Cultura musicale bresciana Reperti e testimonianze di una
civiltà
a cura di Maria Teresa Rosa Barezzani e Mariella Sala
Ateneo di Brescia Accademia di Scienze Lettere ed Arti
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© 2017 Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa 71 - 25121
Brescia
Prima edizione: dicembre 2017
Redazione a cura di Enrico Valseriati Indice dei nomi a cura di
Marcello Mazzetti e Livio Ticli
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Daniela CastalDo
Musica a Brescia in età romana
Lo studioso interessato a ricreare il quadro della cultura musicale
a Brescia in età romana può basare la sua ricerca su diversi tipi
di fonti: per la maggior parte si tratta di scene figurate, più
raramente di frammenti di antichi strumenti e testi epigrafici. Il
periodo documentato va dal i secolo, epoca della fondazione della
città, fino a tutto il iv secolo1.
Brescia è menzionata dagli storici antichi tra i principali
insediamen- ti nell’Italia settentrionale dei Celti Cenomàni che
vennero progressiva- mente assoggettati dai Romani nel corso del i
secolo a.C. Il processo di romanizzazione culminò nel 49 a.C.
quando Brescia, come tutti i centri della Gallia Transpadana,
ottenne il diritto di cittadinanza romana2. Il cambiamento di
status giuridico fu determinante per l’assunzione della lingua e
della cultura romana: da questo momento infatti iniziò un pro-
cesso di sviluppo urbanistico che fece assumere all’antica Brixia
la fisio- nomia tipica della città romana, con la costruzione di
infrastrutture e di edifici pubblici rappresentativi come il foro,
i templi e il teatro. I reper- ti d’interesse musicale disponibili,
che illustrano diversi usi, funzioni e contesti della musica nella
società bresciana di età romana, in gran parte sono proprio
riconducibili a queste strutture. Si tratta infatti di frammenti di
decorazioni architettoniche e di sarcofagi di cui spesso risulta
difficile individuare la provenienza perché sono stati reimpiegati
in età medieva- le e rinascimentale. Molti materiali rinvenuti in
età antica, infatti, sono tutt’ora visibili nei muri di numerosi
edifici cittadini dove furono inseriti dal 1480, in ottemperanza ad
un provvedimento che prevedeva che lapidi ed elementi ornamentali
rinvenuti nel Foro fossero collocati a vista nei palazzi cittadini,
a ricordo della grandezza della civiltà passata.
La documentazione disponibile, che, quando non è ancora in loco, è
conservata nel Museo di Santa Giulia, si riferisce in gran parte a
contesti
1 Per una panoramica generale sulla musica romana, si vedano: Maria
Paola Guidobaldi, Musica e danza, Quasar, Roma 1992 (Vita e costumi
dei Romani antichi 13); Günter Flei- schhauer, voce Rome. i.
Ancient, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Mc-
Millan, London-New York 2001 [d’ora in poi New Grove], xxi, pp.
606-614.
2 Alfredo Valvo, La storia della città, Santa Giulia, Museo della
città. L’età romana, la città le iscrizioni, Electa, Milano 1998,
pp. 11-13. Per una più approfondita trattazione, si veda Alberto
Albertini, L’età repubblicana, in Storia di Brescia, i, diretta e
promossa da Giovanni Treccani degli Alfieri, Brescia, Morcelliana
1963, pp. 129-183; nello stesso volume: Mario Attilio Levi, L’età
imperiale, pp. 184-230 e Mario Mirabella Roberti, Monumenti della
città e del territorio, pp. 234-313.
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18 Daniela CastalDo
religiosi, in riferimento sia ai culti romani tradizionali, sia
anche alle re- ligioni orientali3.
Nel monumento funerario di Lucius Valerius Anteros Asiaticus, un
liberto legato alla gens Valeria, appartenente al collegio dei
seviri4, è il- lustrata una scena che documenta la presenza e il
ruolo della musica in àmbito religioso, ma il cui significato non è
chiaro: forse si tratta di una rappresentazione di munificentia
statale, una elargizione di beni in natura o denaro, probabilmente
in riferimento ad un episodio della vita del de- funto, nell’idea
di perpetuarne la memoria (fig. 1)5.
La prima figura da sinistra è stata interpretata come la statua di
Mer- curio su podio, allusione all’attività mercantile esercitata
dal defunto; accanto, una coppia di atleti è impegnata in un
combattimento, proba- bile riferimento ai ludi che costituivano
parte integrante della cerimonia religiosa e al cui svolgimento
sovrintendevano i seviri6. Un uomo togato,
3 A. Albertini, L’età repubblicana, p. 225. 4 «M(arcus)
[Va]le[r]i[u]s M(arci) L(uci) P(ubli) G(aiae) l(ibertus) Anteros
Asiaticus,
VIvir sibi ed Valeriae (Gaiae) l(ibertae) Trypherae uxori et
Phileto liberto», Brescia, Museo di Santa Giulia, inv. HR28. Prima
metà del ii sec. d.C. Corpus Inscriptionum Latinarum [CIL] V 4482.
La tavola fu inserita nel xv secolo nella parete del Palazzo delle
carceri, in piazza della Loggia, dove rimase fin verso il 1830,
quando fu murata nella parete della cella maggiore del Capitolium.
Cfr. Brescia Romana. Materiali per un Museo, Catalogo della mostra
(Brescia, 1979), Grafo, Brescia 1979, ii, pp. 205-206, B16. Si veda
anche Carla Compostella, Iconografia, ideologia e status a Brixia
nel i sec. d.C.: la lastra sepolcrale del seviro Atenros Asiaticus,
«Rivista di Archeologia», xiii (1989), pp. 59-75; Albino Garzetti,
Epigrafia figurata bresciana, in Scritti di storia e arte in onore
di Gaetano Panazza in onore del suo lxxx anniversario, Ateneo di
Scienze, Lettere ed Arti di Brescia, Brescia 1994, pp. 49-67:
61-62; Inez Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art,
American Aca- demy in Rome, Rome 1955 («Memoirs of the American
Academy in Rome», 22), p. 100, tav. 32, fig. 49a.
5 Si veda Petron. Satyr. 71, in cui Trimalcione descrive le scene
che vorrà rappresentate sul suo monumento funerario, tra cui, alla
base della sua statua, anche le imprese del famoso lottatore
Petraites.
6 Cfr. C. Compostella, Iconografia, ideologia e status a Brixia,
pp. 62-63. «I seviri augu-
Fig. 1 – Monumento funerario di Lucius Valerius Anteros Asiaticus.
Brescia, Museo di Santa Giulia, inv. HR28. Prima metà del ii sec.
d.C.
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MusiCa a BresCia in età roMana 19
probabilmente il defunto nella sua funzione di magistrato, sta
compiendo un sacrificio accanto ad un altare, alla presenza di un
musicista che suo- na le tibiae (tibicen)7. Al centro della scena
vi è un palco su cui siedono personaggi togati; le figure ai piedi
della struttura, per le loro dimensioni ridotte sono state anche
interpretate come parte del fregio che decorava il palco, verso cui
si dirige una processione di magistrati tra cui vi sono anche
alcuni littori con verghe. La scena di sacrificio è articolata
secondo l’ampiamente documentata iconografia degli altari augustei
che prevede la presenza dell’officiante capite velato, di un
assistente (camillus) e del suonatore di tibiae8. La presenza del
tibicen era funzionale al corretto svolgimento del rito: secondo
gli autori antichi, infatti, la musica delle tibiae non aveva
semplicemente un generico ruolo di accompagnamen- to, ma aveva
anche la funzione di isolare il rito dai rumori provenienti
dall’esterno, facendo in modo che il sacrificio avesse un esito
positivo9. La presenza dei tibicines durante i sacrifici, già
documentata in Grecia e in Etruria, acquisisce nel mondo romano una
particolare importanza, atte- stata anche dal fatto che essi erano
riuniti in una antichissima corporazio- ne (collegium tibicinum),
la cui fondazione viene fatta risalire addirittura ai tempi di Numa
Pompilio.
Nella stele fatta erigere per un altro seviro augustale, Antonius
Cal- listio, compare ancora un riferimento alla musica, in questo
caso senza connotazioni religiose: il defunto apparteneva infatti
al collegium aenato- rum, una corporazione di musicisti
professionisti che suonavano aerofoni di bronzo, come la tromba
dritta (tuba), o ritorta (cornu)10. Gli aenatores
stales erano al tempo stesso un gruppo di pubblici ufficiali
incaricati del culto imperiale e una specie di ordine, composto da
[...] una media classe locale cui si estendeva l’onore e il
privile- gio di essere custodi e fautori, attraverso il culto
imperiale, della fedeltà al regime imperiale»: M.A. Levi, L’età
imperiale, p. 204.
7 M.A. Guidobaldi, Musica e danza, pp. 41-46; James W. McKinnon -
Robert Anderson, voce Tibia, in New Grove, xxv, pp. 461-462.
8 C. Compostella, Iconografia, ideologia e status a Brixia, p. 64.
9 Plinio Iuv. Naturalis Historia xxviii 2, 11; Cicerone, De
haruspicum responsis oratio xi,
23. Cfr. Valérie Peché, Collegium tibicinum romanorum, une
associaciation de musiciens au service de la religion romaine, in
Chanter les dieux, ed. par Pierre Brulé - Christophe Vendries,
Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2001, pp. 307-338; Marco
Podini, Musica e musicisti nel rilievo storico romano: la
dialettica tra immagine e significato, «Ocnus», xii (2004), pp.
223-245: 226; Cristophe Vendries, Musique Romaine, in Thesaurus
Cultus et Rituum Antiquo- rum, ii, The Paul Getty Museum, Basel-Los
Angeles 2004, pp. 397-415: 406-407.
10 Coll(egium) aen(atorum) | P(ublio) Antonio | Callistioni, |
(se)uir(o) Aug(ustali), | ob merita. | Thallusa, c(on)t(ubernalis)
| eius, sportul(is)| dedicau(it) | et in tutell(am) ded(it) (ses-
tertios mille), |ex quor(um) usur(is) | iii id(us) feb(ruarias) |
quodannis sacrificet q(aestor) q(uis) q(uis) (?) – «Il collegio
degli aenatores, a Publius Antonius Callistionis sevir Augustale,
per i suoi meriti. Thallusa, sua compagna, ha consacrato una
sportula e ha donato mille sesterzi sotto tutela perché ogni anno,
nel terzo giorno prima delle Idi di febbraio, chi è questore faccia
un sacrificio (?)»: Brescia, Museo di Santa Giulia. Cfr. A.
Albertini, L’erma di Publio Antonio Cal- listione ritornata alla
luce a Brescia nel 1987, «Commentari dell’Ateneo di Brescia»,
Clxxxvi (1987), pp. 37-61: 54-61; cfr. Année épigraphique [AE] (1),
1991, 823. Per quanto riguarda
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prendevano parte alle attività militari, ad esempio per dare
segnalazioni durante la battaglia o per accompagnare i riti
religiosi che avevano luogo nell’accampamento; ma partecipavano
anche a momenti della vita civile, come i funerali, le processioni
religiose e i giochi dell’anfiteatro. Antonio Callistio apparteneva
probabilmente a questo secondo gruppo e, conside- rato che
ricopriva anche il ruolo di seviro, possiamo ipotizzare che questi
musicisti riuniti in collegia potevano raggiungere una posizione
piuttosto prestigiosa nell’organizzazione sociale della
città11.
Altri documenti fanno riferimento alla presenza della musica nei
culti orientali che dall’età augustea si diffusero ampiamente in
Italia accanto a quelli tradizionali. Il piccolo sistro rinvenuto
nei pressi del Capitolium apparteneva probabilmente ad una
statuetta di Iside12, una divinità di ori- gine egiziana, importata
a Brescia dai veterani e la cui presenza è docu- mentata anche da
alcune epigrafi13. L’uso del sistro durante il culto della dea è
ampiamente attestato sia dai testi, sia dalle immagini14.
Elementi musicali compaiono anche in alcuni rilievi in pietra
perti- nenti a monumenti sepolcrali. Nelle scene bacchiche
rappresentate in una lastra frammentaria di sarcofago, recuperata
nell’area di Santa Giulia, una delle menadi danza facendo risuonare
dei cimbali, uno strumento costitu- ito da due piccoli emisferi di
bronzo che venivano percossi l’uno contro l’altro, introdotto a
Roma al seguito dei culti di Dioniso e Cibele (fig. 2)15.
cornu e tuba, si vedano le rispettive voci nel New Grove a cura di
James W. McKinnon: voce cornu, vi, pp. 491-491 voce tuba.ii, xxv,
p. 861.
11 Cfr. Daniela Castaldo, Musiche dell’Italia antica, Antequem,
Bologna 2012, pp. 100- 102, con bibliografia precedente; Alexandre
Vincent, Les collèges de musiciens. Pratiques professionnelles et
insertion civique, in Collegia. Le phénomène associatif dans
l’Occident romain, ed. par Monique Dondin-Payre - Nicolas Tran,
Ausonius, Paris 2012, pp. 183-265: 194-197; Id., Les aenatores, une
catégorie de musiciens au service de la cité, in Le statut du
musicien dans la Méditerranée ancienne. Égypte, Mésopotamie, Grèce,
Rome, ed. par Sibylle Emerit, Institut français d’archéologie
orientale du Caire, Paris 2013, pp. 239-259: 253; C. Vendries,
Musique Romaine, pp. 412, 414.
12 Dalla cosiddetta “Aula dei pilastrini”, un ambiente di passaggio
posto tra il teatro e il Capitolium (scavi del 1937). Brescia,
Museo Santa Giulia, inv. ST 24651. Cfr. Brescia Roma- na. Materiali
per un Museo, ii, p. 106. James W. McKinnon - Robert Anderson, voce
sistrum, in New Grove, xxiii, pp. 450-451.
13 Corpus Inscriptionum Latinarum [CIL] v, 4219, 4220, 4041. 14
Arnaud Saura-Ziegelmeyer, Agiter le sistre pour la déesse:
reconstituer la production
sonore d’un idiophone, «Pallas», xCviii (2015), pp. 215-235.
Daniela Castaldo, Iside sulle sponde del Tevere. Presenze africane
nella musica di età romana, in Musica, culti e riti nell’oc-
cidente greco, a cura di Angela Bellia, Istituti editoriali e
poligrafici internazionali, Pisa-Roma 2014, pp. 315-321:
316-317.
15 «Dal pavimento di una “vetusta cappella” esistente negli orti
del monastero di Santa Giulia»: San Salvatore di Brescia. Materiali
per un museo, i, Grafo, Brescia 1978, pp. 72-73; James W. McKinnon,
s.v. Cymbala. 1, in New Grove, vi, p. 798.
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MusiCa a BresCia in età roMana 21
Ancora dei personaggi femminili impegnati in una danza movimen-
tata, come suggeriscono gli abiti svolazzanti, sono illustrati in
un cippo funerario cilindrico a forma di colonna: l’assenza di
elementi che si riferiscano esplicitamente alla sfera dionisiaca
non permette di identifi- carle con certezza come menadi16. Allude
probabilmente al viaggio del defunto nel mondo degli inferi l’erote
su biga trainata da due delfini, preceduto da un tritone che suona
la conchiglia marina, illustrato in un frammento di architrave,
probabile parte di un tempietto o di una edico- la funeraria (fig.
3)17.
16 Brescia, Museo di Santa Giulia. i d.C. (da via Cremona, scavi
2002). 17 Reimpiegato in via Tosio in un tratto delle mura romane,
recupero 1922. Cfr. Santa Giu-
lia. Museo della città. L’età romana, p. 72. Per il tema del
tritone, cfr. Noëlle Icard-Gianolio, voce Tritones, in LIMC, viii,
pp. 73-85. Per la conchiglia marina, cfr. Daniela Castaldo - Enrico
Acquaro, Ermes e la tartaruga. Una riflessione iconografica,
«Byrsa. Rivista di arte, cultura e archeologia del Mediterraneo
punico», xx-xxi (2012-2013), pp. 1-10: 8.
Fig. 2 – Satiri e menadi danzanti. Lastra frammentaria di
sarcofago. Brescia, Museo di Santa Giulia, inv. MR 134 (Dono
Averoldi). Metà ii sec. d.C.
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22 Daniela CastalDo
La conchiglia marina è l’attributo con cui i tritoni compaiono più
frequentemente anche nei testi, tanto che Ovidio lo definisce
«sonoro tritone»18. In alcuni casi, strumenti musicali compaiono
come semplici elementi decorativi, come la lyra e il flauto di pan
(syrinx) illustrati in due bassorilievi con festoni e ghirlande che
ornavano elementi architettonici rinvenuti nel Capitolium (?). Nel
primo sono ben visibili le sei corde della lyra con gli elementi
che le fissano alla traversa e il carapace di tartaruga che ne
costituisce la cassa di risonanza (fig. 4).
18 Ov. Met. ii 8; Cfr. anche Met. i, 330-342. Cfr. anche Verg. Aen.
x 209-210; Lucan, ix 348-349; Sil., xiv 373-374; Plin., NH, ix 9;
Nonn., Dion., vi 273-274; 36, 93; Paus. viii 2, 7.
Fig. 3 – Erote su biga trainata da due delfini e tritone che suona
la conchiglia marina. Frammento di architrave. Brescia, Museo di
Santa Giulia, inv. ST 120813. i sec. d.C.
Fig. 4 – Bassorilievi con bucrani da cui pendono festoni, e lyra.
Brescia, Museo di Santa Giulia. i d.C.
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MusiCa a BresCia in età roMana 23
I bracci, che nello strumento di tipo greco tendono a riavvicinarsi
alle estremità, in questo casi sono ricurvi all’infuori. La
presenza della lyra associata a bucrani e ghirlande è piuttosto
rara, a differenza della syrinx che, spesso associata a maschere e
pedum (il bastone ricurvo dei pastori), fin dal i sec. a.C.
costituisce un motivo decorativo molto comune nel mondo romano. La
syrinx è, almeno nell’antichità classica, lo strumento musicale dei
pastori e, soprattutto nelle arti figurative di età romana, del dio
Pan e dei satiri19. La sua presenza allude da un lato al mondo
bucoli- co e pastorale, dall’altro sembra derivare dall’uso di
appendere ad alberi strumenti musicali e maschere per dedicarli
alle divinità, in particolare per celebrare la vittoria nelle
competizioni poetiche o musicali. In un frammento architettonico
esposto a Santa Giulia, sotto al bucranio trovia- mo sovrapposti,
un pedum e una syrinx a sette canne, non di lunghezza decrescente,
ma quattro più lunghe e tre più corte. Le canne sono tenute insieme
da un solo elemento trasversale. Ancora una syrinx, posta tra una
doppia spirale, forse costituita da serpenti, è illustrata in un
frammento posto nella cripta di San Filastrio, nel Duomo vecchio
della città (fig. 5)20.
Lo strumento, che anche in questo caso è associato ad un pedum, è
composto da otto canne tenute insieme da due elementi trasversali:
le quattro più corte sono di lunghezza uguale, le altre
decrescenti. Alla fine
19 Cfr. Martha Maas, voce lyra. 1, in New Grove, xv, pp. 416-418;
James W. McKinnon, voce Syrinx, in New Grove, xxiv, p. 867.
20 Cfr. Carta archeologica della Lombardia. Brescia. La città, a
cura di Filli Rossi, Panini, Modena 1991, num. 175, p. 122.
Fig. 5 – Bassorilievo con syrinx e pedum inserito nella mura del
Duomo vecchio di Brescia, cripta di San Filastrio. i sec. d.C.
(?)
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24 Daniela CastalDo
del xv secolo, alcuni frammenti di iscrizioni e bassorilievi romani
rinve- nuti durante la realizzazione di piazza della Loggia, furono
inseriti nelle mura del Monte di Pietà e delle Carceri, allora in
costruzione21. Fra questi materiali, che costituiscono il più
antico esempio di Lapidarium esistente, si trova anche un terzo
esempio di syrinx, illustrato accanto ad una ma- schera appesa ad
un festone con bucranio (fig. 6)22.
21 Marina Braga - Roberta Simonetto, Verso Porta San Nazaro, in
Brescia città museo, Comune di Brescia-ix Circoscrizione, Brescia
2004, pp. 13-14.
22 Maria Teresa Rosa Barezzani, Syrinx (Riflessioni davanti ad una
lapide della loggetta di Brescia), «Commentari dell’Ateneo di
Brescia», Clxxxv (1986), pp. 95-121. Cfr. Carta archeologica della
Lombardia, num. 250e.
Fig. 6 – Bassorilievo con maschera e syrinx inserito nel portico
della Loggetta del Monte di pietà, Brescia, Piazza della Loggia. i
sec. d.C.
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MusiCa a BresCia in età roMana 25
Lo strumento è del tipo di quello del Duomo vecchio, composto da
otto canne, quattro più corte della stessa lunghezza e quattro più
lunghe, di lunghezza decrescente, tenute insieme da tre elementi
trasversali. Se il motivo della syrinx associata alla maschera è
piuttosto diffuso e ben documentato intorno al i secolo d.C., più
raro è il tipo di maschera rap- presentato, ornato d’edera e con la
bocca chiusa23. Quest’ultimo dettaglio fa pensare non alle maschere
della tragedia e della commedia, ma a quelle indossate dagli attori
del pantomimo, un tipo di rappresentazione teatrale introdotta a
Roma durante il principato di Augusto dai due famosi artisti Pilade
di Cilicia e Batillo di Alessandria. La pantomima consisteva nella
performance di un attore, chiamato appunto pantomimo, che
indossando una maschera, danzava mimando storie tratte soprattutto
dalla mitologia greca, ma anche dal repertorio teatrale. Il
pantomimo era accompagnato da un coro o da un solista che cantava
le parole di una specie di libretto: l’accompagnamento musicale era
realizzato da diversi strumenti, tra cui anche lo scabillum24, che
serviva per ritmare la danza, e la syrinx25. L’e- lemento che
caratterizza la maschera del pantomimo è la bocca: poiché l’attore
danzava mimando l’azione, senza parlare né cantare, la maschera che
egli indossava aveva la bocca chiusa, come quella rappresentata nel
bassorilievo di Brescia. Al contrario, le maschere indossate dagli
attori che recitavano i testi della tragedia e della commedia erano
rappresentate con la bocca aperta, come quelle illustrate in alcune
lucerne rinvenute in tombe del territorio bresciano: nell’esempio
esposto al Museo di Santa Giulia, sono illustrate due maschere
comiche (fig. 7)26.
23 John Jory, The masks on the propylon of the Sebasteion at
Aphrodisias, ed. by Pat East- erling - Edith Hall, in Greek and
Roman actors: aspects of an ancient profession, Cambridge
University Press, Cambridge 2007, pp. 238-253: 239.
24 Una specie di strumento a percussione che consisteva in due
tavolette di legno che veni- vano fissate al piede che, battendo
faceva risuonare i sonagli fissati tra le tavolette stesse. Cfr.
M.A. Guidobaldi, Musica e danza, p. 63.
25 Luc. Salt. 63, 68, 72, 83. Cfr. Edith Hall, Pantomime, A Lost
Chord of Ancient Culture, in New Directions in Ancient Pantomime,
ed. by Edith Hall - Rosie Wyles, Oxford University Press, Oxford
2008, pp. 1-46: 22-23.
26 Cfr. Ezio Buchi, Firmalampen e anfore “istriane” del Museo
Romano di Brescia, in Atti del Convegno internazionale per il xix
centenario della dedicazione del Capitolium e per il 150°
anniversario della sua scoperta, ii, Ateneo di Scienze, Lettere ed
Arti di Brescia, Brescia 1975, pp. 217-257, numm. 7 (tav. iii), 40
(tav. iv), 41 (tav. iv), 65 (tav. v), 68 (tav. vi), 112 (tav. vii).
La produzione di questo tipo di lucerne che hanno sul fondo il
marchio col nome della fabbrica che le aveva prodotte (nell’esempio
proposto, sul fondo è stampata la scritta FORTIS) inizia in età
augustea ed è attestata fino al v-vi secolo. Cfr. Persona: la
maschera nel teatro antico, Catalogo della mostra (Spoleto, 28
giugno-2 settembre 1990), a cura di Rita Paris, De Luca, Roma 1990,
pp. 58-59.
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26 Daniela CastalDo
Oltre a queste testimonianze iconografiche, i contesti funerari del
ter- ritorio circostante la città hanno restituito dei campanelli,
che costituisco- no gli unici esempi di strumenti musicali.
Ricordiamo quello da Gavardo e quello dalla necropoli di Campo
Mattone (località Taglie), rinvenuto nella tomba di un bambino (i
d.C.) (fig. 8)27.
27 Cfr. Piero Simoni, Testimonianze romane a Gavardo, a Vobarno e a
Salò, in Atti del Convegno internazionale per il xix centenario
della dedicazione del Capitolium, pp. 267-286: 269; Matteo
Tabaglio, Le necropoli romane della pianura bresciana: i dati della
carta archeo-
Fig. 7 – Lucerna con due maschere comiche (FORTIS). Brescia, Museo
di Santa Giulia, inv. MR 771. i-ii sec. d.C.
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MusiCa a BresCia in età roMana 27
Quest’ultimo dettaglio sembra coerente con quanto attestano le
fonti antiche che associano l’uso di campanelli e sonagli di bronzo
al mondo infantile: alla funzione di intrattenere i bambini con il
loro suono era probabilmente associata anche quella apotropaica che
gli antichi asso- ciavano al suono dei metalli e che probabilmente
riguardava anche la sfera funeraria28.
logica e aggiornamenti, Tesi di laurea triennale in archeologia,
Università di Padova, a.a. 2008/2009, pp. 53-54.
28 Alexandra Villing, For Whom Did the Bell Toll in Ancient Greece?
Archaic and Clas-
Fig. 8 – Campanello (“crotal bell”). Brescia, Museo di Santa
Giulia
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28 Daniela CastalDo
Non proviene dagli scavi sul territorio, ma rientrava già nell’alto
Medioevo tra le proprietà delle monache di Santa Giulia, un
prezioso co- fanetto reliquiario in avorio, forse prodotto in una
bottega dell’Italia set- tentrionale attiva nella seconda metà del
iv secolo d.C. Una struttura di legno di noce sostiene i pannelli
che ne costituiscono i lati e il coperchio: su tutta la superficie
sono riprodotti episodi e personaggi del Vecchio e del Nuovo
Testamento, resi però secondo un registro stilistico ancora
classico. Tra le scene illustrate, non tutte interpretate con
certezza, riferi- menti alla musica e alla danza sono presenti
nella fascia inferiore del lato sinistro, dove compare l’episodio
veterotestamentario dell’Adorazione del vitello d’oro (fig.
9a-9b)29.
sical Greek Bells at Sparta and Beyond, «The Annual of the British
School at Athens», xCvii (2002), pp. 223-295: 289-292; Sylvain
Perrot, Elephants and Bells in the Greco-Roman World: A Link
between the West and the East?, «Music in Art», xxxviii/1–2 (2013),
pp. 27-35: 28; C. Vendries, Musique Romaine, p. 399.
29 San Salvatore di Brescia. Materiali per un Museo, pp.
174-175.
Fig. 9a – Reliquiario in avorio (lipsanoteca). Brescia, Museo di
Santa Giulia, Avori, inv. 1. Fine iv d.C.
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MusiCa a BresCia in età roMana 29
Nel libro dell’Esodo si narra infatti che poiché Mosè tardava a
ritor- nare, dal monte Sinai dove si era recato per ricevere i
Dieci Comanda- menti, il suo popolo realizzò un idolo d’oro con le
sembianze di vitello e cominciò ad adorarlo, allestendo sacrifici e
banchetti in suo onore30. L’immagine mostra a sinistra, due
personaggi danzanti accanto all’altare con il bue, di cui si vede
solo la testa, e a destra cinque personaggi sdraia- ti a banchetto,
uno dei quali porge una coppa ad un servo perché sia ri- empita31.
I due personaggi accanto all’altare danzano scandendo il ritmo con
una specie di sonaglio formato da un corto manico che si biforca in
due asticelle flessibili e alla cui estremità sono fissati due
piccoli cimbali metallici: impugnando lo strumento, le due
asticelle oscillano, facendo risuonare i cimbali32. L’uso di questo
strumento nell’Egitto copto e in Africa settentrionale in età
romana è attestato sia da ritrovamenti archeo- logici, sia da
documenti figurati. Si vedano ad esempio gli esemplari conservati
al British Museum di Londra, con il manico di metallo (fig. 10)33 o
quello di Boston, in cui i piccoli cimbali sono invece fissati su
un manico di legno34.
30 Esodo, 32,1-19. 31 Catherine Brown Tkacz, The key to the Brescia
casket: typology and the early Christian
imagination, Université de Notre Dame Press, Paris 2001, p. 46;
Carolyn Joslin Watson, The Program of the Brescia Casket, «Gesta»,
xx/2 (1981), pp. 283-298.
32 Hans Hickmann, Cymbales et Crotales dans l’Egypte ancienne,
«Annales du service des antiquites de l’Egypte», xlix (1949), pp.
451-545: 523-543. Gli studiosi indicano questo tipo di sonaglio con
diverse definizioni: “tong-cymbals” (Blades - Holland, voce
Cymbals. 2, New Grove, vi, p. 800), “crotales à disques”
(Christophe Vendries, Questions d’iconographie musi- cale: l’apport
des terres cuites à la connaissance de la musique dans l’Égypte
hellénistique et romaine, «Greek and Roman Musical Studies», i
2013, pp. 195-227: 198, 212.
33 (“crotal”) “Roman age”
(www.britishmuseum.org/research/collection_online/collec-
tion_object_details.aspx?objectId=171785&partId=1&searchText=crotals&page=1,
ultima vi- sita 9 marzo 2017).
34 Boston, Museum of Fine Arts, 06.2373, “Roman Period”, from Egypt
(http://www. mfa.org/collections/object/krotala-or-clappers-153261,
ultima visita 9 marzo 2017). Ringrazio Zdravko Blazekovic che mi ha
segnalato la presenza di questo strumento nelle collezioni del
museo.
Fig. 9b – Reliquiario in avorio (lipsanoteca). Dettaglio con la
scena dell’adorazione del vitello d’oro
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30 Daniela CastalDo
Questo tipo di cimbali, usato perlopiù da personaggi femminili per
ritmare la danza35, compare anche in alcuni mosaici dell’Africa
romana, datati tra il iv e il v secolo, come ad esempio il
pavimento da Cartagine con scena di banchetto (fig. 11)36.
35 Questo tipo di cimbali sono attribuiti ad un satiro danzante
nella sena dionisiaca del mosaico pavimentale di Sheikh Zouede
(Israele), Ismailia Museum, iv-v secolo.
36 Mosaico pavimentale da Cartagine. Tunisi, Museo del Bardo (iv
d.C.).
Fig. 10 – “Cimbali” (tong-cymbal). Londra, British Museum, inv.
EA26260. “Roman age”
Fig. 11. Mosaico pavimentale con scena di banchetto. Tunisi, Museo
del Bardo (da Cartagine). Fine iv d.C.
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MusiCa a BresCia in età roMana 31
Il tema iconografico del danzatore che si accompagna con i cimbali
suggerisce che nonostante il reliquario di Brescia sia il prodotto
di una bottega dell’Italia settentrionale, tuttavia, gli artigiani
che la realizzarono conoscevano bene la coeva iconografia pagana
dell’Africa romana e la reimpiegano in contesto cristiano.
Le scene musicali illustrate in questo breve excursus si collocano
nel- la tradizione figurativa dei primi secoli dell’impero,
replicando modelli consolidati e ormai cristallizzati. Le scene
figurate si rifanno perlopiù a modelli decorativi stereotipati,
come i fregi con tema dionisiaco, gli eroti con delfini o le
ghirlande con la syrinx. Altre testimonianze, in par- ticolare il
campanello, i documenti epigrafici e, forse, il bassorilievo con la
maschera del pantomimo, fanno invece riferimento a situazioni reali
e contribuiscono quindi a ricomporre il quadro della cultura
musicale a Brescia in età romana.
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32 Daniela CastalDo
Sommario
Sergio onger, Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . 5 Maria TereSa roSa Barezzani,
Premessa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Daniela
CaSTalDo, Musica a Brescia in età romana . . . . . . . . . . . . .
17 Maria TereSa roSa Barezzani, Notazioni neumatiche a Brescia nei
secoli x-xiii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
1. Premessa, 33 - 2. Le adiastematiche, 34 - 3. Le diastematiche,
46 - 4. Conclusioni, 57 - Appendici, 60
reMo loMBarDi, I manoscritti liturgico-musicali domenicani pres- so
la Biblioteca Queriniana di Brescia . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . 63
1. Notazioni quadrate, 69 - 2. Litanie. La posizione e
l’identifica- zione di S. Caterina nelle litanie femminili, 96 - 3.
Litanie maschili, 108 - 4. Conclusioni, 110 - Appendice 1, 114 -
Appendice 2, 122
Paola DeSSì, I codici liturgico-musicali medievali di Brescia nel-
la collezione di G. C. Trombelli, amico di Padre Martini . . . . .
. . . . . 145
1. Nota sul collezionista, 145 - 2. Trombelli e Brescia:
manoscritti, libri, medaglie, 146
STefania ViTale, Uno scriptorium femminile nel Settecento a Brescia
al servizio del canto gregoriano della Cattedrale? . . . . . . .
159
1. Lo status di miscellanea work in progress - la pluralità delle
mani che presentano tratti comuni, 160 - 2. La peculiarità della
scrittura, 163 - Appendice 1, 182 - Appendice 2, 186 - Appendice 3,
188
franCeSCo Saggio, Un primo approccio analitico al Modulatio- num
liber primus (1560) di Giovanni Contino da Brescia. (Con ca- so di
filologia d’autore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189
1. Premessa, 191 - 2. I testi, 192 - 3. Le musiche, 197 -
Appendice, 212
MarCello MazzeTTi - liVio TiCli, «Quando de quintis terzisque
calabat in unam octavam». Per una storia della prassi esecutiva
della musica sacra a Brescia nel tardo Cinquecento . . . . . . . .
. . . . . . . 223
Appendice i, 253 - Appendice ii, 256
Daniele Torelli, La produzione polifonica dei monaci cassinesi
bresciani: riflessioni fra repertorio e contesto . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . 295
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590 SoMMario
auguSTo Mazzoni, Comporre musica a Brescia negli ultimi cent’anni .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337 Mariella Sala,
L’Opera a Brescia nelle carte dell’Archivio di Stato . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345
1. Musicisti e orchestra, 346 - 2. La stagione 1801-1802, 359 - 3.
Libretti d’opera bresciani nelle biblioteche del territorio,
365
MarCo Bizzarini, Aspettando l’imperatrice: vita musicale a Bre-
scia nella seconda metà del Seicento . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . 369 gioSuè BerBenni, I Serassi e la
cultura organaria bresciana . . . . . 381
1. Il tema, 381 - 2. I Serassi, 382 - 3. Il solido legame con gli
An- tegnati di Brescia, 385 - 4. La terra bresciana è onorata da
ottimi organari, 387 - 5. I Serassi nel territorio bresciano dal
1773 ca. al 1870, 388 - 6. I comuni della provincia, 393 - 7. La
città, 394 - 8. La situazione attuale, 397 - 9. La tradizione con
l’innovazione, 409 - 10. Le novità dello strumentale:
l’organo-orchestra, 410 - 11. Il crescendo rossiniano, 411 - 12.
Popolarità, modernità e nazionalità, 411 - 13. L’organo
risorgimentale, 412 - 14. Il Carteggio, 414 - 15. Conclusione, 415
- Appendici, 417 - Riferimenti di bibliografia del Catalogo,
476
roDolfo BaronCini, Da Brescia a Venezia: migrazioni, prassi
strumentale e patronage. Il caso di Giovanni Antonio Leoni «dal
violin» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 481
Regesto documentario, 501
faBio Perrone, La liuteria bresciana secondo mons. Angelo Be- renzi
(1853-1925) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 505 DonaTella reSTani,
Tracce di olifanti nella narrazione di un viaggiatore bresciano del
Quattrocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
535 ugo orlanDi, Bartolomeo Bortolazzi (1772-1846), virtuoso man-
dolinista e chitarrista bresciano. Nuove acquisizioni biografiche .
. 545
1. Il nome?, 552 - 2. Compagnie e istruzione musicale, 553 - 3.
Con- clusioni, 559 - Appendice documentaria, 560
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 565
Annali di storia bresciana
1. Brescia nella storiografia degli ultimi quarant’anni, a cura di
S. Onger 2. Moneta, credito e finanza a Brescia. Dal Medioevo
all’Età contempo- ranea, a cura di M. Pegrari 3. Dalla scripta
all’italiano. Aspetti, momenti, figure di storia linguistica
bresciana, a cura di M. Piotti 4. Brescia nel secondo Cinquecento.
Architettuta, arte e società, a cura di F. Piazza e E. Valseriati,
schede a cura di I. Giustina e E. Sala 5. Cultura musicale
bresciana. Reperti e testimonianze di una civiltà, a cura di M.T.
Rosa Barezzani e M. Sala 6. Fortunato Martinengo: un gentiluomo del
Rinascimento fra arti, lette- re e musica, a cura di M. Bizzarini e
E. Selmi [in preparazione] 7. Letteratura bresciana del Seicento e
del Settecento, a cura di C. Cap- pelletti e R. Antonioli [in
preparazione]
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Annotazioni
€ 35,00
Daniela Castaldo Remo Lombardi
Paola Dessì Stefania Vitale
Francesco Saggio Marcello Mazzetti
Livio Ticli Daniele Torelli
Augusto Mazzoni Mariella Sala
Marco Bizzarini Giosuè Berbenni
Rodolfo Baroncini Fabio Perrone
Donatella Restani Ugo Orlandi
a cura di Sergio Onger
Cultura musicale bresciana Reperti e testimonianze di una
civiltà
a cura di Maria Teresa Rosa Barezzani e Mariella Sala
ANNALI DI STORIA BRESCIANA
- Cop. Annali St. Bs