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Appunti di analisi armonica

Tommaso R. Cesari

APPUNTI NON UFFICIALI1

(Analisi armonica - corso di Maura Salvatori e Marco Vignati)

1Nota del redattore

Questi appunti sono stati scritti da me durante il Corso (A.A. 2012-2013). Sono assoluta-mente indipendenti dall'iniziativa del Docente. Di queste carte non è fornita alcuna garanziaesplicita o implicita di correttezza o di completezza. In particolare, è assai probabile che ri-sultino presenti numerosi errori delle tipologie più svariate, in primo luogo concettuali, dovutiall'imperizia del curatore. Si sottolinea inoltre che non vi è stato da parte mia alcuno sforzoper rendere gli argomenti formalmente corretti, né tanto meno per dare loro una veste chiarae lineare. Usate dunque le informazioni qui contenute a vostro rischio e pericolo.Tommaso R. Cesari

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Indice

1 Serie di Fourier 41.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 Sistemi trigonometrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.3 Convergenza puntuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.4 Convergenza in media quadratica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

1.4.1 Richiami sulla teoria degli spazi di Hilbert . . . . . . . . . 171.5 A-convergenza (serie numeriche) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

1.5.1 Cesaro-sommabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221.5.2 Abel-sommabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

1.6 Convergenza di Serie di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261.6.1 Medie di Cesaro e nucleo di Fejér . . . . . . . . . . . . . . 261.6.2 Medie di Abel-Poisson e nucleo di Poisson . . . . . . . . . 29

1.7 Due applicazioni pratiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 351.7.1 Il problema di Didone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 351.7.2 Temperatura sottoterra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

2 Trasformata di Fourier 412.1 Introduzione e motivazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 412.2 Il teorema di inversione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

2.2.1 Sommabilità in norma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 542.2.2 Iniettività e suriettività di F in L1 . . . . . . . . . . . . . 59

2.3 Trasformata di Fourier in Lp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 612.3.1 Lo spazio di Schwartz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 612.3.2 Topologia dello spazio di Schwartz . . . . . . . . . . . . . 622.3.3 La trasformata di Fourier in L2 . . . . . . . . . . . . . . . 682.3.4 La trasformata di Fourier in Lp, p ∈ [1, 2] . . . . . . . . . 71

2.4 Spazio delle distribuzioni temperate . . . . . . . . . . . . . . . . 762.4.1 Esempi di distribuzioni temperate . . . . . . . . . . . . . 772.4.2 Derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 812.4.3 Trasformata di Fourier di una distribuzione temperata . . 832.4.4 Convoluzione tra S ′ e S . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

2.5 Formula di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 912.5.1 Caso S . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 912.5.2 Caso L1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94

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INDICE 3

2.6 Principio di indeterminazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . 952.7 Teorema di campionamento di Shannon . . . . . . . . . . . . . . 992.8 Trasformata di Fourier �nestra e basi di Gabor . . . . . . . . . . 1032.9 Teoria delle ondine (accenni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

3 Convergenza in norma di Serie di Fourier 1133.1 Il problema della convergenza in norma . . . . . . . . . . . . . . 1133.2 Coniugio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120

3.2.1 Estensione del coniugio ad L1 . . . . . . . . . . . . . . . . 1253.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) . . . . . . . . . . . . 135

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Capitolo 1

Serie di Fourier

1.1 Introduzione

De�nizione 1 (Funzione periodica). Siano f : R→ R e T ∈ R. Si dice che f èT -periodica se per ogni x ∈ R

f (x+ T ) = f (x) .

Osservazione 2. È chiaro che, se f è T -periodica, per ogni U ∈ R \ {0},anche la funzione f

(TU ·)è U -periodica. Senza perdere in generalità è dunque

possibile �ssare un periodo �comodo� una volta per tutte e costruire la teoriaattorno ad esso. Da qui in poi, tranne che quando diversamente speci�cato, si�sserà T = 2π.

Notazione 3 (Q). Nel corso di queste dispense si utilizzerà sistematicamentela notazione

Q := [−π, π).

Osservazione 4. È chiaro che se una funzione 2π-periodica è nota in Q, alloraè nota su tutto R.

Osservazione 5. Si noti che Q è in corrispondenza biunivoca1 col toro T :=R/2πZ, che è omeomeorfo all'insieme dei punti di bordo del cerchio unitario{eiϑ∣∣ ϑ ∈ Q}.

Notazione 6 (Cper). Nel corso di queste dispense si utilizzerà sistematicamentela notazione

Cper (R) := {f : R→ R | f continua e 2π-periodica} .

Osservazione 7. Dato l'ovvio isomor�smo tra gli spazi seguenti, con un abusodi notazione si scrive

Cper (R) = C (T) = C({eiϑ∣∣ ϑ ∈ Q}) .

1Ma non bicontinua!

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1.2 Sistemi trigonometrici 5

Notazione 8 (Lp). Sia p ∈ [1,∞]. Con Lp (Q) si indica lo spazio delle funzionif : R→ R 2π-periodiche, Lebesgue-misurabili e tali che

1

(ˆQ

|f (x)|p dx

)1/p

< +∞,

quozientato rispetto all'uguaglianza quasi ovunque. Su Lp (Q) si de�nisce lanorma

‖·‖p : Lp (Q) → [0,+∞) ,

f 7→ ‖f‖p :=1

(ˆQ

|f (x)|p dx

)1/p

.

Osservazione 9. Sia p ∈ [1,∞]. Dalle note inclusioni tra spazi Lp su insiemidi misura �nita segue che

L1 (Q) ⊃ Lp (Q) ⊃ L∞ (Q) ,

da cui (proprio grazie al fatto che la misura è normalizzata)

‖f‖1 ≤ ‖f‖p ≤ ‖f‖∞ .

Notazione 10. Data l'ovvia isometria tra gli spazi seguenti, con un abuso dinotazione si scriverà talvolta Lp (T) in luogo di Lp (Q). Con un usuale abusodi notazione si tratteranno inoltre indi�erentemente le classi di equivalenza inLp (Q) e le funzioni che le rappresentano. In�ne, anche se per funzioni in Lp (T)si dovrebbe scrivere

´T f(eit)

dt, si scriverà talvolta´Qf (x) dx.

1.2 Sistemi trigonometrici

De�nizione 11 (Sistema trigonometrico reale). La famiglia (numerabile) difunzioni

{1, cos (n · ) , sin (n · )}n∈Nprende il nome di sistema trigonometrico (reale).

Osservazione 12. Quello precedente è un sistema ortogonale, cioè il prodottoa due a due di funzioni distinte ha integrale nullo e l'integrale del quadrato diogni funzione è uguale ad 1.

De�nizione 13 (Polinomio trigonometrico (reale)). Sia N ∈ N. Si dice cheT : R→ R è un polinomio trigonometrico (reale) di grado N se esistono 2N + 1costanti a0, a1, . . . , aN , b1, . . . , bN ∈ R tali che, per ogni x ∈ R

T (x) =a0

2+

N∑n=1

(an cos (nx) + bn sin (nx))

e almeno uno tra aN e bN è diverso da zero2.2Ovvero se è una combinazione lineare dei primi N elementi del sistema trigonometrico

reale.

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1.2 Sistemi trigonometrici 6

Problema 14. Supponendo che il membro di destra nella formula seguenteconverga puntualmente su R, la funzione somma S, de�nita per ogni x ∈ R da

S (x) :=a0

2+

∞∑n=1

(an cos (nx) + bn sin (nx)) ,

è certamente 2π-periodica. Quali altre proprietà possiede?

Teorema 15. Siano {an}+∞n=0 , {bn}+∞n=1 ⊂ R. Se le serie numeriche

∑+∞n=0 |an|

e∑+∞n=1 |bn| convergono, allora la serie trigonometrica (reale)

x 7→ S (x) :=a0

2+

∞∑n=1

(an cos (nx) + bn sin (nx))

converge totalmente su R, dunque S ∈ Cper (R).

Dimostrazione. Ovvia.

Teorema 16 (Dirichlet). Siano {αn}n∈N ⊂ R e {γn}n∈N ⊂ C. Se per n→ +∞,

αn ↘ 0 e le somme parziali{∑N

n=1 γn

}N∈N

⊂ C sono equilimitate 3, allora la

serie+∞∑n=1

αnγn

converge.

Corollario 17 (Teorema di Dirichlet-Abel). Se {dn}n∈N ⊂ R e per n → +∞,dn ↘ 0, allora le serie numeriche

x 7→+∞∑n=1

dn cos (nx) e x 7→+∞∑n=1

dn sin (nx)

convergono puntualmente su [−π, π] \ {0}.

Dimostrazione. Segue dal Teorema di Dirichlet. Basta �ssare x ∈ [−π, π] \ {0},de�nire per ogni n ∈ N

γn := einx (6= 1)

ed osservare che per ogni N ∈ N∣∣∣∣∣N∑n=1

einx

∣∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣eixN−1∑n=0

(eix)n∣∣∣∣∣ =

∣∣eix∣∣ ∣∣∣∣eiNx − 1

eix − 1

∣∣∣∣≤ 2

|eix − 1|=: C.

3I.e. se esiste C > 0 tale che per ogni N ∈ N,∣∣∣∑N

n=1 γn

∣∣∣ ≤ C.

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1.2 Sistemi trigonometrici 7

Osservazione 18. Chiaramente se x = 0 la serie del coseno non converge ingenerale, mentre quella del seno converge banalmente a 0.

Esempio 19. Per ogni α > 0 la serie

+∞∑n=1

sin (nx)

converge puntualmente su [−π, π].

De�nizione 20 (Sistema trigonometrico complesso). La famiglia (numerabile)di funzioni {

eik( · )}n∈Z

prende il nome di sistema trigonometrico (complesso). Per ogni k ∈ Z, l'ele-mento eik(·) viene talvolta detto k-esimo carattere.

De�nizione 21 (Polinomio trigonometrico (complesso)). Sia N ∈ N. Si diceche T è un polinomio trigonometrico (complesso) di grado N se esistono 2N + 1costanti c−N , c−N+1, . . . , cN ∈ C tali che, per ogni x ∈ R

T (x) =

N∑k=−N

ckeikx.

e almeno uno tra cN e c−N è diverso da zero4.

De�nizione 22 (Serie trigonometrica (complessa)). Sia {ck}k∈Z ⊂ C. Side�nisce serie trigonometrica (complessa), laddove converge, la funzione

x 7→ S (x) :=∑n∈Z

ckeikx := lim

N→+∞

N∑k=−N

ckeikx.

Esercizio 23. Passare dal sistema trigonometrico reale a sistema trigonome-trico complesso è molto semplice sfruttando l'identità di Eulero. Per ognin ∈ N ∪ {0}, utilizzando le stesse notazioni della De�nizione precedente e delTeorema 15, si ha

an = cn + c−n e bn = (cn − c−n) i.

Esercizio 24. Si dimostri che un polinomio trigonometrico di grado N ha alpiù 2N zeri in Q (usare il sistema trigonometrico complesso).

Osservazione 25. Si userà indi�erentemente il sistema trigonometrico reale oquello complesso a seconda della comodità.

4Ovvero se è una combinazione lineare dei �primi� 2N + 1 elementi del sistematrigonometrico complesso.

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1.3 Convergenza puntuale 8

1.3 Convergenza puntuale

Proposizione 26. Sia {ck}k∈Z ⊂ C. Si supponga che la serie trigonometricacomplessa

x 7→∑k∈Z

ckeikx

︸ ︷︷ ︸=:f(x)

converga uniformemente su R. Allora per ogni k ∈ Z

ck =1

ˆ π

−πf (x) e−ikxdx︸ ︷︷ ︸=:f(k)

.

Dimostrazione. Per ogni k ∈ Z, dalla convergenza uniforme e dalla periodicitàdi ei( · ) si ha

ˆ π

−πf (x) e−ikxdx =

∑n∈Z

cn

ˆ π

−πei(n−k)x︸ ︷︷ ︸

=:δnk

dx = 2πck.

Osservazione 27. Vale un analogo risultato per serie trigonometriche reali.

Proposizione 28. Siano {an}+∞n=0 , {bn}+∞n=0 ⊂ R. Si supponga che la serie

trigonometrica reale

x 7→+∞∑n=0

(an cos (nx) + bn sin (nx))︸ ︷︷ ︸=:f(x)

converga uniformemente su R. Allora

a0 =1

π

ˆQ

f (x) dx

e per ogni n ∈ Nan =

1

π

ˆQ

f (x) cos (nx) dx,

bn =1

π

ˆQ

f (x) sin (nx) dx.

Osservazione 29. Si noti che per ogni f ∈ L1 (Q) ha senso scrivere i membridi destra nelle tesi dei due risultati precedenti.

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1.3 Convergenza puntuale 9

De�nizione 30 (Coe�cienti e serie di Fourier). Per ogni f ∈ L1 (Q) e per ognik ∈ Z si de�nisce k-esimo coe�ciente di Fourier della funzione f il numeroreale

f (k) =1

ˆQ

f (x) e−ikxdx

e, nel suo insieme di covnergenza, si de�nisce serie di Fourier di f la serietrigonometrica

x 7→ Sf (x) :=∑k∈Z

f (k) eikx.

Proposizione 31 (Importante). Sia f ∈ L1 (Q). Allora la successione deicoe�cienti di Fourier di f è limitata, avendosi per ogni k ∈ Z∣∣∣f (k)

∣∣∣ ≤ ‖f‖L1( dx2π ) .

Dimostrazione. Per ogni k ∈ Z si ha∣∣∣f (k)∣∣∣ =

∣∣∣∣ 1

ˆQ

f (x) e−ikxdx

∣∣∣∣≤ 1

ˆQ

∣∣f (x) e−ikx∣∣dx

=

ˆQ

|f (x)| dx2π.

Problema 32. Su che insieme converge la serie di Fourier di una funzionef ∈ L1 (Q)? In che senso converge? A quale funzione? Quando è possibilegarantire che la serie di Fourier di f converga ad f?

Problema 33. Un problema ancora aperto è quello di stabilire se tutte le serietrigonometriche sono serie di Fourier di qualche funzione.

Esercizio 34. Sia consideri la funzione 2π-periodica �dente di sega�, de�nitaper ogni x ∈ Q

f (x) = x.

Si veri�chi che per ogni x ∈ Q

Sf (x) = 2

+∞∑n=1

(−1)n+1

nsin (nx) .

Esercizio 35. Si consideri la funzione 2π-periodica de�nita per ogni x ∈ Q daf (x) = x2. Si veri�chi che per ogni x ∈ Q

Sf (x) =π2

3+ 4

+∞∑n=1

(−1)n+1

n2cos (nx) .

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1.3 Convergenza puntuale 10

Esercizio 36. Si consideri la funzione 2π-periodica de�nita per ogni x ∈ Q daf (x) = sign (x). Si veri�chi che5 per ogni x ∈ Q

Sf (x) =4

π

+∞∑n=0

sin (2n+ 1)x

2n+ 1.

Osservazione 37. In una serie di Fourier reale, per esplicitare la dipendenzadei coe�cienti dalla funzione, si scriverà talvolta

x 7→ Sf (x) :=a0 (f)

2+

+∞∑n=1

[an (f) cos (nx) + bn (f) sin (nx)] .

Osservazione 38. È chiaro che se f è arbitraria la serie di Fourier di f nonpuò convergere puntualmente ovunque ad f . Infatti i coe�cienti di Fourier sonode�niti tramite degli integrali. Se si cambia la funzione in un insieme di misuranulla la serie di Fourier rimane invariata.

Notazione 39 (Ckper (R)). Sia k ∈ N∪{0}. Si indica con Ckper (R) la famiglia dellefunzioni f di classe Ck da R a R tali che f, f ′, f ′′, . . . , f (k) sono 2π-periodiche.

Proposizione 40. Sia f ∈ C1per (R). Allora per ogni k ∈ Z \ {0} si ha

(f ′) (k) = ikf (k) .

Dimostrazione. Per ogni k ∈ Z \ {0} si ha

2π(f ′) (k) =

ˆ π

π

f ′ (x) e−ikxdx

(IPP )= f (x) e−ikx

∣∣π−π︸ ︷︷ ︸

=0

−ˆ π

−πf (x) (−ik) e−ikxdx

= ik2πf (k) .

Corollario 41. Se f ∈ Cmper (R), per ogni k ∈ Z \ {0} si ha

f (k) =

(f (m)

)(k)

(ik)m ,

dunque esiste una costante c > 0 tale che∣∣∣f (k)∣∣∣ ≤ c

|k|m.

5Mancano i coe�cienti di posto pari, chi si intende di musica sa che questo fenomeno causadissonanze pazzesche!

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1.3 Convergenza puntuale 11

Problema 42. Il lemma precedente a�erma che più la funzione è regolare,più i coe�cienti di Fourier vanno a zero velocemente. Vale anche il viceversa?È possibile ottenere informazioni sulla regolarità di una funzione partendo dainformazioni sulla velocità di convergenza dei coe�cienti di Fourier?

Teorema 43. Sia f ∈ C2per (R). Allora la serie di Fourier Sf converge total-

mente su R e per ogni x ∈ R si ha Sf (x) = f (x).

Dimostrazione. La convergenza totale segue direttamente dal lemma precedenteper m = 2. Sia ora x ∈ R �ssato. Per ogni t ∈ R si de�nisca6

g (t) :=f (x+ t)− f (x)

eit − 1.

Certamente g ∈ C1per (R). A meno del 2π gli addendi di Sf sono, per ogni k ∈ Z,

2πf (k) eikx =

ˆ π

−πf (t) eik(x−t)dt

[t 7→ x+ t]

=

ˆ π

−πf (x+ t) e−iktdt

=

ˆ π

−π[f (x+ t)− f (x)] e−iktdt+ f (x)

ˆ π

−πe−iktdt︸ ︷︷ ︸

=2πδk,0

= 2πδk,0f (x) +

ˆ π

−πg (t) e−ikt

(eit − 1

)dt

= 2πδk,0f (x) + 2π (g (k − 1)− g (k)) .

Allora, per ogni N ∈ N,

SNf (x) =

N∑k=−N

f (k) eikx

= f (x) + g (−N − 1)− g (N) .

Dal lemma precedente, essendo g ∈ C1per (R), i coe�cienti ad ultimo membro

tendono a 0 per N → +∞.

Proposizione 44. Se f ∈ L1 (R), e per ogni x ∈ R

g (x) :=

ˆ x

0

(f (t)− f (0)

)dt,

allora per k ∈ Z \ {0}

g (k) =f (k)

ik.

6In 0 è de�nita in modo ovvio.

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1.3 Convergenza puntuale 12

Dimostrazione. È su�ciente osservare che l'integranda è una funzione 2π-periodicae che la Proposizione 40 vale (con la stessa dimostrazione) anche per funzioniassolutamente continue.

Teorema 45. Se f, g ∈ L1 (Q) allora, per ogni k ∈ Z, il prodotto di convoluzione

(f ∗ g) (k) = f (k) g (k) .

De�nizione 46 (Continuità a tratti). Si dice che f : R→ R è continua a trattiin R se per ogni [a, b] ⊂ R, f ha al più un numero �nito di discontinuità, tuttedi prima specie (salti).

De�nizione 47 (Regolarità a tratti). Si dice che f : R→ R è regolare a trattiin R se

1. è continua a tratti,

2. per ogni [a, b] ⊂ R, dove è continua, f è derivabile a meno di un numero�nito di punti,

3. dove è de�nita, f ′ è limitata.

Teorema 48 (Dirichlet, 1829). Sia f regolare a tratti in R e 2π-periodica, alloraper ogni x0 ∈ R

Sf (x0) =f(x+

0

)+ f

(x−0)

2.

Osservazione 49. Come è naturale che sia, le serie di Fourier non vedono lediscontinuità eliminabili.

Dimostrazione. Seguirà del Teorema del Dini, che vedremo in seguito.

Teorema 50 (Du Bois-Reymond, 1876). Esiste una funzione f ∈ Cper (R) edesiste x0 ∈ R tale che la successione {SNf (x0)}N∈N è illimitata.

Osservazione 51. La successione {SNf (x0)}N∈N del teorema di Du Bois-Reymond non è solo divergente, oscilla con lim sup = +∞.

Esempio 52. Nell'Esercizio 34 abbiamo detto che la serie di Fourier dellafunzione dente di sega f è de�nita per ogni x ∈ Q da

Sf (x) = 2

+∞∑n=1

(−1)n+1

nsin (nx)

= 2

[sin (x)− sin (2x)

2+

sin (3x)

3+ . . .

]Si noti la �dualità� rispetto allo sviluppo in serie di Taylor. Grazie a Taylor ilseno si può scrivere come serie di potenze. Grazie a Fourier ogni potenza si puòscrivere come serie di seni.

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1.3 Convergenza puntuale 13

Esempio 53. Nell'Esercizio 35 abbiamo detto che la serie di Fourier dellafunzione x 7→ f (x) := x2 periodizzata è de�nita per ogni x ∈ Q da

Sf (x) =π2

3+ 4

+∞∑n=1

(−1)n+1

n2cos (nx) .

Ponendo x = π si ottiene∑n∈N

1

n2=π2

6= 1 +

1

4+

1

9+

1

16.

Ponendo x = 0 si ottiene ∑n∈N

(−1)n+1

n2=

π

12.

Esempio 54. Nell'Esercizio 36 abbiamo detto che la serie di Fourier della signperiodizzata è de�nita per ogni x ∈ Q da

Sf (x) =4

π

+∞∑n=0

sin (2n+ 1)x

2n+ 1.

Dunque, per ogni x ∈ [0, π]

4

π

(sin (x) +

sin (3x)

3+

sin (5x)

5+ . . .

)≡ 1.

Ponendo x = π/2 si ottiene

π

4= 1− 1

3+

1

5− 1

7.

De�nizione 55 (Nucleo di Dirichlet). Si de�nisce Nucleo di Dirichlet la suc-cessione di funzioni {DN}N∈N de�nita per ogni N ∈ N da

DN : R → R,

u 7→ DN (u) :=

N∑k=−N

eiku.

Proposizione 56. Sia f ∈ L1 (Q). Allora, per ogni N ∈ N si ha7

SNf = f ∗DN .

7Si sottintende sempre che la convoluzione sia fatta integrando rispetto alla misura diLebesgue normalizzata dx

2π.

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1.3 Convergenza puntuale 14

Dimostrazione. Per ogni N ∈ N e per ogni x ∈ R si ha

SNf (x) =

N∑k=−N

f (k) eikx

=

N∑k=−N

ˆ π

π

f (t) e−ikteikxdt

=

ˆ π

−πf (t)

[N∑

k=−N

eik(x−t) dt

].= f ∗DN (x) .

Proposizione 57 (Importante). Per ogni N ∈ N e per ogni u ∈ R, si ha

N∑k=−N

eiku =sin(

2N+12 u

)sin (u/2)

, (1.3.1)

dunque tutte le funzioni del nucleo di Dirichlet sono reali e pari.

Esercizio 58. Si dimostri l'a�ermazione precedente (serve un po' di trigono-metria).

Proposizione 59. Per ogni N ∈ N si ha

ˆ π

−πDN (u)

du

2π= 1. (1.3.2)

Dimostrazione. Segue direttamente dalla de�nizione (con gli esponenziali).

Proposizione 60. Per N → +∞ si ha

‖DN‖L1 ∼4

π2log (N) .

Dimostrazione. Si lascia la dimostrazione come esercizio al lettore interessato8.

Teorema 61 (Lemma di Riemann-Lebesgue). Sia f ∈ L1 (R). Allora

lim|ξ|→+∞

ˆRf (x) eiξxdx = 0.

Dimostrazione. Se f = χ[a,b], per ogni ξ ∈ R \ {0} si ha∣∣∣∣∣ˆ b

a

eiξxdx

∣∣∣∣∣ =

∣∣∣∣eibξ − eiaξiξ

∣∣∣∣ ≤ 2

|ξ|.

8Nella Proposizione 399 si dimostra un fatto analogo.

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1.3 Convergenza puntuale 15

Per le funzioni semplici vale per linearità. Poiché le funzioni semplici sono densein L1 (R), per ogni ε > 0 esiste una g ∈ L1 (R) semplice tale che ‖f − g‖L1 < ε.Allora per ogni ε > 0 e per ogni ξ ∈ R∣∣∣∣ˆ

Rf (x) eiξxdx

∣∣∣∣ ≤ ∣∣∣∣ˆRg (x) eiξxdx

∣∣∣∣+ ‖f − g‖L1 .

Corollario 62. Se f ∈ L1 (Q),

lim|k|→+∞

f (k) = 0.

Proposizione 63. Se f ∈ L1 ([0, π]), allora

lim|N |→+∞

ˆ π

0

f (t) sin

(2N + 1

2t

)dt = 0.

Dimostrazione. Si procede come in Riemann-Lebesgue. Sia inizialmente [a, b] ⊂[0, π] e f = χ[a,b]. Allora per ogni N ∈ Z∣∣∣∣∣ˆ b

a

sin

(2N + 1

2t

)dt

∣∣∣∣∣ =

∣∣∣∣ 2

2N + 1

∣∣∣∣ ∣∣∣∣cos

(2N + 1

2b

)− cos

(2N + 1

2a

)∣∣∣∣︸ ︷︷ ︸≤2

≤ 4

2 |N | − 1.

Per le funzioni semplici vale per linearità. Poiché le funzioni semplici sonodense in L1 ([0, π]), per ogni ε > 0 esiste una g ∈ L1 ([0, π]) semplice tale che‖f − g‖L1 < ε. Allora per ogni ε > 0 e per ogni N ∈ Z∣∣∣∣ˆ π

0

f (t) sin

(2N + 1

2t

)dt

∣∣∣∣ ≤ ∣∣∣∣ˆ π

0

g (t) sin

(2N + 1

2t

)dt

∣∣∣∣+ ‖f − g‖L1 .

Teorema 64 (Test del Dini). Siano f ∈ L1 (Q) e x0 ∈ Q. Se esiste A ∈ R (oin C se f ha valori complessi) tale che

ˆ π

0

∣∣∣∣f (x0 + t) + f (x0 − t)− 2A

t

∣∣∣∣dt < +∞,

allora la serie di Fourier di f converge in x0 ad A, i.e. Sf (x0) = A.

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1.3 Convergenza puntuale 16

Dimostrazione. Per ogni N ∈ N si ha

SNf (x0)−A = (f ∗DN ) (x0)−A

=

ˆ π

−πf (x0 − t)DN (t)

dt

2π−A

=

ˆ 0

−π(. . .) +

ˆ π

0

(. . .)−A

[t 7→ −t nel primo integrale]

=

ˆ π

0

f (x0 + t)

=DN (t)︷ ︸︸ ︷DN (−t) dt

2π+

ˆ π

0

f (x0 − t)DN (t)dt

2π−A[ˆ π

0

DN (u)du

(1.3.2)=

1

2

]=

ˆ π

0

[f (x0 + t) + f (x0 − t)− 2A]DN (t)dt

(1.3.1)=

ˆ π

0

[f (x0 + t) + f (x0 − t)− 2A

sin (t/2)

]sin

(2N + 1

2t

)dt

2π.

Per ipotesi la funzione in [ · ] è integrabile alla Lebesgue su [0, π]. Dalla propo-sizione precedente segue quindi la tesi.

Osservazione 65 (Dimostrazione del teorema di Dirichlet). Se esistono �nitif(x+

0

)e f

(x−0), dall'ultimo membro della dimostrazione precedente, si vede

chiaramente che l'unico A che potrebbe rendere la parentesi quadra integrabileè

A =f(x+

0

)+ f

(x−0)

2.

Se esistono c ∈ R+, δ > 0 ed ε ≥ 0 tali che, per ogni t ∈ (0, δ) si abbiano∣∣f (x0 + t)− f(x+

0

)∣∣ ≤ c |t|1+ε,∣∣f (x0 − t)− f

(x−0)∣∣ ≤ c |t|1+ε

,

sempre dall'ultimo membro della dimostrazione precedente segue che f soddisfail Test del Dini. Se f è regolare a tratti, ha rapporti incrementali limitati,le stime sopra sono soddisfatte con ε = 0 ed il Teorema di Dirichlet segueimmediatamente dal Test del Dini.

Teorema 66 (Localizzazione). Siano f, g ∈ L1 (Q), (a, b) ⊂ Q e f|(a,b) = g|(a,b)quasi ovunque. Allora per ogni x ∈ (a, b)

limN→+∞

|SNf (x)− SNg (x)| = 0.

Osservazione 67. Se nel teorema precedente si pone g ≡ 0 (i.e. se f è lo-calmente nulla), anche la serie di Fourier è localmente nulla. Questo fatto è

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1.4 Convergenza in media quadratica 17

curioso. Nonostante i coe�cienti di Fourier siano calcolati integrando f su tut-to Q, la serie di Fourier è in e�etti in�uenzata dal solo comportamento localedella funzione. Le serie di Fourier preservano quindi (q.o.) alcune proprietàpuntuali della funzione di partenza.

Teorema 68. Sia f ∈ Cper (R) regolare a tratti. Allora SNf → f uniforme-mente.

Osservazione 69. Il teorema precedente è decisamente migliore del teoremasu C2

per dimostrato all'inizio. Il meglio sarebbe stato riuscire ad arrivare ad unrisultato del tipo f ∈ Cper (R)⇒ Sf = f . Purtroppo Du Bois-Reymond ci diceche questo non è vero. Il risultato seguente mostra che in L1 (Q) le cose vannoanche peggio!

Teorema 70 (Kolmogorov, 1926). Esiste una funzione f ∈ L1 (Q) tale che, perogni x ∈ Q, {SNf (x)}N∈N è illimitata.

Osservazione 71. Il teorema seguente mostra invece che spostandosi in unospazio di Hilbert, le cose vanno quasi ovunque bene.

Teorema 72 (Carleson, 1964). Sia f ∈ L2 (Q), allora per quasi ogni x ∈ Q,Sf (x) = f (x).

Osservazione 73. Questi due ultimi risultati lasciano poco da aggiungere alproblema sulla convergenza puntuale delle serie di Fourier. In L1 può andaretutto male, in L2 va quasi tutto bene. La parola �ne sulla faccenda viene datadal Teorema di Katznelson (1966) che garantisce che per ogni insieme di misuranulla Z ⊂ Q esiste una funzione f ∈ Cper la cui serie di Fourier non convergeesattamente su Z (poiché Cper (R) ⊂ L2 (Q) è chiaro che f debba convergevequasi ovunque). Katznelson dimostra in questo modo che il non solo il �quasiovunque� non può essere eliminato, ma può essere davvero qualsiasi cosa.

1.4 Convergenza in media quadratica

1.4.1 Richiami sulla teoria degli spazi di Hilbert

De�nizione 74 (Coe�cienti e serie di Fourier in spazi di Hilbert). Siano(H, 〈·, ·〉) uno spazio di Hilbert e {un}n∈N ⊂ H un sistema ortonormale. Perogni x ∈ H e per ogni n ∈ N si de�nisce n-esimo coe�ciente di Fourier (rispettoal sistema {un}n∈N)

x (n) := 〈x, un〉 .

Per ogni x ∈ H si de�nisce serie di Fourier di x (rispetto al sistema {un}n∈N)

Sx :=∑n∈N

x (n)un.

Osservazione 75. Sx converge sempre (in H), grazie al teorema seguente.

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1.4 Convergenza in media quadratica 18

Teorema 76 (Disuguaglianza di Bessel). Siano (H, 〈·, ·〉) uno spazio di Hilberte {un}n∈N ⊂ H un sistema ortonormale. Allora per ogni x ∈ H∑

n∈N|x (n)|2 ≤ ‖x‖2 .

Osservazione 77. Grazie al Teorema delle proiezioni si dimostra che la disu-guaglianza Bessel è un'uguaglianza se e solo se

x ∈ L := L({un}n∈N

),

ovvero se e solo se x appartiene alla chiusura topologica dello span lineare di{un}n∈N. Sempre col Teorema delle proiezioni si dimostra che

x− Sx ∈ L⊥.

Da questi risultati possono raccogliere le seguenti equivalenze.

Teorema 78. Siano (H, 〈·, ·〉) uno spazio di Hilbert e {un}n∈N ⊂ H un sistemaortonormale. Allora le seguenti a�ermazioni sono equivalenti:

1. il sistema {un}n∈N è completo9;

2. il sistema {un}n∈N è massimale10;

3. per ogni x ∈ H vale l'uguaglianza di Parseval (detta talvolta uguaglianzadi Plancherel)11

‖x‖2 =∑n∈N|x (n)|2 .

Osservazione 79. In questa sezione si lavorerà nello spazio di Hilbert H =L2 (Q) dotato del sistema ortonormale completo

{eik(·)}

k∈Z. È chiaro che{eik(·)}

k∈Z sia un sistema ortonormale. Un modo per veri�carne la completezzaè tramite la proposizione seguente.

Proposizione 80. Siano [a, b] ⊂ R e {un}n∈N s.o.n.12 di L2 ([a, b]);

1. se esiste un insieme denso Q ⊂ [a, b] tale che, per ogni r ∈ Q

∑n∈N

∣∣∣∣ˆ r

a

un (x) dx

∣∣∣∣2 = r − a,

allora {un}n∈N è completo;

9Cioè L({un}n∈N

)= H.

10Cioè se x /∈ {un}n∈N, si ha [∀n ∈ N, x (n) = 0] ⇐⇒ x = 0, ovvero se l'unico vettoreortogonale ad ogni vettore del sistema ortonormale è quello nullo.

11Vale cioè l'uguale nella disuguaglianza di Bessel.12Sistema ortonormale.

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 19

2. se ∑n∈N

ˆ b

a

∣∣∣∣ˆ r

a

un (x) dx

∣∣∣∣dr =(b− a)

2

2,

allora {un}n∈N è completo.

Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i vari punti.

1. Sia r ∈ Q arbitrario. Si ha χ[a,r] ∈ L2 ([a, b]). Dalla disuguaglianza diBessel (B) segue che

∑n∈N

∣∣χ[a,r] (n)∣∣2 (B)

≤∥∥χ[a,r]

∥∥2

L2 ,

cioè che

∑n∈N

∣∣∣∣∣ˆ b

a

χ[a,r] (x)un (x) dx

∣∣∣∣∣2

=∑n∈N

∣∣∣∣ˆ r

a

un (x) dx

∣∣∣∣2(B)

≤ˆ b

a

∣∣χ[a,r] (x)∣∣2 dx

= r − a.

Per ipotesi vale dunque l'uguaglianza in (B), ovvero vale l'uguaglianza di

Parseval. Osservando che L({χ[a,r]

∣∣ r ∈ Q}) = L2 ([a, b]), dal Teorema78 segue la tesi.

2. Si lascia la dimostrazione di questo punto come esercizio al lettore inte-sessato. (Suggerimento: si sfrutti il punto precedente e si rammenti che∑n∈N

1n2 = π2

6 .)

Teorema 81 (Plancherel). Sia f ∈ L2 (Q). Allora in L2 (Q) vale l'uguaglianza

Sf.=∑k∈Z

f (k) eik(·) = f.

Inoltre ∑k∈Z

∣∣∣f (k)∣∣∣2 = ‖f‖2 .

1.5 A-convergenza (serie numeriche)

Problema 82. Data una successione {uk}k∈N ⊂ C sommabile, si vuole deter-minare la somma

S =

+∞∑k=0

uk.

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 20

Per utilizzare direttamente la de�nizione è necessario determinare esplicitamenteil termine generale della successione delle somme parziali e poi passare al limite:

Sn =

n∑k=0

ukn→+∞−→ S.

Purtroppo quasi mai è possibile determinare esplicitamente il termine generaledella successione delle somme parziali. Si vuole allora utilizzare un approccioalternativo che permetta di calcolare esplicitamente la somma della serie.

De�nizione 83 (A-convergenza e A-sommabilità). Siano s := {sn}n∈N edA := [αn,k]n,k∈N∪{0} rispettivamente una successione ed una matrice a valo-ri complessi. Si supponga ben de�nita la successione di numeri complessi t,de�nita da

As =: t,

i.e. si supponga che per ogni n ∈ N ∪ {0} la serie

tn :=

+∞∑k=0

αnksk

converga e si ponga t := {tn}n∈N. Si dice che la successione s è A-convergenteal limite T ∈ C se esiste �nito il limite

limn→+∞

tn = T.

Se {uk}k∈N∪{0} è una successione a valori complessi tale che, per ogni n ∈N ∪ {0}, si abbia13 sn =

∑nk=0 uk, si dice che la serie

∑+∞k=0 uk è A-sommabile

alla somma T .

Osservazione 84. Si noti che se nella de�nizione precedente14 A = I := [δnk]n,k∈N∪{0},allora t = s e la de�nizione precedente coincide con la usuale nozione di conver-genza per la successione s. Si mostra dunque un semplice esempio in cui A 6= Ie il tipo di convergenza cambia.

Esempio 85. Sia {sn}n∈N∪{0} ⊂ C. Si ponga

A :=

1 0 0 0 0 . . .

1/2 1/2 0 0 0 . . .1/3 1/3 1/3 0 0 . . ....

......

. . .. . .

. . .

,13Si noti che una tale {uk}k∈N∪{0} esiste sempre, basta de�nirla a partire da {sn}n∈N∪{0}

tramite delle somme telescopiche.14Per ogni n, k ∈ N ∪ {0}, con il simbolo δnk si indica la funzione δ di Kronecker valutata

in (n, k).

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 21

cioè sia A = [αnk]n,k∈N∪{0} de�nita per ogni n, k ∈ N ∪ {0} da

αnk :=1

n+ 1χ[0,n] (k)

.=

{1

n+1 , k ≤ n,0, k > n.

Allora, con le stesse notazioni della de�nizione precedente, per ogni n ∈ N∪{0}si ha

tn.=

+∞∑k=0

αnksk

=

+∞∑k=0

1

n+ 1χ[0,n] (k) sk

=1

n+ 1(s0 + . . .+ sn)

=: σn.

La successione {tn}n∈N∪{0} è dunque la media aritmetica delle somme parziali.Un semplice esempio di successione s A-convergente ma non convergente è quindidato da

s :=

{n∑k=0

(−1)k

}n∈N∪{0}

.

Avendosi s = {1, 0, 1, 0, . . .} chiaramente s non converge. Tuttavia esiste il limite

limn→+∞

σn =1

2,

che in e�etti è il limite �morale� della successione s.

Osservazione 86. Con l'esempio precedente si vede chiaramente che con l'in-troduzione della A-convergenza alcune successioni di somme parziali che primanon ammettevano limite, ora lo ammettono. Tanto di guadagnato. Un risul-tato minimale che si vorrebbe ottenere ora è quello di poter garantire15 che sconverge, anche t converge e converge allo stesso numero.

Teorema 87. Siano s := {sn}n∈N ed A := [αn,k]n,k∈N∪{0} rispettivamenteuna successione ed una matrice a valori complessi e si supponga ben de�nita lasuccessione di numeri complessi t := As. Si supponga inoltre che

1. la somma dei moduli su ogni riga di A sia uniformemente limitata16, i.e.che esista una costante c ∈ R+ tale che per ogni n ∈ N ∪ {0} si abbia

+∞∑k=0

|αnk| ≤ c,

15Imponendo verosimilmente qualche limitazione su A.16Cioè le righe di A sono equilimitate in `1.

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 22

2. la somma su ogni riga sia de�nitivamente vicina ad 1, i.e. che esista illimite

limn→+∞

(+∞∑k=0

αnk

)= 1,

3. se si �ssa una colonna e si scende con l'indice di riga, i coe�cienti di Atendano a 0, i.e. che per ogni k ∈ N ∪ {0} esista il limite

limn→+∞

αnk = 0.

Allora se esiste s ∈ C tale che snn→+∞−→ s, anche tn

n→+∞−→ s.

Osservazione 88. Utilizzando questo approccio si spera di ottenere i seguentirisultati:

1. guadagnare convergenza dove prima non c'era;

2. riuscire a calcolare esplicitamente somme di serie (cosa che prima risultavaspesso ostica).

1.5.1 Cesaro-sommabilità

De�nizione 89 (Sommabilità alla Cesaro). Sia {sn}n∈N∪{0} ⊂ C. Per ognin ∈ N ∪ {0} si pone

σn :=s0 + . . .+ sn

n+ 1

e si dice che σn è la n-esima media di Cesaro di {sn}n∈N∪{0}. Si dice che{sn}n∈N∪{0} è Cesaro-sommabile se la successione delle medie di Cesaro con-verge, i.e. se esiste il limite

limn→+∞

σn.

Osservazione 90. Si noti che la sommabilità alla Cesaro corrisponde alla A-convergenza della successione {sn}n∈N∪{0} rispetto alla matrice A vista nell'e-sempio 85. Chiaramente tale matrice soddisfa le ipotesi del Teorema 87, valedunque la seguente proposizione.

Proposizione 91. Sia {sn}n∈N∪{0} ⊂ C una serie convergente. Allora {sn}n∈N∪{0}è Cesaro-sommabile.

Proposizione 92. Sia {un}n∈N∪{0} ⊂ C. Allora, per ogni n ∈ N ∪ {0}, la

n-esima media di Cesaro di{∑n

j=0 uj

}n∈N∪{0}

è data da

σn =

n∑j=0

uj

(1− j

n+ 1

).

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 23

Dimostrazione. Per ogni n ∈ N ∪ {0} si ha

σn =1

n+ 1

n∑k=0

k∑j=0

uj

=

1

n+ 1

n∑j=0

n∑k=j

uj

=1

n+ 1

n∑j=0

uj

n∑k=j

1

=1

n+ 1

n∑j=0

uj (n+ 1− j)

=

n∑j=0

uj

(1− j

n+ 1

).

Osservazione 93 (Informale). Si noti che nella tesi della proposizione prece-dente, per ogni j �ssato, al tendere di n → +∞ la parentesi tonda tende ad

1, quindi in qualche senso si recupera la convergenza di{∑n

j=0 uj

}n∈N∪{0}

.

Tuttavia, come si legge nella parentesi, si stà indebolendo un po' il peso degliuj .

Osservazione 94. Come già osservato la serie{

(−1)k}k∈N∪{0}

converge al-

la Cesaro, ma chiaramente non converge semplicemente. Non vale quindi ilviceversa nella proposizione 91.

1.5.2 Abel-sommabilità

De�nizione 95 (Sommabilità alla Abel). Sia {uk}k∈N∪{0} ⊂ C e si suppongaben de�nita la funzione

(0, 1) → C,

r 7→ f (r) :=

+∞∑k=0

ukrk.

Per ogni r ∈ (0, 1) si dice f (r) è la r-esima media di Abel della serie17∑+∞k=0 uk.

Si dice che la serie∑+∞k=1 uk è Abel-sommabile se esiste il limite

limr→1−

f (r) .

17Si sottolinea che non si richiede l'esistenza del limite

limn→+∞

n∑k=0

uk.

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 24

Osservazione 96. La sommabilità alla Abel corrisponde alla A-convergenza diuna matrice opportuna. Si ponga per ogni n ∈ N∪{0}, Sn :=

∑nk=0 uk. Si noti

che per ogni r ∈ (0, 1)

+∞∑k=0

ukrk = (1− r)

+∞∑k=0

skrk =

+∞∑k=0

sk (1− r) rk.

Per ogni n ∈ N ∪ {0} si scelga rn ∈ (0, 1) tale che rnn→+∞−→ 1 e per ogni

n, k ∈ N ∪ {0} si de�niscaαnk = (1− rn) rkn.

Si veri�cherà esplicitamente che A := [αnk]n,k∈N∪{0} soddisfa le ipotesi delTerema 87.

1. Per ogni n ∈ N ∪ {0} si ha+∞∑k=0

∣∣(1− rn) rkn∣∣ =

+∞∑k=0

(1− rn) rkn

= (1− rn)

+∞∑k=0

rkn

=(1− rn)

1− rn= 1;

2. dal punto precedente, esiste il limite

limn→+∞

(+∞∑k=0

(1− rn) rkn

)= lim

n→+∞1

= 1;

3. per ogni k ∈ N ∪ {0} esiste il limite

limn→+∞

(1− rn) rkn = 0.

Si è in questo modo discretizzato il problema e dimostrato la seguenteproposizione.

Proposizione 97. Sia {sn}n∈N∪{0} ⊂ C una serie convergente. Allora {sn}n∈N∪{0}è Abel-sommabile.

Osservazione 98. Si noti come il fatto che la sommabilità implichi sommabilitàalla Abel è il Teorema di Abel sulle serie di potenze! Si è infatti dimostrato chese∑+∞n=0 an converge semplicemente, i.e. se la serie di potenze

x 7→+∞∑n=0

anxn

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1.5 A-convergenza (serie numeriche) 25

converge puntualmente in x = 1, allora x 7→∑+∞n=0 anx

n converge uniformemen-te su [0, 1], quindi al posto di valutare in 1 è possibile considerare il limite perx che tende ad 1.

Teorema 99. Se∑+∞k=0 uk è Cesaro-sommabile con somma s, allora è anche

Abel-sommabile con la stessa somma.

Dimostrazione. Per ipotesi σnn→+∞−→ s, dove, per ogni n ∈ N ∪ {0},

σn :=1

n+ 1

n∑k=0

sk ⇐⇒ (n+ 1)σn =

n∑k=0

sk.

Con più l'uguaglianza appena scritta si può applicare due volte lo stesso truccovisto sopra. Per ogni r ∈ (0, 1) e per ogni n ∈ N ∪ {0} si ha

+∞∑k=0

ukrk = (1− r)

+∞∑k=0

skrk

= (1− r)2+∞∑k=0

(k + 1)σkrk

e procedendo come sopra al posto di r si può mettere un'opportuna succes-

sione {rm}m∈N∪{0}, costruendo la matrice[(1− rm)

2(n+ 1) rnm

]m,n∈N∪{0}

che

soddisfa il Teorema 87.

Osservazione 100. La convergenza semplice implica dunque le altre due vistee la somma si conserva. Con le stesse notazioni utilizzate sopra, si ha

snn→+∞−→ s =⇒ σn

n→+∞−→ s =⇒ f (r)r→1−−→ s.

Esempio 101. L'esempio{

(−1)k}k∈N∪{0}

mostra che la prima freccia non si

inverte. Anche la seconda è un implicazione stretta. Si consideri la successione{uk}k∈N∪{0} ⊂ R de�nita per ogni k ∈ N ∪ {0} da

uk := (−1)k

(k + 1) .

Si ha{uk}k∈N∪{0} = {1,−2, 3,−4, 5,−6, . . .} .

La successione delle somme parziali è data quindi da

{sn}n∈N∪{0} = {1,−1, 2,−2, 3,−3, . . .} ,

dunque la successione delle medie di Cesaro

{σn}n∈N∪{0} =

{1, 0,

2

3, 0,

3

5, 0,

4

7, 0, . . .

}

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 26

non tende nemmeno a 0 quindi non converge. Ciononostante, grazie alla con-vergenza uniforme, le medie di Abel sono date per ogni r ∈ (0, 1) da

+∞∑k=0

(−1)k

(k + 1) rk =d

dr

(+∞∑k=0

(−1)krk+1

)

=d

dr

(r

1 + r

)=

1

(1 + r)2

r→1−−→ 1

4.

Osservazione 102. Sotto opportune condizioni si possono invertire le implica-zioni che legano i vari tipi di somabilità.

Teorema 103 (Tauber). Sia {uk}k∈N∪{0} ⊂ C. Se per k → +∞,

uk = o (1/k) ,

Abel-sommabilità implica sommabilità semplice.

Teorema 104 (Hardy). Sia {uk}k∈N∪{0} ⊂ C. Se esiste una costante c ∈ R+

tale che, per ogni k ∈ N ∪ {0} si abbia

|uk| ≤ c/k,

Cesaro-sommabilità implica sommabilità semplice.

1.6 Convergenza di Serie di Fourier

1.6.1 Medie di Cesaro e nucleo di Fejér

De�nizione 105 (Medie di Cesaro, nucleo di Fejér). Sia f ∈ L1 (Q), e per ognin ∈ N ∪ {0}, siano Dn =

∑nk=−n e

ik(·) e

Snf =

n∑k=−n

f (k) eik(·) = f ∗Dn.

Per ogni n ∈ N ∪ {0} si de�nisce n-esima media di Cesaro la funzione

σnf :=1

n+ 1

n∑k=0

Snf = f ∗

(1

n+ 1

n∑k=0

Dk

)︸ ︷︷ ︸

=:Kn

= (f ∗Kn) .

La successione di funzioni {Kn}n∈N∪{0} prende il nome di nucleo di Fejér .

Proposizione 106 (Proprietà del nucleo di Fejér). Il nucleo di Fejér soddisfale seguenti proprietà:

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 27

1. per ogni N ∈ N ∪ {0}

KN =

N∑k=−N

(1− |k|

N + 1

)eik(·);

2. per ogni N ∈ N ∪ {0} e per ogni x ∈ R

KN (x) =1

N + 1

[sin(N+1

2 x)

sin(x2

) ]2

;

dunque KN è reale, pari e non negativo18;

3. Per ogni N ∈ N ∪ {0} si haˆ π

−πKN (x)

dx

2π= 1;

4. esiste una costante c ∈ R+ tale che, per ogni x ∈ R \ {0}, si abbia

Kn (x) ≤ c

(N + 1)x2;

Dimostrazione.

1. Si dimostra procedendo come nella sezione precedente.

2. Si dimostra con le formule di prostaferesi e tanta pazienza.

3. Ovvio.

4. Conti.

Osservazione 107 (Al punto 3). Si noti che l'a�ermazione 3 è molto più fortedell'analoga vista per nucleo di Dirichlet, perché il nucleo di Dirichlet non era≥ 0. Questa è un'enorme di�erenza. Infatti, mentre al tendere di N → +∞,la norma L1 di DN diverge a più in�nito (come log (N)) , il nucleo di Fejér hanorma costante:

∀n ∈ N ∪ {0} , ‖Kn‖L1 = 1.

Il nucleo di Fejér è quindi un �buon nucleo� (meglio di quello di Dirichlet), cioèle medie di Cesaro più �domestiche� delle somme parziali. Come si vedrà nelseguito questo dipende dal fatto che poter controllare la norma dei nuclei è dicruciale importanza nello studio della convergenza in Lp.

18Quest'ultima il nucleo di Dirichlet non ce l'aveva.

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 28

Corollario 108 (Importante). Per ogni δ > 0 si haˆδ<|x|<2π

KN (x) dxN→+∞−→ 0.

Dimostrazione. Segue banalmente dal punto 4.

Osservazione 109. Questo è uno dei modi per costruire la δ di Dirac. Tuttala massa si addensa vicino all'origine.

Teorema 110 (di approssimazione di Fejér). Sia f ∈ Cper. Allora

‖σNf − f‖∞N→+∞−→ 0.

Dimostrazione. Si �ssino x ∈ Q, ε > 0 e il δ = δ (ε) della continuità di f . Perogni N ∈ N ∪ {0} si ha

|σNf (x)− f (x)| = |f ∗KN (x)− f (x)|[ˆQ

KN = 1

]=

∣∣∣∣ˆ π

−π[f (x− t)− f (x)]KN (t)

dt

∣∣∣∣≤ˆ π

−π|f (x− t)− f (x)|KN (t)

dt

=

ˆ|t|<δ

|. . .|+ˆ|t|≥δ

|. . .| .

Il primo addendo è piccolo per la continuità di f , nel secondo basta maggiorareil modulo con 2 ‖f‖∞,Q e sfruttare il Corollario 108.

Osservazione 111. Il teorema di Du Bois-Reymond diceva che le somme par-ziale di funzioni in Cper (R) in generale non convergono nemmeno puntualmentead f . Invece la convegenza alla Cesaro è uniforme per ogni funzione di Cper (R).

Osservazione 112. Si noti che, per ogni f ∈ Cper (R) e per ogni N ∈ N, σNf èun polinomio trigonometrico. Il teorema di approssimazione di Fejér dimostraquindi che i polinomi trigonometrici sono densi in Cper (R) (rispetto alla normadel sup).

Osservazione 113 (Importante). Se f ∈ C (Q) = Cper e in un punto x0 ∈ Qla serie Sf (x0) converge, allora necessariamente Sf (x0) = f (x0), perché seSf converge in x0, allora anche il limite delle medie di Cesaro σf converge inx0 e quindi Sf (x0) converge al valore giusto per il teorema di approssimazionedi Fejér e il solito Teorema 87. Grazie al Teorema di Fejér si è quindi potutoconcludere che per ogni x ∈ Q

• o la serie di Fourier Sf non converge in x,

• o la serie di Fourier Sf converge in x al valore (giusto!) f (x).

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 29

1.6.2 Medie di Abel-Poisson e nucleo di Poisson

Osservazione 114. In questa sezione si penserà ogni funzione 2π-periodicaf ∈ L1 (R), come f ∈ L1 (T). Per ogni f : {z ∈ C| |z| = 1} → R (o → C) siconsidera cioè la composizione f ◦ ei(·).

De�nizione 115 (Medie di Abel-Poisson, nucleo di Poisson). Siano f ∈ L1 (T)e r ∈ [0, 1). Si de�nisce r-esima media di Abel-Poisson di Sf la funzione de�nitaper ogni ϑ ∈ R da

F(reiϑ

):=∑k∈Z

r|k|f (k) eikϑ. (1.6.1)

Per il Teorema di convergenza dominata si ha inoltre, per ogni ϑ ∈ E

F(reiϑ

) .=

∑k∈Z

r|k|eikϑ(ˆ π

−πf(eiα)e−ikα

)

=

ˆ π

−πf(eiα) [∑

k∈Zr|k|eik(ϑ−α) dα

]︸ ︷︷ ︸

=:Pr(eik(ϑ−α))

= (f ∗ Pr)(eiϑ).

La famiglia di funzioni{Pr ◦ ei(·)

}r∈[0,1)

, de�nite per ogni r ∈ [0, 1) da

Pr

(ei(·)

):=∑k∈Z

r|k|eik(·)

prende il nome di nucleo di Poisson.

Osservazione 116. Si noti che per ogni r ∈ [0, 1) �ssato, la serie in (1.6.1)converge totalmente su R, quindi la funzione ϑ 7→ F

(reiϑ

)è in e�etti ben

de�nita su tutto R. La presenza del modulo in |k| permette quindi una migliorconvergenza della serie di Fourier di f , comprando globalmente la convergenzatotale.

Osservazione 117. Per r = 1 il nucleo di Poisson si ridurebbe ad essere lasomma del nucleo di Dirichlet. Con r < 1 si riesce invece a comprare unaconvergenza migliore.

Osservazione 118. Nel procedimento visto per la de�nizione delle medie diAbel-Poisson, si è partiti dal bordo de�nendo poi funzioni su tutto il cerchiounitario. La speranza è che le informazioni sul bordo si traducano sempre ininformazioni sull'interno (quest'a�ermazione sarà più chiara tra poco).

Osservazione 119. Con le medie di Cesaro si lavorava con somme �nite, quiinvece, per ogni r ∈ [0, 1), Pr è una serie.

Proposizione 120 (Proprietà del nucleo di Poisson). Il nucleo di Poissonsoddisfa le seguenti proprietà:

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 30

1. per ogni r ∈ [0, 1), ˆQ

Pr(eiα) dα

2π= 1;

2. per ogni r ∈ [0, 1) e per ogni α ∈ R,

Pr(eiα)

= Re

(1 + reiα

1− reiα

);

3. per ogni r ∈ [0, 1) e per ogni α ∈ R,

Pr(eiα)

=1− r2

1 + r2 − 2r cos (α).

Dimostrazione. Siano r ∈ [0, 1) e α ∈ R �ssati arbitrariamente. Allora

1. Dalla de�nizione

Pr(eiα)

= 1 +

+∞∑k=1

rk[eikα + e−ikα

](1.6.2)

= 1 + 2

+∞∑k=1

rk cos (kα) . (1.6.3)

Poiché per ogni k 6= 0 i coseni nella (1.6.3) hanno integrale nullo, per ilteorema di convergenza dominataˆ

Q

Pr(eiα) dα

2π= 1.

2. Ponendo z := reiα, dalla (1.6.2) segue che

Pr(eiα)

= 1 +

+∞∑k=1

zk +

+∞∑k=1

(z)k

= 1 + z+∞∑k=0

zk + z

+∞∑k=0

(z)k

= 1 +z

1− z+

z

1− z

= 1 +z

1− z+

(z

1− z

)= 1 + 2Re

(z

1− z

)= Re

(1 + 2

z

1− z

)= Re

(1 + z

1− z

).

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 31

3. Con gli stessi conti di sopra, si ha

Pr(eiα)

= 1 +z

1− z+

z

1− z

= 1 +z − zz + z − zz(1− z) (1− z)

=1 + r2 − 2r cos (α) + 2Re (z)− 2 |z|2

1 + r2 − 2r cos (α)

=1− r2

1 + r2 − 2r cos (α).

Corollario 121. Il nucleo di Poisson è reale, pari e non negativo.

Proposizione 122. Per ogni δ > 0 si ha

limr→1−

ˆ|α|>δ

Pr(eiα)

dα = 0.

Osservazione 123. La proposizione precedente a�erma che per r → 1− lefunzioni Pr ◦ ei(·) hanno massa che si addensa nell'origine.

Teorema 124. Sia f ∈ C (Q). De�nita

F : D ⊂ C → C,

reiϑ 7→ F(reiϑ

):=

{(f ∗ Pr)

(eiϑ), se (r, ϑ) ∈ [0, 1)× R,

f(eiϑ), se (r, ϑ) ∈ {1} × R.

si ha F armonica in D e F ∈ C(D;C

). La funzione F prende il nome di

integrale di Poisson di f .

Dimostrazione. Chiaro che F|D ∈ C (D;C), perché somma di una serie total-mente convergente e che F|∂D ∈ C (∂D;C). Rimane da dimostrare che se(r, α) → (1, ϑ), allora F

(reiα

)→ f

(eiϑ). Per ogni ε > 0, dalla continui-

tà di f e dalla proposizione precedente esiste un δ ∈ (0, 1) tale che, per ognir ∈ (1− δ, 1) e per ogni α ∈ (ϑ− δ, ϑ+ δ), si abbia∣∣F (reiα)− f (eiϑ)∣∣ =

∣∣f ∗ Pr (eiα)− f (eiϑ)∣∣=

∣∣∣∣ˆ π

−π

[f(eα−ϕ

)− f

(eiϑ)]Pr(eiϕ) dϕ

∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣ˆ|ϕ|<δ

. . .dϕ

∣∣∣∣∣+

∣∣∣∣∣ˆ|ϕ|≥δ

. . .dϕ

∣∣∣∣∣≤ˆ|ϕ|<δ

∣∣f (eα−ϕ)− f (eiϑ)∣∣ dϕ

2π︸ ︷︷ ︸<ε

+2 ‖f‖∞

∣∣∣∣∣ˆ|ϕ|≥δ

Pr(eiϕ) dϕ

∣∣∣∣∣︸ ︷︷ ︸<ε

.

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 32

Chiaro che F ∈ C∞ (D;C) perché somma di serie di funzioni C∞ totalmenteconvergente. È noto che il laplaciano in coordinate polari assuma la forma

∆F = Fxx + Fyy

=∂2F

∂r2+

1

r

∂F

∂r+

1

r2

∂2F

∂ϑ2.

Si vuole valutare, per ogni r ∈ [0, 1),

∆ (f ∗ Pr) = ∆

(ˆQ

f(eiϕ)Pr

(ei( · −ϕ)

) dϕ

).

Per il teorema di convergenza dominata, poiché f è continua (e dunque limitata)e per r ∈ [0, 1) anche Pr lo è, si può passare la derivata sotto il segno di integrale,ottenendo

∆ (f ∗ Pr) = f ∗∆Pr = 0,

in quanto per ogni r ∈ [0, 1) per la Proposizione 120, Pr è la parte reale di unafunzione olomorfa, dunque Pr è armonica.

Osservazione 125. Il nucleo di Poisson, come quello di Fejér, permette dunquedi ricostruire ogni funzione continua a partire dalle sue medie integrali (cosa cheil nucleo di Dirichlet, i.e. le somme di serie di Fourier classiche, non facevano).Ma il nucleo di Poisson permette di fare molto di più. Dalla dimostrazione delteorema precedente segue che se f ∈ C (Q), la convergenza radiale

F(reiϑ

) r→1−−→ f(eiϑ)

è uniforme in ϑ. Si è quindi risolto il seguente problema.

Problema 126 (Problema di Dirichlet). Data f ∈ C (Q), si determini unafunzione u ∈ C

(D;C

)tale che u|D ∈ C2 (D;C) e

(∗) =

{∆ (u|D) ≡ 0,

u(reiϑ

) r→1−−→ f(eiϑ), uniformemente in ϑ.

Osservazione 127. Se si richiede la convergenza uniforme, la soluzione è unica,altrimenti no.

Proposizione 128 (Unicità). Esiste un'unica soluzione del problema (∗), datadalla funzione F de�nita nel Teorema 124 (l'integrale di Poisson di f).

Dimostrazione. Siano V : D → C una soluzione di (∗) e r ∈ [0, 1) �ssatoarbitrariamente. Essendo V|D ∈ C2 (D), si ha V

(rei(·)

)∈ C2

per (Q), pertanto Vè somma della sua serie di Fourier (che si ricorda, converge totalmente). Esistequindi una successione {ak (r)}k∈Z ⊂ C tale che

V(rei(·)

)=∑k=Z

ak (r) eik(·),

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 33

dove, per ogni k ∈ Z

ak (r) =

ˆ π

−πV(reiα

)e−ikα

2π.

Essendo19

0 = ∆V = Vrr +1

rVr +

1

r2Vϑϑ = (?) ,

passando (per la convergenza totale) la derivata sotto il segno di somma siottiene

(?) =∑k=Z

[a′′k (r) +

1

ra′k (r)− k2

r2ak (r)

]eik(·).

Si noti però che ∆V ∈ L2 (Q) (infatti ∆V ∈ Cper), e che l'ultimo membro(identicamente nullo per i conti sopra) è proprio la decomposizione di ∆V sulsistema trigonometrico complesso. Necessariamente, dunque, tutte le parentesiquadre devono essere nulle20. Moltiplicando primo ed ultimo membro per r2

si ottiene una successione di equazioni di�erenziali. Per ogni k ∈ Z \ {0} si hanecessariamente

r2a′′k (r) + ra′k (r)− k2ak (r) = 0.

Queste sono equazioni di tipo Eulero, e si risolvono ricercando un β ∈ R taleche ak = rβ . Per ogni k ∈ Z \ {0} si ha

β (β − 1) + β − k2 = 0 ⇐⇒ β2 = k2 ⇐⇒ β = ± |k| .

Per ogni k ∈ Z \ {0} esistono dunque Ak, Bk ∈ R tali che

ak (r) = Akr|k| +Bkr

−|k|,

ma per ogni k ∈ N, dalla limitatezza degli ak (per r → 0), segue Bk = 0, dunque

V(rei(·)

)=∑k∈Z

Akr|k|eik(·).

Qui si usa la convergenza uniforme rispetto a ϑ. Per determinare gli Ak sipassa al limite per r → 1−, si sfrutta la convergenza uniforme rispetto a ϑ, siscambia la serie con il limite e si ritrova il coe�ciente di fourier della funzionesul bordo21, i.e. per ogni k ∈ Z risulta

Ak = f (k) ,

da cui V = F .19Scusate l'abuso di notazione, ma è chiaro ciò che si intende.20Per chi non avesse familiarità con gli spazi di Hilbert, basta osservare che da 0 = (?),

integrando ambo i membri contro gli elementi del sistema trigonometrico, per ogni h ∈ Z,segue

0 =

ˆQ

(?) e−ih(·) = a′′h (r) +1

ra′h (r)−

h2

r2ah (r) .

21Infatti si ricordi che una delle conseguenze del Teorema di approssimazione di Fejér erache se una serie di Fourier converge, converge al valore giusto.

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1.6 Convergenza di Serie di Fourier 34

Esempio 129. Se non si richiede che la convergenza alla funzione sul bordosia uniforme rispetto all'angolo si perde l'unicità. Basta trovare una funzione utale che u 6≡ 0, ∆u = 0 e tale che, per ogni ϑ ∈ R �ssato esiste il limite

limr→1−

u(reiϑ

)= 0.

Si ricordi che per ogni r ∈ [0, 1) e per ogn ϑ ∈ R

Pr (ϑ) =1− r2

1 + r2 − 2r cos (ϑ).

Per ogni r ∈ [0, 1) e per ogn ϑ ∈ R si ponga

u(reiϑ

):=

∂ϑPr(eiϑ)

=−(1− r2

)2r sin (ϑ)

(1 + r2 − 2r cos (ϑ))2 .

Per ogni ϑ ∈ R tale che sin (ϑ) = 0 e per ogni r ∈ [0, 1) si ha u(reiϑ

)= 0.

Anche nel caso in cui ϑ ∈ R soddisfa sin (ϑ) 6= 0, per r → 1 si ha u(reiϑ

)→ 0.

Per veri�care che u è armonica si sfrutti la scrittura, valida per ogni r ∈ [0, 1) eper ogni ϑ ∈ R

Pr (ϑ) =∑k∈Z

r|k|eikϑ.

Per la convergenza totale si può passare la derivata sotto il segno di integrale,ottenendo, per ogni (r, ϑ) ∈ [0, 1)× R,

u(reiϑ

)=

∑k∈Z

ikr|k|eikϑ

= i

+∞∑k=1

krk[eikϑ − e−ikϑ

].

Per ogni r ∈ [0, 1) e per ogni ϑ ∈ R si ha dunque

∂ru(reiϑ

)= i

+∞∑k=1

k2rk−1[eikϑ − e−ikϑ

]∂rru

(reiϑ

)= i

+∞∑k=1

k2 (k − 1) rk−2[eikϑ − e−ikϑ

]∂ϑϑu

(reiϑ

)= i

+∞∑k=1

krk[−k2eikϑ + k2e−ikϑ

]

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1.7 Due applicazioni pratiche 35

da cui, sfruttando la solita identità per il laplaciano, per ogni r ∈ [0, 1) e perogni ϑ ∈ R si ha

r2∆u(reiϑ

)= r2urr

(reiϑ

)+ rur

(reiϑ

)+ uϑϑ

(reiϑ

)= i

+∞∑k=1

rk[eikϑ · 0 + e−ikϑ · 0

]= 0.

Osservazione 130. Se f ∈ L1 (T) ha senso costruire l'integrale di Poisson, lafunzione risultante è ancora armonica all'interno del disco unitario e nei punti dicontinuità di f si recupera la continuità �no al bordo dell'integrale di Poisson.

1.7 Due applicazioni pratiche

1.7.1 Il problema di Didone

Didone, regina di Tiro, viene spodestata dal fratello Pigmalione e costretta alasciare la sua patria. Dopo lunghe peregrinazioni sbarca sulle coste dell'odier-na Tunisia e, dopo amorosi scambi con il re Iarba, quest'ultimo22 le concededi potersi stabilire lì, prendendo possesso di tanto terreno �quanto ne potevacontenere una pelle di bue�. Didone scelse una penisola, tagliò astutamente lapelle di toro in tante striscioline sottilissime e le mise tutte in �la, in modo dadelimitare quello che sarebbe stato il futuro territorio della città di Cartagine.L'antico soprannome di Cartagine, infatti, era �Birsa�, che in greco signi�ca �pel-le di bue� e in fenicio �rocca�. Da questa leggenda è nato il cosiddetto problemadi Didone, consistente nel determinare la massima area racchiusa da una curva�ssata.

Osservazione 131. Dal punto di vista geometrico è ovvio se una tale regioneesiste, deve essere convessa. Con giochi vari di simmetrie e quant'altro, si arrivaa dimostrare che tale super�cie è sempre un disco. Si vuole però studiare questoproblema utilizzando la teoria di Fourier.

Problema 132 (Isoperimetrico). Presa una curva piana Γ chiusa, regolare,semplice, di lunghezza `, si massimizzi l'area della regione racchiusa dalla curva.

Osservazione 133. Si ricorda che:

1. con curva si intende l'immagine23 Γ di una funzione continua γ : [a, b]→Rn;

2. con curva piana si intende che il sostegno Γ ([a, b]) ⊂ R2;

3. con curva chiusa si intende che Γ (a) = Γ (b) ;

22Che era un buontempone.23O anche la funzione stessa.

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1.7 Due applicazioni pratiche 36

4. con curva regolare si intende che γ ∈ C1 ([a, b]) e per ogni t ∈ [a, b],·γ (t) 6=

0;

5. con curva semplice si intende che γ è iniettiva;

6. si de�nisce lunghezza della curva in numero reale non negativo

` =

ˆ b

a

∥∥∥ ·γ (t)∥∥∥dt.

7. Se t 7→ γ (t) := (x (t) , y (t)), per la formula di Green si de�nisce areacontenuta dalla curva il numero reale non negativo

A =1

2

∣∣∣∣ˆΓ

(xdy − ydx)

∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣12ˆ b

a

[x (t)

·y (t)− ·x (t) y (t)

]dt

∣∣∣∣∣ .Osservazione 134. Come parametrizzazione si utilizzerà l'ascissa curvilineas ∈ [0, `]. Segue quindi

‖γ′ (s)‖ = 1,

(non si tiene conto della �velocità istantanea�, è un �spazio fratto spazio�).

Teorema 135 (Hurwitz). Nelle ipotesi del problema isoperimetrico,

A ≤ `2

e vale l'uguale se e solo se Γ è una circonferenza.

Dimostrazione (da riscrivere). Se dilato di δ la lunghezza si dilata di δ e l'areadi δ2 (ci crediamo). Dilato allora di δ = 2π

` , dunque il teorema diventa. seL = 2π, allora A ≤ π. Noto che sto pensando a due funzioni x, y ∈ C1

per (R) e

tali che (x′)2

+ (y′)2

= 1. Dato che per Dirichlet tutto funziona, espando x, y inserie di Fourier.

x (s) =∑Zx (k) eiks,

y (s) =∑Zy (k) eiks.

A meno di traslazioni nel piano posso supporre x (0) = 0 = y (0) . Noto che,poiché x, y sono funzioni reali

x (−k) = x (k).

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1.7 Due applicazioni pratiche 37

Poiché ‖γ′‖ = ‖γ′‖2 = 1, si ha

2π = L

=

ˆQ

‖γ′ (s)‖ds

=

ˆ 2π

0

‖γ′ (s)‖ds

=

ˆ 2π

0

‖γ′ (s)‖2 ds

=

ˆ 2π

0

(|x′ (s)|2 + |y′ (s)|2

)ds

=(‖x′‖2L2( d

2π ) + ‖y′‖2L2( d2π )

)2π

(Plancherell)

= 2π

((∥∥∥x′∥∥∥)2

`2+(∥∥∥y′∥∥∥)2

`2

)= 2π

∑Z

(∣∣∣x′ (k)∣∣∣2 +

∣∣∣y′ (k)∣∣∣2)

= 2π∑Zk2(|x (k)|2 + |y (k)|2

)= 4π

+∞∑k=1

k2(|x (k)|2 + |y (k)|2

)Dividendo per 2π primo ed ultimo membro

1 = 2

+∞∑k=1

k2(|x (k)|2 + |y (k)|2

)e questa è l'informazione relativa alla lunghezza della curva. L'informazione

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1.7 Due applicazioni pratiche 38

sull'area dà

A =1

2

∣∣∣∣ˆ 2π

0

[x (s) y′ (s)− y′ (s)x (s)] ds

∣∣∣∣[x, y sono reali]

=1

2

∣∣∣∣ˆ 2π

0

[x (s) y′ (s)− x′ (s)y (s)

]ds

∣∣∣∣=

2|〈x, y′〉L2 + 〈y, x′〉L2 |

[Plancherell]

= π∣∣∣⟨x, y′⟩

`2−⟨y, x′

⟩`2

∣∣∣= π

∣∣∣∣∣∑k

[x (k) y′ (k)− y (k) x′ (k)

]∣∣∣∣∣= π

∣∣∣∣∣∑k

k[x (k) y (k)− x (k)y (k)

]∣∣∣∣∣= π

∣∣∣∣∣∑k∈Z

k[Im(x (k) y (k)

)]∣∣∣∣∣noto che sui kneg rimane tutto uguale

= 4π

∣∣∣∣∣∑k∈Z

k[Im(x (k) y (k)

)]∣∣∣∣∣[Im(ab)≤ |a| |b| ≤ ‖a‖

2+ |b|2

2

]≤ 2π

∑k∈Z

k[|x (k)|2 + |y (k)|2

]≤ 2π

∑k∈Z

k2[|x (k)|2 + |y (k)|2

][identita sopra]

= 2π1

2

Per avere = deve essere x (k) = y (k) = 0 per ogni |k| ≥ 2 (primo ≤ sopra).

Da |a| |b| ≤ ‖a‖2+|b|22 vale = se e solo se |x (1)| = |y (1)|, poi da Im

(ab)≤ |a| |b|

segue = se e solo se Re = 0, poi

x (1) =1

2eiα,

y (1) = ±i12eiα.

Facendo i conti viene fuori che viene = se e solo se la roba è uguale a seno ecoseno, cioè circo (veri�che noiose).

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1.7 Due applicazioni pratiche 39

1.7.2 Temperatura sottoterra

Problema 136 (Temperatura sottoterra). Sia

f : [0, 2π)→ R

(dove 2π rappresenta 1 anno e f rappresenta la temperatura sulla super�ciedella Terra durante l'anno). Si vuole determinare una funzione

u : [0,+∞)× R→ R,

(dove [0,+∞) rappresenta l'asse verticale rivolto verso il basso, R rappresentail tempo e u rappresenta la temperatura ad una certa profondità in un certoperiodo dell'anno) tale che:

1. per ogni x ∈ [0,+∞), u (x, ·) sia 2π-periodica;

2. u sia di classe C1 su R+ × R;

3. u soddis� il problema24{u (0, t) = f (t) , t ∈ [0, 2π) ,

ut = uxx.

Risoluzione (da riscrivere). Daremo per buone un tot di cose. Mi aspetto chesottoterra non faccia più caldo della temperatura super�ciale, cioè

|u (x, t)| ≤ ‖f‖∞ .

Mi aspetto che u (x, t) abbia uno sviluppo

u (x, t) =∑k∈Z

ck (x) eikt,

cove

ck (x) =1

ˆu (x, t) e−iktdt.

Noi sappiamo che vale l'eq del calora, quindi riusciamo a determinare i ck (x).Se tutto si può fare

c′′k (x) =1

ˆuxx (x, t) e−iktdt.

Poiché uxx = ut

c′′k (x) =1

ˆut (x, t) e−iktdt

ipp

=1

2πu (x, t) e−ikt

∣∣π−pi −

1

ˆu (x, t) (−ik) e−iktdt

24A meno della costante di propagazione del calore che dipende dal terreno e da altri fattorie che per semplicità si assume = 1.

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1.7 Due applicazioni pratiche 40

dunque per ogni kc′′k = ikck

coe� lienare del secondo ordine a coe� costanti, la so risolvere e ho anche il datoiniziale

ck (0) = f (k)

non è proprio un problema di Cauchy perché manca una condizione iniziale (èdel secondo ordine). Risolvo con polinomio caratteristico e bla bla

λ2 = ik

segueλ =√ik

Se k > 0

λ = ±1 + i√2

√k = ±1 + i√

2

√|k|.

Se k < 0

λ = ±1− i√2

√|k|.

Se k = 0 λ = 0 radice doppia. Come è fatta ck? per k > 0, detto√|k|2 =: δ =

δ (k)ck (x) = Ake

xδeiδx +Bke−δxe−iδx.

Poic0 (x) = C0x+D0

Per k < 0ck = Eke

δxe−iδx + Fke−δxe+iδx.

Come condizioni iniziali, una c'è, poi avevamo la limitatezza di |u (x, t)| segueche eδxnon ci deve essere quindi Ak, C0, Ek = 0. Mettendo dentro il dato inizialesi ha,

ck (x) = f (k) exp (−δx (1 + sign (k) i))

che è la k-esima armonica. LA soluzione è dunque

u (x, t) =∑k∈Z

ck (x) eikt.

Voglio ora fare una sempli�cazione per vedere come vanno le cose qualitativa-mente. Mettendo = 0 la temperatura media, la temeratura durante l'anno haun andamento sinusoidale (aumenta e diminuisce). Se f (t) = sin (t), allora laserie diventa un polinomio trigonometrico con 2 addendi, con fatti i conticini

u (x, t) = e−x/√

2 sin

(t− x√

2

)questo è ciò che sento a profondità x e al tempo t con temperatura media nulla.Osservo che arriverà una profondità in cui si è in contrasto di fase, quando fuoriè caldo, lì è freddo e viceversa (con ovviamente tutto smorzato).

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Capitolo 2

Trasformata di Fourier

2.1 Introduzione e motivazioni

Osservazione 137 (Introduzione informale). Scopo del presente capitolo èquello di estendere la teoria di Fourier sviluppata �nora a funzioni non pe-riodiche. L'idea è la seguente, se f è una funzione non periodica, si cerca diapprossimare f (in qualche senso) con una funzione g che sia T -periodica, doveT ∈ R+ è un periodo �grande�. Con questa idea in mente, invece di considerarefunzioni 2π-periodiche, si considerano funzioni di periodo arbitrario.

Notazione 138. Nel presente capitolo si utilizzeranno sistematicamente lenotazioni

• T ∈ R+ per indicare la lunghezza di un periodo;

• QT :=[−T2 ,

T2

)per indicare l'intervallo canonico di periodicità1;

• L2 (QT ) per indicare lo spazio delle funzioni T -periodiche di L2 (R);

• CT -per (R) per indicare lo spazio delle funzioni T -periodiche di C (R);

• Ckc (A) per indicare lo spazio delle funzioni di classe Ck a supporto com-patto de�nite su qualche aperto A ⊂ R.

Proposizione 139. La famiglia di funzioni

{ϕk}k∈Z :=

{1√Te

2πT ik(·)

}k∈Z

è un sistema ortonormale completo per L2 (QT ).

1Chiaramente, per ogni a ∈ R \ {−T/2}, ogni altro intervallo del tipo [a, a+ T ) può essereutilizzato per costruire la teoria in modo equivalente.

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2.1 Introduzione e motivazioni 42

Corollario 140. Sia f ∈ L2 (QT ). Allora, con le notazioni della proposizioneprecedente, per quasi ogni x ∈ R si ha

f (x) =∑k∈Z〈f (x) , ϕk (x)〉ϕk (x)

=∑k∈Z

1

T

(ˆ T/2

−T/2f (y) e−

2πT ikydy

)e

2πT ikx.

Osservazione 141 (Importante). L'idea che ispira la de�nizione di trasformatadi Fourier è la seguente. Si vole scrivere l'ultimo membro del corollario prece-dente come somma di Riemann (di passo 1/T ) di qualche funzione h, ricordandoche se h : R→ R è Riemann-integrabile in senso generalizzato, allora∑

k∈Z

1

Th

(k

T

)T→+∞−→

ˆRh (ξ) dξ.

De�nendo per ogni (ξ, x) ∈ R2

gT (ξ, x) :=

(ˆ T/2

−T/2f (y) e−2πξiydy

)e2πξix,

dal Corollario precedente si ha, per quasi ogni x ∈ R,

f (x) =∑k∈Z

1

TgT

(k

T, x

),

quindi, se per T de�nitivamente grande gT è abbastanza regolare, si può sperarenell'esistenza di qualche funzione g per cui il membro di destra sia (in L2 (QT ))una buona approssimazione di

´R g (ξ, · ) dξ. Si assuma che f ∈ Cc (R) (perdendo

quindi la periodicità). Allora esiste T ∈ R+ tale che, per ogni T > T si abbiagT = gT =: g, pertanto si può sostituire all'integrale su [−T/2, T/2] l'integralesu tutto R. In questo modo T compare solo nel passo del campionamento equelle scritte sopra sono e�ettivamente somme di Riemann. Per ogni f ∈ Cc (R)si ha dunque

∑k∈Z

1

Tg

(k

T, ·)T→+∞−→

ˆ +∞

−∞

(ˆ +∞

−∞f (y) e−2πiξy

)e2πiξ(·)dξ.

Si vuole studiare in che ipotesi e per quali x ∈ R vale

f (x) =

ˆ +∞

−∞

(ˆ +∞

−∞f (y) e−2πiξy

)e2πiξxdξ

e in che senso vale la convergenza. In questo spirito nasce la seguente de�nizione.

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2.1 Introduzione e motivazioni 43

De�nizione 142 (Trasformata di Fourier). Sia f ∈ L1 (R). Si de�nisce tra-sformata di Fourier di f la funzione

f : R → R

ξ 7→ f (ξ) :=

ˆ +∞

−∞f (y) e−2πiξydy.

Osservazione 143. Chiaramente, per la disuguaglianza di Hölder, la trasfor-mata di Fourier è ben de�nita.

Problema 144. È possibili scrivere una formula di inversione? Ovvero, parten-do dalla trasformata di Fourier di una funzione è possibile ricostruire la funzionedi partenza?

Osservazione 145. A di�erenza delle serie di Fourier, la teoria generale dellatrasformata di Fourier non cambia molto tra R ed Rn. Per questo motivo, �nchéla cosa non creerà troppi impedimenti tecnici, si svilupperà la teoria in Rn. Aquesto scopo sarà utile �ssare alcune notazioni.

Notazione 146. Nel presente capitolo si utilizzeranno sistematicamente leseguenti notazioni, tipiche del calcolo in più variabili.

1. Per ogni x, y ∈ Rn si scrive xy per indicare il prodotto scalare x · y.

2. Per ogni α = (α1, . . . , αn) ∈ Nn0 , si pone

|α| :=n∑j=1

αj ;

α prende il nome di multi-indice e |α| prende il nome di lunghezza delmulti-indice α.

3. Per ogni α = (α1, . . . , αn) ∈ Nn0 , per ogni x ∈ Rn, si pone

xα :=

n∏j=1

xαjj .

4. Per ogni α = (α1, . . . , αn) ∈ Nn0 , per ogni f : A ⊂ Rn → R e per ogni

x ∈◦A, se esiste, si pone

Dαf (x) :=∂|α|f

∂xα11 . . . ∂xαnn

(x) .

5. Per ogniA ⊂ Rn aperto, si scrive f ∈ Ck (A) se per ogni α = (α1, . . . , αn) ∈Nn0 tale che |α| ≤ k, esiste Dαf e Dαf ∈ C (A).

6. Si indica con C0 (Rn) lo spazio vettoriale delle funzioni f ∈ C (Rn;R) taliche esista il limite

lim|x|→+∞

f (x) = 0.

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2.1 Introduzione e motivazioni 44

De�nizione 147 (Trasformata di Fourier). Sia f ∈ L1 (Rn). Si de�niscetrasformata di Fourier di f la funzione

f : R → R

ξ 7→ f (ξ) :=

ˆ +∞

−∞f (y) e−2πiξydy.

Teorema 148 (Lemma di Riemann-Lebesgue). Sia f ∈ L1 (Rn), allora esisteil limite

lim|ξ|→+∞

f (ξ) = 0.

Dimostrazione. Siano a1, b1, . . . , an, bn ∈ R arbitrari e I := [a1, b1]×. . .×[an, bn].Si supponga inizialmente che f = χI quasi ovunque e per ogni j ∈ {1, . . . , n} siponga fj := χ[aj ,bj ]. Per ogni ξ := (ξ1, . . . , ξn) ∈ Rn, per il Teorema di Fubini(F ) si ha

f (ξ).=

ˆRnf (y) e−2πiξydy

.=

ˆRnχI (y)

n∏j=1

e−2πiξjyjdy

=

ˆI

n∏j=1

e−2πiξjyjdy

(F )=

n∏j=1

ˆ[aj ,bj ]

e−2πiξjyjdyj .

Se |ξ| → +∞, si ha dunque

∣∣∣f (ξ)∣∣∣ =

∣∣∣∣∣∣n∏j=1

ˆ bj

aj

e−2πiξjyjdyj

∣∣∣∣∣∣=

n∏j=1

∣∣∣∣ 1

2πiξj

(e−2πiξjbj − e−2πiξjaj

)∣∣∣∣≤

n∏j=1

1

π |ξj |

=1

πn1

|ξ1| |ξ2| . . . |ξn||ξ|→+∞−→ 0.

Per densità si estende la tesi a tutto L1 (R).

Corollario 149 (Della dimostrazione). Siano a1, b1, . . . , an, bn ∈ R arbitrari,allora

χ[a1,b1]×...×[an,bn] =

n∏j=1

χ[aj ,bj ].

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2.1 Introduzione e motivazioni 45

Proposizione 150. Sia

F : L1 (Rn) → (R)Rn,

f 7→ Ff (·) := f (·) :=

ˆRnf (y) e−2πi(·)ydy.

Allora F(L1 (Rn)

)⊂ C0 (Rn).

Dimostrazione. Chiaramente per ogni f ∈ L1 (Rn), f ∈ C (Rn). Dal Lemma diRiemann-Lebesgue segue che le code sono in�nitesime.

De�nizione 151 (Trasformata di Fourier). L'operatore

F : L1 (Rn) → C0 (Rn) ,

f 7→ Ff := f ,

dove si ricorda per l'ultima volta che f è de�nita da

f : Rn → R,

ξ 7→ f (ξ) :=

ˆRnf (y) e−2πiξ·ydy,

prende il nome di trasformata di Fourier.

Esercizio 152. La disuguaglianza di Hölder suggerisce che questa de�nizionenon si riesca ad estendere per funzioni f ∈ Lp. Si trovi un esempio di unafunzione f ∈ Lp (Rn) tale che, per qualche ξ ∈ R, la funzione y 7→ f (x) e−2πiξ·y

non sia Lebesgue-integrabile.

Osservazione 153. Chiaramente se f è più regolare che L1, la de�nizioneprecedente continua ad avere senso. Si mostrerà più avanti che nonostanteL1 (Rn) sia lo spazio più naturale per costruire la teoria, non è quello forierodei risultati migliori. Vedremo che la trasformata di Fourier è un isomor�smosuriettivo in L2 (Rn) e nello spazio di Schwartz delle funzioni a decrescenzarapida.

Osservazione 154. È immediato veri�care che, se f ∈ L1 (Rn),∥∥∥f∥∥∥∞≤ ‖f‖L1 .

Teorema 155. La trasformata di Fourier F è un operatore lineare, continuoe2

‖F‖1→∞ = 1.

2Nel modo più naturale possibile, si pone

‖F‖1→∞ := supf∈L1(Rn),‖f‖1≤1.

{‖Ff‖∞

}.

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2.1 Introduzione e motivazioni 46

Dimostrazione. La linearità è ovvia. Per l'osservazione precedente è immediatoanche che ‖F‖1→∞ ≤ 1, dunque F è continuo. Per dimostrare che ‖F‖ = 1,basta considerare una qualunque f ∈ L1 (Rn), f ≥ 0 e osservare cheˆ

Rnf = ‖f‖1 = f (0) .

Presa, e.g. f := χ[0,1]n , si ha dunque

‖F‖1→∞ ≥ f (0) = 1.

Osservazione 156. In dimensione 1, se a > 0, si consideri

f = χ[−a,a].

Allora3 la trasformata di Fourier di f è de�nita per ogni η ∈ R da4

f (η) =sin (2πηa)

πη.

Questo ci rende molto tristi perché nonostante f ∈ L1 (Rn) e abbia anche sup-porto compatto, f /∈ L1 (R). Ci sono ben poche possibilità di arrivare ad unteorema di inversione se non si può nemmeno integrare la funzione che vorremmoanti-trasformare.

Lemma 157. Data f ∈ Ck (Rn) esiste {fε}ε∈R+ ⊂ Ckc (R) tale che, per ogniα ∈ Nn0 , |α| ≤ k, si abbia

DαfεL1

−→ε→0

Dαf.

Dimostrazione. Detta

g (x) :=

{exp

(1

x2−1

), x ∈ [−1, 1] ,

0, x ∈ (−∞,−1) ∪ (1,+∞) ,

si de�nisca per ogni x ∈ R la funzione integrale

G (x) :=

´ x−∞ g (t) dt´ +∞−∞ g (t) dt

.

Si ha G ∈ C∞ (R) e {G (x) = 0, x ≤ −1,

G (x) = 1, x ≥ 1.

Operando per omotetia e traslazione, si de�nisce per ogni x ∈ Rn la mappa

η (x) := G (3− 2 |x|) .

Chiaramente η ∈ C∞c (Rn) e radialmente ha il gra�co in �gura.

3Si veri�ca.4De�nita in modo ovvio nell'origine.

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2.1 Introduzione e motivazioni 47

Per ogni ε > 0 si consideri la funzione de�nita per ogni x ∈ Rn da

ηε (x) := η (εx)

ed in�ne, per ogni ε > 0 si de�nisca la funzione

fε : Rn → R,x 7→ fε (x) := f (x) ηε (x) .

Ovvio che {fε}ε∈R+ ⊂ Ckc (R). Sia ε ∈ R+ arbitrario. Rimane soltanto veri�careche fε e le sue derivate convergano in L1 dove alle derivate di f . Siano k ∈ N0

ed α ∈ Nn0 , con |α| ≤ k �ssati arbitrariamente. Dalla regola di Leibniz segue

Dαfε =∑|β|≤|α|

CβDβ (ηε)Dα−βf

= ηεDαf︸ ︷︷ ︸L1−→ε→0

Dαf

+∑

1≤|β|≤|α|

CβDβ (ηε)Dα−βf.

Per la linearità del limite in L1 basta quindi dimostrare che la sommatoria tendaa zero in L1. Vado di triangolare e uso che∥∥∥∥∥∥

∑1≤|β|≤|α|

CβDβ (ηe)Dα−βf

∥∥∥∥∥∥ ≤∑

1≤|β|≤|α|

∥∥CβDβ (ηε)Dα−βf∥∥L1

≤∑

1≤|β|≤|α|

Cβ∥∥χ{|x|>1/ε}D

α−β (f)∥∥L1 → 0.

Osservazione 158. Il Lemma di Riemann-Lebesgue si può anche dimostrareutilizzando il lemma precedente, che dice in particolare che C1

c (Rn) è denso in

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2.1 Introduzione e motivazioni 48

L1 (Rn). Indicando per ogni j ∈ {1, . . . , n} la j-esima derivata parziale con Dj ,si ottiene che per ogni ξ ∈ Rn∣∣∣f (ξ)

∣∣∣ |ξ| ≤ C

n∑j=1

∣∣∣Djf (ξ)∣∣∣

≤ C,

quindi non solo la norma va a zero, ma ci va almeno come la norma di ξ.

Proposizione 159 (Proprietà elementari di F). Siano f, g ∈ L1 (Rn), h ∈ Rne per ogni x ∈ R

τhf (x) := f (x− h) .

Allora,

1. per ogni ξ ∈ Rn

(τhf) (ξ) = e−2πihξ f (ξ) ;

2. per ogni ξ ∈ Rn

τhf (ξ) = F(e2πih(·)f (·)

)(ξ) ; (2.1.1)

3. per ogni ξ ∈ Rn

(f ∗ g) (ξ) = f (ξ) g (ξ) ;

4. se per ogni α ∈ Nn0 , con |α| ≤ k si ha

x 7→ xαf (x) ∈ L1 (Rn) ,

alloraf ∈ Ck (Rn)

e per ogni α ∈ Nn0 , con |α| ≤ k si ha

Dαf = F [(−2πi (·))α f (·)] ; (2.1.2)

5. se f ∈ Ck (Rn) e per ogni α ∈ Nn0 , con |α| ≤ k si ha

Dαf ∈ L1 (Rn)

allora per ogni α ∈ Nn0 , con |α| ≤ k e per ogni ξ ∈ R si ha

(Dαf) (ξ) = (2πiξ)αf (ξ) , (2.1.3)

inoltre esiste C ∈ R+ tale che, per ogni ξ ∈ R, si abbia∣∣∣f (ξ)∣∣∣ ≤ C (1 + |ξ|)−k .

Dimostrazione. Si lasciano molti dettagli come esercizi.

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2.1 Introduzione e motivazioni 49

1. Ovvia.

2. Ovvia

3. Si lascia la dimostrazione come esercizio (obbligatorio). (Suggerimento: siapplichi il teorema di Fubini).

4. Sia ξ ∈ R arbitrario. Allora(Dαf

)(ξ) = Dα

(ˆRnf (y) e−2πiy·ξ︸ ︷︷ ︸

=:G(y,ξ)

dy

).

Si vuole passare la derivata sotto il segno di integrale. Si veri�chi comeesercizio (obbligatorio) come si deriva rispetto a ξ se la ξ appare in unprodotto scalare. Per ogni y ∈ Rn, si ottiene∣∣∣∣∂|α|∂ξ

G (y, ξ)

∣∣∣∣ = |(−2πiy)αG (y, ξ)|

≤ C |y||α| |f (y)| ,

quindi l'ipotesi è proprio quella giusta per garantire che la derivata α-esima di G abbia maggiorante in L1. Passando la derivata sotto il segnodi integrale si conclude che(

Dαf)

(ξ) =

ˆRnf (y) (−2πiy)

αe−2πiyξdy.

5. Si supponga inizialmente che |α| = 1 e f ∈ Cc (Rn). Per ogni ξ ∈ Rn,integrando per parti, si ha(

∂f

∂xj

)(ξ) =

ˆRn

∂f

∂xj(y) e−2πiyξdy =

(IPP)= −

ˆRnf (y) (−2πiξj) e

−2πiyξdy

= (2πiξj) f (ξ) .

Se f ∈ Cc e |α| ≥ 1 la tesi si ottiene per induzione. Per concludere sicostruisca la famiglia {fε}ε>0 di approssimanti di f e delle sue derivatecome nel Lemma 157. Per ogni ε > 0 e per ogni y ∈ Rn si ha

Dαfε (y) = (2πiy)αfε (y) .

Dato che cheDαfεL1

−→ Dαf e F è continua, il membro di sinistra convergeuniformemente a Dαf (y) e analogamente il membro di destra convergea (2πiy)

αf (y). Per l'unicità del limite si conclude. In�ne, essendo le

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2.2 Il teorema di inversione 50

derivate �no a k in L1, per come si calcola la trasformata di Fourier si ha,per ogni |α| ≤ k, x 7→ xαf (x) ∈ L∞. Notando che per ogni x ∈ Rn

C−1k (1 + |x|)k ≤

∑|α|≤k

|xα| ≤ Ck (1 + |x|)k

si arriva a casa.

Osservazione 160. Il punto 4 dice che la regolarità della trasformata si leggedal decadimento all'in�nito della funzione (o � localizzazione�, cioè la concentra-zione della massa della funzione al �nito). Il punto 5 dice una cosa in qualchemodo duale, ovvero che la decadenza all'in�nito della trasformata si legge dallaregolarità della funzione. Questa dualità tra localizzazione e regolarità dellefunzioni e delle loro trasformate porterà alla formulazione del noto principio diindeterminazione Heisenberg, che vedremo in seguito.

2.2 Il teorema di inversione

De�nizione 161. Si dice che {Kε}ε>0 ⊂ L1 (Rn) è un nucleo di sommabilità osistema di molli�catori, se

1. per ogni ε > 0 ˆRKε = 1,

2. esiste M > 0 tale che, per ogni ε > 0

ˆR|Kε| ≤M,

3. per ogni δ > 0 ˆ|x|>δ

|Kε|ε→0−→ 0.

Teorema 162 (Fejér). Se f ∈ Lp (Rn) o f ∈ C0 (Rn). Indicato con X uno deidue spazi,

‖Kε ∗ f − f‖X → 0.

Osservazione 163 (Informale). Per dimostrare il teorema di inversione bisognaottenere opportune condizioni in modo tale che

f (·) =

ˆRnf (y) e2πi(·)ydy. (2.2.1)

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2.2 Il teorema di inversione 51

Si ripensi alle serie di Fourier. Nel primo capitolo sono stati introdotti dei modipiù deboli di de�nirne la convergenza. Nella Cesaro-sommabilità, ad esempio,per ogni N ∈ N

SNf (·) :=

N∑k=−N

f (k) eik(·)

diventava

σN (f) :=

N∑k=−N

f (k)

(1− |k|

N + 1

)eikx = KN ∗ F.

Tutto questo ha un suo analogo nel caso continuo. Non sapendo se l'integralea destra nella (2.2.1) converga, lo si vuole aiutare un pochino, moltplicandol'integranda per un elemento di una famiglia di funzioni piccole e molto lisceche in un intorno dell'origine siano vicine ad 1. La prima idea potrebbe essere,al variare di ε > 0, ˆ

Rnf (y) e2πi(·)ye−ε|y|dy.

Puntualmente l'integranda tende a quella della (2.2.1), però ora il piccolo (≤ 1)termine aggiuntivo aiuta la convergenza, decadendo come un esponenziale. Inol-tre in qualche senso la nuova integranda rappresenta una buona approssimazionedi quella precedente, infatti con convergenza puntuale più dominante L1 ci sipuò permettere di passare al limite sottto il segno di integrale. Si studierannointegrali di questo tipo e si dimostrerà che questi integrali coincidono con fun-zioni fε che tendono ad f quando ε → 0. Per questioni di regolarità, non siconsidereranno integrali come quello scritto sopra, ma come il seguente

ˆRnf (y) e2πi(·)ye−ε|y|

2

dy.

Lemma 164 (Formula di moltiplicazione in L1). Se f, g ∈ L1 (Rn), allora

ˆRnfg =

ˆRnfg.

Dimostrazione. Chiaro gli integrali sono ben de�niti (le trasformate sono limi-tate). La tesi segue dal teorema di Fubini.

Osservazione 165. Il lemma precedente viene anche detto formula di inver-sione (in L1).

Notazione 166. Siano f ∈ L1 (Rn) e ε > 0. Si de�niscono per ogni x ∈ Rn lefunzioni

fε (x) :=1

εNf(xε

),

fε (x) := f (εx) .

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2.2 Il teorema di inversione 52

Osservazione 167. La prima dilatazione conserva la norma5, la seconda no.Questo accade perché i due operatori sono duali in trasformata di Fourier, ovverovale il lemma successivo.

Lemma 168. Siano f ∈ L1 (Rn) e ε > 0. Allora

fε =(f)ε,

fε =(f)ε.

Dimostrazione. Basta fare il cambio di variabile.

Lemma 169. Per ogni x ∈ Rn si ponga

G (x) := e−π|x|2

.

Allora per ogni y ∈ Rn si ha

G (y) = G (y) .

Dimostrazione. Chiaramene G ∈ C∞ e decade più velocemente di ogni potenza,dunque G ∈ C∞ ∩ L1. Per le proprietà delle potenze basta dimostrare chel'uguaglianza è vera per n = 1, poi scrivere quello sopra come il prodotto deisingoli integrali, le variabili si separano e si vince easy. Sia dunque n = 1.Allora, per ogni x ∈ R(

G)′

(x)(2.1.2)

= F ((−2πi (·))G (·)) (x)

=

ˆ +∞

−∞−2πiyG (y) e−2πixydy[

G (x) = e−πx2]

= iF (G′) (x)

(2.1.3)= i (2πix) G (x)

= −2πxG (x) .

Poiché

G (0) =

ˆRG = 1,

la mappa G soddisfa su tutto R il problema di Cauchy{u′ (x) = −2πxu (x) ,u (0) = 1,

dunque, per il teorema di esistenza e unicità non può che essere una gaussiana.

5I.e. l'operatore (·)ε ha norma unitaria.

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2.2 Il teorema di inversione 53

De�nizione 170 (Nucleo di Gauss). Sia G := e−π|·|2

. La famiglia di funzioni{G√t

}t>0

è un nucleo di sommabilità, detto nucleo di Gauss.

Proposizione 171. Siano p e p′ esponenti coniugati6, se f ∈ Lp e g ∈ Lp′ , siha ˆ

Rnfεg =

ˆRnfgε.

Dimostrazione. Basta fare il cambio di variabile.

Teorema 172 (Di inversione). Siano f, f ∈ L1 (Rn). Allora, per quasi ognix ∈ Rn

f (x) =

ˆRnf (y) e2πixydy.

Dimostrazione. Per ogni t > 0 e per ogni x ∈ Rn, si haˆRnf (y) e2πixye−πt|x|

2

dy =

ˆRnf (y) e2πixyG

(√ty)

dy

=

ˆRnf (y) e2πixyG

√t (y)︸ ︷︷ ︸

∀t,x ∈L1

dy

[formula di inversione]

=

ˆRnf (y)F

(e2πix(·)G

√t (·))

(y) dy

(2.1.1)=

ˆRnf (y) τx

(F(G√t))

(y)︸ ︷︷ ︸ dy[= τx

((G)√t

)(y) = τx

(G√t

)(y)

= G√t (y − x) = G√t (x− y)

]=

ˆRnf (y)G√t (x− y) dy

=(f ∗G√t

)(x) .

Si passino primo ed ultimo membro al limite per t → 0+. A primo membro sipuò passare al limite sotto il segno di integrale perché gli esponenziali sono L∞

e la maggiorante integrabile è f . Quindi per quasi ogni x ∈ RnˆRnf (y) e2πixye−πt|x|

2

dyt→0+

−→ˆRnf (y) e2πixydy.

Per il teorema di approssimazione di Fejér, inoltre

f ∗G√tL1

−→t→0+

f.

6I.e. 1p

+ 1p′ = 1.

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2.2 Il teorema di inversione 54

Poiché convergenze anche diverse convergono quasi ovunque alla stessa funzionelimite (eventualmente passando per il Teorema della scelta), si arriva a casa.

Osservazione 173. Il membro di destra nel teorema di inversione è una fun-zione continua di x, mentre f è soltanto in L1.

Corollario 174 (Dell'osservazione). Sia f ∈ L1 (Rn). Condizione necessaria

a�ché f ∈ L1 (Rn) è che f sia q.o. uguale ad una funzione continua.

2.2.1 Sommabilità in norma

Osservazione 175 (Sulla dimostrazione del Teorema di inversione). Nel dimo-strare il teorema di inversione, abbiamo dimostrato molto di più: un teorema disommabilità in norma. Lemedie di Gauss7 dell'integrale di partenza convergonoin norma 1 alla funzione f .

Corollario 176 (Della dimostrazione del Teorema di inversione). Siano f, f ∈L1 (Rn), allora, se t→ 0+,

ˆRnf (y) e2πi(·)ye−πt|y|

2

dyL1

−→ f.

Osservazione 177. La convergenza delle medie di Gauss è più debole dellaconvergenza di un integrale alla Lebesgue. Ad esempio x 7→ sin (x) /x /∈ L1 maha medie di Gauss convergenti.

Osservazione 178. Si vuole adesso ripercorrere la dimostrazione del Teoremadi inversione, in modo da estendere il risultato di convergenza delle medie diGauss il più possibile8. Quando si raggiungerà un punto in cui sarebbe necessarioaggiungere un'ipotesi, lo si farà scrivendola sotto una parentesi gra�a o dentrouna parentesi quadra. Sia

Φ : Rn → R.7La convoluzione di f con il nucleo di Gauss.8Sostituendo al termine gaussiano un termine più generale.

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2.2 Il teorema di inversione 55

Allora Per ogni x ∈ Rn e per ogni t > 0 si haˆRnf (y) e2πixy Φ (ty)︸ ︷︷ ︸

Φ∈L1

dy.=

ˆRnf (y) e2πixyΦt (y) dy

=

ˆRnf (y)F

(e2πix(·)Φt (·)

)(y) dy

=

ˆRnf (y) τx

(F(Φt))

(y) dy[τx(F(Φt))

(y) = τx

((Φ)t

)(y)

.=(

Φ)t(y − x)︸ ︷︷ ︸

Φ pari

=(

Φ)t(x− y)

]

=

ˆRnf (y)

(Φ)t(x− y) dy

=(f ∗(

Φ)t

)(x)[

se Φ ∈ L1eˆRn

Φ = 1, per Fejer

]L1

−→ f

Per passare al limite a primo membro basta invece che Φ sia continua nell'originee che Φ (0) = 1. In queste ipotesi si arriva a casa con il solito risultato di pas-saggio al limite sotto il segno di integrale per integrali dipendenti da parametro.Si è in sostanza dimostrato il seguente teorema.

Teorema 179 (Di sommabilità in norma). Sia Φ ∈ L1 (Rn), Φ (0) = 1 e Φ

continua nell'origine. Detta ϕ := Φ, sia ϕ ∈ L1 (Rn),´Rn ϕ = 1 e ϕ pari.

Allora, per ogni f ∈ L1 (Rn), se ε→ 0+

L1

−→ f,ˆRnf (y) e2πi(·)yΦ (εy) dy

q.o. e L1

−→ˆRnf (y) e2πi(·)ydy.

Osservazione 180. La convergenza sotto non può che essere q.o. perché va-riazioni puntuali a sinistra non cambiano i valori a destra. Per recuperare laconvergenza ovunque si dovrebbe aggiungere alle ipotesi la continuità di f .

Osservazione 181. Qualunque coppia (Φ, ϕ) che soddisfa le ipotesi del teore-ma di sommabilità in norma può essere utilizzata per dimostrare il teorema diinversione (esattamente come accade con il nucleo di Gauss).

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2.2 Il teorema di inversione 56

Esempio 182 (Coppie (Φ, ϕ)). Si mostrano alcuni importanti esempi di coppie(Φ, ϕ).

1. Nucleo di Gauss.

Già visto che x 7→ G (x) := e−π|x|2

soddisfa quanto visto sopra. Dunqueper ogni f ∈ L1, se a→ 0+

ˆRn

2−πa|y|2

e2πi(·)y f (y) dyL1

−→ f.

2. Nucleo di Poisson-Abel.

Dettax 7→ Φ (x) := e−2π|x|,

si ha

x 7→ Φ (x) = P (x) := cn1(

1 + |x|2)n+1

2

,

dove

cn :=Γ(n+1

2

)πn+12

.

Inoltre ˆRnP (x) dx = 1.

Dimostrazione. Ci si limita a dimostrare il caso n = 1. Per ogni x ∈ R siha

Φ (x).=

ˆ +∞

−∞e−2π|t|e−2πitxdt

=

ˆ 0

−∞e2πt(1−ix)dt+

ˆ +∞

0

e−2πt(1+ix)dt

=1

2π (1− ix)e2πt(1−ix)

∣∣∣∣0−∞− 1

2π (1 + ix)e−2πt(1+ix)

∣∣∣∣+∞0

=1

2π (1− ix)+

1

2π (1 + ix)

=1

2

1 + x2

=1

π

1

1 + x2.

Ricordando che Γ (1/2) =√π, la tesi per n = 1 risulta vera.

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2.2 Il teorema di inversione 57

Nota. Chi sono le dilatate di P? Per ogni y > 0, si ha

x 7→ Py (x).=

1

ynP

(x

y

).= cn

y(y2 + |x|2

)n+12

,

ma questo è il nucleo di Poisson nel semispazio9!

Nota. Si noti che Φ decade all'in�nito più di ogni potenza, dunque Φ ∈C∞ (Rn). D'altra parte Φ in 0 non è derivabile, quindi Φ non decadevelocemente all'in�nito.

3. Nucleo di Fejér (N = 1).

Siax 7→ Φ (x) := max (1− |x| , 0) .

Detta g = χ[− 12 ,

12 ], si veri�ca con un conto esplicito che g ∗ g = Φ. Poiché

la trasformata del prodotto è il prodotto delle trasformate, per ogni x ∈ R

Φ (x) = (g ∗ g) (x) = (g)2

(x) =

(sin (πx)

πx

)2

=: K (x) .

Le dilatate di K generano un nucleo di sommabilità? Con la funzione divariabile complessa z 7→ e2πiz/π2z2, integrando su un semicerchio grandemeno un morsetto attorno all'origine, si dimostra col Teorema dei Residuiche ˆ

RK (x) dx = 1.

Ancora con il Teorema dei Residui si dimostra che la famiglia di funzioni{Kε}ε>0 in cui, per ogni ε > 0, si ha

x 7→ Kε (x) =sin2 (πx/ε)

π2 (x2/ε)

9Il nucleo di Poisson nel semispazio non è altro che il nucleo di Poisson nel disco a cui èstata applicata la trasformazione di Kaley, che mappa il disco nel semispazio superiore.

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2.2 Il teorema di inversione 58

è un nucleo di sommabilità. Se sostiuiamo agli indici ε ∈ R+ gli indici{1

N+1 : N ∈ N}, otteniamo la stessa forma del nucleo di Fejér vista nel

primo capitolo.

Osservazione 183. Esiste un risultato analogo a quello visto in Analisi Com-plessa per il nucleo di Poisson nel semipiano.

Corollario 184 (Convergenza alla Cesaro). Per ogni f ∈ L1 (R) si haˆR

max (1− |εx| , 0) f (x) e2πi(·)xdxL1

−→ f.

Osservazione 185 (Informale). Questo è l'analogo continuo del teorema disommabilità alla Cesaro visto per serie di Fourier. Se f ∈ L1 (Q), avevamo

σN (f) = KN ∗ f =

N∑j=−N

(1− |j|

N + 1

)f (j) e2πij(·).

Se f ∈ L1 (R) si ha ˆ 1/ε

−1/ε

(1− ε |x|) f (x) e2πi(·)xdx,

che per ε ≈ 1/N è la stessa scrittura del caso discreto.

Problema 186. Come corollario teorema di convergenza alla Cesaro per le seriedi Fourier abbiamo osservato che i polinomi trigonometrici sono densi in Cper (R),e dunque in Lp (Q). Come si rilegge lo stesso risultato nel caso continuo? Nelcaso discreto le funzioni trigonometriche hanno serie di Fourier coincidente conloro stesse, ovvero i coe�cienti di Foureir sono de�nitivamente nulli. Si vuoledeterminare �quante� funzioni abbiano trasformata di Fourier a supporto com-patto, ovvero l'analogo della proprietà discreta. Questo accade sempre facendoconvoluzione col nucleo di Fejér. Siano infatti f, f ∈ L1 (R). Per ogni ε > 0 eper ogni y ∈ R si ha

(f ∗ Fε) (y) = f (y) Fε (y)

= f (y)(F)ε

(y)[se g, g ∈ L1 (R), (g) (x) = g (−x)

]= f (y) Φε (−y)

[Φ pari]

= f (y) Φε (y)

.=

{f (y) (1− ε |y|) , |y| < 1

ε ,

0, |y| ≥ 1ε .

ed esattamente come succedeva nel caso discreto si ha che f ∗FεL1

−→ F , dunquevale il Teorema seguente.

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2.2 Il teorema di inversione 59

Teorema 187. Le funzioni con trasformata di Fourier a supporto compattosono dense il L1 (R).

Dimostrazione. Per ogni f ∈ L1 (R), basta considerare come approssimante10

la funzione Kε ∗ f .

Problema 188 (Nucleo di Fejér in Rn). Si può estendere questo risultato indimensione maggiore di 1? L'analogo dell'intervallo in più dimensioni può esserede�nito in modo naturale con:

1. un rettangolo; in questo caso, per Fubini, la funzione ha variabili sepa-rate e si scrive il nucleo di Fejér come prodotto di N nuclei 1-dimensionali.L'unico problema è che la scrittura non è intrinseca, si scrive come pro-dotto delle componenti ma non come funzione diretta di x ∈ Rn;

2. una bolla; in questo caso le cose si complicano notevolmente. La trasfor-mata di Fourier della funzione caratteristica di una bolla non è nemmenoesprimibile in termini elementari (è una funzione di Bessel).

In oni caso, tentando poi di generalizzare il risultato in Lp (Rn), si dimostrache, come nel caso delle serie di Fourier, la convergenza per sfere funziona se esolo se p = 1, mentre per poliedri si funziona per ogni p ∈ [1,+∞). Per questimotivi (una via è posticcia, l'altra non porta lontano) non si usa quasi mai ilnucleo di Fejér in dimensione maggiore di 1.

2.2.2 Iniettività e suriettività di F in L1

Teorema 189 (Iniettività di F). Siano f, g ∈ L1 (Rn), se f = g, si ha f = gq.o.

Dimostrazione. Conseguenza diretta del Teorema di inversione.

Osservazione 190. Il teorema precedente a�erma che l'operatore di Fourier

F : L1 (Rn) → C0 (Rn) ⊂ L∞ (Rn)

è iniettiva.

Problema 191. Tale mappa è suriettiva?

Teorema 192 (Della mappa aperta). Un operatore lineare continuo tra spazidi Banach è una mappa aperta.

Proposizione 193. F non è suriettiva.

Dimostrazione. Se per assurdo F fosse suriettiva, per il teorema precedenteesisterebbe

F−1 : (C0 (Rn) , ‖·‖∞)→(L1 (Rn) , ‖·‖1

)10Per ε > 0 opportuno.

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2.2 Il teorema di inversione 60

continua. Dato che (ovviamente) anche F−1 è lineare, esiste M > 0 tale cheF−1 sia M -Lipschitzana, i.e. tale che per ogni g ∈ C0 (Rn) si abbia∥∥F−1 (g)

∥∥1≤M ‖g‖∞ .

Si vuole costruire una successione {gk}k∈N ⊂ C0 ∩ L1, con

∀k ∈ N, ‖gk‖∞ ≤ 2

e ∥∥F−1gk∥∥

1→ +∞.

Sia k ∈ N. Si de�niscano fk := χ(−k,k) e gk = fk ∗ f1.

Per ogni h ∈ C0 (Rn) e per ogni t ∈ Rn, si pone

h (t) :=(F−1h

)(t)

=

ˆRne2πitxh (x) dx

= (Fh) (−t) .

Si ha dunque, per ogni x ∈ Rn,

|gk (x)| = |gk (−x)|

=∣∣∣fk (−x) f1 (−x)

∣∣∣=

∣∣∣∣ sin (2kπx) sin (2πx)

π2x2

∣∣∣∣ .Essendo interessati alla norma L1, è su�ciente controllare la convergenza del-l'integrale in un intorno dell'origine11. Su (0, 1/2), la mappa x 7→ sin(2πx)

x èmonotona decrescente. Allora, per ogni x ∈

(0, 1

4

),

sin (2πx)

x≥ 4.

11Che è dove sta il grosso della massa.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 61

Per ogni x ∈(0, 1

4

), si ha pertanto

|gk (x)| ≥ 4

π2

|sin (2kπx)|x

,

da cui

‖gk‖1 ≥ 4

π2

ˆ 1/4

0

|sin (2kπx)|x

dx

[2kπx = t]

=4

π2

ˆ kπ/2

0

|sin (t)|t

dtk→+∞−→ +∞.

2.3 Trasformata di Fourier in Lp

2.3.1 Lo spazio di Schwartz

Osservazione 194. Come già osservato, la de�nizione di trasformata di Fou-rier vista nella sezione precedente non si estende in modo diretto a nessun Lp.Questo accade perché l'unico strumento comodo per il controllo delle norme èla disuguaglianza di Hölder. Uno spazio in cui la teoria di Fourier si applicaestremamente bene è il seguente.

De�nizione 195 (Spazio di Schwartz). Si de�nisce spazio di Schwartz (o spaziodelle funzioni a decrescenza rapida) e si indica con S l'insieme

S :=

{f ∈ C∞ (Rn)

∣∣∣∣∀α, β ∈ Nn0 , supx∈Rn

{∣∣xαDβf (x)∣∣} < +∞

}.

Osservazione 196. A parole, le funzioni nello spazio di Schwartz e tutte leloro derivate decadono all'in�nito più rapidamente di ogni potenza. C'è quindiun controllo non solo sul decadimento delle funzioni stesse, ma anche delle lorooscillazioni. Non ci si dovrebbe sorprendere troppo nello scoprire che in S latrasformata di Fourier si comporta molto bene. Si ricordi infatti che per leproprietà elementari di F , con decadenza rapida si comprava regolarità dellatrasformata e con regolarità si comprava decadenza rapida della trasformata.In S le funzioni sono regolari e decadono rapidamente, quindi anche le lorotrasformate avranno entrambe queste proprietà.

Osservazione 197. Si noti che:

1. C∞c (Rn) ⊂ S,

2. di più: C∞c (Rn) ( S, infatti x 7→ e−|x|2 ∈ S \ C∞c .

Osservazione 198. Si noti inoltre che:

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 62

1. S è uno spazio vettoriale;

2. S è anche un'algebra (rispetto al prodotto puntuale);

3. per ogni f ∈ S e per ogni polinomio P , si ha Pf ∈ S;

4. S ( C∞ (Rn), esistono infatti funzioni C∞ non in S, ad esempio i polinomi;

5. S ( C∞0 (Rn), esistono infatti funzioni in C∞0 ma non in S, ad esempio

x 7→ 1

1 + |x|2;

6. la richiesta che anche le derivate decadano rapidamente non è super�ua12,infatti la funzione

x 7→ e−x2

cos(ex

2)

è C∞, a decadimento esponenziale (maggiore di ogni potenza), ma già laderivata prima diverge del primo ordine, quindi f /∈ S.

2.3.2 Topologia dello spazio di Schwartz

Osservazione 199. Per ogni α, β ∈ Nn0 , la mappa

ρα,β : S → [0,+∞) ,

f 7→ ρα,β (f) = supx∈Rn

{∣∣xαDβf (x)∣∣}

è una norma su S.

Osservazione 200. Esiste una teoria generale dell'analisi funzionale che ga-rantisce che se in uno spazio vettoriale esiste una famiglia di seminorme cheseparano i punti, si può generare una topologia. Per chi avesse familiarità conquesto tipo di argomenti i risultati successivi saranno delle semplici applicazio-ni della teoria generale. Per tutti gli altri si espone quanto succede nel casoparticolare di cui ci si sta occupando.

De�nizione 201 (Spazio seminormato). Si dice che(V, {ρα}α∈A

)è uno spazio

seminormato se V è uno spazio vettoriale (reale o complesso) e {ρα}α∈A unafamiglia di seminorme su V che separano i punti13.

Teorema 202. Siano(V, {ρα}α∈A

)uno spazio seminormato e f ∈ V . Allora

le intersezioni �nite degli elementi de�niti per ogni α ∈ A e per ogni ε > 0 da

Bρα (ε, f) := {g ∈ V |ρα (f − g) < ε}

costituiscono un sistema fondamentale di intorni di f .Inoltre, detta τ la topologia generata (al variare di f ∈ V ) da tale sistemafondamentale di intorni, si ha che

12Non è implicata dal fatto che la funzione sia molto regolare e decada rapidamente.13I.e. tali che per ogni f, g ∈ V , f 6= g esista un α ∈ A tale che ρα (f) 6= ρα (g) .

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 63

1. τ è la topologia meno �ne che renda contine tutte le seminorme {ρα}α∈A;

2. τ è la topologia meno �ne che renda continua l'identità id : V → V ;

3. τ è invariante per traslazioni;

4. le operazioni naturali dello spazio vettoriale14 sono continue15.

De�nizione 203 (Topologia delle seminorme). La topologia τ de�nita nel teo-rema precedente prende il nome di topologia delle seminorme (o topologia dispazio seminormato).

Osservazione 204. Grazie all'invarianza per traslazioni, per descrivere la to-pologia delle seminorme è su�ciente de�nire un sistema fondamentale di intornidell'origine. Dette per ogni α ∈ A e per ogni ε > 0

Bρα (ε) := {g ∈ V |ρα (g) < ε} ,

la famiglia degli insiemi de�niti per ogni j1, . . . , jk ∈ A e per ogni ε1, . . . , εk > 0da

k⋂`=1

Bρi` (ε`)

costituisce un sistema fondamentale di intorni di 0.

Fatto 205. Siano(V, {ρj}j∈N

)uno spazio seminormato16 e τ la topologia delle

seminorme. Allora

1. (V, τ) è uno spazio di Hausdor� localmente convesso17;

2. (V, τ) è metrizzabile18, de�nendo come distanza tra f, g ∈ V il numeroreale

d (f, g) :=

+∞∑j=1

2−jρj (f − g)

1 + ρj (f − g);

3. fn(V,τ)−→ f ⇐⇒ ∀j ∈ N, ρj (fn − f)

n→+∞−→ 0;

4. sia T : (V, τ)→ C un funzionale lineare. T è continuo se e solo se esistonoρ1, . . . , ρM seminorme e C > 0 tali che, per ogni f ∈ V ,

|T (f)| ≤ CM∑j=1

ρj (f) ;

14Somma di vettori e prodotto per uno scalare.15I.e. compatibili con la topologia.16Si noti che per la validità del risultato si sta richiedendo che la famiglia di seminorme sia

numerabile.17Gli intorni convessi sono proprio quelli tramite i quali si de�nisce la topologia.18Si può cioè de�nire su V una metrica che induca una topologia equivalente a τ .

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 64

5. [IMPORTANTE] Sia T : (V, ρ) → (W,σ) un operatore lineare tra duespazi seminormati. T è continuo19 rispetto alle rispettive20 topologie delleseminorme se e solo se per ogni σβ ∈ σ esiste c = c (σβ) ed esistonoj1, . . . , jM anch'essi dipendenti da σ (β) tali che, per ogni f ∈ V ,

σβ (T (f)) ≤ cM∑`=1

ρj` (f) . (2.3.1)

Esempio 206.(L1 (Rn) , ‖·‖1

)che ha una seminorma sola, soddisfa il risultato

precedente. Se su C∞ si mette la norma in�nito della derivata 23-esima si ottieneuno spazio seminormato con norma ovviamente non equivalente a quella del supusuale.

Osservazione 207 (Importante). In S le seminorme ρα,β de�nite all'iniziodella sezione separano i punti. S risulta dunque essere uno spazio topologicoseminormato. Per quanto appena visto, per ogni {f} ∪ {fn}n∈N ⊂ S si ha

fnS−→ f ⇐⇒ ∀α, β ∈ Nn0 , ρα,β (fn − f)

n→+∞−→ 0.

Proposizione 208. Per ogni p ∈ [1,∞] si ha S ⊂ Lp.Esercizio 209. Si dimostri l'a�ermazione precedente (facile perché le funzionidi Schwartz decrescono velocemente).

Proposizione 210. L'inclusione i : S → L1 è continua.

Dimostrazione. Sia f ∈ S. Si vuole sfruttare la (2.3.1). Si noti che per ognix ∈ Rn si ha

|x|2n =

n∑j=1

x2j

n

=∑|α|=2n

cαxα, (2.3.2)

polinomio omogeneo di grado 2n. Allora, per ogni x ∈ Rn,

|f (x)| =1

1 + |x|2n(

1 + |x|2n)|f (x)|

=1

1 + |x|2n(|f (x)|+ |x|2n |f (x)|

)≤ 1

1 + |x|2n(ρ00 (f) + |x|2n |f (x)|

)(2.3.2)

=1

1 + |x|2n

ρ00 (f) +∑|α|=2n

cαxα |f (x)|

≤ 1

1 + |x|2n︸ ︷︷ ︸∈L1

ρ00 (f) +∑|α|=2n

cαρα,0 (f)

︸ ︷︷ ︸

∈R

.

19Cioè continuo nell'origine, cioè limitato nell'origine (essendo lineare).20Chiedo scusa per il gioco di parole.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 65

Integrando primo ed ultimo membro e prendendo il massimo tra le cα ed 1 siveri�ca la stima (2.3.1).

Proposizione 211. L'inclusione i : S → Lp è continua.

Esercizio 212. Si dimostri la proposizione precedente.

Osservazione 213. Visto che il trucco di moltiplicare per x 7→ 11+|x|k si usa

spesso, si de�nisce su S una seconda famiglia di seminorme. Per ogni k ∈ N0 eper ogni β ∈ Nn0 si de�nisce

σk,β : S → [0,+∞) ,

f 7→ σk,β (f) := sup(

1 + |x|k) ∣∣Dβf (x)

∣∣ ,che per k = 2n, come visto prima, torna assai comodo. Dato per ogni k ∈ N0,β ∈ Nn0 , la seminorma σk,β è maggiorata e minorata da una combinazione linearedelle altre seminorme (le �ρ�), la topologia di seminorma indotta dalle �σ� èequivalente a quella indotta dalle �ρ�. Da questo punto in poi ogni proprietàtopologica che si enuncerà per S si supporrà riferita alla topologia di seminormaτ determinata dalle �ρ� (o, equivalentemente, dalle �σ�).

Osservazione 214. S è denso in Lp, infatti contiene C∞c che è denso il Lp.

Osservazione 215. Si dimostrerà che S è completo, chiuso rispetto alla convo-luzione e alla trasformata di Fourier. Meglio persino di C∞c , che è chiuso rispettoalla convoluzione ma e.g. non alla trasformata di Fourier.

Esercizio 216. Si determini un esempio di una funzione C∞c la cui trasformatadi Fourier non sia in C∞c .

Teorema 217. S è completo.

Dimostrazione. Siano {fk}k∈N ⊂ S di Cauchy in S. Allora per ogni α, β ∈ Nn0si ha ρα,β (fk − fh) → 0. Ci si limiti a considerare le derivate (α = 0), esi �ssi β ∈ Nn0 . La successione delle derivate

{Dβfk

}k∈N risulta di Cauchy

rispetto alla norma della convergenza uniforme. Esiste pertanto gβ ∈ C limiteuniforme di

{Dβfk

}n∈N. In particolare, quindi, fk → g0 uniformemente. Si

vuole dimostrare che gβ ∈ C∞ e vale

Dβg0 = gβ . (2.3.3)

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 66

Se |β| = 1, la precedente è una semplice derivata parziale rispetto a qualcheindice j ∈ {1, . . . , k}. In questo caso, per ogni x ∈ Rn e per ogni t ∈ R

g0 (x+ tej)− g0 (x) = limk→+∞

[fk (x+ tej)− fk (x)]

(TFCI)= lim

k→+∞

ˆ t

0

Dxjfk (x+ sej) ds

[conv. unif. su insieme di misura �nita]

=

ˆ t

0

limk→+∞

Dxjfk (x+ sej) ds

=

ˆ t

0

gxj (x+ sej) ds.

Dal TDL segue la tesi, cioè che g0 è derivabile lungo xj e vale ∂xjg0 = gxj . Perinduzione sulla lunghezza del multi-indice si dimostra ciò che g0 ∈ C∞ e che la(2.3.3) vale per β arbitrario. Ora si vuole dimostrare non solo che g0 ∈ S, ma

anche che fkS−→ g0, ovvero che per ogni α, β ∈ Nn0

ρα,β (fk − g0)k→+∞−→ 0,

o detto equivalentemente che

(·)αDβfk (·) unif.−→ (·)αDβg0 (·) .

Per ogni α, β ∈ Nn0 , per ogni k ∈ N e per ogni x ∈ Rn, si ha∣∣xαDβfk (x)− xαDβg0 (x)∣∣ = lim

h→+∞|x|α

∣∣Dβfk −Dβfh∣∣

≤ limh→+∞

ρα,β (fk − fh) .

Essendo {fk}k∈N di Cauchy in S, Passando al sup primo ed ultimo membro esuccesivamente passando al limite per k → +∞ si arriva a casa.

Teorema 218. C∞c è denso in S.

Dimostrazione. Sia η ∈ C∞c tale che η (0) = 1. Si vuole dimostrare che per ogniϕ ∈ S, se ε→ 0, si ha

ηεϕS−→ ϕ,

ovvero che per ogni α, β ∈ Nn0 , se ε→ 0

ρα,β (ηεϕ− ϕ) = supx∈Rn

∣∣xα (Dβ (ηεϕ)−Dβϕ)∣∣→ 0.

Dimostrando come sempre la tesi per |β| = 1, procedendo per induzione erifacendo quanto già fatto diverse volte si arriva a casa.

Proposizione 219.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 67

1. Se f, g ∈ S, allora f ∗ g ∈ S e la mappa

∗ : S × S → S,(f, g) 7→ f ∗ g

è continua;

2. se ϕ ∈ S,´Rn ϕ = 1, allora per ogni f ∈ S si ha f ∗ ϕε

S−→ f ;

3. se φ ∈ S e φ (0) = 1, allora per ogni f ∈ S si ha φt ∗ f S−→ f .

Dimostrazione (da riscrivere). Si dimostra il primo punto a titolo di esempio.La dimostrazione degli altri punti segue da un ragionamento analogo e vienelasciata come esercizio al lettore interessato.

1. Siano α, β ∈ Nn0 . Si rammenti che la convoluzione di due funzioni C∞ èuna funzione C∞. Si vuole dimostrare che

x 7→ xαDβ (f ∗ g) (x)

è maggiorata da una combinazione lineare di seminorme di f e g. Per leproprità della convoluzione

xαDβ (f ∗ g) = xα(f ∗Dβg

).

Al posto di queste consideriamo le σ, cioè(1 + |x|k

)Dβ (f ∗ g) =

(1 + |x|k

) (f ∗Dβg

).

Dopo dimostriamo che questo è equivalente a cosniderare

(1 + |x|)kDβ (f ∗ g) = (1 + |x|)k(f ∗Dβg

).

Poiché

1 + |x| = 1 + |x− y + y|≤ 1 + |x− y|+ |y|≤ (1 + |x− y|) (1 + |y|)

si ha

(1 + |x|)kDβ (f ∗ g) (x) ≤ˆ ∣∣∣f (x− y)Dβg (y) (1 + |y|)k (1 + |x− y|)

∣∣∣ 1

(1 + |y|)2N(1 + |y|)2N

=

ˆ ∣∣∣f (x− y)Dβg (y) (1 + |y|)k+2N(1 + |x− y|)

∣∣∣ 1

(1 + |y|)2N

≤∑|α|≤k,|δ|≤k+2N,|γ|≤|β|

Cαρα,0 (f) Cβ,γρδ,γ (g)

∥∥∥∥∥ 1

1 + |y|2N

∥∥∥∥∥L1

.

Teorema 220. La trasformata di Fourier F è un isomor�smo21 continuo da S21Cioè F : S → S è suriettivo.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 68

in sé.

Dimostrazione. Chiaramente F (S) ⊂ S. Basta quindi dimostrare che F : S →S è continua. Dimostrato questo, poiché S ⊂ L1, si può fare l'antitrasformata ela suriettività segue banalmente. Sia allora f ∈ S arbitraria. Essendo S ⊂ L1,la trasforma f è ben de�nita e regolare. Si �ssino arbitrariamente α, β ∈ Nn0 .Si consideri la funzione

x 7→ xα(Dβ f

)(x) .

A meno di costanti22, per ogni x ∈ Rn

xα(Dβ f

)(x) = C

∣∣∣xα ((·)β f (·)) (x)

∣∣∣= C

∣∣∣∣∣∣∣∣(Dα

[(·)β f (·)

])︸ ︷︷ ︸=:g

(x)

∣∣∣∣∣∣∣∣ .Passando a sup primo ed ultimo membro si ha

ρα,β

(f)

= C ‖g‖∞(Oss. 154)

≤ C ‖g‖1(∗)≤

∑|γ|≤|β|,|δ|≤|α|

Cγ,δργ,δ (f) ,

dove (∗) segue da quanto già visto sopra23. Dunque F è continua.

2.3.3 La trasformata di Fourier in L2

Lemma 221 (Uguaglianza di Parseval). Sia f ∈ S. Allora24

‖f‖L2 =∥∥∥f∥∥∥

L2.

Dimostrazione. Si ha∥∥∥f∥∥∥L2

=

ˆRnf f

(∗)=

ˆRnf ˇ(f)

[formula moltiplicativa]

=

ˆRnf(

ˇ(f))=

ˆRnff = ‖f‖L2 ,

22Che lasciamo sempre indicate con C ma cambiano in alcuni passaggi23Con β indice di potenza e α indice di derivata (che si sono quindi scambiato di ruolo).24La formula seguente dice in particolare che F

(L2)⊂ L2.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 69

dove (∗) vale in quanto, per ogni ξ ∈ Rn,

f (ξ) =

ˆRnf (x) e−2πixξdx

=

ˆRnf (x)e2πixξdx

.= ˇ(f) (ξ) .

Osservazione 222. L'uguaglianza di Parseval è di fondamentale importan-za perché permetterà di de�nire la trasformata di Fourier in L2 partendo dafunzioni dell spazio di Schwartz. Per chi avesse familiarità con il teorema diHahn-Banach, la costruzione che faremo sarà banale. La si esporrà in ogni casoper i lettori digiuni di analisi funzionale.

Osservazione 223. Sia f ∈ L2. Per la densità si S in L2 esiste {ϕn}n∈N ⊂ S

tale che ϕnL2

−→ f . Per il lemma precedente, dunque {ϕn}n∈N è di Cauchy in

L2. Per la completezza di L2 esiste g ∈ L2 tale che ϕnL2

−→ g.

De�nizione 224 (Trasformata di Fourier in L2). Con le notazioni dell'osser-vazione precedente, se f ∈ L2 (Rn) si de�nisce trasformata di Fourier di f lafunzione

F (f) := g.

Osservazione 225. La de�nizione è ben posta. Se ϕnL2

−→ f e ψnL2

−→ f , da

ϕnL2

−→ g segue ψnL2

−→ g. Infatti, se n→ +∞∥∥∥ψ − g∥∥∥ ≤∥∥∥ψn − ϕn∥∥∥

2+ ‖ϕn − g‖2

=∥∥∥ (ψn − ϕn)

∥∥∥2

+ ‖ϕn − g‖2[(ψn − ϕn) ∈ S]

= ‖ψn − ϕn‖2︸ ︷︷ ︸→0

+ ‖ϕn − g‖2︸ ︷︷ ︸→0

.

Teorema 226. F : L2 → L2 è un'isometria suriettiva.

Dimostrazione. Sia f ∈ L2. Per de�nizione Ff = limL2 ϕn, per qualche {ϕn}n∈N ⊂

S, con ϕnL2

−→ f . Per la continuità della norma e per l'uguaglianza di Parseval

‖Ff‖2 = limn→+∞

‖ϕn‖2= lim

n→+∞‖ϕn‖2

= ‖f‖2 ,

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 70

dunque F è un'isometria. Per dimostrarne la suriettività, si �ssi g ∈ L2.Per la densità di S in L2 esiste una successione {ψn}n∈N approssima g in L2.Chiaramente il limite

g := limL2

ψn

è la preimmagine di g secondo F .

Problema 227. Se f ∈ L1∩L2, si hanno due de�nizioni possibili di trasformatadi Fourier. Coincidono in L1 ∩ L2? Come vedremo a breve, sì25. Per dimostrequesto fatto, che permetterà di estendere la de�nizione di trasformata di Fourieranche a L2, servirà il lemma seguente (formula di moltiplicazione in L2).

Lemma 228 (Formula di moltiplicazione in L2). Siano f, g ∈ L2. AlloraF (f) g ∈ L1 e ˆ

RnF (f) g =

ˆRnfF (g) .

Dimostrazione. La dimostrazione segue facilmente dalla densità di S in L2.Siano {fn}n∈N , {gn}n∈N ⊂ S tali che

fnL2

−→ f,

gnL2

−→ g.

Allora per de�nizione

fnL2

−→ F (f) ,

gnL2

−→ F (g) .

Dalla disuguaglianza di Hölder segue pertanto

fngnL1

−→ F (f) g,

fngnL1

−→ fF (g) .

ma dato che in L1 vale la formula di moltiplicazione, da

∀n ∈ NˆRnfngn =

ˆRnfngn,

per l'unicità del limite, segue la tesi.

Osservazione 229. Il lemma precedente viene talvolta detto formula di inver-sione (in L2).

Osservazione 230. Con l'estensione della trasformata di Fourier si procederàsempre così, prendendo proprietà che valgono in S (o in L1 a seconda dei casi)e procedendo per densità.

25Il contrario ci avrebbe reso tristissimi!

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 71

Teorema 231. Sia f ∈ L1 ∩ L2. Allora f = F (f) q.o.26.

Dimostrazione. Sia ϕ ∈ S. Poichè i primi due fattori sono in L1

ˆRnfϕ =

[per la formula di moltiplicazione in L1

]=

ˆRnfϕ

=[per la formula di moltiplicazione in L2

]=

ˆRnF (f)ϕ.

Dunque ˆRn

[f −F (f)

]ϕ = 0.

Poiché f ,F (f) ∈ L1loc e ϕ è arbitraria, per un noto risultato di teoria della

misura la parentesi quadra è nulla quasi ovunque.

Osservazione 232. Il prossimo importante teorema garantisce che la trasfor-mata di Fourier F : L2 → L2 conserva la struttura di spazio di Hilbert, ovveronon solo conserva la norma ma conserva anche i prodotti interni!

Teorema 233 (Formula di Plancherel). Siano f, g ∈ L2. Allora

ˆRnfg =

ˆRnF (f)F (g).

Esercizio 234. Di dimostri la formula di Plancherel. [Idea: si dimostra ea-sy che vale in S (perché valgono le formule di inversione quindi si scambianotrasformate, antitrasformate e coniugati), poi si va di densità e si passa al limite.]

2.3.4 La trasformata di Fourier in Lp, p ∈ [1, 2]

Proposizione 235. Sia f ∈ L2 (in generale /∈ L1). Allora

ˆ|x|≤n

f (x) e−2πixξdxL2

−→ F (f) .

(si noti che l'integrale è ben de�nito perché fχB(0,n) ∈ L1).

26Con questa notazione si intende che il membro di sinistra è la trasformata di Fourier di ffatta con l'integrale (così come de�nita in L1), mentre il membro di destra è quella de�nitacome limite di trasformate di funzioni dello spazio di Schwartz (così come de�nita in L2). Nelseguito si continuerà ad utilizzare questa notazione qualora fosse necessario distinguere i duecasi.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 72

Dimostrazione. Per ogni n ∈ N, sia fn = fχB(0,n). Per il teorema di con-

vergenza monotona fnL2

−→ f . Ma {fn}n∈N ∈ L2 ∩ L1, quindi, per ognin ∈ N

F (fn) = fn

.=

ˆ|x|≤n

f (x) e−2πix(·)dx.

Per l'uguaglianza di Parseval segue allora∥∥∥fn −F (f)∥∥∥

2= ‖fn − f‖2 → 0.

Proposizione 236. Siano f ∈ L1 e g ∈ L2. Allora

F (f ∗ g) = fF (g) .

(si noti che il membro di sinistra è ben de�nito perché f ∗ g ∈ L2).

Dimostrazione. Si procede per densità. Sia {ϕn}n∈N ∈ S tale che ϕnL2

−→ g.

Allora chiaramente ϕn ∗ fL2

−→ g ∗ f , infatti, per la nota stima sulla norma dellaconvoluzione

‖ϕn ∗ f − g ∗ f‖2 = ‖(ϕn − g) ∗ f‖2≤ ‖ϕn − g‖2 ‖f‖1 → 0.

D'atra parte

ϕnL2

−→ F (g) . (2.3.4)

Poiché per ogni n ∈ N si ha (ϕn ∗ f) ∈ L1 ∩ L2,

(ϕn ∗ f)︸ ︷︷ ︸=ϕnf

L2

−→ F (g ∗ f) . (2.3.5)

Dal Teorema della scelta, passando ad una sottosuccessione in (2.3.4), molti-plicando per f e passando ad una sottosottosuccessione in (2.3.5), si ottienel'esistenza quasi ovunque dei limiti

ϕnkj f → F (g) f ,

ϕnkj f → F (f ∗ g) .

Problema 237. Esiste una funzione f ∈ L1 \L2 con trasformata di Fourier inL2? La proposizione seguente a�erma di no.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 73

Proposizione 238. Sia f ∈ L1 con f ∈ L2. Allora f ∈ L1 ∩ L2.

Dimostrazione. Sia ϕ ∈ S a supporto compatto e con ϕ (0) = 1 (per la linearitàdella trasformata di Fourier una si�atta ϕ esiste certamente). Allora, per ogniε > 0, f ∗ ϕε ∈ Cc ⊂ L1 ∩ L2. Inoltre la famiglia {ϕε}ε>0 è un nucleo disommabilità. Per il teorema di Fejér si ha dunque

f ∗ ϕεL1

−→ f.

Essendo la F : L2 → L2 un'isometria suriettiva, esiste g := F−1(f)∈ L2. Si

vuole dimostrare chef ∗ ϕε

L2

−→ g,

dopodiché, passando per il solito teorema della scelta, si ottiene f = g quasiovunque e dunque f ∈ L1 ∩ L2. Per ogni ε > 0, sfruttando nuovamente il fattoche la trasformata di Fourier sia un'isometria, si ha

‖f ∗ ϕε − g‖22 =∥∥∥ (f ∗ ϕε)− f

∥∥∥2

2

=∥∥∥f (ϕε)− f

∥∥∥2

2

=∥∥∥f (ϕ)

ε − f∥∥∥2

2

=

ˆRn

∣∣∣f (x)∣∣∣2 |1− ϕ (εx)|2 dx.

Per il teorema di convergenza dominata, si può passare al limite per ε → 0+

sotto il segno di integrale ad ultimo membro.

Teorema 239 (Hausdor�-Young). Per ogni p ∈ (1, 2), detto p′ il suo esponenteconiugato27, è possibile de�nire la trasformata di Fourier

F : Lp → Lp′,

con ‖F‖p→p′ < 1.

27Ovvero l'unico p′ > 0 tale che 1p

+ 1p′ = 1.

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 74

Dimostrazione. Tough.

Teorema 240. Sia p ∈ [1, 2]. Per ogni f ∈ Lp esistono28 g ∈ L1 e h ∈ L2 taliche

f = g + h.

Dimostrazione. Siano

g :=

{f, su |f | > 1,

0, altrove;e h :=

{f, su |f | ≤ 1,

0, altrove.

Chiaro che g ∈ L1, infattiˆRn|g| .=

ˆ|f |>1

|f | ≤ˆRn|f |p < +∞

e analogamente h ∈ L2.

De�nizione 241 (Trasformata di Fourier in Lp). Se f ∈ Lp, con p ∈ [1, 2]. Siaf = g + h, con g ∈ L1e h ∈ L2. Si de�nisce trasformata di Fourier di f , lafunzione

F (f) := g + F (h) .

Osservazione 242. La de�nizione è ben posta. Se f = g1 + h1 = g2 + h2.Allora g1 − g2 = h2 − h1 quasi ovunque, ma i membro a sinistra sta in L1,quello a destra in L2, pertanto entrambi i membri appartengono ad L1 ∩ L2 ehanno quindi la stessa trasformata di Fourier (qualunque delle due si consideri).Prendendo quella in L1 a sinistra e quella in L2 a destra si conclude quantoa�ermato.

Osservazione 243. Questa de�nizione è un estensione in senso proprio delledue precedenti, date in L1 e in L2 (basta porre g o h uguali a 0).

Fatto 244. Come visto per L1, accade di nuovo che le uniche funzioni contrasformata in Lp

′sono quelle che partono da Lp ∩ L2.

Teorema 245 (di interpolazione di Riesz-Thorin). Siano p0, p1, q0, q1 ∈ [1,∞]e λ ∈ [0, 1]. Si de�niscano inoltre p, q ∈ [0,∞] in modo tale che i reciprocisoddis�no le combinazioni convesse

1

p:=

λ

p0+

1− λp1

e1

q:=

λ

q0+

1− λq1

.

Se

T 0 : Lp0 → Lq0 ,

T 1 : Lp1 → Lq1

28Non unici, nemmeno quasi ovunque!

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2.3 Trasformata di Fourier in Lp 75

sono due operatori lineari continui tali che

T 0|Lp0∩Lp1 = T 1

|Lp0∩Lp1 ,

allora T 0 e T 1 si possono estendere in modo unico ad un operatore linearecontinuo

T : Lp → Lq,

con‖T‖p→q ≤

∥∥T 0∥∥λp0→q0

∥∥T 1∥∥1−λp1→q1

.

Dimostrazione. Nella prossima vita.

Osservazione 246. Applicando il teorema di interpolazione di Riesz-Thorincon p0 = 1, p1 = ∞ e q0 = q1 = 2 si ottiene il teorema di Hausdor�-Young ameno del dire che la norma viene minore di 1.

Esercizio 247. Si dimostri che le funzioni con trasformata di Fourier a supportocompatto sono dense in Lp per ogni p ∈ [1, 2] (visto per p = 1).

Osservazione 248. Abbiamo dimostrato che gli Lp, con p ∈ [1, 2], sono i chiusinella somma L1 + L2.

Problema 249. Rimane ora da capire se la de�nizione di trasformata di Fouriersi possa estendere o meno agli spazi Lp, con p > 2. Purtroppo si può dimostrareche partendo anche solo da L1 ∩ L∞ (che è incluso in ogni Lp, con p ≥ 1) nonesiste alcuno spazio di Banach omogeneo29 X tale che

F : Lp → X

sia un operatore (lineare) continuo. Scimmiottando la proposizione 235, sipotrebbe pensare di de�nire per ogni f ∈ Lp la trasformata di Fourier di fcome

F (f) := limLp′

ˆB(0,n)

f (x) e−2πix(·)dx.

L'integrale a destra è infatti ben de�nito per ogni p ≥ 1, quindi se quel limiteesistesse, si potrebbe de�nire una F naive anche per p > 2. Tuttavia, comedetto sopra, anche solo limitandosi a considerare L1∩L∞ (che è denso30 in ogniLp e dove la trasformata di Fourier è già de�nita) è possibile dimostrare chenon si riesce a trovare alcuna norma in alcuno spazio (di Banach omogeneo) diarrivo in modo tale che l'operatore

F : L1 ∩ L∞ → X

sia continuo. Se ciò fosse possibile si potrebbe estendere F per completamento,ma purtroppo in questo caso non siamo così fortunati. Non solo quindi non siriesce ad avere lo sperato X = Lp

′, ma procedendo in questo modo non si riesce

proprio a portare la teoria oltre Lp, con p ∈ [1, 2].

29Vedi de�nizione seguente.30L1 ∩ L∞ ⊃ C∞c .

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 76

De�nizione 250 (Spazio di Banach omogeneo). Si dice che uno spazio di Ba-nach (X, ‖·‖X) è omogeneo se per ogni traslazione τ e per ogni f ∈ X si haτf ∈ X, ‖f‖X = ‖τf‖X e le traslazioni sono continue rispetto alla norma, cioèse per ogni y0 ∈ X

‖τyf − τy0f‖Xy→y0−→ 0.

Fatto 251. Per ogni p > 2 non esiste alcuno spazio di Banach omogeneo X enon esiste alcuna C > 0 tale che, per ogni f ∈ L1 ∩ L∞, si abbia

‖Ff‖X ≤ C ‖f‖Lp .

Osservazione 252. Chiaramente, se F non si estende nemmeno a L1 ∩ L∞ ⊂Lp, non c'è speranza in Lp, per p > 2. Inoltre gli Lp, per p > 2 sono omoge-nei quindi non avremmo mai e poi mai potuto avere degli altri spazi Lp comepotenziali codomini della trasformata di Fourier. Arrivati a questo punto sem-bra chiaro che per poter andare avanti si deve accettare che la F non sia una�funzione in senso usuale�. Questo cattivo comportamento della trasformata diFourier negli spazi Lp apre la strada alla teoria delle distribuzioni temperate.

2.4 Spazio delle distribuzioni temperate

De�nizione 253 (Distribuzioni temperate). Il duale topologico S ′ dello spaziodi Schwartz prende il nome di spazio delle distribuzioni temperate. I funzionaliT : S → C lineari e continui prendono quindi il nome di distribuzioni temperate.

Osservazione 254. Il nome distribuzioni temperate deriva dal seguente fatto.Lo spazio C∞c (Rn) dotato di un'opportuna topologia31 viene detto spazio dellefunzioni test e generalmente indicato con D (Rn). Il duale topologico di D (Rn)viene detto spazio delle distribuzioni ed indicato con E (Rn). Essendo D ⊂ S,si ha32 S ′ ⊂ E , dunque lo spazio delle distribuzioni temperate è un sottospaziodello spazio delle distribuzioni.

Osservazione 255. Per come è de�nita la topologia in S, un elemento T delduale algebrico di S è una distribuzione temperata se e solo se esiste un numero�nito di seminorme, cioè di coppie di multi-indici α1, β1, . . . , αk, βk ∈ Nn0 e unnumero �nito di costanti positive c1, . . . , ck ∈ R+ tali che, per ogni ϕ ∈ S

|T (ϕ)| ≤k∑j=1

ckραjβj (ϕ) .

31Analoga a quella costruita per le funzioni olomorfe.32Segue da fatto di analisi funzionale semplice da veri�care: se uno spazio è più piccolo ha

più funzionali continui.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 77

2.4.1 Esempi di distribuzioni temperate

Esempio 256 (S). Sia ψ ∈ S �ssato. Il funzionale

Tψ : ϕ 7→ˆRnϕψ

è chiaramente ben de�nito è lineare. Tψ è anche continuo, infatti dalla disugua-glianza di Hölder, per ogni ϕ ∈ S si ha

|Tψ (ϕ)| ≤ ‖ψ‖1 ‖ϕ‖∞.= ‖ψ‖1 ρ0,0 (ϕ) .

Dunque, con un abuso di notazione, si ottiene l'inclusione insiemistica S ⊂ S ′.

Problema 257. Quando, come nell'esempio precedente, si dimostra che unospazio topologico contiene un sottospazio in corrispondenza biunivoca con unaltro spazio topologico, è interessante capire se l'inclusione è o no continua.In caso a�ermativo l'inclusione risulta anche topologica. Nel caso precedente,ad esempio, si è dimostrato che S è in corrispondenza biunivoca con l'insiemeTS := {Tψ|ψ ∈ S}, e da

S ↔ TS ⊂ S ′,

a meno della corrispondenza biunivoca, si è ottenuta l'inclusione (insiemistica!)di S in S ′. Se tale inclusione fosse anche continua, S risulterebbe33 non solo unsottoinsieme ma anche un sottospazio topologico di S ′. Chi avesse seguito uncorso di Analisi Funzionale, saprebbe che sui duali topologici è sempre possibi-le mettere la topologia w∗, che garantisce ad ogni duale tante belle proprietàtopologiche. In questo corso non si esplorerà a fondo questo argomento perchéi dettagli porterebbero via una quantità consistente di tempo. Ci si limiteràsoltanto a dire se e quando le inclusioni introdotte siano continue, ribadendoun ultima volta che con la continuità delle inclusioni è possibile identi�care glispazi in esame con dei sottospazi topologici di S ′. Con un abuso di notazione,dunque, si dirà che tali spazi sono sottospazi topologici di S ′.

Fatto 258. L'inclusione i : S → S ′ è continua.

Esempio 259 (Lp). Siano p ∈ [1,∞] e f ∈ Lp. Il funzionale

Tf : ϕ 7→ˆRnϕf

è chiaramente ben de�nito è lineare. Tf è anche continuo, infatti dalla disugua-glianza di Hölder, per ogni ϕ ∈ S si ha

|Tf (ϕ)| ≤ ‖f‖p ‖ϕ‖p′

e l'inclusione i : S → Lp è continua. Dunque Lp ⊂ S ′.

Proposizione 260. L'inclusione i : Lp → S ′ è continua.

33Di nuovo, a meno della corrispondenza biunivoca.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 78

Dimostrazione. Segue banalmente dalla continuità delle inclusioni di Lp in S edi S in S ′.

De�nizione 261 (δ di Dirac). Sia x0 ∈ Rn. Il funzionale di valutazione

δx0: S → C,ϕ 7→ ϕ (x0)

prende il nome di δ di Dirac in x0.

Esempio 262 (δ di Dirac). Sia x0 ∈ Rn. La δ di Dirac in x0 è una distribuzionetemperata, i.e. δx0

∈ S ′.

Osservazione 263. Nello studio della teoria della misura (o nel calcolo delleprobabilità) ci si è certamente imbattuti nella misura δ di Dirac. In quel con-testo, dato uno spazio misurabile (X,M (X)) e �ssato x0 ∈ X si de�niva δ diDirac in x0 la misura

δx0 : M (X) → [0,+∞) ,

E 7→ δx0(E) :=

{1, x0 ∈ E,0, x0 /∈ E.

Chiaramente δx0 è sempre una misura �nita, anzi di probabilità, in quantoδx0 (X) = 1. Inoltre, se X è uno spazio topologico, è chiaro che δx0 sia unamisura di Borel. Non è un caso che la misura δ di Dirac e la distribuzionetemperata δ di Dirac abbiano lo stesso nome. Il prossimo esempio mostra infattiche a meno della solita identi�cazione le due de�nizioni coincidono.

Esempio 264 (Misure �nite di Borel). Sia µ una misura �nita di Borel su Rn.Allora

Tµ : ϕ 7→ˆRnϕµ

è chiaramente una distribuzione temperata.

Osservazione 265. La de�nizione di δ di Dirac come distribuzione temperataè esattamente quella dell'esempio precedente, in cui µ è la misura δ di Dirac.

De�nizione 266 (Misura polinomiale). Sia µ una misura su Rn. Si dice che µè una misura polinomiale se esiste c > 0 tale che, per ogni R > 0 si abbia

µ (B (0, R)) ≤ cRk,

ovvero se la misura delle bolle cresce polinomialmente col crescere del raggio.

Esempio 267 (Misure polinomiali di Borel). Sia µ una misura polinomiale diBorel su Rn. Allora

Tµ : ϕ 7→ˆRnϕµ

è chiaramente una distribuzione temperata.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 79

Osservazione 268. Si noti che le distribuzioni temperate associate a misurenon possono sempre essere ricondotte a distribuzioni temperate associate a fun-zioni. Si consideri, ad esempio, δ0. Si vuole far notare che non esiste alcunafunzione f ∈ L1

loc (che contiene propriamente sia Lp che ovviamente S) tale che

δ0 = Tf .

Si supponga per assurdo che una tale f esista. Allora, per ogni ϕ ∈ SˆRnϕf

.= Tf (ϕ) = δ (ϕ)

.= ϕ (0) .

Si �ssi ϕ ∈ S con supporto in B (0, 1) e tale che ϕ (0) = 1 e |ϕ| ≤ 1 (chiaramenteuna si�atta ϕ esiste). Per ogni k ∈ N, detta ϕk := ϕ (k · ), si ha dunque

1 = ϕk (0)

=

ˆRnϕkf

=

ˆB(0,1/k)

ϕkf

≤ˆB(0,1/k)

∣∣ϕk∣∣ |f |≤ˆB(0,1/k)

|f | k→+∞−→ 0.

Assurdo.

Osservazione 269. Non a tutte le funzioni in L1loc è possibile associare una

distribuzione temperata come visto per Lp. Ad esempio, detta

f : x 7→ e|x|2

,

si ha f ∈ L1loc ma Tf /∈ S ′. Dunque L1

loc 6⊂ S ′. Tuttavia, è facile convincersidella validità della proposizione seguente.

Proposizione 270. Sia f ∈ L1loc. Se esiste k ∈ Z tale che f (1 + |·|)−k ∈ L1

(cioè se f ha crescita al più polinomiale) allora ad Tf ∈ S ′.

De�nizione 271 (Crescita temperata). Sia f : Rn → R. Si dice che f è acrescita temperata se esiste k ∈ N tale che, per ogni x ∈ Rn

|f (x)| ≤ C |x|k .

Corollario 272. Sia f misurabile e a crescita temperata. Allora Tf ∈ S ′.

Esempio 273 (Valore principale). La funzione x 7→ 1/x non è integrabile inun intorno di zero34. Si può però de�nire il cosiddetto valore principale di 1/x,

34Né alla Riemann generalizzato, né alla Lebesgue

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 80

come l'operatore

p.v.

(1

x

): S (R) → C,

ϕ 7→ limε→0+

ˆ|x|>ε

ϕ (x)

xdx,

limitandosi a considerare intervalli simmetrici. Chiaramente p.v.(

1x

)è un fun-

zionale lineare. Dimostriamo che è anche continuo. Per ogni ϕ ∈ S e per ogniε > 0 si ha∣∣∣∣∣

ˆ|x|>ε

ϕ (x)

xdx

∣∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣∣ˆε<|x|<1

∣∣∣∣∣+

∣∣∣∣∣ˆ|x|>1

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣ˆ|x|>1

xϕ (x)

x2

∣∣∣∣∣︸ ︷︷ ︸≤(´|x|>1

dxx2

)ρ1,0(ϕ)

Si stimano separatamente i due addendi. Per ogni ϕ ∈ S e per ogni ε > 0 si ha∣∣∣∣∣ˆε<|x|<1

ϕ (x)

xdx

∣∣∣∣∣ =

∣∣∣∣ˆ 1

ε

+

ˆ −ε−1

∣∣∣∣=

∣∣∣∣ˆ 1

ε

ϕ (x)− ϕ (−x)

xdx

∣∣∣∣=

∣∣∣∣ˆ 1

ε

1

x

ˆ x

−xϕ′ (s)︸ ︷︷ ︸≤ρ0,1(ϕ)

dsdx

∣∣∣∣≤ 2 (1− ε) ρ1,0 (ϕ)

≤ 2ρ1,0 (ϕ)

e ∣∣∣∣∣ˆ|x|>1

ϕ (x)

xdx

∣∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣ˆ|x|>1

1

x2

≤ρ1,0(ϕ)︷ ︸︸ ︷xϕ (x) dx

∣∣∣∣∣≤

(ˆR

1

x2dx

)ρ1,0 (ϕ) .

Si noti che p.v.(

1x

)è una misura temperata ma non è nessuna misura di Borel

né nessuna funzione in L1loc.

Notazione 274 (Pairing). Per ogni ϕ ∈ S e per ogni T ∈ S ′ si scrive

〈ϕ, T 〉 := 〈T, ϕ〉 := T (ϕ)

e si dice che 〈ϕ, T 〉 è il pairing di ϕ con T (o di T con ϕ).

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 81

Osservazione 275. La notazione precedente viene introdotta perché tra pocosarà comodo sia �ssare una funzione Schwartz, facendo variare le distribuzionitemperate che il viceversa. In questo modo si potranno facilmente de�nire tra-slazioni, dilatate, ecc. di una distribuzione temperata scaricandole tutte sullafunzione su cui è applicata.

2.4.2 Derivazione

Osservazione 276. Siamo e.g. per de�nire la derivata di tutte le funzioni Lpdelmondo.

De�nizione 277 (Derivata distribuzionale). Sia α ∈ Nn0 . Si de�nisce α-esimaderivata distribuzionale l'operatore

Dα : S ′ → S ′

T 7→ DαT,

dove DαT è de�nito per ogni ϕ ∈ S da

〈DαT, ϕ〉 = (−1)−|α| 〈T,Dαϕ〉 .

Osservazione 278. Si noti che la de�nizione precedente estende il concetto diderivata, ad esempio, a tutte le funzioni in ogni Lp. Si vuole però cercare dicapire se negli spazi contenuti in S ′ in cui le derivate erano già de�nite, le duede�nizioni coincidano. Sia ad esempio ψ ∈ S = S (R). Il suo rappresentante inS ′ è Tψ. Essendo ψ ∈ S, esiste ψ′ ∈ S, rappresentato in S ′ da Tψ′ . Si vuoledimostrare che, e�ettivamente

D′Tψ = Tψ′ ,

cioè che la derivata della distribuzione è la distribuzione associata alla derivata.Per mostrare la formula si integra per parti. Per ogni ϕ ∈ S

D′Tψ (ϕ).= −〈D′Tψ, ϕ〉.= −〈Tψ, ϕ′〉.= −

ˆRϕ′ψ

(IPP)=

ˆϕψ′

.= Tψ′ (ϕ) .

Il (−1)|α| proviene quindi dall'integrazione per parti.

Esempio 279 (La vita è dura). Purtroppo non è sempre vero che la derivatadi una distribuzione sia la distribuzione associata alla derivata. Sia ad esempio

x 7→ f (x) := sin(e2x2

)∈ C∞ ∩ L∞ ⊂ S ′ (R). La sua derivata derivata prima è

de�nita per ogni x ∈ R da

f ′ (x) = 4xe2x2

cos(e2x2

).

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 82

Per nostra sventura f ′ cresce troppo e non gli si può associare alcuna distri-buzione. Mentre DTψ esiste sempre, potrebbe quindi accadere che Tψ′ non sianemmeno de�nita. Già questo ci renderebbe molto tristi di per sé, ma in realtàsuccede di peggio. Anche se le due distribuzioni sono ben de�nite non è dettoche coincidano. Si veda a riguardo l'esercizio successivo.

Esercizio 280 (Distribuzione). Sia f := χ(0,+∞) la cosiddetta funzione diHeaviside. Chiaramente f ∈ S ′ e, su R \ {0}, esiste f ′ = 0. La derivatadistribuzionale di f (o meglio, di Tf ) è de�nita per ogni ϕ ∈ S da

〈DTf , ϕ〉.= 〈Tf , ϕ′〉

= −ˆ +∞

0

ϕ′

= ϕ (0)

= 〈δ0, ϕ〉 .

La derivata distribuzionale della funzione di Heaviside è quindi una delta diDirac, non la funzione identicamente nulla.

Osservazione 281. Esistono anche esempi di funzioni in cui la derivata esi-ste ovunque ed è una distribuzione, ma in cui la derivata distribuzionale noncoincide con la distribuzione associata alla derivata. Per costruirli si utilizza lafunzione di Cantor-Vitali.

Fatto 282. Sia f regolare a tratti e si supponga che la funzione de�nita quasiovunque f ′ ∈ L1 (R). Allora la derivata distribuzionale di f non coincide con laderivata usuale e vale

D′Tf = Tf ′ +

N∑j=1

sjδxj ,

dove x1, . . . , xN sono i punti di salto e per ogni j ∈ {1, . . . , N} sj := f(x+j

)−

f(x−j)sono le ampiezze dei salti.

Osservazione 283 (Importante). Una piccola generalizzazione del risultatoprecedente a�erma che se una funzione è abbastanza regolare da poter esserederivata e la sua derivata è una distribuzione temperata, allora la derivata di-stribuzionale coincide con la derivata usuale. Si noti a questo proposito chenell'osservazione 278, in cui si dimostra questo fatto in S, non si utilizzano pro-prietà precipue di funzioni di Schwartz, si sfrutta solo il fatto che per funzionidi Schwartz tutti i passaggi siano ben de�niti e che il termine di bordo nell'inte-grazione per parti sia nullo. Vale ad esempio la seguente proposizione, in cui sinoti che la prima condizione garantisce l'esistenza di D (Tg), mentre la secondagarantisce l'esistenza di Tg′ .

Proposizione 284. Siano g ∈ C1 ∩ L1 (R) e g′ ∈ L1 (R). Allora

D′ (Tg) = Tg′ .

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 83

Osservazione 285. Questo discorso purtroppo funziona sono avendo regolaritàglobale. Come già visto per la funzione di Heaviside, se già si tenta di abbassarele ipotesi a funzioni continue quasi ovunque (anzi, continue tranne che in unpunto!) arrivano i controesempi.

Proposizione 286. Sia x 7→ f (x) := log (|x|). Allora Tf ∈ S ′ e

D′Tf = p.v.

(1

x

).

Dimostrazione. Chiaro che Tf ∈ S ′, infatti f ∈ L1loc e cresce meno di qualche

potenza. Per ogni ϕ ∈ S si ha

〈D′Tf , ϕ〉 = −〈Tf , ϕ〉

= −ˆRϕ′ (x) log (|x|) dx

[poichè l'integrale sopra esiste]

= − limε→0+

ˆ|x|>ε

ϕ′ (x) log (|x|) dx

(IPP)= lim

ε→0+[ϕ (ε)− ϕ (−ε)] log (ε)︸ ︷︷ ︸→0 perché ϕ è derivabile

+ limε→0+

ˆ|x|>ε

ϕ (x)

xdx.

2.4.3 Trasformata di Fourier di una distribuzione tempe-

rata

De�nizione 287 (Trasformata di Fourier di una distribuzione temperata). SiaT ∈ S ′. Si de�nisce trasformata di Fourier di T la distribuzione temperataT ∈ S ′ de�nita per ogni ϕ ∈ S da⟨

T , ϕ⟩

:= 〈T, ϕ〉 .

Osservazione 288. Si noti l'importanza fondamentale del fatto che che latrasformata di Fourier mappi S in S. Senza questa proprietà la de�nizioneprecedente non sarebbe stata ben posta. Per questo la trasformata di Fouriersi de�nisce sulle distribuzioni temperate, a di�erenza della derivazione35 questaoperazione è precipua di S ′.

Proposizione 289. Sia ψ ∈ S. Allora

(Tψ) = Tψ.

35Che è stata esposta per S′ ma si può de�nire pari pari anche sullo spazio delle distribuzioni.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 84

Dimostrazione. Per ogni ϕ ∈ S si ha⟨(Tψ), ϕ

⟩.= 〈Tψ, ϕ〉

.=

ˆRnψϕ

=

ˆRnψϕ

.=

⟨Tψ, ϕ

⟩.

Osservazione 290. Si noti come l'unico passaggio in cui non sono state ap-plicate bovinamente le de�nizioni sia il penultimo, dunque in ogni spazio in cuivale una formula di moltiplicazione la proposizione precedente risulta vera. InL1 e in L2 quindi è vera. Ma la prossima proposizione ci rende felicissimi.

Proposizione 291. Sia p ∈ [1, 2]. Allora, per ogni f ∈ Lp, a meno della solitaidenti�cazione,

(Tf ) = f .

Dimostrazione (idea). Si crea la successione di approssimanti in S che tendonoa ciò che serve e si passa al limite.

Osservazione 292 (Importante). Il risultato precedente conclude de�nitiva-mente il capitolo sulle trasformate di Fourier di funzioni in Lp. Ogni funzionein Lp ha ora diritto ad una sua trasformata di Fourier e tutte le de�nizioni ditrasformata di Fourier viste �nora di coincidono tra loro.

Osservazione 293. La de�nizione di trasformata di Fourier di distribuzionitemperate fa ben di più che de�nire la trasformata di Fourier in Lp. Ora e.g.ogni misura ha diritto ad una sua trasformata. Vediamo ad esempio chi è latrasformata di Fourier di una δ di Dirac.

Proposizione 294. Per ogni a ∈ Rn si ha

(δa) = e−2πia(·).

In particolare, dunque

(δ0) = 1

(distribuzione associata alla funzione identicamente uguale ad 1, come scrivonoi probabilisti).

Dimostrazione. Siano a ∈ Rn e ϕ ∈ S. Allora⟨(δa), ϕ

⟩.= 〈δa, ϕ〉

= ϕ (a)

=

ˆRnϕ (x) e−2πixadx.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 85

Teorema 295. L'operatore : S ′ → S ′

è lineare, biunivoco, continuo.

Dimostrazione. Dalla de�nizione è chiaro che la trasformata di Fourier di unadistribuzione temperata sia una distribuzione temperata e che l'operatore sia

iniettivo. Anche la continuità è immediata, infatti se TnS′−→ 0 in S ′ anche

TnS′−→ 0, avendosi per ogni ϕ ∈ S

limn→+∞

⟨Tn, ϕ

⟩.= limn→+∞

〈Tn, ϕ〉 = 0.

Per la suriettività si de�nisce in modo ovvio l'operatore di anti-trasformata

ˇ : S ′ → S ′,

T 7→⟨T , (·)

⟩:=⟨T, (·)

⟩.

Sia S ∈ S ′. posto T := S, basta dimostrare che T = S. Per ogni ϕ ∈ S si ha⟨T , ϕ

⟩.= 〈T, ϕ〉.=

⟨S, ϕ

⟩.=

⟨S, (ϕ)︸︷︷︸

⟩.

Osservazione 296. Per concludere il capitolo introduttivo sulla trasformatadi Forier di distribuzioni temperate, si vogliono enunciare alcune proprietà ele-mentari della trasformata, analogamente a quanto �sto per F : L1 → C0. Sipremettono alcune de�nizioni.

De�nizione 297 (Traslazione di una distribuzione temperata). Siano T ∈ S ′e h ∈ Rn. Si de�nisce h-traslazione di T , e si indica con τhT , la distribuzionetemperata de�nita per ogni ϕ ∈ S da

〈τhT, ϕ〉 := 〈T, τ−hϕ〉 .

De�nizione 298 (Prodotto tra una funzione e una distribuzione). Siano T ∈ S ′e g ∈ S, oppure g polinomio, oppure g = eia(·), per qualche a ∈ Rn. Si de�nisceprodotto puntuale di g con T , e si indica con gT , la distribuzione temperatade�nita per ogni ϕ ∈ S da

〈gT, ϕ〉 := 〈T, gϕ〉 .

Osservazione 299. La de�nizione precedente è ben posta.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 86

Proposizione 300 (Proprietà elementari della trasformata di Fourier). SiaT ∈ S ′. Allora

1. per ogni h ∈ Rn

(τhT ) = e−2πih(·)T ;

2. per ogni h ∈ Rn

τhT =[e2πih(·)T (·)

] ;

3. per ogni α ∈ Nn0DαT = [(−2πi (·))α T (·)];

4. per ogni α ∈ Nn0(DαT ) = (2πi (·))α T .

Esempio 301 (Un conticino). Sia δ0 ∈ S ′ (R). Allora((δ0)

′)= T2πi(·).

Dimostrazione. Per ogni ϕ ∈ S si ha⟨((δ0)

′), ϕ

⟩.= 〈δ′, ϕ〉.= −

⟨δ, (ϕ)

′⟩= − (ϕ)

′(0)

Per le proprietà elementari della trasformata di Fourier, si ha

− (ϕ)′(0) = −F [(−2πi (·))ϕ (·)] (0)

= F [2πi (·)ϕ (·)] (0) ,

ma una la trasformata Fourier in 0 è l'integrale della funzione, dunque

F [2πi (·)ϕ (·)] (0) =

ˆRn

2πixϕ (x) dx

=⟨T2πi(·), ϕ

⟩.

Esercizio 302. Si determini, per ogni k ∈ N e per ogni y ∈ R, la trasformatadi Fourier

(Dkδy).

Osservazione 303. L'ultima delle proprietà elementari di F : L1 → C0 riguar-dava la convoluzione. Si vuole allora de�nire la convoluzione tra distribuzioniin modo tale che la trasformata del prodotto sia il prodotto delle trasformate.Per fare questo, non si farà convoluzione tra due distribuzioni temperate, matra una distribuzione temperata e una funzione di Schwartz.

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 87

2.4.4 Convoluzione tra S ′ e SDe�nizione 304 (Convoluzione tra S ′ ed S). Siano T ∈ S ′ e g ∈ S. Si de�nisce(prodotto di) convoluzione di T contro g, e si indica con T ∗ g, la distribuzionetemperata de�nita per ogni ϕ ∈ S da

〈T ∗ g, ϕ〉 := 〈T, g ∗ ϕ〉 ,

dove x 7→ g (x) := g (−x).

Osservazione 305. La de�nizione è ben posta.

Proposizione 306. Siano ψ, g ∈ S. Allora

Tψ ∗ g = Tψ∗g.

Dimostrazione. Per ogni ϕ ∈ S, si ha

〈Tψ ∗ g, ϕ〉.= 〈Tψ, g ∗ ϕ〉.=

ˆRnψ (x) (g ∗ ϕ) (x) dx

.=

ˆRnψ (x)

ˆRng (x− y)︸ ︷︷ ︸=g(y−x)

ϕ (y) dydx

[ψ, g, ϕ ∈ S, quindi fubineggiando]

=

ˆRnϕ (y)

(ˆRng (y − x)ψ (x) dx

)dy

.=

ˆRnϕ (y) (g ∗ ψ) (y) dy

.= 〈Tg∗ψ, ϕ〉 .

Notazione 307. La proposizione precedente dice che, a meno della solita iden-ti�cazione, la convoluzione tra S ed S ′ coincide con l'usuale convoluzione (traS e S). Per questo motivo, quando la distribuzione temperata proviene da unafunzione ψ ∈ S, si scrive talvolta (con un abuso di notazione) ψ ∗ g in luogo diTψ ∗ g.

Problema 308. La proposizione precedente dice che se T proviene da una fun-zione ψ ∈ S, per ogni g ∈ S la convoluzione T ∗ g proviene a sua volta da unafunzione in S. Poiché tra le belle proprietà della convoluzione (usuale) c'eraquella di regolarizzare, ci si potrebbe chiedere se questo fatto sia sempre vero,ovvero se per ogni T ∈ S ′ e per ogni g ∈ S esista una funzione F tale cheT ∗ g = TF ? Sorprendentemente questo è vero! La funzione F risuta peraltromolto regolare, come illustrato nel teorema seguente. Prima di procedere conl'enunciato, si noti però che la proposizione precedente �ssa la forma di questa

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 88

F . Infatti, se una tale F esistesse, in particolare dovrebbe funzionare per distri-buzioni T provenienti da funzioni ψ ∈ S. Siano allora ψ, g ∈ S arbitrarie. Laproposizione precedente dice che

Tψ ∗ g = Tψ∗g.

La funzione ψ ∗ g è de�nita per ogni x ∈ Rn da

(ψ ∗ g) (x).=

ˆRnψ (y) g (x− y)︸ ︷︷ ︸

.=g(y−x)

dy

.=

ˆRnψ (y) τxg (y) dy

.= 〈Tψ, τxg〉 ,

dunqueTψ ∗ g = T〈Tψ,τ(·)g〉.

La distribuzione associata alla funzione⟨Tψ, τ(·)g

⟩è quindi la candidata F nel

problema esposto.

Teorema 309. Siano g ∈ S, T ∈ S ′. Allora

1.⟨T, τ(·)g

⟩∈ C∞ (Rn) ed è a crescita temperata;

2. si haT ∗ g = T〈T,τ(·)g〉,

ovvero per per ogni ϕ ∈ S

〈T ∗ g, ϕ〉 =

ˆRnT (τxg)ϕ (x) dx;

3. per ogni α ∈ Nn0 si ha

Dα (T ∗ g) = T ∗ (Dαg).= (DαT ) ∗ g;

4. si ha

(T ∗ g) = gT

e(gT ) = T ∗ g.

Dimostrazione (idea, da riscrivere).

1. Se T (τxg) =: h (x) , voglio dimostrare che

h (x+ te1)− h (x)

t= [per linearita di T ]

= T

(τx+te1 g − τxg

t

)= T

((τte1 g) (x)− τ0g (0)

t

)

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 89

che è un vero rapporto incrementale, quindi se converge converge alladerivata parziale. Si dimostra che non solo converge puntualmente in 0ma si veri�ca che converge anche in S a

T (∂x1g (x)) = T

(τx

(∂x1

g))

.

Analogamente per le altre derivata parziali e per le successive. Inoltre perogni x �ssato dato che g ∈ S e T ∈ S ′, per la continuità di T esistonoC, (α1, β1) , . . . , (αM , βM ), tali che

|T (τxg)| ≤ CM∑j=1

ραj ,βj (τx, g) .

Fissandone una a caso, per de�nizione

ρα,β (τx, g).= sup

y

∣∣yαDβy (τx, g) (y)

∣∣= sup

y

∣∣yαDβy (g (x− y))

∣∣[cambio variabile x− y = y]

= supy

∣∣∣∣∣(x+ y)α︸ ︷︷ ︸Dβ

y g (y)︸ ︷︷ ︸∣∣∣∣∣

≤ C

︷ ︸︸ ︷(1 + |x|)|α|

︷ ︸︸ ︷∑|α′|≤|α|

ρα′,β (g),

cioè la funzione di partenza è a crescita al più polinomiale.

2. Parte interessande. Si ha

〈g ∗ T, ϕ〉 = 〈T, g ∗ T 〉= T ((g ∗ ϕ) (·))

= T

(ˆg (· − x)ϕ (x) dx

)= T

(ˆτxg (·)ϕ (x) dx

)scrivendo l'integrale come limite di somme di riemann, sfruttando la li-nearità di T , dimostrando che le somme di Riemann convergono anche inS e sfruttando la continuità di T si arriva a passare T sotto il segno diintegrale (bisogna passare prima dalle funzioni in S a supporto compatto).

3. Si ha

〈(g ∗ T ) , ϕ〉 = 〈g ∗ T, ϕ〉= 〈T, g ∗ ϕ〉

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2.4 Spazio delle distribuzioni temperate 90

⟨gT , ϕ

⟩=

⟨T , ϕg

⟩= 〈T, (ϕg) 〉

Dunque devo dimostrare che g ∗ ϕ = (ϕg) � per ogni g ∈ S e per ogniϕ ∈ S. Si ha

(g ∗ ϕ) = ϕg

e dimostrando (g)ˇ= g si conclude che

(g)ϕ = ϕg.

Osservazione 310. Con il solito abuso di notazione in cui si confonde la fun-zione a secondo membro con la distribuzione ad essa associata, il primo puntodel teorema precedente dice che per ogni T ∈ S ′ e per ogni g ∈ S

T ∗ g = T(τ(·)g

).

Proposizione 311. Sia ψ ∈ L1 (Rn), con´Rn ψ = 1. Allora, per ε→ 0+ si ha

la convergenza puntuale diTψε → δ0.

Dimostrazione. La tesi segue sostanzialmente dal Teorema di Fejér. Per ogniε > 0 e per ogni ϕ ∈ S

Tψε (ϕ) =

ˆRnψε (y)ϕ (y) dy

=

ˆRnψε (−y)ϕ (y) dy

=(ψε ∗ ϕ

)(0)

ε→0+

−→ ϕ (0).= δ0 (ϕ) .

Osservazione 312. La proposizione precedente è il motivo per cui i nuclei disommabilità vengono anche dette identità approssimate. Visti come distribu-zioni sono in e�etti un'approssimmazione di una distribuzione (non provenienteda una funzione) che in qualche senso (oscuro) rappresenta l'identità di S ′.

Esercizio 313. Il teorema di approssimazione Fejér dice che, se ψ ∈ L1 (Rn) e´Rn ψ = 1, allora per ogni f ∈ Lp, p ∈ [1,∞), si ha

f ∗ ψεLp−→ f.

Si riscriva il risultato in termini di distribuzioni temperate.

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2.5 Formula di Poisson 91

2.5 Formula di Poisson

Osservazione 314. Nel primo capitolo la teoria delle serie di Fourier è statasviluppata per funzioni 2π-periodiche. Nel secondo capitolo la trasformata diFourier è stata de�nita con il 2π all'esponente. Si vuole esporre un importanterisultato che lega la teoria delle serie a quella della trasformata di Fourier. Acausa della scelta fatta per la trasformata (il 2π all'esponente) si espongono irisultati per funzioni 1-periodiche e non 2π-periodiche.

Notazione 315 (Q). Nel corso di questa sezione, a di�erenza di quanto fattonel primo capitolo, si userà la notazione

Q :=

[−1

2,

1

2

).

2.5.1 Caso SProposizione 316. Sia f ∈ S (Rn). La serie

x 7→∑k∈Zn

f (x+ k)

converge totalmente su Q.

Dimostrazione. Essendo f ∈ S, esiste c > 0 tale che, per ogni x ∈ Q e per ognik ∈ Zn

|f (x+ k)| ≤ c

|x+ k|2n.

Esiste inoltre c1 > 0 tale che, per ogni x ∈ Q e per ogni k ∈ Z, si abbia

|x+ k| ≥ c1 |k| .

Dunque, per ogni x ∈ Q e per ogni k ∈ Z \ {0}

|f (x+ k)| ≤ c

|x+ k|2n

≤ c/c1

|k|2n.

Osservazione 317. Si noti che l'ipotesi f ∈ S non è stata necessaria per averela convergenza della serie. Si possono quindi indebolire leggermente le ipotesimantenendo la stessa tesi.

De�nizione 318 (Periodizzata). Sia f ∈ S. Si de�nisce periodizzata di f lafunzione de�nita per ogni x ∈ Rn da

φ (x) :=∑k∈Zn

f (x+ k) .

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2.5 Formula di Poisson 92

Osservazione 319. Chiaramente, per ogni x ∈ Rn e per ogni k ∈ Zn si ha

φ (x+ k) = φ (x) ,

da cui il nome.

Teorema 320 (Teorema di sommazione di Poisson). Siano f ∈ S e φ la suaperiodizzata. Allora

1. φ ∈ L1 (Q) e‖φ‖L1(Q) ≤ ‖f‖L1(Rn) ;

2. per ogni k ∈ Zn, indicando con φ (k) il k-esimo coe�ciente di Fourier di

φ e con f (k) la trasformata di Fourier di f valutata in k, si ha

φ (k) = f (k) ;

3. la seriex 7→

∑k∈Zn

φ (k) e2πikx

converge totalmente su Q;

4. vale la cosiddetta formula di sommazione Poisson∑k∈Zn

f (k) =∑k∈Zn

f (k) .

Dimostrazione.

1. Si ha

‖φ‖L1(Q).=

ˆQ

|φ (x)|dx

.=

ˆQ

∣∣∣∣∣∑k∈Zn

f (x+ k)

∣∣∣∣∣dx≤

∑k∈Zn

ˆQ

|f (x+ k)|dx

=

ˆRn|f (y)|dy

= ‖f‖L1(Rn) .

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2.5 Formula di Poisson 93

2. Per ogni k ∈ Zn

φ (k).=

ˆQ

φ (x) e−2πikxdx

.=

ˆQ

∑m∈Zn

f (x+m) e−2πikxdx

=∑m∈Zn

ˆQ

f (x+m) e−2πikxdx

[x 7→ x−m]

=∑m∈Zn

ˆQ+m

f (x) e−2πik(x−m)︸ ︷︷ ︸e−2πikx e2πikm︸ ︷︷ ︸

=1

dx

=∑m∈Zn

ˆQ+m

f (x) e−2πikxdx

=

ˆRnf (x) e−2πikxdx

.= f (k) .

3. Poiché f ∈ S, si ha f ∈ S, dunque esiste c > 0 tale che, per ogni ξ ∈ Rn∣∣∣f (ξ)∣∣∣ ≤ c

|ξ|2n.

Dal punto precedente segue quindi che per ogni k ∈ Zn∣∣∣φ (k)∣∣∣ ≤ c

|k|2n.

4. Poiché se una serie di Fourier converge, converge al valore giusto, per ognix ∈ Q si ha

φ (x) =∑k∈Zn

φ (k) e2πikx.

Valutando in x = 0 si ottiene la formula di Poisson.

Osservazione 321. Si noti come i punti 2 e 3 dicano che la trasformata diFourier di f valutata in k concida proprio con il k-esimo coe�ciente di Fourierdella sua periodizzata.

Osservazione 322. Tutte le varianti sul tema di questo teorema sono fattegarantendo sostanzialmente che i passaggi della dimostrazione si possano fare.

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2.5 Formula di Poisson 94

2.5.2 Caso L1

Teorema 323. Sia f ∈ L1 (Rn) , allora la serie

x 7→∑k∈Zn

f (x+ k)

converge assolutamente e in L1 ad una funzione φ ∈ L1 (Q), con ‖φ‖1 ≤ ‖f‖1e f (k) = φ (k) per ogni k.

Osservazione 324. Esistono casi intermedi aggiungendo qualche ipotesi.

Teorema 325. Siano f, f ∈ L1 (Rn) tali che, per qualche ε, c > 0 si abbia

|f | ,∣∣∣f ∣∣∣ ≤ C

(1+|x|)n+ε . Allora vale il teorema di sommazione di Poisson.

Teorema 326. Siano f, f ′ ∈ L1 (Rn). Allora vale il teorema di sommazione diPoisson.

Osservazione 327. Esiste un analogo della formula di Poisson per le distribu-zioni temperate. Sia ϕ ∈ S (R). La formula di Poisson dice che∑

n∈Zϕ (n) =

∑n∈Z

ϕ (n) .

Dato cheϕ (n) = 〈δn, ϕ〉 ,

dalla formula di sommazione segue∑n∈Z

ϕ (n) =∑n∈Z〈δn, ϕ〉

=

⟨∑n∈Z

δn, ϕ

⟩.

PostoT :=

∑n∈Z

δn

si ha dunque

⟨T , ϕ

⟩.=

⟨∑n∈Z

δn, ϕ

⟩=

∑n∈Z〈δn, ϕ〉

.=

∑n∈Z

ϕ (n) .

Si è quindi provato il seguente teorema.

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2.6 Principio di indeterminazione di Heisenberg 95

Teorema 328. Si ha(∑n∈Z

δn

)=∑n∈Z

δn.

Esercizio 329. Sia λ ∈ R \ {0} , si veri�chi che∑k∈Z

1

k2 + λ2=π coth (πλ)

λ.

Suugerimento: si utilizzi il teorema di sommazione di Poisson. Si veri�chiche f = e−|·| soddisfa le ipotesi del teorema di sommazione di Poisson. Sideterminino degli ε opportuni in funzione di λ in modo tale he, considerando

(fε) (x) = f (εx) ,

vedendo il membro di destra come la serie delle trasformate ristrette agli in-teri, il mebro di sinistra come

∑n∈Z ϕ (n) per un'opportuna ϕ e sfruttando la

somiglianza con il nucleo di Poisson si determini la somma richiesta.

2.6 Principio di indeterminazione di Heisenberg

Osservazione 330. Le proprietà elementari della trasformata di Fourier face-vano già intuire che le funzioni e loro trasformate non potessero entrambe averemassa molto �distribuita�. Il principio di indeterminazione di Heisenberg, nelledue versioni qualitativa e quantitativa, formalizza proprio questo fatto.

Teorema 331 (Principio di indeterminazione di Heisenberg, versione qualita-tiva). Sia f ∈ Cc (R) non identicamente nulla tale che supp (f) ⊂ [−A,A] .

Allora f non ha supporto compatto.

Dimostrazione. Si consideri l'estensione complessa della trasformata di Fourier(ora veri�chiamo che è ben de�nita)

z 7→ F (z) =

ˆ A

−Af (t) e−2πitzdt.

Allora:

1. per ogni z ∈ C, F (z) è ben de�nita;

2. F è intera;

3. per ogni x ∈ R, F (x) = f (x).

Se questo è vero abbiamo vinto, infatti se f ha supporto compatto è nulla sudue semirette e per il principio di identità delle funzioni olomorfe è identicamentenulla.

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2.6 Principio di indeterminazione di Heisenberg 96

1. Per ogni x, y ∈ R e per ogni t ∈ [−A,A] si ha∣∣∣f (t) e−2πit(x+iy)∣∣∣ =

∣∣f (t) e2πty∣∣

≤ e2πA|z| |f (t)| ∈ L1 (R) .

2. Sia (t, z) 7→ g (t, z) la funzione integranda. Allora, per ogni (t, z) ∈[−A,A]× C

∂zg (t, z) = −2πitf (t) e−2πitz.

Determinando una maggiorante uniforme per ∂zg uniforme rispetto allaseconda variabile, dal teorema di convergenza dominata si ottiene la tesi.Siano z0 ∈ C e r > 0 arbitrari. Per ogni z ∈ B (z0, r) si ha |z| ≤ |z0|+ r,dunque per ogni t ∈ [−A,A] e per ogni z ∈ B (z0, r) si ha

|∂zg (t, z)| ≤ 2π |tf (t)| e2πA(|z0|+r).

Dall'arbitrarietà di z0 si ottiene la tesi.

3. Ovvio.

Osservazione 332. Quindi nell'ambito delle funzioni continue l'unica funzionea supporto compatto con trasformata di Fourier a supporto compatto è quellaidenticamente nulla.

Teorema 333 (Principio di indeterminazione di Heisenberg, versione quantita-tiva). Sia ϕ ∈ S (R) con ‖ϕ‖L2 = 1. Allora

1. si ha (ˆR|xϕ (x)|2 dx

)(ˆR|ξϕ (ξ)|2 dξ

)≥ 1

16π2;

2. la costante a secondo membro è ottimale, infatti per ogni B > 0 la gaus-siana

x 7→ ϕ (x) =

√2B

πe−Bx

2

realizza l'uguaglianza;

3. per ogni x0, ξ0 ∈ R si ha(ˆR|(x− x0)ϕ (x)|2 dx

)(ˆR|(ξ − ξ0) ϕ (ξ)|2 dξ

)≥ 1

16π2.

Dimostrazione.

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2.6 Principio di indeterminazione di Heisenberg 97

1. Integrando per parti, si ottiene

1 = ‖ϕ‖2L2 =

ˆR|ϕ (x)|2 dx

(IPP)= x |ϕ (x)|2

∣∣∣+∞−∞︸ ︷︷ ︸

=0

−ˆRx

d

dx|ϕ (x)|2 dx.

Poiché la parte reale di un numero complesso è sempre minore o uguale alsuo modulo (∗), per ogni x ∈ R

d

dx|ϕ (x)|2 =

d

dx(ϕϕ) = ϕ′ϕ+ ϕϕ′ = 2Re

(ϕϕ′

) (∗)≤ 2 |ϕ| |ϕ′| .

Dunque, per la disuguaglianza di Hölder (H),

1(∗)≤ 2

ˆR|xϕ (x)| |ϕ′ (x)|dx

(H)

≤ 2

(ˆR|xϕ (x)|2 dx

)1/2(ˆR|ϕ′ (x)|2 dx

)1/2

.

Poiché ϕ ∈ S, anche ϕ′ ∈ S. Per la disuguaglianza di Parseval, allora(ˆR|ϕ′ (x)|2 dx

)1/2.= ‖ϕ′‖L2 =

∥∥∥(ϕ′)∥∥∥L2.

Per le proprietà elementari della Trasformata di Fourier, per ogni ξ ∈ R

(ϕ′) (ξ) = 2πξϕ (ξ) ,

da cui

2

(ˆR|xϕ (x)|2 dx

)1/2(ˆR|ϕ′ (x)|2 dx

)1/2

≤ 4π

(ˆR|xϕ (x)|2 dx

)1/2(ˆR|ξϕ (ξ)|2 dξ

)1/2

.

2. Ripercorrendo la dimostrazione del punto precedente, si vede che ci sonostati soltanto due passaggi in cui ho fatto disuguaglianze. In (∗) vale =se ϕϕ′ è reale e positiva. In Hölder vale = se e solo x 7→ xϕ (x) e ϕ′ sonoproporzionali, i.e. se e solo se esiste β ∈ C tale che

ϕ′ (x) = βxϕ.

Ma ϕ soddisfa tale equazione di�erenziale se e solo se esiste A ∈ C taleche, per ogni x ∈ R

ϕ (x) = Aeβ/2x2

.

Poiché ϕ ∈ S, necessariamente β è un numero reale negativo. Dunquevale l'uguale in Hölder se e solo se esistono A ∈ C e B > 0 tali che, perogni x ∈ R,

ϕ (x) = Ae−Bx2

.

Il legame tra A e B nella tesi si ottiene imponendo la norma 1.

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2.6 Principio di indeterminazione di Heisenberg 98

3. Siano x0, ξ0 ∈ R arbitrari. Sostituendo a ϕ la mappa x 7→ e−2πixξ0ϕ (x+ x0) ∈S, con semplici calcoli si ottiene cheˆ

R

∣∣xe−2πixξ0ϕ (x+ x0)∣∣2 dx =

ˆR|xϕ (x+ x0)|2 dx

=

ˆR|(x− x0)ϕ (x)|2 dx,

cheˆR

∣∣ξF [e−2πixξ0ϕ ((·) + x0)]

(ξ)∣∣2 dx =

ˆR

∣∣∣∣ξ [ˆRϕ (x+ x0) e−2πix(ξ0+ξ)dx

]∣∣∣∣2 dξ

=

ˆR

∣∣∣∣ξ [ˆRϕ (x) e−2πi(x−x0)(ξ0+ξ)dx

]∣∣∣∣2 dξ

=

ˆR

∣∣∣∣ξe2πix0(ξ0+ξ)

[ˆRϕ (x) e−2πix(ξ0+ξ)dx

]∣∣∣∣2 dξ

=

ˆR|ξϕ (ξ + ξ0)|2 dξ

=

ˆR|(ξ − ξ0) ϕ (ξ)|2 dξ

e la tesi segue dal punto precedente.

Osservazione 334 (Interpretazione �sica). Si noti innanzitutto che per l'ugua-glianza di Parseval, se

´R |ϕ|

2= 1, anche

´R |ϕ|

2= 1. Si pensi ad un elettrone in

movimento. Si supponga che la posizione dell'elettrone sia data da una variabilealeatoria X. Si supponga che la probabilità che X ∈ [a, b] sia data da

P (X ∈ [a, b]) =

ˆ b

a

|ϕ (x)|2 dx,

ovvero che |ϕ|2 sia la densità di P (cosa che sta in piedi, dato che per ipotesi´R |ϕ|

2= 1 ). La prima parentesi dell'ultimo punto del teorema precedente è

minimizzata da x0 = E (X) e questa scelta rappresenta proprio la varianza diX, ovvero la dispersione della posizione della particella attorno al suo valoreatteso. Lo stesso discorso si può ripetere in modo analogo per ϕ. La meccanicaquantistica ci dice che ˆ b

a

|ϕ (ξ)|2 dξ

rappresenta la probabilità che il momento dell'elettrone appartenga ad un certointervallo [a, b]. Per minimizzare il prodotto si devono prendere x0 e ξ0 valoriattesi. Il principio di indeterminazione di Heisenberg dice che, anche scegliendox0 e ξ0 ottimali, non è possibile conoscere con accuratezza arbitraria la posi-zione di un elettrone ed il suo momento (al crescere di uno l'altro è costretto adiminuire ed il prodotto è costretto a rimanere �de�nitivamente grande�).

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2.7 Teorema di campionamento di Shannon 99

Osservazione 335. Una rilettura della dimostrazione porta ad un enunciatoper funzioni ϕ, ϕ ∈ L2 o ϕ,ϕ′ ∈ L2 (necessarie anche solo per poter scriverel'enunciato). L'unica altra cosa che serve è che ϕ vada a 0 velocemente pergarantire e.g.

x |ϕ (x)|2∣∣∣+∞−∞

= 0.

Non si riportano esplicitamente tutte le varianti di questo importante per evitaredi diventare inutilmente tecnici. Basta conoscere la dimostrazioe per sapere cosarichiedere.

Esercizio 336. Siano ϕ ∈ S e I := (−α, α) tali cheˆI

|xϕ (x)|2 ≥ 1

2

ˆR|xϕ (x)|2 dx.

Sia J := (−β, β) tale cheˆJ

|ξϕ (ξ)|2 dξ ≥ˆR|ξϕ (ξ)|2 dξ.

Si dimostri che

4αβ ≥ 1

2π.

Osservazione 337. L'esercizio precedente36 sottolinea come non solo una fun-zione e la propria trasformata non possano avere entrambe supporto compatto37,ma non possono nemmeno essere entrambe con massa molto concentrata attornoalla media (che per l'esempio precedente è 0 sia per ϕ che per ϕ).

2.7 Teorema di campionamento di Shannon

De�nizione 338 (Seno cardinale). La funzione seguente, indicata con sinc, vie-ne detta seno cardinale ed è de�nita per ogni x ∈ R (in modo ovvio nell'origine)

sinc (x) :=sin (πx)

πx.

Osservazione 339 (Nomi a caso). Il nome del seguente teorema varia a secondadi chi lo espone. Per i matematici38 è noto come teorema di campionamentodi Shannon, per gli informatici è più noto come teorema di Whittaker, per gliingegneri come teorema di Nyquist e in generele può essere presentato con unacomunque combinazione di due o tre nomi o semplicemente come teorema dicampionamento.

36Che è una semplice applicazione della versione quantitativa del principio diindeterminazione di Heisenberg.

37Come enunciato dalla versione qualitativa.38Quali noi orgogliosamente siamo.

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2.7 Teorema di campionamento di Shannon 100

Teorema 340 (di campionamento di Shannon). Sia f ∈ L2 (R), con supp(f)⊂

[−A,A]. Allora, per ogni T ≤ 12A ,

1. la serie

t 7→∑k∈Z

f (kT ) sinc

(t

T− k)

converge ad f uniformemente sui compatti di R;

2. si ha‖f‖L2 = T

∑k∈Z|f (kT )|2 .

= T∥∥{f (kT )}k∈Z

∥∥`2(Z)

.

Dimostrazione (da riscrivere). Per comodità, si dimostrano i due punti in ordi-ne inverso.

2. Essendo supp(f)⊂ [−A,A], risulta ben de�nita su R la funzione 1/T -

periodizzata di f , ovvero

ω 7→ φ (ω) :=∑k∈Z

f

(ω +

k

T

).

Chiaramente, per ogni ω ∈ QT :=[− 1

2T ,1

2T

)si ha φ (ω) = f (ω), dunque

φ ∈ L2 (QT ). Poiché le funzioni{ek :=

√Te2πikT (·)

}k∈Z

sono un siste-

ma ortonormale completo di L2 (QT ), per la teoria generale delle serie diFourier negli spazi di Hilbert, si ha (in L2 (QT ))

φ =∑k∈Z〈φ, ek〉L2(QT ) ek.

I coe�cienti di Fourier di φ sono de�niti per ogni k ∈ Z da

〈φ, ek〉L2(QT ) =√T

ˆ 12T

− 12T

φ (ω) e2πikTωdω[f è nulla fuori da QT

]=√T

ˆRf (ω) e2πikTωdω[

f ∈ L1, vale quindi il teorema di inversione]

=√Tf (kT ) .

Si noti che il teorema di inversione applicato sopra, che vale anche in L2,ci serve nella sua versione L1 per poter esplicitare l'anti-trasformata. Dalteorema di Plancherel segue

‖φ‖L2(QT ) =∑k∈Z|〈φ, ek〉|2 = T

∑k∈Z|f (kt)|2 .

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2.7 Teorema di campionamento di Shannon 101

1. Con le stesse notazioni del punto precedente

‖φ‖L2(QT ) =

ˆ 12T

− 12T

|φ (ω)|2︸ ︷︷ ︸=|f(ω)|2

dω =

ˆR

∣∣∣f (ω)∣∣∣2 dω =

ˆR|f (t)|2 dt = ‖f‖L2(R) .

La convergenza uniforme sui compatti segue dalla disuguaglianza di Höl-der. Infatti, sia M > 0 arbitrario. Allora, per ogni t ∈ [−M,M ] esistenM ∈ N tale che, per ogni k ∈ Z con |k| ≥ nM , si abbia∣∣∣∣π( t

T− k)∣∣∣∣ ≥ π ∣∣∣∣|k| − |t|T

∣∣∣∣ ≥ ∣∣∣∣|k| − M

T

∣∣∣∣ ≥ ∣∣∣∣|k| − |k|2∣∣∣∣ =

1

2|k| ,

dunque, per ogni t ∈ [−M,M ] e per ogni k ∈ Z con |k| ≥ nM ,

|f (kT )|∣∣sin (π ( tT − k))∣∣∣∣π ( tT − k)∣∣ ≤ |f (kT )| 2

|k|

de�nitivamente su k e uniformemente su |t| ≤ M infatti. Mettendoci iquadrati e per k 6= 0 (tanto ci basta de�nitivamente) abbiamo trovato unamaggiorante numerica convergente, quindi abbiamo la convergenza uni-forme sui compatti. Rimane da dimostrare l'uguaglianza. Per il teoremadi inversione

f (t) =(f)

(t) =

ˆ 12T

− 12T

f (ω) e2πiωtdω[da φ = f (a)

]= T

ˆ 12T

− 12T

(∑k

f (kT ) e−2πikTω

)e2πiωtdω

[dopo vediamo perche (b)]

T∑k

f (kT )

ˆ 12T

− 12T

e2πiω(t−k)dω

[conti]

= (RHS) nella tesi.

In (2) vale il passaggio sopra al segno perché: per le somme parziali vale,poi bisogna giusti�care il passaggio al limite. Però il funzionale

g 7→ˆ 1

2T

− 12T

g (ω) e2πiωtdω

è lineare e continuo tra L2 (QT ) e C, dunque se gn → g in L2 l'integrale´ 12T

− 12T

gne... →

´ 12T

− 12T

g..... Prese come gn =∑|k|≤n f (kT ) e2πikT (·) L2

−→

φ = f , in questo modo giusti�co anche (1). Si passa quindi per le sommeparziali e con la linearità del funzionale si giusti�cano (1) e (2).

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2.7 Teorema di campionamento di Shannon 102

Osservazione 341. Vale un risultato analogo anche in più dimensioni.

De�nizione 342 (Frequenza di Nyquist). Sia f ∈ L2 (R), con supp(f)⊂

[−A,A]. Il numero reale positivo

TN :=1

2A

prende il nome di frequenza di Nyquist.

Osservazione 343. La frequenza di Nyquist è la più piccola frequenza chesi possa scegliere (quindi quella che si usa) a�nché le ipotesi del teorema dicampionamento di Shanno siano veri�cate. Nel caso particolare della frequenzadi Nyquist e supponendo che la trasformata di Fourier abbia supporto contenutoin[− 1

2 ,12

], il teorema di campionamento di Shannon assume la semplice forma

seguente.

Corollario 344. Sia f ∈ L2 (R), con supp(f)⊂[− 1

2 ,12

]. Allora, per quasi

ogni x ∈ R,f (x) =

∑k∈Z

f (k) sinc (x− k) .

Osservazione 345. Si noti come il membro di destra del corollario precedentesia uno sviluppo in serie dove però a destra della somma c'è sempre la stessafunzione, quindi lo sviluppo in serie più semplice che si sia mai visto!

De�nizione 346 (Spazio di Paley-Wiener). L'insieme

PW :=

{f ∈ L2 (R)

∣∣∣∣supp(f)⊂[−1

2,

1

2

]}prende il nome di spazio di Paley-Wiener.

Fatto 347. PW è un sottospazio chiuso di L2, dunque è uno spazio di Hilbert.

Proposizione 348. Le seguenti a�ermazioni sono equivalenti:

1. PW è un sottospazio chiuso di L2;

2. {sinc ((·)− k)}k∈Z è un sistema ortonormale completo in PW ;

3. per ogni f ∈ PW , si ha

f =∑k∈Z〈f, sinc ((·)− k)〉PW sinc ((·)− k) .

Osservazione 349. Se i due risultati precedenti sono veri, l'uguaglianza nelcorollario 344 è vera anche come uguaglianza in PW . Si noti però come ilteorema di campionamento di Shannon dica non solo che l'uguaglianza vale inL2 e in PW , ma anche che la convergenza è uniforme sui compatti, fatto moltoutile nelle applicazioni.

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2.8 Trasformata di Fourier �nestra e basi di Gabor 103

Problema 350. Cosa succede se si sottocampiona, ovvero se nel teorema dicampionamento di Shannon si sceglie T > 1

2A come nella �gura sottostante?

Teorema 351 (Teorema di sottocampionamento). Sia f ∈ L2 (R), con supp(f)⊂

[−A,A]. Allora, per ogni T > 12A la serie

t 7→∑k∈Z

f (kT ) sinc

(t

T− k)

converge uniformemente sui compatti di R alla funzione g univocamente deter-minata dalla sua trasformata di Fourier

g :=

{φ, su QT ,

0, altrove.

Osservazione 352. Scegliendo le frequenze più piccole della lunghezza del sup-porto39, si ottiene una sovrapposizione nel periodizzare la funzione. Finché sirimane nell'intervallo in cui non ci sono sovrapposizioni si riesce a ricostruiretutto ciò che si voleva, quando si esce, no. Per chi si occupa di teoria dei se-gnali o di musica, questo fenomeno di distorsione delle frequenze agli estremidell'intervallo base prende il nome di aliasing.

2.8 Trasformata di Fourier �nestra e basi di Ga-bor

Osservazione 353. Gli spazi L2 (Rn) sono separabili, quindi ammettono siste-mi ortonormali completi numerabili. La trasformata (continua) di Fourier vista�nora non ha nulla a che vedere con questi sistemi ortonormali, infatti

1. gli esponenziali coinvolti nella de�nizione di trasformata di Fourier sonoun'in�nità non numerabile;

39Si noti che T > 12A

signi�ca esattamente che la frequenza 1T< 2A.

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2.8 Trasformata di Fourier �nestra e basi di Gabor 104

2. tali esponenziali non appartengono nemmeno ad L2 (sono solo in L∞).

Scopo di quest'ultima sezione sulla trasformata di Fourier è quindi quello direcuperare un legame con la teoria degli spazi di Hilbert.

Problema 354 (Funzioni �nestra). Con la teoria classica delle serie di Fourieresistono funzioni per cui cambiamenti su piccolissimi intervalli fanno cambiaredi moltissimo tutti i coe�cienti di Fourier40. Si vuole modi�care leggermentela teoria tentando di ovviare a questo problema. Se Q :=

[− 1

2 ,12

), si ponga, al

variare di n, k ∈ Zn

x 7→ gn,k (x) := e2πinxχQ+k (x) ,

ovvero il sistema trigonometrico standard ma �ristretto agli iper-rettangoli�.Questa scelta ha una buona localizzazione: cambiando una funzione da qualcheparte cambiano solo pochi di questi termini. In questo caso si sta �ssando una��nestra� Q + k e si localizza l'analisi solamente lì. Le operazioni utilizzateinoltre sono molto semplici. Si fanno infatti soltanto modulazioni (omotetie) etraslazioni di una funzione �ssata. Detta g := χQ, per ogni n, k ∈ Zn si ha

x 7→ gn,k (x) = e2πinxτkg (x) .

Con una funzione ��nestra� come la funzione caratteristica accade purtroppo ilcosiddetto fenomeno di Gibbs41. Cioò che accade è che, �ssato k ∈ Zn, in sostan-za si sta facendo la teoria classica rispetto ad n ristretta ad un iper-rettangolo,cosa che crea discontinuità su tutto il bordo delle �nestre. Per capire cosa siintende con questa a�ermazione si pensi alla funzione dente di sega. Partendoda una funzione regolarissima (l'identità su R), con la restrizione alla �nestra[−1, 1) e la periodizzazione si producono delle discontinuità �ttizie agli estre-mi della �nestra. Un e�etto del genere è estremamente fastidioso quando siapplica la teoria di Fourier ad esempio alla gra�ca: perdere informazioni suibordi, quindi eventualmente sui contorni, è una gran brutta cosa per un'imma-gine. Per ovviare a questo problema si può allora pensare di cambiare questafunzione �ssa g e vedere che succede.

40Un e�etto del genere si ottiene ad esempio prendendo una funzione costante e mo-di�candola aggiungendo un picco molto pronunciato in un intervallo di tempo moltopiccolo.

41Vedi proposizione seguente.

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2.8 Trasformata di Fourier �nestra e basi di Gabor 105

Proposizione 355 (Fenomeno di Gibbs). Sia f : R → R regolare a tratti e1-periodica. Se x0 discontinuità di prima specie (salto) per f , si ha

lim supε→0+

∥∥SN (f) (x)− f(x+

0

)∥∥∞,(x0,x0+ε)

N→+∞−→ ≈ 0.9[f(x+

0

)− f

(x−0)]

Esercizio 356. Si dimostri la proposizione precedente.

Osservazione 357. Il fenomeno di Gibbs dice che anche al limite, la di�erenzamassima tra le somme parziali delle serie di Fourier ed il loro limite, in un salto,sbaglia sempre di almeno il 10% dell'altezza del salto42, indipendentemente dallafunzione! Questo accade per la mancanza di convergenza uniforme nel punto(altrimenti varrebbe il teorema del doppio limite). Come

De�nizione 358 (Finestra di Gabor). Una funzione g ∈ L2 (R) è detta �nestradi Gabor se

{gn,k}n,k∈Z :={x 7→ e2πinxg (x− k)

}n,k∈Z

è un sistema ortonormale completo di L2 (R).

42Una percentuale non trascurabile e non abbassabile.

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2.8 Trasformata di Fourier �nestra e basi di Gabor 106

Osservazione 359. Anche se la de�nizione precedente e la teoria che ne seguepuò essere trattata in Rn, per semplicità di esposizione ci si limita ad esporre ilcaso n = 1.

Esempio 360. Esistono �nestre di Gabor. Ad esempio g = χ[0,1).

Problema 361. La funzione x 7→ e−πx2

è una �nestra di Gabor?

Lemma 362. g è una �nestra di Gabor se e solo se g è una �nestra di Gabor.

Esercizio 363. Si dimostri l'asserto sfruttando il fatto che una successione difunzioni è un un sistema ortonormale completo in un L2 (separabile) se e solose la sua trasformata di Fourier è un sistema ortonormale completo e il modo

in cui si trasformano modulazioni e traslazioni in trasformata ((gn,k) = g−k,n).

Teorema 364 (Balian-Low, 1981). Se g ∈ L2 (R) è una �nestra di Gabor,allora ˆ

R|xg (x)|2 dx oppure

ˆR|ξg (ξ)|2 dξ

diverge.

Osservazione 365. Il teorema di Balian-Low dice sostanzialmente che una�nestra di Gabor non può essere ben localizzata in tempo e in frequenza

Corollario 366. Poiché come dimostrato nel lemma 169, la trasformata di unagaussiana è ancora una gaussiana, per il teorema di Balian-Low x 7→ e−x

2

nonè una �nestra di Gabor.

Osservazione 367. Nelle �nestre di Gabor si fanno traslazioni in tempo e infrequenza di una �ssata funzione. Si noti come tale richiesta si molto simme-trica, infatti una modulazione esponenziale si traduce in trasformata con unatraslazione. Esattamente da questo principio deriva il lemma 362.

Corollario 368 (Balian-Low). Non esistono �nestre di Gabor g ∈ C1c .

Dimostrazione. Per assurdo, sia g ∈ C1c . Allora l'integrale a sinistra nell'enuncia-

to del teorema di Balian-Low converge. Inoltre g′ ∈ Cc ⊂ L2 e dall'uguaglianzadi Parseval segue

‖g′‖L2 = ‖g‖L2 = cost

ˆR|ξg (ξ)|2 dx,

quindi nessuno dei due integrali diverge.

Osservazione 369. Come già visto, modulazioni e traslate del seno cardinalesono un sistema ortonormale completo di L2 (R), dunque sinc è una �nestra diGabor.

Osservazione 370. Poiché gli esponenziali sono funzioni intere, la regolaritàdi un sistema ortonormale completo indotto da una �nestra di Gabor si leggedalla �nestra di Gabor stessa.

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2.9 Teoria delle ondine (accenni) 107

Osservazione 371. Poiché la gaussiana non funziona, si potrebbe pensare diin�ttire il reticolo e sperare che per a, b > 0 abbastanza piccoli la famiglia{

x 7→ e2πinaxg (x− kb)}k,n∈Z

sia un sistema ortonormale completo di L2. Questo è vero se |ab| < 1. Inoltre,se questo è vero per qualche a, b > 0, lo è anche per ogni α ∈ (0, a) e β ∈ (0, b).

Osservazione 372. Eistono de�nizioni più deboli di quella di �nestra di Gabor.La richiesta di completezza del sistema ortonormale {gn,k}n,k∈Z è necessaria perpoter scrivere, in L2,

f =∑n,k∈Z

〈f, gn,k〉 gn,k.

L'ortogonalità tuttavia non serve a niente. Nasce allora il concetto di basedi Riesz : una famiglia di funzioni linearmente indipendenti che generino L2,costituendone in qualche senso una base. Ma anche il fatto che sia una baseè di troppo. Ci si può permettere qualche ridondanza e prendere sistemi digeneratori non �minimali�. Allora, per un'opportuna successione {cn,k}n,k∈Z sipuò comunque scrivere, in L2,

f =∑n,k∈Z

cn,kgn,k.

Una richiesta importante in teoria dei segnali è che le costanti cn,k siano piccole.

2.9 Teoria delle ondine (accenni)

Osservazione 373 (Nota al lettore). Per motivi di tempo non ho potuto riscri-vere la seguente sezione dopo il termine delle lezioni. Si consiglia di utilizzarequanto segue soltanto come traccia e di studiare gli argomenti qui accennati su[P-W].

De�nizione 374. Frame in uno spazio di hilbert H o in L2 è una famiglia difunzioni (hj) tale che

A ‖f‖2L2 ≤∑〈hj , f〉

.= ‖〈hj , f〉‖L2

.=∑〈hj , f〉 ≤ B ‖f‖2L2

le due disuguaglianze dicono che al variare della funzione i coe�cienti si ot-tengono con una funzione continua (una) e invertibile (l'altra) e le uguaglianzedicono che sono sistema di generatori. Se ci fosse l'uguaglianza ovunque var-rebbe Parceval e sarebbe un sonc, così è sovrebbondante ma non troppo, conquesta teoria nasce la teoria della compressione delle immagini dalle jpg in poi.

Osservazione 375. Esiste un certo modo di indebolire la teoria. Si cancellano lemodulazioni e a partire da g ∈ L2 (R) (qui R serve, se no le de�nizioni si possonoriportare ma le dilatazioni non sono bend de�nite, nel senso che a seconda di

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2.9 Teoria delle ondine (accenni) 108

come si dilata i risultati cambiano (ci si può espandere di più in una direzionepiuttosto che nell'altra. La costruzione inoltre, diventa molto più complicata.Osi tengono le variabili separate e si fa prodotto tensore ottenendo posticciamenteondine e.g. in R2. Volendo vare il tutto intrinsecamente è tutto più duro) siconsiderano {

2j/2g(2j (·)− k

)}dove il 2j/2 si mette solo per far si che tutte abbiano norma 2, se no potrebberoesplodere. Se k = 0 al variare di j concentro o diluisco la funzione su R (jgrande concentra nell'origine). Poi con k traslo. Questi oggetti si chiamanoondine. Esempio di ondina (�gura).

Osservazione 376. Se faccio l'integrale di f contro un seno e un coseno facciouna media su tutto R. Su un'ondina invece ai bordi faccio una media perchéintegro quasi contro delle costanti. Dentro un certo intorno dell'origine invecelocalizzo il prodotto contro l'ondina e spero di recuperare l'info. Con k centrol'ondina in un intorno di k, con j in�ttisco o meno l'oscillazione, quindi serviràper analizzare segnali molto variabili spazialmente in un piccolo intervallo ditempo. Per j piccolo smollo tutto e faccio sostanzialmente delle medie. Se tuttociò esiste questa sembra essere una ottima analisi in tempo-frequenza. Funzionatutto tranne scrivere la teoria e dimostrare che esistono ondine, ovvero che quellosopra sia un son di L2. Tre risultati:

1. Esistono: Haar (1909)

2. non esistono per le ondine teoremi limitanti come Balian Liaw. Nell'88Melier con una certa fortuna ha dimostrato che esiste (costruttivamente!)un'ondina che è C∞ (anzi S) (ma non a supp comp) e la cui trasformatadi Fourier è C∞c , cosa che non era possibile per Balian-Liaw.

3. Esistono ondine regolari a supporto compatto, per ogni n ∈ N esiste(costruttivamente!) g ∈ Cnc (Daubechies ′89). In�nito non ci si puòmettere.

Osservazione 377. Analogamente si possono indebolire le ondine (wavelet) ri-chiedendo solo base di Riesx, o solo frame, o altri mille modi, basta aggiungere�let� alla �ne della parola si trovano mille teorie (negli anni 90-00 si è andatoavanti così, ora si è un po' smesso).

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2.9 Teoria delle ondine (accenni) 109

Problema 378. Ci sono modi per garantire che qualcosa è un ondina? Sì, c'èun sistema che si chiama analisi multi-risoluzione.

Esempio 379 (Esempio Naive). Come operano le ondine? Prendiamo 8 = 23

numeri. Calcolo semisomma e semidi�erenza (trovando così un'altra stringa conle stesse identiche info) Metto in un certo ordine le prime 4 semisomme e dopole 4 semidi�erenze delle 4 coppie ordinate di numeri seguenti

56 40 8 24 48 48 40 16

48 16 48 28; 8 − 8 0 12

a sinistra del ; ci sono le medie, poi i dettagli. I dettagli li ricopio e ricalcolo lemedie

48 16 48 28; 8 − 8 0 12

32 38; 16 10; 8 − 8 0 12

lascio le parti di destra e rimedio sulle prime coppie

32 38; 16 10; 8 − 8 0 12

35 − 3; 16 10; 8 − 8 0 12

quindi ho una strina equivalente ma con numeri molto più bassi. Se metto unasoglia mettendo a 0 tutti i numeri minori ad esempio minori di 10, ottengo unsacco di 0, e una stringa con tanti 0 è molto più facile da trasmettere.

35 0; 16 10; 8 0 0 12.

Se ora proviamo a ricostruire la stringa iniziale si trova qualcosa di molto similea quello iniziale. Al massimo l'errore puntuale è la soglia di abbattimento.L'errore in norma 2 è la somma delle di�erenze al quadrato. Le ondine insostanza agiscono così. Haar dice: facciamo �nta che i numeri sopra siano icoe�cienti di una funzione semplice come in �gura.

Si costruiscono funzioni che valgono la media di due numeri adiacenti su unintervallo lungo il doppio (abbiamo diviso in ottavi perché abbiamo 8 numerie vogliamo stare su [0, 1]. I dettagli (a livelli di risoluzione di�erenti) me li

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2.9 Teoria delle ondine (accenni) 110

aspetto piccoli. Ma le funzioni semplici sono approssimate da funzioni semplicia supporto compatto e che saltano su intervalli diadici, quindi quelle viste sonosostanzialmente tutte quelle di L2 (nel senso che lo generano). Haar dice

ψ (x) = χ[0, 12 ) − χ[ 12 ,1)

.

Le{

2jψ(2jx− k

)}sono un sonc di L2 (R) e come abbiamo capito vengono

fuori da quelle viste in �gura (i dettagli sono loro combinazioni lineari). Ogniintervallo

Ijk =

[k

2j,k + 1

2j

)

al livello successivo si spezza in due sottointervalli simmetrici. Questa conside-razione dimostra che è un sistema ortonormale. Infatti con lo stesso j (stessolivello di risoluzione) hanno intersezione nulla, oppure una è contenuto nell'altro.Ma non solo contenuto, contenuto o nella metà di sinistra o in quella di destra.Le funzioni sono costanti sulla parte di sinistra e di destra dell'intervallo. Mase quella dell'intervallo grande è costante l'integrale di una contro l'altra è soloquella in quello contenuto. Quindi è un son. La completezza è scritta in questaosservazione: prendo f ∈ L2 e �ssi ε > 0. Trovo allora g semplice su intervallidiadici che approssima in norma 2 f a meno di ε, ovvero, se φ (x) = χ[0,1) eφjk = 2j/2χIjk si ha

g (x) =∑finito

cijφjk (x) .

Se N è il massimo dei j che compaiono nella forma, ogni intervallo può esserevisto come un multiplo dei livelli che compaiono (*)

=∑finita

cNkφNk (x)

quindi combin lineare di caratteristiche a livello N . Ho quindi g = g :N tale che

‖f − gN‖ < ε.

Detto V0 ={f ∈ L2 : f =

∑ckφ0k (x)

}comb lin di caratteristiche su intervalli

a livello 0. Analogamente Vj e si trova una famiglia di spazi inscatolati Vj . Per

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2.9 Teoria delle ondine (accenni) 111

costruzione se ∩Vj = {0} e ∪Vj = L2. Dato che è crescente Vj ⊂ Vj+1 ed èsottospazio. Per il teo delle proiezioni esiste un complemento ortogonale di Vjin Vj+1 detto Wj il suo ortogonale si ha quindi per il teo proj

Vj+1 = VjsommadirettaWj .

Per capire chi è Wj basta pensare al ragionamento iniziale. a 56, 40 abbiamosostituito la media sull'intervallo doppio più una funzione di Haar anche leisull'intevallo doppio. Si ha, senza più toccare i dettagli

Vj+1 = Vj ⊕Wj

= Vj−1 ⊕Wj−1 ⊕Wj

= VM +N−1∑j=M

Wj

che è lo stesso lavoro che abbiamo fatto sulla stringa iniziale. Ma se j → −∞questo va a 0 e se va a +∞ va a L2. Dall'ultimo mebro dunque osservandoche la somma scritta è una somma ortogonale si ottiene che la norma VM dopotanti passaggi va a zero (la norma 2 dell'ultima media). Si noti che la normadue della funzione che vale 56 e 40 vale(

a2 + b2)I

Passando alla media si ottiene

1

2

(a2 + b2

2

)I

che è1

2

(a2 + b2

2

)I <

(a2 + b2

)I

dunque la lunghezza diminuisce e tende a 0.Riassumento, partendo da una fz alivello di risoluzione N gN la posso scrivere come gN−1 + fN−1 dove la secondaè un'ondina. Scendendo �no ad M (dove voglio io) ottendo

gN = gM +∑

dettagli

i gj hanno norma 2 monotona decrescente, dunque convergono. Perché a zero?Dopo un tot di passaggi, ho saturato il supporto e a quel punto comincio a me-diare con 0, quindi l'altezza è davvero la metà, dunque a lungo andare tendiamoa zero di sicuro. Rimane da dimostrare che

W0 = V ⊥0 ,

così lo dimostro anche per gli altri e da qui concludo.

Osservazione 380. Analisi multi-risoluzione MRA. E' dura inventare un sistemadi ondine. Sopra abbiamo solo utilizzato che le funzioni semplici sono dense inL2,quindi la successione di spazi Vj .

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2.9 Teoria delle ondine (accenni) 112

De�nizione 381. Si chiama MRA una qualunque famiglia di sottospazi

{Vj}+∞−∞

chiusi in L2 (R) se

1. Vj ↑, ∪Vj = L2, ∩Vj = {0},

2. f ∈ Vj ⇐⇒ f (2 (·)) ∈ Vj+1,

3. ∃φ ∈ V0 tale che {φ (· − k)} è sonc di V0.

Osservazione 382. Per Haar funziona tutto con φ = χ[0,1). Allora si ripete ilragionamento. Se W0 compl ort di V0in V1

V1 = V0 ⊕W0.

Analogamente con Vj . Ripetendo lo stesso ragionamento che dipende solo dalleproprietà già dette riotteniamo la stessa tesi e quindi otteniamo che

L2 =

+∞∑j=−∞

Wj

. Va dimostrato che è una somma ortogonale e che esiste un'ondina. Che siaWi ⊥ Wk per i ≤ k è chiaro. dalla 2. segue che f ∈ Wj ⇐⇒ (f (2·)) ∈ Wj+1.Inoltre esiste ψ ∈W0 tale che {ψ (· − k)} sonc W0 (quest'ultima a�ermazione èquella più dura da dimostrare). Ho quindi avuto una famiglia ortonormale chegenera L2 come vogliamo noi (tralazioni e dilatazioni. La bellezza del teoremaè che dà una ricetta per costruire ψ a partire da φ. Costruire un MRA è moltopiù semplice che costruire a mano sistemi ortogonali. Ma con MRa riuisciamoa costruire sistemi di ondine. La quasi totalità delle volte si costruiscono quindiMRA.

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Capitolo 3

Convergenza in norma di

Serie di Fourier

3.1 Il problema della convergenza in norma

Osservazione 383 (Ricordo). Detto Q := [−π, π), per ogni f ∈ L1 (Q) hasenso studiare la convergenza della serie

Sf (x) :=∑k∈Z

f (k) eikx.

Valgono inoltre, per ogni p ∈ [1,∞], le immersioni

C (Q) ⊂ L∞ ⊂ Lp ⊂ L1

e proprio perché la misura sugli Lp è normalizzata, valgono le maggiorazionisulle norme

‖·‖∞ ≥ ‖·‖p ≥ ‖·‖1 .

Notazione 384 (B). Per tutto il resto del capitolo, tranne che quando di-versamente speci�cato, si indicherà con (B, ‖·‖) uno qualunque tra gli spazi

(C (Q) , ‖·‖∞) oppure(Lp (Q) , ‖·‖p

), p ∈ [1,∞).

Proposizione 385 (Traslazioni). Siano f ∈ B e per ogni τ ∈ Q, sia fτ :=f (· − τ) la τ -traslazione di f . Allora

1. per ogni τ ∈ Q, fτ := f (· − τ) ∈ B;

2. per ogni τ ∈ Q, ‖fτ‖ = ‖f‖;

3. per ogni τ0 ∈ Q, se τ → τ0,

‖fτ − fτ0‖ → 0,

le traslazioni sono dunque continue rispetto alla norma di B.

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3.1 Il problema della convergenza in norma 114

Dimostrazione.

1. Ovvio.

2. Ovvio.

3. In Lp è ovvio (la norma è un integrale). In C, avendo la continuità su uncompatto, per Heine-Cantor si vince l'uniforme limitatezza e la continuitàdelle traslazioni segue quindi banalmente.

Osservazione 386. In L∞ le traslazioni non sono continue, e.g. le traslatedelle carattteristiche degli intervalli hanno distanza 1.

Osservazione 387. Poiché in L1 ha senso chiedersi se le serie di Fourier con-vergono e gli spazi B sono tutti inscatolati, in ogni B ha senso porsi la stessadomanda. Pensando alla convergenza puntuale, sono stati dimostrati alcuni ri-sultati (come il Teorema di Dirichlet, che richiede però f regolare a tratti). Unaconvergenza forse più naturale per le serie di Fourier (o delle medie di Cesa-ro, o delle medie di Abel-Poisson), è quella nella norma naturale di B, ovverocercando di capire se, quando o per quali f ∈ B

‖SNf − f‖B → 0.

Come nel caso della convergenza puntuale, anche per la convergenza in normale serie di Fourier possono poco domestiche1. Si comincia allora a studiare laconvergenza in norma delle medie di Cesaro. Si ricordi a tal proposito l'im-portantissimo teorema di approssimazione di Fejér, che garantisce che per ognif ∈ C (Q), σnf → f uniformemente. Riletto in termini di convergenza in normequesto risultato dice esattamente quanto segue.

Teorema 388 (Fejér). Sia f ∈ C (Q), allora σNf → f in C (Q).

Teorema 389 (Disuguaglianza di Young). Siano F ∈ Lp, G ∈ L1. Allora

‖F ∗G‖p ≤ ‖F‖p ‖G‖1 .

Teorema 390 (Fejér). Sia f ∈ B. Allora

‖σNf − f‖B → 0.

Dimostrazione. Il caso B = C (T) è il teorema 388. Sia allora p ∈ [1,∞).Poiché in Lp le funzioni continue sono dense, �ssato ε > 0, sia g ∈ C tale che‖f − g‖p < ε. Allora

‖σf − f‖p ≤ ‖σNf − σNg‖p + ‖σNg − g‖p + ‖g − f‖p︸ ︷︷ ︸<ε

≤ ‖KN ∗ (f − g)‖p︸ ︷︷ ︸‖KN‖1︸ ︷︷ ︸

=1

‖f − g‖p︸ ︷︷ ︸<ε

+ ‖σNg − g‖∞ + ε.

1Il teorema di Du Bois-Reymond dice esattamente che se f ∈ C (Q), non sempre Snf → fin C (Q).

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3.1 Il problema della convergenza in norma 115

Corollario 391. I polinomi trigonometrici sono densi in Lp.

Dimostrazione. Presa f ∈ Lp, la posso approssimare con la sua media di Cesaro,che è un polinomio trigonometrico.

De�nizione 392 (Convergenza in norma). Si dice che B ammette convergenzain norma, se per ogni f ∈ B si ha

‖SNf − f‖B → 0.

Problema 393. Quali B ammettono convergenza in norma? Certamente B =L2 (Q), che è uno spazio di Hilbert2.

Proposizione 394. Per ogni N ∈ N0, l'operatore

SN : B → B,

f 7→ SNf

è lineare, continuo e‖SN‖B→B ≤ ‖DN‖L1 .

Dimostrazione. Siano N ∈ N0 e f ∈ B arbitrari. Chiaramente SNf ∈ B (è unpolinomio trigonometrico). Essendo SNf = DN ∗ f , l'operatore SN è lineare.Per la disuguaglianza di Young

‖SNf‖B = ‖DN ∗ f‖B ≤ ‖DN‖L1 ‖f‖B ,

dunque SN è continuo e

‖SN‖B→B ≤ ‖DN‖L1 .

De�nizione 395 (Costanti di Lebesgue). Per ogni N ∈ N0, la norma ‖DN‖L1

prende il nome di costante di Lebesgue.

Teorema 396 (Baire). Sia X uno spazio metrico completo. Se {GN}N∈N èuna famiglia di aperti densi, allora ⋂

N

GN

è (un Gδ) denso.

Teorema 397 (Banach-Steinhaus o principio di uniforme limitatezza). SianoX uno spazio di Banach e Y uno spazio normato. Se {Tn}n∈N : X → Y è unafamiglia di operatori lineari continui. Allora

2Negli spazi di Hilbert è proprio la teoria generale che garantisce che le serie di Fourierconvergono.

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3.1 Il problema della convergenza in norma 116

• o esiste c ∈ R+ tale che, per ogni n ∈ N

‖Tn‖X→Y ≤ c,

• oppure esiste un insieme X ⊂ X denso tale che, per ogni x ∈ X,

supn∈N‖Tnx‖Y = +∞.

Si dice in questo caso che il sistema va in risonanza3.

Teorema 398. B ammette convergenza in norma se e solo se

supN∈N0

‖SN‖B→B <∞,

ovvero se e solo se esiste c ∈ R+tale che, per ogni N ∈ N0,

‖SN‖B→B ≤ c.

Dimostrazione. Siano f ∈ B e N ∈ N0. Se B ammette convergenza in norma,da

‖SNf‖B ≤ ‖f‖B + ‖SNf − f‖B ,

segue la tesi. Viceversa, si supponga l'uniforme limitatezza delle norme opera-toriali. Si �ssino f ∈ B e ε > 0. Sia g ∈ B un polinomio trigonometrico4 con‖f − g‖B < ε. Per ogni N ∈ N0 si ha

‖SNf − f‖ ≤ ‖f − g‖B + ‖SN (f − g)‖B︸ ︷︷ ︸≤c‖f−g‖B

+ ‖SNg − g‖

≤ (1 + c) ε+ ‖SNg − g‖B .

Poiché le serie di Fourier dei polinomi trigonometrici sono i polinomi trigonome-trici stessi, esiste N grande tale che SNg ≡ g, dunque ‖SNg − g‖ = 0 e quindi‖SNf − f‖ → 0.

Proposizione 399. Per ogni N ∈ N si ha

‖DN‖L1 ≥4

π2log (N) .

3In questo caso quindi il sistema va in risonanza molto spesso!4Si ricorda per l'ennesima volta che i polinomi trigonometrici sono densi in B.

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3.1 Il problema della convergenza in norma 117

Dimostrazione. Per ogni N ∈ N si ha

‖DN‖L1 =

ˆQ

|DN (u)| du2π

=1

π

ˆ π

0

∣∣sin ((N + 12

)u)∣∣

sin (u/2)︸ ︷︷ ︸≤u/2

du

≥ 2

π

ˆ π

0

∣∣sin ((N + 12

)u)∣∣

udu[(

N +1

2

)u = y

]=

2

π

ˆ (N+ 12 )π

0

|sin (y)|y

dy

=2

π

N∑1

ˆ kπ

(k−1)π

|sin (y)|kπ

dy

=4

π2

N∑k=1

1

k

≥ 4

π2log (N) ,

dove l'ultima è la solita relazione tra integrale improprio e serie.

Osservazione 400. Con la proposizione precedente si conclude che seN → +∞

‖SN‖B→B ≤ ‖DN‖L1 → +∞,

il problema quindi non è chiuso, ma magari siamo solo stati un po' grossolaninella stima. La proposizione seguente ci dice che purtroppo, in L1, la stima èaccurata.

Proposizione 401. Se B = L1 (Q), per ogni n ∈ N

‖Sn‖L1→L1 = ‖Dn‖L1 .

Dimostrazione. Basta dimostrare il ≥. Poiché la norma operatoriale è un estre-mo superiore, per avere una minorazione basta valutare la norma dell'operatoreapplicato a qualunque funzione. Per ogni n,N ∈ N si ha

‖Sn‖L1→L1 ≥ ‖Sn (KN )‖L1

= ‖KN ∗Dn‖L1

= ‖Dn ∗KN‖L1

= ‖σN (Dn)‖L1 .

Ma per il Teorema di Fejér σNDnN→+∞−→ Dn in B e dunque

‖Sn‖L1→L1 ≥ ‖σN (Dn)‖L1

N→+∞−→ ‖Dn‖L1 .

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3.1 Il problema della convergenza in norma 118

Corollario 402. L1 non ammette convergenza in norma.

Proposizione 403. Se B = C (Q), per ogni n ∈ N

‖Sn‖C→C = ‖Dn‖L1 .

Dimostrazione (da riscrivere). Si ha

‖Sn‖C→C = supf∈C,‖f‖∞=1

‖Snf‖∞ (∗)

Per il teorema di rappresentazione di Riesz sui funzionali lineari

‖g‖q = sup‖f‖p=1

ˆ ∣∣gf ∣∣ ,vale anche tra L1 e C, dunque

(∗) = supf

sup‖g‖=1

∣∣∣∣ˆ Snfg

∣∣∣∣= sup

fsup‖g‖=1

∣∣∣∣ˆ (ˆ Dn (x− t) f (t) g (x) dt

)dx

∣∣∣∣[Dn (u) = Dn (−u)

][Fubineggiando]

= supf

sup‖g‖=1

∣∣∣∣ˆ (Dn ∗ g) (t) f (t) dt

∣∣∣∣[c′e il modulo]

= supf

sup‖g‖=1

∣∣∣∣ˆ (Dn ∗ g) (t) f (t)dt

∣∣∣∣= sup

‖g‖L1=1

‖Dn ∗ g‖

= ‖Sn‖L1→L1 .

Teorema 404. C non ammette convergenza in norma.

Problema 405. E per p ∈ (1,∞)? Prima di a�rontare questo problema si espo-ne una dimostrazione alternativa della Proposizione 403, perché il procedimentocondurrà ad un altro risultato.

Dimostrazione (della Proposizione 403). Sia N ∈ N. Si de�nisca gN come in�gura,

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3.1 Il problema della convergenza in norma 119

ovvero in modo tale che gN ∈ C, ‖gN‖∞ = 1, su abbastanza punti gN =sign (DN ) e le saldature continue avvengano su un'unione �nita di intervalli conmisura minore di ε/2N (si ricordi che i polinomi trigonometrici di grado Nhanno al più 2N zeri in Q). Allora

‖SN‖C→C ≥ ‖SNgN‖∞ ≥ |SNgN (0)|= |DN ∗ gN (0)|

=

∣∣∣∣ˆ DN (−t) gN (t)dt

∣∣∣∣[DN pari]

=

∣∣∣∣ˆ DN (t) gN (t)dt

∣∣∣∣[gN è spesso il segno di DN ]

≥∣∣∣∣ˆ |DN (t)| dt

∣∣∣∣− ε= ‖DN‖L1 − ε.

Osservazione 406 (Du Bois-Reymond). Per ogni N ∈ N si de�nisca il funzio-nale lineare

TN : C (Q) → C,f 7→ TNf := SNf (0) .

De�nita come sopra la successione {gN}N∈N, dai conti visti nella dimostrazionesegue

|TNgN | = |SNgN (0)| N→+∞−→ +∞.

L'operatore prende quindi una funzione di norma unitaria e restituisce un valoremolto alto, cioè la successione di numeri reali {|TNgN |}N∈N è illimitata, ovvero‖TN‖C→C = ∞. Per Banach-Steinhaus esistono pertanto un sacco di funzioni

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3.2 Coniugio 120

f ∈ Cper tali che la successione di numeri complessi {TNf} sia illimitata, cioè perde�nizione {|SNf (0)|}N∈N è illimitata, ovvero Du Bois-Reymond dimostrato indue righe5

3.2 Coniugio

Osservazione 407. In questa sezione si farà una (apparente) deviazione, chein realtà condurrà ad un risultato importante sulla convergenza in norma. Unaserie trigonometrica reale è6 una funzione del tipo

x 7→ S (x) :=a0

2+∑k∈N

(ak cos (kx) + bk sin (kx)) .

Ponendo, per ogni x ∈ Q, z = ex, si dimostra che S è la parte reale della serietrigonometrica

x 7→ a0

2+

+∞∑k=1

(ak − ibk) zk,

la cui parte immaginaria7 si dimostra essere

x 7→ S (x) :=

+∞∑k=1

(ak sin (kx)− bk cos (kx)) .

Dando per buono quanto detto, si nota che tildando due volte si torna allaprima serie a meno del termine costante. Passando ai polinomi trigonometricicomplessi, se si parte da una serie trigonometrica8

x 7→ S (x) :=∑k∈Z

ckeikx,

si de�nisce la sua armonica coniugata9 come

x 7→ S (x) = (−i)∑k∈Z

(sign (k)) ckeikx.

Si vuole applicare questo ragionamento ad una serie di Fourier10. Se f ∈ L1 (T),sul suo insieme di de�nizione, Sf =

∑k∈Z f (k) eik(·). Per la de�nizione sopra,

la sua armonica coniugata risulta essere

x 7→ Sf (x) = (−i)∑k∈Z

(sign (k)) f (k) eikx.

5La dimostrazione originale è molto macchinosa ma esibisce una funzione. Qui non esibiamonulla ma per Banach-Steinhaus non ne troviamo una sola, ma una famiglia densa.

6Sul suo insieme di convergenza e per opportuni {ak}k∈N0, {bk}k∈N ⊂ R.

7Ovvero la sua coniugata, in quanto armonica coniugata di una funzione armonica reale.8De�nita sul suo insieme di convergenza per un'opportuna {ck}k∈Z ⊂ C.9L'analogo di quella di prima.

10Il perché sarà chiaro un po' più avanti.

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3.2 Coniugio 121

Nessuno a priori garantisce che questa sia la serie di Fourier di qualche funzionein L1. Si supponga che lo sia. Si supponga cioè l'esistenza di unq funzioneg ∈ L1 tale che

Sf = Sg.

De�nizione 408 (Funzione coniugata). Con le notazioni dell'osservazione pre-cedente, la funzione f := g si de�nisce funzione coniugata di f . Ovvero f è laconiugata di f se e solo se Sf = Sf (quindi in particolare le due serie devonoconvergere).

Osservazione 409. Non è detto che una tale funzione esista per ogni f ∈L1 (Q).

Notazione 410 (B). Per tutto il resto della sezione, tranne che quando di-versamente speci�cato, si indicherà con (B, ‖·‖) uno qualunque tra gli spazi

(C (Q) , ‖·‖∞) oppure(Lp (Q) , ‖·‖p

), p ∈ [1,∞] (si include dunque nell'analisi

anche lo spazio L∞).

De�nizione 411 (Coniugio). Si dice che lo spazio B ammette coniugio se perogni f ∈ B esiste f ∈ B coniugata di f , i.e. tale che

Sf = Sf ,

cioè tale che per ogni k ∈ Z(f)

(k) = (−i) sign (k) f (k) .

Proposizione 412. Se B ammette coniugio, la mappa di coniugio ∼: B → Bè lineare.

Dimostrazione. Ovvia.

Proposizione 413 (Inaspettata). Se B ammette coniugio, la mappa di coniugio

∼: B → B è continua, cioè per ogni f ∈ B,∥∥∥f∥∥∥

B≤ c ‖f‖B

Osservazione 414. Per dimostrare la continuità del coniugio, si utilizza ilteorema seguente.

Teorema 415 (Del gra�co chiuso). Siano X,Y spazi di Banach e T : X → Ylineare. Se per ogni {xn}n∈N → x ∈ X tale che {Txn}n∈N → y ∈ Y accadeTx = y, allora T è continua.

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3.2 Coniugio 122

Dimostrazione (Proposizione 413). Sia {fn}n∈N → f in B tale che{fn

}n∈N→

g ∈ B. Si vuole dimostrare che dimostrare che g = f . Per ogni k ∈ Z si ha

g (k) = limn→+∞

(fn

)(k)

.= lim

n→+∞(−i) sign (k) (fn) (k)

= (−i) sign (k) limn→+∞

(fn) (k)

= (−i) sign (k) f (k)

.=

(f)

(k) .

Problema 416. Che forma ha f? Invece che rispondere direttamente a questadomanda, complichiamoci un po' la vita11. Si tenga presente quanto appenadimostrato, ovvero che se B ammette coniugio, la mappa ∼: B → B è lineare econtinua.

De�nizione 417 (Mappa bemolle). Per ogni f ∈ B che ammetta una coniugataf , si de�nisce

f [ :=1

2f (0) +

1

2

(f + if

).

Osservazione 418 (Coniugio e bemolle). Chi è f [? Per ogni k ∈ Z si ha

(f [)

(k) =1

2f (0) δk,0 +

1

2

(f (k) + sign (k) f (k)

)=

{0, k < 0,

f (k) , k ≥ 0.

Quindi la mappa bemolle uccide tutti i coe�cienti negativi della serie di Fourier,ovvero

Sf [ =

+∞∑k=0

f (k) eik(·).

Se B ammette coniugio è dunque ben de�nita la mappa bemolle [ : B → B.Viceversa, se la mappa bemolle [ : B → B è ben de�nita, allora è ben de�nitala mappa coniugio, come

B 3 f 7→ f = (−i)[2f [ − f (0)− f

]∈ B.

Ma per la proposizione 413, se la mappa coniugio è ben de�nita, allora è conti-nua. Per de�nizione, allora, anche la mappa f 7→ f [ è continua. Essendo anchelineare esiste allora c > 0 tale che, per ogni f ∈ B,∥∥∥f [∥∥∥

B≤ c ‖f‖B .

11Non è che ci piaccia farci del male. Tra poco si arriverà da qualche parte.

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3.2 Coniugio 123

In questo modo, pastrocchiando un po', abbiamo tagliato tutti i coe�cientinegativi alla serie di Fourier. Il prossimo teorema spiega perché fossimo interes-sati alla mappa coniugio (e, conseguentemente, alla mappa bemolle). Prima diproseguire, si riassume però quanto appena dimostrato.

Proposizione 419. Le seguenti a�ermazioni sono equivalenti.

1. ∼: B → B è ben de�nita;

2. ∼: B → B è ben de�nita e continua;

3. [ : B → B è ben de�nita e continua ;

4. [ : B → B è ben de�nita.

Teorema 420 (Riesz). B ammette coniugio ⇐⇒ B ammette convergenza innorma.

Dimostrazione. B ammette la convergenza in norma se e solo se esiste c > 0tale che, per ogni n ∈ N, ‖SN‖B→B ≤ c e B ammette coniugio se e solo se [è ben de�nita. Si dimostra dunque che [ : B → B è ben de�nita ⇐⇒ esistec > 0 tale che, per ogni n ∈ N, ‖Sn‖B→B ≤ c.

⇐) Sia n ∈ N arbitrario. Si de�nisce

S[n : B → B,

f 7→ ein(·)Sn

[e−in(·)f

].

Per ogni f ∈ B, si ha

S[nf.= ein(·)Sn

[e−in(·)f

].= ein(·)

n∑k=−n

(e−in(·)f)

(k) eik(·)

.= ein(·)

n∑k=−n

(ˆ π

−πe−intf (t) e−ikt

dt

)eik(·)

= ein(·)n∑

k=−n

(ˆ π

−πf (t) e−it(n+k) dt

)eik(·)

.= ein(·)

n∑k=−n

f (n+ k) eik(·)

=

2n∑k=0

f (k) eik(·).

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3.2 Coniugio 124

Essendo l'ultimo un polinomio trigonometrico, chiaramente S[nf ∈ B,dunque l'operatore S[n è ben de�nito. Dalla de�nizione12, inoltre∥∥∥S[n∥∥∥

B→B= ‖Sn‖B→B ≤ c,

dunque questi operatori lineari ��nestra�13 sono equilimitati. Si �ssino f ∈B e ε > 0. Esiste un polinomio trigonometrico P tale che ‖f − P‖B < ε.Inoltre, per ogni m ∈ N∥∥∥S[nf − S[mf∥∥∥

B≤∥∥∥S[nf − S[nP∥∥∥

B︸ ︷︷ ︸≤cε

+∥∥∥S[nP − S[mP∥∥∥

B︸ ︷︷ ︸=0 se n,m≥deg(P )

+∥∥∥S[mP − S[mf∥∥∥

B︸ ︷︷ ︸≤cε

.

Ovvero la successione{S[nf

}n∈N è di Cauchy in B. Poiché B è completo,

esiste g ∈ B tale che

S[nf‖·‖B−→ g.

I coe�cienti di Fourier di g sono dati, per ogni j ∈ Z, da

g (j) = limn→+∞

(S[nf

)(j) =

{0, j < 0,

f (j) , j ≥ 0,

.=(f [)

(j) ,

allora g = f [ ∈ B e la mappa [ risulta ben de�nita.

⇒) Sia n ∈ N. Come osservato nella prima parte,∥∥S[n∥∥B→B = ‖Sn‖B→B . Si

vuole quindi dimostrare che le norme degli S[n sono equilimitate. Poiché [è ben de�nita, per ogni f ∈ B si ha

S[nf = f [ −+∞∑

k=2n+1

f (k) eik(·)

.= f [ −

+∞∑k=2n+1

(ˆ π

−πf (t) e−ikt

dt

)eik(·)

= f [ − ei(2n+1)(·)

[+∞∑k=0

(ˆ π

−πf (t) e−i(2n+1+k)t dt

)eik(·)

][.

= f [ − ei(2n+1)(·)

[+∞∑k=0

(fe−i(2n+1)(·)

)(k) eik(·)

][.

= f [ − ei(2n+1)(·)[fe−i(2n+1)(·)

][.

12Poiché per ogni f ∈ B, si ha S[nf ∈ B e Sn[S[nf

]= S[nf , chiaramente

∥∥S[n∥∥B→B ≤‖Sn‖B→B . Analogamente si prova la stima opposta.

13Che spostano le somme parziali nella �nestra positiva degli indici.

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3.2 Coniugio 125

Sia c > 0 la costante di Lipschitz14 di [. Per ogni f ∈ B si ha∥∥∥S[nf∥∥∥B≤

∥∥∥f [∥∥∥B

+

∥∥∥∥ei(2n+1)(·)[fe−i(2n+1)(·)

][∥∥∥∥=

∥∥∥f [∥∥∥B︸ ︷︷ ︸

≤c‖f‖B

+

∥∥∥∥[fe−i(2n+1)(·)][∥∥∥∥

≤ c ‖f‖B + c∥∥∥fe−i(2n+1)(·)

∥∥∥B︸ ︷︷ ︸

≤‖f‖B

≤ 2c ‖f‖B ,

dunque ∥∥∥S[n∥∥∥B→B

≤ 2c.

Corollario 421. L1 e Cper non ammettono coniugio.

Osservazione 422. Esistono quindi funzioni continue e funzioni integrabili chenon hanno una coniugata o una bemollizzata. In termini operatoriali, non è bende�nita ∼ : L1 → L1 lineare e continua. Si vuole però, per ogni f ∈ L1, de�nireuna f (che non sarà de�nita come sopra perché non necessariamente sarà in L1),ma che basti per recuperare qualche tipo di risultato. Chiaramente, si vuolede�nire ∼ in modo tale che sulle f ∈ L1 per cui esiste la coniugata, questacoincida con quella vecchia. Si de�nirà ∼ : L1 → L log+ L, dove L log+ L è unospazio di funzioni strettamente contenuto in L1 (le L in L log+ L si riferisconoproprio a L = L1).

3.2.1 Estensione del coniugio ad L1

De�nizione 423 (L log+ L). Sia f : R → R. Si scrive f ∈ L log+ L se esiste�nito l'integrale ˆ

R|f (t)| log+ (|t|) dt,

dove log+ rappresenta la parte positiva del logaritmo,

log+ (x) :=

{log (x) , x ≥ 1,

0, x ∈ (0, 1) .

Osservazione 424. Si noti che f ∈ L logL =⇒ f ∈ L1, dunque L logL ⊂ L1.

14Si ricordi che se [ è de�nita, allora è anche continua (ed essendo lineare è ancheLipschitziana).

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3.2 Coniugio 126

Osservazione 425 (Tutto parte dall'integrale di Poisson). Per f ∈ L1 (T) sipuò sempre scrivere l'integrale di Poisson. Per ogni r ∈ [0, 1) e per ogni ϑ ∈ R,si estende la de�nizione di f a

f(reiϑ

):= (Pr ∗ f)

(eiϑ)

=∑k∈Z

r|k|f (k) eikϑ,

dove il nucleo di Poisson è esprimibile alternativamente nei seguenti modi:

Pr(eiϑ)

=∑k∈Z

r|k|eikϑ = 1+2

+∞∑k=1

ir|k| cos (kϑ) =1− r2

1 + r2 − 2r cos (ϑ)= Re

(1 + reiϑ

1− reiϑ

).

L'idea è la seguente: non riuscendo a sviluppare la teoria direttamente sulleserie di Fourier, si passa alla forma più debole15 di convergenza delle medie diAbel-Poisson. Con queste serie, che convergono totalmente, si riesce a fare unpo' tutto quello che si vuole. La speranza è di poter successivamente passare inqualche modo al limite per r → 1− e recuperare qualche tipo di de�nizione sulbordo. Si noti che16, per r < 1, f

(rei(·)

)coincide con la sua serie di Fourier17.

Si noti inoltre, che la funzione (r, ϑ) 7→ f(reiϑ

)si può vedere in due modi

distinti18

(r, ϑ) 7→ f(reiϑ

)=

{f(rei(·)

)∈ L1 (T) , r ∈ [0, 1) ,

f (z) , |z| < 1.

Nel primo caso si decompone il disco unitario in tante circonferenze concentrichee su ogni circonferenza si ottiene una funzione in L1 avente serie di Fourier checonverge a lei totalmente. Nel secondo caso si considera la funzione de�nita intutto interno del disco e la si studia quindi come funzione di variabile comples-sa, con raggio e angolo che variano contemporaneamente19. Avviciniamoci alproblema con il primo approccio. Sia r ∈ [0, 1) arbitrario. Allora

(Pr ∗ f)(ei(·)

)= f

(rei(·)

)∈ L1 (T)

eS(f(rei(·)

))=∑k∈Z

r|k|f (k) eik(·).

La serie armonica coniugata20 è data, per de�nizione, da

Sf(rei(·)

)︸ ︷︷ ︸.= ˜S(Pr∗f)(ei(·))

.= (−i)

∑k∈Z

sign (k) r|k|f (k) eik(·)

15Queste serie sono più deboli nel senso della A -convergenza, vista nel primo capitolo.16Per de�nizione.17Che si ribadisce, converge totalmente.18Si passi sopra all'abuso di notazione.19Questa doppia scrittura sarà la causa di non pochi problemi nel passaggio in più

dimensioni.20Che ovviamente è ben de�nita e anzi, converge totalmente.

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3.2 Coniugio 127

Si vuole innanzitutto stabilire se esista o meno una funzione Qr tale che

˜S (Pr ∗ f)(ei(·)

)= (Qr ∗ f)

(ei(·)

).

Chiaramente Qr esiste, si dice coniugato del nucleo di Poisson Pr21 ed è de�nito

per ogni ϑ ∈ R da

Qr(reiϑ

):= (−i)

∑k∈Z

(sign (k)) r|k|eikϑ

=2r sin (ϑ)

1 + r2 − 2r cos (ϑ)

= Im

(1 + reiϑ

1− reiϑ

).

Si ha dunque, per ogni ϑ ∈ R

Pr(eiϑ)

+ iQr(eiϑ)

=1 + reiϑ

1− reiϑ,

dove Pr e Qr sono funzioni reali quindi sono proprio le parti reale e immaginariadella funzione a secondo membro, pensata al variare sia di ϑ che di r. Questaosservazione conduce naturalmente al secondo tipo approccio. Studiamo quindif : D ⊂ C → R. Chiaramente f è armonica (reale) in D, infatti il laplacianodella convoluzione si scarica sul nucleo di Poisson22, che essendo parte reale diuna funzione olomorfa è armonico in D. Poiché z 7→ f (z) è armonica in D, èpossibile associarle la sua armonica coniugata che vale23 0 in 0, la chiamiamof . Allora la funzione z 7→ f (z) + if (z) è olomorfa in D. Facendo un attimomente locale, ci si convince che per ogni z = reiϑ ∈ D si ha proprio

f (z) + if (z) = ((Pr + iQr) ∗ f)(eiϑ).

Riassumendo, siamo partiti da f ∈ L1 (T), con l'integrale di Poisson abbiamoesteso la sua de�nizione all'interno del disco complesso e determinando l'ar-monica coniugata (all'interno del disco) abbiamo de�nito (all'interno del disco)una funzione f + if che è olomorfa all'interno del disco. Per risolvere il proble-ma di partenza, ovvero estendere la de�nizione del coniugio anche in L1 (T), ènecessrio risolvere il seguente problema.

Problema 426. Con le notazioni dell'osservazione precedente, per ogni ϑ ∈ R�ssato24 si vuole studiare l'esistenza dei limiti radiali

limr→1−

f(reiϑ

) ?= f

(eiϑ),

limr→1−

f(reiϑ

)=: f

(eiϑ).

21Coniugato!del nucleo di Poisson.22f ∈ L1, dunque (r, ϑ) 7→ ∆ (f ∗ Pr)

(eiϑ)

= f ∗ (∆Pr)(eiϑ)

= 0.23Se non �sso questa condizione ho in�nite coniugate possibili.24Qui l'uniformità ce la si può scordare!

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3.2 Coniugio 128

Teorema 427 (Fatou). Siano f ∈ L1 (T) e ϑ ∈ [−π, π). Se esiste il limite

limh→0

1

h

ˆ h

0

f (ϑ+ α)− f (ϑ− α)

2dα =: A ∈ R,

allora

(Pr ∗ f)(reiϑ

) r→1−−→ A.

Proposizione 428. Sia f ∈ L1 (T). Detta (r, ϑ) 7→ f(reiϑ

):= f ∗ Pr

(eiϑ),

per quasi ogni ϑ ∈ [−π, π), si ha

limr→1−

f(reiϑ

)= f

(eiϑ).

Dimostrazione. Per il teorema precedente, per tutti i ϑ per cui f è la deriva-ta della proprio funzione integrale, si ha A = f

(eiϑ). Per il TDL, essendo

l'integranda una funzione in L1, per quasi ogni ϑ ∈ [−π, π), A = f(eiϑ).

Problema 429. Rimane da dimostrare se e per quali ϑ ∈ [−π, π) esiste il limite

limr→1−

f(reiϑ

).

A tale proposito si richiama un paio di risultati di analisi funzionale.

Teorema 430 (Banach-Alaoglu). Siano X uno spazio di Banach e X ′ il suoduale topologico. Allora la bolla unitaria di X ′ è w∗-compatta.

Teorema 431 (Banach-Alaoglu sequenziale). Sia X uno spazio di Banach se-parabile. Allora la bolla unitaria B′ di X ′ è w∗-compatta per successioni, cioèper ogni {xn}n∈N ⊂ B′ esiste

{xnj}j∈N w∗-converge in S′.

Lemma 432. Ogni F : D ⊂ C→ C armonica e limitata è l'integrale di Poissondi qualche f ∈ L∞ (T).

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3.2 Coniugio 129

Dimostrazione. Sia {rn}n∈N ⊂ [0, 1), rn ↗ 1−. Per ogni n ∈ N si de�nisca

fn

(ei(·)

):= F

(rne

i(·)).

La successione {fn}n∈N ⊂ L∞ (T) risulta limitata in L∞, i.e. esiste c > 0 taleche, per ogni n ∈ N ‖fn‖∞ ≤ c. Senza perdere in generalità, sia c = 1. Ilduale topologico di L1 (T) è L∞ (T). Per il teorema di Banach-Alaoglu esisteuna sottosuccessione

{fnj}j∈N ⊂ {fn}n∈N ed una f ∈ L∞ tali che

fnjw∗→ f,

ovvero tali che per ogni g ∈ L1 si abbiaˆQ

gfnj →ˆQ

gf.

Per ogni ρ ∈ [0, 1) e per ogni α ∈ [−π, π), detta gρ,α := Pρ(ei(α−(·))) ∈ L1 (T),

si ha ˆQ

(ei(α−ϕ)

)f(eiϕ) dϕ

2π= lim

j→+∞

ˆPρ

(ei(α−ϕ)

)fnj(eiϕ) dϕ

(∗)= lim

j→+∞F(ρrnje

iα)

= F(ρeiα

),

dove il perché valga (∗) è un mistero. Confrontando primo ed ultimo membrosi ottiene la tesi.

Proposizione 433. Sia f ∈ L1 (T). Allora per quasi ogni t ∈ [−π, π) esiste�nito il limite

limr→1−

f(reit).

Dimostrazione. Per la linearità della convoluzione e delle altre operazioni utiliz-zate è possibile limitarsi a f a valori reali, anzi, a meno di prendere la di�erenzatra parte positiva e parte negativa si può supporre f ≥ 0. La funzione de�nitaper ogni z ∈ D da25

F (z) = e−(f(z)+if(z))

è olomorfa (e dunque armonica) in D. Inoltre, essendo f reale, anche f èreale quindi quelle sopra sono davvero parti reale e immaginaria dell'esponente.Allora, per ogni z ∈ D

|F (z)| = e−f(z)

Poiché chiaramente anche z 7→ f (z) ≥ 0, segue che per ogni z ∈ D

|F (z)| = e−f(z) ≤ 1.

25De�nita ovviamente tramite l'integrale di Poisson e la sua coniugata.

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3.2 Coniugio 130

Per il lemma precedente, essendo F armonica e limitata, F è l'integrale diPoisson di qualche funzione limitata L∞ (T). Perciò per quasi ogni t ∈ Q esiste�nito il limite

limr→1−

F(reit),

avente modulolimr→1−

e−f(reit) = e−f(e

it) > 0

perché f = +∞ al più su un insieme di misura nulla (f ∈ L1). Quindi esiste illimite sia del modulo che dell'argomento, i.e. per quasi ogni t ∈ Q esiste anche

limr→1−

e−if(reit),

dove l'esponente è (a priori) un numero de�nito a meno di multipli di 2π. Poichéperò F è continua, per la proprietà di Darboux, non è possibile avere un insiemediscreto di valori nella classe limite, dunque per quasi ogni t ∈ Q è ben de�nitoil limite

limr→1−

f(reit).

De�nizione 434 (Funzione armonica coniugata). Per ogni f ∈ L1 (T) si de�-nisce funzione armonica coniugata di f , la funzione de�nita per quasi ogni t ∈ Tda

f(eit)

:= limr→1−

f(reit).

Osservazione 435. Con tanta fatica, ma siamo riusciti a de�nire il coniugioanche su L1. Il prossimo teorema conclude la faccenda garantendo la continuitàdi ∼ negli altri Lp. Prima di enunciarlo, però, si ricordano un po' di condizioniequivalenti alla continuità del coniugio.

Proposizione 436. Sia p ∈ (1,∞). Le seguenti a�ermazioni sono equivalenti:

1. ∼: Lp → Lp è continuo;

2. esiste c > 0 tale che, per ogni f ∈ Lp∥∥∥f∥∥∥p≤ c ‖f‖p ;

3. esiste c > 0 tale che, per ogni n ∈ N

‖Sn‖Lp→Lp ≤ c;

4. per ogni f ∈ Lp‖Snf − f‖p → 0.

Teorema 437 (Teorema di Riesz). Per ogni p ∈ (1,∞) la mappa di coniugio∼: Lp (T)→ Lp (T) è continua.

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3.2 Coniugio 131

Dimostrazione. Per p = 2 il coniugio è continuo, infatti per il teorema di Plan-cherel ogni ogni funzione in L2 è la somma della sua serie di Fourier, quindi valel'ultima condizione equivalente nella proposizione precedente. Si vuole ora dimo-strare che se il teorema vale per ogni p ∈ (1, 2), vale anche per ogni p ∈ (2,+∞).Si supponga che per ogni p ∈ (1, 2) il coniugio sia continuo. Sia p ∈ (2,∞) ar-bitrario. Detto p′ il suo esponente coniugato, si ha p′ ∈ (1, 2). Sia f ∈ Lp (T)arbitraria. Per ogni g ∈ Lp′ (T), con la solita misura normalizzata si ha26

ˆQ

fg [Parseval in Lp(si dimostra)]

=∑k∈Z

(f)

(k) g (k)

=∑k∈Z

(−i) sign (k) f (k) g (k)

= −∑k∈Z

f (k) [(−i) sign (k) g (k)]

= −∑k∈Z

f (k)(

(g))

(k)

= [Parseval in Lp(si dimostra)]

= −ˆQ

fg.

Passando ai moduli, dunque, per ogni g ∈ Lp′∣∣∣∣ˆQ

fg

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣ˆQ

fg

∣∣∣∣≤ ‖f‖p ‖g‖p′≤ c ‖f‖p ‖g‖p′

Passando primo ed ultimo membro all'estremo superiore al variare di ogni g ∈Lp′, con ‖g‖p′ = 1, si conclude quindi∥∥∥f∥∥∥

p≤ c ‖f‖p .

Rimane pertanto da dimostrare che la tesi è vera per ogni p ∈ (1, 2). Sia allorap ∈ (1, 2) arbitrario. Si vuole dimostrare che per qualche c > 0∥∥∥f∥∥∥

p≤ c ‖f‖p .

Per la linearità delle operazioni utilizzate, spezzando f in parte reale e parte im-maginaria, poi in parte positiva e negativa, è su�ciente dimostrarlo per funzioni

26Le uguaglianze andrebbero scritte dalla �ne perché a priori non si sa se il primo integraleo le serie convergano. Anzi, sarebbe meglio scrivere prima le somme parziali e poi giusti�carela prima uguaglianza.

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3.2 Coniugio 132

non negative. Inoltre, per f = 0 quasi ovunque la tesi è banalmente veri�cata.Si supponga dunque, senza perdere in generalità, f ≥ 0 e f > 0 su un insiemedi misura positiva. Per ogni r ∈ [0, 1) e per ogni ϑ ∈ R si estenda f al discounitario tramite l'integrale di Poisson

f(reit)

:= (Pr ∗ f)(eit).

Poiché f|D è armonica, sia f la sua armonica coniugata tale che f (0) = 0. Allora

la mappa F := f + if è olomorfa in D. Inoltre certamente Re (F ) = f > 0,perché il dato al bordo è positivo su un insieme di misura positiva, dunquel'integrale di Poisson, che è una media, è > 0. Dunque F mappa il disco in unsemplicemente connesso contenuto in {z ∈ C |Re (z) > 0}.

Pertanto per ogni z ∈ D, F (z) 6= 0 ed esiste olomorfa (su D) la mappa

z 7→ G (z) := (F (z))p,

infatti per de�nire la potenza è su�ciente scegliere la determinazione del loga-ritmo tale che

G (0).= F (0)

p .= f (0)

p= [Teorema della media] =

(f (0)

)p> 0

(poiché ogni numero complesso positivo ha almeno una determinazione dellapotenza positiva, questa scelta si può sempre fare) e dato che F (D) non �giraattorno all'origine� (i.e. F (D) ⊂ {Re (z) > 0}) il logaritmo è ben de�nito edolomorfo. Per poter concludere la dimostrazione si assume un fatto che verràdimostrato subito dopo.

Asserzione 438. Esiste cp > 0 tale che, per ogni r ∈ [0, 1), si abbiaˆQ

∣∣G (reit)∣∣ dt

2π≤ cp ‖f‖pp .

Assumendo che ciò sia vero, si noti che per ogni (r, t) ∈ [0, 1)× R, essendo f laparte immaginaria di F , si ha∣∣∣f (reit)∣∣∣p ≤ ∣∣F (reit)∣∣p .

=∣∣G (reit)∣∣ .

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3.2 Coniugio 133

Dunque, usando la proposizione 433, il Lemma di Fatou e l'asserzione, si con-clude ∥∥∥f∥∥∥p

p

.=

ˆQ

∣∣∣f (eit)∣∣∣p dt

=

ˆQ

limr→1−

∣∣∣f (reit)∣∣∣p dt

=

ˆQ

lim infr→1−

∣∣∣f (reit)∣∣∣p dt

≤ lim infr→1−

ˆQ

∣∣∣f (reit)∣∣∣p dt

≤ cp ‖f‖pp .

Dimostrazione dell'Asserzione 438 (da riscrivere). Fisso 0 ≤ r < 1, �sso p ∈(1, 2). Fisso f ∈ Lp, f ≥ 0, f 6≡ 0. Allora f (z) > 0. PrendoF (z) =

f (z) + if (z) e �ssata la determinazione con G (0) > 0 prendo G (z) = F p (z).

Fisso γ ∈(π2p ,

π2

)e scrivo Q = [−π, π) = Ir ∪ IIr =

{t∣∣arg

(F(reit))< γ

}∪{

t∣∣γ ≤ arg

(F(reit))< π

2

}(�gura).

Inseguo ora tra stime

1. La funzione Re (G (z)) è armonica in D, dunque vale il teorema del valormedioˆIr

Re (G)+

ˆIIr

Re (G) =

ˆQ

Re (G) = Re (G (0)) = G (0) = (F (0))p

= (f (0))p> 0.

La stima precedente diceˆIr

Re (G) +

ˆIIr

Re (G) > 0 (∗) .

(a) Se t ∈ Ir. Allora arg(F(reit))< γ (�gura)

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3.2 Coniugio 134

f (z) = |F (z)| = cos (argF (z)) > |F (z)| cos (γ)

(poiché il coseno lì dentro è decrescente). Dunque

|F (z)| < f (z)

cos (γ),

da cui, elevando alla p

|G (z)| < f (z)p

cos (γ)p .

Allora, da prima del NBˆIr

Re (G) ≤ˆIr

|G| ≤ cˆfp(reit)≤ cˆQ

fp = c ‖f (r·)‖pp

= c ‖Pr ∗ f‖pp ≤(‖Pr‖1 ‖f‖p

)p= c ‖f‖pp .

Dunque ˆIr

Re (G) ≤ˆIr

|G| ≤ c ‖f‖pp (∗∗)

i. Se t ∈ IIr, π2p < γ ≤

∣∣arg(F(reit))∣∣ < π

2 . Da cui

π

2< pγ ≤

∣∣arg(G(reit))∣∣ < pπ

2

(�gura)

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 135

Re(G(reit))︸ ︷︷ ︸

<0

= |G| cos (arg (G)) ≤ |G| cos (pγ)︸ ︷︷ ︸<0

Dunque ∣∣G (reit)∣∣ ≤ (Re (G))

cos (pγ)(∗ ∗ ∗) .

Riassumendo, riscrivendo la (∗) diventaˆII

|Re (G)| <ˆI

Re (G) (∗) .

Intregrando la (∗ ∗ ∗) diventaˆII

|G| ≤ dˆII

|Re (G)| (∗ ∗ ∗) .

Dunque il LHS della tesi diventaˆQ

|G| =

ˆI

|G|+ˆII

|G|

(∗∗∗)≤

ˆI

|G|+ˆII

|Re (G)|

(∗)≤

ˆI

|G|+ d

ˆI

Re (G)

≤ (1 + d)

ˆI

|G|

(∗∗)≤ c (1 + d) ‖f‖pp .

3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni)

Problema 439. Si vuole generalizzare il concetto di serie di Fourier a funzionidi più variabili. Il quoziente Tn := Rn/Zn è uno spazio topologico compatto eT2. Tn è in corrispondenza biunivoca (ma non bicontinua) con Qn :=

[− 1

2 ,12

)n.

Considerando però funzioni f : Rn → C periodiche (in ogni variabile), ovverotali che per ogni x ∈ Qn e per ogni m ∈ Zn si abbia f (x+m) = f (x), sirecupera ovviamente l'identi�cazione

{f : Tn → C} = {f : Rn → C| f periodica} .

Analogamente a quanto fatto per funzioni di una variabile, si indicherà con Buno qualunque degli spazi C (Tn) o Lp (Tn), con p ∈ [1,∞). Sia f ∈ L1 (Tn).Per ogni m ∈ Zn è possibile de�nire l'm-esimo coe�ciente di Fourier di f come

f (m) :=

ˆQn

f (x) e−2πimxdx,

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 136

dove chiaramente mx = m · x (prodotto scalare). Si vuole dunque cercare unade�nizione per la serie

Sf :=∑m∈Zn

f (m) e2πim(·),

possibilmente in modo che la serie converga spesso (si spera ad f !) rispetto aqualche opportuna norma.

Osservazione 440. In dimensione 1, per ogni N ∈ N si somma da −N ad Ne si passa poi al limite rispetto a queste somme parziali simmetriche rispettoall'origine. In più dimensioni come sommiamo?

Un'idea potrebbe essere questa: sia {Fk}k∈N ⊂ Zn una successione monotona27

di sottoinsiemi �niti di Zn tale che⋃k∈N Fk = Zn. Per ogni k ∈ N si ponga

Skf =∑m∈Fk

f (m) e2πim(·)

e si studi l'esistenza (puntuale, in norma B, ecc.) del limite per k → +∞ diSkf . Un modo un po' più semplice è �ssare un singolo insieme e poi gon�arlocon un parametro positivo.

De�nizione 441 (Corpo). Si dice che C ⊂ Rn è un corpo se C è compatto e

0 ∈◦C.

27Rispetto all'inclusione.

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 137

Osservazione 442. Quello in �gura non è un corpo, perché l'origine è sulbordo.

Notazione 443 (τC, SCτ f). Siano C ⊂ Rn un corpo, τ > 0, e f ∈ B. Si indicala τ -dilatazione di C con

τC :={y ∈ Rn

∣∣τ−1y ∈ C}.

Per ogni x ∈ Rn si de�nisce poi

SCτ f (x) :=∑

m∈Zn∩τCf (m) e2πimx.

Osservazione 444. L'idea, a questo punto, è mandare τ all'in�nito e vedereche succede. Si noti che nonostante τ sia un parametro continuo, chiaramentei salti sono discreti ed avvengono ogni volta che il corpo dilatato ingloba unpunto di Zn.

Problema 445. Per quali spazi B e per quali corpi C è vero che per ogni f ∈ Besiste il limite

limτ→+∞

∥∥SCτ f − f∥∥B = 0?

Cioè per quali B, C c'è convergenza in norma?

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 138

De�nizione 446 (Nucleo di Dirichlet di un corpo). Sia C un corpo. Si de�niscenucleo di Diriclet del corpo C la la famiglia di funzioni

{DCτ

}τ>0⊂ L∞ (Tn)

de�nita, per ogni τ > 0, da

DCτ :=

∑m∈Zn∩τC

e2πim(·).

Proposizione 447. Siano C un corpo, τ > 0 e f ∈ B. Allora

SCτ f = f ∗DCτ

Dimostrazione. Ovvia.

Osservazione 448. Valgono un po' di proprietà equivalenti analoghe a quelleviste nel caso monodimensionale. Si lascia la loro veri�ca come esercizio allettore interessato [Suggerimento: si utilizzi il teorema di Banach-Steinhaus].

Teorema 449. Sia C ⊂ Rn un corpo. Le seguenti a�ermazioni sono equiva-lenti:

1. per ogni f ∈ Blim

τ→+∞

∥∥SCτ f − f∥∥B = 0;

2. per ogni τ > 0 l'operatore

SCτ : B → B,

f 7→ SCτ f

è lineare e continuo;

3. si hasupτ>0

{∥∥SCτ ∥∥B→B} < +∞.

Inoltre

• per ogni τ > 0 ∥∥SCτ ∥∥B→B ≤ ∥∥DCτ

∥∥L1(Tn)

e vale = in L1 (Tn) e in L∞ (Tn) (dove quindi gli operatori non sonoequilimitati);

• poiché C interseca ogni asse in un segmento, per τ → +∞,∥∥DC

τ

∥∥B

haordine di convergenza almeno pari a log (τ).

Osservazione 450. Il teorema precedente a�erma che non c'è convergenza innorma né in L1 né in L∞. Cosa succede se p ∈ (1,∞)? Chiaro che se p = 2, perogni corpo c'è convergenza28. Per p 6= 2, tuttavia, la possibilità di convergenzadipenderà dal corpo C.

28Segue facilmente dalla teoria generale degli spazi di Hilbert.

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 139

Osservazione 451. Si �ssi una successione29 m ∈ `∞ (Zn). Se P : Tn → C èun polinomio trigonometrico, cioè se esiste un insieme �nito {k1, . . . , kN} ⊂ Zntale che

P =

N∑j=1

P (kj) e2πikj ·x,

si de�nisce

TmP :=

N∑j=1

m (kj) P (kj) e2πikjx.

Se P ⊂ Lp (Tn) è lo spazio dei polinomi trigonometrici, abbiamo quindi de�nitoun operatore lineare Tm : P 7→ P. A livello di coe�cienti di Fourier, per ogniP ∈ P e per ogni k ∈ Zn si ha

(TmP ) (k) = m (k) P (k) .

Da qui il nome moltiplicatori30.

De�nizione 452 (Moltiplicatore). Sia p ∈ (1,∞). Con le notazioni dell'osser-vazione precedente, si dice che m ∈ `∞ (Zn) è un moltiplicatore di Lp (Tn) seesiste cp > 0 tale che, per ogni polinomio trigonometrico P , si abbia

‖TmP‖Lp ≤ cp ‖P‖Lp ,

ovvero se l'operatore lineare Tm : P → P è continuo.

Osservazione 453. Se m è un moltiplicatore di Lp, dato che i polinomio tri-gonometrici sono densi in Lp, è possibile estendere con continuità l'operatorelineare

Tm : Lp (Tn)→ Lp (Tn)

a tutto lo spazio e la norma ‖Tm‖Lp→Lp rimane chiaramente limitata.

De�nizione 454 (Norma di un moltiplicatore). Con le notazioni dell'osserva-zione precedente, se m è un moltiplicatore di Lp, si de�nisce norma di m ilnumero reale non negativo

‖m‖Mp(Tn) := ‖Tm‖Lp→Lp .

Si scrive inoltre che m ∈ Mp (Tn) e si dice che m appartiene alla famiglia deimoltiplicatori.

Problema 455. Chi sono e che ruolo hanno i moltiplicatoriMp (Tn)? L'insie-me non si riesce quasi mai a caratterizzare31.

Proposizione 456 (Alcuni fatti sui moltiplicatori). Sia p ∈ [1,∞):

29Che ovviamente non ha nulla a che fare con coniugio di prima.30Vedi de�nizione seguente.31La caratterizzazione di questi insiemi è ancora un problema aperto.

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 140

1. in L2 si haM2 = `∞ (Zn) ;

2. se p e p′ sono esponenti coniugati, allora

Mp =Mp′ ;

3. le famiglie dei moltiplicatori sono inscatolate, i.e.

M1 ⊂Mp ⊂M2;

4. tutte leMp sono algebre di Banach rispetto al prodotto puntuale32.

Problema 457. Data f : Rn → C, esiste una funzione periodica che ne conservile proprietà? Chiaramente, dipende dalle proprietà. Comunque si vuole provarea costruire una funzione periodica a partire da una non periodica. Ad esempioper ogni x ∈ Qn si potrebbe de�nire

φ (x) :=∑k∈Zn

f (x+ k) .

Se il membro di destra è una serie convergente, certamente φ è periodica. Inquesto caso si dice che φ è la periodizzata di f . Se f è ha supporto compattoo di Schwartz, chiaramente la periodizzata è ben de�nita. Un altro modo diperiodizzare potrebbe essere il seguente. Se f ∈ L1 (Rn), si consideri la suatrasformata di Fourier f : Rn → R, la si valuti solo sugli interi e si studi laconvergenza della serie ∑

k∈Znf (k) e2πik(·).

Se questa serie converge, de�nisce una funzione periodica (ed è una serie trigo-nometrica che nasce da f|Zn ). In due modi diversi, è pertanto possibile de�nireuna funzione periodica partendo da f . C'è un risultato che dice quanto segue.

Teorema 458. Se f ∈ L1 (Rn) (condizione minima a�nché possa sperare diavere una serie di Fourier), allora

1. la seriex 7→ φ (x) :=

∑k∈Zn

f (x+ k)

converge (assolutamente) in L1, dunque φ ∈ L1 (Tn);

2. si ha‖φ‖L1(Tn) ≤ ‖f‖L1(Rn)

(la norma della periodizzata è controllata da quella della funzione di par-tenza);

32Sono cioè chiuse rispetto al prodotto puntuale e la norma del prodotto è minore o ugualeal prodotto delle norme.

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 141

3. per ogni k ∈ Zn si haφ (k) = f (k) ,

cioè la restrizione la restrizione f|Zn della trasformata di Fourier di f è ilcappuccio della periodizzata.

Osservazione 459 (Formula di Poisson). Se f ∈ S (Rn), tutte le serie nominatesopra convergono, dunque

x 7→ φ (x) =∑k∈Zn

f (x+ k) =∑k∈Zn

f (k) e2πikx.

Valuntando l'identità in x = 0 si ottiene la formula di Poisson∑k∈Zn

f (k) =∑k∈Zn

f (k) .

Osservazione 460. Nella costruzione vista in precedenza abbiamo introdotto imoltiplicatori m ∈Mp (Tn). Si vuole fare lo stesso per funzioni non periodiche.Si �ssi una distribuzione temperata m ∈ S ′ (poi scoprirà che per essere unmoltiplicatore dovrà essere limitata quindi la si immagini già così). Per ogniϕ ∈ S sia

Tmϕ := (mϕ) ,

i.e. tale che(Tmϕ) = mϕ

(esattamente come prima, in cui si usava mP come coe�ciente di Fourier). Saràvero che per ogni ϕ ∈ S

‖Tmϕ‖Lp(Rn) ≤ c ‖ϕ‖Lp(Rn)?

Se lo fosse, per densità si potrebbe estendere Tm a tutto lo spazio come unoperatore lineare continuo Tm : Lp (Rn) → Lp (Rn). Allora, analogamente aquanto visto sopra, si potrebbero de�nire i moltiplicatori m ∈Mp (Rn) e la loronorma

‖m‖Mp(Rn) := ‖Tm‖Lp→Lp .

Ci sono risultati per de�nire i moltiplicatori di Rn partendo da funzioni pe-riodiche e viceversa. Dunque lavorare con uno piuttosto che con l'altro (sottoopportune ipotesi) è più o meno equivalente.

Teorema 461. Siano C un corpo convesso in Rn e p ∈ (1,∞). Allora Lp (Tn)ammette convergenza in norma ⇐⇒ χC ∈Mp (Rn).

Osservazione 462. Il risultato precedente è del tutto inaspettato! La pri-ma proposizione riguarda funzioni periodiche, la seconda riguarda una funzioneparticolarissima ed è una cosa sostanzialmente geometrica! Eppure così è.

Fatto 463 (Sui poliedri va tutto bene). Sia C un corpo poliedrale convesso,allora per ogni p ∈ (1,+∞), χC ∈Mp (Rn).

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3.3 Serie di Fourier in più dimensioni (accenni) 142

Dimostrazione (idea vaga). Per dimostrare il teorema si usa la cosiddetta tra-sformata di Hilbert e si dimostra la tesi per un semipiano. Poi si arriva alpoliedtro come intersezione di po' di semipiani e dato che i moltiplicatori sonoun'algebra si arriva a casa osservando che il prodotto delle caratteristiche deisemipiani fa la caratteristica del poliedro.

Fatto 464. Se C è una sfera, per ogni p 6= 2, χC /∈Mp (Rn).

Dimostrazione (idea vaga). Meyer ha dimostrato il teorema in R2 disegnandoalla Euclide, poi deLeeuw ha dimostrato che �ssando una coordinata di un mol-tiplicatore, la funzione che si ottiene deve essere a sua volta un moltiplicatore.Con questa tecnica, procedendo per induzione, si fa a dimostrazione in tuttoRn.

Fatto 465. Se i corpi hanno dei pezzi �curvi� non c'è mai convergenza (comenella sfera).

Osservazione 466 (Crediti). Nello sviluppo di tutta questa teoria un altronome imporante è quello di Charles Louis Fe�erman.

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Bibliogra�a

[D-M] H.Dym e H.McKean, Fourier series and integrals, 1972;

[K] Y. Katznelson, An Introduction to Harmonic Analysis, 1976;

[Kö] T. Körner, Fourier Analysis, 1988;

[Kr] S. Krantz, A Panorama in Harmonic Analysis, 1999;

[P-W] M.C. Pereyra e L. Ward, Harmonic Analysis: from Fourier to Wavelets,2012;

[R] W. Rudin, Real and Complex Analysis, 1966;

[S-S] E. Stein e R. Shakarchi, Fourier Analysis, an Introduction, 2003;

[S-W] E. Stein e G. Weiss, Introduction to Fourier Analysis on EuclideanSpaces, 1971;

[So] P.M. Soardi, Appunti sulle Ondine;

[T] G. Tolstov, Fourier Series, 1962;

[W] T. Wol�, Lectures on Harmonic Analysis, 2003;

[W-Z] R. Wheeden e A. Zygmund, Measure and Integral, 1977.

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Indice analitico

A-convergenza, 20A-sommabilità, 20

Abel-sommabilità, 23Aliasing, 103

Base di Riesz, 107

Carattere, 7Cesaro-sommabilità, 22Coe�ciente di Fourier, 9, 17Coniugio, 121Continuità a tratti, 12Convergenza in norma, 115Convoluzione tra S ′ e S, 87Corpo, 136Costante di Lebesgue, 115Crescita temperata, 79

Decrescenza rapida, 61δ di Dirac, 78δdi Dirac, 78Derivata distribuzionale, 81Distribuzione, 76

di Heaviside, 82temperata, 76

Disuguaglianzadi Bessel, 18di Young, 114

Fatou, 128Fenomeno di Gibbs, 105Finestra di Gabor, 105Formula

di inversione in L1, 51di inversione in L2, 70di moltiplicazione in L1, 51di moltiplicazione in L2, 70

di Plancherel, 71di Poisson, 141di sommazione Poisson, 92

Frequenza di Nyquist, 102Funzione

a supporto compatto, 41armonica coniugata, 130coniugata, 121dente di sega, 9di Heaviside, 82periodica, 4test, 76

Integrale di Poisson, 31

Lemma di Riemann-Lebesgue, 14, 44Localizzazione, 50

Mappa bemolle, 122Media

di Abel, 23di Abel-Poisson, 29di Cesaro, 22, 26

Misurapolinomiale, 78

Moltiplicatore, 139Multi-indice, 43

Norma di un moltiplicatore, 139Nucleo

di Dirichlet, 13di Dirichlet (di un corpo), 138di Fejér, 26di Gauss, 53di Poisson, 29

Pairing, 80Periodizzata, 91, 140

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INDICE ANALITICO 145

Polinomio trigonometricocomplesso, 7reale, 5

Principiodi indeterminazione di Heisenbergversione qualitativa, 95versione quantitativa, 96

di uniforme limitatezza, 115Problema

di Didone, 35di Dirichlet, 32isoperimetrico, 35

Regolarità a tratti, 12Risonanza, 116

Seno cardinale, 99Serie

di Fourier, 9, 17trigonometrica complessa, 7trigonometrica reale, 6

Sistema trigonometricocomplesso, 7reale, 5

Sommabilitàalla Abel, 23alla Cesaro, 22

Spaziodelle distribuzioni temperate, 76delle funzioni a decrescenza rapi-

da, 61di Banach omogeneo, 76di Paley-Wiener, 102di Schwartz, 61seminormato, 62

Teoremadel gra�co chiuso, 121di approssimazione di Fejér, 28di Baire, 115di Banach-Alaoglu, 128di Banach-Alaoglu (sequenziale),

128di Banach-Steinhaus, 115di campionamento di Shannon, 100di Carleson, 17

di Dirichlet, 6di Dirichlet (1829), 12di Dirichlet-Abel, 6di Du Bois-Reymond, 12di Fejér, 50di Hardy, 26di Hausdor�-Young, 73di Hurwitz, 36di interpolazione di Riesz-Thorin,

74di inversione, 53di Katznelson, 17di Kolmogorov, 17di localizzazione, 16di Nyquist, 100di Plancherel, 19di Riesz, 123, 130di sommazione di Poisson, 92di sottocampionamento, 103di Tauber, 26di Whittaker, 100

Teorema diBalian-Low, 106

Test del Dini, 15Topologia

delle seminorme, 63di spazio seminormato, 63

Trasformata di Fourier, 43�45di una distribuzione temperata, 83in L2, 69in Lp, 74

Traslazione, 113di una distribuzione temperata, 85

Uguaglianzadi Parseval, 18, 68di Plancherel, 18

Valore principale, 79