Arendt Tra Secolarizzazione e Acosmismo

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    Hannah Arendt tra secolarizzazione e acosmismo

    Deborah Ardilli

    Esercizi Filosofici 1, 2006, pp. 33-52

    ISSN 1970-0164

    link: http://www.univ.trieste.it/~eserfilo/art106/ardilli106.pdf

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    HANNAH ARENDT TRA SECOLARIZZAZIONE E ACOSMISMO

    Deborah Ardilli

    1. Premessa

    A differenza di pi antiche e pi collaudate categorie filosofiche, la nozione disecolarizzazione detiene un singolare prestigio: come osserva polemicamente

    Hans Blumenberg nel suo imponente studio sulla legittimit dellet moderna,lestensione semantica di questa metafora sembra essere virtualmente inesauri-bile.1 Nessuna manifestazione del mondo moderno sembra sfuggire alle maglieesplicative del teorema della secolarizzazione. Su questa circostanza il sensocomune e la teorizzazione filosofica paiono aver siglato un solido e durevoleaccordo: tutti conoscono questa denotazione che allude allaffievolimento dellacoazione confessionale sullordine mondano, a seguito della segmentazionedella totalit sociale in sottosistemi funzionali regolati da istituzioni reciproca-mente indipendenti (Chiesa, Stato, Mercato).

    La nostra , indiscutibilmente, lepoca della secolarizzazione: se si vuole,lepoca della sdvinizzazione (Entgtterung), in cui uno stato di indecisionenei riguardi di Dio fa da contrappunto, non soltanto psicologico, alla riduzionedella sfera del sacro, lasciando spazio ad un vaghissimo senso del numinoso fintroppo facilmente screditabile come gita domenicale delluomo metropoli-tano.2 Assommare una palese semplificazione (la tesi del frazionamentosociale in sottosistemi funzionali autonomi) a unopinione ampiamentecondivisa da laici e credenti (la religione ridotta a complemento terapeutico delcapitalismo avanzato), per riflettervi sopra con tutta linsoddisfazione del caso,pu essere un modo utile per disporsi a rivedere alcune ovviet sedimentate nel

    concetto di secolarizzazione. persuasione di chi scrive che gli scritti di

    Questo contributo rielabora il testo della conferenza dal titolo omonimo tenuta il 5 dicembre 2005nellambito del corso di Filosofia della cultura I. Ringrazio il prof. Pierpaolo Marrone (Universit diTrieste) e i suoi studenti, per lospitalit e la disponibilit alla discussione.

    1 Cfr. H. Blumenberg, La legittimit dellet moderna (1966), Marietti, Genova 1992, inparticolare pp. 9-127. A questo importante lavoro seguita una polemica con Karl Lwith e HansGeorg Gadamer, condotta sulle pagine della Philosophische Rundschau, XV, 1968, pp. 195-209.

    2 Cfr. M. Heidegger,Lepoca dellimmagine del mondo, in Sentieri interrotti (1950), La Nuova

    Italia, Firenze 2002, pp. 70-101 e C. Schmitt, Cattolicesimo romano e forma politica (1925),Giuffr, Milano 1986.

    Esercizi Filosofici, 1, 2006, pp. 33-52. ISSN 1970-0164

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    Hannah Arendt offrano pi di uno spunto in questa direzione. Premessa allapresentazione della posizione dellautrice di Vita activa sar la rapidaricognizione delle peripezie storico-filosofiche di un concetto che, nel corso del

    tempo, ha esercitato funzioni differenti e ha veicolato significati talvoltaincompatibili tra loro. Del resto, non si vede alcuna buona ragione per occultarei condizionamenti storici e il tasso di idealizzazione filosofica di cui si nutrequella marca epocale che, a dispetto del gergo destinale spesso associato aldisincanto moderno, lumanit europea ha attivamente contribuito a costruire,onde poter situare la propria esperienza nello spazio e nel tempo.

    2. Secolarizzazione: fatti e interpretazioni

    La storia del concetto di secolarizzazione certifica, a partire dal XVII secolo e instretta connessione con la vicenda di costituzione dello Stato nazionale, unacrescente e ininterrotta dilatazione del potenziale descrittivo del termine.3Menzionata gi nel codice di diritto canonico per designare quella forma di ri-torno dalla vita monastica al mondo che, per antica consuetudine, il diritto ec-clesiastico ammetteva; utilizzata poi per indicare lalienazione di beni immobiliche, non di rado, la Chiesa effettuava di propria volont (ad esempio, per finan-ziare la costruzione di istituti universitari), la parola ha progressivamente per-duto la connotazione neutrale legata al suo impiego giuridico. In seguito alla

    Rivoluzione francese e alla successiva espropriazione dei domin religiosicodificata dal decreto napoleonico del 1803, il termine viene investito di unacarica politica che concorre a definire due fronti in lotta tra loro: da un lato,coloro per i quali secolarizzare vale come programma e parola dordinecoerente con una visione progressiva della storia; dallaltro lato, le forzecontrorivoluzionarie, per le quali secolarizzazione appare come sinonimo diillegittimit, nel contesto di una concezione asintoticamente degenerativa delprocesso storico.

    soltanto nel XX secolo che il concetto si trasforma in una categoriagenealogica in grado di comprendere in s il senso unitario dello svolgimento

    storico sfociato nella costruzione della societ occidentale moderna. In taleprospettiva, il termine secolarizzazione ha visto ridurre il nucleo polemico

    3 Cfr. H. Lbbe,La secolarizzazione. Storia e analisi di un concetto (1965), Il Mulino, Bologna1970; G. Marramao, Skularisierung, in J. Ritter, K. Grnder (a cura di), Historisches Wrterbuchder Philosophie, Schwabe & Co. Verlag, Basel 1992, pp. 1133-1161; Id., Potere e secolarizzazione.

    Le categorie del tempo, Bollati Boringhieri, Torino 2005; F.S. Festa, Secolarizzazione, in R.Esposito, C. Galli (a cura di), Enciclopedia del pensiero politico, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 641-643. Sulla secolarizzazione in rapporto alla vicenda dello Stato nazionale si possono vedere le sin-

    tesi di P.P. Portinaro, Stato, Il Mulino, Bologna 1999 e di G. Preterossi, Autorit, Il Mulino,Bologna 2002.

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    che originariamente lo caratterizzava, per fissarsi in una categoria di relazione,assunta sotto il postulato di una (problematica) continuit tra il Moderno e i suoiantecedenti di natura cristiana. Sotto questo profilo, ha poca rilevanza che

    linterpretazione privilegiata dellitinerario storico della cultura europeaenfatizzi la dinamica precipuamente politica del processo o che, invece, neaccentui la consistenza metafisica. Nel primo caso, paradigmatica lipotesiricostruttiva avanzata da Carl Schmitt, che narra di quattro passi secolari dalpensiero teologico a quello economico, passando per lo stadio metafisico e perquello morale-umanitario effettuati dallumanit europea nellarco di tempocompreso tra il XVII e il XX secolo, intendendo con ci la tendenza allamigrazione intellettuale da parte dello spirito europeo, ovvero il suo trasferirsida un campo di lotta verso un terreno neutrale preposto ad assicurare pace esicurezza.4

    Nel secondo caso, il processo di secolarizzazione viene assimilato alla se-quenza nichilistica posizione/deposizione/trasposizione dei valori che caratte-rizza, secondo la lettura di Nietzsche fornita da Martin Heidegger, il processostorico attraverso il quale il soprasensibile viene meno e vede annullato il suodominio, e di conseguenza lente stesso perde il suo valore e il suo senso. 5 Ilnichilismo, esperibile secondo la lettura heideggeriana di Nietzsche comepositiva liberazione dallillusione delleschaton, creerebbe le condizioni per unarinnovata consapevolezza metafisica intorno alla norma immanente al divenire(la nitzscheana volont di potenza), a partire dalla qualei nuovi valori e la

    loro misura possono essere attinti soltanto dallente stesso.

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    Se proprio della volont realmente libera introiettare la misura che prece-dentemente le veniva assegnata dallesterno; se il nichilismo il movimento checaratterizza da sempre la tradizione occidentale, senza potersi identificare conuna specifica occorrenza storica; se, infine, di questo evento che dura datempo occorre enucleare la portata metafisica, fino alla consapevolezzadellinu-tilit dellipotesi Dio, allora non sembra inappropriato rilevare lacontraddizione che giace al cuore di una delle pi influenti teorizzazioni delnichilismo. Essa va forse cercata nel fatto che il trionfo della volont dipotenza, ovvero il compimento della metafisica della soggettivit, viene para-

    dossalmente associato a una logica del divenire alla cui determinazione la

    4 C. Schmitt, Lepoca delle neutralizzazioni e delle politicizzazioni, in Le categorie del poli-tico (1922-1963), Il Mulino, Bologna 1972, pp. 167-183. Ma si veda anche, nello stesso volume, ilcapitolo Teologiapolitica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranit, pp. 61-74, in cui chia-rito il presupposto della tesi di Schmitt, ovvero lidea che il quadro metafisico che una determinataepoca si costruisce del mondo presenta la stessa struttura di ci che si presenta come la forma dellasua organizzazione politica. Tale postulato, lo si noti di sfuggita, tuttaltro che risolutivo, dato chela tesi dellanalogia strutturale tra politica e teologia non dice nulla n sullorigine della struttura, nsu quale tra i due membri rapportati funga da condizione per laltro.

    5

    M. Heidegger, Ilnichilismoeuropeo, inNietzsche (1961), Adelphi, Milano 2005, p. 565.6Ibidem, p. 567.

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    volont umana risulta affatto estranea. Lenfatica affermazione della soggetti-vit, riconosciuta come cifra del Moderno, coesiste, a dispetto di tutti glianatemi lanciati contro lhomo faber, con unaccresciuta impotenza dei soggetti,

    individuali e collettivi, sperimentabile a pi livelli. La sempre pi intensasoggezione economica in cui versano gli individui non proprietari, ovvero lastragrande maggioranza dellumanit; la diminuita capacit di azione da partedei politici, singolare epifenomeno dello scorcio di secolo che pi di tutti hacoltivato il mito della governabilit; la difficolt di creare istituzioni politichesovranazionali, malgrado la conclamata urgenza storica che ne reclama lacostruzione: si tratta soltanto di alcune tra le pi vistose contraddizioni che,nellera postdemocratica,7 rendono sospetta ogni rivendicazione in ordine alpotenziale di emancipazione insito nel nichilismo. Piuttosto, lemergenza di taleaporia induce a rileggere la riflessione heideggeriana sulla traiettoria del

    nichilismo europeo come una delle formulazioni filosoficamente pi avvertite diun teorema in base al quale la storia scorre come un processosenzasoggetto,ricostruibile indipendentemente da ogni riferimento al fare e al patire umano e,dunque, concettualizzabile soltanto ricorrendo al deus ex machina di una so-stanza divina le cui metamorfosi vengono spiegate come effetto del lavorio deltempo. per questo motivo, probabilmente, che chi usa la categoria di secola-rizzazione evidenziandone il tratto nichilistico, non ha bisogno di palesare lapropria avversione allistanza umanistica moderna promuovendo un effettivoritorno alle origini cristiane. sufficiente far valere la richiesta di riconoscere i

    condizionamenti esercitati da ci che si ritiene, a propria volta, incondizionato,costituendo lo sfondo a partire dal quale il mondo moderno pu definirsisoltanto per via negativa. Alla luce di questo schema generale, la cui funzioneermeneutica appare legittimata dalla capacit di portare alla coscienza delpresente unintera dimensione di senso latente,8 stato possibile interpretarefenomeni pi circoscritti: il primato gnoseologico della certezza stato lettocome trasposizione teoretica del problema cristiano della salvezza (Heidegger);la genesi dellethos capitalistico nella sua fase ascendente ha potuto esserericondotta alla trasposizione laicizzata di contenuti propri della devozionecalvinista (Weber); i concetti della moderna scienza politica sono stati

    interpretati come concetti teologici secolarizzati (Schmitt); lidea illuministicadi progresso apparsa come la traduzione moderna della Provvidenza cristiana(Lwith) e, su una linea di parziale continuit, il marxismo stato inteso comelimmanetizzazione di aspettative trascendenti o come una non filosofia che,

    7 Cfr. C. Crouch, Postdemocrazia (2000), Laterza, Roma-Bari 2003.8

    Cfr. H.G. Gadamer, Hans Blumenberg: die Legimitt der Neuzeit, PhilosophischeRundschau, XV, 1968, p. 201.

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    per raggiungere le masse, deve sopprimersi come speculazione e realizzarsicome religione (Lwith, Aron, Voegelin, Del Noce).9

    Le obiezioni sollevate da Hans Blumenberg contro queste versioni del teo-

    rema della secolarizzazione sono ben note e si ricapitolano nella contestatacapacit del concetto di secolarizzazione di dare conto del processo dissolutivodelle ipostasi teologico-politiche premoderne. Ma dove, precisamente, debbonoessere localizzati i limiti del teorema della secolarizzazione? Secondo il suomaggiore avversario, nella dipendenza perversa di tale teorema dalla categoriadi sostanza. In altri termini, limpossibilit di significare efficacemente laSelbstbehauptung del mondo moderno, onde liberare la Modernit dalla dipen-denza da ci che nega, va addebitata alla permanenza illegittima di unipotecaonto-teologica, premoderna, che condiziona la ricostruzione storica, impedendodi cogliere la positiva novit portata alla ribalta dal Moderno. Significativa-

    mente, Blumenberg cita a sostegno della propria tesi proprio Hannah Arendt,riconoscendole il merito di aver smascherato il pregiudizio teologico sottesoallidea che il risultato della rinuncia a speranze teologiche e trascendenti sia gida sempre determinato come immanenza, come mondanit.10

    Non c dubbio che, per lallieva di Heidegger, let moderna debba esseredescritta non tanto come lepoca dellalienazione di Dio in funzione del riscattopolitico dellimmanenza, quanto piuttosto come lepoca dellalienazione delmondo, dellacosmismo.11 Ben altrimenti che in una teologia negativa, o in unesproprio laico di contenuti precedentemente assegnati allegemonia dellesege-

    si dogmatico-ecclesiale, il mondo moderno si dichiara e si riconosce in unacosmologia negativa, vale a dire nellimpossibilit di pervenire ad una consape-volezza di se stesso capace di salvaguardare ci che, fuori dal lessico teoretico

    9 Oltre ai gi citati saggi di Heidegger e Schmitt, si vedano, rispettivamente, M. Weber,Leticaprotestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905), Rizzoli, Milano 1991; K. Lwith, Significato efine della storia (1949), Il Saggiatore, Milano 1998; R. Aron, Lavvenire delle religioni secolari(1944), in S. Forti (a cura di),La filosofia di fronte allestremo. Totalitarismo e riflessione filosofica,Einaudi, Torino 2004, pp. 3-32; E. Voegelin,La nuova scienza della politica (1952), Borla, Torino1968; A. Del Noce,Il problema dellateismo, Il Mulino, Bologna 1964.

    10 H. Blumenberg, La legittimit dellet moderna, cit., pp. 14-15. Per un confronto traBlumenberg e Hannah Arendt si pu vedere E. Brient, Hans Blumenberg e Hannah Arendt on theUnwordly Wordliness of the Modern Age, Journal of the History of Ideas, LXI, 3, 2000, pp.513-532. Sul problema del Moderno in H. Arendt si veda C. Galli, Hannah Arendt e le categoriepolitiche della modernit, in R. Esposito (a cura di), La pluralit irrappresentabile, QuattroVenti,Urbino 1987, pp. 15-28.

    11 Acosmismo, giova ricordarlo, il termine con cui Hegel designa la filosofia di Spinoza, inquanto nega realt alla determinazioni finite del mondo per risolverle nellunicit della sostanzadivina. Non un caso che la Arendt ometta di ricordare la primogenitura idealista del concetto diacosmismo, dal momento che la nozione hegeliana subisce una profonda revisione in direzionemarcatamente antidialettica: la riabilitazione arendtiana della fenomenicit del mondo, infatti, corre

    di pari passo con la tesi della radicale contingenza dello stesso, in vista di una definizione dellalibert che vieta di identificare questultima con la necessit compresa dal pensiero.

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    della rappresentazione, permette di parlare di mondo come spazio antropolo-gicamente necessario per ospitare lagire umano. In unaccezione pi ristrettarispetto alla tradizionale estensione semantica del concetto di cosmo (metafora

    di un ordine del reale a cui essenziale lattributo della necessit), la nozionearendtiana di mondo esclude lo sfondo delle condizioni generali della vita orga-nica. Il mondo di cui parla la Arendt lo spazio qualificato connesso allele-mento artificiale della vita umana sulla terra, risultante dallaccumulo deglisforzi finalizzati a edificare una realt durevole che sopravviva allavvicendarsidelle generazioni. In questo senso, il mondo vale, contemporaneamente, comecategoria dello spazio e come categoria del tempo. Allesistenza del mondo, neitermini pocanzi precisati, si deve infatti la percezione di una durata che non mera successione cronologica, ma tempo umano, tempo storico: in una parola,un tempo capace di infrangere le barriere della biografia individuale, cos come

    di opporsi alla deriva entropica del ciclo vitale. Per altro verso, il mondo, inquanto sfera pubblica, d luogo ad una specifica modalit di relazione che, sottoil segno di una radicale contingenza, unisce e separa gli uomini al tempo stesso,che li fa essere gli uni con gli altri, anzich pero contro gli altri.12 L dove illegame intersoggettivo mediato dallazione e dal linguaggio, anzich dalloscambio mercantile; l dove non si entra in rapporto con uninnominabile Alte-rit, ma con una pluralit di esseri umani uguali e distinti al tempo stesso; ldove il senso della politica si precisa non come surrogato di antiche consistenzeteologiche, ma come libert di dare inizio insieme a qualcosa di nuovo; l dove

    la relazione intersoggettiva condizione indispensabile non soltanto allazione,ma altres garanzia della realt delle cose che appaiono da diversi punti di vista:l, per la Arendt, c mondo.13

    Stando alla definizione di mondo pocanzi delineata, dalla quale indisso-ciabile una visione a dir poco esigente del vivere in comune, non sorprende chelattenzione arendtiana si sia prevalentemente appuntata sulle condizioni di im-

    possibilit (di cui la storia offre numerosi esempi) di una politica liberata daivincoli eteronomi che ne delimitano i confini dallesterno. Lanalisi arendtianadellacosmismo pu essere fruttuosamente messa in relazione non soltanto,come stato suggerito, con i problemi generati dalla dismisura tecnico-

    scientifica che minaccia lintegrit del mondo e la stessa sopravvivenza dellaspecie,14 ma altres con la crisi che attanaglia il paradigma della secolarizza-

    12 Cfr. H. Arendt, Vita activa (1958), Bompiani, Milano 2000, pp. 58-182.13 Va sottolineato che la mobilitazione della categoria (kantiana, letteralmente cosmo-politica)

    di mondo implica limmediato declassamento della categoria di comunit, strutturalmenteesposta, nella sua accezione pi frequentata, alla deriva involutiva di ossessioni identitarie connesseallipostatizzazione di unalteritas culturale o razziale. Sulla questione della comunit in HannahArendt si pu vedere R. Esposito, Polis o communitas?, in S. Forti (a cura di), Hannah Arendt,Mondadori, Milano 1999, pp. 94-106.

    14

    Cfr. E. Tassin, Lazione contro il mondo. Il senso dellacosmismo, in S. Forti (a cura di),Hannah Arendt, cit., pp. 136-154.

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    zione, specie alla luce di quel fenomeno che la sociologia contemporanea desi-gna come deprivatizzazione della religione.15 Su questultimo punto ci sarmodo di tornare nelle osservazioni finali; per ora, preme attirare lattenzione su

    un equivoco che linterpretazione della posizione arendtiana difesa daBlumenberg rischia di alimentare.Quando la Arendt scrive che la Riforma protestante fu allorigine della

    scomparsa del carattere pubblico dello spazio ecclesiale e che agli albori delletmoderna non fu tanto la funzione del politico a cambiare, quanto piuttostogli ambiti che sembravano rendere necessaria la politica,16 allopera unanetta distinzione tra secolarizzazione in quanto fatto giuridico e secolarizzazionein quanto genealogia filosofica del mondo moderno. La pensatrice ebrea prendeatto della scissione tra Chiesa e Stato, rimarcando come questa irreversibileseparazione della religione dalla politica rappresenti un fenomeno la cui riper-

    cussione su entrambe cos fondamentale da rendere qualunque altra spiega-zione pi credibile di quella graduale trasformazione delle categorie religiose inconcetti secolari, sostenuta dai difensori della continuit ininterrotta.17 Lasecolarizzazione, dunque, non va concepita come processo, come movimento dilunga durata, come trasformazione molecolare di una religiosit costretta a mi-surarsi con un mondo finalmente adulto. La secolarizzazione , innanzitutto,cesura storico-politica: la coscienza del fenomeno include la rilevazione di unpunto di non ritorno la quale, nondimeno, non d luogo diagnosi epocali intornoa un supposto esito obbligato del vivere associato. Indizio primario di questa

    cesura, che non attesta alcuna necessit con la quale doversi riconciliare e chenon autorizza alcuna prospezione futurologica, leclissi del concetto di auto-rit,18 in un contesto in cui la politica, sfornita di ogni sanzione trascendente, sitrova riassorbita in un pi vasto progetto di autogiustificazione del finito.Daltra parte, lirrilevanza del principio di autorit in epoca moderna o, permeglio dire, la sua metamorfosi nella procedura di autorizzazione sovrana nel

    15 Cfr. J. Casanova, Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pubblica(1994), Il Mulino, Bologna 2000.

    16 H. Arendt, Che cos la politica?(1993), Comunit, Torino 2001, frammento 3b, p. 51.17 Id., Il concetto di storia: nellantichit e oggi, in Tra passato e futuro (1961), Garzanti,

    Milano, 2001, p. 104.18 Id., Che cos lautorit?, in Tra passato e futuro, cit., pp. 130-192. Etimologicamente, il

    concetto di autorit conosce due diverse, ma non necessariamente esclusive, derivazioni: dal verboaugere, aumentare, accrescere, e dal sostantivo auctor, colui che fa nascere. Da qui, la costellazionesemantica dellauctoritas (a cui la Arendt fa riferimento nel corso del saggio), legata alla fonda-zione, alloriginare in virt di una forza superiore; e, sempre da qui, lintreccio tra sfera politica esfera religiosa, giacch lidea di autorit allude ad uneccedenza di senso che non si lascia ridurreagli automatismi del mondo amministrato. In questo senso, allora, la Arendt ha buon gioconellosservare che il rapporto di autorit tra chi comanda e chi obbedisce non si fonda n sulla vio-lenza, n sulla persuasione: entrambe le parti in causa hanno in comune la gerarchia di un ordine

    dato, anzich costruito, che entrambe riconoscono come legittimo e in cui entrambe occupano unposto fisso e stabilito.

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    quadro della giustificazione hobbesiana dellobbedienza politica, rappresentasoltanto laltra faccia di un mutamento che coinvolge anche la religione, e che siesplicita nellablazione dellunico elemento politico che il cristianesimo abbia

    conosciuto: la fede nellimmortalit dellanima, in una prospettiva di castighi ericompense ultraterreni. Ed precisamente la sostituzione di uneconomia dellapaura alleconomia della salvezza, vale a dire limpossibilit di sperimentare lalibert nellinter-esse umano, essendo questultima assicurata dalla dissoluzionedel legame sociale (dalla depoliticizzazione dei singoli, in concomitanza con ladevoluzione di potere al Leviatano) in vista della messa in salvo del proprium, avietare di dedurre, dal fatto della privatizzazione della devozione religiosa, latesi di unimprovvisa attribuzione di dignit allattivit politica. Questa circo-stanza dipende dal fatto che la scoperta moderna del sistema dei bisogni,linvenzione della societ come sfera capace di annullare la distinzione tra

    pubblico e privato, genera una nuova consapevolezza sullo iato spalancatosi trala tradizione, che nel lavoro manuale ha sempre visto il simbolo dellasoggezione umana alla necessit (e, in una visione religiosa, al peccato), e letmoderna, che ha esaltato il lavoro arrivando a scorgervi la cifra della libertpositiva delluomo: la libert della capacit produttiva, affatto diversa da quella(biologicamente disinteressata) esperita nella relazione politica tra soggettiegualmente liberi.

    Sennonch, Blumenberg ritiene che nella categoria di acosmismo siconservi un residuo sostanzialistico, da individuare nella presupposta continuit

    tra acosmismo moderno e acosmismo cristiano: stando allopinione del filosofotedesco, per la Arendt, let moderna altro non sarebbe che la prosecuzione conaltri mezzi della tradizionale diffidenza cristiana nei confronti della vitaactiva.19

    3. Critica della ragione funzionale

    A ben vedere, la posizione della Arendt risulta pi complicata di quanto lo stu-dioso tedesco non dia a intendere. Va detto, anzi, che se confrontata con le tesidi Blumenberg, la critica arendtiana alle premesse metafisiche del teorema dellasecolarizzazione risulta notevolmente pi avanzata, precisamente nella misura incui aggredisce frontalmente i principi che fanno della teoria blumenburghianauna variante interna del teorema della secolarizzazione, pi che un suo organicosuperamento. Diversamente dalla Arendt, infatti, Blumenberg conserva senzariserve il postulato di unidentit capace di garantire la continuit del processostorico, con la clausola che tale identit va intesa in senso funzionale, anzichsostanziale. Ci significa che la storia diventa comprensibile a condizione di

    19 Cfr. H. Blumenberg,La legittimit dellet moderna, cit., pp. 14-15.

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    ammettere che contenuti del tutto eterogenei tra loro possano svolgere, inepoche diverse, la medesima funzione: ci che accaduto prevalentemente, ocomunque finora con poche eccezioni specifiche e riconoscibili, nel processo

    interpretato come secolarizzazione afferma Blumenberg pu essere descrittonon come trasposizione di contenuti teologici nella loro autoalienazione seco-lare, ma come nuova occupazione di posizioni divenute vacanti le cui relativedomande non poterono essere eliminate.20

    In pi di unoccasione la Arendt ha avuto modo di appuntare affilati stralipolemici contro la tesi dellidentit funzionale e contro la metafora della rioccu-pazione di loci teorici lasciati vacanti, mettendone in luce il tratto ideologico emistificante:

    Questi studiosi hanno presenti soltanto le funzioni; a loro avviso, tutte le

    cose che assolvono a una stessa funzione possono essere chiamate con lostesso nome []. Nella possibilit dellateismo di assolvere le stessefunzioni della religione, il conservatorismo trover la prova migliore diquanto la religione sia necessaria, e raccomander il ritorno alla verareligione come unico modo per opporsi a una eresia.21

    Poco dopo, la Arendt aggiunge:

    Spesso lo stesso argomento usato riguardo allautorit: se svolge la stessafunzione dellautorit (costringere allobbedienza), la violenza autorit.

    Anche qui troviamo quanti consigliano un ritorno allautorit perch solo larestaurazione del rapporto ordine-obbedienza sarebbe in grado di dominare iproblemi della societ di massa.22

    Difficilmente si potrebbe sopravvalutare limportanza della critica arendtianadel funzionalismo, inteso non semplicemente come indirizzo metodologico dellescienze sociali,23 ma come attitudine complessiva di pensiero che, nella tradi-zione occidentale, ha ripetutamente segnato i rapporti tra filosofia e politica, trateoria e prassi. In generale, la Arendt intende con funzionalismo quella ten-denza a imporre strutture di senso sovraindividuali alla sfera degli affari umani a

    prezzo di una sistematica dissociazione tra le idee e lesperienza, che obbediscealla logica, potenzialmente mortifera, della fungibilit totale. In questa acce-

    20 Ivi, p. 71.21 H. Arendt, Che cos lautorit?, cit., p. 143.22Ibidem, p. 144.23 Della necessit di muovere da presupposti funzionalistici non dubita, ad esempio, la sociolo-

    gia comprendente di Max Weber che, alla determinazione della natura dellagire sociale, premettela conoscenza di quale specie di azione sia funzionalmente importante in base ai parametri dellaconservazione e della continuazione. Solo in seguito possibile domandarsi in che modo questo

    agire sorga e quali motivi lo determinino. Su questo si veda M. Weber, Economia e societ. Teoriadelle categorie sociologiche (1922), Comunit, Milano 1995, pp. 4-21.

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    zione ampia, la strumentalizzazione dei concetti, a cagione della quale una cosaviene definita e compresa non a partire dalla cosa stessa, ma dalla funzione chequesta svolge in un contesto pi esteso, ci che impedisce di effettuare distin-

    zioni categoriali, di circoscrivere sfere di indagine e ambiti di vita governati danorme tra loro eterogenee, di cogliere il senso della differenza tra esperienzeirriducibili e finanche lemergenza del novum nel suo aspetto di stato dec-cezione che irrompe con la carica provocatoria del miracolo, inattingibilemediante la scoperta di nessi causali come caratteristica essenziale dellac-cadere storico.24 Linsistenza arendtiana sullimportanza della distinzione, sullanecessit di predicare lindividualit storica senza riassorbirla in un anonimoprocesso, si lascerebbe mal decifrare senza ricollegarla allevento singolare perantonomasia: il totalitarismo.

    Allindomani della seconda guerra mondiale, non pochi furono i tentativi di

    spiegare la catastrofe europea come effetto della protervia prometeica di unmondo completamente secolarizzato. La tesi della secolarizzazione potevaessere agitata da una prospettiva religiosa (come lamento pronunciato contro larimozione di ogni riferimento a un ordine trascendente), ma anche da una pro-spettiva critica, entro la quale la denuncia del lato dialettico e totalitariodellIlluminismo conviveva con il riferimento a motivi di ordine teologico-politico.25 In Germania simili letture godevano di una certa popolarit: da unlato, consentivano di radicalizzare lanalisi filosofica, ricollegando la logica deldominio non ad una specifica formazione sociale, ma alle proteiformi riprodu-

    zioni storiche di ununica ratio viziata alla radice. Dallaltro lato, esse permette-vano di inserire la catastrofe nazista in un contesto europeo, ridimensionando leresponsabilit del popolo tedesco. Celebre, nellambito di quel dibattito, fula polemica (iniziata nel 1951 per via epistolare e proseguita nel 1953 sulle pa-gine della Partisan Review) che oppose la Arendt al filosofo cattolico EricVoegelin, secondo il quale il totalitarismo rappresentava la forma conclusiva diuna civilt votata al culto del progresso ed esposta alla dominazione esistenziale

    24 Sul problema della storia in Hannah Arendt rinvio a L. Bazzicalupo, Hannah Arendt. La sto-ria per la politica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1996. La posizione della Arendt, in rela-zione al tema della storia, chiaramente solidale con il programma antistoricista di WalterBenjanim, di cui condivisa laspirazione a liquidare lelemento epico della storia e a recuperare unrapporto con il passato posto sotto il segno della citabilit, al di fuori di quellesplicito atto di sele-zione (di norma effettuato dai vincitori) distribuita nella durata che si suole designare come tradi-zione. Cfr. W. Benjamin, Sul concetto di storia (1942), Einaudi, Torino 1997, pp. 21-57, a cui biso-gnerebbe affiancare, di Hannah Arendt, Premessa: la lacuna tra passato e futuro, in Tra passato e

    futuro, cit., pp. 25-39.25 Adorno e Horkheimer hanno visto nellantisemitismo la lotta del Dio cristiano (espressione di

    una troppo umana volont di potenza) contro il Dio ebraico, che non assolutizza la finitezza e

    lascia la creatura alla propria materialit. Cfr. M. Horkheimer, T.W. Adorno, Dialetticadellilluminismo (1944), Einaudi, Torino 1997, pp. 182-223.

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    di attivisti gnostici.26 Facendo iniziare la Modernit nel IX secolo, e riducendolaal settarismo immanentista delle correnti gnostiche, Voegelin individuava lacausa della catastrofe europea nella volont di racchiudere nellimmanenza il

    senso complessivo della storia e nella pretesa di trasformare gli uomini inmembri del Nuovo Regno senza la mediazione sacramentale della grazia.A una simile impostazione, la Arendt oppone il deciso rifiuto di attribuire al

    totalitarismo unessenza gradualmente rivelantesi nella storia. Il totalitarismocostituisce, per lallieva di Heidegger, un unicum storico-politico i cui prodromi,le cui origini possono s essere fatte risalire alla cristallizzazione di fenomenitipici del mondo moderno, senza tuttavia che risulti lecito ipotizzareloperativit di una legalit immanente al decorso storico, tale da serbare in s(in uno stato di latenza a cui una casuale congiuntura politica farebbe da deto-natore) i germi della catastrofe. Alla luce della polemica nei confronti delle

    filosofie della storia, il voluminoso studio arendtiano del 1951 pu senzaltroessere letto anche come una replica ai teorici della secolarizzazione. Sulversante metodologico, la critica della ragione funzionale si sostanzia nellaconvinzione che il modello nomotetico della spiegazione causale non pu cherivelarsi inadeguato ad affrontare e comprendere il fatto straordinario che unfenomeno cos piccolo (e nella politica mondiale cos insignificante) come laquestione ebraica e lantisemitismo sia potuto diventare il catalizzatore, prima,del movimento nazista, poi di una guerra mondiale, e infine della creazionedelle fabbriche della morte.27 Ma, pi ancora che attraverso la costruzione di

    un vocabolario della contingenza, sotto il profilo sostanziale, di contenuto,che la risposta arendtiana al teorema della secolarizzazione consente diavvicinare il problema dellacosmismo e soppesarne il rilievo nel contesto dellaprestazione complessiva dellautrice di Vita activa.

    4. Figure dellacosmismo

    A screditare la lettura convenzionale della secolarizzazione interviene accantoalle notissime pagine che concludono lopera del 1951 e che definiscono il tota-litarismo non come culmine del destino nichilistico dellOccidente, ma comeinedito tentativo di estirpare dal mondo qualsiasi traccia di spontaneit umana lanalisi di quei fattori che si sarebbero cristallizzati nella costellazione totalita-ria, antisemitismo e imperialismo, qui ripercorribile soltanto per sommi capi. Lafatale ingenuit di chi, nellepoca della secolarizzazione, ripone fiducia inunopera di trascrizione laica di contenuti religiosi, risalta con drammaticaevidenza alla luce della risposta ebraica allantisemitismo nel corso del XIX se-

    26

    Cfr. E. Voegelin,La nuova scienza della politica, cit., p. 204.27 Cfr. H. Arendt,Le origini del totalitarismo (1951), trad. Comunit, Torino 1999, p. LII.

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    colo.28 Nel quadro del disfacimento del sistema degli stati nazionali, entro ilquale la funzione politica degli ebrei era stata assicurata dalla capacit di soddi-sfare il fabbisogno statale di credito e dalla creazione di una rete di collega-

    mento internazionale tra gruppi ebraici, gli ebrei iniziano a servirsi dello slogandellantisemitismo eterno, ritenendo che lappello a una minaccia metafisicaavrebbe, di riflesso, assicurato leterna esistenza del popolo ebraico. In un con-testo di totale sottovalutazione politica della portata reale della minaccia,maturano le condizioni per una riformulazione della fede nellelezione svuotatadi qualsiasi contenuto religioso la quale, da un lato, intensifica lo sciovinismonazionalista costruito intorno allAlterit ebraica, mentre, dallaltro, riducequesta Alterit a una misteriosa qualit del carattere, a un esotico trattopsicologico. A ci, come si accennato, si aggiunge la crisi dellojus publicumeuropaeum, venuta definitivamente in chiaro in concomitanza con il decollo

    dellespansione imperialista. A colpire lattenzione della Arendt sono le moda-lit tramite cui si attua quella che, non senza unaudace sopravvalutazione deltradizionale disinteresse della borghesia europea verso il controllo dei centri didirezione politica, la filosofa ebrea definisce lemancipazione politica dellaborghesia.29

    Laffermazione dellimperialismo europeo porta in primo piano qualcosa dipi della semplice riduzione della politica a mezzo in vista del conseguimento difini economici. Non mette conto addentrarsi qui nella questione, per molti versiinsipida, della controversa e, a detta di molti, sprovveduta, separazione tra

    economia e politica che la Arendt ha sempre, ostinatamente, difeso. Tale separa-zione potrebbe essere accusata di sprovvedutezza a giusto titolo, se lallieva diHeidegger avesse esplicitamente negato alla politica il compito di concorreread unorganizzazione razionale dellesistenza. Ora, la disamina arendtianadellemancipazione politica della borghesia procede in direzione esattamentecontraria, nella misura in cui sono la spinta allespansione economica illimitatae la ricerca del profitto in progressione continua 30 a mettere a nudo nonsoltanto la natura antiutilitaria e antipolitica dellimperialismo. Laccumulazioneprotratta a oltranza, fino a realizzare unintegrale penetrazione di tutti gli spazinon capitalistici del globo, svela, in ultima analisi, la contro-finalit antropolo-

    gica e politica dellimperialismo, dal momento che la struttura politica, a diffe-renza di quella economica, non pu espandersi allinfinito, perch non si basasulla produttivit umana.31

    28Ibidem, pp. 3-123.29 Ivi, pp. 171-220.30 Lanalisi arendtiana dellimperialismo ricalca da vicino le tesi svolte da R. Luxemburg,

    Laccumulazione del capitale. Contributo alla spiegazione economica dellimperialismo (1913),

    Einaudi, Torino 1968.31 H. Arendt,Le origini del totalitarismo, cit., p. 192.

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    Lanalisi congiunta di antisemtismo e imperialismo mette capo a un intreccioproblematico che ben si lascia illuminare se rapportato alla coppia concettualespazio desperienza/orizzonte daspettativa, messa a punto da Koselleck in or-

    dine alla chiarificazione della semantica dei tempi storici.32

    La riduzione dellospazio desperienza che, per la Arendt, solo con lavvento del totalitarismo toc-cher il suo grado zero, si produce qui su due fronti: liperdilatazionedellinteriorit, da un lato, e lobiettivo di una crescita economica indefinita,dallaltro lato. Il culto del s, lillusoria pretesa di autenticit che si annida nelrifiuto della politica,33 e lipertrofia di una sfera, quella socioeconomica, che,nella rigida partizione arendtiana, attiene alla dimensione esclusivamente biolo-gica dellumanit: alla vita nel suo tratto di dura necessit, nella sua ripetizioneciclica, inaccessibile al linguaggio e incapace di generare automaticamente li-bert. Leclissi di un mondo in comune, ovvero di unarena pubblica posta a ga-

    ranzia dellesercizio collettivo della libert, avanza parallelamente alla clamo-rosa smentita di quella promessa di sicurezza che il procedere per cause, neutra-lizzando la possibilit dellazione libera da parte dei singoli, sembrava garantire.Lorizzonte daspettativa che, hobbesianamente, si riteneva di poter circoscri-vere more geometrico, attraverso la neutralizzazione del conflitto e unaccortaredistribuzione della paura, risulta completamente scompaginato. Ci non di-pende soltanto dal fatto che la mediazione degli antagonismi interni, con cui loStato moderno si legittima, finisce col risolversi in una loro proiezioneallesterno, giacch la costante possibilit di una guerra ad assicurare allo

    Stato un accrescimento del proprio potere. Limpossibilit di arrivare ad unacompleta razionalizzazione dellattesa nella pianificazione del futuro, diprodurre quella reciproca elisione di timore e speranza di cui si nutrelutopia di un universo amministrato, trova drammatica conferma nellepocadellimperialismo. Ci non dovrebbe troppo sorprendere, tenendo conto delprimato dei processi che non solo hanno completamente soppiantato il tradi-zionale concetto di fabbricazione, ma, come si visto, sono stati assunti a para-digma della spiegazione storica. Insistendo sullanalogia tra attivit intellettualee attivit produttiva, si pu dire che, ai passi separati che scandiscono tanto il

    32 Cfr. R. Koselleck, Ehrfahrungsraum und Erwartungshorizont zwei historischeKategorien, in U. Engelhardt, V. Sellin e H. Stuke (a cura di), Soziale Bewegung und politischeVerfassung. Beitrge zur Geschichte der modernen Welt, Klett, Stuttgart 1976, pp. 13-33.

    33 Con ci si entra nel vivo della critica arendtiana a Heidegger, sviluppata nelle pagine delloscritto Che cos la filosofia dellesistenza? (1946), in S. Forti (a cura di),Archivio Arendt 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 197-221. Il giudizio negativo della Arendt sullanalitica esisten-ziale heideggeriana, accusata di essere una forma mascherata di teologia negativa, avrebbe avuto unacerta risonanza presso gli intellettuali tedeschi dellepoca. Su una linea analoga, nel suo momentocritico, a quella sviluppata dalla Arendt si possono vedere T.W. Adorno, Il gergo dellautenticit.Sullideologia tedesca (1964), Bollati Boringhieri, Torino 1989; K. Lwith, Dio, uomo e mondo

    nella metafisica da Cartesio a Nietzsche (1967), Donzelli, Roma 2000, pp. 39 sgg.; H. Blumenberg,Tempo della vita e tempo del mondo (1986), Il Mulino, Bologna 1996, pp. 36 sgg.

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    possibilit di equivoco, come lastensione cristiana dal mondo sia conseguentealla sacralizzazione della vita individuale, nella convinzione che limmortalit,lungi dallessere un attributo riservato alla specie nel suo complesso, sia invece

    destinata e ripartita tra i singoli viventi. La vita umana diventa sacra pi di ognialtra cosa al mondo soltanto ammettendo che questultimo debba perire persempre, sicch, se nel susseguirsi delle vicende umane deve trovarsi un signifi-cato, questo significato deve di necessit trascendere i singoli avvenimenti. Inquesto senso, la componente eudaimonistica di cui si nutre laspirazione alSommo Bene (ovvero, laspirazione alla vita senza la morte), a determinarelannichilimento di tutti i legami mondani. Vivere nella caritas vuol direqualificare il proprio agire davanti a Dio, non davanti agli uomini. Lungi dalcontraddire questa tesi, il motivo, caro ad Agostino, della dilectio proximi nerappresenta una vigorosa conferma. Amare laltro sicut Deus et tamquam se

    ipsum significa infatti amare il prossimo nellassoluta indifferenziazione e,contemporaneamente, nel segno della rinuncia al se stesso terreno, ragion percui il prossimo non esperito nei concreti rapporti mondani, per esempio comeamico o come nemico. Il prossimo, in altre parole, non tale in virt dellarelazione che intrattiene con i suoi simili, ma in virt della sua relazione con Diola quale, nella prospettiva della beatitudine eterna, identica per tutti.

    Occorre notare che se linteresse per limmortalit individuale non ha pialcuna rilevanza nel mondo moderno, ancora meno sembra averne la secondafonte dellacosmismo cristiano: lesercizio della bont. Va detto che, diversa-

    mente dalla fede nella resurrezione, il cui collasso pu essere addebitato allasecolarizzazione e alla mutata concezione della vita, la pratica delle opere buonerisulta afflitta da unaporia costitutiva, che attiene alla problematica delfariseismo. Per paradossale che possa apparire, il ritiro dalla sfera pubblica deveessere inteso come unimmediata conseguenza dellimpegno a compiere operebuone, poich la bont pu esistere solo quando non avvertita nemmeno dachi la compie; chiunque si vede fare una buona azione non pi buono, matuttal pi un membro utile della societ o un membro devoto della Chiesa. 37Come conciliare, infatti, la necessit di agire per il Bene, e quindi di trasferire labuona intenzione dallopacit della coscienza alla luce del mondo, con il pre-

    cetto non sappia la tua mano sinistra ci che fa la tua destra? Come dar corsoalle buone opere rimanendo invisibili non solo agli altri, ma addirittura a sestessi, e preservarsi cos dallipocrisia? Certa dellimpraticabilit, nelle condi-zioni del mondo moderno, della risposta paolina alle aporie che vanificano glisforzi degli uomini posti sub lege,38 la Arendt non ha che un modo per prevenire

    37 H. Arendt, Vita activa, cit., p. 54.38 Paolo,Lettera ai romani, 13, 13: mettiamo da parte le opere proprie delle tenebre e rivestia-

    moci delle armi della luce. Comportiamoci con la dignit che conviene a chi agisce di giorno: non

    gozzoviglie e orge, non lussurie o impudicizie, non litigi o gelosie. Ma rivestitevi del Signore GesCristo e non indulgete alla carne, seguendo i suoi impulsi sfrenati.

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    latrofizzazione dellagire senza dover fare appello alla trascendenza del Bene ealla fede nella potenza restaurativa dellazione vicaria di un redentore: guada-gnare lorizzonte del mondo. Si badi: non si tratta qui di un orientamento gene-

    rico a favore dellateismo e dellimmanenza, e ancor meno di un orientamento afavore dellUomo e della sua funzione ordinante. Quando la Arendt parla dimondo, intende valorizzare precisamente quella irrappresentabile pluralitumana su cui la linea egemone del pensiero politico moderno ha puntato losguardo con lobiettivo primario di esorcizzarne il lato anarchico, potenzial-mente distruttivo, mediante il ricorso ad una metafisica dellordine.

    Il disincanto con cui, fin dagli anni giovanili, la Arendt ha guardatoallamore cristiano come a una tra le pi potenti forze antipolitiche costituisce laspia di un atteggiamento pi generale, che osserva con diffidenza ogni tentativodi surrogare il vincolo politico con iniezioni di virt affatto estranee ad una mo-

    dalit di relazione che prevede la condivisione di un mondo e della libert rea-lizzabile in esso, e non lunificazione deiplures in un comune sentire. A propriavolta, questa diffidenza radicata nella consapevolezza, maturata sul terrenodella ricerca filosofica e comunicatasi allambito dellindagine politica, delparadosso storicamente mutevole e aperto a soluzioni mai predeterminabili di una comunit umana fondata sullalienazione dal mondo.

    5. Conclusioni

    Il paradosso di una comunit umana fondata sullalienazione del mondo: im-possibile non vedere in questo nodo teorico e pratico il rovello che governalintera riflessione di Hannah Arendt e intorno al quale si stringe il plesso seco-larizzazione/acosmismo. Il rispetto per la singolarit storica convive problemati-camente, nella filosofa ebrea, con lesigenza di individuare il peccatodomissione della cultura occidentale, la mancanza di una nozione pura del po-litico. Naturalmente, nulla impedirebbe, a questo punto, di procedere a unana-lisi finalizzata a verificare se un simile risultato sia stato conseguito dalla Arendtin forza oppure a spese di una rigorosa applicazione dei criteri epistemologici dalei difesi. Non ci sarebbe da sorprendersi a fronte della rilevazione di molteplicie profonde incongruenze. Ma, a parte lovvia constatazione che nessuna pro-duzione di teoria sarebbe possibile senza il ricorso ad unidealizzazione che,inevitabilmente, non render mai giustizia alla ricchezza del molteplice, inunaltra direzione che la prestazione arendtiana merita di essere interrogata.

    La questione della secolarizzazione si ripropone oggi come problema apertoa fronte di una crescente, e da molti imprevista, pretesa di rilevanza pubblica daparte delle religioni organizzate. Le religioni si deprivatizzano, avanzanorichieste di riconoscimento anche al di fuori della ristretta cerchia dei fedeli. In

    alcuni casi, si propongono come forza culturalmente egemone seriamente

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    intenzionata a dar vita, sfruttando gli strumenti della politica, a progetti dimobilitazione missionaria della societ. A questa crescente aggressivit il cosid-detto fronte laico si oppone, per lo pi, ribadendo ci che la politica, in un

    mondo secolarizzato, dovrebbe essere: riconoscimento della precariet di ogniordine, sopportazione del nichilismo, critica delle nuove autorit, attivazionedella decisione.39 Non semplice capire su quale fondo di realt si innestiquesto Sollen: perch se con ci si vuole significare che la politica, nella suavariante liberal-democratica, un destino, il modo di abitare il mondonellepoca del suo disincanto, allora non chiaro al di l della carica prescrit-tiva racchiusa nellintransigente difesa dellautonomia della politica daicondizionamenti religiosi per quale ragione la sfera pubblica si trovi assediatasu tutti i fronti. Spiegare tale circostanza riferendosi alla protervia soggettiva digruppi attardati su posizioni storicamente sorpassate, in tutta evidenza, non pu

    essere una risposta soddisfacente.Merito della Arendt non laver fornito soluzioni in ordine alla possibile

    realizzazione di una secolarizzazione, per cos dire, adeguata al proprioconcetto, capace cio di affermarsi come integrale mondanizzazione del vivereassociato. Piuttosto, si deve alla pensatrice tedesca una discussione spregiudi-cata dellaccidentato itinerario storico e ideale che, ancora oggi, pu contribuirea chiarire le origini del vulnus a cui la sfera pubblica delle democrazieoccidentali si trova tuttora esposta. La propensione a unopportunistica colora-zione religiosa del linguaggio politico, pi vistosa oggi che in passato, non era

    sfuggita allallieva di Heidegger, che gi negli anni Cinquanta osservava conallarme la tendenza a interpretare la lotta tra mondo libero e mondototalitario come un conflitto religioso che vedeva in reciproca competizioneuna religione trascendente e una religione secolare. Nel tentativo di fornire unasanzione religiosa alla lotta per la libert si annidava un pericoloso equivoco,che la Arendt non mancava di registrare: il fatto stesso che noi, per quantoriguarda la nostra vita pubblica, ci preoccupiamo pi della libert che di altrodimostra che non viviamo pubblicamente in un mondo religioso.40

    Probabilmente quellequivoco rimasto inalterato, e anzi si intensificato eapprofondito, perch inalterate sono le premesse che lo hanno prodotto. Al di l

    delle motivazioni contingenti e della specificit dei contesti, una conclusionegenerale si impone allattenzione: lidea, cio, che la restaurazione abusiva(abusiva, perch del tutto irrelata alle esperienze fondamentali del nostro tempo)di contenuti religiosi nellambito della sfera pubblica vada ricollegataallincapacit di generare significati condivisi da parte di una politica totalmentesubordinata agli imperativi della riproduzione sociale. questa strategia

    39 Cfr. C. Galli, Libert e laicit, in G. Preterossi (a cura di), Le ragioni dei laici, Laterza,

    Roma-Bari 2005, pp. 28-42.40 H. Arendt,Religione e politica (1953), aut aut, 271-272, 1996, p. 65.

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    argomentativa che, in definitiva, ha permesso alla Arendt di denunciare ilpericolo di derive alienanti e di insorgenze fondamentaliste non ai confiniesterni, bens nel cuore di societ senzaltro disincantate, ma probabilmente non

    abbastanza da prendere sul serio la responsabilit per il mondo.

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    TASSIN,E.1999 Lazione contro il mondo. Il senso dellacosmismo, in S. Forti (a cura di),Hannah

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    VOEGELIN,E.1968 The new science of politics (1952), trad.La nuova scienza della politica, Borla, Torino.WEBER,M.1991 Die protestantische Ethik und der Geist der Kapitalismus (1904-1905), trad.Letica

    protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano.1995 Wirtschaft und Gesellschaft(1922), trad. Economia e societ, Comunit, Milano.

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