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michele-alessandrini
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Uno studio incentrato sulle metodologia di didattica dell'italiano rivolto a parlanti nativi giapponesi.Difficoltà lessicali, morfo-sintattiche, fonetiche, e non solo rendono questo estratto una preziosa risorsa
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Lapprendimento dellitaliano da parte di studenti giapponesi
adulti in Italia: criticit e ipotesi didattiche.
1. Introduzione
Negli ultimi anni si diffusa allestero limmagine dellItalia non solo come un Paese di
cultura ma anche come il Paese della moda, della gastronomia e del buon vivere,
interessando alla nostra lingua e cultura un pubblico di stranieri sempre pi vasto e
variegato tanto che, nonostante come numero di parlanti sia solo al 16 posto, litaliano
attualmente una lingua di grande richiamo e come L2 si attesta intorno al 4-5 posto.
La nostra quindi una lingua che, proprio perch studiata come seconda, terza o
quarta lingua, si studia spesso per scelta e non per necessit, si studia per il piacere di
avvicinarsi ad una grande cultura del passato ma anche per la sua immagine accattivante
di oggi.
Questo fenomeno presente anche in Giappone dove, oltre alle motivazioni
culturali e strumentali di studio o di lavoro, molto forte anche la domanda di italiano
legata ai diversi prodotti enogastronomici o del Made in Italy, e limmagine della lingua
italiana cos forte che le stesse citt giapponesi sono costellate di insegne che
riportano italianismi o psudo-italianismi (cfr. Vedovelli 2009).
A proposito della domanda di lingua italiana e quindi delle motivazioni sottostanti,
Zamborlin (2006 a) suddivide gli apprendenti giapponesi in esteti, persone motivate
dalla curiosit verso un Paese percepito come affascinante sotto il profilo artistico e
paesaggistico, tecnici, apprendenti con motivazioni di tipo strumentale legate allo studio
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o al lavoro, e consumatori, persone attratte dai pi diversi prodotti italiani, dalla moda al
calcio, dalla cinematografia al design, dallenogastronomia allopera lirica.
In linea con questa tendenza, in Giappone sono ormai presenti corsi di italiano in
molte universit e scuole di lingua1 e molti sono gli apprendenti adulti che vengono in
Italia per un periodo di soggiorno che unisca turismo di qualit e studio della lingua.
Gli studenti giapponesi che studiano italiano nel nostro Paese sono quindi
normalmente adulti o giovani adulti che vengono in Italia per frequentare un corso di
lingua, con un livello medio di formazione e cultura comunque elevato in quanto nella
maggioranza dei casi si tratta di laureati che nel loro percorso formativo hanno
conseguito anche una competenza linguistica quanto meno scolastica in lingua inglese.2
Una volta inseriti in un corso di lingua in Italia, gli studenti nipponici - sia che si
trovino per la prima volta ad affrontare lo studio della lingua e cultura italiana, sia che
abbiano gi iniziato questo studio nel loro Paese in classi omogenee dal punto di vista
linguistico e culturale con un contatto virtuale con litaliano e la sua cultura perch
limitato al solo contesto formativo - si ritrovano in un contesto eterogeneo in classi
multilingue dove emergono spesso forti differenze rispetto agli studenti europei o
nordamericani che affollano questi corsi, differenze dipendenti da svariati fattori di
ordine linguistico e culturale che spesso condizionano pesantemente il processo di
apprendimento, rallentandolo.
1 E possibile trovare unesaustiva descrizione del panorama dei corsi di lingua italiana in Giappone in Paolo Calvetti, 2009. 2 Da un questionario riempito da 72 giapponesi adulti e giovani adulti a Roma per un periodo pi o meno lungo, emerge nella quasi totalit dei casi una formazione a livello universitario; la maggior parte degli informanti ha dichiarato inoltre di possedere una competenza in lingua inglese, il cui studio obbligatorio nel sistema scolastico giapponese, e solo 25 informanti hanno dichiarato una competenza in altre lingue oltre linglese e litaliano.
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Questo articolo analizza i diversi aspetti che caratterizzano lapprendente
giapponese adulto rispetto ad altri studenti di diversa provenienza, tracciandone il
profilo dal punto di vista cognitivo, culturale, neurolinguistico e pedagogico e
ipotizzando delle linee di intervento didattico che facilitino il processo di insegnamento-
apprendimento.
2. Aspetti teorici
La lingua cultura e nellapprendimento dellitaliano L2/LS da parte di apprendenti
giapponesi questi studenti si trovano esposti ad una lingua e una cultura che si
presentano molto diverse da quelle dorigine.
Rispetto allapprendimento nel Paese dorigine, in Italia il discente si trover in una
situazione di immersione e avr maggiori occasioni di esposizione alla lingua e alla
cultura target. Anche se il contesto di apprendimento misto sicuramente un vantaggio,
grazie alla ricchezza degli stimoli sia in senso qualitativo che quantitativo, questo non
vuol dire per che la lingua e la cultura target siano sempre di facile decodifica, proprio
per la provenienza distante sia in termini linguistici che culturali.
Compito del docente di lingua LS/L2 facilitare lapprendimento, mettendo al centro
del suo intervento la persona, con i suoi bisogni e le sue caratteristiche. Obiettivo ultimo
del processo di insegnamento/apprendimento rendere lo studente autonomo attraverso
lo sviluppo della competenza metacognitiva, in modo che esso stesso sia attore del
proprio processo di apprendimento: lapprendente, con laiuto del docente, dovr quindi
sviluppare quella capacit di imparare ad imparare che gli permetter di mantenere
vivo, anche una volta che il corso sar terminato, il suo processo di apprendimento, in
unottica di life-long learning.
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Sappiamo che se in generale ladulto non disposto a mettere in discussione se
stesso, esso portatore di un patrimonio di conoscenze enciclopediche che molto
importante riuscire a valorizzare ai fini didattici, e che quindi lapprendimento
funzione di numerose variabili, tra cui la motivazione, la disponibilit ed attitudine ad
apprendere, lesperienza pregressa, sia scolastica e di apprendimento in generale sia
personale, gli stili cognitivi - ovvero il modo in cui vengono percepiti, organizzati ed
elaborati gli stimoli provenienti dallambiente - e gli stili di apprendimento - ovvero le
strategie di acquisizione, di lettura e di memoria utilizzate nel processo di
apprendimento. Oltre a questi aspetti, entrano in gioco anche i condizionamenti di tipo
culturale, compresi i tab e i modelli educativi tipici della cultura di appartenenza.
In un contesto di apprendimento formale di adulti e giovani adulti quindi
essenziale, nel pieno rispetto della persona, tenere conto delle caratteristiche e dei
bisogni degli studenti, e valorizzare le occasioni di esposizione alla lingua viva e le
esperienze vissute al di fuori della classe, anche chiarendo eventuali dubbi che potranno
sorgere relativamente alle divergenze tra la lingua standard insegnata nel corso e le
forme colloquiali e sub-standard che gli studenti incontreranno nella vita di tutti i giorni.
Il processo di insegnamento-apprendimento deve comunque rispettare le sequenze di
acquisizione che si verificano in contesto di apprendimento spontaneo. Nel processo di
apprendimento lo studente elabora delle ipotesi circa le regole di funzionamento della
lingua target e a meno che si determini il fenomeno della fossilizzazione, spesso
dovuta al mancato riconoscimento di nuovi bisogni comunicativi egli costruisce e
ristruttura continuamente la sua interlingua, ovvero il sistema di regole che
costituiscono la sua personale grammatica della L2 che via via lo avvicina alla lingua
target, permettendo una comunicazione sempre pi efficace.
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La linguistica acquisizionale, la prospettiva di studio che si occupa
dellapprendimento linguistico in contesto spontaneo, ha messo in evidenza
larticolazione in fasi del processo di apprendimento. Queste fasi, che caratterizzano il
processo di acquisizione della lingua, si presentano in un ordine implicazionale che
comune a tutti gli apprendenti, indipendentemente dalla tipologia linguistica di
provenienza; il docente deve tenerne conto in modo che la proposta didattica sia
comunque in linea con i processi cognitivi dellapprendente.
Se quindi lordine delle sequenze di acquisizione non cambia, la linguistica
acquisizionale ha per messo in evidenza che la distanza tipologica tra la L1 e la L2
un aspetto critico che condiziona pesantemente lapprendimento. Tanto pi la LM e a
LT sono tipologicamente lontane, tanto pi lapprendente incontrer difficolt
nellapprendimento, mentre pi la LM e a LT sono tipologicamente vicine, pi i
meccanismi di funzionamento della lingua obiettivo saranno individuati e appresi con
facilit, spesso con acquisizione spontanea.
E importante sottolineare che lapprendente costruisce le sue ipotesi sul
funzionamento della lingua target partendo non solo dalla L1 ma dalle sue conoscenze
linguistiche ovvero dalla sua competenza linguistica complessiva che data non solo
dalla competenza in L1 ma dallinsieme dei sistemi linguistici precedentemente
appresi.3
Dobbiamo quindi trovare un punto da cui partire per avviare il processo di
insegnamento-apprendimento, e questo non pu che essere dato dallinsieme di
conoscenze linguistiche e culturali dellapprendente, ovvero dalla sua enciclopedia,
3 A questo riguardo dobbiamo per dire che se vero che nel sistema scolastico giapponese obbligatorio lo studio dellinglese, raramente il contatto con questa lingua avviene attraverso lo stimolo di conoscenze procedurali e linsegnamento avviene soprattutto con metodo grammaticale-traduttivo (cfr. Nannini 2009).
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dalla sua conoscenza del mondo, e da qui partire per stimolare il processo di
apprendimento. Talvolta queste conoscenze possono essere fuorvianti o essere solo
stereotipi ma sono comunque lo strumento che lapprendente utilizza nel suo processo
di apprendimento, che a sua volta porter ad una ristrutturazione delle sue conoscenze,
in un processo ciclico.
Poich le competenze linguistiche relative alla L1 hanno un ruolo fondamentale nella
formazione delle ipotesi circa il funzionamento della lingua target, pu essere daiuto
conoscere almeno per grandi linee le caratteristiche della lingua giapponese per avere
unidea pi chiara di quali difficolt incontrino questi apprendenti.
3. Principali caratteristiche morfosintattiche della lingua
giapponese
Descrivere in poche pagine una lingua non certamente possibile, ma possibile
individuare alcuni aspetti che differenziano profondamente il sistema linguistico
giapponese da quello italiano, aspetti che danno una misura di quanto queste due lingue
siano tipologicamente lontane e che incidono profondamente nel momento del contatto
con la lingua italiana e la relativa cultura.
Il giapponese una lingua agglutinante nella quale si uniscono elementi invariabili
quali radici di verbi e di aggettivi, sostantivi, avverbi, particelle e suffissi, variabili e
non. Questi suffissi si uniscono agli elementi invariabili senza modificarsi, assumendo
una funzione grammaticale alla volta. Conseguentemente non ci sono preposizioni e la
lingua costruita grazie ad un sistema di suffissi che vengono posposti agli altri
elementi - sostantivi, aggettivi, verbi, pronomi, avverbi ecc. - determinandone la
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funzione e il valore grammaticale; questo sistema di suffissi permette di rappresentare e
gestire il sistema di rapporti tra i vari elementi della frase.
Oltre ai diversi suffissi utilizzati allinterno della frase, sono presenti anche suffissi
utilizzati alla fine della frase che oltre a sostituire la punteggiatura, ad esempio il punto
interrogativo, permettono di esprimere anche lo stato danimo del parlante. Talvolta
vengono utilizzati il punto interrogativo e il punto esclamativo ma si tratta di esotismi
esterni al sistema linguistico.
La lingua scritta un sistema misto, dove con gli ideogrammi di origine cinese
convivono due alfabeti sillabici: i suffissi - variabili e non - vengono resi con uno di
questi due alfabeti (cfr. capitolo Aspetti neurolinguistici della lingua giapponese parlata
e scritta);
Il sistema vocalico composto da cinque vocali, e diversi sono le consonanti e i
gruppi consonantici dellitaliano che mancano nella lingua giapponese.
Lunit fonetica base la sillaba, composta da una vocale o da una consonante e una
vocale (cfr. id.) e lunica consonante a fine parola la N.
Questo fa s che, oltre ad avere difficolt nella pronuncia di alcuni suoni mancanti nella
loro lingua, i giapponesi trovano problematico pronunciare parole straniere che
terminano con una consonante. Molte parole straniere importate vengono adattate alla
fonetica locale pronunciando una O o una U deboli dopo la consonante, ad esempio la
parola inglese BED stata adattata e trasformata in BEDDO.
A differenza dellitaliano, laccento tonale e non intensivo ma come litaliano
anche il giapponese una lingua ad isocronia sillabica.
Lordine della frase SOV con il verbo, la copula o predicato aggettivale sempre alla
fine della frase. Altra caratteristica fondamentale che il giapponese una lingua a
topic, basata sulla struttura tema-rema, topic-comment, a differenza dellitaliano che
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invece una lingua a soggetto. Questo talvolta pu rappresentare per lapprendente una
difficolt non trascurabile a livello cognitivo. Il tema, largomento del discorso, non
solo pu non coincidere con il soggetto grammaticale, ma pu coincidere anche con
altri complementi. Il tema ci di cui si parla, in quanto a ed marcato dal
suffisso WA, mentre il soggetto grammaticale marcato dal suffisso GA.
Questa struttura fa s che esistano frasi con un doppio soggetto. Ad esempio la frase
oggi il tempo bello in giapponese diventa:
Kyoo WA tenki GA ii (desu)
Oggi WA tempo GA buono ()
in quanto ad oggi il tempo () buono
dove buono si riferisce sia al tempo che ad oggi.
Dalla struttura WA GA, e dal fatto che tutti gli elementi che modificano il nome lo
precedono, discende che la frase relativa che modifica il nome cui si riferisce lo
precede e che quindi non esistono pronomi relativi.
Il nome non accompagnato dallarticolo e non ha n numero n genere, i quali
vengono espressi con apposite costruzioni. Non essendoci articoli, per un giapponese
difficile comprendere che in italiano questi hanno una funzione e conseguentemente il
loro uso risulta particolarmente critico4.
Laggettivo viene coniugato in modo simile al verbo, e come il verbo ha il tempo,
passato o non passato; un aggettivo da solo pu formare un sintagma verbale, senza
essere accompagnato da nessun verbo. Quindi il corrispondente giapponese del nostro
verbo essere in realt ha una funzione non sovrapponibile a quella della nostra copula.
4 Cfr. Mika Maruta, Acquisizione e uso degli articoli dellitaliano da parte di studenti giapponesi, in Silvana Ferreri (a cura di) Plurilinguismo, multiculturalismo, apprendimento delle lingue: confronto tra Giappone e Italia, Viterbo, Settecitt, 2009.
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I pronomi solo in parte si differenziano per il genere e anche in questo caso per
indicare il numero si ricorre ad apposite costruzioni; inoltre non esistono pronomi
negativi.
Il soggetto normalmente sottinteso e c una tendenza generale a sottintendere, in
particolare quanto gi si sa, e poich sostantivi e verbi non veicolano linformazione del
genere e del numero, una frase giapponese pu sembrare ai nostri occhi molto meno
esplicita della corrispondente frase italiana.
La frase sempre costruita tenendo conto del contesto relazionale. In accordo con il
contesto e i rapporti che legano le persone, cambiano vari elementi dando luogo al
linguaggio onorifico, umile, cortese o piano; sono presenti anche suffissi tipici del
linguaggio femminile e del baby-talk. Ad esempio uno studente pi giovane si rivolger
allo studente anziano con linguaggio cortese, mentre questultimo si rivolger al pi
giovane con linguaggio piano (neutro). A fronte di un uso cos codificato dei diversi stili
nella propria lingua, talvolta gli apprendenti giapponesi si trovano in difficolt davanti
alla scelta piuttosto variabile, con differenze spesso marcate anche tra una regione e
laltra, fatta dagli italiani tra il tu e il Lei.
I verbi non distinguono persona e numero ma tempo, aspetto, diatesi e modalit,
ovvero latteggiamento del parlante verso i fatti o le azioni espresse dal verbo
(asserzione, congettura, possibilit, convinzione, ecc.). I tempi verbali sono solo due,
passato e non passato, e un verbo sempre accompagnato da un complemento. Anche
se il verbo non indica persona e numero, c una forte tendenza ad omettere i pronomi e
il soggetto. E evidente quanto possa apparire complesso il sistema verbale italiano.
La copula DESU ha una funzione diversa dal verbo essere in italiano, non ununit
autonoma e indica equivalenza pi che esistenza; una frase grammaticalmente corretta
anche con il solo aggettivo e DESU viene usato per marcare come linguaggio cortese
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una frase che grammaticalmente non ha bisogno della copula. Inoltre lesistenza
espressa con un verbo diverso se si tratta di persone o animali o se si tratta di cose
inanimate o animali morti.
Da queste poche notazioni evidente quanto le due lingue siano profondamente
diverse e quali difficolt di apprendimento ne possano derivare. Ma oltre alle difficolt
puramente linguistiche dobbiamo tenere anche conto degli aspetti culturali.
4. Cultura e lingua
Lapprendimento dellitaliano in et adulta fa s che, rispetto a quello che avviene
con i bambini, ci sia un forte legame identitario e psicologico con la lingua e la cultura
di partenza, legame che pu innescare un forte filtro affettivo, limitando
lapprendimento della L2. Questo particolarmente vero quando la lingua e la cultura
target sono molto distanti da quelle di partenza, per cui nel momento del contatto con la
nuova lingua e cultura , invece del nascere di una terza cultura autonomamente scelta e
costruita dal soggetto, si pu verificare una reazione di rifiuto.
Rifacendoci al noto modello di Hofstede, la cultura intesa nel pi ampio senso del
termine - definibile come la programmazione collettiva della mente, programmazione
che inizia dalla pi tenera infanzia nella famiglia e continua nella scuola e nella
comunit di appartenenza. La cultura in quanto condivisa quindi un fenomeno
collettivo e in essa rientrano anche gli aspetti pi quotidiani ed ordinari che
caratterizzano una collettivit: i saluti, il cibo, il mostrare o meno i sentimenti, la
distanza fisica tenuta dallaltro e tutti gli aspetti fisici, compresi quelli afferenti la sfera
sessuale e ligiene personale. Al centro di una cultura vi sono i valori, tendenze generali
a preferire un certo stato di cose rispetto ad un altro. I valori non sono visibili e quindi
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osservabili ma lo diventano nel momento in cui si estrinsecano in pratiche simboli,
eroi e riti che sono quindi manifestazioni visibili della cultura.
Come vedono la nostra cultura i giapponesi rispetto alla propria? Al di l del fascino
esercitato dal Made in Italy o dalla nostra arte, come ci percepiscono? Ridurre in poche
pagine un confronto culturale come questo sicuramente riduttivo, ma largomento
per rilevante ai fini dellargomento di questo lavoro.
Sollecitata in merito a questo aspetto, una studentessa giapponese ha definito la sua
cultura come una linea continua e quella italiana come una linea formata da punti: nella
sua cultura le persone sono tra loro tutte collegate, come se si tenessero per mano,
mentre nella cultura italiana ognuno fa riferimento a se stesso, ogni individuo
indipendente dagli altri.
Hisayasu Nakagawa, studioso dellIlluminismo francese, in Introduzione alla cultura
giapponese, saggio di antropologia reciproca, (2005) parlando delle differenze che
intercorrono tra la cultura giapponese e quella francese fa una descrizione analoga:
A Parigi, la buona volont giapponese non esiste.
Per esempio, quando ero professore in un' universit parigina, a volte dovevo necessariamente
mettermi in contatto con un responsabile della segreteria. E la segreteria di quella universit
come un alveare, con uffici tutti indipendenti gli uni dagli altri. Telefonavo a quel tale, ed era
spesso assente. Era sostituito da una segretaria che, quando lui non c'era, era a sua volta
uscita. Per sapere quando sarebbe tornata, telefonavo ad altre persone, che sempre mi
rispondevano: Non so.
All'universit giapponese dove attualmente lavoro, invece, la segreteria della facolt di Lettere
insediata in un grande locale in cui lavorano una ventina di persone. Se qualcuno chiede
informazioni sul concorso di ammissione alla facolt, e il o la responsabile uscito/a, ci sar
sempre qualcuno facente parte del personale di servizio o dell'economato che risponder al suo
posto, dicendo perlomeno a che ora sar possibile mettersi in contatto con la persona
desiderata. La segreteria reagir dunque come un animale unicellulare, dotato di un'unica
volont, laddove in Francia il suo omologo si comporta come un aggregato di numerosi animali
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dotati, ciascuno, di una volont particolare. La differenza tra queste due segreterie si ritrova a
vari livelli di entrambe le societ.
Questa organizzazione unicellulare giapponese, ciascun elemento della quale reagisce agli
stimoli esterni e in nome dell'organizzazione totale, veglia gelosamente a mantenere
l'uguaglianza di tutte le parti. In essa sono insomma riconoscibili l'egualitarismo e la democrazia
giapponesi, in cui regna l'uniformit. Tutti i giapponesi sono assai sensibili a questo clima
uniformatore e alla sua meravigliosa capacit di identificazione; e sono pronti ad adattarvisi
immediatamente. Tuttavia, in un clima siffatto non verr per niente apprezzato che un individuo
si affermi come indipendente dalla totalit, la quale a volte dar prova di animosit verso colui
che se ne distingue.
Capita tuttavia di leggere nei giornali giapponesi l'elogio di ricercatori nipponici che hanno
ottenuto eccellenti risultati all'estero (in particolare premi Nobel) e constatare che i giornalisti
parlano con fierezza del successo giapponese. In realt, per, questo fenomeno non fa che
tradurre il fallimento giapponese, dal momento che quei ricercatori non potrebbero manifestare
il loro talento nella societ giapponese, il cui egualitarismo uniformatore esclude ogni forma di
originalit.
Nakagawa individua poi unaltra caratteristica della lingua/cultura giapponese che la
differenzia profondamente da quelle europee: il lococentrismo.
A differenza della lingua italiana dove lio unentit definita a priori ed
indipendente dal contesto, in giapponese lio definito dal suo rapporto con laltro.
Nakagawa fa il seguente esempio:
Supponiamo che un bambino sia spaventato da un grosso cane. Per rassicurarlo gli andrei
vicino e gli direi, in francese: N'ayes pas peur, ne pleure pas, je suis avec toi (non aver paura,
non piangere, io sono con te), In giapponese, gli direi invece, traducendo alla lettera: Non
aver paura, non piangere, il tuo piccolo padre con te, qualificandomi nei suoi confronti come
il suo piccolo padre (ojisan, in giapponese). L'''io'' definito, in funzione della circostanza, dal
suo rapporto con l'altro: la sua validit occasionale, al contrario di quanto accade nelle lingue
europee, dove l'identit si afferma indipendentemente dalla situazione.
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La stessa studentessa che ha definito la sua cultura come una linea continua e quella
italiana come una linea formata da punti ha manifestato deciso fastidio nei confronti di
quello che lei avverte come un continuo IO! IO! IO!
Queste osservazioni fanno pensare che la lingua italiana presenti delle caratteristiche
che per un giapponese possono comportare degli ostacoli allapprendimento che vanno
ben al di l delle semplici difficolt morfosintattiche e che il modo di vedere la realt sia
caratterizzato in maniera profondamente diversa, comportando il rischio che si verifichi
un vero e proprio shock culturale e quindi una pi o meno forte resistenza ad accettare
la cultura target.
A fronte di queste difficolt, bisogna per dire che nella cultura giapponese molto
rispettata limmagine del maestro e dellinsegnante e tradizionalmente listruzione
sempre stata tenuta in grande considerazione. NellEra Tokugawa (1603-1867), quando
il paese era completamente isolato dal resto del monto e la popolazione divisa in caste,
listruzione era ritenuta cos importante da essere la chiave per lascesa sociale dalle
classi inferiori alla casta guerriera e dopo la Rivoluzione Meiji (1867-1868) che apr il
Giappone allOccidente una delle prime preoccupazioni del Governo fu proprio la
riforma scolastica che port la percentuale della popolazione in et scolastica che
ottemperava allobbligo dellistruzione elementare dal 28% nel 1873 al 98% nel 19045.
Possiamo quindi dire che, come evidenziato dal passo di Nakagawa, la cultura
nipponica caratterizzata da una forte tendenza ad uniformare, tendenza che talvolta si
scontra con i modelli glottodidattici pi avanzati.
Per un apprendente giapponese adulto un modello didattico centrato sul docente,
vaso pieno che riempie i vasi vuoti rappresentati dagli studenti, caratterizzato da una 5 Cfr. Michio Morishima, Cultura e tecnologia nel successo giapponese, Il Mulino, Bologna, 1982. Queste percentuali sono ancora pi significative se paragonate con quelle italiane: nel 1906 in Italia solo il 53% dei bambini tra i 6 egli 11 si iscriveva alla scuola elementare (cfr. De Mauro T., Storia linguistica dellItalia unita, Laterza, Roma-Bari, 1963-1970).
14
presentazione della grammatica deduttiva e dai classici esercizi di trasformazione,
chiaramente pi bene accetto e rassicurante di un modello che sposta il fulcro del
processo di apprendimento sullapprendente, considerato il vero artefice del processo di
apprendimento, e che richiede un suo ruolo attivo in una classe intesa come universo di
socialit dove si realizzano quellinterazione sociale e quegli scambi comunicativi che
sono i veri fulcri del processo di apprendimento.
Infatti in Giappone il metodo di studio delle lingue straniere essenzialmente
improntato al metodo grammaticale-traduttivo e al cosiddetto yakudoku (yaku tradurre,
doku leggere). Secondo Zamborlin (2003) lo yakudoku pi di un metodo, uno stile
di apprendimento istituzionalizzato che viene appreso dagli studenti nei primi anni della
loro formazione scolastica e che condiziona lapproccio degli studenti giapponesi alle
lingue straniere. Lo yakudoku si presenta come una tecnica di lettura in lingua straniera
basata sulla comprensione di ogni singolo elemento della frase che viene quindi tradotta
parola per parola e poi riassemblata secondo lordine della frase giapponese.
Questa tecnica, cos lontana da ogni approccio moderno alla lingua straniera vista
come strumento dazione, nasce anche dalle vicende storiche di un Paese che, dopo
essere rimasto impenetrabile ad ogni scambio con lesterno per oltre 250 anni, vedeva
nei testi tecnici e scientifici stranieri lo strumento per imparare dagli altri ed
ammodernarsi in breve tempo.
Tradurre parola per parola e ricostruire il significato in senso inverso fa perdere il
significato globale, sovverte tutte le scoperte fatte sui principi di bimodalit e
biderezionalit, e si basa sullassunto chiaramente non veritiero che le differenze tra
due lingue possano limitarsi allordine sintattico dei rispettivi elementi. Questi limiti,
cos evidenti nella lingua scritta, sono ancora pi lampanti per lascolto, nel quale non
chiaramente possibile ascoltare e ricostruire il senso a ritroso.
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Questi metodi e stili di apprendimento non sono stati sostituiti da altri pi moderni
anche perch gli esami di ammissione alluniversit presentano esami di inglese basati
proprio su traduzioni dallinglese al giapponese e test che mirano a valutare la
conoscenza delle regole grammaticali e non la competenza socio-linguistica e
pragmatica.
Per, come abbiamo visto, la figura dellinsegnante e listruzione in genere sono
tenuti in grande considerazione e quindi il docente pu fare leva su questo aspetto per
rendere lapprendente consapevole delle motivazioni per le quali ad un modello centrato
sul docente preferibile un modello glottodidattico centrato sullapprendente che miri al
saper fare con la lingua e non solo al sapere la lingua, anche se questo spesso pu vuol
dire mettere in discussione e superare i modelli formativi vissuti nella propria
esperienza personale.
Ovviamente il docente dovr raggiungere questo obiettivo in maniera graduale,
rispettando sempre lo studente nella sua individualit, quindi la cultura di provenienza,
il precedente percorso formativo e le sue esperienze.
Questo non vuol dire che gli esercizi grammaticali classici debbano essere banditi,
ma che, se gli esercizi di trasformazione possono trovare un valido utilizzo nella fase di
fissazione della regola o in quella di un eventuale rinforzo, la classe rimane il momento
centrale del processo di apprendimento, apprendimento che si realizza nel momento in
cui la lingua viene usata attivamente nellesecuzione di attivit linguistiche, quando
lapprendente mette in atto tutte le strategie a sua disposizione per raggiungere uno
scopo comunicativo.
Da tutte le considerazioni fatte possiamo immaginare quanto lo studio dellitaliano
sia molto pi complesso per un apprendente giapponese rispetto ad uno studente di
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lingua e cultura pi vicine alla nostra. Egli si trova davanti un sistema linguistico e
culturale profondamente diverso sotto molti punti di vista e nellincontro con il testo,
modello di lingua e stimolo allapprendimento, si trover in una posizione di svantaggio
rispetto agli altri studenti della classe, europei, anglofoni o ispanofoni, che invece
possono contare su un maggior numero di preconoscenze sia in termini di lessico, per la
presenza di un lessico comune alle lingue europee, sia in termini culturali, in quanto la
cultura di appartenenza condivide con la cultura italiana almeno una parte delle sue
radici, quali quelle giudaico-cristiane o greco-latine, permettendo quindi una pi
immediata comprensione della cultura target.
Per gli apprendenti giapponesi - e specialmente per quelli che non hanno alcuna
competenza in altre lingue romanze o europee e nelle relative culture che possa fare in
qualche modo da tramite con la lingua e cultura target - il carico cognitivo, a parit di
contenuti, sar nettamente superiore rispetto a quello degli studenti di origine
occidentale , in quanto molti saranno gli aspetti morfosintattici, lessicali e culturali che
appaiono nuovi e di difficile decodifica, per cui spesso non sufficiente dire in italiano
si dice cos oppure in Italia cos.
In generale, nel processo di insegnamento, il docente deve scegliere con cura i
contenuti da presentare sotto tutti gli aspetti, linguistico, sociolinguistico, pragmatico e
culturale, in modo che gli elementi nuovi non siano preponderanti rispetto agli elementi
noti s da bloccare il processo di formazione delle ipotesi sul funzionamento della
lingua. Per, in contesto formale in Italia, il docente spesso si trova a gestire una classe
multilingue e multiculturale prevalentemente formata da apprendenti che per la loro
provenienza si trovano in una posizione di vantaggio nella decodifica della lingua e
cultura target rispetto agli studenti di provenienza pi distante; conseguentemente gli
apprendenti giapponesi, che nel gruppo classe rappresentano normalmente una
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minoranza, spesso si trovano in difficolt e non sempre per il docente agevole
conciliare le esigenze degli uni e degli altri.
Questa situazione rischia di avvalorare la convinzione diffusa tra i giapponesi di
avere una scarsa attitudine per lapprendimento linguistico (cfr. Zamborlin 2003) e
quindi ridurre in partenza la motivazione allapprendimento.
5. Aspetti neurolinguistici della lingua giapponese parlata e scritta
Un'altra prospettiva da tenere in considerazione quella neurologica.
Lapprendimento in generale, e quindi anche lapprendimento di una lingua, sia essa la
lingua madre o una lingua seconda o straniera, si realizza grazie allo strumento del
cervello: conoscere il suo funzionamento, poterlo vedere da dentro esplorando il
funzionamento dei circuiti neurali essenziale per poter facilitare il percorso di
apprendimento. Per questo fondamentale il ruolo delle neuroscienze che hanno
permesso di fare grandi passi avanti nella comprensione della mente umana e dei
processi di apprendimento, facendo chiarezza su convinzioni ereditate dal passato,
confermandone alcune e confutandone invece altre.
Un aspetto fondamentale del funzionamento del cervello che stato chiarito grazie
alle neuroscienze che non solo lemisfero destro e lemisfero sinistro sono
comunicanti - mentre un tempo si riteneva che non lo fossero - ma che essi comunicano
equilibrando in maniera complementare le loro funzioni.
In particolare ormai da tutti riconosciuto che lemisfero sinistro specializzato nei
processi di elaborazione simbolica e analitica, compreso quindi il linguaggio, mentre
lemisfero destro specializzato in compiti di elaborazione spaziale e percettiva. Questa
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lateralizzazione delle funzioni non per assoluta e anche lemisfero destro svolge un
ruolo importante ai fini del linguaggio, in particolare nella elaborazione del linguaggio
figurato e degli aspetti prosodici, quali lintonazione e lintensit. Ci si chiesti allora
se le particolarit di un sistema linguistico possano influenzare il cervello e determinare
meccanismi di funzionamento peculiari, riscontrabili nei parlanti una certa lingua ma
non in popolazioni con diverso sistema linguistico e cultura. Questa lipotesi
presentata da Tadanobu Tsunoda, un otologo giapponese che si occupato fin dagli
anni 60 del secolo scorso di ricerche sul funzionamento del cervello a fronte di stimoli
uditivi giungendo alla conclusione che i giapponesi elaborano tali stimoli in modo
diverso dagli occidentali a causa del loro particolare sistema linguistico che determina
una diversa distribuzione delle funzioni linguistiche tra i due emisferi.
5.1 Gli studi di Tsunoda sulla lateralizzazione degli stimoli uditivi nei
giapponesi
Tsunoda, analogamente ad altri studiosi, ha svolto ricerche sulla diversa risposta dei
due emisferi a stimoli sonori diretti alle due orecchie. Partendo dal presupposto che
lorecchio destro collegato con lemisfero sinistro, ritenuto la sede del linguaggio,
mentre lorecchio sinistro collegato allemisfero destro, ritenuto sede delle percezioni
globali e spaziali, Tsunoda ha sottoposto a test un gran numero di soggetti utilizzando
unapparecchiatura appositamente progettata denominata Tsunoda key tapping test
apparatus che permette di verificare la reazione del soggetto ad uno stimolo uditivo.
Lapparato invia uno stimolo sonoro - un tono puro, un suono bianco o una vocale
ad entrambe le orecchie e il soggetto invitato a replicarne il ritmo premendo un tasto
del Tsunoda key tapping test apparatus. Successivamente tale stimolo viene
gradualmente modificato per una delle due orecchie, ritardandolo o aumentandone
19
lintensit rispetto allaltro orecchio e il soggetto viene invitato a continuare a replicare
il ritmo ignorando il secondo stimolo alterato. Via via che i due stimoli divergono,
emerge la difficolt del soggetto di riprodurre correttamente il ritmo. Questi studi
condotti dal 1965 in poi hanno portato alla conclusione che nei giapponesi che vivono
in Giappone e che non sono esposti ad unaltra lingua di regola vi predominanza
dellemisfero destro per quanto riguarda lelaborazione di toni puri e suoni bianchi, e
predominanza dellemisfero sinistro per quanto riguarda invece le vocali, anche se una
certa percentuale dei soggetti studiati ha mostrato dati inversi e alcuni soggetti dati del
tutto asimmetrici. Inizialmente tali dati discordanti sono stati ritenuti dovuti a traumi,
ma poi si visto che nei soggetti ritenuti normali possibile modificare la dominanza
degli emisferi grazie a stimoli emotivi o sotto linfluenza di unaltra lingua.
Dopo alcuni anni, nel 1971, Tsunoda ebbe modo di confrontare i risultati dei suoi
studi con quelli dello studioso statunitense Liberman che aveva condotto ricerche
analoghe negli Usa. Tsunoda e Liberman scoprirono di essere pervenuti a risultati
divergenti riguardo lemisfero coinvolto a fronte di stimoli vocali. Tsunoda, che aveva
studiato esclusivamente soggetti giapponesi, era arrivato alla conclusione che le vocali
erano processate con lemisfero sinistro, mentre Liberman, che aveva studiato soggetti
occidentali, era arrivato alla conclusione che le vocali erano processate con lemisfero
destro. Incuriosito dai risultati cui era pervenuto Liberman, Tsunoda ripet i suoi
esperimenti con soggetti occidentali che vivano a Tokyo e giunse alle medesime
conclusioni del collega americano, ovvero che gli occidentali processano le vocali con
lemisfero destro e non con lemisfero sinistro come i giapponesi.
Lillustrazione seguente, fig. 1, tratta da Tsunoda T., 1985, The Japanese brain :
uniqueness and universality, mostra la lateralit dei giapponesi confrontata con quella
degli occidentali: la differenza principale riguarda appunto le vocali, il cervello
20
giapponese processa le vocali come un suono verbale e quindi con lemisfero sinistro
mentre il cervello occidentale le processa come suono non verbale e quindi con
lemisfero destro.
Fig. 1
Per capire se queste differenze fossero dovute a fattori genetici o
ambientali,Tsunoda ripet i suoi esperimenti con giapponesi di seconda e terza
generazione che vivano allestero, e la conclusione fu che questi soggetti presentavano
dominanza dellemisfero destro per quanto riguardava le vocali, analogamente agli
21
occidentali. Si faceva quindi strada lidea che questa differenza dovesse essere
determinata da aspetti linguistici e non da aspetti genetici, anche perch i giapponesi
che vivevano allestero ma che avevano imparato la lingua giapponese prima dei nove
anni di et presentavano relativamente alle vocali una dominanza dellemisfero sinistro
come i giapponesi in Giappone.
Altro risultato interessante fu che anche i giapponesi non vedenti, che quindi non
potevano n leggere n scrivere in giapponese, presentavano lo stesso schema dei
soggetti giapponesi normali, per cui la conclusione fu che questo particolare schema
cerebrale era dovuto alla lingua parlata e non alla lingua scritta.
Tsunoda arriv alla conclusione che questa diversa lateralit riscontrata nei
giapponesi dovuta alla particolare rilevanza delle vocali nella lingua giapponese. In
questa lingua a parte la sola lettera N nessuna consonante viene pronunciata da sola
(cfr. par. 3) , e i giapponesi hanno difficolt a pronunciare correttamente le parole
straniere che presentano sillabe chiuse, mentre esistono un gran numero di parole,
sostantivi, aggettivi e verbi, composti da sole vocali, oltre a moltissime parole composte
da una vocale pi una consonante pi una vocale. Tsunoda si chiese quindi se
esistevano altre lingue con un analogo uso delle vocali e poich la lingua polinesiana
presenta tali caratteristiche Tsunoda sottomise ai suoi test alcuni polinesiani e maori che
avevano imparato linglese dopo i nove anni di et, riscontrando la stessa
lateralizzazione normalmente evidenziata nei soggetti giapponesi.
Quindi Tsunoda ha concluso che sia per i giapponesi che per i polinesiani le
vocali sono suoni verbali e come tali vengono elaborati dallemisfero sinistro, mentre
per gli occidentali le vocali sono suoni non verbali e quindi vengono elaborate
allemisfero destro.
22
Inoltre Tsunoda arrivato alla conclusione che se il soggetto viene esposto a due
suoni diversi contemporaneamente, per il nostro cervello il suono percepito come
verbale predominante rispetto al suono percepito come non verbale: per i giapponesi
sia una sillaba che una vocale, percepite entrambe come stimoli sonori verbali,
risultano predominanti rispetto ad un tono puro o un suono bianco, mentre per un
occidentale la sillaba predominante sia rispetto ai toni puri e ai suoni bianchi sia alle
sole vocali.
Successivamente Tsunoda, superando la prassi di laboratorio che utilizza per
questo genere di studi solo suoni artificiali, ha ripetuto i suoi test utilizzando suoni della
natura, quale il canto dei grilli, il rumore del vento o dello onde ed giunto alla
conclusione che i giapponesi processano anche questi suoni con lemisfero sinistro,
come se si trattasse di suoni con rilevanza verbale.
Nelle seguenti illustrazioni tratte da Tsunoda T., 1985, The Japanese brain :
uniqueness and universality illustrata la diversa lateralizzazione dei suoni tra i due
emisferi cos come si presenta nei giapponesi e negli occidentali.
23
Fig. 2 Diversa lateralizzazione nei giapponesi e negli occidentali
24
Quindi Tsunoda ne ha dedotto che nei giapponesi lemisfero sinistro (the Verbal
brain) molto pi carico di informazioni rispetto allemisfero destro (the Musical brain)
rispetto a quanto si riscontra negli occidentali, i quali elaborano con lemisfero sinistro
solo le parole e le sillabe, ovvero i suoni da loro percepiti come verbali.
In conclusione, questi studi dimostrano che la lateralizzazione delle funzioni
cerebrali non dipende solo da aspetti genetici, da meccanismi insiti nel cervello stesso,
ma che pu essere modificata anche da fattori esterni, ambientali, quali la lingua parlata,
e che nella ricezione orale lemisfero sinistro dei parlanti giapponesi in maniera diversa
da quello che avviene per i parlanti di altre lingue.
5.2 Peculiarit del sistema di scrittura giapponese
Le particolarit della lingua giapponese non si fermano per alla lingua parlata e
come Tsunoda si occupato delle relazioni tra funzioni cerebrali e stimoli sonori, altri
studiosi si sono interessati agli aspetti neurologici connessi al particolare tipo di
scrittura di questa lingua.
Il sistema di scrittura della lingua giapponese si caratterizza per luso di tre sistemi
simbolici, il sistema dei Kanji o ideogrammi cinesi e i due alfabeti sillabici dei kana,
Hiragana e Katakana (fig.3)
25
Fig. 3 da Mecacci L., 1984, Identikit del cervello
Questi tre diversi sistemi vengono usati nel giapponese scritto in combinazione tra
loro, insieme allalfabeto latino e ai numeri arabi, non come sistemi alternativi, ma
congiuntamente, cosicch per scrivere e leggere questa lingua necessario conoscere sia
il sistema degli ideogrammi cinesi che i due alfabeti sillabici Hiragana e Katakana, con
un notevole sforzo di apprendimento per i giapponesi stessi. Limpegno per dominare
un sistema cos complesso tale che la conoscenza degli ideogrammi evidentemente
correlata al livello di scolarizzazione e di cultura del singolo.
Kana
A differenza dei kanji che rappresentano un concetto, i kana sono caratteri grafici
che rappresentano una sillaba formata da una vocale o da una consonante pi una
vocale, e a parte limitate eccezioni vi una perfetta corrispondenza biunivoca tra segno
grafico e pronuncia. Esistono due alfabeti sillabici, Hiragana e Katakana (fig.3),
perfettamente equivalenti nel rappresentare le sillabe ma diversi nellambito uso: il
sistema sillabico Katakana usato per la trascrizione di parole straniere, compresi i
nomi propri, nonch per dare enfasi a frasi o singole parole, analogamente a quanto
26
avviene per litalico o il grassetto nelle lingue occidentali, mentre il sistema sillabico
Hiragana utilizzato in tutti gli altri casi in cui si scrive una sillaba e non un Kanji.
Kanji e kana sono entrambi indispensabili: se vero che si pu scrivere qualsiasi parola
in kana cosa che per di fatto fa solo un bambino allinizio della prima elementare
non tutto pu essere scritto in kanji.
Fig. 3 Hiragana e Katakana
27
In generale il sistema sillabico Hiragana utilizzato per rappresentare congiunzioni
e morfemi grammaticali (suffissi, flessioni verbali). Alcune parole, ad esempio alcuni
avverbi, possono essere scritte con uno o pi kanji pi un kana, o interamente con i
kana, operando una scelta di tipo stilistico: in ambito formale si preferisce lutilizzo
degli ideogrammi, in ambito informale si ricorre pi facilmente ai kana. Solo alcune
parole possono essere rese con un solo ideogramma, normalmente una parola viene resa
con due o pi ideogrammi, e solo alcune parole vengono scritte in kana perch non
esiste un kanji corrispondente. Questo sistema Kanji/Kana quindi caratterizzato da un
effetto legato al ruolo delle diverse componenti, dove i kanji rappresentano sostantivi o
radici di verbi e aggettivi e i kana rappresentano morfemi grammaticali.
Anche se qualsiasi parola pu essere scritta in kana, scrivere in kana ci che
scritto normalmente in kanji porta ad un effetto di straniamento e spesso a difficolt di
comprensione del testo, anche perch unaltra peculiarit del giapponese scritto il non
utilizzo degli spazi tra una parola e laltra, per cui non possibile applicare al
giapponese la definizione di parola come ci che appare tra due spazi. Proprio perch
difficile definire cosa si intende per parola, in ambito accademico si parla di saggi di
un determinato numero di caratteri, cos come in occidente si parla di saggi di un
determinato numero di parole.
Unaltra caratteristica peculiare del giapponese la possibilit di essere scritto
indifferentemente sia verticalmente dallalto verso il basso procedendo da destra verso
sinistra, sia secondo lordine occidentale, in orizzontale, da sinistra a destra e dallaltro
verso il basso. La scelta dipende da molti fattori, tra cui il grado di formalit del testo,
let dello scrivente o il contesto, ad esempio scolastico o letterario.
28
Kanji
Kanji significa letteralmente caratteri (Ji) degli Han (Kan) ed infatti il sistema degli
ideogrammi stato mutuato dalla dinastia cinese Han a partire dal V secolo d.C.
I giapponesi non avevano un sistema di scrittura proprio ed adottarono il sistema di
scrittura cinese adattandolo alla grammatica e alla fonetica proprie. Nel tempo poi Cina
e Giappone hanno semplificato in modo diverso gli ideogrammi e attualmente gli
ideogrammi giapponesi sono pi vicini al cinese classico di quanto non lo siano gli
ideogrammi attualmente utilizzati in Cina.
Un kanji normalmente non rappresenta una parola, ma un concetto, ovvero un kanji
portatore di un significato, con trasparenza semantica. Solo in alcuni casi per scrivere
una parola sufficiente un solo ideogramma, normalmente ogni parola composta da
due o pi ideogrammi, ed un kanji pu essere utilizzato per indicare la radice di un
verbo o di un aggettivo.
I kanji hanno due ordini di lettura dette on-yomi (lettura on) di origine cinese e kun-
yomi (lettura kun) di origine giapponese. La lettura on deriva dalla lettura cinese dei
kanji ed utilizzata nei composti ovvero nelle parole formate da pi di un ideogramma.
La lettura kun viene utilizzata quando lideogramma viene utilizzato come parola
autonoma a s stante. In pratica la lettura on di origine cinese viene utilizzata per
formare i composti, cos come nelle lingue europee vengono utilizzati elementi latini e
greci.
Un esempio pu essere rappresentato dalle seguenti parole giapponesi:
29
Parola
in kanji
Pronuncia Significato
letterale
Corrispondente
inglese
Etimologia
inglese
Corrispondente
italiano
kyoosuibyoo Paura-acqua-
malattia
hydrophobia Greco idrofobia
suizokukan Acqua-famiglia-
costruzione
aquarium latino acquario
suisha Acqua-ruota water wheel anglosassone ruota idraulica
In tutte e tre queste parole composte appare, abbinato ad altri, il kanji , acqua,
portatore della lettura on-yomi sui e della lettura kun-yomi mizu. Il meccanismo di
creazione delle parole con pi di un ideogramma particolarmente evidente nella
traduzione del termine italiano idrofobia, , kyoosuibyoo, composto dagli
ideogrammi paura-acqua-malattia, dove appare evidente la trasparenza semantica degli
ideogrammi.
Sempre in relazione allaspetto semantico, un'altra particolarit dei kanji di essere
classificati in base ai radicali. Un radicale una parte del kanji la quale deriva da un
altro kanji (in taluni casi radicale e kanji coincidono), pu essere un kanji stilizzato, o
scritto in piccolo. Il radicale fondamentale sia per la classificazione del kanji sia
perch la parte che d al kanji il valore semantico. Ad esempio lideogramma ,
acqua, come radicale viene stilizzato in e tutti gli ideogrammi che lo comprendono
hanno una qualche relazione con lacqua. Ad esempio il kanji che contiene questo
radicale indica la corrente.
La figura 4, tratta da Paradis Michel, Hagiwara Hiroko, Hildrebrandt Nancy, 1985,
Neurolinguistic Aspects of the Japanese Writing System, illustra diversi casi che
30
normalmente si possono presentare, parole composte da un solo kanji, parole composte
da un kanji pi un suffisso in hiragana, parole composte da due kanji pi un suffisso in
hiragana, parole composte da due kanji, parole composte da due kanji con lettura
irregolare, abbinando la lettura on e la lettura kun.
Fig. 4
Per la regola un ideogramma/un significato/una lettura on/una lettura kun non
sempre vera, e molti ideogrammi hanno pi di una lettura con una diversa accezione e
31
dei 2000 caratteri principali, quasi tutti hanno almeno una lettura On e il 38,1 % non ha
la lettura Kun.
La relazione tra carattere, suono e significato quindi in realt molto complessa e,
come evidenziato dalla fig. 6 tratta da tratta da Paradis Michel, Hagiwara Hiroko,
Hildrebrandt Nancy, 1985, Neurolinguistic Aspects of the Japanese Writing System , si
possono presentare numerosi casi:
(1) parole scritte con un solo carattere
(2) parole composte da pi caratteri semanticamente trasparenti con lettura
regolare
(3) parole composte da pi caratteri semanticamente trasparenti con lettura
arbitraria
(4) parole composte da pi caratteri con significato e lettura entrambi arbitrari
(5) parole composte da pi caratteri con lettura regolare (fonetica) e significato
arbitrario
(6) casi ibridi, con lettura parzialmente irregolare.
32
Fig. 4
33
Di fatto un parlante giapponese sceglie la lettura attivando una serie di strategie
anche in base al contesto. Limportanza del contesto per scegliere la pronuncia corretta
dimostrata anche dai numerosi studi condotti riguardo il modo in cui un soggetto
giapponese legge un ideogramma a s stante. Di fatto questi studi hanno concluso che il
soggetto decide come leggere un ideogramma a s stante scegliendo per ogni singolo
carattere la lettura pi frequente tra Kun e On, oppure in una lista di caratteri sempre la
lettura Kun o la On, se entrambe disponibili, oppure chiedendo allesaminatore quale
leggere. Questo d una misura di quante elaborazioni e scelte debba effettuare un lettore
giapponese davanti al testo scritto, sia per leggerlo sia per produrlo. Anche tralasciando
i casi pi complessi e considerando solo le parole semanticamente trasparenti con
pronuncia regolare, per scrivere e leggere il giapponese gli ideogrammi sono essenziali
e non possibile scrivere con i soli kana in quanto questa lingua particolarmente ricca
di omofoni. Questo perch le pronunce on usate per i composti, di origine cinese, sono
monosillabiche o al massimo bisillabiche e conseguentemente esistono moltissimi
omofoni. Quindi se un kanji rappresenta chiaramente il significato, esistono molti
ideogrammi con stessa pronuncia ma significato diverso che combinandosi tra loro
danno origine a parole omofone con significati assai diversi. Ad esempio in un
vocabolario medio sono riportate otto parole che si leggono kooki, ma che, composte
da ideogrammi diversi, hanno significati completamente diversi. Ad esempio entrambe
le parole e si leggono kooki ma la prima significa secondo semestre e la
seconda vuol dire invece buona occasione. Quindi oltre a pensare il suono necessario
pensare anche il disegno corrispondente per poter richiamare alla mente il
corrispondente significato.
Ma come viene elaborato tutto questo a livello celebrale? Adesso, con i progressi
fatti in campo neurologico, sappiamo che se un giapponese pronuncia un ideogramma,
34
non solo dovr pronunciarlo con lemisfero sinistro, ma dovr anche immaginarlo con il
destro, mentre con una lingua occidentale coinvolto il solo emisfero sinistro. Questa
lateralizzazione dei giapponesi apparve evidente gi nel 1914 quando venne scoperto un
caso di afasia di un uomo giapponese colpito da una lesione dellemisfero sinistro. Il
paziente aveva perso la capacit di leggere i kana ma avendo lemisfero destro intatto
poteva leggere i kanji. In seguito sono stati condotti numerosi studi a questo riguardo
che hanno confermato questa diversa lateralizzazione, anche se alcuni studiosi ritengono
che la dominanza dellemisfero destro valga solo per i kanji che rappresentano cose
concrete, e non per i kanji che rappresentano concetti astratti. A tale conclusione
giunto lo studio di Jeffrey L. Elman, Kunitoshi Takahashi and Yasu-Hiko Tohsaku,
Department of Linguistics, University of California, San Diego, USA, Lateral
asymmetries for the identification of concrete and abstract Kanji. Questi stessi autori
inoltre ritengono che aggettivi e verbi sarebbero elaborati dallemisfero sinistro.
Quindi, anche se alcuni aspetti devono ancora essere chiariti, possiamo dire che
anche per quanto riguarda il linguaggio scritto, la lateralizzazione dei giapponesi
diversa da quella degli occidentali, e ci conferma ancora una volta linfluenza di fattori
esterni sui meccanismi delle funzioni cerebrali.
Queste considerazioni sugli aspetti neurolinguistici della lingua giapponese parlata e
scritta delineano meccanismi di funzionamento diversi riguardo il modo di concepire
una lingua e una diversa lateralizzazione degli emisferi cerebrali rispetto a quanto
avviene per gli occidentali. In particolare lemisfero sinistro elabora come linguistiche
pi informazioni e quindi risulta pi impattato rispetto a quanto avviene in un
occidentale.
35
6. Ipotesi didattiche
Come per noi italiani il Giappone appare un Paese esotico, cos agli occhi dei
giapponesi il nostro appare un Paese lontano e diverso che offre di s unimmagine
positiva stimolando linteresse e la curiosit. Spesso proprio la curiosit che porta
lapprendente ad avvicinarsi alla nostra lingua e cultura, curiosit per i pi diversi
aspetti, quali ad esempio la moda, la cucina, il paesaggio, larte, larchitettura.
Come abbiamo visto, per, lapprendente giapponese proviene da un sistema
linguistico e culturale molto diverso dal nostro, e molto diverso anche da quello degli
altri apprendenti europei o anglofoni che compongono la classe in cui egli si trova
inserito. Questo lo mette in una condizione di difficolt in quanto tanti aspetti linguistici
e culturali che gli altri studenti almeno in una certa misura colgono con una certa facilit
o addirittura condividono con la lingua e cultura target, per un giapponese sono di
difficile decodifica.
La moderna glottodidattica, in linea con il Framework, pone al centro del processo
di apprendimento il discente, con i suoi bisogni e le sue caratteristiche, ma in questo
caso ci troviamo davanti a studenti che a causa della loro provenienza linguistica e
culturale cos diversa presentano caratteristiche ed esigenze spesso molto diverse.
Non si tratta per di tornare indietro e rinunciare alla classe: questa, universo di
socialit, rimane comunque il momento centrale del processo di apprendimento. Si tratta
invece di dare risposte a queste esigenze particolari salvaguardando quelle dellintera
classe e lavorare su ipotesi didattiche che facilitino per quanto possibile il grande sforzo
richiesto a questi studenti nellapprendimento della nostra lingua, senza rinunciare agli
stimoli sia linguistici che culturali che la dimensione sociale dellapprendimento offre.
36
6.1 - La motivazione
La motivazione pu essere definita come linsieme di quei fattori personali che
fanno s che un soggetto decida di iniziare e continuare nel tempo un determinato
comportamento diretto al raggiungimento di uno scopo. Se ci atteniamo a questa
definizione, la motivazione non immutabile nel tempo e pu essere ricondotta
essenzialmente a tre aspetti (cfr. Balboni, 2002):
il dovere
il bisogno
il piacere
Anche solo per esperienza personale sappiamo tutti che quando lo studio imposto
per dovere, le informazioni apprese restano nella nostra disponibilit solo per il tempo
del test o dellesame per poi svanire: sono rimaste nella memoria a breve termine senza
passare nella memoria a lungo termine.
Anche il bisogno non il miglior motore per la motivazione, necessario
innanzitutto che venga percepito e agisce solo fin quando esso sussiste: nel momento in
cui ritengo di averlo soddisfatto ecco che il mio impegno viene meno.
Solo la motivazione intrinseca legata al piacere di realizzarsi e di realizzare il
proprio progetto di vita pu sostenere un impegno duraturo e protratto nel tempo.
Per sostenere la motivazione importante fare leva sul piacere di apprendere,
evitando di sottolineare e sanzionare lerrore che deve essere invece presentato come il
normale e naturale prodotto di un processo che si basa su tentativi ed inevitabili errori.
Come abbiamo visto molti studenti giapponesi si avvicinano alla nostra lingua spinti
dalla curiosit per la moda, la cucina, larte. Sostenere continuamente questa curiosit,
37
alimentarla con stimoli continui e sempre diversi fondamentale per mantenere sempre
viva la motivazione intrinseca laddove gi esiste e farla sorgere quando non esiste. A
questo riguardo essenziale lanalisi dei bisogni degli apprendenti: sapere cosa li spinge
ad affrontare lo studio di una lingua e una cultura per loro cos lontane e complesse pu
aiutarci ad individuare tematiche che risultino interessanti e stimolanti e proporre
materiali che suscitino linteresse predisponendo allapprendimento.
Inoltre per gli apprendenti adulti anche la sistematizzazione grammaticale pu
essere considerata un piacere e coinvolgerli nella scoperta dei meccanismi di
funzionamento della lingua permette agli studenti anche di acquisire e far crescere la
capacit di imparare ad imparare e diventare autonomi nel processo di apprendimento
in unottica di life-long learning.
Sostenere, far emergere, far nascere una motivazione intrinseca legata al piacere
importante anche perch si ricollega alla sfera emozionale che gioca un ruolo
importante nella memorizzazione e nei processi cognitivi.
In conclusione, il docente deve fare leva sulla motivazione e se possibile non su un
solo tipo ma su vari tipi di motivazione al fine di mantenere costante nel tempo
limpegno richiesto per lapprendimento linguistico.
6.2 - Riflessione linguistica e fissazione delle regole
Proprio per la distanza tipologica, gli studenti giapponesi presentano una maggiore
lentezza nellacquisizione delle regole morfologiche. Come abbiamo visto questa lingua
strutturata in maniera profondamente diversa dalla nostra e per questi studenti
acquisire la necessaria padronanza per esprimersi fluentemente particolarmente
38
impegnativo, da cui la necessit di un maggiore ricorso alla riflessione grammaticale. E
fondamentale che il docente guidi lo studente alla scoperta dei meccanismi di
funzionamento della lingua evitando di presentare la grammatica come un insieme di
regole da apprendere ed applicare. La riflessione sulla lingua richiede tempo e una
partecipazione attiva da parte dellapprendente ma permette allo studente sia di fare
propri i meccanismi che via via andr scoprendo, sia di porre lattenzione anche su
quegli aspetti che altrimenti potrebbero essere non focalizzati. Probabilmente questi
studenti sono stati abituati ad un metodo deduttivo, dalla regola grammaticale alla sua
applicazione, dal generale al particolare: importante che essi siano resi consapevoli del
fatto che se anche un approccio basato sulla scoperta dei meccanismi di funzionamento
della lingua richiede tempi pi lunghi, questa la strada obbligata per una acquisizione
duratura.
Deve poi seguire il riutilizzo e la fissazione delle regole, fasi particolarmente
delicate e necessarie. Oltre ai classici esercizi di manipolazione, che spesso questi
studenti prediligono perch rassicuranti ed in linea con le loro esperienze precedenti, si
pu ricorrere a semplici attivit di tipo comunicativo che permettano di utilizzare e
fissare le regole per poi passare, ai livelli intermedi, ad attivit di riordino testi per
lavorare sulla coesione testuale, aspetto critico dovuto alla diversa struttura del periodo
nella L1.
6.3 - Il clima e le attivit nella classe
Lapprendimento in Italia si presenta come apprendimento misto, combinazione tra
lapprendimento guidato in ambiente formale con input controllato e graduato dal
39
docente e apprendimento spontaneo in ambiente naturale, con input non graduato e non
controllato. In questa situazione, oltre a poter contare su un input ricco e variegato, lo
studente ha la possibilit di utilizzare in reali situazioni comunicative quanto appreso
formalmente in classe ed questa la condizione migliore per lapprendimento.
Ovviamente nel caso dellapprendimento in ambiente misto il docente pu incidere
solo su quanto avviene in aula, non su quanto avviene al di fuori.
Un aspetto molto importante su cui il docente pu agire latmosfera che si respira
in classe, atmosfera che si costruisce gi nel momento della scelta dei testi e degli
argomenti da portare allattenzione degli studenti, testi ed argomenti che non devono in
alcun modo far sentire a disagio gli apprendenti. Per questo importante valutare
sempre cosa presentare e come trattare il materiale che si scelto, in un confronto
sempre aperto e rispettoso delle diverse culture che si incontrano nelluniverso di
socializzazione rappresentato dalla classe.
Un clima positivo, rilassato, non conflittuale, dove gli obiettivi del processo di
insegnamento-apprendimento siano ben chiari e dove i bisogni dello studente trovino la
giusta considerazione, permette di abbassare il filtro affettivo, migliorare
lapprendimento, contrastare la possibile tendenza allisolamento e facilitare la
produzione orale e lo scambio dialogico, anche nel caso di adulti particolarmente
insicuri.
Sappiamo che in generale lapprendente adulto non gradisce perdere la faccia n
davanti al docente, n davanti ai suoi pari. Questo aspetto ancor di pi rilevante
quando sono presenti apprendenti che per la loro provenienza culturale sono poco
abituati ad un approccio didattico che implica uno scambio tra pari e preferiscono
invece il modello tradizionale della lezione frontale. Per questo essenziale condividere
40
con gli studenti le motivazioni che sono alla base di quelle attivit che comportano una
loro partecipazione attiva, cos che queste siano pi facilmente accettate.
Un altro aspetto cruciale lerrore che non deve essere mai presentato come
qualcosa di negativo da evitare a tutti i costi, come risultato del mancato apprendimento
e come tale da stigmatizzare, ma come il normale esito del processo di apprendimento
che si svolge inevitabilmente per tentativi ed errori, via via che lapprendente costruisce
le sue ipotesi sul funzionamento della lingua. Sdrammatizzare lerrore ha quindi
leffetto di ridimensionare quello che altrimenti viene vissuto come un perdere la faccia
davanti agli altri.
Anche se razionalmente si rende conto della validit di metodi e approcci pi
moderni, ladulto tende a privilegiare i modelli educativi che ha sperimentato nella
propria formazione scolastica: proprio per questo opportuno rendere gli studenti
partecipi delle scelte didattiche attuate, spiegando la funzione di tutte le attivit e di tutte
le tecniche che richiedono una loro partecipazione attiva in un continuo flusso
comunicativo non solo con il docente ma anche con i pari. Sapere cosa si fa e perch lo
si fa genera un maggior senso di sicurezza e quindi una migliore predisposizione
allapprendimento da parte dello studente.
Bisogna dire per che lo scambio comunicativo attuato nella classe viene talvolta
vissuto dallapprendente giapponese con difficolt. Come abbiamo visto, in generale
ladulto non gradisce questo esporsi e ci ancor pi vero per gli studenti che per
motivi svariati non si sentono allaltezza e avvertono un senso di inadeguatezza. Per lo
studente giapponese adulto oltre a queste considerazioni dobbiamo inoltre tenere conto
del particolare significato e rilievo che assume in questa cultura il silenzio.
Se per altre culture il silenzio un qualcosa da evitare perch assume un significato
negativo di rifiuto dellaltro, e spesso si ricorre a scambi senza particolare senso che
41
hanno il solo scopo si colmare il vuoto, nella cultura giapponese avviene esattamente il
contrario. Non solo i valori pi significativi sono collegati alla reticenza per cui una
persona di poche parole appare pi degna di fiducia di una che parla troppo, ma il
silenzio spesso un modo per mantenere buoni rapporti con il gruppo, creando armonia
ed evitando contrapposizioni dirette, specialmente con i superiori, insegnanti compresi.
In questa cultura dove fondamentale mantenere larmonia con i vari elementi del
gruppo di riferimento, non ben visto n chi insiste sul proprio punto di vista prima che
si sia raggiunto un accordo condiviso da tutti, n chi ostenta la propria abilit o
conoscenza (cfr. Davies R.J., Ikeno O., 2007) e non sono ben viste le interruzioni e le
sovrapposizioni.
Agli occhi di un occidentale la cui cultura privilegia invece una comunicazione pi
chiara e diretta, questo silenzio pu risultare difficile da comprendere, pu confondere,
o addirittura pu essere interpretato come un rifiuto6.
Lo stesso docente rischia di interpretare questi silenzi come un rifiuto o come
una mancanza di impegno o partecipazione alle attivit della classe ed essere indotto a
forzare lo studente ad intervenire, con il rischio di ottenere invece un irrigidimento. E
invece essenziale essere coscienti del fatto che in ogni cultura vigono regole diverse
anche riguardo lo scambio dialogico e tenerne conto nellorganizzazione e gestione
delle attivit, rispettando eventuali silenzi che dovrebbero quindi essere gestiti con
rispetto della persona e sempre con gradualit.
Alla luce di queste considerazioni appare logica la preferenza manifestata dagli
studenti giapponesi per le attivit di coppia (cfr. Maggia F., Quaglieri A.). Oltre a
6 Tralasciamo qui i problemi che nascono da quello che si pu dire in una cultura ma che
invece non ammissibile in altre: ad esempio per un giapponese, per il quale sono importanti le relazioni con il gruppo di appartenenza, sono del tutto normali domande dirette relative alla sfera personale del tipo Quanti anni hai?, domande che invece sono poco accettate o addirittura inconcepibili in altre culture.
42
massimizzare i flussi comunicativi, queste attivit risultano preferite alle attivit in
gruppo o in plenaria perch riducono la paura di esporsi e perdere la faccia davanti
allintero gruppo classe, presentando minori problematiche di tipo relazionale.
Analogamente nella correzione degli errori questi apprendenti (cfr. idem) manifestano
una certa preferenza alla correzione degli errori da parte del docente rispetto al controllo
in coppia. Ci pu essere imputato sia al minor disagio per la perdita della faccia, sia
per una visione del rapporto docente-apprendente che vede comunque il docente come
superiore. E quindi importante tenere conto del modo di stare in classe di questi
studenti al fine di proporre loro attivit che siano produttive ai fini dellapprendimento
proprio perch in linea con le caratteristiche e preferenze.
6.4 La competenza lessicale
Negli stadi iniziali dellapprendimento linguistico, sia che si tratti di lingua materna
che di lingua seconda o straniera, la comunicazione essenzialmente affidata alle parole
piene. Lapprendente costruisce un suo repertorio lessicale formato essenzialmente da
parole portatrici di significato e su queste basa le sue produzioni; solo in un secondo
momento appaiono pi o meno stabilmente le parole funzionali, gli elementi con
funzione grammaticale, articoli, copula, pronomi personali, preposizioni.
La competenza lessicale stata per lungo tempo trascurata dalla teoria e dalla
pratica glottodidattica, liquidando largomento con generiche linee operative che
possono essere riassunte in due principi generali: il lessico non si pu apprendere con
liste da memorizzare e deve essere contestualizzato. Solo nei primi anni 90 stato
elaborato il Lexical Approch, basato sulla considerazione che la lingua lessico
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grammaticalizzato e non grammatica lessicalizzata, per cui proprio a cominciare dal
lessico che si deve iniziare.
Che il lessico sia il punto di partenza del processo di scoperta della lingua ben
chiaro agli studenti che cercano di memorizzare quante pi parole possono nella
convinzione che quante pi parole si padroneggiano, tanto pi possibile ricostruire e
trasmettere il senso, anche se non si conosce bene la grammatica.
Ma cosa intendiamo per lessico? evidente che il lessico non solo linsieme delle
parole utilizzate in una lingua, come se si trattasse di singole tessere unite a formare un
mosaico. Le parole non sono isolate le une dalle altre, sono invece entit legate tra loro
secondo dei legami di significato ben precisi, che si uniscono e si combinano anche
dando luogo a nuove entit, si pensi alle unit polirematiche. Per questo imparare una
lingua non vuol dire imparare singole parole isolate ma combinazioni di parole,
collocazioni, metafore.
Saper cogliere questo aspetto particolarmente importante nel caso degli
apprendenti giapponesi che vengono da una tradizione di studio delle lingue
caratterizzata da una ricostruzione letterale del senso che parte dai singoli elementi del
testo in lingua straniera riordinandoli poi secondo lordine della sintassi giapponese (cfr.
cap. 4. Cultura e lingua).
Spesso per il contesto didattico non tiene conto delle problematiche connesse con
una tale impostazione. Come abbiamo visto, a parte situazioni particolari come il
Progetto Marco Polo per linsegnamento dellitaliano a cinesi e le classi organizzate in
Italia per gli studenti delle universit americane, normalmente nelle scuole di lingua le
classi sono multilingue e multiculturali, con una prevalenza di studenti europei,
anglofoni o ispanofoni e i libri di testo pi diffusi sono pensati prevalentemente per
questo pubblico genericamente europeo. Questi manuali considerano buona parte del
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lessico contenuto nei testi proposti come facile perch presenta spesso una radice
comune con la lingua dorigine grazie alla quale fare inferenze e cogliere il senso. In
sostanza il lessico non viene considerato una criticit, come se fosse scontato che
lapprendente possa facilmente comprenderlo, acquisirlo e memorizzarlo con poca
fatica ed essendo litaliano una lingua altamente flessiva, lattenzione viene focalizzata
soprattutto sulle strutture morfosintattiche: il lessico proposto viene inserito in quella
determinata unit didattica perch necessario in quel determinato contesto ed
argomento. Ma poich il manuale adottato in classe passa poi a presentare unaltra
situazione a sua volta caratterizzata da un altro lessico, una volta presentato spesso il
lessico non viene pi riproposto, con il risultato che troppo frequentemente non si ha
memorizzazione, non si produce intake, specie quando questo incontro avvenuto solo
in fase ricettiva e non anche in fase di reimpiego: le parole, che sono i principali
elementi portatori di significato, passano senza lasciare alcuna traccia.
Ovviamente anche in questo caso ad essere svantaggiati rispetto ai compagni di
corso sono proprio gli studenti di provenienza linguistica pi lontana il cui vocabolario
ha ben poco in comune con quello italiano7.
Daltra parte, nellesperienza di tutti noi, ben chiaro che devono esserci delle
motivazioni profonde, dei meccanismi precisi che fanno s che se talora facciamo subito
nostra senza alcuno sforzo una parola incontrata anche una sola volta, per altre, anche se
si tratta di parole di uso frequente, dobbiamo ritornarci pi e pi volte prima di
memorizzarle e conquistarle.
7 Si potrebbe obiettare che il giapponese contiene termini stranieri e quindi anche termini
comuni a molte lingue europee. Questo certamente vero, ma si tratta di un numero di parole pur sempre limitato che per di pi ladattamento alla fonetica locale stravolge cosicch cogliere il legame con il corrispondente termine italiano non immediato.
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Dobbiamo quindi trovare una strada per facilitare questa conquista del lessico su cui
si basa il processo di apprendimento e in ultimo la comunicazione stessa.
Ovviamente non si tratta di fornire ai nostri studenti liste e liste di parole, si tratta
invece di legare le parole ad altre parole e legare queste parole ad una cultura e ad una
logica differente, costruendo valenze profonde, affettive, che permettano un
coinvolgimento cognitivo ed emotivo su cui basare lapprendimento.
Dare un significato profondo alle parole le fa diventare nostre, permettendoci di
avvicinarci alla lingua target e cogliere pi facilmente i nessi tra i diversi elementi del
testo, facendo tutte quelle ipotesi che ci permettono di scoprire le regole di
funzionamento della lingua.
Questo, soprattutto nelle prime fasi, vuol dire scegliere attentamente il lessico da
proporre secondo parametri sia quantitativi che qualitativi. Non possibile esporre lo
studente ad un lessico quantitativamente eccessivo, superiore alle sue ragionevoli
possibilit di memorizzazione, perch forzare questo limite oltre a non favorire
lapprendimento ha solo leffetto di generare frustrazione e senso di inadeguatezza.
necessario scegliere le parole anche qualitativamente, tra quelle del vocabolario di base,
selezionandole quanto pi vicine al vissuto e allesperienza dello studente, parole che
possano essere sentite come proprie, non estranee, parole che si incontrano anche
nellesperienza al di fuori della classe e che proprio per questo assumono una valenza
profonda, affettiva, parole realmente vissute come significative.
E lo studente avverte come vicine, oltre alla parole del proprio vissuto, anche le
parole relative al suo specifico campo dinteresse. Spesso lo studio dellitaliano viene
intrapreso per un passione particolare, culturale, o per motivi di lavoro o di studio e
proprio questo lessico pu diventare il punto di partenza dal quale iniziare la scoperta
della lingua italiana.
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Il lessico non deve essere percepito come un qualcosa di statico, di freddo ed
impersonale ma deve essere vissuto ed acquisito come qualcosa da manipolare, da
scomporre e ricomporre, anche alla ricerca dei legami etimologici, sempre in maniera
adeguata al livello degli studenti8.
E se concepiamo la grammatica come grammatica pedagogica che si sviluppa a
spirale e cresce in ampiezza e profondit con il livello dei nostri studenti, anche il
lessico pu essere presentato come un qualcosa che via via si amplia e si espande con i
progressi linguistici dei nostri apprendenti, anche tornando su situazioni e contesti gi
proposti, cambiando il punto di vista e il livello di approfondimento, per scoprire come
esistano pi espressioni per concetti simili.
Unattenzione particolare merita il dizionario, strumento potente e valido alleato
ma solo se utilizzato correttamente. Luso del dizionario in classe da parte del singolo
studente spesso per lui rassicurante ma lo estranea dal flusso comunicativo della classe
e come tale dovrebbe essere scoraggiato. Pi proficuamente il lessico pu essere
affrontato in chiave cooperativa con la partecipazione di tutta la classe ed lo stesso
insegnante che deve fornire chiarimenti ed esempi per coglierne i significati, i modi
duso e i collegamenti.
Il dizionario invece fondamentale quando lo studente lavora sul testo in
autonomia. In questa fase per presente il rischio di fermarsi alla prima definizione,
assumendola in blocco. quindi importante guidare lo studente ad un uso consapevole
del dizionario, focalizzando lattenzione sulle frasi desempio che permettono di
cogliere i diversi significati e usi nei vari contesti.
8 E interessante notare che le stesse etimologie greco-latine suscitano un grande interesse negli studenti nipponici anche perch in esse il meccanismo di formazione delle parole analogo a quello della lingua giapponese dove gli ideogrammi si uniscono dando luogo a nuove parole (cfr. cap. 5.2 Peculiarit del sistema di scrittura giapponese). Ad un livello non pi elementare quindi possibile lavorare proficuamente anche sulle etimologie greco-latine.
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Questa pu sembrare unovviet ma questo rischio, gi presente nel caso di dizionari
cartacei, ancora pi forte nel caso dei dizionari elettronici, molto diffusi in Giappone, i
quali presentano le frasi desempio in una sezione a parte per cui spesso proprio queste
non vengono nemmeno prese in considerazione. In questo modo sfuggono allattenzione
dello studente proprio quegli gli usi e quelle combinazioni che sono fondamentali per
lapprendimento del lessico e quindi delle diverse sottocompetenze linguistica,
discorsiva, referenziale, socioculturale, strategica che compongono la competenza
lessicale.
6.5 Lutilizzo di audiovisivi
Unanalisi approfondita dellutilizzo degli audiovisivi in glottodidattica esula
dallambito di questo lavoro ma possiamo prendere in considerazione alcuni aspetti che
rendono particolarmente interessante il loro uso nel caso degli studenti nipponici.
Sappiano che per il docente la preparazione e presentazione di materiale audiovisivo
decisamente pi impegnativa rispetto al materiale cartaceo, e che al contrario questo
invece molto apprezzato dagli studenti che trovano il film altamente motivante anche
perch nel vederlo si sentono paragonati ad un nativo.
In generale i testi audiovisivi offrono innumerevoli vantaggi, con un audiovisivo:
linsegnante ha modo di anticipare contenuti, portare in aula il mondo
esterno, affrontare le pi diverse tematiche ed avviare un confronto
interculturale;
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sono coinvolti pi canali e le informazioni veicolate dal canale visivo e
quelle veicolate dal messaggio verbale concorrono insieme alla costruzione
di senso;
le diverse componenti del testo audivisivo - voci, suoni, musiche, immagini -
coinvolgono emotivamente gli studenti permettendo quindi di agire sulla
sfera emozionale che tanta parte ha nellapprendimento;
consente di mostrare diversi modelli linguistici autentici contestualizzati sia
dal punto di vista comunicativo che culturale;
grazie alla componente visiva consente anche la presentazione di ambienti,
comportamenti e codici non verbali tipici della nostra cultura che altrimenti
non potrebbero essere mostrati adeguatamente;
viene rispettato il principio di direzionalit e bimodalit di Danesi: il
messaggio viene colto inizialmente nella sua globalit dallemisfero destro e
solo in un secondo momento il messaggio verbale viene analizzato
dallemisfero sinistro, rispettando cos la sequenza naturale di
apprendimento.
Ai livelli pi bassi verranno preferite sequenze e film nei quali il messaggio
veicolato prevalentemente dalle immagini e la lingua fornisce il commento
interpretativo, ai livelli intermedi potremo proporre sequenze e film nei quali lingua e
immagine concorrono insieme a costruire il senso integrandosi a vicenda, mentre a
livelli pi alti potranno essere presentati audiovisivi in cui il messaggio reso
essenzialmente dalla lingua e limmagine rappresenta uno sfondo situazionale ma non
funzionale.
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Queste considerazioni sono valide per gli studenti di qualsiasi provenienza ma nel
caso degli studenti giapponesi possiamo aggiungere che questa cultura ha da sempre
dato importanza alle immagini, si pensi a pittori del passato come Hokusai e Hiroshige
per arrivare fino ai videogiochi ed anime dei giorni nostri e in effetti (cfr. Maggia F.,
Quaglieri A., 2009) gli studenti giapponesi in Giappone dichiarano di apprezzare
particolarmente gli audiovisivi.
Per, oltre che per motivi estetici, legati anche allapprezzamento del cinema
italiano in Giappone, questa preferenza per laudiovisivo pu essere ricondotta al fatto
che questo tipo di testo va incontro alle difficolt incontrate da questi studenti nella
ricezione orale. Laudiovisivo infatti si presta allo sviluppo di questa abilit grazie alla
possibilit di contestualizzare e anticipare il messaggio attivando lExpectancy
Grammar, la grammatica dellanticipazione che ci permette di prevedere cosa pu
accadere in una data situazione, il lessico che verr utilizzato, il tipo di testo e di genere
comunicativo che si realizzer e la sintassi utilizzata (cfr. Balboni 2002).
Un altro aspetto molto importante che laudiovisivo si presta molto bene allo
sviluppo della competenza lessicale proprio perch la lingua, latto linguistico, vengono
presentati allinterno del contesto in cui si concretizza levento comunicativo e proprio
grazie al contesto le parole instaurano tra di loro rapporti di significato. Affinch il
lessico possa passare adeguatamente nella memoria a lungo termine, il percorso
didattico deve articolarsi oltre che nelle fasi di motivazione ed elicitazione delle
conoscenze, di visione e verifica della comprensione e di attivit sul testo, anche sulla
sintesi e riutilizzo di quanto appreso.
Possiamo quindi dire che, oltre ad incontrare il gradimento degli apprendenti,
spezzoni di film o fiction, di pubblicit e filmati in genere possono essere proficuamente
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impiegati proprio al fine di sostenere lo sviluppo dellabilit di ricezione orale e il
miglioramento della competenza lessicale che spesso risultano critici per questi studenti.
6.6 - La fonetica
Litaliano viene percepito dagli apprendenti nipponici come una lingua dal suono
facile al punto che proprio per questo motivo spesso gli studenti universitari la
includono nel loro curriculum di studi, preferendola ad altre lingue.