha una dimensione infinita)

    • Quasi invariabilmente considereremo un sistema co-me qualcosa che possiamo influenzare (a nostro van-taggio) attraverso la sua interazione con l’ambien-te; per questo motivo noi facciamo sempre partedell’ambiente (e non del sistema)

    • Le caratteristiche delle pareti (in generale della su-perficie) che delimitano un sistema sono molto im-portanti.

    – le pareti possono essere rigide e non mobili: inquesto caso il volume del sistema non puo’ cam-biare; viceversa, se le pareti non sono rigide op-pure sono scorrevoli, il volume del sistema puo’cambiare come conseguenza della sua interazio-ne con l’ambiente

    – un altro tipo di pareti che considereremo, so-no quelle che lasciano o non lasciano passareenergia sotto forma di calore. Chiameremo talipareti, rispettivamente, diatermiche o adia-batiche

  • Sistemi aperti, chiusi, isolati

    Un sistema puo’ scambiare massa e/o energia con l’am-biente. Da questo punto di vista un sistema puo’ essere:

    aperto se puo’ scambiare con l’ambiente sia massa cheenergia (esempio: il corpo umano)

    chiuso se puo’ scambiare con l’ambiente energia manon massa (esempio: un gas racchiuso in uncilindro con pistone)

    isolato se non scambia con l’ambiente ne’ massa ne’energia (esempio: l’universo)

    Proprieta’

    • Per proprieta’ di un sistema intenderemo una suacaratteristicamisurabile. Ad esempio: volume, tem-peratura, pressione, densita’ etc

    • Le proprieta’ di un sistema possono essere suddivisein due categorie:

    intensive ad esempio, la pressione o la tempe-ratura. Le proprieta’ intensive non

  • dipendono dalla “quantita’ ” di si-stema considerato. Cioe’, se divi-diamo il sistema in piu’ parti, allo-ra il valore della proprieta’ intensi-va in ciascuna delle varie parti cosi’ottenute e’ identico a quello che laproprieta’ aveva prima che il sistemavenisse suddiviso.Ad esempio, se il sistema e’ un bloc-co di ferro alla temperatura di 300Ce lo dividiamo in due parti, ciascunaparte continua ad avere la tempera-tura di 300C.

    estensive ad esempio, massa o volume. Le pro-prieta’ estensive sono addittive, cioe’il loro valore e’ direttamente propor-zionale alla “quantita’ ” di sistemache si considera, a parita’ del resto.Ad esempio, se il sistema e’ un bloc-co di ferro, raddoppiandone la quan-tita’ (espressa, ad esempio, dalla suamassa) il volume raddoppia.Un altro modo per decidere se unacerta proprieta’ e’ estensiva e’ il se-guente. Immaginate di dividere unsistema in due parti con una pare-te immaginaria: qualsiasi proprieta’del sistema che si ottiene somman-

  • do i valori che essa possiede nelledue parti in cui il sistema e’ statosuddiviso e’ una proprieta’ estensiva(pensate alla massa o al volume).

    • Molto spesso una proprieta’ intensiva e’ definita co-me rapporto fra due proprieta’ estensive (“qualcosa”per unita’ di “qualcos’altro”). Ad esempio, la densi-ta’ (chiaramente una proprieta’ intensiva) e’ definitacome il rapporto fra la massa e il volume (due pro-prieta’ estensive) di un sistema: si dice che la densita’e’ la “massa per unita’ di volume”.

    • Quando una proprieta’ intensiva e’ ottenuta comerapporto fra una proprieta’ estensiva e il numero dimoli, viene detta molare. Ad esempio, il volumemolare si ottiene come V/n e rappresenta il volumeper mole.

    Fasi

    • Definiamo fase la regione di un sistema in cui tuttele sue proprieta’ (intensive) hanno lo stesso valore in-dipendentemente dal punto in cui vengono misurate.La caratteristica di una fase e’ la sua omogeneita’

  • • Normalmente identifichiamo una fase con lo stato diaggregazione della materia che la costituisce. Unafase potra’ pertanto essere solida, liquida o gassosa.

    • Col generico termine fluido indicheremo sia una faseliquida che una fase gassosa

    • In realta’ questi 3 stati di aggregazione non esau-riscono tutte le possibili fasi distinte. Ad esempio:

    plasma e’ un gas costituito da molecole ioniz-zate e quindi elettricamente cariche

    fluido supercriticoe’ una fase con proprieta’ che hannovalori tipici sia dei liquidi che dei gas(torneremo sull’argomento a tempo de-bito)

    • Un sistema puo’ essere costituito da un’unica fase,oppure puo’ contenere due o piu’ fasi

    • Tutti sapete che le diverse fasi di una stessa sostanzapossono interconvertirsi a seconda delle condizioni ditemperatura e pressione.

    Ad esempio: la interconversione ghiaccio/acqua li-quida.

    Alla pressione costante di 1 atm un cubetto di ghiac-cio rimane tale a −20C in freezer, ma se lo mettia-

  • mo sul tavolo della cucina a 20C esso si trasformacompletamente in acqua liquida.

    • Esiste una temperatura intermedia tra −20C e 20C(tutti sapete che e’ 0 C) per la quale (alla pressionedi 1 atm) ghiaccio e acqua liquida coesistono senzache nessuna delle due fasi abbia tendenza a trasfor-marsi nell’altra. Diciamo che a 0C e 1 atm le duefasi sono in equilibrio (torneremo sull’argomento atempo debito)

    Stato

    • Lo stato fisico (o stato termodinamico o sempli-cemente stato) di un sistema e’ l’insieme dei valoridi tutte le proprieta’ fisiche che esso possiede.

    • Si dice che un sistema si trova in uno stato defi-nito se tutte le sue proprieta’ fisiche hanno valoridefiniti (e.g. il sistema costituito da un cubetto dighiaccio immerso in una tazzina di caffe’ non si tro-va in uno stato definito, perche’ la temperatura, lacomposizione etc non hanno valori definiti)

    • Uno stato definito di un sistema si dice stato diequilibrio termodinamico se i valori di tutte le

  • proprieta’ del sistema sono indipendenti dal tem-po e il sistema non scambia massa e/o energia conl’ambiente (cioe’ e’ isolato)

    • Se i valori di tutte le proprieta’ di un sistema noncambiano nel tempo, ma il sistema scambia mas-sa e/o energia con l’ambiente, lo stato del sistemanon e’ uno stato di equilibrio, ma viene detto statostazionario

    • Quando un sistema si trova in uno stato di equilibrioesso soddisfa una o piu’ delle seguenti 4 condizioni:

    equilibrio termico ogni parte del sistema ha la stes-sa temperatura

    equilibrio meccanico ogni parte del sistema ha lastessa pressione

    equilibrio di trasferimento di massa non c’e’ tra-sferimento (netto) di massa fra le diverse partidel sistema

    equilibrio chimico ogni possibile reazione chimicaall’interno del sistema si trova all’equilibrio

    • Se in un sistema sono presenti dei vincoli, allora ilsistema puo’ essere in uno stato di equilibrio termo-dinamico anche se una o piu’ delle quattro condizionicitate sopra non sono soddisfatte.

  • Per esempio: il sistema costituito da due gas a di-versa pressione contenuti in un recipiente e separa-ti da una parete NON scorrevole e’ in equilibrio,nonostante che i due gas abbiano diversa pressione:in questo caso il vincolo che consente al sistema ditrovarsi comunque in condizioni di equilibrio e’ co-stituito dalla parete non scorrevole che separa i duegas

    • Abbiamo introdotto il concetto di stato di equilibrioper un sistema isolato. Tuttavia, il concetto si puo’estendere anche a un sistema non isolato. In questocaso, e’ conveniente considerare un “supersistema”costituito da due parti: il sistema vero e proprio,cioe’ l’oggetto a cui siamo interessati, e il resto del-l’universo (cioe’ l’ambiente). Questo supersistema e’chiaramente isolato, perche’ non c’e’ nulla al di fuoridi esso e quindi si possono applicare le definizioni ei ragionamenti che abbiamo introdotto parlando di“parti di un sistema”.

    Es: si avra’ equilibrio termico o meccanico fra unsistema non isolato e l’ambiente quando sistema eambiente hanno, rispettivamente, la medesima tem-peratura o pressione.

    Funzioni di stato

  • • Le proprieta’ di un sistema che dipendono unica-mente dal suo stato e non dalla “storia” del siste-ma vengono dette funzioni di stato (o variabili distato).

    • In pratica, tutte le proprieta’ dei sistemi che conside-reremo sono funzioni di stato (ma attenzione: caloree lavoro non sono variabili di stato; calore e lavo-ro non sono neanche definibili come proprieta’ di unsistema: torneremo sull’argomento fra non molto)

    • Per capire cosa vuol dire che una proprieta’ dipendeo non dipende dalla “storia” del sistema: consideratela “forma” di un palloncino (non so se questa pos-sa essere definita rigorosamente una proprieta’). Sestringete con le mani un palloncino in modo che ilvolume finale sia sempre lo stesso, la forma finale di-pende da come avete stretto il palloncino; il volumee’ una funzione di stato la “forma” no perche’ dipen-de da come il sistema e’ stato trattato, cioe’ dallasua storia.

    • Come vedrete, useremo molto spesso la caratteristicadelle variabili di stato di non dipendere dalla storiadel sistema

    Non tutte le variabili di stato sono indipendenti

  • • Nonostante che un sistema termodinamico possa ave-re un numero molto grande di proprieta’, e’ un fat-to sperimentale che il suo stato sia completamentedefinito dai valori di un sottoinsieme delle sue va-riabili di stato. Cioe’, fissati i valori delle variabili diquesto sottoinsieme, i valori di tutte le altre variabilisono automaticamente ed univocamente determinati.

    Detto in altri termini: il numero delle variabili di sta-to indipendenti e’ normalmente (molto) minore delnumero totale di variabili di stato.

    • Un tipo di sistema che incontreremo molto spesso e’quello costituito da una singola fase fluida (cioe’ li-quida o gassosa) contenente un’unica sostanza. Unsistema di questo tipo viene chiamato sistema sem-plice.

    Ebbene, lo stato termodinamico di un sistema sem-plice resta univocamente determinato dai valori ditre sole variabili, di cui almeno una estensiva.

    • Ad esempio, lo stato di un campione di acqua liqui-da (un sistema semplice) puo’ essere completamentedefinito specificando i valori di temperatura, pressio-ne e numero di moli. Tutte le altre variabili di statosono delle funzioni di queste tre. Quindi, ad esem-pio, il volume V di una massa di acqua costituitada n moli alla temperatura T e alla pressione P e’

  • univocamente determinato da una funzione di n, Te P :

    V = f (n, T, P )

    e lo stesso vale per tutte le altre proprieta’ di questosistema.

    • Potremo essere certi che un campione di acqua li-quida si trova sempre nello stesso stato termodina-mico quando il numero di moli, la temperatura e lapressione del campione hanno sempre gli stessi valori.

    • Un gas ideale e’ un tipico sistema semplice. E infat-ti, per un gas ideale all’equilibrio, prendendo comevariabili indipendenti la temperatura T , la pressioneP e il numero di moli n (quest’ultima e’ la variabileestensiva necessaria), si ha (dalla ben nota equazionedi stato):

    V = V (T, P, n) =nRT

    P

    cioe’ il volume e’ funzione di T , P ed n.

    Analogamente, detta d la densita’:

    d = d (T, P, n) =n

    V=

    P

    RT

  • (la densita’ non dipende da n poiche’ e’ una grandez-za intensiva, indipendente dalla quantita’ di sistemaconsiderata)

    • Perche’ fra le 3 variabili indipendenti di un sistemasemplice deve essercene almeno una che sia estensi-va?

    Questo e’ un fatto vero in generale, cioe’ non soloper sistemi semplici.

    Se la quantita’ di sistema cambia a parita’ del resto,tutte le variabili estensive devono cambiare in modoproporzionale; d’altro canto le variabili intensive ri-mangono inalterate e quindi, da sole, non potrebberorendere conto della variazione subita dalle variabiliestensive.

    • Il numero delle variabili indipendenti in un determi-nato sistema termodinamico e’ fissato dalla naturadel sistema (ad esempio per un sistema semplice talenumero e’ 3); tuttavia l’identita’ delle variabili sceltecome indipendenti puo’ essere (quasi) qualsiasi.

    Per il campione di acqua liquida considerato primaavevamo scelto T , P ed n, ma potremmo equivalente-mente scegliere la massa m (che e’ la variabile esten-siva necessaria), il volume V e l’indice di rifrazioneη.

  • Per questa scelta, la temperatura viene trattata comevariabile dipendente:

    T = T (m, V, η)

    e cosi’ via.

    • Il sottoinsieme delle variabili indipendenti di un siste-ma non puo’ includere una variabile che sia funzionesolamente di una o piu’ variabili del sottoinsiemestesso.

    Ad esempio, per il sistema costituito dalla massa diacqua liquida, non si potrebbero scegliere come va-riabili indipendenti la massa m, il volume V e’ ladensita’ ρ, perche’ quest’ultima e’ una funzione solodelle prime due:

    ρ =m

    V

    • Il numero delle variabili indipendenti viene ulterior-mente ridotto se il sistema e’ sottoposto a vincoliaddizionali.

    Ad esempio: se un sistema semplice e’ chiuso, la suamassa e’ costante nel tempo. Siccome la scelta dellevariabili indipendenti e’ libera, come variabile esten-siva possiamo scegliere proprio la massa del sistema,

  • e siccome questa e’ costante, in pratica tutte le va-riabili termodinamiche di un sistema semplice chiusodipendono solo da due di esse, perche’ la terza (lamassa) non varia.

    • Per una gran parte del corso di termodinamica con-sidereremo sistemi semplici e chiusi: per quantoappena detto, lo stato di questi sistemi dipende dadue sole variabili. Molto spesso sceglieremo come va-riabili indipendenti la temperatura T e la pressioneP , oppure la temperatura e il volume V .

    • Successivamente passeremo a considerare sistemi chiu-si e costituiti da un’unica sostanza, ma in cui possonoessere presenti piu’ fasi in equilibrio. Per questisistemi il numero massimo di variabili indipendentie’ 2 (ad esempio T e P ).

    • Poi considereremo i cosiddetti sistemi a piu’ com-ponenti, cioe’ sistemi in cui sono presenti due o piu’sostanze chimiche diverse. In questo ambito ci limite-remo ai sistemi multicomponente monofasici, cioe’costituiti da un’unica fase (esempio una soluzioneliquida oppure una miscela di gas)

    • Dovrebbe essere abbastanza intuitivo il fatto che leproprieta’ di un sistema a piu’ componenti (in un’u-nica fase) non dipendano semplicemente dalla mas-

  • sa totale del sistema, ma debbano dipendere dallaquantita’ di ciascun componente.

    • Pensate a una miscela di acqua e alcol: a parita’di massa totale del sistema, la sua densita’ dipen-de chiaramente da quanta acqua e quanto alcol ilsistema contiene

    • In generale, per un sistema monofasico aperto costi-tuito da C componenti, le variabili di stato indipen-denti sono 2+C (se C = 1 torniamo al caso gia’ vistosopra di un sistema semplice aperto, in cui le variabiliindipendenti sono appunto 3, come gia’ detto).

    Quasi invariabilmente, sceglieremo come variabili in-dipendenti la temperatura, la pressione e le quantita’dei C componenti, espresse dai rispettivi numeri dimoli. Cioe’:

    T, P, n1, n2, . . . , nC−1, nC

    • I sistemi multicomponente che prenderemo in consi-derazione saranno di due tipi.

    1. sistemi in cui non avvengono reazioni chimiche,ovvero le miscele semplici

    2. sistemi in cui avvengono reazioni chimiche

  • Equazioni di stato

    • In generale, la funzione che lega una variabile di statoalle variabili indipendenti di un sistema in condizionidi equilibrio viene detta equazione di stato.

    • Abbiamo gia’ citato l’esempio dell’equazione di statodel gas ideale:

    V = V (T, P, n) =nRT

    P

    Questa equazione di stato si puo’ ricavare per viateorica (grazie alla teoria cinetica dei gas, che nonfaremo)

    • Tuttavia, quasi sempre, la forma funzionale delleequazioni di stato non si puo’ ricavare per via teoricae di norma le equazioni di stato vengono ricavateempiricamente con procedure di best fit applicate aserie di dati sperimentali.

    • Per illustrare il procedimanto, consideriamo l’esem-pio di un sistema costituito da 1mol di acqua allapressione costante di 1 bar. Questo e’ un sistema

  • semplice chiuso per cui le variabili indipendenti sa-rebbero solo 2 (la massa e’ costante); il vincolo ad-dizionale della pressione costante abbassa ulterior-mente di 1 il numero delle variabili indipendenti: indefinitiva, per questo sistema in queste condizionisi ha una sola variabile indipendente (per ripetereil ragionamento gia’ fatto in precedenza: il numerototale di variabili indipendenti per un sistema sem-plice sarebbe 3: possiamo scegliere opportunamenteT, P,m; se il sistema e’ chiuso, m e’ costante; se an-che la pressione e’ costante, allora delle 3 variabiliscelte, l’unica che puo’ effettivamente variare e’ solola temperatura; se invece che T, P,m avessimo scel-to come terna di partenza V, P,m, l’unica variabileindipendente sarebbe stata il volume, e cosi’ via).

    Scegliendo come variabile indipendente la tempera-tura T , si puo’ dire che il volume di 1mol di acquaalla pressione costante di 1 bar deve essere una fun-zione di T . La forma di questa funzione non puo’tuttavia essere ricavata per via teorica.

    Cio’ che si puo’ fare e’ assumere un certo modellofunzionale e adattare tale modello a una serie di datisperimentali misurati.

    Un semplice modello che si dimostra valido in un ran-ge abbastanza ampio di temperature e’ il seguente:

    V = V (T ) = a+bT +cT 2+dT 3 (n = 1, P = 1 bar)

  • dove i coefficienti a, b, c, d sono indipendenti da T evengono determinati fittando dati sperimentali.

    (MOSTRARE best-fit-example.sh)

    Lo spazio delle fasi

    • Tutti i possibili stati definiti (di equilibrio e non)di un sistema termodinamico sono rappresentati daipunti di uno spazio N−dimensionale, dove N e’ ilnumero delle variabili di stato indipendenti del siste-ma.

    Tale spazio viene detto spazio delle fasi.

    • Ad esempio, abbiamo detto che gli stati di equilibriodi un sistema semplice sono completamente determi-nati da 3 variabili di stato, di cui almeno una esten-siva. Per tale sistema, lo spazio delle fasi e’ quindiuno spazio tridimensionale.

    Se prendiamo come variabili indipendenti T , P e V ,allora tutti gli stati definiti di un sistema semplicesono rappresentati dai punti dello spazio T, P, V :

  • •S2 (T2, V2, P2)P2 V2

    T2

    •S1 (T1, V1, P1)P1

    V1

    T1

    P

    V

    T

    Processo termodinamico

    • E’ una trasformazione in cui il sistema passa da unostato di equilibrio a un altro.

    In un processo termodinamico il sistema si sposta daun punto ad un altro nello spazio delle fasi.

    • Siccome lo stato di un sistema e’ l’insieme dei valoridi tutte le proprieta’ fisiche che esso possiede, ne se-gue che un processo consiste nel cambiamento di unao piu’ proprieta’ del sistema.

  • • Se durante il passaggio dallo stato iniziale allo statofinale le variabili di stato del sistema cambiano as-sumendo valori definiti (anche se non di equilibrio),allora il processo puo’ essere rappresentato analitica-mente da una traiettoria o percorso nello spazio dellefasi.

    Quasi sempre faremo l’assunzione implicita che unprocesso qualsiasi sia rappresentabile con una traiet-toria nello spazio delle fasi.

    Ad esempio, la figura seguente mostra la traietto-ria disegnata nello spazio delle fasi dal processo diespansione di un gas a temperatura costante T◦:

    stato finale

    stato iniziale

    T◦ = costante

    V

    P

    P

    V

    T

  • • Processi ciclici o cicli. Se lo stato iniziale e quellofinale di un processo coincidono, il processo si diceciclico o semplicemente ciclo.

    • Variazione di una funzione di stato in un processo.

    Come vedremo, molto spesso saremo interessati allavariazione che qualche funzione di stato del sistemasubisce in seguito ad un processo.

    Tale variazione sara’ sempre intesa come valore dellafunzione nello stato finale meno valore nello statoiniziale (e mai viceversa).

    Cioe’ detto 1 lo stato iniziale, 2 lo stato finale e F lafunzione di stato:

    ∆F = F2 − F1

    • Siccome le funzioni di stato dipendono solo dallostato del sistema, segue un’importantissima loro pro-prieta’: a parita’ di stato iniziale e stato finale di unprocesso, la variazione di qualsiasi funzione di sta-to e’ indipendente dalla traiettoria seguita dalsistema nello spazio delle fasi durante il processo:

  • TT

    VV

    PP

    11

    22

    p′p′

    pp

    ∆Flungo p = ∆Flungo p′

    • L’indipendenza della variazione dal percorso nellospazio delle fasi e’ condizione necessaria e sufficienteper essere funzione di stato:

    F e’ funzionedi stato

    ⇐⇒∆F in un processo e’indipendente dal cam-mino percorso

    I processi chimici come processi termodinamici

    • Dal punto di vista termodinamico, un processo chi-mico consiste nella trasformazione di una o piu’ so-stanze (i reagenti) in altre (in generale diverse) so-stanze (i prodotti).

  • I processi chimici che considereremo in questo corsosono:

    • cambiamenti di fase• processi di mescolamento• reazioni chimiche

    • Nelle transizioni di fase e nei processi di mescolamen-to non si ha cambiamento della natura chimica deicomponenti di un sistema; nelle reazioni chimiche, in-vece, l’identita’ chimica dei componenti del sistemacambia in seguito al processo.

    • In un processo chimico considerato come processotermodinamico, lo stato iniziale del sistema e’ costi-tuito dai reagenti in determinate condizioni (pres-sione, temperatura, composizione); lo stato finalee’ costituito dai prodotti in condizioni (in generale)diverse.

    • Ad esempio la fusione di un pezzo di ghiaccio:

    H2O(s) = H2O(l)

    e’ un processo termodinamico in cui il sistema e’ unacerta massa di acqua; lo stato iniziale e’ l’acqua infase solida e lo stato finale e’ l’acqua in fase liquida:

  • H2O(s) H2O(l)

    • La reazione (in fase gassosa):

    H2(g) +1

    2O2(g) = H2O(g)

    e’ un processo termodinamico in cui nello stato ini-ziale il sistema e’ costituito da una miscela di O2 eH2, e nello stato finale il sistema si e’ trasformato inuna corrispondente quantita’ di H2O:

    H2(g)

    O2(g) H2O(g)

    Classificazione dei processi termodinamici

    • In generale, in un processo termodinamico tutte levariabili di stato subiscono un cambiamento nel pas-saggio dallo stato iniziale a quello finale.

  • • Tuttavia sono molto comuni i processi in cui una va-riabile di stato rimane costante durante l’intero pro-cesso (ad esempio in qualsiasi processo che avvengain un recipiente aperto all’aria la pressione rimanecostante e uguale alla pressione atmosferica).

    Da questo punto di vista un processo si dice:

    isotermo se la temperatura rimane costante

    isobaro se la pressione rimane costante

    isocoro se il volume rimane costante

    Inoltre, viene chiamato adiabatico un processo incui non si ha scambio di calore fra sistema e ambiente

    • Un’altra classificazione dei processi termodinamicie’ basata, come ora chiariremo, sulle condizioni incui tali processi avvengono. Da questo punto di vi-sta, i processi termodinamici sono suddivisi in duecategorie:

    ⇒ processi reversibili⇒ processi irreversibili

    • I processi reversibili sono delle idealizzazioni (cioe’non esistono nella realta’), ma essi sono estremamen-te utili perche’, come vedremo, consentono di discu-tere e valutare l’efficienza dei processi reali. Inol-tre, e’ possibile far avvenire un processo reale incondizioni arbitrariamente vicine alla reversibilita’.

  • In generale, tutti i processi reali sono irreversibili.

    Processi reversibili

    • Si possono dare almeno quattro criteri, tutti fra loroequivalenti, per qualificare un processo termodina-mico come reversibile.

    1. Un processo reversibile gode della seguente pro-prieta’: in ciascun punto della traiettoria chedescrive il processo nello spazio delle fasi, il si-stema si trova sempre infinitamente vicinoad uno stato di equilibrio termodinamico.

    Detto in altri termini, in tutti i punti del percor-so che rappresenta un processo reversibile i va-lori delle variabili di stato del sistema differisco-no dai valori di equilibrio per non piu’ di unaquantita’ infinitesima (in senso matematico,cioe’ tendente a zero, piccola a piacere).

    Se il sistema passa dallo stato iniziale S0 al-lo stato finale Sn con un processo reversibile,cio’ significa che il sistema attraversa un nume-ro grandissimo (teoricamente infinito) di statiintermedi, ciascuno dei quali e’ infinitamentevicino ad uno stato di equilibrio:

  • n→∞︷ ︸︸ ︷

    S0 → S1 → S2 → S3 → . . . → Sn−1 → Sn

    Ad esempio, considerate un gas ideale che com-pie un processo nello spazio T, V, P :

    PjVj = njRTj

    PiVi = niRTi

    •••••••••••

    •••••••

    SN

    S0

    P

    V

    T

    Se il processo e’ reversibile, allora in ogni puntodella traiettoria il gas si trova infinitamente vi-cino a una condizione di equilibrio, cioe’ in ognipunto della traiettoria la pressione P , il volu-me V e la temperatura T del gas soddisfano laseguente uguaglianza:

    PV = nRT

  • (a meno di un errore infinitesimo)

    Sulla base di quanto appena detto, spesso ci ri-feriremo ad un processo reversibile come ad “unprocesso che avviene in condizioni di equilibrio”(anche se cio’, a prima vista, potrebbe sembrareuna contraddizione di termini)

    2. Un processo e’ reversibile se e solo se puo’ essereinvertito mediante un cambiamento infinite-simo della sua driving force.

    In generale, la driving force di un processo e’la differenza fra il valore di una proprieta’ delsistema e quello della stessa proprieta’ dell’am-biente. La driving force e’ il “disequilibrio” chefa avvenire un processo termodinamico.

    Ad esempio, la driving force per l’espansionedi un gas e’ la differenza fra la pressione eser-citata dal gas sull’ambiente e quella esercitatadall’ambiente sul gas; la driving force per il tra-sferimento di calore da un corpo caldo a unopiu’ freddo e’ la differenza di temperatura fra idue corpi.

    Per capire cosa significhi l’affermazione di que-sto punto, consideriamo l’espansione di un gasracchiuso in un cilindro con pistone. La drivingforce per questo processo e’ la differenza ∆P frala pressione Pgas che il gas esercita sull’ambien-

  • te e la pressione Pamb esercitata dall’ambientesul gas: ∆P = Pgas − Pamb.

    Ebbene, se il processo e’ reversibile, allora de-ve essere possibile invertirlo (cioe’ passare dallaespansione alla compressione del gas) medianteun cambiamento infinitesimo di ∆P .

    Cosa significa? Molto semplice. Supponiamoche:

    ∆P = Pgas − Pamb > 0

    cioe’ Pgas > Pamb, ovvero il gas si sta espanden-do, come abbiamo supposto sopra.

    Allora, detto δP il valore assoluto di un cam-biamento infinitesimo di ∆P , dovra’ essere pos-sibile invertire il processo (cioe’ passare dallaespansione alla compressione) variando ∆P diδp. Siccome stiamo facendo l’esempio del gasche si espande, δp dovra’ essere sottratto da ∆Pper passare dalla espansione alla compressione(∆P , positivo, deve diventare negativo).

    Quindi, il processo e’ reversibile se e solo secambiando la driving force da:

    ∆P

    a:

  • ∆P − δp

    il gas, che si stava espandendo, si contrae.

    3. Il terzo criterio di reversibilita’ e’ strettamentecollegato al precedente. Riprendiamo l’esempiodel gas che si sta espandendo visto sopra. Ab-biamo detto che, se il processo e’ reversibile,allora deve essere:

    ∆P > 0 e ∆P − δP < 0

    Chiaramente, siccome δP e’ infinitesimo, quan-to sopra puo’ avvenire se e solo se anche ∆P e’infinitesimo (se sottraggo una quantita’ ten-dente a zero da una quantita’ positiva finita,non potro’ mai ottenere un risultato negativo!).

    Quindi, il terzo criterio di reversibilita’ e’ il se-guente: un processo e’ reversibile se e solo se lasua driving force e’ ad ogni istante di intensita’infinitesima.

    Quindi, restando nel caso dell’espansione o com-pressione di un gas, il processo e’ reversibile see solo se in ciascun punto del percorso la pres-sione del gas e quella dell’ambiente differisconoal piu’ di una quantita’ infinitesima.

  • 4. Un processo e’ reversibile se e solo se e’ possibi-le riportare il sistema allo stato iniziale causan-do nell’ambiente solo modificazioni infinite-sime.

    Questo e’ forse il criterio piu’ vicino al senso co-mune, secondo cui un processo reversibile e’ unprocesso che puo’ avvenire indifferentemente inun senso o nell’altro. Attenti, pero’: qualsiasiprocesso puo’ essere fatto avvenire (piu’ o me-no facilmente) in entrambi i suoi possibili ver-si; solo per i processi reversibili, tuttavia, cio’si puo’ fare senza provocare cambiamenti finitinell’ambiente.

    Per chiarire meglio questo punto consideriamol’espansione di un gas da un volume iniziale a unvolume finale fissati in un cilindro con pistonesenza attrito.

    Facciamo avvenire questo processo nei seguenti2 modi

    Modo reversibile

  • gas

    a

    gas

    b

    gas

    c

    Il pistone e’ mantenuto nella posizione inizialeda un mucchietto di sabbia. Facciamo espan-dere il gas levando un granello di sabbia allavolta. Possiamo riportare il gas nello stato ini-ziale rimettendo un granello di sabbia alla volta.Alla fine di questo ciclo l’ambiente non ha su-bito cambiamenti e quindi il processo e’ statoreversibile.

    Modo non reversibile

  • gas

    vuoto

    a

    gas

    b

    gas

    c

    Il pistone si trova gia’ nella posizione corrispon-dente al volume finale dell’esperimento prece-dente. Il gas si trova confinato nel volume ini-ziale da un setto tenuto fermo da un sistemadi bloccaggio. Nel volume compreso fra il set-to e il pistone e’ stato fatto il vuoto. Faccia-mo avvenire il processo rimuovendo il setto: ilgas si espande liberamente e spontaneamen-te occupando omogeneamente tutto il volume asua disposizione, che e’ uguale al volume finaledell’esperimento precedente.

    A questo punto, pero’, per riportare il gas al suovolume iniziale e chiudere il ciclo non abbiamoaltra scelta che abbassare il pistone.

  • Ma allora, in questo secondo caso, il gas e’ tor-nato al punto di partenza (ha compiuto un ci-clo); ma per fare cio’ abbiamo provocato uncambiamento finito nell’ambiente: infatti, il vo-lume dell’ambiente e’ cambiato (aumentato) diuna quantita’ finita. In base al criterio che stia-mo discutendo, questo processo non e’ statoreversibile.

    • Attriti.Dai criteri di reversibilita’ visti sopra, segue che l’as-senza di attriti (in generale di effetti dissipativi) e’condizione necessaria affinche’ un processo sia rever-sibile: infatti, la presenza di attriti (finiti) implicache la driving force necessaria per far avvenire unprocesso sia finita, e questo disattende il criterio n.3visto sopra.

    Esempio: un gas che si espande in un cilindro conpistone, in cui si abbia attrito fra pistone e cilindro.Per far espandere il gas non e’ sufficiente diminuirela pressione sul pistone di una quantita’ infinitesimapoiche’, a causa dell’attrito (finito), il pistone nonsi muoverebbe. Invece, bisogna diminuire la pres-sione di una quantita’ finita (tanto maggiore quantomaggiore e’ l’attrito): ma allora il criterio n.3 non e’soddisfatto e il processo non e’ reversibile.

  • • Velocita’ di un processo.Oltre all’assenza di attriti, un’altra condizione ne-cessaria affinche’ un processo sia reversibile e’ cheesso avvenga in modo (infinitamente) lento. E’ facilecomprendere la necessita’ di questa condizione. Inciascun punto di un processo reversibile il sistema sideve trovare sempre in condizioni infinitamente vici-ne all’equilibrio. Ma se il processo avvenisse ad unavelocita’ finita (cioe’ non tendente a zero) allora, fraun punto e il successivo della traiettoria che descriveil processonello spazio delle fasi, il sistema non avreb-be il tempo di raggiungere l’equilibrio e pertanto ilprocesso non sarebbe piu’ reversibile.

    • Processi quasi-statici.E’ possibile far avvenire un processo irreversibile inmodo tale, pero’, che ad ogni istante il sistema sitrovi (praticamente) in condizioni di equilibrio.

    Se in un processo sono presenti degli attriti apprez-zabili, esso non puo’ essere un processo reversibile(qualsiasi sia la driving force che lo provoca, essa do-vra’ essere di intensita’ finita); tuttavia, se il proces-so viene fatto avvenire con velocita’ sufficientementepiccola, il sistema si trovera’ sempre in condizioni(praticamente) di equilibrio, perche’, siccome la ve-locita’ del cambiamento tende a 0, tutte le variabilidi stato del sistema hanno il tempo di adeguarsi.

  • I processi irreversibili, in cui pero’ il sistema puo’essere considerato ad ogni istante in condizioni diequilibrio vengono detti “processi quasi-statici”.

    • Da quanto detto finora dovrebbe essere evidente chenella realta’ non puo’ esistere un processo rigorosa-mente reversibile (ad esempio, gli attriti sono inelimi-nabili e i processi reali avvengono a velocita’ finita).

    Tuttavia, limitando gli attriti e imponendo drivingforces e velocita’ di evoluzione molto piccole, e’ pos-sibile realizzare dei processi reali in condizioni arbi-trariamente vicine alla reversibilita’.

    Per questo, quando parleremo di “processi reversi-bili” intenderemo in realta’ “processi tendenti allareversibilita’ ”.

    Processi irreversibili

    • Sono tutti i processi che non soddisfano i requisitivisti per i processi reversibili.

    Durante un processo irreversibile il sistema attraver-sa stati di non equilibrio in cui le sue proprieta’variano nel tempo.

    Per dirlo in altri termini: se “fotografassimo” il siste-ma ad un certo punto di un processo irreversibile e

  • misurassimo le sue proprieta’, troveremmo che i va-lori di tali proprieta’ non sarebbero compatibili conuno stato di equilibrio.

    • Riprendiamo l’esempio dell’espansione di un gas con-tenuto in un cilindro con pistone, fatta avvenire ir-reversibilmente (p.33)

    Nessuno dei criteri di reversibilita’ prima visti vienesoddisfatto.

    1. durante il processo il gas attraversa chiaramentedegli stati di non equilibrio: ad esempio, duran-te la sua espansione turbolenta nella parte vuo-ta del recipiente, la pressione da esso esercitatanon ha neppure un valore definito

    2. e’ chiaramente impossibile invertire il verso delprocesso con un cambiamento infinitesimo delladriving force, perche’. . .

    3. . . . la driving force e’ chiaramente di intensita’finita: al momento della rimozione del setto, lapressione esercitata dal gas e’ quella che il gasaveva inizialmente, mentre la pressione esercita-ta sul gas dall’ambiente e’ nulla (perche’ nellaparte non occupata del recipiente era stato fattoil vuoto)

    4. infine, se vogliamo riportare il gas nello statoiniziale, non abbiamo altra scelta che abbassa-re il pistone fino a ridurre il volume del gas al

  • valore iniziale. In tal modo e’ vero che il si-stema e’ stato riportato allo stato iniziale, macio’ e’ stato fatto provocando una modificazio-ne finita nell’ambiente: la posizione del pistonee’ infatti cambiata e quindi il volume dell’am-biente e’ cambiato (diminuito) di una quantita’finita (l’ambiente ha anche perso una quantita’finita di energia corrispondente alla perdita dienergia potenziale gravitazionale del pistone)

    • Un punto fondamentale del processo irreversibile cheabbiamo ora descritto consiste nel fatto che, quan-do il setto viene rimosso, il gas tende ad occupare ilmaggior volume resosi disponibile in modo sponta-neo. Ed e’ proprio questa sponteneita’ che rende ilprocesso irreversibile: cioe’ un gas tende spontanea-mente ad occupare tutto il volume a sua disposizione,mentre mai fara’ il contrario, cioe’ mai si contrarra’per lasciare libera (vuota) una parte del volume daesso occupato. Se vogliamo confinare il gas in un vo-lume minore, dobbiamo forzarlo e cio’ comporta chenell’ambiente debba avvenire una qualche modifica-zione finita (come l’abbassamento del pistone vistosopra).

    Questo e’ un fatto del tutto generale: in tutte letrasformazioni che avvengono spontaneamente in na-tura, proprio a causa della loro spontaneita’, e’ im-

  • possibile riportare il sistema allo stato iniziale senzacausare una modificazione finita nell’ambiente.

    Per questo motivo:

    tutti i processi spontanei (cioe’ tuttii processi naturali) sono irreversibili

    Dal punto di vista dell’ambiente, i processi sonosempre reversibili

    • L’ambiente ha massa e volume infiniti. Cio’ fa’ si’che qualsiasi trasferimento di energia (calore e/o la-voro) o massa, dal punto di vista dell’ambiente,possa essere sempre considerato reversibile, poiche’,in seguito ad esso, l’ambiente non si discosta maidal suo stato di equilibrio per piu’ di una quantita’infinitesima.

    • Illustriamo quanto detto con un esperimento.

    Un gas si trova chiuso in un cilindro con pistone e ilpistone e’ mantenuto nella posizione di equilibrio daun peso:

  • GAS

    GAS

    Il peso viene tolto e il gas si espande fino a che ilpistone raggiunge una nuova posizione di equilibrio.

    Dal punto di vista del gas (il sistema), questo pro-cesso e’ irreversibile, perche’ la driving force (la dif-ferenza fra la pressione esercitata dal gas e quellaesercitata dall’ambiente immediatamente dopo chee’ stato tolto il peso) e’ finita (e non infinitesima).La pressione finale del gas differira’ da quella inizia-le di una quantita’ finita (e lo stesso vale per tuttele altre variabili di stato del gas, ad esempio il suovolume).

    Dal punto di vista dell’ambiente, e’ ancora vero che ladriving force e’ finita (perche’ la differenza di pressio-ne e’ sempre la stessa), ma in questo caso la pressionefinale dell’ambiente differisce solo di una quantita’ in-finitesima da quella iniziale. Provate a immaginare:

  • al termine dell’espansione del gas la pressione del-l’ambiente e’ cambiata perche’ il volume dell’ambien-te e’ diventato piu’ piccolo (il gas si e’ espanso a spesedell’ambiente, guardate la figura). Ma la variazionedi volume (1L? 10L? 1000L?) va confrontata con ilvolume totale dell’ambiente, che e’ il volume dell’uni-verso!! Dovrebbe essere chiaro, che una (qualsiasi!)variazione finita del volume dell’universo sara’ sem-pre trascurabile rispetto al suo volume totale (chee’ infinito!). Ma allora, durante tutto il processo diespansione del gas, l’ambiente (cioe’ l’universo) nonsi allontana mai per piu’ di una quantita’ infinite-sima dal suo originario stato di equilibrio e quindi,dal suo punto di vista, il processo e’ reversibile (o,si potrebbe anche dire, l’universo non compie alcunprocesso), nonostante la differenza di pressione chefa espandere il gas sia finita.

    • In piu’ occasioni faremo uso del fatto che qualsiasiprocesso considerato dal punto di vista dell’ambientee’ sempre reversibile.

    Processi chimici reversibili e irreversibili

    • Mentre e’ facile valutare (almeno in linea di princi-pio) la reversibilita’ o meno del processo di espansio-

  • ne di un gas, puo’ essere meno immediato immagina-re come un processo piu’ propriamente chimico (unatransizione di fase o una reazione chimica) possa av-venire reversibilmente o irreversibilmente. Eppure,anche i processi chimici possono essere fatti avvenirein condizioni molto vicine alla reversibilita’ (ricor-date che la reversibilita’ completa non e’ mai realiz-zabile in pratica) oppure in condizioni decisamenteirreversibili.

    • Un modo per far avvenire un processo chimico inmodo praticamente reversibile e’ quello di applicaread ogni istante una driving force infinitesima.

    Prendiamo l’esempio della fusione di un pezzo dighiaccio. Supponiamo che un sistema sia costitui-to da una massa di ghiaccio a 0C e 1 bar. In talicondizioni il sistema (il ghiaccio) e’ in equilibrio ter-modinamico. Come possiamo realizzare il seguenteprocesso chimico:

    H2O(s) = H2O(l)

    in modo (praticamente) reversibile?

    Come detto sopra, bastera’ aumentare la temperatu-ra (a pressione costante) di una quantita’ infinitesi-ma: il ghiaccio iniziera’ a fondere e si trasformera’ inacqua liquida; ma, ad ogni istante di questo processo,

  • il sistema (ghiaccio+acqua liquida) si trovera’ sem-pre infinitamente vicino alle condizioni di equilibrio(che, come tutti dovreste sapere, sono 0C e 1 bar).

    Se invertiamo la driving force di una quantita’ in-finitesima (cioe’ portiamo la temperatura di un in-finitesimo al di sotto di 0 C) il processo si inverte,cioe’ acqua liquida si trasforma in ghiaccio: ricorda-te che questo e’ un altro dei criteri di reversibilita’visti precedentemente.

    • Dovrebbe essere chiaro a questo punto che lo stessoprocesso puo’ essere fatto avvenire in modo irrever-sibile aumentando la temperatura di una quantita’finita (il cambiamento di temperatura e’ la drivingforce).

    Se il pezzo di ghiaccio si trova in equilibrio a 0Ce 1 bar e la temperatura viene improvvisamente au-mentata a 30C, il ghiaccio fondera’, ma questa voltain modo irreversibile.

    Durante la fusione fatta avvenire in queste condizio-ni, il sistema si trova discosto di una quantita’ finitada uno stato di equilibrio; se diminuiamo la tempe-ratura di una quantita’ infinitesima, il processo nonsi inverte.

    • Considerazioni analoghe si applicano anche alle rea-zioni chimiche.

  • Considerate la reazione:

    PCl3 + Cl2 = PCl5

    Come si possono trasformare reversibilmente 1moldi PCl3 e 1mol di Cl2 in 1mol di PCl5?

    Si parte da una miscela di equilibrio dei partecipantialla reazione (torneremo in dettaglio sul trattamen-to termodinamico dell’equilibrio chimico, ma do’ perscontato che tutti sappiate cosa intendo con “misceladi equilibrio”). Al sistema in condizioni di equilibriofacciamo delle aggiunte successive e infinitesime diuno dei reagenti (e’ indifferente quale): tutti dovetesapere che se aggiungiamo uno dei reagenti a una mi-scela di sostanze chimiche che possono interconver-tirsi tramite una reazione e si trovano in condizio-ni di equilibrio, l’equilibrio si “sposta” producendoprodotti (torneremo su questo argomento a tempodebito).

    Ad esempio, se alla miscela in equilibrio aggiungiamouna quantita’ infinitesima di PCl3, l’equilibrio si spo-stera’ di un infinitesimo verso destra producendo unaquantita’ infinitesima di PCl5 (naturalmente, verra’consumata anche una corrispondente quantita’ infi-nitesima di Cl2). Durante questa operazione, il siste-ma si discosta dalle condizioni di equilibrio solamentedi una quantita’ tendente a zero. Se continuiamo a

  • fare delle aggiunte infinitesime di PCl3, si avra’ lacorrispondente produzione di quantita’ infinitesimedi PCl5, mentre il sistema si trova sempre infinita-mente vicino alle condizioni di equilibrio. Possiamocontinuare cosi’ fino a che si sara’ prodotta 1mol diPCl5. Naturalmente, se le aggiunte fossero veramen-te infinitesime, ce ne vorrebbe un numero infinito:tuttavia, questo ragionamento teorico vi dovrebbefar comprendere come questo processo potrebbe esse-re fatto avvenire nella pratica in condizioni tendentialla reversibilita’.

    Dovreste cercare di vedere il parallelismo fra quan-to detto ora e il processo di espansione di un gas(praticamente) reversibile discusso a p. 33.

    • Questo stesso processo puo’ essere fatto avvenire inmodo irreversibile semplicemente mescolando quan-tita’ uguali e opportune (cioe’ tali che, quando vieneraggiunto l’equilibrio, si sia formata 1mol di PCl5)dei reagenti in assenza del prodotto.

    E’ chiaro che se nello stato iniziale il sistema e’ costi-tuito solo da PCl3 e Cl2, mentre il prodotto PCl5 e’assente, siamo ben lontani da una stato di equilibrio.La reazione avra’ luogo e i reagenti si consumano e ilprodotto si forma; tuttavia, in ogni istante del pro-cesso il sistema sara’ sempre discosto di una quantita’finita dalle condizioni di equilibrio (raggiungera’ unostato di equilibrio solo alla fine del processo).

  • • Per una reazione chimica, una misura della drivingforce e’ la “distanza” dalle condizioni di equilibrio.

    Come tutti dovete sapere, per la reazione presa comeesempio, all’equilibrio deve valere:

    [PCl5]eq[PCl3]eq [Cl2]eq

    = K

    Se mescoliamo quantita’ arbitrarie dei tre parteci-panti, sara’ in generale:

    [PCl5]

    [PCl3] [Cl2]= Q 6= K

    Allora, la driving force del processo consistente nellareazione chimica sara’ misurata dalla differenza:

    Q−K

    Tanto maggiore e’ questa differenza (sia essa positivao negativa) e tanto maggiore sara’ il discostamentodel sistema da una condizione di equilibrio.

    Torneremo su questo argomento alla fine della partedi termodinamica.

    La temperatura e il “principio zero”

  • • E’ un fatto sperimentale che esista una proprieta’dei sistemi che possiamo (inizialmente) definire “cal-dezza” e di cui possiamo renderci conto attraverso ilsenso del tatto.

    • Due sistemi con diverso grado di caldezza posti a con-tatto attraverso delle pareti diatermiche (non adia-batiche) e in assenza di qualsiasi tipo di movimento(ad esempio una parete mobile) possono cio’ non dimeno influenzarsi reciprocamente e subire un cam-biamento di stato. Tutti sapete che la causa e’ unoscambio di energia sotto forma di calore.

    • Quando le proprieta’ fisiche dei due sistemi in talicondizioni smettono di variare col tempo, allora di-ciamo che i due sistemi hanno raggiunto l’equilibriotermico

    • La temperatura e’ la proprieta’ fisica che determi-na le condizioni per l’equilibrio termico: se duesistemi posti a contatto tramite pareti diatermiche erigide (non mobili) sono in equilibrio termico, allorahanno la stessa temperatura; se dell’energia (calore)fluisce dal sistema 1 al sistema 2, allora il sistema 1ha una temperatura maggiore del sistema 2; se del-l’energia (calore) fluisce dal sistema 2 al sistema 1,allora il sistema 1 ha una temperatura minore delsistema 2.

  • • Cio’ che consente di misurare la temperatura e’ ilcosiddetto principio zero della termodinamica:

    Se un corpo A e’ in equilibrio termico conun corpo C e questo e’ a sua volta in equi-librio termico con un altro corpo B, alloraanche il corpo A e’ in equilibrio termicocon il corpo B

    Si tratta in pratica di una proprieta’ transitiva.

    • Perche’ il principio zero consente di misurare la tem-peratura?

    Supponiamo che il corpo C sia un capillare di ve-tro contenente un liquido (ad esempio mercurio) chesi dilata notevolmente al variare della sua “caldez-za”. Il dispositivo viene detto termometro e laproprieta’ che varia con la temperatura viene dettaproprieta’ termometrica.

    Allora, se posto in contatto con un corpo A il mercu-rio del capillare raggiunge una certa lunghezza e lastessa lunghezza viene raggiunta quando il capillareviene posto in contatto con un corpo B:

    ⇒ possiamo dire che A e B hanno la medesimatemperatura

  • ⇒ possiamo prendere come misura di tale tem-peratura la lunghezza della colonnina di mer-curio

    • Naturalmente questa definizione semplicistica dellamisura della temperatura non puo’ essere soddisfa-cente, perche’ il valore numerico della temperaturadipenderebbe dal termometro e dalla proprieta’ ter-mometrica utilizzata. Nell’esempio fatto sopra sfrut-tiamo come proprieta’ termometrica la dilatazionedel mercurio in un capillare e prendiamo come mi-sura della temperatura l’altezza della colonnina: ilnumero che assegnamo alla temperatura (lasciandoperdere per ora il problema delle unita’ di misura)sara’ quindi dell’ordine delle decine (ad esempio 15.4o 53.5); se pero’ per misurare la temperatura de-gli stessi sistemi prendessimo come termometro unconduttore elettrico e come proprieta’ termometricala sua resistenza (una grandezza che dipende anch’es-sa dalla temperatura), il valore numerico che asso-ceremmo alla stessa temperatura sarebbe quellodella resistenza (ad esempio 3245.7) e quindi diver-so dal valore numerico ottenuto col termometro amercurio.

    • Un modo meno arbitrario per definire la misura del-la temperatura implica la definizione di una cosid-

  • detta scala termometrica. Il procedimento e’ ilseguente:

    ⇒ si sceglie un primo sistema di riferimento cheabbia sempre la stessa temperatura e si asse-gna un valore arbitrario T1 a tale temperatura

    ⇒ si fa lo stesso con un secondo sistema di riferi-mento che abbia una temperatura T2 perfet-tamente riproducibile, ma diversa da quelladel primo

    ⇒ a questo punto, qualsiasi termometro puo’ ve-nire tarato utilizzando i due sistemi di riferi-mento. La taratura consiste nel misurare ivalori p1 e p2 che la proprieta’ termometri-ca del termometro assume quando esso vieneposto in equilibrio termico, rispettivamente,con il sistema a temperatura T1 e con quelloa temperatura T2.

    • La misura di una temperatura qualsiasi si basa sul-l’assunzione che la proprieta’ termometrica vari li-nearmente con la temperatura.

    Il termometro precedentemente tarato viene postoin equilibrio termico con il sistema di cui si vuolemisurare la temperatura e si misura il valore p dellaproprieta’ termometrica in tali condizioni.

  • • Dall’ipotesi della linearita’ della relazione fra la pro-prieta’ termometrica e la temperatura segue che ilgrafico di T in funzione di p deve essere:

    p

    T

    p2pp1

    T

    T2

    T1

    Il valore T della temperatura da misurare puo’ essereespresso come T1 piu’ una frazione della lunghezzadell’intervallo [T1, T2] nel modo seguente:

    T = T1 + T − T1

    = T1 +T − T1T2 − T1

    (T2 − T1)

    Per la similitudine dei due triangoli rettangoli (guar-date il grafico) si puo’ dire:

  • T − T1T2 − T1

    =p− p1p2 − p1

    (1)

    da cui si ricava:

    T = T1 +p− p1p2 − p1

    (T2 − T1)

    (Notate che questa non e’ altro che l’equazione dellaretta passante per i punti (p1, T1) e (p2, T2))

    Al secondo membro dell’uguaglianza, T1 e T2 sononoti dalla definizione della scala termometrica e p1 e p2sono stati misurati una volta per tutte con la tara-tura del termometro; quindi, misurando p si ottieneT .

    • La cosa importante e’ che, in questo modo, T ha sem-pre lo stesso valore numerico, indipendentemente dalvalore misurato per p. Infatti e’ sufficiente che la re-lazione fra la proprieta’ termometrica e la temperatu-ra sia lineare affinche’ l’uguaglianza 1 sia vera, indi-pendentemente dai valori della pendenza e dell’inter-cetta che definiscono tale relazione lineare (e quindiindipendentemente dalla proprieta’ termometrica).

    • A seconda dei sistemi presi come riferimento, si sonostoricamente originate diverse scale termometri-che.

  • • Nella scala Celsius, il primo sistema di riferimentoe’ costituito da acqua liquida e ghiaccio in equilibrioalla pressione di 1 atm (il cosiddetto “punto di fusio-ne normale”): a tale sistema in tale stato si assegnaarbitrariamente il valore di temperatura T1 = 0C;il secondo sistema di riferimento e’ costituito da ac-qua liquida e vapore in equilibrio alla stessa pressione(il cosiddetto “punto di ebollizione normale”): a ta-le sistema in tale stato si assegna arbitrariamente ilvalore di temperatura T2 = 100C.

    In tal modo, nel caso della scala Celsius l’espressionegenerale scritta sopra diventa:

    T =100− 0

    p2 − p1(p− p1) + 0

    T =100

    p2 − p1(p− p1)

    • In realta’, il procedimento ora descritto continuaa dipendere (anche se non in modo marcato) dal-la sostanza e dalla proprieta’ termometrica utilizza-te, e cio’ essenzialmente perche’ in generale le pro-prieta’ termometriche non variano linearmentecon la temperatura. Per questo motivo, la tempe-ratura misurata in questo modo viene spesso dettatemperatura empirica.

  • • Esiste tuttavia la possibilita’ (grazie al secondo prin-cipio della termodinamica che faremo piu’ avanti) didefinire la temperatura in modo totalmente indipen-dente dalle proprieta’ di qualsiasi sostanza: la tem-peratura definita in questo modo viene detta tem-peratura assoluta. Essa viene misurata in gradiKelvin e ha un valore minimo pari a 0 K.

    • La scala assoluta e quella Celsius sono in relazionetramite:

    TK = TC + 273.15

    dove TK e’ la temperatura assoluta e TC quella Cel-sius.

    I gas

    • Lo stato di aggregazione della materia piu’ facile datrattare in termodinamica e’ quello gassoso.

    • Cio’ e’ dovuto essenzialmente al fatto che nei gasle interazioni intermolecolari sono ridotte al minimo.Per la maggior parte del tempo, le molecole di ungas viaggiano nel vuoto senza incontrarsi (e quindiinteragire).

  • • Come abbiamo gia’ detto, un gas (costituito da unsolo tipo di molecole) e’ un tipico sistema sempli-ce e quindi il suo stato termodinamico e’ comple-tamente determinato quando se ne fissino la tem-peratura, la pressione (due variabili intensive) e laquantita’ (espressa per esempio dal numero di moli,una variabile estensiva). Tutte le altre proprieta’ delgas, ad esempio il volume da esso occupato, vengonoautomaticamente fissate ad uno e un solo valore:

    V = V (T, P, n)

    La pressione

    • Data una forza ~FN che agisce uniformemente in di-rezione normale ad una supeficie piana di area A, sidefinisce pressione agente sulla superficie il modulodella forza per unita’ di area, cioe’:

    P =

    ∣∣∣~FN

    ∣∣∣

    A

    La pressione e’ una grandezza scalare.

  • • La pressione puo’ essere molto grande (o molto pic-cola) sia se la forza e’ molto grande (o piccola) sia sel’area della superficie su cui la forza agisce e’ moltopiccola (o grande).

    • L’unita’ di misura SI della pressione e’ il Pascal,simbolo Pa:

    1 Pa = 1N

    m2

    = 1kgms2

    m2

    = 1kg

    ms2

    • Il Pa e’ un’unita’ di misura piuttosto “piccola”. Perquesto sono usate spesso altre unita’ piu’ “comode”:

    1 bar = 1× 105 Pa

    1 atm = 101325 Pa (≈ 1 bar)

    • La pressione di 1 bar e’ definita come pressionestandard e la incontreremo spesso piu’ avanti. Ilsimbolo usato di solito per la pressione standard e’P⊖.

  • • Un gas racchiuso in un recipiente in condizioni diequilibrio termodinamico esercita sulle pareti di que-st’ultimo una pressione (uguale in tutti i punti dellepareti) che e’ dovuta agli urti incessanti delle mole-cole.

    • La pressione determina le condizioni per l’equilibriomeccanico.

    Due gas in due recipienti separati da una parete scor-revole sono in equilibrio meccanico (cioe’ la paretescorrevole non si muove) se e solo se le loro pressionisono uguali:

    gas AP = P1

    gas BP = P2

    parete mobile

    P1 > P2 ⇒ la parete mobile si muove verso destraP1 < P2 ⇒ la parete mobile si muove verso sinistraP1 = P2 ⇒ la parete mobile non si muove: equilibrio meccanico

    Il gas ideale

  • • Si trova sperimentalmente che tutti i gas tendono acomportarsi allo stesso modo quando la loro pressio-ne sia sufficientemente bassa.

    • La ragione molecolare di cio’ e’ che, a pressione suf-ficientemente bassa, il numero di molecole di gas e’molto piccolo in rapporto al volume del recipiente equindi:

    1. il volume occupato dalle molecole del gas di-viene trascurabile in confronto a quello del re-cipiente ⇒ le molecole di gas possono essereconsiderate puntiformi

    2. le molecole di gas si incontrano molto raramente⇒ si possono trascurare le interazioni intermo-lecolari

    Ora: cio’ che differenzia un gas da un altro e’ pro-prio la natura delle molecole che lo costituiscono; talenatura determina in modo univoco sia le dimensioniche le interazioni (inter) molecolari. Non dovrebbequindi stupire che, in condizioni per cui le dimensionimolecolari e le interazioni fra le molecole diventanoquasi completamente trascurabili, anche l’individua-lita’ di gas diversi venga perduta e tutti i gas tendanoa comportarsi in modo identico.

  • • Il comportamento a cui tutti i gas tendono al tenderea zero della pressione definisce un modello idealizzatodi gas in cui:

    – le particelle sono puntiformi (cioe’ hanno volu-me nullo)

    – le particelle non interagiscono fra loro (se nonin seguito ad urti perfettamente elastici)

    Tale modello di gas viene chiamato “gas ideale” o“gas perfetto”.

    • Il comportamento dei gas a basse pressioni e’ descrit-to fondamentalmente da tre leggi limite, osservatesperimentalmente gia’ alcuni secoli fa:

    – A temperatura e numero di moli costanti il vo-lume di un gas e’ inversamente proporzionalealla sua pressione:

    V ∝1

    P(n, T costanti)

    – A pressione e numero di moli costanti il volumedi un gas e’ direttamente proporzionale alla suatemperatura:

    V ∝ T (n, P costanti)

  • – A pressione e temperatura costanti il volumedi un gas e’ direttamente proporzionale al suonumero di moli:

    V ∝ n (P, T costanti)

    • Queste tre leggi limite possono essere combinate inun’unica legge, nota come la legge del gas ideale:

    PV = nRT

    dove R e’ una costante detta costante universaledei gas. Le dimensioni di R si ricavano da:

    R =PV

    nT

    [R] =pressione × volume

    moli× temperatura

    =forzaarea × volume

    moli× temperatura

    =forza× lunghezza

    moli× temperatura

    =energia

    moli× temperatura

  • Il valore di R nelle unita’ di misura piu’ comuni e’:

    R = 8.314J

    mol K

    = 8.206× 10−2L atm

    mol K

    • La legge del gas ideale e’ estremamente utile perche’,pur essendo una legge limite, e’ seguita molto benedalla maggior parte dei gas in condizioni ordinarie.

    Pressione parziale

    • Per una miscela di gas qualunque (cioe’ non neces-sariamente ideali), definiamo la pressione parzialedel componente i nel modo seguente:

    Pi = xiP

    dove xi e’ la frazione molare:

    xi =ni

    j nj

  • • La pressione parziale costituisce un modo semplice diripartire la pressione totale di una miscela di gas frai suoi singoli componenti. Infatti, la pressione totaledi una miscela e’ la somma delle pressioni parzialidei suoi componenti:

    i

    Pi =∑

    i

    (xiP )

    = P∑

    i

    xi

    = P (perche’∑

    i xi = 1)

    • Per miscele di gas ideali:

    Pi = xiP

    =ni

    j njP

    = niP

    j nj

    = niRT

    V(qui si sfrutta l’idealita’)

    da cui segue una possibile interpretazione fisica dellapressione parziale:

  • per una miscela di gas ideali, la pressio-ne parziale del componente i e’ la pressio-ne che tale componente eserciterebbe se,da solo, occupasse l’intero volume dellamiscela alla stessa temperatura.

    I gas reali

    • Il gas ideale e’ un modello astratto. Le particelleche lo costituiscono presentano due caratteristicheessenziali:

    1. sono puntiformi, cioe’ non occupano spazio (puravendo una massa non nulla)

    2. non interagiscono fra loro, nel senso che le forzeintermolecolari sono assenti. Quindi hanno soloenergia cinetica, mentre la loro energia poten-ziale e’ nulla (in questo contesto, per “energiapotenziale” intendiamo quella derivante dalleinterazioni intermolecolari, che, come illustratopiu’ sotto, possono essere attrattive o repulsive;assumiamo invece che l’energia potenziale del-le molecole derivante dal campo gravitazionaleterrestre sia trascurabile).

  • • Il comportamento dei gas reali si discosta da quellodel gas ideale quando vengono meno una o entram-be le caratteristiche su citate, e puo’ essere posto inrelazione con la distanza media fra le molecole.

    • In generale, il profilo dell’energia di interazione fradue molecole di un gas in funzione della loro distanzaha l’andamento mostrato nella parte superiore dellafigura seguente:

  • distanza intermolecolare, r

    forzainterm

    olecolare,

    f=−

    dE dr

    forzerepulsive

    forze attrattive forze trascurabili

    0

    energiadiinterazione,

    E

    pressione

    0

    La forza che si esercita fra le due molecole e’ la deri-vata, cambiata di segno, della curva che rappresenta

  • l’energia potenziale di interazione:

    f = −dE

    dr

    ed e’ rappresentata nel grafico inferiore della figura.

    • Dalla figura si puo’ osservare che, quando la distan-za intermolecolare e’ molto grande, le due molecoleinteragiscono debolmente in modo attrattivo (cioe’:sia l’energia di interazione che la forza sono negativee il modulo della forza, |f |, e’ piccolo). Al diminui-re della distanza intermolecolare, l’energia potenzia-le di interazione decresce sempre piu’ rapidamentee quindi la forza diventa sempre piu’ negativa (laderivata dell’energia e’ sempre piu’ positiva). Perdistanze ancora minori, tuttavia, il decremento del-l’energia potenziale diventa meno rapido e il graficodell’energia potenziale attraversa un punto di fles-so: in corrispondenza a tale punto di flesso il graficodella forza mostra un punto di minimo. A una cer-ta separazione intermolecolare (che corrisponde ap-prossimativamente alla lunghezza del diametro mo-lecolare) l’energia potenziale raggiunge un minimoin cui la forza si annulla (f = −dE/dr = 0): intali condizioni il sistema delle due molecole conside-rate si trova in equilibrio (meccanico); cioe’ a taledistanza intermolecolare le due molecole non tendo-no ne’ ad attrarsi ne’ a respingersi. Per distanze

  • intermolecolari piu’ piccole della distanza di equili-brio l’energia cresce rapidamente e la forza diventaviolentemente repulsiva (f = −dE/dr ≫ 0): in talicondizioni, le due molecole interagenti stanno cer-cando di “intercompenetrarsi”, da cui la repulsionemolto intensa.

    • La distanza media intermolecolare in un campione digas dipende chiaramente dalla sua pressione: mag-giore pressione corrisponde a distanza intermolecola-re media minore. Quindi, nei due grafici visti prima,l’asse delle ascisse (la distanza intermolecolare me-dia) puo’ essere sostituito con un asse sul quale vieneriportata la pressione: tale asse, pero’, ha un’orienta-zione invertita rispetto a quello della distanza media(guardate l’asse della pressione tracciato in alto nellafigura).

    • L’andamento dell’energia di interazione intermoleco-lare e il corrispondente andamento della forza posso-no essere discussi distinguendo tre regioni:

    – a pressioni molto basse, la distanza intermoleco-lare media e’ molto grande (in pratica superiorea pochi diametri molecolari): in queste condi-zioni sia il volume molecolare che le forze inter-molecolari sono trascurabili (guardate le figure)e il gas si comporta in modo ideale

  • – a pressioni moderatamente elevate la distanzaintermolecolare e’ piccola (ma ≥ della distan-za di equilibrio, diciamo maggiore di un diame-tro molecolare): allora le forze intermolecolari sifanno sentire (f = −dE/dr < 0 e non piccola)ed hanno carattere attrattivo. In tali condi-zioni il gas si discosta dal comportamento idea-le e, in generale, e’ piu’ facilmente compressibiledel gas ideale; cioe’, a parita’ di temperatura,pressione e numero di moli, il volume occupatodal gas reale e’ minore di quello che occupe-rebbe un gas ideale. Ovviamente, la maggiorecompressibilita’ del gas reale e’ dovuta proprioalle forze attrattive (assenti nel gas ideale, le cuimolecole, per definizione, non interagiscono): aparita’ del resto, per una data pressione esternaapplicata, il gas reale occupa un volume mino-re del gas ideale perche’ le molecole del primotendono a stare “piu’ vicine” a causa delle forzeattrattive, che sono assenti nel secondo.

    – a pressioni molto elevate la distanza intermole-colare diventa inferiore alla distanza di equili-brio: allora le forze intermolecolari sono intensee repulsive (f = −dE/dr ≫ 0). In tali condi-zioni il gas si discosta dal comportamento idealee, in generale, e’ piu’ difficilmente compressibiledel gas ideale; cioe’, a parita’ di temperatura,

  • pressione e numero di moli, il volume occupatodal gas reale e’ maggiore di quello che occupe-rebbe un gas ideale; in questo caso, le molecoledel gas reale tendono a stare “piu’ lontane” acausa delle forze repulsive, che sono assenti nelgas ideale.

    • Il comportamento dei gas reali viene di solito de-scritto con delle versioni “corrette” dell’equazione distato del gas ideale. Le correzioni contengono nor-malmente dei parametri empirici legati alla naturadel particolare gas considerato e spesso dipendonodalla pressione e/o dalla temperatura.

    • Un’equazione di stato per gas reali molto usata e’quella basata sul cosiddetto fattore di compres-sione Z. Il fattore di compressione e’ definito comeil rapporto fra il volume molare (Vm = V/n) del gasreale e quello V ◦m che un gas ideale occuperebbe allastessa pressione e temperatura:

    Z =VmV ◦m

    L’equazione si ricava molto semplicemente.

    La legge del gas ideale riscritta in termini del volumemolare e’:

  • PV ◦ = nRT

    P

    (V ◦

    n

    )

    = RT

    PV ◦m = RT

    Chiaramente, per un gas reale alla stessa tempera-tura e pressione, il volume molare Vm e’ diverso daquello del gas ideale e quindi si ha:

    PVm 6= RT

    Tuttavia, si puo’ ottenere un’equazione di stato peril gas reale molto simile a quella del gas ideale in-troducendo il volume molare del gas reale grazie alladefinizione del fattore di compressione:

    PV ◦m = RT

    P

    (VmZ

    )

    = RT

  • PVm = ZRT

    PV = ZnRT

    L’utilita’ di questa relazione sta nel fatto che la suaforma analitica e’ molto simile a quella dell’equazionedel gas ideale e quindi ne mantiene tutti i vantaggidovuti alla sua semplicita’.

    Naturalmente, il “prezzo da pagare” e’ che Z variacon la pressione e la temperatura, oltre che, ovvia-mente, con la natura del gas considerato.

    L’andamento di Z in funzione della pressione a tem-peratura costante e’ normalmente quello mostrato inquesta figura (le tre curve si riferiscono a tre diver-si gas reali, ad esempio potrebbe trattarsi di CH4,C2H4 e CO2):

  • P

    Z = 1

    Z

    gas 3gas 2

    gas 1

    gas ideale

    P

    Z = 1

    Z

    gas 3gas 2

    gas 1

    gas ideale

    P

    Z = 1

    Z

    gas 3gas 2

    gas 1

    gas ideale

    Per il gas ideale si ha, ovviamente: Z = 1 ad ognipressione.

    Per i gas reali, in base a quanto detto prima (guar-date la figura precedente), si ha solitamente:

    – Z → 1 per P → 0 (distanze intermolecolarigrandi⇒ comportamento praticamente ideale)

    – Z < 1 per pressioni moderatamente elevate (for-ze intermolecolari attrattive, gas reale piu’ com-pressibile del gas ideale: Vm < V

    m)

    – Z > 1 per pressioni decisamente elevate (forzeintermolecolari repulsive, gas reale meno com-pressibile del gas ideale: Vm > V

    m)

  • • Come potete vedere dall’andamento di Z in funzionedi P a T costante, per un dato gas esiste un valo-re di pressione (diverso da 0) per cui si ha Z = 1:per tale valore di pressione la forza di interazione frale molecole del gas e’ nulla e il gas si comporta inmodo ideale. Nel grafico della forza di interazione infunzione della distanza intermolecolare (o, equivalen-temente, della pressione) (p. 66) il punto in cui si haZ = 1 deve ovviamente corrispondere al punto in cuila forza intermolecolare si annulla, ovvero al puntoin cui l’energia potenziale di interazione e’ minima.

    • Possiamo verificare quanto detto al punto precedenteper il caso reale del gas Ar.

    L’andamento sperimentale del fattore di compres-sione dell’Ar in funzione della pressione a 160K e’mostrato nella figura [1]:

    [1] W.J. Little. Tables of Thermodynamic Properties of Argonfrom 100 to 3000K. AEDC, TDR / ARNOLD ENGINEERINGDEVELOPMENT CENTER. Arnold Engineering DevelopmentCenter, Air Force Systems Command, U.S. Air Force, 1964.

  • P(atm)

    Z

    P=380.7 atm

    300025002000150010005000

    6

    5

    4

    3

    2

    1

    0

    Fittando l’andamento sperimentale nella regione incui il fattore di compressione interseca la retta oriz-zontale Z = 1 con un polinomio di grado 2, si puo’ricavare la pressione per cui Z = 1:

    Z = 1⇔ P = 380.7 atm

    Per tale pressione (a 160K) il comportamento dell’Are’ ideale (perche’ Z = 1).

    Ci aspettiamo quindi che in tali condizioni le forze diinterazione fra gli atomi di Ar in fase gassosa sianonulle.

    Possiamo verificare questa affermazione nel modo se-guente.

  • La distanza media fra gli atomi di Ar a P = 380.7 atme T = 160K si puo’ ricavare dall’equazione di statodel gas ideale (che possiamo applicare per ipotesi):

    PV = nRTV

    n=

    RT

    P

    Ora: V/n e’ il volume per mole di atomi di Ar. Divi-dendo per il numero di Avogadro otteniamo il volumeper atomo. Assumendo che tale volume sia di formacubica, la sua radice cubica ci da’ il lato del cubo,che rappresenta anche la distanza media d̄ fra dueatomi di Ar in 2 cubetti adiacenti. In definitiva:

    d̄ = 3√

    1

    N◦

    V

    n

    = 3√

    RT

    N◦P

    = 3√

    0.082057× 160

    6.022× 1023 × 380.7

    = 3.854× 10−9 dm

    = 3.854 Å

  • Possiamo verificare che il valore per la distanza me-dia cosi’ ottenuto corrisponde al minimo della curvasperimentale che rappresenta l’energia di interazionefra due atomi di Ar in funzione della distanza [1]:

    distanza interatomica (Å)

    energiapotenziale(eV)

    r = 3.854 Å

    65.554.543.5

    0

    • Un’altra equazione di stato per gas reali partico-larmente famosa e’ l’equazione di Van der Waals:

    (

    P + a( n

    V

    )2)

    (V − nb) = nRT

    [1] J.A. White. Lennard-jones as a model for argon and test ofextended renormalization group calculations. J.Chem.Phys.,111(20):9352–9356, 1999.

  • dove i parametri a e b vanno determinati sperimen-talmente per ciascun gas, ma sono indipendenti daP, V, T .

    • L’equazione di Van der Waals e’ suscettibile di un’in-terpretazione semplice nel modo seguente.

    Se il gas fosse ideale, il prodotto della sua pressioneper il suo volume sarebbe uguale a nRT . Tuttavia,a causa della non idealita’, si ha:

    PV 6= nRT

    Allora, nell’equazione di Van der Waals, i valori dipressione e volume “reali” (P e V ) vengono “corret-ti” per farli diventare uguali a quelli che un gas ideale“avrebbe” a parita’ di condizioni, cioe’ per lo stessonumero di moli n e la stessa temperatura T .

    • Il volume geometrico V occupato da un gas reale“non e’ ideale” perche’ le molecole del gas reale, nonessendo puntiformi, occupano un volume finito. Ilvolume Vcorretto che vedrebbe un gas ideale nelle stes-se condizioni e’ quindi minore di V perche’ il volumeoccupato dalle molecole (non puntiformi) del gas rea-le e’ a tutti gli effetti inaccessibile. La correzione diVan der Waals al volume geometrico del gas reale e’quindi:

  • Vcorretto = V −Nv

    dove N e’ il numero totale di molecole del gas realee v e’ il volume occupato da una singola moleco-la. Introducendo il numero di moli n e il numero diAvogadro N ◦ si ha:

    Vcorretto = V −Nv

    = V − nN ◦v

    da cui si vede che il parametro b dell’equazione diVan der Waals e’ dato da:

    b = N ◦v

    e puo’ quindi essere interpretato come il volume oc-cupato da una mole delle molecole del gas reale (“ac-costate” l’una all’altra, in modo da non lasciare spazivuoti).

    • Per pressioni da basse a moderatamente elevate (percui le molecole del gas si attraggono) la pressioneesercitata dal gas reale e’ minore di quella che eserci-terebbe un gas ideale nelle stesse condizioni, a causa

  • delle forze attrattive che si esercitano fra le moleco-le del gas reale. Da qui, la correzione: +a (n/V )2

    introdotta nell’equazione di Van der Waals.

    Il fatto che questa correzione sia proporzionale alquadrato della concentrazione (n/V ) si spiega nelmodo seguente. Il gas reale esercita una minor pres-sione perche’ ogni singola molecola in prossimita’ diuna parete del recipiente viene “trattenuta”, a causadelle forze attrattive, da quelle che si trovano nellezone piu’ interne. Questo effetto sulla singola mole-cola deve essere proporzionale alla concentrazione dimolecole (maggiore e’ questa concentrazione, e mag-giore il numero di molecole che ne attirano una versoil centro del recipiente). La correzione totale sara’data dalla correzione per una singola molecola molti-plicata per il numero totale di molecole che si trovanoadiacenti alle pareti. Ma questo numero totale e’ asua volta proporzionale alla concentrazione, per cuiil risultato e’ una proporzionalita’ al quadrato dellaconcentrazione.

    In simboli, detta csingola la correzione da applicarea ogni singola molecola, npareti il numero totale dimolecole prossime alle pareti e ctotale la correzionetotale, si avra’:

    ctotale = csingola × npareti

  • csingola = a′n

    V

    npareti = a′′n

    V

    ctotale = a′n

    Va′′

    n

    V

    = a( n

    V

    )2

    con a = a′ a′′

    La condensazione e il punto critico

    • Una dimostrazione spettacolare di quanto le forzeintermolecolari, assenti nel gas ideale, ma presentinei gas reali, possano diventare importanti e’ fornitadalla compressione isoterma di un gas reale.

    • La compressione isoterma di una massa fissata di gasideale, compiuta reversibilmente in modo tale che ilgas sia sempre in equilibrio e quindi l’equazione delgas ideale sia applicabile in ogni punto della traiet-toria, si puo’ rappresentare sul piano PV (n e T so-no costanti). La traiettoria seguita dal gas ideale e’descritta dall’equazione:

    PV = nRT = costante

  • il cui grafico e’ un’iperbole sul piano PV :

    V

    P

    V1V2

    P2

    P1

    • La compressione isoterma procede diversamente perun gas reale. Quando il volume in cui e’ confinatoun gas reale viene ridotto a valori sufficientementepiccoli, il gas normalmente condensa, cioe’ si hauna transizione di stato gas/liquido.

    • La spiegazione molecolare di cio’ e’ la seguente. Co-me vedremo in seguito, l’energia cinetica delle mo-lecole di un gas dipende solo dalla temperatura: inparticolare, essa e’ indipendente dalla distanza in-termolecolare. D’altro canto, come abbiamo gia’ vi-sto (pag. 64), l’energia (e la forza) di interazione fra

  • le molecole dipende dalla distanza intermolecolare eaumenta al diminuire di essa (nel range di distanzeintermolecolari non troppo piccole). Allora, se il vo-lume di un gas viene ridotto a temperatura costante,l’energia cinetica delle molecole non cambia, men-tre le forze di attrazione fra le molecole aumentano(perche’ la distanza intermolecolare diminuisce). Nesegue che, quando il volume si riduce sufficientemen-te, le forze attrattive prendono il sopravvento e lemolecole restano reciprocamente prigioniere dei ri-spettivi campi di forza, provocando cosi’ il passaggiodallo stato gassoso a quello liquido.

    • La figura qui sotto mostra una serie di isoterme perun gas reale nel piano PV che potrebbero essere rea-lizzate racchiudendo il gas in un cilindro dotato di unpistone scorrevole. Descriviamo cosa succede lungoil percorso ABCDEF mostrato.

  • V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    • • •• •

    VC

    PC

    • Nel tratto ABC il gas viene compresso: il volumediminuisce e la pressione aumenta approssimativa-mente in accordo con l’andamento iperbolico del gasideale. Man mano che ci si avvicina al punto C lemolecole interagiscono fra loro sempre piu’ intensa-mente e quindi il comportamento si discosta semprepiu’ da quello ideale.

    • Al punto C il gas comincia a condensare: il cilindroora contiene una fase liquida in equilibrio con la fasegassosa. Naturalmente, le condizioni di temperatura,volume e pressione a cui cio’ avviene dipendono dalla

  • natura del gas usato (cioe’ se si tratta di idrogeno,ammoniaca, CO2 etc.)

    • Nel tratto CDE, alla diminuzione di volume (otte-nuta abbassando il pistone) non corrisponde un au-mento di pressione. Invece, la pressione resta co-stante. Cio’ perche’ la diminuzione del volume vienecontinuamente compensata dalla condensazione. Lapressione costante della fase gassosa in equilibrio conla fase liquida alla temperatura dell’isoterma e’ dettatensione di vapore.

    • In E tutto il gas e’ condensato. Il pistone si trova acontatto della (unica) fase liquida

    • Nel trattoEF stiamo comprimendo un liquido e quin-di la pressione si impenna molto piu’ ripidamente chenel tratto precedente la condensazione. Per ridurreil volume anche solo di poco, bisogna esercitare unapressione molto elevata.

    • Nella figura sono mostrate altre isoterme a tempera-tura via via crescente. Man mano che la temperaturacresce, la condensazione inizia a volumi sempre mi-nori (perche’ l’energia cinetica delle molecole e’ mag-giore a temperatura maggiore e quindi la distanzaintermolecolare deve diventare piu’ piccola affinche’le forze di attrazione riescano a vincere la tendenzadelle molecole a muoversi liberamente) e il processo

  • si conclude in un intervallo di volume sempre minore(il volume a cui si conclude la condensazione e’ mag-giore a temperatura maggiore semplicemente perche’il volume occupato dalla fase liquida quando tutto ilgas e’ condensato e’ maggiore). I punti di inizio e fi-ne condensazione giacciono su una curva a campana(la curva evidenziata con il pattern nella figura).

    • Ad una temperatura speciale, detta temperaturacritica, TC , i volumi di inizio e fine condensazionesi riducono ad un unico punto (vedere figura) cheviene detto punto critico. I corrispondenti valoridel volume e della pressione vengono detti, rispetti-vamente, volume critico, VC e pressione critica,PC .

    • Nelle isoterme a temperatura maggiore di TC , il gasnon condensa piu’, neppure a pressioni molto eleva-te. Il sistema non diventa mai bifasico. La spiega-zione molecolare e’ che, anche se le molecole vengonocostrette a stare molto vicine, la loro energia cineti-ca (legata alla temperatura, come vedremo) e’ trop-po elevata affinche’ le forze intermolecolari possanoimprigionarle e si abbia quindi la condensazione.

    • L’unica fase che si ha per T > TC ha caratteristi-che tipiche sia di un gas che di un liquido; come igas, occupa uniformemente tutto il volume a dispo-sizione (quindi non ha volume proprio); tuttavia, la

  • sua densita’ e’ molto maggiore di quella di un gas incondizioni ordinarie ed ha invece valori tipici dellafase liquida. Per questo motivo, la fase presente perT > TC viene distinta sia da una fase gassosa che dauna fase liquida e viene detta fluido supercritico.

  • Atkins, capitolo 2

    Il primo principio della termodinamica

    • Il primo principio della termodinamica e’ una versio-ne per sistemi termodinamici del piu’ generale prin-cipio di conservazione dell’energia.

    Noi enunceremo il primo principio per sistemi chiu-si di composizione costante e tali che le uniche for-me di energia che possono scambiare con l’ambientesiano calore e lavoro.

    Assumeremo, quindi, che tanto l’energia potenzialequanto l’energia cinetica del sistema considerato co-me un tutto unico non cambino oppure cambino soloin modo trascurabile.

    • Nel compiere una trasformazione fra uno stato diequilibrio iniziale e uno stato di equilibrio finale, unsistema del tipo descritto sopra puo’ assorbire e/ocedere energia all’ambiente in forma di calore e/olavoro.

    Molto spesso si trova sperimentalmente che il bilan-cio fra l’energia assorbita e quella ceduta durante ilprocesso non sia in parita’.

    Piu’ in particolare possono verificarsi tutti i casi pos-sibili:

  • ⇒ nel sistema entra piu’ energia di quanta neesce

    ⇒ nel sistema entra ed esce la stessa quantita’di energia

    ⇒ nel sistema entra meno energia di quanta neesce

    • Si potrebbe essere tentati di pensare che, tranne peril caso in cui l’energia entrata e’ uguale a quella usci-ta, il principio di conservazione dell’energia sia statoviolato:

    ⇒ se nel sistema entra piu’ energia di quanta neesce, sembra che ci sia stata una “sparizione”di energia

    ⇒ se nel sistema entra meno energia di quan-ta ne esce, sembra che dell’energia sia stataprodotta “dal nulla”

    • Ebbene, il primo principio della termodinamica san-cisce che in nessun caso la conservazione dell’energiae’ venuta meno.

    Esso infatti postula l’esistenza di una forma di ener-gia posseduta intrinsecamente dal sistema e per que-sto detta energia interna (indicata spesso con ilsimbolo U).

    Allora:

  • ⇒ se nel sistema entra piu’ energia di quanta neesce, la differenza non e’ sparita, ma si ritrovacome incremento

    ∆U = Ufinale − Uiniziale > 0

    dell’energia interna del sistema⇒ se nel sistema entra meno energia di quanta

    ne esce, l’energia supplementare in uscita nonsi e’ prodotta dal nulla, bensi’ e’ il sistema chel’ha fornita, diminuendo di

    ∆U = Ufinale − Uiniziale < 0

    la propria energia interna

    • Il bilancio energetico sancito dal primo principio e’veramente semplice.

    Considerate la seguente analogia.

    Supponete di avere un credito presso una persona,un debito verso un’altra e una somma di denaro (nonserve sapere quanto) in tasca.

    Ora immaginate di riscuotere il credito e pagare ildebito.

    Si possono verificare tutti e soli i seguenti casi:

    ⇒ il credito e il debito erano della stessa entita’:potete saldare il debito con il denaro riscosso

  • come credito e la somma che avevate in tascarimane immutata.

    ⇒ il credito era maggiore del debito: potete pa-gare il debito con una parte del credito; ilresto del credito rimane a voi e alla fine lasomma di denaro che avete in tasca e’ au-mentata.

    ⇒ il credito era minore del debito: per pagareil debito userete tutto il denaro riscosso co-me credito, ma in piu’ dovrete aggiungere deldenaro prendendolo da quello che avevate intasca e alla fine la somma di denaro che aveteaddosso e’ diminuita.

    Ora fate le sostituzioni:

    voi sistema

    denaro riscosso comecredito

    energia che entra nelsistema

    denaro pagato per sal-dare il debito

    energia che esce dalsistema

    denaro nelle vostre tasche energia interna

    e avete esattamente il bilancio del primo principio.

    • E’ anche molto semplice scrivere il bilancio energeti-co del primo principio in forma matematica.

    Se chiamiamo Ein l’energia che entra nel sistema du-rante un processo, Eout quella che ne esce, Uiniziale eUfinale l’energia interna del sistema prima e dopo la

  • trasformazione, allora dovrebbe essere chiaro che laconservazione dell’energia e’ espressa dalla seguenteequazione:

    Uiniziale + Ein = Ufinale + Eout

    ovvero:

    ∆U = Ein − Eout

    dove il termine ∆U = Ufinale − Uiniziale, potendo es-sere positivo, negativo o nullo, e’ il “salvatore” dellaconservazione dell’energia.

    Infatti:

    ⇒ se Ein > Eout, allora si avra’ ∆U > 0, cioe’una parte dell’energia entrata nel sistema e’andata ad incrementare la sua energia inter-na.

    ⇒ se Ein < Eout, allora si avra’ ∆U < 0, cioe’una parte dell’energia che esce dal sistemaproviene dalla sua energia interna, che quindie’ diminuita

  • ⇒ se Ein = Eout, allora si