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L’apprendimento dell’italiano da parte di studenti giapponesi adulti in Italia: criticità e ipotesi didattiche. 1. Introduzione Negli ultimi anni si è diffusa all’estero l’immagine dell’Italia non solo come un Paese di cultura ma anche come il Paese della moda, della gastronomia e del buon vivere, interessando alla nostra lingua e cultura un pubblico di stranieri sempre più vasto e variegato tanto che, nonostante come numero di parlanti sia solo al 16° posto, l’italiano è attualmente una lingua di grande richiamo e come L2 si attesta intorno al 4°-5° posto. La nostra è quindi una lingua che, proprio perché studiata come seconda, terza o quarta lingua, si studia spesso per scelta e non per necessità, si studia per il piacere di avvicinarsi ad una grande cultura del passato ma anche per la sua immagine accattivante di oggi. Questo fenomeno è presente anche in Giappone dove, oltre alle motivazioni culturali e strumentali di studio o di lavoro, è molto forte anche la domanda di italiano legata ai diversi prodotti enogastronomici o del Made in Italy, e l’immagine della lingua italiana è così forte che le stesse città giapponesi sono costellate di insegne che riportano italianismi o psudo-italianismi (cfr. Vedovelli 2009). A proposito della domanda di lingua italiana e quindi delle motivazioni sottostanti, Zamborlin (2006 a) suddivide gli apprendenti giapponesi in esteti, persone motivate dalla curiosità verso un Paese percepito come affascinante sotto il profilo artistico e paesaggistico, tecnici, apprendenti con motivazioni di tipo strumentale legate allo studio

Apprendimento Italiano Per Giapponesi

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Uno studio incentrato sulle metodologia di didattica dell'italiano rivolto a parlanti nativi giapponesi.Difficoltà lessicali, morfo-sintattiche, fonetiche, e non solo rendono questo estratto una preziosa risorsa

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  • Lapprendimento dellitaliano da parte di studenti giapponesi

    adulti in Italia: criticit e ipotesi didattiche.

    1. Introduzione

    Negli ultimi anni si diffusa allestero limmagine dellItalia non solo come un Paese di

    cultura ma anche come il Paese della moda, della gastronomia e del buon vivere,

    interessando alla nostra lingua e cultura un pubblico di stranieri sempre pi vasto e

    variegato tanto che, nonostante come numero di parlanti sia solo al 16 posto, litaliano

    attualmente una lingua di grande richiamo e come L2 si attesta intorno al 4-5 posto.

    La nostra quindi una lingua che, proprio perch studiata come seconda, terza o

    quarta lingua, si studia spesso per scelta e non per necessit, si studia per il piacere di

    avvicinarsi ad una grande cultura del passato ma anche per la sua immagine accattivante

    di oggi.

    Questo fenomeno presente anche in Giappone dove, oltre alle motivazioni

    culturali e strumentali di studio o di lavoro, molto forte anche la domanda di italiano

    legata ai diversi prodotti enogastronomici o del Made in Italy, e limmagine della lingua

    italiana cos forte che le stesse citt giapponesi sono costellate di insegne che

    riportano italianismi o psudo-italianismi (cfr. Vedovelli 2009).

    A proposito della domanda di lingua italiana e quindi delle motivazioni sottostanti,

    Zamborlin (2006 a) suddivide gli apprendenti giapponesi in esteti, persone motivate

    dalla curiosit verso un Paese percepito come affascinante sotto il profilo artistico e

    paesaggistico, tecnici, apprendenti con motivazioni di tipo strumentale legate allo studio

  • 2

    o al lavoro, e consumatori, persone attratte dai pi diversi prodotti italiani, dalla moda al

    calcio, dalla cinematografia al design, dallenogastronomia allopera lirica.

    In linea con questa tendenza, in Giappone sono ormai presenti corsi di italiano in

    molte universit e scuole di lingua1 e molti sono gli apprendenti adulti che vengono in

    Italia per un periodo di soggiorno che unisca turismo di qualit e studio della lingua.

    Gli studenti giapponesi che studiano italiano nel nostro Paese sono quindi

    normalmente adulti o giovani adulti che vengono in Italia per frequentare un corso di

    lingua, con un livello medio di formazione e cultura comunque elevato in quanto nella

    maggioranza dei casi si tratta di laureati che nel loro percorso formativo hanno

    conseguito anche una competenza linguistica quanto meno scolastica in lingua inglese.2

    Una volta inseriti in un corso di lingua in Italia, gli studenti nipponici - sia che si

    trovino per la prima volta ad affrontare lo studio della lingua e cultura italiana, sia che

    abbiano gi iniziato questo studio nel loro Paese in classi omogenee dal punto di vista

    linguistico e culturale con un contatto virtuale con litaliano e la sua cultura perch

    limitato al solo contesto formativo - si ritrovano in un contesto eterogeneo in classi

    multilingue dove emergono spesso forti differenze rispetto agli studenti europei o

    nordamericani che affollano questi corsi, differenze dipendenti da svariati fattori di

    ordine linguistico e culturale che spesso condizionano pesantemente il processo di

    apprendimento, rallentandolo.

    1 E possibile trovare unesaustiva descrizione del panorama dei corsi di lingua italiana in Giappone in Paolo Calvetti, 2009. 2 Da un questionario riempito da 72 giapponesi adulti e giovani adulti a Roma per un periodo pi o meno lungo, emerge nella quasi totalit dei casi una formazione a livello universitario; la maggior parte degli informanti ha dichiarato inoltre di possedere una competenza in lingua inglese, il cui studio obbligatorio nel sistema scolastico giapponese, e solo 25 informanti hanno dichiarato una competenza in altre lingue oltre linglese e litaliano.

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    Questo articolo analizza i diversi aspetti che caratterizzano lapprendente

    giapponese adulto rispetto ad altri studenti di diversa provenienza, tracciandone il

    profilo dal punto di vista cognitivo, culturale, neurolinguistico e pedagogico e

    ipotizzando delle linee di intervento didattico che facilitino il processo di insegnamento-

    apprendimento.

    2. Aspetti teorici

    La lingua cultura e nellapprendimento dellitaliano L2/LS da parte di apprendenti

    giapponesi questi studenti si trovano esposti ad una lingua e una cultura che si

    presentano molto diverse da quelle dorigine.

    Rispetto allapprendimento nel Paese dorigine, in Italia il discente si trover in una

    situazione di immersione e avr maggiori occasioni di esposizione alla lingua e alla

    cultura target. Anche se il contesto di apprendimento misto sicuramente un vantaggio,

    grazie alla ricchezza degli stimoli sia in senso qualitativo che quantitativo, questo non

    vuol dire per che la lingua e la cultura target siano sempre di facile decodifica, proprio

    per la provenienza distante sia in termini linguistici che culturali.

    Compito del docente di lingua LS/L2 facilitare lapprendimento, mettendo al centro

    del suo intervento la persona, con i suoi bisogni e le sue caratteristiche. Obiettivo ultimo

    del processo di insegnamento/apprendimento rendere lo studente autonomo attraverso

    lo sviluppo della competenza metacognitiva, in modo che esso stesso sia attore del

    proprio processo di apprendimento: lapprendente, con laiuto del docente, dovr quindi

    sviluppare quella capacit di imparare ad imparare che gli permetter di mantenere

    vivo, anche una volta che il corso sar terminato, il suo processo di apprendimento, in

    unottica di life-long learning.

  • 4

    Sappiamo che se in generale ladulto non disposto a mettere in discussione se

    stesso, esso portatore di un patrimonio di conoscenze enciclopediche che molto

    importante riuscire a valorizzare ai fini didattici, e che quindi lapprendimento

    funzione di numerose variabili, tra cui la motivazione, la disponibilit ed attitudine ad

    apprendere, lesperienza pregressa, sia scolastica e di apprendimento in generale sia

    personale, gli stili cognitivi - ovvero il modo in cui vengono percepiti, organizzati ed

    elaborati gli stimoli provenienti dallambiente - e gli stili di apprendimento - ovvero le

    strategie di acquisizione, di lettura e di memoria utilizzate nel processo di

    apprendimento. Oltre a questi aspetti, entrano in gioco anche i condizionamenti di tipo

    culturale, compresi i tab e i modelli educativi tipici della cultura di appartenenza.

    In un contesto di apprendimento formale di adulti e giovani adulti quindi

    essenziale, nel pieno rispetto della persona, tenere conto delle caratteristiche e dei

    bisogni degli studenti, e valorizzare le occasioni di esposizione alla lingua viva e le

    esperienze vissute al di fuori della classe, anche chiarendo eventuali dubbi che potranno

    sorgere relativamente alle divergenze tra la lingua standard insegnata nel corso e le

    forme colloquiali e sub-standard che gli studenti incontreranno nella vita di tutti i giorni.

    Il processo di insegnamento-apprendimento deve comunque rispettare le sequenze di

    acquisizione che si verificano in contesto di apprendimento spontaneo. Nel processo di

    apprendimento lo studente elabora delle ipotesi circa le regole di funzionamento della

    lingua target e a meno che si determini il fenomeno della fossilizzazione, spesso

    dovuta al mancato riconoscimento di nuovi bisogni comunicativi egli costruisce e

    ristruttura continuamente la sua interlingua, ovvero il sistema di regole che

    costituiscono la sua personale grammatica della L2 che via via lo avvicina alla lingua

    target, permettendo una comunicazione sempre pi efficace.

  • 5

    La linguistica acquisizionale, la prospettiva di studio che si occupa

    dellapprendimento linguistico in contesto spontaneo, ha messo in evidenza

    larticolazione in fasi del processo di apprendimento. Queste fasi, che caratterizzano il

    processo di acquisizione della lingua, si presentano in un ordine implicazionale che

    comune a tutti gli apprendenti, indipendentemente dalla tipologia linguistica di

    provenienza; il docente deve tenerne conto in modo che la proposta didattica sia

    comunque in linea con i processi cognitivi dellapprendente.

    Se quindi lordine delle sequenze di acquisizione non cambia, la linguistica

    acquisizionale ha per messo in evidenza che la distanza tipologica tra la L1 e la L2

    un aspetto critico che condiziona pesantemente lapprendimento. Tanto pi la LM e a

    LT sono tipologicamente lontane, tanto pi lapprendente incontrer difficolt

    nellapprendimento, mentre pi la LM e a LT sono tipologicamente vicine, pi i

    meccanismi di funzionamento della lingua obiettivo saranno individuati e appresi con

    facilit, spesso con acquisizione spontanea.

    E importante sottolineare che lapprendente costruisce le sue ipotesi sul

    funzionamento della lingua target partendo non solo dalla L1 ma dalle sue conoscenze

    linguistiche ovvero dalla sua competenza linguistica complessiva che data non solo

    dalla competenza in L1 ma dallinsieme dei sistemi linguistici precedentemente

    appresi.3

    Dobbiamo quindi trovare un punto da cui partire per avviare il processo di

    insegnamento-apprendimento, e questo non pu che essere dato dallinsieme di

    conoscenze linguistiche e culturali dellapprendente, ovvero dalla sua enciclopedia,

    3 A questo riguardo dobbiamo per dire che se vero che nel sistema scolastico giapponese obbligatorio lo studio dellinglese, raramente il contatto con questa lingua avviene attraverso lo stimolo di conoscenze procedurali e linsegnamento avviene soprattutto con metodo grammaticale-traduttivo (cfr. Nannini 2009).

  • 6

    dalla sua conoscenza del mondo, e da qui partire per stimolare il processo di

    apprendimento. Talvolta queste conoscenze possono essere fuorvianti o essere solo

    stereotipi ma sono comunque lo strumento che lapprendente utilizza nel suo processo

    di apprendimento, che a sua volta porter ad una ristrutturazione delle sue conoscenze,

    in un processo ciclico.

    Poich le competenze linguistiche relative alla L1 hanno un ruolo fondamentale nella

    formazione delle ipotesi circa il funzionamento della lingua target, pu essere daiuto

    conoscere almeno per grandi linee le caratteristiche della lingua giapponese per avere

    unidea pi chiara di quali difficolt incontrino questi apprendenti.

    3. Principali caratteristiche morfosintattiche della lingua

    giapponese

    Descrivere in poche pagine una lingua non certamente possibile, ma possibile

    individuare alcuni aspetti che differenziano profondamente il sistema linguistico

    giapponese da quello italiano, aspetti che danno una misura di quanto queste due lingue

    siano tipologicamente lontane e che incidono profondamente nel momento del contatto

    con la lingua italiana e la relativa cultura.

    Il giapponese una lingua agglutinante nella quale si uniscono elementi invariabili

    quali radici di verbi e di aggettivi, sostantivi, avverbi, particelle e suffissi, variabili e

    non. Questi suffissi si uniscono agli elementi invariabili senza modificarsi, assumendo

    una funzione grammaticale alla volta. Conseguentemente non ci sono preposizioni e la

    lingua costruita grazie ad un sistema di suffissi che vengono posposti agli altri

    elementi - sostantivi, aggettivi, verbi, pronomi, avverbi ecc. - determinandone la

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    funzione e il valore grammaticale; questo sistema di suffissi permette di rappresentare e

    gestire il sistema di rapporti tra i vari elementi della frase.

    Oltre ai diversi suffissi utilizzati allinterno della frase, sono presenti anche suffissi

    utilizzati alla fine della frase che oltre a sostituire la punteggiatura, ad esempio il punto

    interrogativo, permettono di esprimere anche lo stato danimo del parlante. Talvolta

    vengono utilizzati il punto interrogativo e il punto esclamativo ma si tratta di esotismi

    esterni al sistema linguistico.

    La lingua scritta un sistema misto, dove con gli ideogrammi di origine cinese

    convivono due alfabeti sillabici: i suffissi - variabili e non - vengono resi con uno di

    questi due alfabeti (cfr. capitolo Aspetti neurolinguistici della lingua giapponese parlata

    e scritta);

    Il sistema vocalico composto da cinque vocali, e diversi sono le consonanti e i

    gruppi consonantici dellitaliano che mancano nella lingua giapponese.

    Lunit fonetica base la sillaba, composta da una vocale o da una consonante e una

    vocale (cfr. id.) e lunica consonante a fine parola la N.

    Questo fa s che, oltre ad avere difficolt nella pronuncia di alcuni suoni mancanti nella

    loro lingua, i giapponesi trovano problematico pronunciare parole straniere che

    terminano con una consonante. Molte parole straniere importate vengono adattate alla

    fonetica locale pronunciando una O o una U deboli dopo la consonante, ad esempio la

    parola inglese BED stata adattata e trasformata in BEDDO.

    A differenza dellitaliano, laccento tonale e non intensivo ma come litaliano

    anche il giapponese una lingua ad isocronia sillabica.

    Lordine della frase SOV con il verbo, la copula o predicato aggettivale sempre alla

    fine della frase. Altra caratteristica fondamentale che il giapponese una lingua a

    topic, basata sulla struttura tema-rema, topic-comment, a differenza dellitaliano che

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    invece una lingua a soggetto. Questo talvolta pu rappresentare per lapprendente una

    difficolt non trascurabile a livello cognitivo. Il tema, largomento del discorso, non

    solo pu non coincidere con il soggetto grammaticale, ma pu coincidere anche con

    altri complementi. Il tema ci di cui si parla, in quanto a ed marcato dal

    suffisso WA, mentre il soggetto grammaticale marcato dal suffisso GA.

    Questa struttura fa s che esistano frasi con un doppio soggetto. Ad esempio la frase

    oggi il tempo bello in giapponese diventa:

    Kyoo WA tenki GA ii (desu)

    Oggi WA tempo GA buono ()

    in quanto ad oggi il tempo () buono

    dove buono si riferisce sia al tempo che ad oggi.

    Dalla struttura WA GA, e dal fatto che tutti gli elementi che modificano il nome lo

    precedono, discende che la frase relativa che modifica il nome cui si riferisce lo

    precede e che quindi non esistono pronomi relativi.

    Il nome non accompagnato dallarticolo e non ha n numero n genere, i quali

    vengono espressi con apposite costruzioni. Non essendoci articoli, per un giapponese

    difficile comprendere che in italiano questi hanno una funzione e conseguentemente il

    loro uso risulta particolarmente critico4.

    Laggettivo viene coniugato in modo simile al verbo, e come il verbo ha il tempo,

    passato o non passato; un aggettivo da solo pu formare un sintagma verbale, senza

    essere accompagnato da nessun verbo. Quindi il corrispondente giapponese del nostro

    verbo essere in realt ha una funzione non sovrapponibile a quella della nostra copula.

    4 Cfr. Mika Maruta, Acquisizione e uso degli articoli dellitaliano da parte di studenti giapponesi, in Silvana Ferreri (a cura di) Plurilinguismo, multiculturalismo, apprendimento delle lingue: confronto tra Giappone e Italia, Viterbo, Settecitt, 2009.

  • 9

    I pronomi solo in parte si differenziano per il genere e anche in questo caso per

    indicare il numero si ricorre ad apposite costruzioni; inoltre non esistono pronomi

    negativi.

    Il soggetto normalmente sottinteso e c una tendenza generale a sottintendere, in

    particolare quanto gi si sa, e poich sostantivi e verbi non veicolano linformazione del

    genere e del numero, una frase giapponese pu sembrare ai nostri occhi molto meno

    esplicita della corrispondente frase italiana.

    La frase sempre costruita tenendo conto del contesto relazionale. In accordo con il

    contesto e i rapporti che legano le persone, cambiano vari elementi dando luogo al

    linguaggio onorifico, umile, cortese o piano; sono presenti anche suffissi tipici del

    linguaggio femminile e del baby-talk. Ad esempio uno studente pi giovane si rivolger

    allo studente anziano con linguaggio cortese, mentre questultimo si rivolger al pi

    giovane con linguaggio piano (neutro). A fronte di un uso cos codificato dei diversi stili

    nella propria lingua, talvolta gli apprendenti giapponesi si trovano in difficolt davanti

    alla scelta piuttosto variabile, con differenze spesso marcate anche tra una regione e

    laltra, fatta dagli italiani tra il tu e il Lei.

    I verbi non distinguono persona e numero ma tempo, aspetto, diatesi e modalit,

    ovvero latteggiamento del parlante verso i fatti o le azioni espresse dal verbo

    (asserzione, congettura, possibilit, convinzione, ecc.). I tempi verbali sono solo due,

    passato e non passato, e un verbo sempre accompagnato da un complemento. Anche

    se il verbo non indica persona e numero, c una forte tendenza ad omettere i pronomi e

    il soggetto. E evidente quanto possa apparire complesso il sistema verbale italiano.

    La copula DESU ha una funzione diversa dal verbo essere in italiano, non ununit

    autonoma e indica equivalenza pi che esistenza; una frase grammaticalmente corretta

    anche con il solo aggettivo e DESU viene usato per marcare come linguaggio cortese

  • 10

    una frase che grammaticalmente non ha bisogno della copula. Inoltre lesistenza

    espressa con un verbo diverso se si tratta di persone o animali o se si tratta di cose

    inanimate o animali morti.

    Da queste poche notazioni evidente quanto le due lingue siano profondamente

    diverse e quali difficolt di apprendimento ne possano derivare. Ma oltre alle difficolt

    puramente linguistiche dobbiamo tenere anche conto degli aspetti culturali.

    4. Cultura e lingua

    Lapprendimento dellitaliano in et adulta fa s che, rispetto a quello che avviene

    con i bambini, ci sia un forte legame identitario e psicologico con la lingua e la cultura

    di partenza, legame che pu innescare un forte filtro affettivo, limitando

    lapprendimento della L2. Questo particolarmente vero quando la lingua e la cultura

    target sono molto distanti da quelle di partenza, per cui nel momento del contatto con la

    nuova lingua e cultura , invece del nascere di una terza cultura autonomamente scelta e

    costruita dal soggetto, si pu verificare una reazione di rifiuto.

    Rifacendoci al noto modello di Hofstede, la cultura intesa nel pi ampio senso del

    termine - definibile come la programmazione collettiva della mente, programmazione

    che inizia dalla pi tenera infanzia nella famiglia e continua nella scuola e nella

    comunit di appartenenza. La cultura in quanto condivisa quindi un fenomeno

    collettivo e in essa rientrano anche gli aspetti pi quotidiani ed ordinari che

    caratterizzano una collettivit: i saluti, il cibo, il mostrare o meno i sentimenti, la

    distanza fisica tenuta dallaltro e tutti gli aspetti fisici, compresi quelli afferenti la sfera

    sessuale e ligiene personale. Al centro di una cultura vi sono i valori, tendenze generali

    a preferire un certo stato di cose rispetto ad un altro. I valori non sono visibili e quindi

  • 11

    osservabili ma lo diventano nel momento in cui si estrinsecano in pratiche simboli,

    eroi e riti che sono quindi manifestazioni visibili della cultura.

    Come vedono la nostra cultura i giapponesi rispetto alla propria? Al di l del fascino

    esercitato dal Made in Italy o dalla nostra arte, come ci percepiscono? Ridurre in poche

    pagine un confronto culturale come questo sicuramente riduttivo, ma largomento

    per rilevante ai fini dellargomento di questo lavoro.

    Sollecitata in merito a questo aspetto, una studentessa giapponese ha definito la sua

    cultura come una linea continua e quella italiana come una linea formata da punti: nella

    sua cultura le persone sono tra loro tutte collegate, come se si tenessero per mano,

    mentre nella cultura italiana ognuno fa riferimento a se stesso, ogni individuo

    indipendente dagli altri.

    Hisayasu Nakagawa, studioso dellIlluminismo francese, in Introduzione alla cultura

    giapponese, saggio di antropologia reciproca, (2005) parlando delle differenze che

    intercorrono tra la cultura giapponese e quella francese fa una descrizione analoga:

    A Parigi, la buona volont giapponese non esiste.

    Per esempio, quando ero professore in un' universit parigina, a volte dovevo necessariamente

    mettermi in contatto con un responsabile della segreteria. E la segreteria di quella universit

    come un alveare, con uffici tutti indipendenti gli uni dagli altri. Telefonavo a quel tale, ed era

    spesso assente. Era sostituito da una segretaria che, quando lui non c'era, era a sua volta

    uscita. Per sapere quando sarebbe tornata, telefonavo ad altre persone, che sempre mi

    rispondevano: Non so.

    All'universit giapponese dove attualmente lavoro, invece, la segreteria della facolt di Lettere

    insediata in un grande locale in cui lavorano una ventina di persone. Se qualcuno chiede

    informazioni sul concorso di ammissione alla facolt, e il o la responsabile uscito/a, ci sar

    sempre qualcuno facente parte del personale di servizio o dell'economato che risponder al suo

    posto, dicendo perlomeno a che ora sar possibile mettersi in contatto con la persona

    desiderata. La segreteria reagir dunque come un animale unicellulare, dotato di un'unica

    volont, laddove in Francia il suo omologo si comporta come un aggregato di numerosi animali

  • 12

    dotati, ciascuno, di una volont particolare. La differenza tra queste due segreterie si ritrova a

    vari livelli di entrambe le societ.

    Questa organizzazione unicellulare giapponese, ciascun elemento della quale reagisce agli

    stimoli esterni e in nome dell'organizzazione totale, veglia gelosamente a mantenere

    l'uguaglianza di tutte le parti. In essa sono insomma riconoscibili l'egualitarismo e la democrazia

    giapponesi, in cui regna l'uniformit. Tutti i giapponesi sono assai sensibili a questo clima

    uniformatore e alla sua meravigliosa capacit di identificazione; e sono pronti ad adattarvisi

    immediatamente. Tuttavia, in un clima siffatto non verr per niente apprezzato che un individuo

    si affermi come indipendente dalla totalit, la quale a volte dar prova di animosit verso colui

    che se ne distingue.

    Capita tuttavia di leggere nei giornali giapponesi l'elogio di ricercatori nipponici che hanno

    ottenuto eccellenti risultati all'estero (in particolare premi Nobel) e constatare che i giornalisti

    parlano con fierezza del successo giapponese. In realt, per, questo fenomeno non fa che

    tradurre il fallimento giapponese, dal momento che quei ricercatori non potrebbero manifestare

    il loro talento nella societ giapponese, il cui egualitarismo uniformatore esclude ogni forma di

    originalit.

    Nakagawa individua poi unaltra caratteristica della lingua/cultura giapponese che la

    differenzia profondamente da quelle europee: il lococentrismo.

    A differenza della lingua italiana dove lio unentit definita a priori ed

    indipendente dal contesto, in giapponese lio definito dal suo rapporto con laltro.

    Nakagawa fa il seguente esempio:

    Supponiamo che un bambino sia spaventato da un grosso cane. Per rassicurarlo gli andrei

    vicino e gli direi, in francese: N'ayes pas peur, ne pleure pas, je suis avec toi (non aver paura,

    non piangere, io sono con te), In giapponese, gli direi invece, traducendo alla lettera: Non

    aver paura, non piangere, il tuo piccolo padre con te, qualificandomi nei suoi confronti come

    il suo piccolo padre (ojisan, in giapponese). L'''io'' definito, in funzione della circostanza, dal

    suo rapporto con l'altro: la sua validit occasionale, al contrario di quanto accade nelle lingue

    europee, dove l'identit si afferma indipendentemente dalla situazione.

  • 13

    La stessa studentessa che ha definito la sua cultura come una linea continua e quella

    italiana come una linea formata da punti ha manifestato deciso fastidio nei confronti di

    quello che lei avverte come un continuo IO! IO! IO!

    Queste osservazioni fanno pensare che la lingua italiana presenti delle caratteristiche

    che per un giapponese possono comportare degli ostacoli allapprendimento che vanno

    ben al di l delle semplici difficolt morfosintattiche e che il modo di vedere la realt sia

    caratterizzato in maniera profondamente diversa, comportando il rischio che si verifichi

    un vero e proprio shock culturale e quindi una pi o meno forte resistenza ad accettare

    la cultura target.

    A fronte di queste difficolt, bisogna per dire che nella cultura giapponese molto

    rispettata limmagine del maestro e dellinsegnante e tradizionalmente listruzione

    sempre stata tenuta in grande considerazione. NellEra Tokugawa (1603-1867), quando

    il paese era completamente isolato dal resto del monto e la popolazione divisa in caste,

    listruzione era ritenuta cos importante da essere la chiave per lascesa sociale dalle

    classi inferiori alla casta guerriera e dopo la Rivoluzione Meiji (1867-1868) che apr il

    Giappone allOccidente una delle prime preoccupazioni del Governo fu proprio la

    riforma scolastica che port la percentuale della popolazione in et scolastica che

    ottemperava allobbligo dellistruzione elementare dal 28% nel 1873 al 98% nel 19045.

    Possiamo quindi dire che, come evidenziato dal passo di Nakagawa, la cultura

    nipponica caratterizzata da una forte tendenza ad uniformare, tendenza che talvolta si

    scontra con i modelli glottodidattici pi avanzati.

    Per un apprendente giapponese adulto un modello didattico centrato sul docente,

    vaso pieno che riempie i vasi vuoti rappresentati dagli studenti, caratterizzato da una 5 Cfr. Michio Morishima, Cultura e tecnologia nel successo giapponese, Il Mulino, Bologna, 1982. Queste percentuali sono ancora pi significative se paragonate con quelle italiane: nel 1906 in Italia solo il 53% dei bambini tra i 6 egli 11 si iscriveva alla scuola elementare (cfr. De Mauro T., Storia linguistica dellItalia unita, Laterza, Roma-Bari, 1963-1970).

  • 14

    presentazione della grammatica deduttiva e dai classici esercizi di trasformazione,

    chiaramente pi bene accetto e rassicurante di un modello che sposta il fulcro del

    processo di apprendimento sullapprendente, considerato il vero artefice del processo di

    apprendimento, e che richiede un suo ruolo attivo in una classe intesa come universo di

    socialit dove si realizzano quellinterazione sociale e quegli scambi comunicativi che

    sono i veri fulcri del processo di apprendimento.

    Infatti in Giappone il metodo di studio delle lingue straniere essenzialmente

    improntato al metodo grammaticale-traduttivo e al cosiddetto yakudoku (yaku tradurre,

    doku leggere). Secondo Zamborlin (2003) lo yakudoku pi di un metodo, uno stile

    di apprendimento istituzionalizzato che viene appreso dagli studenti nei primi anni della

    loro formazione scolastica e che condiziona lapproccio degli studenti giapponesi alle

    lingue straniere. Lo yakudoku si presenta come una tecnica di lettura in lingua straniera

    basata sulla comprensione di ogni singolo elemento della frase che viene quindi tradotta

    parola per parola e poi riassemblata secondo lordine della frase giapponese.

    Questa tecnica, cos lontana da ogni approccio moderno alla lingua straniera vista

    come strumento dazione, nasce anche dalle vicende storiche di un Paese che, dopo

    essere rimasto impenetrabile ad ogni scambio con lesterno per oltre 250 anni, vedeva

    nei testi tecnici e scientifici stranieri lo strumento per imparare dagli altri ed

    ammodernarsi in breve tempo.

    Tradurre parola per parola e ricostruire il significato in senso inverso fa perdere il

    significato globale, sovverte tutte le scoperte fatte sui principi di bimodalit e

    biderezionalit, e si basa sullassunto chiaramente non veritiero che le differenze tra

    due lingue possano limitarsi allordine sintattico dei rispettivi elementi. Questi limiti,

    cos evidenti nella lingua scritta, sono ancora pi lampanti per lascolto, nel quale non

    chiaramente possibile ascoltare e ricostruire il senso a ritroso.

  • 15

    Questi metodi e stili di apprendimento non sono stati sostituiti da altri pi moderni

    anche perch gli esami di ammissione alluniversit presentano esami di inglese basati

    proprio su traduzioni dallinglese al giapponese e test che mirano a valutare la

    conoscenza delle regole grammaticali e non la competenza socio-linguistica e

    pragmatica.

    Per, come abbiamo visto, la figura dellinsegnante e listruzione in genere sono

    tenuti in grande considerazione e quindi il docente pu fare leva su questo aspetto per

    rendere lapprendente consapevole delle motivazioni per le quali ad un modello centrato

    sul docente preferibile un modello glottodidattico centrato sullapprendente che miri al

    saper fare con la lingua e non solo al sapere la lingua, anche se questo spesso pu vuol

    dire mettere in discussione e superare i modelli formativi vissuti nella propria

    esperienza personale.

    Ovviamente il docente dovr raggiungere questo obiettivo in maniera graduale,

    rispettando sempre lo studente nella sua individualit, quindi la cultura di provenienza,

    il precedente percorso formativo e le sue esperienze.

    Questo non vuol dire che gli esercizi grammaticali classici debbano essere banditi,

    ma che, se gli esercizi di trasformazione possono trovare un valido utilizzo nella fase di

    fissazione della regola o in quella di un eventuale rinforzo, la classe rimane il momento

    centrale del processo di apprendimento, apprendimento che si realizza nel momento in

    cui la lingua viene usata attivamente nellesecuzione di attivit linguistiche, quando

    lapprendente mette in atto tutte le strategie a sua disposizione per raggiungere uno

    scopo comunicativo.

    Da tutte le considerazioni fatte possiamo immaginare quanto lo studio dellitaliano

    sia molto pi complesso per un apprendente giapponese rispetto ad uno studente di

  • 16

    lingua e cultura pi vicine alla nostra. Egli si trova davanti un sistema linguistico e

    culturale profondamente diverso sotto molti punti di vista e nellincontro con il testo,

    modello di lingua e stimolo allapprendimento, si trover in una posizione di svantaggio

    rispetto agli altri studenti della classe, europei, anglofoni o ispanofoni, che invece

    possono contare su un maggior numero di preconoscenze sia in termini di lessico, per la

    presenza di un lessico comune alle lingue europee, sia in termini culturali, in quanto la

    cultura di appartenenza condivide con la cultura italiana almeno una parte delle sue

    radici, quali quelle giudaico-cristiane o greco-latine, permettendo quindi una pi

    immediata comprensione della cultura target.

    Per gli apprendenti giapponesi - e specialmente per quelli che non hanno alcuna

    competenza in altre lingue romanze o europee e nelle relative culture che possa fare in

    qualche modo da tramite con la lingua e cultura target - il carico cognitivo, a parit di

    contenuti, sar nettamente superiore rispetto a quello degli studenti di origine

    occidentale , in quanto molti saranno gli aspetti morfosintattici, lessicali e culturali che

    appaiono nuovi e di difficile decodifica, per cui spesso non sufficiente dire in italiano

    si dice cos oppure in Italia cos.

    In generale, nel processo di insegnamento, il docente deve scegliere con cura i

    contenuti da presentare sotto tutti gli aspetti, linguistico, sociolinguistico, pragmatico e

    culturale, in modo che gli elementi nuovi non siano preponderanti rispetto agli elementi

    noti s da bloccare il processo di formazione delle ipotesi sul funzionamento della

    lingua. Per, in contesto formale in Italia, il docente spesso si trova a gestire una classe

    multilingue e multiculturale prevalentemente formata da apprendenti che per la loro

    provenienza si trovano in una posizione di vantaggio nella decodifica della lingua e

    cultura target rispetto agli studenti di provenienza pi distante; conseguentemente gli

    apprendenti giapponesi, che nel gruppo classe rappresentano normalmente una

  • 17

    minoranza, spesso si trovano in difficolt e non sempre per il docente agevole

    conciliare le esigenze degli uni e degli altri.

    Questa situazione rischia di avvalorare la convinzione diffusa tra i giapponesi di

    avere una scarsa attitudine per lapprendimento linguistico (cfr. Zamborlin 2003) e

    quindi ridurre in partenza la motivazione allapprendimento.

    5. Aspetti neurolinguistici della lingua giapponese parlata e scritta

    Un'altra prospettiva da tenere in considerazione quella neurologica.

    Lapprendimento in generale, e quindi anche lapprendimento di una lingua, sia essa la

    lingua madre o una lingua seconda o straniera, si realizza grazie allo strumento del

    cervello: conoscere il suo funzionamento, poterlo vedere da dentro esplorando il

    funzionamento dei circuiti neurali essenziale per poter facilitare il percorso di

    apprendimento. Per questo fondamentale il ruolo delle neuroscienze che hanno

    permesso di fare grandi passi avanti nella comprensione della mente umana e dei

    processi di apprendimento, facendo chiarezza su convinzioni ereditate dal passato,

    confermandone alcune e confutandone invece altre.

    Un aspetto fondamentale del funzionamento del cervello che stato chiarito grazie

    alle neuroscienze che non solo lemisfero destro e lemisfero sinistro sono

    comunicanti - mentre un tempo si riteneva che non lo fossero - ma che essi comunicano

    equilibrando in maniera complementare le loro funzioni.

    In particolare ormai da tutti riconosciuto che lemisfero sinistro specializzato nei

    processi di elaborazione simbolica e analitica, compreso quindi il linguaggio, mentre

    lemisfero destro specializzato in compiti di elaborazione spaziale e percettiva. Questa

  • 18

    lateralizzazione delle funzioni non per assoluta e anche lemisfero destro svolge un

    ruolo importante ai fini del linguaggio, in particolare nella elaborazione del linguaggio

    figurato e degli aspetti prosodici, quali lintonazione e lintensit. Ci si chiesti allora

    se le particolarit di un sistema linguistico possano influenzare il cervello e determinare

    meccanismi di funzionamento peculiari, riscontrabili nei parlanti una certa lingua ma

    non in popolazioni con diverso sistema linguistico e cultura. Questa lipotesi

    presentata da Tadanobu Tsunoda, un otologo giapponese che si occupato fin dagli

    anni 60 del secolo scorso di ricerche sul funzionamento del cervello a fronte di stimoli

    uditivi giungendo alla conclusione che i giapponesi elaborano tali stimoli in modo

    diverso dagli occidentali a causa del loro particolare sistema linguistico che determina

    una diversa distribuzione delle funzioni linguistiche tra i due emisferi.

    5.1 Gli studi di Tsunoda sulla lateralizzazione degli stimoli uditivi nei

    giapponesi

    Tsunoda, analogamente ad altri studiosi, ha svolto ricerche sulla diversa risposta dei

    due emisferi a stimoli sonori diretti alle due orecchie. Partendo dal presupposto che

    lorecchio destro collegato con lemisfero sinistro, ritenuto la sede del linguaggio,

    mentre lorecchio sinistro collegato allemisfero destro, ritenuto sede delle percezioni

    globali e spaziali, Tsunoda ha sottoposto a test un gran numero di soggetti utilizzando

    unapparecchiatura appositamente progettata denominata Tsunoda key tapping test

    apparatus che permette di verificare la reazione del soggetto ad uno stimolo uditivo.

    Lapparato invia uno stimolo sonoro - un tono puro, un suono bianco o una vocale

    ad entrambe le orecchie e il soggetto invitato a replicarne il ritmo premendo un tasto

    del Tsunoda key tapping test apparatus. Successivamente tale stimolo viene

    gradualmente modificato per una delle due orecchie, ritardandolo o aumentandone

  • 19

    lintensit rispetto allaltro orecchio e il soggetto viene invitato a continuare a replicare

    il ritmo ignorando il secondo stimolo alterato. Via via che i due stimoli divergono,

    emerge la difficolt del soggetto di riprodurre correttamente il ritmo. Questi studi

    condotti dal 1965 in poi hanno portato alla conclusione che nei giapponesi che vivono

    in Giappone e che non sono esposti ad unaltra lingua di regola vi predominanza

    dellemisfero destro per quanto riguarda lelaborazione di toni puri e suoni bianchi, e

    predominanza dellemisfero sinistro per quanto riguarda invece le vocali, anche se una

    certa percentuale dei soggetti studiati ha mostrato dati inversi e alcuni soggetti dati del

    tutto asimmetrici. Inizialmente tali dati discordanti sono stati ritenuti dovuti a traumi,

    ma poi si visto che nei soggetti ritenuti normali possibile modificare la dominanza

    degli emisferi grazie a stimoli emotivi o sotto linfluenza di unaltra lingua.

    Dopo alcuni anni, nel 1971, Tsunoda ebbe modo di confrontare i risultati dei suoi

    studi con quelli dello studioso statunitense Liberman che aveva condotto ricerche

    analoghe negli Usa. Tsunoda e Liberman scoprirono di essere pervenuti a risultati

    divergenti riguardo lemisfero coinvolto a fronte di stimoli vocali. Tsunoda, che aveva

    studiato esclusivamente soggetti giapponesi, era arrivato alla conclusione che le vocali

    erano processate con lemisfero sinistro, mentre Liberman, che aveva studiato soggetti

    occidentali, era arrivato alla conclusione che le vocali erano processate con lemisfero

    destro. Incuriosito dai risultati cui era pervenuto Liberman, Tsunoda ripet i suoi

    esperimenti con soggetti occidentali che vivano a Tokyo e giunse alle medesime

    conclusioni del collega americano, ovvero che gli occidentali processano le vocali con

    lemisfero destro e non con lemisfero sinistro come i giapponesi.

    Lillustrazione seguente, fig. 1, tratta da Tsunoda T., 1985, The Japanese brain :

    uniqueness and universality, mostra la lateralit dei giapponesi confrontata con quella

    degli occidentali: la differenza principale riguarda appunto le vocali, il cervello

  • 20

    giapponese processa le vocali come un suono verbale e quindi con lemisfero sinistro

    mentre il cervello occidentale le processa come suono non verbale e quindi con

    lemisfero destro.

    Fig. 1

    Per capire se queste differenze fossero dovute a fattori genetici o

    ambientali,Tsunoda ripet i suoi esperimenti con giapponesi di seconda e terza

    generazione che vivano allestero, e la conclusione fu che questi soggetti presentavano

    dominanza dellemisfero destro per quanto riguardava le vocali, analogamente agli

  • 21

    occidentali. Si faceva quindi strada lidea che questa differenza dovesse essere

    determinata da aspetti linguistici e non da aspetti genetici, anche perch i giapponesi

    che vivevano allestero ma che avevano imparato la lingua giapponese prima dei nove

    anni di et presentavano relativamente alle vocali una dominanza dellemisfero sinistro

    come i giapponesi in Giappone.

    Altro risultato interessante fu che anche i giapponesi non vedenti, che quindi non

    potevano n leggere n scrivere in giapponese, presentavano lo stesso schema dei

    soggetti giapponesi normali, per cui la conclusione fu che questo particolare schema

    cerebrale era dovuto alla lingua parlata e non alla lingua scritta.

    Tsunoda arriv alla conclusione che questa diversa lateralit riscontrata nei

    giapponesi dovuta alla particolare rilevanza delle vocali nella lingua giapponese. In

    questa lingua a parte la sola lettera N nessuna consonante viene pronunciata da sola

    (cfr. par. 3) , e i giapponesi hanno difficolt a pronunciare correttamente le parole

    straniere che presentano sillabe chiuse, mentre esistono un gran numero di parole,

    sostantivi, aggettivi e verbi, composti da sole vocali, oltre a moltissime parole composte

    da una vocale pi una consonante pi una vocale. Tsunoda si chiese quindi se

    esistevano altre lingue con un analogo uso delle vocali e poich la lingua polinesiana

    presenta tali caratteristiche Tsunoda sottomise ai suoi test alcuni polinesiani e maori che

    avevano imparato linglese dopo i nove anni di et, riscontrando la stessa

    lateralizzazione normalmente evidenziata nei soggetti giapponesi.

    Quindi Tsunoda ha concluso che sia per i giapponesi che per i polinesiani le

    vocali sono suoni verbali e come tali vengono elaborati dallemisfero sinistro, mentre

    per gli occidentali le vocali sono suoni non verbali e quindi vengono elaborate

    allemisfero destro.

  • 22

    Inoltre Tsunoda arrivato alla conclusione che se il soggetto viene esposto a due

    suoni diversi contemporaneamente, per il nostro cervello il suono percepito come

    verbale predominante rispetto al suono percepito come non verbale: per i giapponesi

    sia una sillaba che una vocale, percepite entrambe come stimoli sonori verbali,

    risultano predominanti rispetto ad un tono puro o un suono bianco, mentre per un

    occidentale la sillaba predominante sia rispetto ai toni puri e ai suoni bianchi sia alle

    sole vocali.

    Successivamente Tsunoda, superando la prassi di laboratorio che utilizza per

    questo genere di studi solo suoni artificiali, ha ripetuto i suoi test utilizzando suoni della

    natura, quale il canto dei grilli, il rumore del vento o dello onde ed giunto alla

    conclusione che i giapponesi processano anche questi suoni con lemisfero sinistro,

    come se si trattasse di suoni con rilevanza verbale.

    Nelle seguenti illustrazioni tratte da Tsunoda T., 1985, The Japanese brain :

    uniqueness and universality illustrata la diversa lateralizzazione dei suoni tra i due

    emisferi cos come si presenta nei giapponesi e negli occidentali.

  • 23

    Fig. 2 Diversa lateralizzazione nei giapponesi e negli occidentali

  • 24

    Quindi Tsunoda ne ha dedotto che nei giapponesi lemisfero sinistro (the Verbal

    brain) molto pi carico di informazioni rispetto allemisfero destro (the Musical brain)

    rispetto a quanto si riscontra negli occidentali, i quali elaborano con lemisfero sinistro

    solo le parole e le sillabe, ovvero i suoni da loro percepiti come verbali.

    In conclusione, questi studi dimostrano che la lateralizzazione delle funzioni

    cerebrali non dipende solo da aspetti genetici, da meccanismi insiti nel cervello stesso,

    ma che pu essere modificata anche da fattori esterni, ambientali, quali la lingua parlata,

    e che nella ricezione orale lemisfero sinistro dei parlanti giapponesi in maniera diversa

    da quello che avviene per i parlanti di altre lingue.

    5.2 Peculiarit del sistema di scrittura giapponese

    Le particolarit della lingua giapponese non si fermano per alla lingua parlata e

    come Tsunoda si occupato delle relazioni tra funzioni cerebrali e stimoli sonori, altri

    studiosi si sono interessati agli aspetti neurologici connessi al particolare tipo di

    scrittura di questa lingua.

    Il sistema di scrittura della lingua giapponese si caratterizza per luso di tre sistemi

    simbolici, il sistema dei Kanji o ideogrammi cinesi e i due alfabeti sillabici dei kana,

    Hiragana e Katakana (fig.3)

  • 25

    Fig. 3 da Mecacci L., 1984, Identikit del cervello

    Questi tre diversi sistemi vengono usati nel giapponese scritto in combinazione tra

    loro, insieme allalfabeto latino e ai numeri arabi, non come sistemi alternativi, ma

    congiuntamente, cosicch per scrivere e leggere questa lingua necessario conoscere sia

    il sistema degli ideogrammi cinesi che i due alfabeti sillabici Hiragana e Katakana, con

    un notevole sforzo di apprendimento per i giapponesi stessi. Limpegno per dominare

    un sistema cos complesso tale che la conoscenza degli ideogrammi evidentemente

    correlata al livello di scolarizzazione e di cultura del singolo.

    Kana

    A differenza dei kanji che rappresentano un concetto, i kana sono caratteri grafici

    che rappresentano una sillaba formata da una vocale o da una consonante pi una

    vocale, e a parte limitate eccezioni vi una perfetta corrispondenza biunivoca tra segno

    grafico e pronuncia. Esistono due alfabeti sillabici, Hiragana e Katakana (fig.3),

    perfettamente equivalenti nel rappresentare le sillabe ma diversi nellambito uso: il

    sistema sillabico Katakana usato per la trascrizione di parole straniere, compresi i

    nomi propri, nonch per dare enfasi a frasi o singole parole, analogamente a quanto

  • 26

    avviene per litalico o il grassetto nelle lingue occidentali, mentre il sistema sillabico

    Hiragana utilizzato in tutti gli altri casi in cui si scrive una sillaba e non un Kanji.

    Kanji e kana sono entrambi indispensabili: se vero che si pu scrivere qualsiasi parola

    in kana cosa che per di fatto fa solo un bambino allinizio della prima elementare

    non tutto pu essere scritto in kanji.

    Fig. 3 Hiragana e Katakana

  • 27

    In generale il sistema sillabico Hiragana utilizzato per rappresentare congiunzioni

    e morfemi grammaticali (suffissi, flessioni verbali). Alcune parole, ad esempio alcuni

    avverbi, possono essere scritte con uno o pi kanji pi un kana, o interamente con i

    kana, operando una scelta di tipo stilistico: in ambito formale si preferisce lutilizzo

    degli ideogrammi, in ambito informale si ricorre pi facilmente ai kana. Solo alcune

    parole possono essere rese con un solo ideogramma, normalmente una parola viene resa

    con due o pi ideogrammi, e solo alcune parole vengono scritte in kana perch non

    esiste un kanji corrispondente. Questo sistema Kanji/Kana quindi caratterizzato da un

    effetto legato al ruolo delle diverse componenti, dove i kanji rappresentano sostantivi o

    radici di verbi e aggettivi e i kana rappresentano morfemi grammaticali.

    Anche se qualsiasi parola pu essere scritta in kana, scrivere in kana ci che

    scritto normalmente in kanji porta ad un effetto di straniamento e spesso a difficolt di

    comprensione del testo, anche perch unaltra peculiarit del giapponese scritto il non

    utilizzo degli spazi tra una parola e laltra, per cui non possibile applicare al

    giapponese la definizione di parola come ci che appare tra due spazi. Proprio perch

    difficile definire cosa si intende per parola, in ambito accademico si parla di saggi di

    un determinato numero di caratteri, cos come in occidente si parla di saggi di un

    determinato numero di parole.

    Unaltra caratteristica peculiare del giapponese la possibilit di essere scritto

    indifferentemente sia verticalmente dallalto verso il basso procedendo da destra verso

    sinistra, sia secondo lordine occidentale, in orizzontale, da sinistra a destra e dallaltro

    verso il basso. La scelta dipende da molti fattori, tra cui il grado di formalit del testo,

    let dello scrivente o il contesto, ad esempio scolastico o letterario.

  • 28

    Kanji

    Kanji significa letteralmente caratteri (Ji) degli Han (Kan) ed infatti il sistema degli

    ideogrammi stato mutuato dalla dinastia cinese Han a partire dal V secolo d.C.

    I giapponesi non avevano un sistema di scrittura proprio ed adottarono il sistema di

    scrittura cinese adattandolo alla grammatica e alla fonetica proprie. Nel tempo poi Cina

    e Giappone hanno semplificato in modo diverso gli ideogrammi e attualmente gli

    ideogrammi giapponesi sono pi vicini al cinese classico di quanto non lo siano gli

    ideogrammi attualmente utilizzati in Cina.

    Un kanji normalmente non rappresenta una parola, ma un concetto, ovvero un kanji

    portatore di un significato, con trasparenza semantica. Solo in alcuni casi per scrivere

    una parola sufficiente un solo ideogramma, normalmente ogni parola composta da

    due o pi ideogrammi, ed un kanji pu essere utilizzato per indicare la radice di un

    verbo o di un aggettivo.

    I kanji hanno due ordini di lettura dette on-yomi (lettura on) di origine cinese e kun-

    yomi (lettura kun) di origine giapponese. La lettura on deriva dalla lettura cinese dei

    kanji ed utilizzata nei composti ovvero nelle parole formate da pi di un ideogramma.

    La lettura kun viene utilizzata quando lideogramma viene utilizzato come parola

    autonoma a s stante. In pratica la lettura on di origine cinese viene utilizzata per

    formare i composti, cos come nelle lingue europee vengono utilizzati elementi latini e

    greci.

    Un esempio pu essere rappresentato dalle seguenti parole giapponesi:

  • 29

    Parola

    in kanji

    Pronuncia Significato

    letterale

    Corrispondente

    inglese

    Etimologia

    inglese

    Corrispondente

    italiano

    kyoosuibyoo Paura-acqua-

    malattia

    hydrophobia Greco idrofobia

    suizokukan Acqua-famiglia-

    costruzione

    aquarium latino acquario

    suisha Acqua-ruota water wheel anglosassone ruota idraulica

    In tutte e tre queste parole composte appare, abbinato ad altri, il kanji , acqua,

    portatore della lettura on-yomi sui e della lettura kun-yomi mizu. Il meccanismo di

    creazione delle parole con pi di un ideogramma particolarmente evidente nella

    traduzione del termine italiano idrofobia, , kyoosuibyoo, composto dagli

    ideogrammi paura-acqua-malattia, dove appare evidente la trasparenza semantica degli

    ideogrammi.

    Sempre in relazione allaspetto semantico, un'altra particolarit dei kanji di essere

    classificati in base ai radicali. Un radicale una parte del kanji la quale deriva da un

    altro kanji (in taluni casi radicale e kanji coincidono), pu essere un kanji stilizzato, o

    scritto in piccolo. Il radicale fondamentale sia per la classificazione del kanji sia

    perch la parte che d al kanji il valore semantico. Ad esempio lideogramma ,

    acqua, come radicale viene stilizzato in e tutti gli ideogrammi che lo comprendono

    hanno una qualche relazione con lacqua. Ad esempio il kanji che contiene questo

    radicale indica la corrente.

    La figura 4, tratta da Paradis Michel, Hagiwara Hiroko, Hildrebrandt Nancy, 1985,

    Neurolinguistic Aspects of the Japanese Writing System, illustra diversi casi che

  • 30

    normalmente si possono presentare, parole composte da un solo kanji, parole composte

    da un kanji pi un suffisso in hiragana, parole composte da due kanji pi un suffisso in

    hiragana, parole composte da due kanji, parole composte da due kanji con lettura

    irregolare, abbinando la lettura on e la lettura kun.

    Fig. 4

    Per la regola un ideogramma/un significato/una lettura on/una lettura kun non

    sempre vera, e molti ideogrammi hanno pi di una lettura con una diversa accezione e

  • 31

    dei 2000 caratteri principali, quasi tutti hanno almeno una lettura On e il 38,1 % non ha

    la lettura Kun.

    La relazione tra carattere, suono e significato quindi in realt molto complessa e,

    come evidenziato dalla fig. 6 tratta da tratta da Paradis Michel, Hagiwara Hiroko,

    Hildrebrandt Nancy, 1985, Neurolinguistic Aspects of the Japanese Writing System , si

    possono presentare numerosi casi:

    (1) parole scritte con un solo carattere

    (2) parole composte da pi caratteri semanticamente trasparenti con lettura

    regolare

    (3) parole composte da pi caratteri semanticamente trasparenti con lettura

    arbitraria

    (4) parole composte da pi caratteri con significato e lettura entrambi arbitrari

    (5) parole composte da pi caratteri con lettura regolare (fonetica) e significato

    arbitrario

    (6) casi ibridi, con lettura parzialmente irregolare.

  • 32

    Fig. 4

  • 33

    Di fatto un parlante giapponese sceglie la lettura attivando una serie di strategie

    anche in base al contesto. Limportanza del contesto per scegliere la pronuncia corretta

    dimostrata anche dai numerosi studi condotti riguardo il modo in cui un soggetto

    giapponese legge un ideogramma a s stante. Di fatto questi studi hanno concluso che il

    soggetto decide come leggere un ideogramma a s stante scegliendo per ogni singolo

    carattere la lettura pi frequente tra Kun e On, oppure in una lista di caratteri sempre la

    lettura Kun o la On, se entrambe disponibili, oppure chiedendo allesaminatore quale

    leggere. Questo d una misura di quante elaborazioni e scelte debba effettuare un lettore

    giapponese davanti al testo scritto, sia per leggerlo sia per produrlo. Anche tralasciando

    i casi pi complessi e considerando solo le parole semanticamente trasparenti con

    pronuncia regolare, per scrivere e leggere il giapponese gli ideogrammi sono essenziali

    e non possibile scrivere con i soli kana in quanto questa lingua particolarmente ricca

    di omofoni. Questo perch le pronunce on usate per i composti, di origine cinese, sono

    monosillabiche o al massimo bisillabiche e conseguentemente esistono moltissimi

    omofoni. Quindi se un kanji rappresenta chiaramente il significato, esistono molti

    ideogrammi con stessa pronuncia ma significato diverso che combinandosi tra loro

    danno origine a parole omofone con significati assai diversi. Ad esempio in un

    vocabolario medio sono riportate otto parole che si leggono kooki, ma che, composte

    da ideogrammi diversi, hanno significati completamente diversi. Ad esempio entrambe

    le parole e si leggono kooki ma la prima significa secondo semestre e la

    seconda vuol dire invece buona occasione. Quindi oltre a pensare il suono necessario

    pensare anche il disegno corrispondente per poter richiamare alla mente il

    corrispondente significato.

    Ma come viene elaborato tutto questo a livello celebrale? Adesso, con i progressi

    fatti in campo neurologico, sappiamo che se un giapponese pronuncia un ideogramma,

  • 34

    non solo dovr pronunciarlo con lemisfero sinistro, ma dovr anche immaginarlo con il

    destro, mentre con una lingua occidentale coinvolto il solo emisfero sinistro. Questa

    lateralizzazione dei giapponesi apparve evidente gi nel 1914 quando venne scoperto un

    caso di afasia di un uomo giapponese colpito da una lesione dellemisfero sinistro. Il

    paziente aveva perso la capacit di leggere i kana ma avendo lemisfero destro intatto

    poteva leggere i kanji. In seguito sono stati condotti numerosi studi a questo riguardo

    che hanno confermato questa diversa lateralizzazione, anche se alcuni studiosi ritengono

    che la dominanza dellemisfero destro valga solo per i kanji che rappresentano cose

    concrete, e non per i kanji che rappresentano concetti astratti. A tale conclusione

    giunto lo studio di Jeffrey L. Elman, Kunitoshi Takahashi and Yasu-Hiko Tohsaku,

    Department of Linguistics, University of California, San Diego, USA, Lateral

    asymmetries for the identification of concrete and abstract Kanji. Questi stessi autori

    inoltre ritengono che aggettivi e verbi sarebbero elaborati dallemisfero sinistro.

    Quindi, anche se alcuni aspetti devono ancora essere chiariti, possiamo dire che

    anche per quanto riguarda il linguaggio scritto, la lateralizzazione dei giapponesi

    diversa da quella degli occidentali, e ci conferma ancora una volta linfluenza di fattori

    esterni sui meccanismi delle funzioni cerebrali.

    Queste considerazioni sugli aspetti neurolinguistici della lingua giapponese parlata e

    scritta delineano meccanismi di funzionamento diversi riguardo il modo di concepire

    una lingua e una diversa lateralizzazione degli emisferi cerebrali rispetto a quanto

    avviene per gli occidentali. In particolare lemisfero sinistro elabora come linguistiche

    pi informazioni e quindi risulta pi impattato rispetto a quanto avviene in un

    occidentale.

  • 35

    6. Ipotesi didattiche

    Come per noi italiani il Giappone appare un Paese esotico, cos agli occhi dei

    giapponesi il nostro appare un Paese lontano e diverso che offre di s unimmagine

    positiva stimolando linteresse e la curiosit. Spesso proprio la curiosit che porta

    lapprendente ad avvicinarsi alla nostra lingua e cultura, curiosit per i pi diversi

    aspetti, quali ad esempio la moda, la cucina, il paesaggio, larte, larchitettura.

    Come abbiamo visto, per, lapprendente giapponese proviene da un sistema

    linguistico e culturale molto diverso dal nostro, e molto diverso anche da quello degli

    altri apprendenti europei o anglofoni che compongono la classe in cui egli si trova

    inserito. Questo lo mette in una condizione di difficolt in quanto tanti aspetti linguistici

    e culturali che gli altri studenti almeno in una certa misura colgono con una certa facilit

    o addirittura condividono con la lingua e cultura target, per un giapponese sono di

    difficile decodifica.

    La moderna glottodidattica, in linea con il Framework, pone al centro del processo

    di apprendimento il discente, con i suoi bisogni e le sue caratteristiche, ma in questo

    caso ci troviamo davanti a studenti che a causa della loro provenienza linguistica e

    culturale cos diversa presentano caratteristiche ed esigenze spesso molto diverse.

    Non si tratta per di tornare indietro e rinunciare alla classe: questa, universo di

    socialit, rimane comunque il momento centrale del processo di apprendimento. Si tratta

    invece di dare risposte a queste esigenze particolari salvaguardando quelle dellintera

    classe e lavorare su ipotesi didattiche che facilitino per quanto possibile il grande sforzo

    richiesto a questi studenti nellapprendimento della nostra lingua, senza rinunciare agli

    stimoli sia linguistici che culturali che la dimensione sociale dellapprendimento offre.

  • 36

    6.1 - La motivazione

    La motivazione pu essere definita come linsieme di quei fattori personali che

    fanno s che un soggetto decida di iniziare e continuare nel tempo un determinato

    comportamento diretto al raggiungimento di uno scopo. Se ci atteniamo a questa

    definizione, la motivazione non immutabile nel tempo e pu essere ricondotta

    essenzialmente a tre aspetti (cfr. Balboni, 2002):

    il dovere

    il bisogno

    il piacere

    Anche solo per esperienza personale sappiamo tutti che quando lo studio imposto

    per dovere, le informazioni apprese restano nella nostra disponibilit solo per il tempo

    del test o dellesame per poi svanire: sono rimaste nella memoria a breve termine senza

    passare nella memoria a lungo termine.

    Anche il bisogno non il miglior motore per la motivazione, necessario

    innanzitutto che venga percepito e agisce solo fin quando esso sussiste: nel momento in

    cui ritengo di averlo soddisfatto ecco che il mio impegno viene meno.

    Solo la motivazione intrinseca legata al piacere di realizzarsi e di realizzare il

    proprio progetto di vita pu sostenere un impegno duraturo e protratto nel tempo.

    Per sostenere la motivazione importante fare leva sul piacere di apprendere,

    evitando di sottolineare e sanzionare lerrore che deve essere invece presentato come il

    normale e naturale prodotto di un processo che si basa su tentativi ed inevitabili errori.

    Come abbiamo visto molti studenti giapponesi si avvicinano alla nostra lingua spinti

    dalla curiosit per la moda, la cucina, larte. Sostenere continuamente questa curiosit,

  • 37

    alimentarla con stimoli continui e sempre diversi fondamentale per mantenere sempre

    viva la motivazione intrinseca laddove gi esiste e farla sorgere quando non esiste. A

    questo riguardo essenziale lanalisi dei bisogni degli apprendenti: sapere cosa li spinge

    ad affrontare lo studio di una lingua e una cultura per loro cos lontane e complesse pu

    aiutarci ad individuare tematiche che risultino interessanti e stimolanti e proporre

    materiali che suscitino linteresse predisponendo allapprendimento.

    Inoltre per gli apprendenti adulti anche la sistematizzazione grammaticale pu

    essere considerata un piacere e coinvolgerli nella scoperta dei meccanismi di

    funzionamento della lingua permette agli studenti anche di acquisire e far crescere la

    capacit di imparare ad imparare e diventare autonomi nel processo di apprendimento

    in unottica di life-long learning.

    Sostenere, far emergere, far nascere una motivazione intrinseca legata al piacere

    importante anche perch si ricollega alla sfera emozionale che gioca un ruolo

    importante nella memorizzazione e nei processi cognitivi.

    In conclusione, il docente deve fare leva sulla motivazione e se possibile non su un

    solo tipo ma su vari tipi di motivazione al fine di mantenere costante nel tempo

    limpegno richiesto per lapprendimento linguistico.

    6.2 - Riflessione linguistica e fissazione delle regole

    Proprio per la distanza tipologica, gli studenti giapponesi presentano una maggiore

    lentezza nellacquisizione delle regole morfologiche. Come abbiamo visto questa lingua

    strutturata in maniera profondamente diversa dalla nostra e per questi studenti

    acquisire la necessaria padronanza per esprimersi fluentemente particolarmente

  • 38

    impegnativo, da cui la necessit di un maggiore ricorso alla riflessione grammaticale. E

    fondamentale che il docente guidi lo studente alla scoperta dei meccanismi di

    funzionamento della lingua evitando di presentare la grammatica come un insieme di

    regole da apprendere ed applicare. La riflessione sulla lingua richiede tempo e una

    partecipazione attiva da parte dellapprendente ma permette allo studente sia di fare

    propri i meccanismi che via via andr scoprendo, sia di porre lattenzione anche su

    quegli aspetti che altrimenti potrebbero essere non focalizzati. Probabilmente questi

    studenti sono stati abituati ad un metodo deduttivo, dalla regola grammaticale alla sua

    applicazione, dal generale al particolare: importante che essi siano resi consapevoli del

    fatto che se anche un approccio basato sulla scoperta dei meccanismi di funzionamento

    della lingua richiede tempi pi lunghi, questa la strada obbligata per una acquisizione

    duratura.

    Deve poi seguire il riutilizzo e la fissazione delle regole, fasi particolarmente

    delicate e necessarie. Oltre ai classici esercizi di manipolazione, che spesso questi

    studenti prediligono perch rassicuranti ed in linea con le loro esperienze precedenti, si

    pu ricorrere a semplici attivit di tipo comunicativo che permettano di utilizzare e

    fissare le regole per poi passare, ai livelli intermedi, ad attivit di riordino testi per

    lavorare sulla coesione testuale, aspetto critico dovuto alla diversa struttura del periodo

    nella L1.

    6.3 - Il clima e le attivit nella classe

    Lapprendimento in Italia si presenta come apprendimento misto, combinazione tra

    lapprendimento guidato in ambiente formale con input controllato e graduato dal

  • 39

    docente e apprendimento spontaneo in ambiente naturale, con input non graduato e non

    controllato. In questa situazione, oltre a poter contare su un input ricco e variegato, lo

    studente ha la possibilit di utilizzare in reali situazioni comunicative quanto appreso

    formalmente in classe ed questa la condizione migliore per lapprendimento.

    Ovviamente nel caso dellapprendimento in ambiente misto il docente pu incidere

    solo su quanto avviene in aula, non su quanto avviene al di fuori.

    Un aspetto molto importante su cui il docente pu agire latmosfera che si respira

    in classe, atmosfera che si costruisce gi nel momento della scelta dei testi e degli

    argomenti da portare allattenzione degli studenti, testi ed argomenti che non devono in

    alcun modo far sentire a disagio gli apprendenti. Per questo importante valutare

    sempre cosa presentare e come trattare il materiale che si scelto, in un confronto

    sempre aperto e rispettoso delle diverse culture che si incontrano nelluniverso di

    socializzazione rappresentato dalla classe.

    Un clima positivo, rilassato, non conflittuale, dove gli obiettivi del processo di

    insegnamento-apprendimento siano ben chiari e dove i bisogni dello studente trovino la

    giusta considerazione, permette di abbassare il filtro affettivo, migliorare

    lapprendimento, contrastare la possibile tendenza allisolamento e facilitare la

    produzione orale e lo scambio dialogico, anche nel caso di adulti particolarmente

    insicuri.

    Sappiamo che in generale lapprendente adulto non gradisce perdere la faccia n

    davanti al docente, n davanti ai suoi pari. Questo aspetto ancor di pi rilevante

    quando sono presenti apprendenti che per la loro provenienza culturale sono poco

    abituati ad un approccio didattico che implica uno scambio tra pari e preferiscono

    invece il modello tradizionale della lezione frontale. Per questo essenziale condividere

  • 40

    con gli studenti le motivazioni che sono alla base di quelle attivit che comportano una

    loro partecipazione attiva, cos che queste siano pi facilmente accettate.

    Un altro aspetto cruciale lerrore che non deve essere mai presentato come

    qualcosa di negativo da evitare a tutti i costi, come risultato del mancato apprendimento

    e come tale da stigmatizzare, ma come il normale esito del processo di apprendimento

    che si svolge inevitabilmente per tentativi ed errori, via via che lapprendente costruisce

    le sue ipotesi sul funzionamento della lingua. Sdrammatizzare lerrore ha quindi

    leffetto di ridimensionare quello che altrimenti viene vissuto come un perdere la faccia

    davanti agli altri.

    Anche se razionalmente si rende conto della validit di metodi e approcci pi

    moderni, ladulto tende a privilegiare i modelli educativi che ha sperimentato nella

    propria formazione scolastica: proprio per questo opportuno rendere gli studenti

    partecipi delle scelte didattiche attuate, spiegando la funzione di tutte le attivit e di tutte

    le tecniche che richiedono una loro partecipazione attiva in un continuo flusso

    comunicativo non solo con il docente ma anche con i pari. Sapere cosa si fa e perch lo

    si fa genera un maggior senso di sicurezza e quindi una migliore predisposizione

    allapprendimento da parte dello studente.

    Bisogna dire per che lo scambio comunicativo attuato nella classe viene talvolta

    vissuto dallapprendente giapponese con difficolt. Come abbiamo visto, in generale

    ladulto non gradisce questo esporsi e ci ancor pi vero per gli studenti che per

    motivi svariati non si sentono allaltezza e avvertono un senso di inadeguatezza. Per lo

    studente giapponese adulto oltre a queste considerazioni dobbiamo inoltre tenere conto

    del particolare significato e rilievo che assume in questa cultura il silenzio.

    Se per altre culture il silenzio un qualcosa da evitare perch assume un significato

    negativo di rifiuto dellaltro, e spesso si ricorre a scambi senza particolare senso che

  • 41

    hanno il solo scopo si colmare il vuoto, nella cultura giapponese avviene esattamente il

    contrario. Non solo i valori pi significativi sono collegati alla reticenza per cui una

    persona di poche parole appare pi degna di fiducia di una che parla troppo, ma il

    silenzio spesso un modo per mantenere buoni rapporti con il gruppo, creando armonia

    ed evitando contrapposizioni dirette, specialmente con i superiori, insegnanti compresi.

    In questa cultura dove fondamentale mantenere larmonia con i vari elementi del

    gruppo di riferimento, non ben visto n chi insiste sul proprio punto di vista prima che

    si sia raggiunto un accordo condiviso da tutti, n chi ostenta la propria abilit o

    conoscenza (cfr. Davies R.J., Ikeno O., 2007) e non sono ben viste le interruzioni e le

    sovrapposizioni.

    Agli occhi di un occidentale la cui cultura privilegia invece una comunicazione pi

    chiara e diretta, questo silenzio pu risultare difficile da comprendere, pu confondere,

    o addirittura pu essere interpretato come un rifiuto6.

    Lo stesso docente rischia di interpretare questi silenzi come un rifiuto o come

    una mancanza di impegno o partecipazione alle attivit della classe ed essere indotto a

    forzare lo studente ad intervenire, con il rischio di ottenere invece un irrigidimento. E

    invece essenziale essere coscienti del fatto che in ogni cultura vigono regole diverse

    anche riguardo lo scambio dialogico e tenerne conto nellorganizzazione e gestione

    delle attivit, rispettando eventuali silenzi che dovrebbero quindi essere gestiti con

    rispetto della persona e sempre con gradualit.

    Alla luce di queste considerazioni appare logica la preferenza manifestata dagli

    studenti giapponesi per le attivit di coppia (cfr. Maggia F., Quaglieri A.). Oltre a

    6 Tralasciamo qui i problemi che nascono da quello che si pu dire in una cultura ma che

    invece non ammissibile in altre: ad esempio per un giapponese, per il quale sono importanti le relazioni con il gruppo di appartenenza, sono del tutto normali domande dirette relative alla sfera personale del tipo Quanti anni hai?, domande che invece sono poco accettate o addirittura inconcepibili in altre culture.

  • 42

    massimizzare i flussi comunicativi, queste attivit risultano preferite alle attivit in

    gruppo o in plenaria perch riducono la paura di esporsi e perdere la faccia davanti

    allintero gruppo classe, presentando minori problematiche di tipo relazionale.

    Analogamente nella correzione degli errori questi apprendenti (cfr. idem) manifestano

    una certa preferenza alla correzione degli errori da parte del docente rispetto al controllo

    in coppia. Ci pu essere imputato sia al minor disagio per la perdita della faccia, sia

    per una visione del rapporto docente-apprendente che vede comunque il docente come

    superiore. E quindi importante tenere conto del modo di stare in classe di questi

    studenti al fine di proporre loro attivit che siano produttive ai fini dellapprendimento

    proprio perch in linea con le caratteristiche e preferenze.

    6.4 La competenza lessicale

    Negli stadi iniziali dellapprendimento linguistico, sia che si tratti di lingua materna

    che di lingua seconda o straniera, la comunicazione essenzialmente affidata alle parole

    piene. Lapprendente costruisce un suo repertorio lessicale formato essenzialmente da

    parole portatrici di significato e su queste basa le sue produzioni; solo in un secondo

    momento appaiono pi o meno stabilmente le parole funzionali, gli elementi con

    funzione grammaticale, articoli, copula, pronomi personali, preposizioni.

    La competenza lessicale stata per lungo tempo trascurata dalla teoria e dalla

    pratica glottodidattica, liquidando largomento con generiche linee operative che

    possono essere riassunte in due principi generali: il lessico non si pu apprendere con

    liste da memorizzare e deve essere contestualizzato. Solo nei primi anni 90 stato

    elaborato il Lexical Approch, basato sulla considerazione che la lingua lessico

  • 43

    grammaticalizzato e non grammatica lessicalizzata, per cui proprio a cominciare dal

    lessico che si deve iniziare.

    Che il lessico sia il punto di partenza del processo di scoperta della lingua ben

    chiaro agli studenti che cercano di memorizzare quante pi parole possono nella

    convinzione che quante pi parole si padroneggiano, tanto pi possibile ricostruire e

    trasmettere il senso, anche se non si conosce bene la grammatica.

    Ma cosa intendiamo per lessico? evidente che il lessico non solo linsieme delle

    parole utilizzate in una lingua, come se si trattasse di singole tessere unite a formare un

    mosaico. Le parole non sono isolate le une dalle altre, sono invece entit legate tra loro

    secondo dei legami di significato ben precisi, che si uniscono e si combinano anche

    dando luogo a nuove entit, si pensi alle unit polirematiche. Per questo imparare una

    lingua non vuol dire imparare singole parole isolate ma combinazioni di parole,

    collocazioni, metafore.

    Saper cogliere questo aspetto particolarmente importante nel caso degli

    apprendenti giapponesi che vengono da una tradizione di studio delle lingue

    caratterizzata da una ricostruzione letterale del senso che parte dai singoli elementi del

    testo in lingua straniera riordinandoli poi secondo lordine della sintassi giapponese (cfr.

    cap. 4. Cultura e lingua).

    Spesso per il contesto didattico non tiene conto delle problematiche connesse con

    una tale impostazione. Come abbiamo visto, a parte situazioni particolari come il

    Progetto Marco Polo per linsegnamento dellitaliano a cinesi e le classi organizzate in

    Italia per gli studenti delle universit americane, normalmente nelle scuole di lingua le

    classi sono multilingue e multiculturali, con una prevalenza di studenti europei,

    anglofoni o ispanofoni e i libri di testo pi diffusi sono pensati prevalentemente per

    questo pubblico genericamente europeo. Questi manuali considerano buona parte del

  • 44

    lessico contenuto nei testi proposti come facile perch presenta spesso una radice

    comune con la lingua dorigine grazie alla quale fare inferenze e cogliere il senso. In

    sostanza il lessico non viene considerato una criticit, come se fosse scontato che

    lapprendente possa facilmente comprenderlo, acquisirlo e memorizzarlo con poca

    fatica ed essendo litaliano una lingua altamente flessiva, lattenzione viene focalizzata

    soprattutto sulle strutture morfosintattiche: il lessico proposto viene inserito in quella

    determinata unit didattica perch necessario in quel determinato contesto ed

    argomento. Ma poich il manuale adottato in classe passa poi a presentare unaltra

    situazione a sua volta caratterizzata da un altro lessico, una volta presentato spesso il

    lessico non viene pi riproposto, con il risultato che troppo frequentemente non si ha

    memorizzazione, non si produce intake, specie quando questo incontro avvenuto solo

    in fase ricettiva e non anche in fase di reimpiego: le parole, che sono i principali

    elementi portatori di significato, passano senza lasciare alcuna traccia.

    Ovviamente anche in questo caso ad essere svantaggiati rispetto ai compagni di

    corso sono proprio gli studenti di provenienza linguistica pi lontana il cui vocabolario

    ha ben poco in comune con quello italiano7.

    Daltra parte, nellesperienza di tutti noi, ben chiaro che devono esserci delle

    motivazioni profonde, dei meccanismi precisi che fanno s che se talora facciamo subito

    nostra senza alcuno sforzo una parola incontrata anche una sola volta, per altre, anche se

    si tratta di parole di uso frequente, dobbiamo ritornarci pi e pi volte prima di

    memorizzarle e conquistarle.

    7 Si potrebbe obiettare che il giapponese contiene termini stranieri e quindi anche termini

    comuni a molte lingue europee. Questo certamente vero, ma si tratta di un numero di parole pur sempre limitato che per di pi ladattamento alla fonetica locale stravolge cosicch cogliere il legame con il corrispondente termine italiano non immediato.

  • 45

    Dobbiamo quindi trovare una strada per facilitare questa conquista del lessico su cui

    si basa il processo di apprendimento e in ultimo la comunicazione stessa.

    Ovviamente non si tratta di fornire ai nostri studenti liste e liste di parole, si tratta

    invece di legare le parole ad altre parole e legare queste parole ad una cultura e ad una

    logica differente, costruendo valenze profonde, affettive, che permettano un

    coinvolgimento cognitivo ed emotivo su cui basare lapprendimento.

    Dare un significato profondo alle parole le fa diventare nostre, permettendoci di

    avvicinarci alla lingua target e cogliere pi facilmente i nessi tra i diversi elementi del

    testo, facendo tutte quelle ipotesi che ci permettono di scoprire le regole di

    funzionamento della lingua.

    Questo, soprattutto nelle prime fasi, vuol dire scegliere attentamente il lessico da

    proporre secondo parametri sia quantitativi che qualitativi. Non possibile esporre lo

    studente ad un lessico quantitativamente eccessivo, superiore alle sue ragionevoli

    possibilit di memorizzazione, perch forzare questo limite oltre a non favorire

    lapprendimento ha solo leffetto di generare frustrazione e senso di inadeguatezza.

    necessario scegliere le parole anche qualitativamente, tra quelle del vocabolario di base,

    selezionandole quanto pi vicine al vissuto e allesperienza dello studente, parole che

    possano essere sentite come proprie, non estranee, parole che si incontrano anche

    nellesperienza al di fuori della classe e che proprio per questo assumono una valenza

    profonda, affettiva, parole realmente vissute come significative.

    E lo studente avverte come vicine, oltre alla parole del proprio vissuto, anche le

    parole relative al suo specifico campo dinteresse. Spesso lo studio dellitaliano viene

    intrapreso per un passione particolare, culturale, o per motivi di lavoro o di studio e

    proprio questo lessico pu diventare il punto di partenza dal quale iniziare la scoperta

    della lingua italiana.

  • 46

    Il lessico non deve essere percepito come un qualcosa di statico, di freddo ed

    impersonale ma deve essere vissuto ed acquisito come qualcosa da manipolare, da

    scomporre e ricomporre, anche alla ricerca dei legami etimologici, sempre in maniera

    adeguata al livello degli studenti8.

    E se concepiamo la grammatica come grammatica pedagogica che si sviluppa a

    spirale e cresce in ampiezza e profondit con il livello dei nostri studenti, anche il

    lessico pu essere presentato come un qualcosa che via via si amplia e si espande con i

    progressi linguistici dei nostri apprendenti, anche tornando su situazioni e contesti gi

    proposti, cambiando il punto di vista e il livello di approfondimento, per scoprire come

    esistano pi espressioni per concetti simili.

    Unattenzione particolare merita il dizionario, strumento potente e valido alleato

    ma solo se utilizzato correttamente. Luso del dizionario in classe da parte del singolo

    studente spesso per lui rassicurante ma lo estranea dal flusso comunicativo della classe

    e come tale dovrebbe essere scoraggiato. Pi proficuamente il lessico pu essere

    affrontato in chiave cooperativa con la partecipazione di tutta la classe ed lo stesso

    insegnante che deve fornire chiarimenti ed esempi per coglierne i significati, i modi

    duso e i collegamenti.

    Il dizionario invece fondamentale quando lo studente lavora sul testo in

    autonomia. In questa fase per presente il rischio di fermarsi alla prima definizione,

    assumendola in blocco. quindi importante guidare lo studente ad un uso consapevole

    del dizionario, focalizzando lattenzione sulle frasi desempio che permettono di

    cogliere i diversi significati e usi nei vari contesti.

    8 E interessante notare che le stesse etimologie greco-latine suscitano un grande interesse negli studenti nipponici anche perch in esse il meccanismo di formazione delle parole analogo a quello della lingua giapponese dove gli ideogrammi si uniscono dando luogo a nuove parole (cfr. cap. 5.2 Peculiarit del sistema di scrittura giapponese). Ad un livello non pi elementare quindi possibile lavorare proficuamente anche sulle etimologie greco-latine.

  • 47

    Questa pu sembrare unovviet ma questo rischio, gi presente nel caso di dizionari

    cartacei, ancora pi forte nel caso dei dizionari elettronici, molto diffusi in Giappone, i

    quali presentano le frasi desempio in una sezione a parte per cui spesso proprio queste

    non vengono nemmeno prese in considerazione. In questo modo sfuggono allattenzione

    dello studente proprio quegli gli usi e quelle combinazioni che sono fondamentali per

    lapprendimento del lessico e quindi delle diverse sottocompetenze linguistica,

    discorsiva, referenziale, socioculturale, strategica che compongono la competenza

    lessicale.

    6.5 Lutilizzo di audiovisivi

    Unanalisi approfondita dellutilizzo degli audiovisivi in glottodidattica esula

    dallambito di questo lavoro ma possiamo prendere in considerazione alcuni aspetti che

    rendono particolarmente interessante il loro uso nel caso degli studenti nipponici.

    Sappiano che per il docente la preparazione e presentazione di materiale audiovisivo

    decisamente pi impegnativa rispetto al materiale cartaceo, e che al contrario questo

    invece molto apprezzato dagli studenti che trovano il film altamente motivante anche

    perch nel vederlo si sentono paragonati ad un nativo.

    In generale i testi audiovisivi offrono innumerevoli vantaggi, con un audiovisivo:

    linsegnante ha modo di anticipare contenuti, portare in aula il mondo

    esterno, affrontare le pi diverse tematiche ed avviare un confronto

    interculturale;

  • 48

    sono coinvolti pi canali e le informazioni veicolate dal canale visivo e

    quelle veicolate dal messaggio verbale concorrono insieme alla costruzione

    di senso;

    le diverse componenti del testo audivisivo - voci, suoni, musiche, immagini -

    coinvolgono emotivamente gli studenti permettendo quindi di agire sulla

    sfera emozionale che tanta parte ha nellapprendimento;

    consente di mostrare diversi modelli linguistici autentici contestualizzati sia

    dal punto di vista comunicativo che culturale;

    grazie alla componente visiva consente anche la presentazione di ambienti,

    comportamenti e codici non verbali tipici della nostra cultura che altrimenti

    non potrebbero essere mostrati adeguatamente;

    viene rispettato il principio di direzionalit e bimodalit di Danesi: il

    messaggio viene colto inizialmente nella sua globalit dallemisfero destro e

    solo in un secondo momento il messaggio verbale viene analizzato

    dallemisfero sinistro, rispettando cos la sequenza naturale di

    apprendimento.

    Ai livelli pi bassi verranno preferite sequenze e film nei quali il messaggio

    veicolato prevalentemente dalle immagini e la lingua fornisce il commento

    interpretativo, ai livelli intermedi potremo proporre sequenze e film nei quali lingua e

    immagine concorrono insieme a costruire il senso integrandosi a vicenda, mentre a

    livelli pi alti potranno essere presentati audiovisivi in cui il messaggio reso

    essenzialmente dalla lingua e limmagine rappresenta uno sfondo situazionale ma non

    funzionale.

  • 49

    Queste considerazioni sono valide per gli studenti di qualsiasi provenienza ma nel

    caso degli studenti giapponesi possiamo aggiungere che questa cultura ha da sempre

    dato importanza alle immagini, si pensi a pittori del passato come Hokusai e Hiroshige

    per arrivare fino ai videogiochi ed anime dei giorni nostri e in effetti (cfr. Maggia F.,

    Quaglieri A., 2009) gli studenti giapponesi in Giappone dichiarano di apprezzare

    particolarmente gli audiovisivi.

    Per, oltre che per motivi estetici, legati anche allapprezzamento del cinema

    italiano in Giappone, questa preferenza per laudiovisivo pu essere ricondotta al fatto

    che questo tipo di testo va incontro alle difficolt incontrate da questi studenti nella

    ricezione orale. Laudiovisivo infatti si presta allo sviluppo di questa abilit grazie alla

    possibilit di contestualizzare e anticipare il messaggio attivando lExpectancy

    Grammar, la grammatica dellanticipazione che ci permette di prevedere cosa pu

    accadere in una data situazione, il lessico che verr utilizzato, il tipo di testo e di genere

    comunicativo che si realizzer e la sintassi utilizzata (cfr. Balboni 2002).

    Un altro aspetto molto importante che laudiovisivo si presta molto bene allo

    sviluppo della competenza lessicale proprio perch la lingua, latto linguistico, vengono

    presentati allinterno del contesto in cui si concretizza levento comunicativo e proprio

    grazie al contesto le parole instaurano tra di loro rapporti di significato. Affinch il

    lessico possa passare adeguatamente nella memoria a lungo termine, il percorso

    didattico deve articolarsi oltre che nelle fasi di motivazione ed elicitazione delle

    conoscenze, di visione e verifica della comprensione e di attivit sul testo, anche sulla

    sintesi e riutilizzo di quanto appreso.

    Possiamo quindi dire che, oltre ad incontrare il gradimento degli apprendenti,

    spezzoni di film o fiction, di pubblicit e filmati in genere possono essere proficuamente

  • 50

    impiegati proprio al fine di sostenere lo sviluppo dellabilit di ricezione orale e il

    miglioramento della competenza lessicale che spesso risultano critici per questi studenti.

    6.6 - La fonetica

    Litaliano viene percepito dagli apprendenti nipponici come una lingua dal suono

    facile al punto che proprio per questo motivo spesso gli studenti universitari la

    includono nel loro curriculum di studi, preferendola ad altre lingue.