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Andrea Basso Legor Group Srl, Bressanvido (VI), Italia Dott. Andrea Basso è il Responsabile della Ricerca e Sviluppo e Tecnico di Legor Group. Nel 2003 e 2005 è stato insignito dell’Award for Excellence in Research da parte del Santa Fe Symposium. L’argento sterling è molto sensibile allo scolorimento (opacizzazione), fenomeno dovuto a fattori ambientali. Per il settore della lavorazione dell’argento, la produzione di pezzi che resistano all’opacizzazione (recentemente più che in passato) è diventata una dei principali obiettivi da conseguire. L’opacizzazione è il risultato di un complesso sistema di azioni chimiche e fisiche che rende estremamente difficile individuare spiegazioni chiare e, dunque, soluzioni definitive e convincenti. Il presente intervento analizzerà lo stato attuale delle conoscenze in merito all’opacizzazione citando la bibliografia esistente e illustrando le esperienze dirette dei laboratori di ricerca e sviluppo di LegorGroup. Inoltre, nell’intervento si forniranno i risultati di prove di scolorimento condotte su formulazioni di leghe standard e innovative sviluppate con attività di ricerca interna, concludendo con una breve trattazione sulla possibilità di incrementare ulteriormente la resistenza all’opacizzazione dei pezzi in argento mediante l’applicazione di lacche trasparenti molto resistenti all’usura.

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Andrea Basso Legor Group Srl, Bressanvido (VI), Italia

Dott. Andrea Basso è il Responsabile della Ricerca e Sviluppo e Tecnico di Legor Group. Nel 2003 e 2005 è stato insignito dell’Award for Excellence in Research da parte del Santa Fe Symposium.

L’argento sterling è molto sensibile allo scolorimento (opacizzazione), fenomeno dovuto a fattori ambientali. Per il settore della lavorazione dell’argento, la produzione di pezzi che resistano all’opacizzazione (recentemente più che in passato) è diventata una dei principali obiettivi da conseguire. L’opacizzazione è il risultato di un complesso sistema di azioni chimiche e fisiche che rende estremamente difficile individuare spiegazioni chiare e, dunque, soluzioni definitive e convincenti. Il presente intervento analizzerà lo stato attuale delle conoscenze in merito all’opacizzazione citando la bibliografia esistente e illustrando le esperienze dirette dei laboratori di ricerca e sviluppo di LegorGroup. Inoltre, nell’intervento si forniranno i risultati di prove di scolorimento condotte su formulazioni di leghe standard e innovative sviluppate con attività di ricerca interna, concludendo con una breve trattazione sulla possibilità di incrementare ulteriormente la resistenza all’opacizzazione dei pezzi in argento mediante l’applicazione di lacche trasparenti molto resistenti all’usura.

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Il tarnishing delle leghe d’argento: ragioni e possibilità

Introduzione

Il termine inglese “Tarnishing” indica in modo generico un processo di annerimento superficiale che rende esteticamente inaccettabile l’oggetto che ne viene interessato (1, 2). Nel campo dei preziosi, il problema del tarnishing interessa in modo prevalente gli oggetti in argento, la cui brillantezza iniziale viene compromessa in tempi relativamente brevi. Dal punto di vista chimico, il fenomeno del tarnishing può essere definito come un processo di corrosione spontaneo di media entità (2,3), originato dalla reazione chimica dell’argento e dai vari componenti di lega con una vasta gamma di agenti chimici presenti nell’ambiente. La decolorazione che ne deriva è causata dall’accumulo dei prodotti di reazione in un film superficiale che ne determina il tipico imbrunimento. La definizione originaria di tarnishing è stata prevalentemente associata all’alterazione cromatica (spesso accompagnata a fenomeni di iridescenza) derivante dall’azione dell’idrogeno solforato, reazione che prevede la formazione di una patina di colore giallognola che vira al bruno e successivamente assume colorazioni bluastre. In un senso più ampio è invece opportuno indicare come tarnishing l’insieme di tutte le reazioni in grado di causare un’alterazione del colore originario. E’ in accordo con quest’ultima valutazione che il presente lavoro si sviluppa, passando in rassegna ai principali agenti chimico-fisici responsabili di alterazioni cromatiche dell’argento e delle sue leghe. Nella seconda parte verranno prese in considerazioni le problematiche relative ai metodi di valutazione del tarnishing e alle possibili prospettive di definizione di norme ad hoc per la valutazione e la classificazione delle leghe d’argento in funzione della loro resistenza all’imbrunimento.

Fattori chimici e fisici responsabili del tarnishing

E’ praticamente impossibile elencare la vastità dei fattori chimici che possono interagire con l’argento e le sue leghe. Tuttavia, lo stato attuale delle conoscenze consente di delineare una descrizione, seppur non esaustiva, dei principali gruppi di agenti chimici e fisici responsabili del tarnishing e delle loro reazioni chimiche:Composti solforati. Rappresentano la categoria probabilmente più studiata. I composti solforati reagiscono con l’argento formando solfuro di argento (Ag2S), che possiede una colorazione grigio nera (4). Franey et al. (5) hanno descritto l’effetto di tarnishing a carico dell’argento puro policristallino in seguito ad esposizione a gas di idrogeno solforato (H2S), solfuro di carbonile (OCS), anidride solforosa (SO2) e solfuro di carbonio (CS2). La ricerca ha dimostrato che la velocità di formazione del solfuro di argento (Ag2S) in presenza di H2S e OCS sarebbe di circa 10 volte superiore rispetto a quella osservata con SO2, mentre risulterebbe trascurabile la formazione di solfuro di argento da parte del solfuro di carbonio (CS2). Tra questi composti, l’idrogeno solforato (H2S), agisce a livelli di concentrazione estremamente bassi (0.2 µg/m3 o ppb) ed è il meno presente in natura (0.03-5 ppb) (6), a differenza del solfuro di carbonile (OCS) molto più ubiquitario (0.3-20 ppb). L’OCS viene utilizzato sia come intermedio di produzione nell’industria chimica ed è presente nei gas di scarico, nei prodotti di combustione del carbone, nella decomposizione di biomasse e residui vegetali. E’ particolarmente presente nelle zone paludose e nelle lagune, dove la concentrazione può raggiungere valori di 60-180 ppb (7). Va comunque considerato che in presenza di umidità il solfuro di carbonile decompone dando a sua volta origine a idrogeno solforato (H2S) e monossido di carbonio (CO). Molto più presente (100 ppb), ma meno significativa ai fini del tarnishing risulta l’azione dell’anidride solforosa (SO2), mentre trascurabile sia per reattività che per concentrazione atmosferica media risulterebbe il solfuro di carbonio (CS2).La reazione chimica che porta alla formazione di solfuro di argento a partire da idrogeno solforato e argento è la seguente (2, 8):

2Ag + H2S + 0.5 O2 Ag2S + H2O,

ed è importante notare come la reazione richieda la presenza di ossigeno. Va inoltre considerato che altre condizioni ambientali come temperatura e umidità sono di fondamentale importanza per il tipo di reazione che ne deriva. Un esempio di come le diversità ambientali possano influire sul processo di tarnishing è illustrato in Fig.1.

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Fig. 1 – Effetto delle condizioni ambientali sullo spessore del film di reazione (Fonte: Ramous (2), presentazione. JTF2005)

La reazione viene mediata da un film liquido superficiale che agisce da interfaccia di scambio fra i reagenti del processo di corrosione.Le reazioni dei composti solforati con gli altri elementi possono risultare di entità addirittura superiore a quelle dei composti solforati con l’argento. Un elenco delle principali reazioni tra leghe di argento e agenti chimici presenti nell’ambiente è riportato in Tab I.

Tab.I. - Elenco delle principali reazioni chimiche coinvolte nei processi di tarnishing. Nella seconda colonna è riportata una costante di equilibrio che indica la tendenza della reazione ad avvenire alla temperatura 25°C. Un valore della costante di equilibrio superiore ad 1 indica che la reazione avviene spontaneamente; Valori elevati di K indicano una elevata tendenza da parte della reazione ad avvenire. Viceversa, valori della costante di equilibrio inferiore a 1 mostrano che la reazione tende spontaneamente a non avvenire (Fonte: Davis (8))

Reazione Costante di e q u i l i b r i o (K, 25°C)

Nome composto Colore (24)

2Ag + H2S + 0.5O2 Ag2S + H2O 6.117 x 1042 solfuro di argento nero, grigio-nero

2Cu + H2S +0.5O2 Cu2S + H2O 6.568 x 1050 solfuro di rame blu-nero

Cu2O + H2S Cu2S + H2O 8.197 x 1024 solfuro di rame blu-nero

GeO2 + 2H2S GeS2 + 2H2O 19.36 solfuro di germanio nero

SnO + H2S SnS + H2O 2.89 x 1010 solfuro di stagno marrone-nero, grigio

ZnO + H2S ZnS + H2O 2.292 x 1014 solfuro di zinco bianco

SiO2 + 2H2S SiS2 + 2H2O 6.840 x 10-35 solfuro di silicio bianco o grigio

B2O3 + 3H2S B2S3 + 3H2O 1.761 x 10-59 solfuro di boro bianco-giallo

Cu + O2 + 2NO2 Cu(NO3)2 2.736 x 1037 nitrato di rame blu

Ag + NO2 AgNO2 6.426 x 105 nitrito di argento giallo-grigio

Ag + 0.5SO2 + 0.25 O2 0.5 Ag2SO3 5.682 x 109 solfito di argento

Cu + 0.5SO2 + 0.5O2 0.5Cu2SO4 1.117 x 1031 solfato di rame verde

2Ag + Cl2 2AgCl cloruro di argento bianco

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In particolare, le reazioni tra idrogeno solforato e rame indicano un’elevata tendenza alla formazione di solfuri di rame, addirittura superiore alla tendenza alla formazione di solfuri di argento. Anche in questo caso, essendo i solfuri di rame di colorazione nero-blu, la loro formazione risulterà particolarmente visibile. Nelle leghe argento-rame in cui esiste un problema di miscibilità allo stato solido tra argento e rame (argento sterling standard), la struttura bifasica che ne deriva risulterà particolarmente attaccata, specialmente nella fase ad elevato contenuto in rame (Fig.2)

Fig. 2 - Lega argento-rame 925 sottoposta a test di sulfurazione mediante tioacetamide (TAA). E’ particolarmente evidente la reazione di sulfurazione a carico della fase ricca in rame.

Composti contenenti azoto. I composti azotati, comunemente indicati come NOx, derivano in prevalenza dalle emissioni dei gas di scarico dei veicoli a motore e delle industrie. Tra questi, Va considerato in particolare l’effetto causato dal biossido di azoto (NO2) (1), che presenta una buona reattività nei confronti del rame, con formazione di nitrati di rame (Cu(NO3)2) dalla colorazione blu (8). Questo gas può reagire in ambiente umido, dando luogo a formazione di composti aggressivi quali acido nitrico (HNO3) o decomporsi in presenza di luce e sostanze organiche volatili dando origine alla formazione di ozono (O3) (8,9). L’ozono è un energico ossidante di molti metalli a temperatura ambiente tra cui l’argento, di cui provoca l’annerimento a seguito di formazione di ossido di argento (11) (Ag2O, di colore nero e AgO, di colore grigio). E’ stato infine verificato che gli ossidi di azoto (in particolare NO2) possono agire da catalizzatori della reazione di sulfurazione da idrogeno solforato, aumentandone l’aggressività della reazione (10)Composti contenenti cloro. Esperienze interne hanno messo in evidenza l’elevata suscettibilità in generale delle leghe di argento in seguito ad immersione in soluzioni diluite di candeggina (Fig. 7). L’esperienza dimostra come l’azione del cloro attivo (come ipoclorito, ClO-) (1), la cui presenza è riscontrabile nell’acqua della piscina o nell’acqua potabile a concentrazioni intorno a 1-1.5 ppm, produca un effetto non trascurabile sulla perdita di lucentezza superficiale. Il cloro attacca l’argento generando cloruro di argento (AgCl2). Il cloruro di argento presenta una colorazione biancastra, ma una sua esposizione alla luce può portare ad annerimento del campione per decomposizione fotochimica, con produzione di cloro e argento metallico finemente disperso (19). Va infine considerata l’azione aggressiva dei cloruri. Le soluzioni a base di cloruri risultano particolarmente importanti per l’elevata conducibilità elettrica che conferiscono alla soluzione (con conseguente esaltazione dei fenomeni corrosivi galvanici) e per il loro forte potere depassivante.

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Composti a base di ossidi metallici. L’argento è pesantemente attaccato dell’ozono, come già si è accennato sopra. Lo stesso può essere affermato nei confronti dei principali componenti di lega come il rame. Nella forma dell’ossigeno gassoso (O2), la reazione a temperatura ambiente è modesta, mentre è significativa nei confronti della fase ad elevato contenuto di rame (CuO, di colore marrone-nero, Cu2O, di colore marrone-rosso).Effetto della luce. L’esposizione alla luce naturale o artificiale è considerata possibile causa di effetti di discolorazione sull’argento e relative leghe. Come già accennato sopra, la componente ultravioletta della luce (Fig. 3) può favorire la formazione di composti altamente reattivi quali l’ozono (O3). Nel caso della luce artificiale, le lampade ad incandescenza (a filamento tradizionale o alogene) attualmente disponibili sul mercato emettono nella regione ultravioletta in modo trascurabile (Fig.3b) a differenza di quanto si verificava fino a pochi anni fa, mentre una maggiore emissione di UV è invece attribuibile ad altre categorie di lampade, quali le lampade fluorescenti al trifosforo e quelle ai vapori di mercurio. Verosimilmente, la componente infrarossa della luce naturale e delle lampade ad incandescenza potrebbe esercitare un effetto di riscaldamento superficiale degli oggetti in argento (es durante l’esposizione alla luce diurna o all’interno di vetrine illuminate), aumentando la temperatura superficiale e quindi la reattività degli oggetti in argento ai vari agenti chimici presenti nell’ambiente.

Fig. 3 – Spettri di emissione della luce solare (a) e di vari tipi di lampade: incandescenza tipo tradizionale o alogeno (b), fluorescenti al trifosforo (c), vapori di mercurio (d) (Fonte: General Electric (12)).

Effetto della temperatura e dell’umidità. La sola presenza di sostanze inquinanti nell’aria non può prescindere dal ruolo esercitato dall’umidità e dalla temperatura nella reazione del tarnishing. L’umidità dell’ambiente gioca un ruolo fondamentale nella velocità di formazione, nell’estensione e nello spessore della patina scura. Il velo di acqua, dallo spessore di pochi strati atomici adsorbito sulla superficie, ha il ruolo di favorire la cinetica di reazione, agendo come interfaccia di scambio fra i reagenti del processo di corrosione. Anche la naturale diffusione dell’ossigeno sul velo di umidità che si deposita su una superficie contribuisce ad accelerare lo svolgimento della reazione. La temperatura induce un’accelerazione delle cinetiche di reazione, provocando un aumento del grado di annerimento a parità di tempo di esposizione. L’effetto esercitato da umidità e temperatura sullo spessore della patina superficiale è illustrato in Fig. 4. Il grafico mostra un comportamento in funzione della temperatura, in cui appare determinante lo spessore del velo di acqua depositato sulla superficie metallica. Si può osservare una diminuzione della velocità di accrescimento dello strato di solfuro passando da una temperatura di 20°C a 30°C, in concomitanza con la diminuzione dello spessore di acqua adsorbito; questo fatto indica una corrosione di tipo umido, che necessita molecole d’acqua per accelerare il decorso della reazione. Aumentando la temperatura oltre i 40°C si raggiungono le condizioni per procedere con una tipologia di corrosione simile a quella che avviene in un ambiente secco (2,5).

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Fig. 4: Spessore del film di Ag2S dopo esposizione totale a 100 ppm/h di H2S o di OCS, in funzione della temperatura. La linea tratteggiata rappresenta lo spessore del film d’acqua (U.R. 94%) (5).

Caratteristiche dello strato di ossidazione superficiale

Studi effettuati su campioni di argento sterling e lega ArgentiumTM (8) mostrano come i prodotti delle reazioni della lega con i vari agenti ambientali portino alla formazione di un film costituito prevalentemente dai solfuri e dagli ossidi dell’argento e dei metalli di lega. A seconda delle condizioni, lo spessore dello strato di ossidazione è risultato compreso tra i 50 e i 160 nm. Le caratteristiche del film sono tali da creare una sorta di barriera che si interpone tra la lega sottostante e gli agenti chimici, rallentandone progressivamente l’inspessimento. Se quindi all’inizio la velocità della crescita del film di ossidazione è legata in modo particolare alla concentrazione ambientale degli agenti chimici, al procedere della reazione è la loro capacità di diffondere attraverso il film superficiale (diffusività) che diventa la componente che di fatto regola la velocità della reazione. La velocità di diffusione attraverso il film superficiale di ossidazione è dipendente da vari fattori, quali la natura dell’agente chimico, la compattezza della patina di ossidazione e la tortuosità dei pori che mettono in comunicazione l’ambiente esterno con la superficie della lega. Davis (8) suggerisce che esista una relazione di tipo lineare tra spessore del film di ossidazione e la radice quadrata del prodotto del tempo, concentrazione e diffusività di un certo agente chimico.

Influenza della qualità superficiale e dello stato del materiale sul tarnishing

A parità di composizione, la velocità delle reazioni superficiali è fortemente influenzata dalle caratteristiche di superficie e dallo stato in cui il materiale si trova (grezzo di fusione, incrudito, ricotto). Considerando che i processi di tarnishing in condizioni ambientali normali sono ascrivibili principalmente a processi di corrosione per via umida, grazie alla presenza di un sottile film liquido superficiale che ricopre le superfici, la caratteristica dei processi corrosivi si basa sulla formazione di celle galvaniche, di cui le porosità e le asperità in genere rappresentano la componente più facilmente soggetta a corrosione (parte anodica). Per questa ragione, superfici porose, ruvide o a spigoli vivi rappresentano le parti più facilmente attaccabili dai vari agenti chimici rispetto a superfici perfettamente lisce. Un esempio viene indicato in Fig. 5, relativo all’ingrandimento al microscopio ottico di una piastrina di argento sterling sottoposta a test di sulfurazione (TAA). Dalla marcata area di corrosione circostante i pori (facilmente distinguibile dal colore marrone), si può facilmente osservare come queste microcavità abbiano subito un processo di degradazione molto più marcato rispetto all’area circostante. Si deduce, che a parità di composizione, la caratteristiche superficiali dell’oggetto rappresentano un aspetto di importanza fondamentale per la sua resistenza al tarnishing. Per quanto riguarda invece lo stato del materiale (grezzo di fusione, incrudito, ricotto), migliori condizioni di stabilità possono essere conseguite riducendo al minimo la reattività superficiale, condizione che può essere conseguita eliminando mediante trattamento

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termico tutto ciò che può provocare situazioni di stress o tensione (incrudimento, ecc.).

Fig. 5 – Microfotografia relativa alla superficie di una lega sterling dopo prova di sulfurazione (TAA). Si può osservare come l’attacco da parte dell’idrogeno solforato si sia concentrato attorno alle due cavità (pori) al centro della foto.

Sviluppo di leghe ad elevata resistenza al tarnishing

I processi di reazione superficiale che portano al fenomeno dell’imbrunimento non possono essere eliminati, in quanto l’argento e le sue leghe tendono spontaneamente a trasformarsi in composti termodinamicamente più stabili rispetto allo stato metallico. Questa tendenza non può quindi essere annullata, ma è invece possibile controllarla dal punto di vista cinetico, ossia gestire o meglio ridurre la velocità con cui queste reazioni tendono spontaneamente ad avvenire. Lo sviluppo delle leghe ad elevata resistenza al tarnishing degli ultimi anni ha fondamentalmente perseguito l’obiettivo di creare delle formulazioni in grado di eliminare o ridurre al minimo la presenza di alcuni componenti particolarmente sensibili e di ridurre la velocità di reazione superficiale con il più ampio numero possibile di agenti chimici presenti normalmente nell’ambiente. Gli approcci per conseguire questo obiettivo sono stati molteplici, portando a vantaggi e svantaggi a seconda del tipo di agenti chimici coinvolti e delle specifiche condizioni ambientali . Le principali direzioni verso cui il processo di miglioramento si è mosso sono fondamentalmente le seguenti (3):

Riduzione o eliminazione di fasi con maggior suscettibilità alla corrosione•La presenza di strutture a più fasi può portare ad un’accelerazione dei processi corrosivi dovuti alla corrosione della fase maggiormente ricca in rame (meno nobile) e l’instaurarsi di processi di tipo galvanico. La situazione più nota relativa ad una lega a struttura bifasica è quella relativa alla lega argento-rame (Ag925/Cu75, o argento sterling standard), la cui scarsa resistenza al tarnishing da composti solforati è ben nota. Una possibilità di ridurre la suscettibilità alla reazione da tarnishing può essere quella di ridurre l’estensione della fase ricche in rame mediante aggiunte di altri elementi di lega. Aggiunta di elementi a maggior grado di nobiltà e conseguentemente con maggior resistenza alla corrosione•L’aggiunta di metalli preziosi in qualità di metalli nobili alle leghe per argento rappresenta un’altra via attraverso cui ottenere un aumento della resistenza alla corrosione. L’aggiunta di elementi preziosi è basata fondamentalmente sul concetto statistico di sostituzione alla superficie di un certo numero di atomi di argento e altri componenti di lega con atomi di metalli nobili, in modo tale da ridurre il numero di atomi reattivi agli agenti atmosferici. Esistono in commercio vari tipi di leghe con contenuti di palladio, oro e platino (17) aggiunti in varie concentrazioni, la cui resistenza al tarnishing dovrebbe risultare maggiore per effetto di tali aggiunte. Gli svantaggi sono ovviamente legati al costo delle leghe che ne derivano.Aggiunta di elementi in grado di produrre film superficiali in grado di proteggere la superficie metallica dalla corrosione •(passivazione)L’aggiunta di elementi come il germanio e il silicio in grado di creare film superficiali sottili e densi (passivazione) rappresenta uno dei punti di particolare importanza per l’aumento delle proprietà di resistenza al tarnishing.Aggiunta di elementi i cui prodotti di reazione con gli agenti ambientali risultano scarsamente colorati o addirittura •trasparentiCome già accennato, la selezione dei componenti di lega in funzione della colorazione dei prodotti di reazione rappresenta un ulteriore punto che può contribuire a ridurre l’effetto visivo del processo di corrosione.Aumento del grado di purezza di lega ed in particolare del suo contenuto in ossigeno • Alcuni elementi presenti come impurezze possono peggiorare, come ad esempio selenio (Se) e tellurio (Te) la resistenza al tarnishing (21). In linea generale,

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la presenza di impurezze o inclusioni può aumentare la sensibilità al fenomeno del tarnishing favorendo l’innesco della reazione.Riduzione del grado cristallino e della segregazione.•

E’ noto che un materiale a grano fine e a composizione omogenea presenta maggiore stabilità e resistenza rispetto ai fenomeni di corrosione.

Esempi di leghe ad elevata resistenza al tarnishing

La progettazione di leghe ad elevata resistenza al tarnishing tiene conto di più di uno degli aspetti considerati sopra, bilanciandone le varie componenti in modo tale da accumulare i vantaggi.Tra le formulazioni che si sono rese particolarmente note per le loro proprietà antitarnish va ricordata il sistema di lega ternario argento-rame-germanio, distribuita a sotto il nome commerciale di ArgentiumTM (3, 8, 14, 15, 16). Il principale meccanismo di resistenza riguarderebbe la formazione di un sottile film di passivazione di pochi nanometri di spessore, che si formerebbe spontaneamente a temperatura ambiente. Sulla base delle esperienze effettuate da Johns (14) e Davis (8), l’azione di un trattamento termico di indurimento a temperature intorno ai 300°C, come anche un semplice riscaldamento a circa 100°C, aumenterebbe la compattezza del film di passivazione aumentando ulteriormente la resistenza al tarnishing.Le leghe a base di silicio offrono, accanto alla proprietà di fornire getti brillanti adatti alla microfusione con pietre, proprietà di resistenza al tarnish che possono risultare particolarmente elevate, in base anche alla combinazione del silicio con altri componenti di lega. Esperienze interne hanno monitorato in un’ampia varietà di situazioni ambientali la stabilità della lega Legor AG108M, attualmente considerata sul mercato una delle leghe anti-tarnish più resistenti (Fig.6).Va infine ricordato lo sviluppo di una formulazione con caratteristiche innovative denominata Legor Ag-liteTM (patent pending). Si tratta di una lega monofasica, priva di rame e con piccole aggiunte di metalli preziosi. Prove effettuate hanno dimostrato per questa lega proprietà di resistenza alla sulfurazione e al cloro attivo particolarmente elevate (Fig. 7).

Fig. 6 – Campioni di leghe dopo 24 mesi di esposizione nel bagno interno con doccia di produzione. La comparazione con l’argento sterling dimostra l’elevata resistenza della lega Legor AG108M.

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Fig. 7 – Effetto di corrosione su campioni di leghe di argento (Legor Ag-Lite a sinistra, argento sterling a destra), prima e dopo immersione in una soluzione 1/10 di candeggina (corrispondenti a circa 500 ppm di ipoclorito di sodio) per 4 ore a 30°C. Appare evidente la forte azione di corrosione della lega rame argento a confronto con Ag-lite.

La valutazione delle proprietà di resistenza al tarnishing delle leghe di argento

Alla luce di quanto sopra appare evidente che il fenomeno del tarnishing è un problema complesso e probabilmente non ancora completamente chiarito. Ciononostante, esiste la necessità di definire cosa si intenda per resistenza al tarnishing e quando una lega o un oggetto possa definirsi resistente oppure no. Il settore della gioielleria non possiede standard propri per effettuare valutazioni di resistenza al tarnishing e per tale ragione vengono spesso adottati standard relativi a test di corrosione derivati dal settore degli acciai, dentale, tessile, calzaturiero e dell’occhialeria. Nemmeno è chiaro quali siano le condizioni di prova e quali siano i parametri in base ai quali definire quando un oggetto possa essere considerato resistente al tarnishing o no. Da tutta questa situazione deriva una certa confusione su cui varrebbe la pena di fare chiarezza.Una raccolta sicuramente non esaustiva delle principali norme ufficiali e metodi interni che sono stati utilizzate finora nel settore orafo argentiero è riassunta nella seguente tabella è può dare un’idea del quadro normativo esistente in materia di procedure per la valutazione della corrosione superficiale (Tab II):

Tab.II – Elenco delle principali norme relative alla valutazione di processi di corrosione. L’elenco si rifersce d una raccolta di norme per cui è nota l’applicazione nel settore orafo-argentiero, dell’acciaio, calzaturiero, tessile, dentale e dell’occhialeria.

Riferimento Descrizione provaAgenti chimici/fisici di riferimento

Durata Note

UNI EN ISO 4538Prova di corrosione alla tioacetammide (prova TAA)

Idrogeno solforato (H2S) 24 h

E’ probabilmente il test più utilizzato. Gli oggetti vengono inseriti all’interno di un contenitore ermetico all’interno del quale viene liberato H2S dalla decomposizione della TAA. Va considerata la tossicità della tioacetammide. Temperatura di prova: 20°C.

UNI ISO 4524-2 Prova di resistenza all’anidride solforosa

Anidride solforosa (SO2)

8 h

La prova consiste nel mantenere i campioni in oggetto all’interno di una camera termostatata a 25°C, dentro la quale è posta una soluzione di tiosolfato di sodio 200 g/l e acido solforico.

Peruzzo (18), Davis (8) Prova di sulfurazione Idrogeno solforato (H2S)

4h (Rif.18)

I campioni vengono esposti a vapori di idrogeno solforato liberati da una soluzione di solfuro di ammonio (NH4)2S. Le due fonti citate si riferiscono a condizioni di prova diverse.

Lega SterlingLega Ag-liteTM

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Tuccillo-NIelsen Prova di sulfurazione Idrogeno solforato (H2S) 0.5h

I campioni sono montati su una ruota girevole e vengono ciclicamente esposti all’aria ed immersi in una soluzione di sodio solfuro Na2S. Si tratta di un test molto più aggressivo del TAA test, in quanto gli ioni S2- arrivano in contatto della superficie in quantità molto superiore ed inoltre l’alternanza soluzione-aria favorisce la reazione che porta alla formazione di solfuri di argento.

Faccenda (19) Test accelerato in atmosfera di zolfo

Composti solforati, cloruri, altro…

96 h max

I campioni sono sospesi all’interno di un beaker contenente una soluzione al 2% di sapone per cosmesi allo zolfo. La soluzione viene fatta gorgogliare mediante immissione di aria, in modo tale che i campioni risultino immersi nella schiuma che ne deriva.

UNI EN ISO 12870:2009 Test di resistenza al sudore artificiale Cloruri, altro 24 h

La norma è applicata al settore dell’occhialeria. La prova consiste nel mantenere i campioni appoggiati sopra uno strato di cotone imbevuto in una soluzione simulante il sudore umano. Temperatura di prova: 50°C.

UNI EN 3160-2 Test di resistenza al sudore artificiale Cloruri, altro 16 h

La prova consiste nel mantenere i campioni appoggiati sopra uno strato di cotone imbevuto in una soluzione simulante il sudore umano. Temperatura di prova: 40°C.

UNI EN ISO 105-E04:2009 Test di resistenza l sudore artificiale Cloruri, altro 72 h

La prova consiste nel mantenere i campioni appoggiati sopra una carta assorbente imbevuta in soluzione simulante il sudore umano.

UNI EN ISO105 E-2:1998 Resistenza all’acqua salina Cloruri, altro

La prova consiste nel mantenere i campioni all’interno di acqua salina per 4 ore. Lo scopo di questa prova è di verificare l’eventuale danneggiamento che la presenza del sale può causare al campione.

UNI EN ISO 22775 Prova di resistenza alla corrosione

La norma è applicata al settore delle calzature/accessori metallici. La norma specifica due metodi per la determinazione della propensione di una superficie metallica di cambiare aspetto dopo la contaminazione a causa dell’inquinamento atmosferico.

UNI EN ISO 105-E03:1998 Prova di resistenza all’acqua clorata Cloro attivo

Il test simula l’effetto di decolorazione esercitato dall’acqua clorata (test della piscina) sui tessuti. I campioni vengono immersi in acqua clorata per 1 ora.

Legor Test di resistenza al cloro attivo

Ipoclorito di sodio 4 h

Il test valuta l’effetto aggressivo di una soluzione commerciale di varechina diluita 1/10. Il test è particolarmente aggressivo.

UNI EN ISO 105-G01:1998 Resistenza agli ossidi di azoto

Vapori di acido nitrico

Il test simula l’effetto di decolorazione esercitato dagli ossidi di azoto sui tessuti.

UNI EN ISO 105-B-02:2004UNI EN ISO 105 B-04:2000

Xenotest - Prova di resistenza alla luce solare

Luce solare, umidità, temperatura

La prove riguarda prove di decolorazione dei tessuti in seguito ad esposizione alla luce solare in presenza di particolari condizioni climatiche. Forniscono poche informazioni utili per applicazioni su gioielli e affini

Peruzzo (18) Prova ai raggi UV UV-A, UV-B, UV-C 1 h

Esposizione dei campioni ad una lampada UV ad ampio spettro. La prova simula l’effetto di un’esposizione di circa 50 ore a 3000 mt di quota nel mese di luglio. L’azione aggressiva sulla superficie è dovuta anche all’azione dell’ozono che si forma per effetto dei raggi ultravioletti.

Trentin et al. (20)

Prova di resistenza alla luce mediante esposizione alla luce solare

Luce solare, umidità, temperatura

Versione adattata dello Xenotest. Valutazione dei risultati mediante coordinata “L” (cielab).

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ISO9227 Prova di corrosione alla nebbia salina cloruri

La prova consiste nella sprayzzazione di una soluzione di sodio cloruro sui campioni all’interno di una specifica camera climatica

CASS testProva di corrosione alla nebbia cupro-salina

Cloruro di sodio, acido acetico, cloruro di rame

La prova consiste nella nebulizzazione di una soluzione di sodio cloruro, acido acetico e cloruro di rame sui campioni all’interno di una specifica camera climatica. Rispetto alla ISO9227, il CASS test risulta più aggressivo.

EN4611 Resistenza al calore umido Vapore

La prova consiste nel mantenere i campioni all’interno di una camera di prova termostatata a 40°C con un’atmosfera satura di umidità per 96 ore. Lo scopo di questa prova è di verificare l’eventuale danneggiamento che la presenza dell’umidità può causare al campione.

L’elenco dei metodi di prova pone quindi innanzitutto il problema di estrapolare spunti utili per la definizione di test ad hoc per il settore orafo-argentiero. Il secondo problema è quello di definire cosa si intenda per “resistente al tarnish” e quali siano i valori di riferimento misurabili per poterlo dire.

Va inoltre chiarito se la valutazione della resistenza al tarnishing debba riguardare le proprietà del materiale (la lega) oppure l’oggetto finito nel suo insieme. Nel primo caso il test dovrà escludere ogni interferenza che non riguardi la formulazione della lega; nel secondo caso la messa a punto di un test di valutazione del prodotto finale (il gioiello) dovrà tenere conto, oltrechè delle caratteristiche del materiale, delle condizioni in cui è stato prodotto, del suo stato superficiale, fattori che sono in grado di pesare in modo significativo sul risultato finale, ma che non sono necessariamente o solamente legate alle caratteristiche (formulazione) del materiale (lega) utilizzato.Oltre a ciò, va inoltre chiarito se la soluzione stia nella messa a punto di un test combinato in grado di simulare l’insieme dei fattori aggressivi, come accade nella realtà, oppure se sia preferibile valutare i principali fattori di aggressività in test separati.E’ opinione degli autori che la messa a punto di un test combinato in grado di simulare le condizioni di vita reale e di fornire predizioni sulla resistenza al tarnishing, per quanto auspicabile, sia in realtà difficile da proporre. E’ invece più plausibile l’ipotesi di basare una valutazione del tarnishing su una serie di prove di facile realizzazione, in cui i principali agenti chimici siano testati tra di loro mediante test separati, oppure in semplici combinazioni. Sulla base delle considerazioni riportate sopra, una possibile ipotesi di test di valutazione della resistenza al tarnish applicata ai materiali (leghe d’argento) dovrebbe tenere conto dei seguenti punti:

Caratteristiche del campione:1. il materiale deve possedere superficie compatta ed esente da porosità per quanto possibile; la superficie va lucidata a specchio o comunque a livelli comparabili con i livelli di finitura adottati nel settore orafo/argentiero: una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata, ad esempio, da una piastrina inglobata in resina per metallografia e lucidata con passaggio finale di sospensione diamantata ad 1µm.

Agenti chimico/fisici:2. i campioni preparati secondo le osservazioni del punto 1 andrebbero sottoposti ai principali agenti aggressivi in prove separate di facile realizzazione. Le prove potrebbero riguardare i seguenti test:

- Idrogeno solforato (H2S)- Cloro attivo- Cloruri (es.: da sudore sintetico)- Ossidi di azoto- Luce (UV, ozono), umidità, temperatura

Misurazione: 3. Le possibili strade potrebbero riguardare:- la misurazione dello spessore del film di reazione (es. Auger, XRF, GDOES)- la variazione di peso per unità di superficie- la misurazione della variazione di colore

Definizione dei valori critici per la definizione dello status di “resistente al tarnishing”4. Allo stato attuale, alcune esperienze effettuate indicherebbero la possibilità di definire attraverso la misurazione del colore un criterio di classificazione delle leghe d’argento.Un esempio di utilizzo del parametro DE per la classificazione della resistenza al tarnishing da sulfurazione è fornito da criteri adottati presso il Birmingham Assay Office. Secondo la procedura elaborata, vengono definiti i seguenti valori di riferimento:

- DE <4: assenza di tarnishing

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- 4<DE<7: tarnishing leggero- 7<DE<9.5: tarnishing moderato- DE >9.5: tarnishing consistente

Il Birmingham Assay Office fa riferimento all’applicazione di un metodo interno basato sull’uso della tioacetammide (TAA), senza però specificarne in dettaglio la procedura.

Parte sperimentale

Scopo della prova è stato quello di verificare la fattibilità di valutazione del tarnishing attraverso per via colorimetrica. Per il test sono state utilizzate leghe d’argento già note e disponibili sul mercato:Legor AG108MLegor Ag-LiteTM

ArgentiumTM 960Per confronto è stata utilizzata una lega di argenti sterling tradizionale (Ag 925, Cu 75).Le leghe sono state prodotte e colate in staffa ad una temperatura di 1000°C e immediatamente raffreddate in acqua. Le piastine ottenute, di dimensioni 20 x 20 x 5 mm, sono state quindi inglobate in resina e sottoposte a levigatura e lucidatura fino al passaggio finale con sospensione diamantata da 1µm. i campioni sono stati sottoposti ad una versione adattata del test della tioacetammide (TAA). I campioni sono stati incubati per 24 in termostato a 20°C (Fig.8).

Fig. 8 – Schema relativo alla camera di incubazione in cui viene effettuato il test della tioacetammide (TAA).

12 cm

32 cm

Alla fine della prova, è stata effettuata la misurazione del colore mediante colorimetro Macbeth Color I7 (Gretag Macbeth)Le misure hanno riguardato la determinazione delle coordinate cielab (brillantezza), a (variazione tonale dal verde al rosso) e b (variazione tonale dal blu al giallo) e le relative variabili derivate, quali lo Yellowness Index (YI) (22) e il DE, in accordo alla seguente formula per la sua determinazione:

DE = [(L2-L1)²+(a2-a1)²+(b2-b1)²]0.5.

Risultati e discussione

I risultati delle prove sono riportati nelle Tabelle III e IV.

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Tab. III – Valutazione colorimetrica di campioni di argento sterling dopo prova di sulfurazione mediante test della tioacetammide (TAA).

C ampione inglobato (lucidatura ad 1µm)Ag s terling L a b c Y I DEPrima tarnish 96,7 -0,4 3,5 3,5 6,3Dopo tarnish 77,5 7,2 52,3 52,8 92,1 53,0

77,3 7,9 49,2 49,9 89,5 50,379,5 4,9 49,1 49,3 85,2 49,077,9 7,0 51,5 52,0 90,8 52,180,3 4,3 48,9 49,1 83,9 48,5

Media 78,5 6,3 50,2 50,6 88,3 50,6SD 1,3 1,6 1,6 1,7 3,6 1,9CV (%) 1,7% 25,0% 3,1% 3,3% 4,0% 3,8%DX 18,2 6,6 46,7 47,1 82,1

C ampione lucidato a s pazzolaAg s terling L a b c Y I DEPrima tarnish 96,0 -0,2 3,7 3,7 7,8Dopo tarnish 44,3 7,6 5,0 9,1 28,3 53,1

52,3 6,7 12,9 14,5 44,9 45,958,6 5,2 13,3 14,3 50,5 39,753,6 6,2 13,5 14,8 44,9 44,745,1 8,9 11,1 14,2 48,0 53,0

Media 50,8 6,9 11,2 13,4 43,3 47,3SD 6,0 1,4 3,6 2,4 8,7 5,7CV (%) 11,9% 20,3% 32,0% 18,0% 20,1% 12,1%DX 45,2 7,1 7,5 9,7 35,5

I dati riportati in Tab. III forniscono alcune informazioni importanti legate allo stato superficiale e all’interpretazione del colore. L’orientamento da più parti manifestato è quello di utilizzare la variazione cromatica globale espressa dalla variabile DE* come criterio di valutazione del grado di tarnishing (15). Dal confronto dei relativi alla coordinata b (tonalità blu-giallo) si può osservare come i valori riscontrati tra piastrina inglobata e lucidata siano notevolmente diversi. La variazione rispecchia in realtà quanto normalmente si nota in un processo di tarnishing, in cui si osserva inizialmente un fenomeno di ingiallimento/imbrunimento superficiale, seguito da un viraggio verso tonalità bluastre. In conseguenza a ciò, con il procedere della reazione di tarnishing si osserverebbe dapprima ad un innalzamento del valore di b (tonalità gialle) ed una sua successiva diminuzione legata al viraggio verso il blu. In effetti si può osservare come nonostante la forte differenza di reazione al tarnishing tra i due campioni, il valore DE risulti addirittura inferiore nel caso della piastrina. Questa osservazione è sostanzialmente in accordo con quanto già osservato da Trentin (20). Davis (8) ha inoltre evidenziato che non esisterebbe nessuna correlazione significative tra coordinata b e spessore del film di reazione. Gli stessi autori non hanno inoltre evidenziato correlazioni significative tra la coordinata a e la severità della reazione di tarnishing, mentre in ambedue le esperienze è stato messo in evidenza un discreto grado di correlazione (0.53) tra spessore e logaritmo della coordinata L. Va infine considerato che la variabilità delle misurazioni di colore tra i due campioni di sterling (CV) è risultata notevolmente più accentuata nel caso della piastrina lucidata a spazzola, indicando come misurazioni effettuate su superfici non perfettamente levigate e in condizioni di avanzato stato di tarnishing aumentino la dispersione dei dati e condizionino quindi negativamente la precisione di misura del colore.Le misurazioni effettuate sui campioni inglobati ad 1µm mostrano risultati interessanti per quanto riguarda la coordinata DL (riga DX, colonna L), la cui variabilità (CV = SD/Media) risulta particolarmente contenuta in tutti i campioni testati e migliore da questo punto di vista rispetto a tutti gli altri parametri misurati. Un sommario confronto con esperienze riportate da Grimwade (15) e dal Birmingham Assay Office da D. Manchanda (23) sono riportate in Tab. V relativamente al parametro DE.

Tabella IV – Valutazione colorimetrica di campioni di varie leghe d’argento inglobati e lucidati ad 1µm dopo prova di sulfurazione mediante test della tioacetammide (TAA).

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C ampione inglobato (lucidatura ad 1µm)Ag s terling L a b c Y I DEPrima tarnish 96,7 -0,4 3,5 3,5 6,3Dopo tarnish 77,5 7,2 52,3 52,8 92,1 53,0

77,3 7,9 49,2 49,9 89,5 50,379,5 4,9 49,1 49,3 85,2 49,077,9 7,0 51,5 52,0 90,8 52,180,3 4,3 48,9 49,1 83,9 48,5

Media 78,5 6,3 50,2 50,6 88,3 50,6SD 1,3 1,6 1,6 1,7 3,6 1,9CV (%) 1,7% 25,0% 3,1% 3,3% 4,0% 3,8%DX 18,2 6,6 46,7 47,1 82,1

AG 108M L a b c Y I DEPrima tarnish 93,5 -0,4 3,6 3,6 6,5Dopo tarnish 84,3 2,2 21,5 21,6 42,4 20,3

85,5 2,4 17,9 18,1 36,2 16,687,0 1,2 14,3 14,3 28,4 12,685,7 1,8 15,0 15,1 36,0 14,086,1 2,0 18,3 18,4 36,3 16,6

Media 85,7 1,9 17,4 17,5 35,9 16,0SD 1,0 0,5 2,9 2,9 5,0 2,9CV (%) 1,1% 24,0% 16,6% 16,7% 13,9% 18,4%DX 7,8 2,3 13,8 13,9 29,4

Ag-lite L a b c Y I DEPrima tarnish 93,7 0,9 4,4 4,5 9,0Dopo tarnish 87,6 0,7 12,1 12,2 24,0 9,8

88,4 0,5 11,6 11,6 22,7 8,988,1 0,7 12,1 12,1 23,8 9,587,5 0,8 12,5 12,5 24,7 10,288,1 0,7 12,1 12,2 24,0 9,5

Media 87,9 0,7 12,1 12,1 23,8 9,6SD 0,4 0,1 0,3 0,3 0,7 0,5CV (%) 0,4% 16,1% 2,6% 2,7% 3,0% 4,8%DX 5,8 -0,2 7,7 7,6 14,8

Argentium T M 960 L a b c Y I DEPrima tarnish 95,4 -0,3 2,8 2,8 5,0Dopo tarnish 86,6 0,6 10,6 10,6 21,3 11,8

88,0 0,3 10,4 10,4 20,5 10,689,5 0,1 9,3 9,3 18,0 8,887,0 0,5 10,5 10,5 21,1 11,490,0 0,1 9,1 9,1 17,7 8,3

Media 88,2 0,3 10,0 10,0 19,7 10,2SD 1,5 0,2 0,7 0,7 1,7 1,6CV (%) 1,7% 71,3% 7,2% 7,2% 8,8% 15,4%DX 7,2 0,6 7,2 7,2 14,7

Grimwade a Manchanda hanno utilizzato versioni modificate del test TAA. Sulla base di questo confronto, seppur sommario, si può percepire il rischio di scarsa ripetibilità in mancanza di una precisa procedura di test che definisca in modo puntuale le modalità di preparazione dei campioni e le condizioni di prova.

Tab. V – Valori di DE misurati in altre esperienze.

Argento sterling Legor AG108M Legor Ag-lite

Grimwade (15) 19.4 – 24.9 --- ---

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Manchanda (23) 11.1 7.6 4.4

L’ultima considerazione riguarda la possibilità di dare dei valori di riferimento rispetto al test di sulfurazione TAA, definendo quando una lega possa considerarsi resistente al tarnishing da sulfurazione. Sulla base dei risultati ottenuti dal laboratorio R&D Legor, un possibile ipotesi di classificazione potrebbe risultare la seguente (Tabella VI):

Tabella VI – Proposta di valori di riferimento per la classificazione di leghe d’argento in base alla loro resistenza al test di sulfurazione.

DL DE

Lega ad elevata resistenza al tarnishing da sulfurazione <10 <20

Lega a moderata resistenza al tarnishing da sulfurazione 10<DL<15 20<DE<35

Lega con scarsa resistenza al tarnishing da sulfurazione DL>15 DE>35

Conclusioni

Le valutazioni esposte nella parte introduttiva dimostrano la complessità del fenomeno del tarnishing. Sulla base delle considerazioni e dei dati riportati nel presente lavoro esisterebbe a nostro avviso la possibilità di definire prove mirate in grado di testare separatamente la sensibilità ai vari fattori responsabili dell’alterazione cromatica delle leghe d’argento. L’adozione dell’analisi della coordinata L sembrerebbe fornire informazioni utili purché effettuata su superfici piane e perfettamente lucidate. E’ importante infine ricordare che maggior ripetibilità sui dati di misura può essere ottenuta se il test viene eseguito nella fase iniziale del processo di tarnishing. Lo stesso tipo di approccio potrebbe probabilmente essere adottato per la valutazione degli altri fattori aggressivi.

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Ringraziamenti

Si ringraziano:- il Dr Massimo Peruzzo per i suggerimenti e le informazioni relative al quadro normativo esistente; - il Dr Elio Poma e l’Ing. Andrea Friso per la lettura critica del manoscritto. - l’Ing. Giuseppe Maronato per le informazioni relative alle informazioni realtive alle proprietà dei corpi illuminanti

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