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Appunti di Algebra (versione provvisoria incompleta) A. Carboni Ottobre 2000

Algebra - Matematica Discreta- ITA

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Appunti di Algebra(versione provvisoria incompleta)

A. Carboni

Ottobre 2000

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Capitolo 1

Funzioni e Contare

1.1 Funzioni e composizione di funzioni

Non definiamo che cosa e un insieme, lasciando ad ognuno immaginareesempi particolari di insiemi: l’insieme dei punti di una retta, l’insiemedei numeri razionali, l’insieme di tutti i movimenti rigidi del piano,l’insieme dei simboli di un linguaggio, e cosı via. Indicheremo gli insiemicon lettere maiuscole A,B, . . . , X, Y , ecc., mentre scriveremo a ∈ A,x ∈ X, ecc. per indicare che un certo elemento a (risp. x) appartieneall’insieme A (risp. X).La piu importante nozione che si considera per gli insiemi e quella

di funzione (o anche applicazione o morfismo): una funzione da uninsieme A ad un insieme B e una qualunque legge o regola f che associaad ogni elemento di A uno ed un solo elemento di B. Gli insiemi A eB sono chiamati rispettivamente dominio e codominio della funzionef . Per indicare che f e una funzione di dominio A e di codominio B,scriveremo:

f :A −→ B

e, se a ∈ A, indicheremo con f(a) l’unico elemento di B che f associaad a. L’elemento f(a) di B si chiama immagine di a nella funzione fo anche valore assunto da f sull’elemento a di A. Per le funzioni valeil seguentePrincipio di estensionalita: due funzioni f, g:A −→ B sono uguali se esolo se per ogni elemento a ∈ A si ha f(a) = g(a).

1

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2 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

L’ operazione fondamentale definita per le funzioni e la composizione:se

f :A −→ B , g:B −→ C

sono due funzioni tali che il codominio della prima e uguale al dominiodella seconda, allora la regola che consiste nell’associare ad ogni ele-mento a ∈ A l’elemento

g(f(a))

di C definisce una funzione

gf :A −→ C

che chiamiamo composizione di f e g e che protremo leggere anche come“g segue f”.Se h:C −→ D e un’altra funzione componibile con g, allora le due

composizioni (hg)f e h(gf) esistono ed il principio di estensionalitaassicura che

(hg)f = h(gf) ,

poiche entrambi i membri valgono h(g(f(a))) per ogni a ∈ A, cioe chevale la associativita della composizione di funzioni.L’altra importante proprieta della composizione di funzioni e l’esi-

stenza della funzione identita, cioe per ogni insieme X l’esistenza diuna funzione:

1X :X −→ X

definita da1X(x) = x ,

con la proprieta che per ogni funzione f :Y −→ X e per ogni funzioneg:X −→ Z si ha:

1Xf = f e g1X = g ,

come si dimostra facilmente, ancora una volta usando il principio diestensionalita per le funzioni.Si osservi che la funzione identita e unica, nel senso che se esistesse

un’altra funzione 10X con le proprieta di identita, allora 1X = 10X ; in-fatti: 1X1

0X = 1

0X , perche 1X e identita a sinistra e 1X1

0X = 1X , perche

10X e identita a destra.

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1.2. MONO, EPI, ISO, ENDO E AUTO (MORFISMI) 3

1.2 Mono, epi, iso, endo e auto (morfismi)

Osserviamo che per dimostrare l’unicita della funzione identita su Xsarebbe bastato richiedere le proprieta di identita solo per le funzionif, g:X −→ X. Tali funzioni, quelle cioe il cui dominio e uguale alcodominio, sono dette endofunzioni o endomorfismi.Un altro importante concetto, che si esprime solo in termini di com-

posizione di funzioni e delle funzioni identita e quello di isomorfismo.Una funzione

f :X −→ Y

e un isomorfismo, o una funzione invertibile, se esiste una funzione

g:Y −→ X

tale chegf = 1X e fg = 1Y ,

cioe tale cheg(f(x)) = x e f(g(y)) = y

per ogni x ∈ X e y ∈ Y . Anche in questo caso si dimostra l’unicita diuna tale funzione g; se esistesse un’altra funzione g0:Y −→ X per cuig0f = 1X e fg0 = 1Y , allora g = g0:

g = 1Xg = (g0f)g = g0(fg) = g01Y = g0.

Si osservi che abbiamo in realta dimostrato una proprieta piu gene-rale, perche abbiamo usato solo due delle quattro equazioni nelle ipotesi.Si noti anche che nella dimostrazione si usa la associativita della com-posizione di funzioni e, come vedremo, in modo essenziale. La funzioneg con le proprieta di essere inversa a f , quando esiste, e detta fun-zione inversa di f e viene usualmente denotata con f¡1. Infine, sef :X −→ Y e un isomorfismo, anche f¡1 e un isomorfismo, essendo fstessa la sua funzione inversa e dunque (f¡1)¡1 = f . Un endomorfismodi un insieme X che sia anche un isomorfismo viene detto automorfismoo anche permutazione di X.

Teorema 1.2.1 Una funzione f :X −→ Y e un isomorfismo se e solose vale la proprieta: per ogni y ∈ Y esiste un solo x ∈ X tale chef(x) = y.

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4 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Dimostrazione. Supponiamo che f sia un isomorfismo, cioe che esistauna (unica) funzione f¡1:Y −→ X tale che ff¡1 = 1Y e f¡1f = 1X .Dato un y ∈ Y , definiamo x come l’elemento x = f¡1(y); dobbiamomostrare che f(x) = y e che x e l’unico elemento con tale proprieta. Inbase alla definizione di x e per il fatto che ff¡1 = 1Y , si ha: f(x) =f(f¡1(y)) = y; se x0 e un altro elemento per cui f(x0) = y, allora:x = f¡1(y) = f¡1(f(x0)) = x0, poiche f¡1f = 1X .Viceversa, se f :X −→ Y e una funzione che soddisfa la proprieta

espressa dal teorema, definiamo f¡1:Y −→ X come la funzione che adogni y ∈ Y associa l’elemento f¡1(y) dato dall’unico x ∈ X tale chef(x) = y. Dobbiamo far vedere che f¡1 cosı definita e tale che ff¡1 =1Y e f

¡1f = 1X . La prima delle due uguaglianze segue direttamentedalla definizione di f¡1, mentre la seconda si ottiene dalla condizionedi unicita.

Questo teorema si puo enunciare anche dicendo che un ismorfismof :X −→ Y realizza una corrispondenza biunivoca tra gli elementi di Xe quelli di Y .Un’ultima importante proprieta degli isomorfismi e la seguente: se

f :A −→ B e g:B −→ C sono due isomorfismi, allora la composizione

Af - B

g - C

e un isomorfismo, perche si dimostra che la sua funzione inversa e

Cg¡1 - B

f¡1 - A .

Infatti:

(gf)(f¡1g¡1) = ((gf)f¡1)g¡1 = (g(ff¡1))g¡1 =

= (g1B)g¡1 = gg¡1 = 1C

e similmente (f¡1g¡1)(gf) = 1A.Si noti infine che la funzione identita 1X :X −→ X e un isomor-

fismo e dunque un automorfismo, essendo la funzione inversa ancoral’identita.

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1.3. ESERCIZI 5

Analizzando la proprieta espressa dal precedente teorema, si puoconstatare che essa e in effetti la congiunzione di due distinte proprietache una funzione f :X −→ Y puo avere:

(E): per ogni y ∈ Y esiste un x ∈ X tale che f(x) = y;

(M): per ogni coppia di elementi x e x0 di X, se f(x) = f(x0), allorax = x0.Le funzioni che soddisfano solo la proprieta (E) vengono dette fun-

zioni suriettive (o anche epimorfismi, o piu semplicemente epi), mentrequelle che soddisfano la proprieta (M) vengono dette funzioni iniet-tive (o anche monomorfismi, o piu semplicemente mono). Il precedenteteorema puo dunque essere enunciato anche nel modo seguente: unafunzione e un isomorfismo se e solo se e contemporaneamente iniettivae suriettiva.

1.3 Esercizi

1. Siano

Xf - Y

g - Z

due funzioni componibili; si dimostri che se f e g sono entrambeiniettive (risp. suriettive), allora la composizione gf e iniettiva(risp. suriettiva).

2. Con le notazioni dell’esercizio precedente, si dimostri che se lacomposizione gf e iniettiva, allora f e iniettiva e che se gf esuriettiva, allora g e suriettiva.

3. Si dimostri che una funzione f :X −→ Y e iniettiva se e solo sevale la seguente proprieta: per ogni coppia di funzioni x, y:U −→X, se fx = fy allora x = y.

4. Si provi che f e suriettiva se e solo se per ogni coppia di funzioniu, v:Y −→ Z, se uf = vf allora u = v.

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6 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

1.4 Insiemi finiti

Se n e un numero intero, indichiamo con [n] l’insieme finito standardcon n elementi [n] = 1, 2, ..., n; diremo che un insieme X e un insiemefinito con n elementi se esiste una corrispondenza biunivoca

x: [n] −→ X

tra l’insieme standard con n elementi e X; una tale corrispondenzabiunivoca e anche detta enumerazione di X e viene spesso indicatasemplicemente con x1, x2, ..., xn; in tal caso diremo anche che n e lacardinalita di X e scriveremo |X| = n. Dunque |[n]| = n e, piu ingenerale, esiste una corrispondenza biunivoca f :X −→ Y se e solo se|X| = |Y | (si veda l’esercizio 1.5.2).Per meglio comprendere le nozioni di isomorfismo, monomorfismo ed

epimorfismo introdotte nel precedente paragrafo, cerchiamo di risolvereil seguente problema di conteggio: dati due insiemi finiti X e Y , dareuna formula esplicita per la cardinalita dei seguenti insiemi finiti:

1. l’insieme costituito da tutte le funzioni f :X −→ Y , che indiche-remo con la notazione esponenziale Y X ,

2. l’insieme Mono(X,Y ) di tutti i monomorfismi X −→ Y ,

3. l’insieme Iso(X, Y ) di tutti gli isomorfismi X −→ Y ,

4. l’insieme Epi(X,Y ) di tutti gli epimorfismi X −→ Y ,

in termini della cardinalita degli insiemi X e Y .

Per quanto riguarda il problema 1, un semplice ragionamento porta aconcludere che

|Y X | = |Y |jXj .

Infatti, una funzione f :X −→ Y e completamente determinata quandoper ogni x ∈ X sia dato l’elemento f(x) ∈ Y ; poiche per ogni x ∈ Xl’elemento f(x) di Y puo essere scelto in |Y | modi distinti, si ha laformula precedente. Dunque in particolare |[n][m]| = nm.

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1.4. INSIEMI FINITI 7

Osserviamo che per i problemi di conteggio e sufficiente assumereche gli insiemi finiti in questione siano gli insiemi finiti standard [n].Cerchiamo dunque di determinare il numero n(m) = |Mono(m,n)| dellefunzioni iniettive f : [m] −→ [n]. Ora, il valore f(1) di una tale funzionef su 1 puo essere scelto in n modi distinti, mentre il valore f(2) su 2puo essere scelto solo in (n − 1) modi, perche la condizione di inietti-vita per f implica che il valore gia scelto per f(1) non possa piu essereassunto da f . In definitiva, le scelte possibili per i valori di f su 1 e 2sono n(n− 1); cosı continuando si trova che:

n(m) = n · (n− 1) · (n− 2) · · · · · (n−m+ 1) .

Si osservi che in particolare si ha n(m) = 0, se m e maggiore di n e chein particolare, se m = n, si ha:

n(n) = n! = n · (n− 1) · (n− 2) · · · · · 2 · 1 .

Dunque il numero n! (che si legge “fattoriale di n” od anche “n fat-toriale”) conta il numero di tutte le funzioni iniettive σ: [n] −→ [n].Ma:

Teorema 1.4.1 Se X e un insieme finito, allora un endomorfismoσ:X −→ X di X e iniettivo se e solo se e suriettivo.

Dimostrazione. Sia σ iniettivo e sia y ∈ X; se y = σ(y) allora esisteun x tale che σ(x) = y (basta prendere x = y); se y = σ(y) = x1, alloraanche σ(y) = σ(x1) = x2, perche σ e iniettiva; similmente anche x3 =σ(x2) e diverso da tutti precedenti; dunque continuando ad applicareσ si ottengono tutti elementi distinti di X; ma poiche X e finito, adun certo punto si dovra riottenere anche y come σ(xk); dunque σ esuriettiva.Viceversa, supponiamo che σ non sia iniettiva; dunque esistono x ∈

X e x0 ∈ X con x = x0 e σ(x) = σ(x0). Percio il numero degli elementidi X della forma y = σ(x) deve essere strettamente minore del numerodegli elementi di X; dunque σ non puo essere suriettiva.

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8 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Dunque, il numero n! conta il numero degli endomorfismi iniettivi di[n], percio degli automorfismi di n; tale insieme e spesso indicato con Sned i suoi elementi sono anche chiamati permutazioni di [n]; riassumendosi ha:

|Sn| = n! .

Si osservi che se X e un insieme di cardinalita n, allora il numero delleenumerazioni [n] −→ X di X e ancora n!.

Infine, osserviamo che la proprieta degli insiemi finiti espressa nelprecedente teorema non contiene alcun riferimento ai numeri naturali,ma solo ad una proprieta delle loro endofunzioni. Essa potrebbe esserepresa come definizione di insieme finito senza che si debba assumerel’esistenza dei numeri naturali. Il lettore interessato puo domandarsi sein presenza dei numeri naturali le due definizioni sono equivalenti e se,non assumendo l’esistenza dei numeri naturali, quante delle proprietadegli insiemi finiti che useremo nel seguito possono essere dimostratesolo a partire dalla definizione espressa nell’enuciato del teorema.

Il problema di contare il numero Epi(X,Y ) degli epimorfismi tradue insiemi finiti X e Y e un po piu complicato e lo affronteremo neiprossimi paragrafi.

1.5 Esercizi

1. Si elenchino esplicitamente gli elementi di Mono([2],[4]), S2 e S3.

2. Siano X e Y insiemi finiti. Si provi che se |X| e maggiore di |Y |,allora non esistono funzioni iniettive f :X −→ Y . Similmente,se |X| e minore di |Y |, allora non esistono funzioni suriettivef :X −→ Y . In particolare, se f : [n] −→ [m] e un isomorfismo,allora n = m.

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1.6. IL RETICOLO DEI SOTTOINSIEMI DI UN INSIEME 9

1.6 Il reticolo dei sottoinsiemi di un in-

sieme

Se X e un insieme, che cosa sia un sottoinsieme di X e del tutto intui-tivo: diremo che un insieme U e un sottoinsieme di X (o anche che euna parte di X) e scriveremo

U ⊆ X(che leggeremo “U e contenuto in X”) se ogni elemento di U e anche unelemento di X. Naturalmente, se per un altro insieme V si ha V ⊆ U ,allora si ha anche V ⊆ X. Inoltre, per i sottoinsiemi di un insieme Xvale il seguente:

Principio di estensionalita: siano U ⊆ X e V ⊆ X; allora U = V se esolo se U e V hanno gli stessi elementi, cioe se e solo se per ogni x ∈ Xsi ha: x ∈ U se e solo se x ∈ V .Indicheremo l’insieme dei sottoinsiemi di X con la notazione

PX.

Per meglio comprendere la nozione di sottoinsieme di un insieme, ri-solviamo il problema di contare il numero dei sottoinsiemi di un insiemefinito X. Allo scopo cerchiamo di ridurre il problema ad un problemadi conteggio di funzioni del tipo che abbiamo gia risolto, mediante laseguente osservazione. Sia 2 l’insieme

2 = 0, 1dei valori di verita 1 = “vero” e 0 = “falso”. Se U ⊆ X, possiamoconsiderare la sua funzione caratteristica

cU :X −→ 2

definita da:

cU(x) =1 se x ∈ U0 se x /∈ U

(x /∈ U significa che x non appartiene ad U). Viceversa, ogni funzionec:X −→ 2 definisce un unico sottoinsieme Uc ⊆ X tale che cUc = c,

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10 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

mediante Uc = x ∈ X|c(x) = 1. Dunque la costruzione della funzionecaratteristica di un sottoinsieme stabilisce una corrispondenza biunivocatra l’insieme PX dei sottoinsiemi di X e l’insieme 2X delle funzionic:X −→ 2. Percio

|PX| = |2X | = 2jXj.

ed in particolare |P[n]| = 2n. Spesso, come abbiamo fatto per Uc,indicheremo un sottoinsieme di un insieme X definito da una proprietaP degli elementi di X, con la notazione

UP = x ∈ X|P (x)

da leggersi “l’insieme U degli elementi x ∈ X per cui la proprieta P everificata”.

Per meglio comprendere la differenza tra la nozione di sottoinsiemee quella di funzione iniettiva, risolviamo il seguente problema di con-teggio: dare una formula esplicita per il numero dei sottoinsiemi di[n] aventi k elementi. Per determinare tale numero ragioniamo comesegue: se f : [k] −→ [n] e una funzione iniettiva, l’insieme I(f) =f(1), f(2), . . . , f(k) dei suoi valori e certamente un sottoinsieme di[n] avente k elementi, poiche f e iniettiva; tuttavia, se σ: [k] −→ [k]e una permutazione di [k], la funzione iniettiva fσ: [k] −→ [n] che siottiene per composizione definisce lo stesso sottoinsime di [n]: infatti inI(fσ) = f(σ(1)), f(σ(2)), . . . , f(σ(k)) compaiono ancora tutti e soligli elementi di I(f); dunque esistono k! funzioni iniettive [k] −→ [n]che determinano lo stesso sottoinsieme di [n] con k elementi. Percio,dato che ogni sottoinsieme di [n] con k elementi determina una funzione

iniettiva [k] −→ [n], indicando con nkil numero dei sottoinsiemi di [n]

con k elementi e ricordando che abbiamo indicato con n(k) il numerodelle funzioni iniettive [k] −→ [n], si ha che

k! nk= n(k) .

Ancora, ricordando la formula per n(k) si ha:

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1.6. IL RETICOLO DEI SOTTOINSIEMI DI UN INSIEME 11

nk= n¢(n¡1)¢ ¢¢¢ ¢(n¡k+1)

k!= n!

k!(n¡k)! .

Si osservi chen

0= 1 e

n

n= 1,

poiche per ogni insieme X esiste un unico sottoinsieme senza elementied un unico sottoinsieme che ha gli stessi elementi di X.I numeri n

ksono chiamati coefficienti binomiali; non e difficile

convincersi che essi hanno un carattere combinatorio: essi esprimono ilnumero di modi possibili di effettuare una scelta di k oggetti distintisu n oggetti dati, in modo che due scelte differiscano per almeno unoggetto.

Sull’insieme PX delle parti di un insieme X sono definite le usualioperazioni di intersezione, unione e complemento. Se U ⊆ X e V ⊆ X,si definiscono i sottoinsiemi:

U ∩ V = x ∈ X|x ∈ U e x ∈ V (intersezione)

U ∪ V = x ∈ X|x ∈ U o x ∈ V (unione)

U c = X − U = x ∈ X|x /∈ U. (complemento)

Due sottoinsiemi che ogni insieme X possiede sempre (sottoinsiemi im-propri) sono il sottoinsieme vuoto ∅ ed il sottoinsieme totale, cioe Xstesso.Usando il principio di estensionalita per i sottoinsiemi puo essere

un utile esercizio dimostrare le seguenti identita per le operazioni diintersezione, unione e complemento di sottoinsiemi U , V e W di X:

(U∪V )∪W = U∪(V ∪W ), (U∩V )∩W = U∩(V ∩W ) (associativita)

U ∪ V = V ∪ U, U ∩ V = V ∩ U (commutativita)

U ∪ U = U, U ∩ U = U (idempotenza)

∅ ∪ U = U, X ∩ U = U (elemento neutro)

U ∩ (V ∪W ) = (U ∩ V ) ∪ (U ∩W ) (distributivita)

U ∪ U c = X, U ∩ U c = ∅. (complemento)

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12 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

1.7 Esercizi

1. Sia X un insieme finito e siano U e V due suoi sottoinsiemi; siprovi che:

|U ∪ V |+ |U ∩ V | = |U |+ |V ||U c| = |X|− |U |.

2. Si dimostrino le identita:

n

i=0

n

i= 2n

n

k=

n

n− kn

k

k

m=

n−mk −m

n

m,

con argomenti di carattere puramente combinatorio usando l’in-terpretazione dei coefficienti binomiali come numero dei sottoin-siemi con assegnata cardinalita (si usa la tecnica di mostrareche entrambi i membri dell’uguaglianza contano gli stessi sottoin-siemi).

3. Un torneo a k turni e una gara in cui ogni squadra incontra ognialtra esattamente k volte. Si determini il numero P (n, k) dellepartite da giocare tra n squadre in un torneo a k turni.

1.8 La formula del binomio di Newton

Dati due insiemi X e Y si definisce la loro somma (disgiunta)

X + Y

come l’insieme i cui elementi sono quelli di X e quelli di Y , con l’ul-teriore clausola che se un elemento appartiene ad entrambi gli insiemiesso va contato due volte, una come appartenente ad X ed una come

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1.8. LA FORMULA DEL BINOMIO DI NEWTON 13

appartenente ad Y . Dunque, in particolare, se X e Y sono insiemi finitisi ha:

|X + Y | = |X|+ |Y |.Se gli insiemi finiti X e Y sono gli insiemi finiti standard [n] e [m],allora |[n] + [m]| = |[n+m]| = n+m. La nozione di somma X + Y didue insiemi X e Y puo essere e data in modo formalmente preciso nelmodo seguente: esistono due funzioni

iX :X −→ X + Y , iY :Y −→ X + Y

(dette iniezioni), che soddisfano la seguente proprieta (universale):(P): per ogni insieme Z e per ogni coppia di funzioni

f :X −→ Z , g:Y −→ Z

esiste una ed una sola funzione

f

g:X + Y −→ Z

tale che fgiX = f e

fgiY = g.

In altre parole, la composizione con le iniezioni definisce una cor-rispondenza biunivoca tra le funzioni

X + Y −→ Z

e le coppie ordinate di funzioni

X −→ Z, Y −→ Z .

Dunque, in particolare, se X, Y e Z sono insiemi finiti si ha:

|ZX+Y | = |ZX | · |ZY |.

Descrivere le funzioni che hanno per dominio una somma disgiuntae semplice: segue direttamente dalla definizione di somma. Un po’ piucomplicato e invece descrivere le funzioni che hanno per codominio una

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14 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

somma. Se V ⊆ X e W ⊆ X sono due sottoinsiemi di X che sianodisgiunti (cioe V ∩W = ∅), allora

V ∪W = V +W.

Dunque, se X e un insieme finito e U ⊂ X e un suo sottoinsieme, alloraper ogni insieme finito Z si ha:

|ZX | = |ZU | · |ZUc|.

Se f :T −→ X + Y e una funzione da un insieme T ad una sommadi insiemi X + Y , allora detti U e V i sottoinsiemi di T definiti da

U = t ∈ T |f(t) ∈ X , V = t ∈ T |f(t) ∈ Y

si ha che V e il complementare U c di U e che f definisce una coppia difunzioni fX :U −→ X e fY :U

c −→ Y . Viceversa, dato un sottoinsiemeU di T , una coppia di funzioni fX :U −→ X e fY :U

c −→ Y definisceun’unica funzione f :T −→ X + Y . Dunque assegnare una funzionef :T −→ X + Y equivale ad assegnare un sottoinsieme U ⊆ T ed unacoppia di funzioni U −→ X e U c −→ Y . Ne segue che se [n], [a]e [b] sono tre insiemi finiti standard, allora le funzioni [n] −→ [a] +[b] possono essere contate nel modo seguente: si contano dapprima lefunzioni [n] −→ [a]+[b] che mandano un sottoinsieme assegnato U ⊆ [n]di cardinalita k in [a], il cui numero in base al ragionamento precedenterisulta essere

akbn¡k;

poi si osserva che, dato che il numero dei sottoinsiemi di cardinalita ke n

k, il numero delle funzioni che mandano un arbitrario sottoinsieme

di [n] di cardinalita k in [a] e

n

kakbn¡k ;

e chiaro che per ottenere il numero di tutte le funzioni [n] −→ [a] + [b]bisogna sommare tali numeri rispetto a tutte le possibili cardinalita dei

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1.9. ESERCIZI 15

sottoinsiemi di n; dunque

(a+ b)n = nk=0

nkakbn¡k .

Questa formula e chiamata formula del binomio di Newton (per i numerinaturali). Vedremo in seguito come essa si estende a tutti i numeri interia e b e, piu in generale, ad ogni coppia di elementi permutabili a e b diogni anello.

1.9 Esercizi

1. Si definisca esplicitamente un isomorfismo [n] + [m] −→ [n+m].

2. Si dimostri la seguente identita:

n+ 1

k + 1=

n

k + 1+

n

k;

(suggerimento: si ripartiscano i sottoinsiemi U ⊆ [n + 1] in dueclassi determinate dalla condizioni (n+1) ∈ U oppure (n+1) /∈ Ue si contino i sottoinsiemi di ciascuna classe).

3. Si provi che se X e Y sono due insiemi finiti, allora |P(X+Y )| =|PX| · |PY |.

4. Si provi la seguente identita (“convoluzione di Vandermonde”):

m+ n

k=

k

i=0

m

i

n

k − i .

(Suggerimento: ogni sottoinsieme di [m] + [n] con k elementi sipuo ottenere scegliendo un sottoinsieme di [m] con i elementi edun sottoinsieme di [n] con (k − i) elementi).

5. Si provi la seguente identia:

n+ 1

k + 1=

n

i=k

i

k.

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16 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

6. Si provi chek

i=0

(−1)i ki= δk,0 ,

essendo δk,h il “simbolo di Kronecker”: δk,h = 0 se k = h e δk,h = 1se k = h. (Suggerimento: assumendo che, come e stato prean-nunciato, la formula del binomio di Newton e valida anche per gliinteri sia positivi che negativi, la si applichi a (1− 1)k e si osserviche (1− 1)k = 0 se k = 0, mentre (1− 1)0 = 1).

1.10 Funzioni monotone

Gli insiemi standard [n] hanno un ordine naturale sui loro elementi:

1 < 2 < 3 < · · · < n

e accade in pratica di dover considerare funzioni f : [n] −→ [m] cherispettano tale ordine (funzioni monotone (non decrescenti)), cioe fun-zioni che soddisfano:

se i < j allora f(i) ≤ f(j)

per ogni i, j ∈ [n] (il simbolo “≤ ” significa “minore o uguale ”). An-cora, poniamoci il problema di contare il numero Dn,m delle funzionimonotone non decrescenti f : [n] −→ [m].

Lemma 1.10.1

Dn,m =m+ n− 1

n.

Dimostrazione. Se f : [n] −→ [m] e una funzione monotona, conside-riamo la funzione g: [n] −→ [m+ n− 1] cosı definita:

g(1) = f(1), g(2) = f(2) + 1, . . . , g(n) = f(n) + n− 1.

Tale funzione g e ancora monotona, ma in piu e anche iniettiva. Vice-versa, data una funzione g: [n] −→ [m + n − 1] che sia monotona ed

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1.11. ESERCIZI 17

iniettiva (dunque g(1) < g(2) < · · · < g(n)), si ottiene una funzionemonotona f : [n] −→ [m] mediante:

f(1) = g(1), f(2) = g(2)− 1, . . . , f(n) = g(n)− (n− 1).Poiche e chiaro che le due corrispondenze sono inverse l’una all’altra,si ha che il numero delle funzioni monotone f : [n] −→ [m] e uguale alnumero delle funzioni monotone e iniettive g: [n] −→ [m+n− 1]. Con-tiamo dunque in generale quante sono le funzioni monotone ed iniettive[p] −→ [q]. Ogni funzione monotona ed iniettiva h: [p] −→ [q] deter-mina un sottoinsieme di [q] con p elementi h(1), h(2), . . . , h(p), i cuielementi hanno lo stesso ordine che hanno in [q] perche h e monotona.Viceversa, dato un sottoinsieme di [q] con p elementi, ordinando i suoielementi con l’ordine di [q] si ottiene una funzione monotona ed iniet-tiva [p] −→ [q]; dunque le funzioni monotone ed iniettive [p] −→ [q]

sono tante quante i sottoinsiemi di [q] con p elementi, cioe qp.

I numeri Dn,m hanno un significato combinatorio: essi contano lecombinazioni con ripetizione di n oggetti su m oggetti dati. Ricor-diamo che una combinazione con ripetizione di n oggetti su m oggettidati e una famiglia D = dii2[n] di n elementi di ∈ [m], non necessari-amente distinti; due tali famiglie definiscono la stessa disposizione conripetizione se differiscono solo per l’ordine. In altre parole, una combi-nazione con ripetizione D e semplicemente una funzione d: [n] −→ [m],pur di convenire che due funzioni d, d0: [n] −→ [m] definiscono la stessacombinazione se esiste una permutazione σ: [n] −→ [n] tale che dσ = d0.Per mostrare che i numeri Dn,m contano le combinazioni con ripetizionedi n oggetti su m oggetti dati, ragioniamo nel modo seguente: una fun-zione monotona d: [n] −→ [m] certamente definisce una combinazioneD = di = d(i)i2[n]; d’altra parte, seD = dii2[n] e una combinazione,si puo sempre trovare una permutazione σ di [n] tale che la famigliaD0 = dσ(i)i2[n] (che definisce la stessa combinazione) sia ordinata,cioe dσ(i) ≤ dσ(j) se i < j e quindi che definisca una funzione monotonad0: [n] −→ [m].

1.11 Esercizi

1. Si elenchino esplicitamente gli elementi di D3,2, D3,3.

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18 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

2. Diremo che un sottoinsieme I ⊆ [n] e un intervallo di [n] se I ecostituito da elementi consecutivi di [n]. Si provi che il numerodelle partizioni di [n] in k intervalli e

n− 1k − 1.

(Suggerimento: una partizione di [n] in k intervalli e univoca-mente determinata dalla scelta di un sottoinsieme di [n] con (k−1)elementi che non contenga n).

3. Si provi che se f : [n] −→ [m] e una funzione monotona, allora perogni j ∈ Im(f) i sottoinsiemi Ij = f ¤(j) = i ∈ [n]|f(i) = jcostituiscono una partizione di [n] in k intervalli, essendo k =|Im(f)|.

4. Si dimostri la seguente identita in modo combinatorio, usando iprecedenti esercizi:

Dn,m =n

k=1

n− 1k − 1

m

k.

(Si osservi che, conoscendo la formula per Dn,m, tale identita eun caso particolare della formula di convoluzione di Vandermonde(esercizio 1.9.4).

5. Denotando con x(n) la cardinalita dell’insieme Mono([n][x+n−1]),si dimostri l’identita:

x(n) =n

k=1

n!

k!

n− 1k − 1 x(k).

6. Si provi che il numero dei modo di ripartire n oggetti distinguibili(ad esempio numerati) in m pile ordinate non vuote e

n!n− 1m− 1 .

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1.12. PRODOTTI 19

7. Si provi che la matrice quadrata

L =i!

k!

i− 1k − 1

e invertibile e che la sua inversa ha per elementi gli interi

l(i, k) = (−1)i+k i!k!

i− 1k − 1 .

Si deduca che:

m(n) =n

k=1

l(n, k)m(k).

Gli interi l(i, k) sono chiamati numeri di Lah.

1.12 Prodotti

La scelta di usare la stessa notazione (lettere minuscole) per indicaresia le funzioni sia gli elementi e giustificata dall’esistenza di un insiemecon un solo elemento, che indicheremo con il simbolo “∗”. E chiaroinfatti che una funzione x: ∗ −→ X di dominio ∗ altro non e che unelemento x ∈ X. E anche chiaro che l’insieme ∗ soddisfa la seguenteproprieta:(!): per ogni insieme X esiste una sola funzione !X :X −→ ∗.Proprieta del tipo della proprieta (!) per un particolare insieme o

per un particolare “diagramma ” sono chiamate “proprieta universali ”.Esse fanno riferimento a tutti gli altri insiemi e funzioni e determinanol’insieme o il diagramma in questione a meno di un unico isomorfismoche soddisfa opportune condizioni. Vedremo in seguito una loro precisadefinizione.Un altro esempio di proprieta universale e quella soddisfatta dal

prodotto cartesiano di insiemi. Dati due insiemi A e B, l’insieme

A×Bi cui elementi sono le coppie ordinate a, b di elementi, il primo di Aed il secondo di B, e detto prodotto cartesiano degli insiemi A e B (inquesto ordine!). Esistono due funzioni:

pA:A×B −→ A , pB:A× B −→ B

Page 21: Algebra - Matematica Discreta- ITA

20 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

(dette proiezioni), definite da

pA a, b = a e pB a, b = b

che soddisfano la seguente proprieta (universale):(P): per ogni insieme X e per ogni coppia di funzioni

f :X −→ A , g:X −→ B

esiste una ed una sola funzione

f, g :X −→ A× Btale che pA f, g = f e pB f, g = g.In altre parole, la composizione con le proiezioni definisce una cor-

rispondenza biunivoca tra le funzioni

X −→ A×Be le coppie ordinate di funzioni

X −→ A,X −→ B .

Per dimostrare tale proprieta basta definire la funzione f, g come

f, g (x) = f(x), g(x) .

Sara utile nel seguito considerare le seguenti funzioni, la cui esistenzae unicita, nonche il fatto che sono isomorfismi, si potrebbe dimostraresolo facendo uso della proprieta (P):

1. L’ isomorfismo 1A, !A :A −→ A× ∗;2. Se A, B e C sono tre insiemi, si possono considerare i prodotticartesiani (A×B)× C e A× (B × C); la funzione

α: (A×B)× C −→ A× (B × C)definita da α a, b , c = a, b, c e un isomorfismo, detto “iso-morfismo di associativita del prodotto cartesiano”. Spesso igno-reremo questo isomorfismo e scriveremo semplicemente

A×B × C

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1.12. PRODOTTI 21

per indicare l’insieme i cui elementi sono le terne ordinate

a, b, c

di elementi, il primo di A, il secondo di B ed il terzo di C. Echiaro come tutto cio si generalizza al prodotto cartesiano di unnumero finito di insiemi.

Nel caso di A = B, indicheremo con A2 l’insieme A × A dellecoppie ordinate di elementi di A. Piu in generale, indicheremocon An (dove n indica un numero intero) l’insieme A×A×· · ·×A(n volte) delle n-uple ordinate di elementi di A. Si osservi che An

altro non e che l’insieme A[n] delle funzioni [n] −→ A e che dunqueA0 = ∗, poiche, per ogni insieme A, esiste un’unica funzione

∅ −→ A .

3. Per ogni coppia di insiemi A e B si ha l’isomorfismo

σ:A×B −→ B ×Adefinito da σ(a, b) = b, a , detto “isomorfismo di simmetria”.

Il prodotto cartesiano di insiemi si estende alle funzioni nel modoseguente: se f :A −→ B e g:C −→ D sono due funzioni, allora sidefinisce la funzione:

f × g:A× C −→ B ×Dcome (f × g)(a, c) = f(a), g(c) . E facile vedere che si hanno le dueseguenti proprieta:

1A × 1B = 1A£Be, se h:B −→ E, k:D −→ H sono altre due funzioni, la prima com-ponibile con f e la seconda componibile con g, allora (esercizio):

(h× k)(f × g) = (hf)× (kg).

L’ultima importante proprieta del prodotto cartesiano e la sua re-lazione con l’insieme delle funzioni. Ricordiamo che per ogni coppia diinsiemi X e B abbiamo indicato con

BX

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22 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

l’insieme di tutte le funzioni X −→ B. La relazione fondamentale chelega prodotto cartesiano ed insieme delle funzioni e la “chiusura carte-siana” (anche chiamata “λ-conversione”): per ogni insieme A, data unafunzione in “due variabili”

f :A×X −→ B

si ottiene una funzione in una variabile (“aggiunta esponenziale”):

λf :A −→ BX

mediante

λf(a)(x) = f(a, x);

cioe λf(a) e la funzione X −→ B che si ottiene da f tenendo fissol’elemento a ∈ A. Viceversa, se g:A −→ BX e una funzione di codo-minio BX , allora possiamo associare a g una funzione

gt:A×X −→ B

(detta “trasposta di g”), definendo gt(a, x) = g(a)(x), cioe associandoad ogni coppia a, x il valore che la funzione g(a):X −→ B assumesull’elemento x ∈ X. E immediato constatare che λ e un isomorfismotra l’insieme delle funzioni

A×X −→ B

e l’insieme delle funzioni

A −→ BX .

In particolare, la trasposta della funzione identita BX −→ BX , defini-sce una funzione

valB,X :BX ×X −→ B

detta “valutazione”, poiche in accordo con la definizione di trasposta,e definita da valB,X(f, x) = f(x).

Page 24: Algebra - Matematica Discreta- ITA

1.13. ESERCIZI 23

1.13 Esercizi

1. Si provi che se X e Y sono insiemi finiti, allora

|X × Y | = |X| · |Y | .In particolare, |[n]× [m]| = nm.

2. Se X, Y e Z son tre insiemi, si provi che la funzione

iX × 1ZiY × 1Z :X × Z + Y × Z −→ (X + Y )× Z

e un isomorfismo (proprieta distributiva del prodotto rispetto allasomma).

3. Se X e un insieme, si consideri il sottoinsieme del prodotto X×Xdefinito da

∆X = x, y | x = y ⊆ X ×X .Tale sottoinsieme e detto diagonale di X. Si provi che la sua fun-zione caratteristica δX :X ×X −→ 2 e il “simbolo di Kronecker”(si veda l’esercizio 6 del paragrafo 1.9).

4. Si provi che il numero delle m-uple ordinate x1, x2, . . . , xm diinteri non negativi xi tali che

m

i=1

xi = n

(con n intero non negativo) e Dn,m. (Suggerimento: data unafunzione x: [n] −→ [m] si ottiene una soluzione ponendo

xi = |x¤(i)| = |j ∈ [m]|x(j) = i|;inoltre, una permutazione σ di n definisce la stessa soluzione,perche per ogni i ∈ [m] si ha che σ induce una corrispondenzabiunivoca (xσ)¤(i) x¤(i), dunque |(xσ)¤(i)| = |x¤(i)|; con lostesso argomento del lemma sul numero delle funzioni monotone,si vede che le soluzioni sono in corrispondenza biunivoca con lefunzioni monotone [n] −→ [m], percio il loro numero e Dn,m). Siosservi che cio prova anche che Dn,m e il numero dei monomi digrado n nell’anello dei polinomi in m variabili.

Page 25: Algebra - Matematica Discreta- ITA

24 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

5. Si determini il numero delle m-uple ordinate x1, x2, . . . , xm diinteri positivi xi tali che

m

i=1

xi = n,

essendo n un intero positivo.

6. Si descriva esplicitamente un isomorfismo f : [nm] −→ [n] × [m].(Suggerimento: si definisca un ordinamento in [n]× [m] partendodalla coppia 1, 1 e definendo induttivamente la coppia successivas(i, j) secondo la regola:

s(i, j) =i, j + 1 se j < mi+ 1, 1 se j = m

ad esempio: 1, 1 , 1, 2 , 1, 3 , · · · , 2, 1 , 2, 2 , 2, 3 , · · ·; tale or-dinamento e detto lessicografico. La funzione f e allora definita daf(i) = si¡1(1, 1), dove s0(1, 1) = 1, 1 e sk(1, 1) = s[sk¡1(1, 1)]).

7. Si definisca un ordinamento sulle coppie di naturali, partendodalla coppia 0, 0 e definendo induttivamente la coppia successivas(i, j) secondo la regola:

s(i, j) =0, i+ 1 se j = 0i+ 1, j − 1 se j = 0

si provi che l’ordinamento cosı definito induce una corrispon-denza biunivoca f :N −→ N ×N, mediante f(n) = sn(0, 0), cons0(0, 0) = 0, 0 e sn(0, 0) = s[sn¡1(0, 0)]. Tale ordinamento edetto “procedimeto diagonale di Cantor”.

8. Dati n insiemi X1, X2, . . . , Xn si conti il numero di prodotti ot-tenibili dagli n insiemi dati, nell’ordine dato, che siano isomorfitra loro solo in virtu degli isomorfimsmi di associativita, dei loroprodotti con l’identita e delle composizioni di tali isomorfismi.Cosı, ad esempio, per n = 3 il loro numero e evidentemente 2,mentre per n = 4 e 5: omettendo per semplicita il simbolo “×”,si hanno i cinque prodotti (((X1X2)X3)X4), ((X1(X2X3))X4),

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1.14. MONOIDI 25

(X1((X2X3)X4)), (X1X2)(X3X4), (X1(X2(X3X4))). Indicandotale numero con an (il risultato non dipende dagli insiemi scelti,ma solo dal loro numero), non e difficile provare la seguente for-mula induttiva per i numeri an (che sono detti numeri di Cata-lano), pur di assumere a1 = 1 = a2:

an =n¡1

k=1

akan¡k; ,

per ogni n ≥ 2. (Suggerimento: dato k, 1 ≤ k ≤ (n − 1), ilnumero an dei modi di disporre le parentesi sulla “parola”

X1, X2, . . . , Xn

di n lettere e dato dal prodotto del numero di modi ak di disporlesulle prime k lettere per quello an¡k di disporle sulle rimanenti(n− k)). Piu difficile e dimostrare la seguente espressione esatta:

an =1

n

2n− 2n− 1

e vedremo in seguito una tecnica per derivarla a partire dalla for-mula induttiva. Nell’esercizio 2.6.3 vedremo una interpretazionedei numeri di Catalano di interesse per l’informatica, poiche for-nisce una interpretazione di questi numeri in termini della strut-tura delle memorie di massa (’hard disks’).

1.14 Monoidi

Benche un prodotto di insiemi sia essenzialmente determinato dallefunzioni che lo ammettono come codominio, il principale interesse diconsiderare un prodotto e dato dalle funzioni che che lo ammettonocome dominio. Una “operazione n-aria” su un insieme A e una funzione

f :An = A× A× . . .×A −→ A .

Dunque un’operazione 0-aria (o “nullaria”) e una funzione A0 −→ A,cioe semplicemente un elemento a: ∗ −→ A di A. Un’operazione 1-aria (“unaria”) e un endomorfismo A1 = A −→ A di A. Nel caso di

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26 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

un’operazione 2-aria (“binaria”)

f :A2 = A×A −→ A

si usa indicare il valore f(a, b) di f su una coppia a, b con la notazione

afb .

Esempi di operazioni binarie sono ben noti:

1. Se N indica l’insieme dei numeri naturali

N = 0, 1, 2, . . . . . . ,

le operazioni di somma

+:N×N −→ N

e di prodotto· :N×N −→ N

sono esempi di operazioni binarie. Analogamente per le opera-zioni di somma e di prodotto sugli altri insiemi numerici noti,come l’insieme Z dei numeri interi relativi, l’insieme Q dei nume-ri razionali o l’insieme R dei numeri reali.

2. Se M(n) indica l’insieme delle matrici quadrate di ordine n acoefficienti interi (o razionali, o reali), l’operazione di prodotto dimatrici e un’operazione binaria

·:M(n)×M(n) −→M(n) .

3. Per ogni insieme X, l’insieme End(X) degli endomorfismi di X edotato in modo naturale di un’operazione binaria

End(X)× End(X) −→ End(X)

data dalla composizione di funzioni, cioe se f e g sono due endo-morfismi di X definiamo il loro prodotto fg come la loro compo-sizione (in quest’ordine!).

Page 28: Algebra - Matematica Discreta- ITA

1.14. MONOIDI 27

4. Per ogni insieme X, si possono considerare le n-uple ordinatex1, x2, . . . , xn di elementi di X, cioe gli elementi di Xn, come“parole” x = x1x2 . . . xn di lunghezza n > 0 sull’“alfabeto” X.E chiaro che data un’altra parola y = y1y2 . . . ym di lunghezza msi puo considerare la parola xy = x1x2 . . . xny1y2 . . . ym e che ciodefinisce una operazione binaria sull’insieme

W (X) =n>0

Xn

di tutte le parole di tutte le possibili lunghezze, che chiameremooperazione di “concatenazione”.

Se A e un insieme finito (con un numero abbastanza piccolo di ele-menti), puo essere utile descrivere un’operazione binaria su A con unatabella. Ad esempio, se 2 indica l’insieme dei valori di verita “falso” e“vero”, che possiamo convenire di indicare con 0 e 1 rispettivamente,le operazioni logiche di congiunzione (“e”) e di disgiunzione (“o”) sonooperazioni binarie:

∧ :2× 2 −→ 2 , ∨ :2× 2 −→ 2

che possono essere descritte mediante le tabelle:

∧ 0 1

0 0 01 0 1

∨ 0 1

0 0 11 1 1

Un ulteriore esempio di operazione binaria su 2 e dato dalla nostraesperienza con i numeri pari e quelli dispari: se identifichiamo 0 conil concetto di numero pari e 1 con quello di numero dispari, allora lasomma di numeri induce una somma su tali concetti, descritta dallatabella

+ 0 1

0 0 11 1 0

Tali tabelle vengono dette “tavola” della operazione che si sta con-siderando. Come ulteriore esempio scriviamo la tavola di moltipli-cazione dell’operazione binaria End(2)×End(2) −→ End(2) data dalla

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28 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

composizione di funzioni. Elenchiamo dapprima i quattro elementi diEnd(2):

f1(0) = 0 , f1(1) = 1f2(0) = 1 , f2(1) = 0f3(0) = 0 , f3(1) = 0f4(0) = 1 , f4(1) = 1

La tavola di moltiplicazione risulta essere la seguente:

f1 f2 f3 f4f1 f1 f2 f3 f4f2 f2 f1 f4 f3f3 f3 f3 f3 f3f4 f4 f4 f4 f4

Ad esempio, l’elemento f2f3 si calcola cosı: (f2f3)(0) = f2(f3(0)) =f2(0) = 1; (f2f3)(1) = f2(f3(1)) = f2(0) = 1; dunque f2f3 = f4.In generale le operazioni binarie che occorrono negli esempi con-

creti non sono del tutto arbitrarie, ma soddisfano delle identita, lapiu importante delle quali e l’ “associativita”. Un’operazione binaria:A × A −→ S su A e detta “associativa” se, per ogni terna ordinataa, b, c di elementi di A, vale:

(a b) c = a (b c) .Usando il principio di estensionalita per le funzioni, si vede che la prece-dente identita puo essere espressa dicendo che le due possibili funzioniA×A× A −→ A che si ottengono per composizione dal diagramma

A× A×A 1A × - A×A

A× A

× 1A?

- A ,

?

sono uguali o, in altri termini, dicendo che il precedente diagramma“commuta”. Si osservi che se non si usasse la convenzione di scrivere

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1.14. MONOIDI 29

il risultato (a, b) di una operazione binaria come a b, la associativitaavrebbe la forma piu complicata [(a, b), c] = [a, (b, c)]. La validitadella legge associativa ci autorizza a non mettere parentesi quandoscriviamo una composizione di tre elementi. Questo fatto si estendeanche alle composizioni di piu di tre elementi, ma una dimostrazionerigorosa di tale affermazione richiede qualche sforzo.

Definizione 1.14.1 . Si dice ‘semigruppo’ una coppia (A, ) dove Ae un insieme e ‘ ’ e una operazione binaria associativa su A.Puo accadere che su uno stesso insieme siano definite diverse ope-

razioni di semigruppo. Ad esempio, sull’insieme N dei numeri naturalisono definite due operazioni di semigruppo, la somma ed il prodotto.Anche sull’insieme 2 dei valori di verita sono definite almeno due ope-razioni di semigruppo, la congiunzione e la disgiunzione (se ne verifichil’associativita). Tutte le operazioni binarie sopra considerate sono as-sociative (esercizio).Una ulteriore caratteristica delle operazioni binarie considerate fino

ad ora e l’esistenza di un elemento particolare e ∈ A, tale che per ognia ∈ A si ha:

e a = a = a e .Un tale elemento viene detto ‘elemento neutro’ (o ‘unita’) per l’opera-zione ‘’. Negli esempi precedenti, l’elemento neutro in (N,+) e ilnumero 0, in (N, ·) e il numero 1, in (2,∧) e il valore di verita ‘vero’,mentre in (2,∨) e il valore di verita ‘falso’, cosı come nell’esempiodei pari e dispari (2,+). Ancora, nell’esempio (M(n), ·) delle matriciquadrate di ordine n con operazione data dal prodotto di matrici e lamatrice identica In e nel semigruppo (End(X), ·) e la funzione identita.Si osservi che un ragionamento perfettamente simile a quello svolto

in 1.1 sulla unicita della funzione identita, porta a concludere che unelemento neutro per un’operazione binaria, se esiste, e unico. Infatti,se esistesse un altro elemento, diciamo e0, tale che e0 a = a = ae0 perogni a ∈ A, allora ee0 = e perche e0 e un elemento neutro ed ee0 = e0perche e e elemento neutro.

Definizione 1.14.2 Un ‘monoide’ e un semigruppo con elemento neu-tro.

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30 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Gli esempi di operazioni binarie considerati fino ad ora sono percio tuttidei monoidi. Un esempio di semigruppo che non e un monoide e datoda un qualsiasi insieme X con almeno due elementi con l’operazionedefinita dalla (prima) proiezione, cioe x y = x (esercizio). Anchel’insieme W (X) delle parole su X con l’operazione di concatenazione(detto ‘semigruppo delle parole sull’alfabeto X’) e un semigruppo chenon e un monoide; tuttavia, aggiungendo la ‘parola vuota’ si ottiene unmonoide che denoteremo con (X)¤ e chiameremo ‘monoide delle parolesull’alfabeto X’.Un ulteriore esempio di identita che si puo considerare per una ope-

razione binaria e la ‘commutativita’. Un’operazione binaria ‘’ su uninsieme A e detta ‘commutativa’ se per ogni a, b ∈ A× A si ha:

a b = b a .Se (A, ) e un semigruppo o un monoide per cui l’operazione e commu-tativa, diremo che (A, ) e un semigruppo o un monoide commutativo,o anche abeliano. Si noti che in tal caso per assicurare che un elementoe e l’elemento neutro per l’operazione, e sufficiente la validita di unasola delle due identita a e = a = e a. Gli esempi precedenti (N,+),(N, ·), (Q,+) e tutti gli altri esempi “numerici” sono monoidi com-mutativi, cosı come (2,∧), (2,∨) e (2,+), mentre i monoidi (M(n), ·),(End(X), ·) non sono commutativi, a meno che n = 1 (si veda ad e-sempio la tavola di moltiplicazione di (End(2), ·)). Vedremo in seguitomolti altri esempi di monoidi.Le funzioni che normalmente si considerano tra monoidi sono quelle

che ‘conservano le operazioni’, nel senso della seguente

Definizione 1.14.3 . Un ‘omomorfismo’ o (‘morfismo’) di monoidi

f : (A, , e) −→ (B,2, e0)

e una funzione f :A −→ B tale che:

1) f(a b) = f(a)2f(b), per ogni a, b ∈ A×A2) f(e) = e0.

Passiamo ora in rassegna qualche esempio. Molti altri ne vedremo inseguito.

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1.14. MONOIDI 31

1. SeR>0 denota l’insieme dei numeri reali positivi, allora (R>0, ·, 1)e un monoide. La funzione esponenziale

exp:R −→ R>0

e un morfismo di monoidi

exp: (R,+, 0) −→ (R>0, ·, 1) ,poiche exp(a+ b) = exp(a) exp(b), exp(0) = 1.

2. La funzione f :R −→M(2;R) definita da

f(x) =1 x0 1

e un morfismo di monoidi f : (R,+, 0) −→ (M(2;R), ·, I2) poichef(0) = I2 e f(x+ y) = f(x)f(y), come facilmente si verifica.

3. Se (M(n;Q)·, In) denota il monoide delle matrici quadrate di or-dine n a coefficienti razionali e se | |:M(n;Q) −→ Q denotala funzione ‘determinante’, il teorema di Binet visto nel corso diGeometria puo essere espresso dicendo che il determinante e unmorfismo di monoidi

| |: (M(n;Q), ·, In) −→ (Q, ·, 1) .

4. Se p ∈ Z e un numero intero fissato, allora la funzione f :Z −→ Zdefinita dalla moltiplicazione per p, cioe f(x) = px, e un morfismof : (Z,+, 0) −→ (Z,+, 0). Infatti, f(0) = 0 e f(x+y) = p(x+y) =px+ py = f(x) + f(y).

5. Se (X)¤ denota il monoide delle parole su un alfabeto X, la fun-zione l: (X)¤ −→ N che ad ogni parola associa la sua lunghezzae un morfismo di monoidi da (X)¤ con l’operazione di concate-nazione a (N,+, 0).

Diremo che un morfismo di monoidi f : (A, , e) −→ (B,2, e0) e iniet-tivo (risp. suriettivo, isomorfismo), se la funzione f :A −→ B e iniettiva(risp. suriettiva, isomorfismo). Un fatto importante e il seguente:

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32 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Teorema 1.14.1 1) Se

f : (A, , e) −→ (B,2, e0) , g: (B,2, e0) −→ (C,3, e00)

sono morfismi di monoidi, allora la composizione

gf : (A, , e) −→ (C,3, e00)

e un morfismo di monoidi. Inoltre per ogni monoide (A, , e)l’identita 1A e un morfismo di monoidi e, se (B,2, e

0) e unqualunque altro monoide, la funzione costante A −→ B divalore e0 e un morfismo di monoidi (A, , e) −→ (B,2, e0).

2) Se f : (A, , e) −→ (B,2, e0) e un isomorfismo di monoidi,allora la funzione inversa f¡1:B −→ A e ancora un mor-fismo di monoidi f : (B,2, e0) −→ (A, , e0).

Dimostrazione. Le dimostrazioni sono semplicissime. A titolo diesempio, dimostriamo la 2): da f(e) = e0 si ha f¡1(e0) = e; inoltre, perdimostrare che f¡1(x2y) = f¡1(x) f¡1(y), poiche f e iniettiva bastadimostrare che i due elementi f¡1(x2y) e f¡1(x) f¡1(y) assumono lostesso valore nella funzione f :f [f¡1(x2y)] = x2y;f [f¡1(x) f¡1(y)] = f [f¡1(x)]2f [f¡1(y)], (perche f e un morfismo)= x2y.L’esempio del logaritmo e classico: poiche la funzione esponenziale e unmorfismo di monoidi exp: (R,+, 0) −→ (R>0, ·, 1), e poiche il logaritmoe definito come la sua funzione inversa, allora anche il logaritmo e unmorfismo di monoidi log: (R>0, ·, 1) −→ (R,+, 0) e dunque:

log(xy) = log(x) + log(y), log(1) = 0 .

1.15 Gruppi

L’esperienza con le funzioni ci conduce alla seguente

Definizione 1.15.1 Sia (M, , e) un monoide. Un elemento a ∈ M edetto “invertibile” se esiste un elemento b ∈M tale che:

a b = e = b a ,essendo e l’elemento neutro del monoide.

Page 34: Algebra - Matematica Discreta- ITA

1.15. GRUPPI 33

Con un ragionamento del tutto simile a quello fatto per le funzioniinvertibli (isomorfismi), si vede che se un tale elemento b esiste, esso eunico; cioe, se esistesse un altro elemento b0 tale che a b0 = e = b0 a,allora b = b0. Infatti:b = e b = (b0 a) b = b0 (a b) = b0 e = b0.Se a e invertibile, l’unico elemento b tale che a b = e = b a vie-ne chiamato “inverso” di a e viene denotato con a¡1. Nel caso chel’operazione binaria sia denotata con il simbolo “+”, come ad esempiola somma nei monoidi “numerici”, l’elemento neutro viene denotato con“0” e l’inverso di a con “−a” e viene chiamato “opposto” (notazione“additiva”). Si osservi anche qui che l’unicita dell’inverso implica chel’inverso di un elemento invertibile e a sua volta invertibile, poiche

(a¡1)¡1 = a

e che la composizione di due elementi invertibili e invertibile, poiche

(a b)¡1 = b¡1 a¡1 ,

con un argomento perfettamente simile a quello che abbiamo dato perle funzioni invertibili in 1.2.

Definizione 1.15.2 Un “gruppo” e un monoide in cui ogni elementoe invertibile.

Una osservazione importante e che l’unicita dell’inverso permette didefinire una operazione unaria

( )¡1:M −→M

data proprio dall’inverso di ogni elemento di un gruppo, e che quindi lanozione di gruppo puo essere data in modo equivalente come un insieme(M, , ( )¡1, e) munito di tre operazioni, una binaria, una unaria e unanullaria, che soddisfano le identita definenti un monoide, piu quelle chequalificano x¡1 come l’inverso di x. In altre parole, anche un gruppo euna struttura algebrica, cioe un insieme con operazioni che soddisfanodelle identita. Passiamo in rassegna gli esempi precedenti:

1. I monoidi (Z,+), (Q,+), (R,+) sono tutti gruppi (commutativi).

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34 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

2. Negli esempi di operazioni di monoide su 2, l’unica operazione digruppo e quella di somma, nell’interpretazione di 0 e 1 come parie dispari.

3. I monoidi (Z, ·), (Q, ·), (R, ·) non sono gruppi. Negli ultimi duel’unico motivo e che il numero 0 non ha un inverso. Ma se lotogliamo e indichiamo con Q¤ e R¤ gli insiemi Q e R cui e statotolto il numero 0, allora (Q¤, ·) e (R¤, ·) sono gruppi.

4. Se (M, ) e un monoide, indichiamo con (M¤, ) il monoide deglielementi invertibili di M rispetto all’operazione . Rispetto atale operazione, M¤ e un gruppo, per le proprieta sopra descrit-te degli elementi invertibili. A esempio, nel caso del monoide(M(n;Q), ·) delle matrici quadrate di ordine n a cofficienti neinumeri razionali, il gruppo degli elementi invertibili e il gruppoGL(n;Q) delle matrici quadrate di ordine n a coefficienti razio-nali il cui determinante e diverso da zero (si ricordino i teoremidi Binet e di Cramer studiati nel corso di Geometria). Ancora,se X e un insieme qualsiasi, gli elementi invertibili del monoideEnd(X) degli endomorfismi di X rispetto all’operazione definitadalla composizione di funzioni e un gruppo, che denotiamo conAut(X) e che chiamiamo gruppo degli degli automorfismi di X.Se X e un insieme finito con n elementi, allora tale gruppo edenotato con Sn ed e chiamato anche “gruppo simmetrico” o an-che “gruppo delle permutazioni su n elementi” ed ha cardinalita(o ordine) n!. Studieremo in seguito piu approfonditamente taligruppi. A titolo di esempio, se X ha due elementi, si provi cheS2 ha due elementi e che, se li indichiamo con f1 e f2, la tavoladi moltiplicazione e la seguente:

f1 f2

f1 f1 f2f2 f2 f1

Non e difficile convincersi che cambiando f1 in 0 e f2 in 1 taletavola coincide con quella di (2,+).

Un’ultima utile osservazione sulla costruzione del gruppo deglielementi invertibili di un monoide e che essa si estende agli omo-

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1.15. GRUPPI 35

morfismi: se f : (M, , e) −→ (N,2, u) e un omomorfismo di mo-noidi, allora f induce un omomorfismo

f : (M¤, , e) −→ (N¤,2, u) ,

poiche f conserva gli inversi: se x x¡1 = e = x¡1 x, alloraf(x)2f(x¡1) = f(x¡1 x) = f(e) = ue similmente

f(x¡1)2f(x) = f(x x¡1) = f(e) = u;dunque f(x¡1) = f(x)¡1.

5. Come ulteriore esempio si puo considerare S3 e determinare latavola della sua operazione. Gli elementi di S3 sono 3! = 6 e perdeterminarli, cosı come per determinare la tavola dell’operazionepuo essere utile osservare che S3 ha la seguente interpretazionegeometrica. Consideriamo un triangolo equilatero:

1

−−−−−−−− JJJJJJJJ

2 3

e consideriamo tutte le sue possibili simmetrie, cioe le rotazionidi 120 gradi intorno al suo baricentro e i ribaltamenti rispetto aduna altezza (= mediana = bisettrice). Ad esempio, se scriviamo:

1 2 33 2 1

intendiamo che operando il ribaltamento rispetto all’altezza re-lativa al vertice 2, il risultato e che il vertice 1 va nel vertice3, il vertice 3 va nel vertice 1 e il vertice 2 rimane fisso. Ognielemento di S3 puo essere interpretato in questo modo e, vicever-sa, ogni simmetria puo essere interpretata come un elemento diS3; inoltre, il prodotto di due elementi di S3 puo essere pensatocome operare le due simmetrie corrispondenti “una dopo l’altra”.

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36 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Formalmente, se indichiamo con ∆3 l’insieme delle simmetrie deltriangolo equilatero (sono 6) si puo verificare che l’applicazione didue simmetrie “una dopo l’altra” definisce un’operazione binariadi gruppo su ∆3 e che l’interpretare ogni elemento di ∆3 in unapermutazione di S3 definisce una funzione f :∆3 −→ S3 che e unisomorfismo di gruppi.

6. Naturalmente si puo procedere con lo stesso tipo di esempio pern = 4, cioe si puo considerare il gruppo ∆4 delle simmetrie di unquadrato, che sono costituite dalle rotazioni dei quattro multiplidi 90 gradi rispetto al baricentro e dai ribaltamenti rispetto allediagonali e agli assi e quindi da 8 elementi. Numerando i verticidel quadrato, si puo definire un omomorfismo iniettivo ∆4 −→S4, che non e un isomorfismo (S4 ha 24 elementi), ecc. . Echiaro come tutto cio si generalizza ai poligoni regolari con nlati. Indicheremo con ∆n il gruppo delle simmetrie di un poligonoregolare con n lati e chiameremo “gruppi diedrici” tali gruppi.Ricordiamo che fissato un vertice del poligono regolare di n lati, sechiamiamo R la rotazione di 1/n di angolo giro eD il ribaltamentointorno all’asse passante per quel vertice, allora Rn = 1 (dove1 indica la simmetria identita che e la rotazione di 0 gradi e Ri

indica la rotazione di 1/n di angolo giro eseguita i volte) eD2 = 1;inoltre, si puo constatare che i 2n elementi dati dalle composizionidi simmetrie:

R0 = 1, R,R2, . . . , Rn¡1, D,RD,R2D, . . . , Rn¡1D,

esauriscono tutte la simmetrie del poligono regolare con n lati,cioe sono un elenco completo degli elementi di ∆n, perche unsemplice ragionamento geometrico porta a concludere che tutti iribaltamenti si ottengono da uno datoD seguito da una rotazione.Si esprime questo fatto dicendo che D e R sono un insieme di ge-neratori per il gruppo ∆n. Infine, non e difficile convincersi che lasimmetria DR e uguale alla Rn¡1D; infatti entrambi tali prodottihanno come effetto di invertire l’ordine dei vertici e di portareil vertice 1 nel vertice n. L’osservazione importante e che tutti iprodotti degli elementi di ∆n si possono calcolare conoscendo solo

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1.15. GRUPPI 37

queste tre relazioni fondamentali (“relazioni di definizione”):

Rn = 1, D2 = 1, DR = Rn¡1D .

Infatti, siano RjDi e RkDl due elementi di ∆n (dove j e k sonoindici che variano tra 0 e n − 1, mentre i e l sono indici chevariano tra 0 e 1); per determinare il loro prodotto, si puo usareripetutamente la terza delle relazioni di definizione per spostaretutte le occorrenze di R a sinistra e quelle di D a destra; a questopunto si usano le altre due relazioni di definizione per ridurre cioche si ottiene ad uno degli elementi di ∆n. Ad esempio in ∆4 ilprodotto (RD)(R2D) puo essere calcolato nel modo seguente:

RDR2D = R(DR)RD = R(R3D)RD = R4DRD = DRD =R3DD = R3.

In tal modo si puo determinare completamente la tavola di molti-plicazione di ∆4 (esercizio) e constatare, ad esempio, che ∆4 none commutativo.

Concludiamo con una utile osservazione sugli omomorfismi di gruppi.In principio, un omomorfismo di gruppi e lo stesso che un omomorfismodi monoidi, con in piu la proprieta di conservare anche l’inverso. Tut-tavia puo accadere che se i monoidi hanno particolari proprieta, alloraper un morfismo di monoidi la condizione di conservare l’elemento neu-tro e automaticamente soddisfatta, ad esempio, se il monoide codominio(B,2, e0) ha la “proprieta di cancellazione (a sinistra)”:per ogni a, b, c ∈ B: se a2b = a2c, allora b = c.Esempi di tali monoidi sono i monoidi (N,+, 0) e (N>0, ·, 1), dove N>0

indica l’insieme dei naturali diversi da 0. Una classe importante diesempi e costituita dai gruppi. Infatti, dato che per ogni elementoesiste l’inverso, se ab = ac, allora a¡1ab = a¡1ac, dunque b = c.

Teorema 1.15.1 Siano (A, , e) e (B,2, e0) due monoidi. Se (B, , e0)ha la proprieta di cancellazione, allora ogni funzione f :A −→ B checonserva l’operazione binaria conserva anche l’elemento neutro, cioe eun morfismo di monoidi.In particolare, se sono gruppi, allora ogni funzione f :A −→ B che

conserva l’operazione binaria e un morfismo di gruppi, perche conservaanche l’inverso, cioe f(x¡1) = f(x)¡1.

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38 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Dimostrazione. Poiche e = e e, si ha f(e) = f(e e) = f(e)2f(e);quindi f(e)2e0 = f(e) = f(e)2f(e) e per la proprieta di cancellazionesi ottiene e0 = f(e).In particolare, se i due monoidi sono gruppi, se f :A −→ B conserva

l’operazione binaria, allora e un morfismo di gruppi, perche conservaanche l’inverso; infatti:f(x)2f(x¡1) = f(x x¡1) = f(e) = e0;e similmente f(x¡1)2f(x) = e0; dunque f(x¡1) e l’inverso di f(x), cioef(x¡1) = f(x)¡1. Ad esempio, osservando che i reali positivi sono ungruppo rispetto al prodotto, applicando questo teorema si ha che le soleproprieta exp(x + y) = exp(x) exp(y), log(xy) = log(x) + log(y) dellafunzione esponenziale e del logaritmo implicano che valgono anche leproprieta

exp(−x) = 1

exp(x), exp(0) = 1

log(1

x) = − log(x) , log(1) = 0 .

1.16 Anelli

Fino ad ora abbiamo considerato strutture costituite da un insiememunito di una singola operazione binaria, ma l’esperienza con i numerinaturali e con gli altri insiemi numerici che abbiamo fin dai primi annidi scuola, ci conduce a considerare insiemi muniti di due operazionibinarie

Definizione 1.16.1 Un “anello” e un insieme A munito di due opera-zioni binarie “somma” e “prodotto”

+:A×A −→ A , · :A×A −→ A

che denoteremo come di consueto con a + b e ab rispettivamente, chesoddisfano le proprieta:

1) (A,+) e un gruppo commutativo, il cui elemento neutro e deno-tato con 0;

2) (A, ·) e un monoide, il cui elemento neutro e denotato con 1;

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1.16. ANELLI 39

3) valgono le proprieta distributive:

(x+ y)z = xz + yz , z(x+ y) = zx+ zy ,

per ogni x, y, z ∈ A.L’anello viene detto “commutativo”, se il prodotto e commutativo.

Esempi di anelli sono gia noti a tutti fin dai primi anni degli studi:gli anelli commutativi dei numeri interi (Z,+, ·), dei numeri raziona-li (Q,+, ·), eccetera. Un nuovo esempio fondamentale di anello (noncommutativo) e quello M(n;A) delle matrici a quadrate di ordine n acoefficienti in un anello (commutativo) (A,+, ·), introdotto nel corsodi Geometria. Ricordiamo anche che un esempio ben noto e quellodell’anello A[x] dei polinomi a coefficienti in un anello commutativo(A,+, ·): i suoi elementi sono i “polinomi”, che sono scritture formali

p = p(x) =n

i=0

pixi

(n viene detto grado del polinomio) e, osservando che un polinomio econosciuto quando sono specificati i coefficienti pi, somma e prodottosono definiti dalle seguenti regole: se

q = q(x) =m

i=0

qixi

e un altro polinomio, allora i coefficienti (p + q)i e (pq)i della sommap+ q e del prodotto pq sono dati dalle regole

(p+ q)i = pi + qi

(pq)i =h+k=i

phqk =i

h=0

phqi¡h .

Il lettore dovrebbe verificare che le regole descritte corrispondono aquelle che gia conosce e che tali definizioni soddisfano gli assiomi dianello commutativo. Inolltre, indicando con gr(p) il grado di un poli-nomio p, si vede facilmente che gr(p+q) ≤ max[gr(p), gr(q)] e gr(pq) ≤gr(p) + gr(q) e che in questa ultima disuguaglianza vale il segno di

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40 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

uguaglianza se e solo se in A non esistono “divisori di zero”, cioe cop-pie di elementi non nulli a, b tali che ab = 0. Tali anelli si chiamano“domini di integrita”; vedremo in seguito esempi anelli commutativiche non sono domini di integrita (2.8).Tutte le regole del calcolo imparate fino ad ora sono conseguenze

degli assiomi di anello. Ad esempio, il “raccogliere a fattore comune”altro non e che l’applicazione della proprieta distributiva. Un’altraimportante conseguenza della distributivita e la “regola dei segni”. Ve-diamo come si dimostra:

Lemma 1.16.1 In ogni anello (A,+, ·) si ha:1) a0 = 0a = 0, per ogni a ∈ A.2) (−a)b = a(−b) = −(ab), per ogni a, b ∈ A, e, in particolare,(−1)(−1) = −(−1) = 1 (regola dei segni).

3) Se 0 = 1, allora A ha un solo elemento.

Dimostrazione. 1) a0 = a(0+0) = a0+a0, da cui sommando −(a0)a entrambi i membri si ottiene a0 = 0. Similmente si prova 0a = 0.2) 0 = 0b = [a + (−a)]b = ab + (−a)b, da cui sommando −(ab)

a entrambi i membri si ottiene −(ab) = (−a)b. Similmente si prova−(ab) = a(−b).3) Per ogni a ∈ A si ha: a = a1 = a0 = 0, dunque A ha un solo

elemento.Un “omomorfismo di anelli” f : (A,+, ·) −→ (B,+, ·) e una funzione

f :A −→ B che e un morfismo sia per la sruttura di gruppo, sia perquella di monoide. Ricordando l’osservazione finale del paragrafo prece-dente e traducendola in notazione additiva, cio equivale a richiedere letre proprieta f(x+ y) = f(x)+ f(y), f(xy) = f(x)f(y) e f(1) = 1; perquanto ricordato, dalla prima di queste tre proprieta si ha che valgonoanche f(0) = 0 e f(−x) = −f(x).

1.17 Esercizi

1. Si provi che la commutativita della somma e una conseguenzadelle altre proprieta, in particolare delle distributivita. (Suggeri-mento: si sviluppi nei due modi possibili il prodotto (1+1)(x+y).)

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1.17. ESERCIZI 41

2. Sia (A,+, ·) un anello commutativo, e sia A[[x]] l’insieme delleserie formali, cioe delle scritture formali del tipo

a =1

i=0

aixi .

E chiaro che un tale oggetto e completamente individuato dallasuccessione a:N −→ A dei suoi coefficienti. Si provi che rispettoalla somma e al prodotto definiti esattamente come nel caso deipolinomi si ottiene un anello commutativo A[[x]].

3. Ricordando che in un anello gli elementi invertibili sono quelli chesono invertibili rispetto alla struttura di monoide moltiplicativo,si provi che in un anello di polinomi gli unici invertibili sono ipolinomi di grado 0 che sono invertibili nell’anello. Chi sono glielementi invertibili in un anello di serie formali?

4. Se (A,+, ·) e un anello commutativo, si provi che per ogni a ∈ Ala funzione

vala:A[x] −→ A

data dalla valutazione in a, cioe valap(x) = p(a), e un omomor-fismo di anelli.

5. Si provi che una anello commutativo A e un dominio di integritase e solo se vale la seguente ”legge di cancellazione”:

ab = ac e a = 0 ⇒ b = c .

6. Si provi che sull’anello dei polinomi A[x] a coefficienti in unaanello A esiste un’unica “derivazione”, cioe una funzione

D:A[x] −→ A[x]

tale che

(a) D[p(x) + q(x)] = D[p(x)] +D[q(x)], D[ap(x)] = aD[p(x)];

(b) D[p(x)q(x)] = p(x)D[q(x)] +D[p(x)]q(x);

(c) D(x) = 1, D(1) = 0.

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42 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Esiste una tale funzione sull’anello A[[x]] delle serie formali a co-efficienti in A?

7. In un anello commutativo (A,+, ·) in cui ogni somma di 1 siainvertibile, si consideri la serie formale

exp(x) =1

i=0

xi

i!.

si provi

D[exp(x)] = exp(x) .

8. Si provi che il polinomio (1− x), considerato come serie formalea coefficienti in un anello commutativo (A,+, ·), e invertiblile eche la serie formale inversa e

1

1− x =1

i=0

xi .

9. Sia (A,+) un gruppo commutativo e si denoti con

End+(A)

l’insieme degli omomorfismi di gruppo f :A −→ A. Si provi chedefinendo la somma di due elementi f, g ∈ End+(A) mediante

(f + g)(a) =df f(a) + g(a)

(somma “puntuale”) si ottiene ancora un omomorfismo A −→ A.Si provi che rispetto a tale somma e rispetto al prodotto definitomediante la composizione, l’insieme End+(A) e un anello, nonnecessariamente commutativo.

Considerando invece l’insieme End(A) di tutte le funzioni A −→ Acon le stesse operazioni, si provi che si ottiene una struttura chesoddisfa tutti gli assiomi di anello, esclusa una delle due distribu-tivita (“quasianello”).

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1.18. PRODOTTI E SOTTOSTRUTTURE 43

1.18 Prodotti e sottostrutture

Ci sono tre costruzioni fondamentali che permettono di generare nuovestrutture algebriche (monoidi, gruppi, anelli, ecc.) a partire da strut-ture date. Esse sono il “prodotto di strutture”, le “sottostrutture” e le“strutture quoziente”. Illustriamo ora le prime due, mentre la terza,che e un po’ piu delicata, la affronteremo nel capitolo 3.Se (A, ) e (B,2) sono due semigruppi, allora definiamo il semi-

gruppo prodotto (A, )× (B,2) nel modo seguente: consideriamo l’in-sieme A × B prodotto degli insiemi A e B e definiamo l’operazionebinaria su A×B come il prodotto “puntuale”, cioe

a, b · a0, b0 = a a0, b2b0 .In termini diagrammatici, l’operazione “·” puo essere descritta nel modoseguente:

A×B × A×B 1A × σ × 1B- A×A× B ×B ×2- A×B ,dove σ:B × A −→ A× B indica l’isomorfismo “simmetria” (si veda ilparagrafo 1.16). E immediato constatare che tutte le proprieta equazio-nali che valgono per entrambe le operazioni continuano a valere perl’operazione puntuale sul prodotto. Dunque, se (A, ) e (B,2) sonosemigruppi, anche il prodotto puntuale e un semigruppo e, se entrambisono commutativi, anche l’operazione puntuale e commutativa. Inoltre,se (A, ) e (B,2) sono monoidi o gruppi, allora anche il prodotto pun-tuale e un monoide o un gruppo, l’elemento neutro essendo definitodalla coppia degli elementi neutri e inverso dalla coppia degli inversi.Cio si estende anche al caso in cui ci sia piu di una operazione binaria:ad esempio, se si parte da anelli, sul prodotto si possono definire an-cora due operazioni puntuali e si puo facilmente vedere che soddisfanoancora gli assiomi di anello.In particolare si puo considerare il prodotto A×A = A2 di una strut-

tura con se stessa e quindi anche i prodotti iterati (potenze) An, pern ≥ 2. Ad esempio, se consideriamo il gruppo commutativo (R,+, 0)dei numeri reali, allora l’operazione puntuale su Rn definisce la sommadi vettori a n componenti studiata nel corso di Geometria, in cui ap-punto la somma definita “componenete per componenete”. Natural-

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44 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

mente, si puo definire anche il prodotto puntuale, ottenendo cosı unanello commutativo.Per il prodotto di strutture dello stesso tipo (semigruppi, monoidi,

gruppi, eccetera) vale la stessa proprieta universale che abbiamo vistoper il prodotto di insiemi, rispetto a tutte le altre strutture dello stessotipo ed ai loro omomorfismi:le proiezioni sono omomorfismi pA:A × B −→ A e pB:A × B −→ Be, se X e una qualsiasi altra struttura dello stesso tipo e f :X −→ A,g:X −→ B sono due omomorfismi, allora l’unica funzione nel prodottof, g :X −→ A×B e un omomorfismo.Una semplice ma importante osservazione riguarda la commuta-

tivita: se (A, ) e un monoide, l’operazione stessa e una funzione A ×A −→ A e, dato che A × A e un monoide per l’operazione puntuale,possiamo chiederci se essa stessa e un omomorfismo dal monoide A×Acon l’operazione puntuale al monoide A stesso. Il lettore e invitato averificare che la risposta e affermativa se e solo se l’operazione e com-mutativa.Un altro importante concetto che si riferisce solo alle strutture e

non alle identita che in esse possono essere soddisfatte e quello di sot-tostruttura di una struttura.

Definizione 1.18.1 Se (A, ) un insieme munito di una operazionebinaria, un sottoinsieme U ⊆ A e una sottostruttura se vale la con-dizione: per ogni a, b ∈ U , a b ∈ U .E chiaro come questa definizione si estende a strutture definite anche daaltre operazioni, ad esempio nullarie o unarie. Ad esempio, se (A, , e)e un insieme munito di una operazione binaria e di una nullaria (cioe diun elemento e ∈ A), allora un sottoinsieme U ⊆ A e una sottostrutturase vale l’ulteriore condizione e ∈ U . Se inoltre in A e anche assegnatauna operazione unaria f :A −→ A (come l’inverso nei gruppi), allora ilsottoinsieme U per essere una sottostruttura deve essere chiuso ancherispetto a tale operazione, cioe se x ∈ U , allora f(x) ∈ U .Ne segue che se U e una sottostruttura di un semigruppo o di un

monoide o di un gruppo, allora U stesso con le operazioni definite perrestrizione di quelle su A e ancora una struttura dello stesso tipo percui tutte le identita che valevano in A continuano a valere e dunque Uper tali operazioni e ancora un semigruppo o un monoide o un gruppo.

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1.18. PRODOTTI E SOTTOSTRUTTURE 45

Il semigruppo cosı definito da una sottostruttura viene detto “sotto-semigruppo” di (A, ) e nel caso dei monoidi e dei gruppi viene detto“sottomonoide” e “sottogruppo” rispettivamente. E chiaro anche cometutto cio si estende al caso di strutture definite da piu di una operazionebinaria, come gli anelli.Passiamo in rassegna alcuni esempi:

1. N ⊆ Z non e sottostruttura della struttura di gruppo su Zdata dalla somma, l’opposto e lo zero (N non e chiuso rispettoall’opposto). N e sottostruttura della struttura di monoide diZ data dalla somma e lo zero ed e anche sottostruttura dellastruttura di monoide di Z data dal prodotto e 1, cioe N e sot-tomonoide di (Z,+, 0) e di (Z, ·, 1). Similmente, Z e un sot-togruppo del gruppo (Q,+,−, 0) dei razionali, mentre e un sot-tomonoide del gruppo (Q¤, , ( )¡1, 1) dei numeri razionali nonnulli. In altre parole, Z e un sottoanello dell’anello dei razio-nali. Ancora, l’insieme Q>0 dei numeri razionali positivi e unsottogruppo del gruppo (Q¤, ·, ( )¡1, 1), mentre e un sottosemi-gruppo del gruppo (Q,+,−, 0), ecc. .

2. Il sottoinsieme 0, 1 ⊆ N e una sottostruttura del monoide(N, ·, 1), ma non del monoide (N,+, 0). Si osservi che la strutturadi monoide di 0, 1 come sottomonoide di (N, ·, 1) coincide conla struttura di monoide di 0, 1 rispetto alla congiunzione logicaquando pensiamo 0, 1 come l’insieme 2 dei valori di verita.

3. Se (M, , e) e un monoide, l’insieme

M¤ = m ∈M |m invertibile ⊆M

e un sottomonoide di (M, , e), perche il prodotto di due elementiinvertibili e ancora un elemento invertibile e perche l’elementoneutro e sempre invertibile. In particolare, M¤ e un gruppo; tut-tavia non possiamo dire che M¤ sia un sottogruppo di (M, , e),non essendo (M¤, , e) stesso un gruppo; anzi, (M, , e) e ungruppo se e solo se M¤ = M . Ricordiamo che se (M, , e) e ilmonoide delle matrici quadrate a coefficienti reali o razionali, al-lora M¤ e il gruppo delle matrici invertibili, che per il teorema di

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46 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Cramer, coincide con il gruppo delle matrici a determinante nonnullo. Similmente, se (M, , e) e il monoide delle endofunzioni diun insieme X, allora M¤ e il gruppo delle endofunzioni invertibilidi X, cioe il gruppo delle permutazioni di X.

4. Se A e un insieme dotato di una struttura che contiene operazioninullarie, allora l’insieme vuoto ∅ ⊆ A non puo essere sottostrut-tura di A. Anzi, l’insieme vuoto ∅ e sottostruttura di A se e solose la struttura di A non ha operazioni nullarie. In particolare, unsottomonoide di un monoide non puo mai essere vuoto, dovendocontenere almeno l’elemento neutro. Per ogni monoide (A, , e),il sottoinsieme e costituito dal solo elemento neutro e sempreun suo sottomonoide, che e anche un gruppo.

In certi casi si ha un fenomeno simile a quello visto per i morfismi.Cioe puo accadere che particolari proprieta della struttura sull’insiemeA possono ridurre il numero delle condizioni perche un sottoinsiemeU ⊆ A sia una sottostruttura di quella di A. Ad esempio:

Teorema 1.18.1 Se (A, ·, ( )¡1, e) e un gruppo finito (cioe A e uninsieme finito), allora perche un sottoinsieme U ⊆ A sia un suo sot-togruppo basta che U sia chiuso rispetto all’operazione binaria e sia nonvuoto.

Dimostrazione. Dobbiamo verificare che U contiene l’elemento neu-tro e che e chiuso ripetto all’inverso. Poiche U non e vuoto, sia a ∈ U ;consideriamo gli elementi: a, a2, . . . an, . . .. Tali elementi appartengonotutti a U , perche U e chiuso rispetto all’operazione binaria, e non pos-sono essere tutti distinti, perche A, quindi anche U , e finito. Dunquedevono esistere due interi n e m, con n = m, tali che an = am; allora,se n > m, applicando l’operazione n−m volte con l’inverso di a si hache an¡m = e ∈ U , perche ogni potenza positiva di a e in U . Dunque,quando n > m+1, anche an¡m¡1 ∈ U ed e l’inverso di a; se n = m+1,allora a = e, che coincide con il suo inverso. Similmente se m > n.

Per finire, mostriamo che ad ogni omomorfismo

f : (A, , e) −→ (B,2, u)

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1.18. PRODOTTI E SOTTOSTRUTTURE 47

di monoidi sono associati canonicamente due sottostrutture, il “nu-cleo” e la “immagine” di f . Il nucleo ker(f) di f e l’immagine inversadell’elemento neutro u, cioe

ker(f) = a ∈ A | f(a) = u ⊆ A ,

mentre l’immagine e l’immagine insiemistica di f , cioe

Im(f) = b ∈ B | esiste a ∈ A tale che f(a) = b ⊆ B .

Non e difficile mostrare che sia l’immagine sia il nucleo sono sottostrut-ture e quindi sono sottomonoidi di B e di A rispettivamente: se a1, a2 ∈ker(f), cioe se f(a1) = u = f(a2), allora, poiche f e un omomorfismo,f(a1 a2) = f(a1)2f(a2) = u2u = u e dunque a1 a2 ∈ ker(f);sempre perche f e un omomorfismo si ha anche e ∈ ker(f). Per quantoriguarda l’immagine, se b1, b2 ∈ Im(f), cioe se esistono a,a2 ∈ A tali chef(a1) = b1 e f(a2) = b2, allora, poiche f e un omomorfismo, f(a1a2) =f(a1)2f(a2) = b12b2; dunque esiste a3 = a1 a2 tale che f(a3) = b12b2e percio b12b2 ∈ Im(f); sempre perche f e un omomorfismo si ha anchee ∈ Im(f). Si osservi che ne per definire l’immagine, ne per mostrareche l’immagine e sottostruttura si usano gli elementi neutri; dunquel’immagine e una sottostruttura anche per i semigruppi.Un uso frequente del nucleo e per mostrare che un dato omomor-

fismo e una funzione iniettiva: se (A, , e) e (B,2, u) sono monoidi ef e un omomorfismo f :A −→ B, che come funzione e iniettiva, alloraker(f) e cosituito dal solo elemento neutro e: infatti, se f e iniettiva ex e tale che f(x) = e = f(e), allora necessariamente x = e. Tuttavia,se i due monoidi sono in realta gruppi, allora vale anche il viceversa:

se ker(f) e costituito dal solo elemento neutro, allora l’omomorfismo fe una funzione iniettiva.

Infatti, se f(a1) = f(a2), allora f(a1)2f(a2)¡1 = u; poiche f e un

omomorfismo, allora f(a1)2f(a2)¡1 = f(a1 a¡12 ) = u e dunque a1

a¡12 ∈ ker(f); poiche ker(f) e costituito dal solo elemento neutro, si haa1 a¡12 = e, cioe a1 = a2.

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48 CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

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Capitolo 2

Numeri

2.1 I Numeri Naturali

Fino ad ora abbiamo usato i numeri naturali ed i numeri interi basan-doci sulla conoscenza piu o meno intuitiva che ognuno ne ha. Ma perpoter fare della matematica, cioe per poter fare dei calcoli esatti e perpoter dimostrare le proprieta che ci occorrono per i calcoli che dobbiamofare, e necessario poter esprimere in modo formale cio che intendiamoper numeri naturali; e questo in matematica significa esprimere con unsistema di assiomi cio che si intende per l’insieme N dei numeri na-turali. Il sistema comunemente accettato e quello dovuto a Peano edassiomatizza l’idea intuitiva che l’insieme dei numeri naturali e la con-clusione del processo di “aggiungere un nuovo elemento (il successore)ad un elemento dato”. Per Peano i numeri naturali sono dunque uninsieme N, con un elemento previlegiato 0 (tradizionalmente chiamato“zero”) ed una funzione

σ:N −→ N

(detta “successore”), che soddisfano gli assiomi:

P1) 0 non e successore di alcun naturale: 0 = σ(n), per ogni n ∈ N;P2) la funzione successore e iniettiva: se σ(n) = σ(m), allora n = m;

P3) principio di induzione: per dimostrare che un sottoinsieme U ⊆ Ncoincide con tutto N, basta che si verifichino i seguenti due fatti:

49

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50 CAPITOLO 2. NUMERI

i) 0 ∈ U ;ii) se n ∈ U , allora anche σ(n) ∈ U , per ogni n ∈ N.

Vedremo nel seguito come solo a partire da questi assiomi si pos-sono dedurre tutte le principali proprieta dei numeri naturali. Per ora,osserviamo solo che i primi due assiomi ci dicono che l’insieme N none finito, dunque che e infinito, poiche la funzione σ e una endofunzioneche e iniettiva, ma non suriettiva.Una prima importante conseguenza degli assiomi di Peano e la pos-

sibilita di definire funzioni N −→ X (successioni) mediante un proce-dimento effettivo a partire da dati iniziali, nel modo seguente:

Teorema 2.1.1 (“definizione per induzione”). Se X e un qualsiasiinsieme, a ∈ X e un elemento scelto di X e f :X −→ X e un qualsiasiendomorfismo di X, allora esiste un’unica funzione h:N −→ X taleche:

1) h(0) = a;

2) h(σ(n)) = f(h(n)).

Non diamo la dimostrazione di questo teorema. Pensando alla fun-zione σ come alla funzione σ(n) = n+1, la funzione h:N −→ X la cuiesistenza e unicita e garantita dal teorema e la funzione h(n) = fn(a);dunque il fatto che questo teorema sia una conseguenza degli assiomidi Peano e abbastanza chiaro, anche se una dimostrazione formaledell’esistenza della funzione h e un po’ complicata; la sua unicita einvece immediata: se esistesse un’altra funzione h0:N −→ X taleh0(0) = a e h0(σ(n)) = f(h(n)), allora sia U = n ∈ N|h(n) = h0(n);si ha: 0 ∈ U , poiche h0(0) = a = h(0);inoltre, se n ∈ U , allora ancheσ(n) ∈ U , perche h(σ(n)) = σ(h(n)) = σ(h0(n)) = h0(σ(n)); dunqueper il principio di induzione possiamo concludere che U = N, quindiche h(n) = h0(n) per ogni n ∈ N; percio h = h0.L’uso piu o meno esplicito della definizione di funzioni per induzione

e assai frequente in matematica. Ad esempio, se (M, ·, e) e un monoidee se a ∈ M , le “potenze n-esime” di a sono in realta una funzionea( ):N −→M (la la cui esistenza ed unicita e garantita dal precedenteteorema nel modo seguente: si consideri la funzione f :M −→ M data

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2.1. I NUMERI NATURALI 51

dal prodotto per a, cioe f(x) = xa; applicando il teorema si ha cheesiste una ed una sola funzione h = a( ):N −→ N che soddisfa

a0 = e , aσ(n) = ana .

Il teorema sulla definizione per induzione e un enunciato di univer-salita per il diagramma

∗ 0 - Nσ - N :

per ogni altro diagramma della stessa forma:

∗ x - Xf - X

esiste un’unica funzione (successione) h:N −→ X tale che i seguentidiagrammi commutino:

∗ 0 - Nσ - N

∗ x - X?

h

f - X .

h

?

Si puo dimostrare di piu: il teorema sulla definizione per induzione e inrealta equivalente agli assiomi di Peano; dunque la proprieta universale

sopra enunciata per il diagramma ∗ 0 - Nσ - N costi-

tuisce un’altra formulazione piu semplice degli assiomi per i numerinaturali (“assioma di Peano-Lawvere”).Si osservi che dal teorema di definizione per induzione si ha immedi-

atamente la unicita dell’insieme dei numeri naturali. Piu precisamente,se (00,N0, σ0) e un altro insieme munito di un elemento 00 e di un en-domorfismo σ0 che soddisfano gli assiomi di Peano, allora esiste ununico isomorfismo h:N −→ N0 tale che h(0) = 00 e σ0h = hσ. In-fatti, applicando il teorema sulla definizione per induzione a (00,N0, σ0)si ha che esiste un’unica funzione h:N −→ N0 tale che h(0) = 00 eh(σ(n)) = σ0(h(n)); poiche anche N0 soddisfa gli assiomi di Peano, an-che per N0 si puo dimostrare il teorema di definizione per induzione;

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52 CAPITOLO 2. NUMERI

applicando tale teorema a (0,N, σ), si ha che esiste una sola funzioneh0:N0 −→ N tale che h0(00) = 0 e σ(h0(n)) = h0(σ0(n)). Consideriamola composizione k = h0h:N −→ N; poiche k(0) = h0(h(0)) = h0(00) = 0e k(σ(n)) = h0(h(σ(n)) = h0(σ0(h(n))) = σ(h0(h((n))) = σ(k(n))e poiche anche l’identita 1N:N −→ N soddisfa le stesse condizioni,l’unicita espresssa dal teorema di definizione per induzione assicura chek = h0h = 1N. Un ragionamento analogo prova che anche la compo-sizione hh0 e l’identita di N0; dunque h e un isomorfismo, essendo h0 lasua funzione inversa.

2.2 Ricorsivita

La classe delle funzioni

N×N× . . .×N −→ N

che si possono definire per induzione e per composizione di funzioni apartire da 0, dalla funzione successore σ:N −→ N e dalle proiezionie detta classe delle funzioni ricorsive primitive. Si osservi come laclausola riguardante la chiusura rispetto alla composizione ci permettedi ottenere i numeri naturali come 0, 1 = σ(0), 2 = σ(σ(0)), . . ..Vediamo ora come tutte le funzioni ordinarie della aritmetica ap-

partengano alla classe delle funzioni ricorsive primitive e come le loroprincipali proprieta possano essere dimostrate solo a partire dagli as-siomi di Peano.La possibilita di definire le potenze n-esime di un elemento di un

monoide applicata all’elemento σ del monoide End(N) in cui, ricor-diamo, l’operazione e la composizione, fornisce la somma; definiamodunque la somma m+ n, per ogni m fissato, come:

m+ n = σn(m) .

Ricordando la definizione induttiva delle potenze, questa definizioneequivale alla definizione induttiva:

i) m+ 0 = σ0(m) = 1N(m) = m;

ii) m+ σ(n) = (σn(m)) = σ(m+ n).

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2.2. RICORSIVITµA 53

Similmente, definiamo il prodotto mn, per ogni m fissato, come

mn = (σm)n(0) .

Anche questa definizione equivale alla definizione induttiva:

i) m0 = 0;

ii) mσ(n) = (σm)σ(n)(0) = [σmσmn](0) = σm(mn) = mn+m.

La definizione di somma data sopra implica che σ(n) = n+1. E dunquechiaro come queste definizioni coincidano nel modello intuitivo dei nu-meri naturali alle abituali operazioni di somma e prodotto. Ma perpoter dimostrare che queste definizioni danno delle operazioni che hannole usuali proprieta della somma e del prodotto di naturali, bisognaprima dimostrare alcune elementari proprieta delle potenze degli ele-menti di un monoide.

Lemma 2.2.1 Siano a, b due elementi di un monoide (M, ·, e). Se a eb sono permutabili (ab = ba), allora:

1) per ogni coppia di naturali n,m si ha: anbm = bman;

2) per ogni naturale n si ha: (ab)n = anbn.

Dimostrazione. 1) Dimostriamo dapprima che per ogni n ∈ N si haanb = ban. Questo equivale a dimostrare che l’insieme:

U = n ∈ N | anb = bancoincide con l’insieme di tutti i numeri naturali. Applichiamo dunqueil principio di induzione: 0 ∈ U , poiche a0 = e; se n ∈ U , cioe seanb = ban, allora aσ(n)b = anab = anba = bana = baσ(n), dunque ancheσ(n) ∈ U ; percio U = N. Per dimostrare che anbm = bman per tutti inaurali m e n, basta dimostrare che, posto c = an, si ha cbm = bmc, pertutti gli m ∈ N; per quanto gia dimostrato, questo e vero se cb = bc,cioe se anb = ban; per quanto gia dimostrato, questo e vero percheab = ba.2) Procediamo per induzione. Per n = 0 la proprieta e vera perche

a0 = b0 = e; supponiamo che la proprieta sia vera per un certo n e

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54 CAPITOLO 2. NUMERI

dimostriamola per il successivo σ(n): (ab)σ(n) = (ab)(ab)n = abanbn =aanbbn = aσ(n)bσ(n).Si osservi che in particolare ogni elemento a e permutabile con se

stesso; dunque per ogni n e m si ha: anam = aman.

Lemma 2.2.2 . Per ogni coppia di naturali n e m e per ogni elementoa di un monoide si ha: (an)m = (am)n.

Dimostrazione. Sia

U = n ∈ N | (an)m = (am)n,per tutti gli m ∈ N .Si ha 0 ∈ U , perche per tutti gli m ∈ N vale (a0)

m= em = e = (am)0.

Se m ∈ U ,cioe se n e tale che per tutti gli m ∈ N si ha (an)m = (am)n,allora:(am)σ(n) = (am)(am)n = am(an)m = (aan)m =(perche a e an sono permutabili) = (aσ(n))m

per ogni m ∈ N; dunque σ(n) ∈ U , percio U = N.Si presti attenzione al senso di cio che si sta facendo. Puo sembrare

ovvio che (an)m = (am)n, perche l’esperienza che abbiamo dei numerinaturali ci dice che entrambe tali quantita sono uguali ad anm. Maprocedendo da una definizione assiomatica dei numeri naturali, a questopunto non sappiamo ancora che cosa sono la somma ed il prodotto dinumeri naturali. Tali operazioni non compaiono nella definizione deinumeri naturali che abbiamo dato, percio dobbiamo dedurre la loroesistenza (cio che abbiamo fatto) e le loro proprieta che le qualificanocome “la somma ed il prodotto” (cio che non abbiamo ancora fatto).Anzi, useremo le proprieta delle potenze appena dimostrate proprio perdimostrare che le definizioni di somma e prodotto di numeri naturaliche abbiamo dato soddisfano le proprieta che ci aspettiamo debbanosoddisfare.

Teorema 2.2.1 . L’insieme N dei numeri naturali e un monoide com-mutativo per le operazioni di somma e prodotto precedentemente defi-nite, per cui valgono le seguenti proprieta:

1) (N,+, 0) e (N, ·, 1) hanno la proprieta di cancellazione: se n+p =m+p, allora n = m e, se p = 0 e np = mp, allora n = m; inoltre,se m+ n = 0, allora m = 0 e n = 0;

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2.2. RICORSIVITµA 55

2) vale l’identita: m(n+ p) = mn+mp (proprieta distributiva);

3) mn = 0 se e solo se m = 0 o n = 0;

4) per ogni monoide (M, ·, e) e per ogni elemento a ∈M , si ha:

an · am = an+m, (am)n = amn .

Dimostrazione. A titolo di esempio dimostriamo solo alcune delleproprieta enunciate. Dimostriamo che 0 e l’elemento neutro per lasomma, dunque che per ogni n ∈ N si ha n+ 0 = n. Per induzione sun: la proprieta e vera per n = 0, perche σ0(0) = 1N(0) = 0; supponiamoche la proprieta sia vera per n e dimostriamola per σ(n):σσ(n)(0) = σ(σn(0)) = σ(n).Dimostriamo la commutativita della somma, usando il primo dei

due lemmi precedenti:n + m = σn(m) = σn(σm(0)) = (σnσm)(0) = (σmσn)(0) = σm(n) =m+ n.Dimostriamo la proprieta di cancellazione per la somma: sem+n =

p + n, allora m = p. Dimostriamo per induzione su n, per tutti gli me p; se n = 0, la proprieta e vera; supponiamo che la proprieta sia veraper un certo n e per tutti gli m ed i p, e dimostriamola per σ(n): sem+ σ(n) = p+ σ(n), allora σ(m+ n) = σ(p+ n); poiche σ e iniettiva,si ha m+ n = p+ n; per l’ipotesi di induzione si ha m = p.Dimostriamo la prima delle proprieta 4). Dimostriamo per in-

duzione su n che an+m = an · am, per ogni m ∈ N. La proprieta evera per n = 0; supponiamo che sia vera per un certo n e dimostria-mola per il successivo σ(n):aσ(n) · am = an · a · am = an · am · a = an+m · a = aσ(n+m) = aσ(n)+m.In modo simile, sfruttando gli assiomi o i lemmi gia dimostrati, si

dimostrano tutte le rimanenti proprieta.A partire dalla somma e dal prodotto si possono definire per in-

duzione e composizione molte altre funzioni. Un esempio e la seguentefunzione (detta “successione di Fibonacci”):f(0) = 1, f(1) = 1, f(σ(σ(n)) = f(σ(n)) + f(n),cioe, interpretando σ(n) come n+ 1,f(0) = 1, f(1) = 1, f(n+ 2) = f(n+ 1) + f(n).

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56 CAPITOLO 2. NUMERI

I primi termini di questa successione sono: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, . . .. Echiaro che tutte le funzioni definite in questo modo, che abbiamo con-venuto di chiamare funzioni ricorsive primitive, hanno il requisito diessere effettivamente calcolabili, cioe calcolabili con una procedura ef-fettiva che puo in principio essere eseguita da qualsiasi macchina. Tut-tavia si puo dimostrare che esistono altre funzioni che hanno questorequisito, ma che non sono ricorsive primitive. Ad esempio la funzione

f :N×N −→ N

definita secondo lo schema seguente:f(0,m) = σ(m); f(n, 0) = σ(n); f(σ(n), σ(m)) = f(n, f(σ(n),m)),e chiaramente una funzione che puo essere calcolata da una qualsia-si macchina (se ne calcolino alcuni valori o, meglio, si scriva un pro-gramma che la calcola). Tuttavia si puo dimostrare che non appar-tiene alla classe delle funzioni ricorsive primitive, ma ad una classe piuampia chiamata classe delle “funzioni ricorsive (generali)”. Tale classee suscettibile di una definizione precisa ed il suo studio e il contenutodella teoria della ricorsivita. La “tesi di Church” afferma che la classedelle funzioni ricorsive coincide con la classe delle funzioni effettiva-mente calcolabili. Tale tesi non e dimostrabile poiche da una partesi ha un concetto formale, come quello di funzione ricorsiva, mentredall’altra si ha un concetto non formale, come quello di “funzione ef-fettivamente calcolabile”. Tuttavia a tutt’oggi non sono state trovatefunzioni calcolabili con una procedura effettiva che non siano anchericorsive.

2.3 Ordine e Divisione

Siamo ora in grado di descrivere la ulterire struttura di cui N e dotatoe di provarne le proprieta, sempre deducendole dagli assiomi di Peanoo dalle loro conseguenze che abbiamo gia dimostrato.La “relazione d’ordine” di N si definisce nel modo seguente:

n ≤ m se e solo se esiste k tale che n+ k = m ;

Scriveremo n < m per n ≤ m e n = m, dunque se esiste k = 0 taleche n+ k = m. E immediato dimostrare che la relazione n ≤ m e una

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2.3. ORDINE E DIVISIONE 57

relazione d’ordine (si veda il paragrafo 6 del capitolo 3 per la definzioneprecisa di relazione d’ordine). Le proprieta particolari della relazioned’ordine su N sono espresse dal

Teorema 2.3.1 i) legge di “tricotomia”: per ogni m,n ∈ Nvale una sola delle seguenti possibilita: m < n,m = n, n <m.

ii) se m ≤ n, allora m+ k ≤ n+ k e mk ≤ nk, per ogni k.iii) N e “bene ordinato”: ogni sottoinsieme V ⊆ N non vuoto

ha un primo elemento, cioe un elemento v ∈ V tale chev ≤ x, per ogni elemento x ∈ V .

Dimostrazione. Dimostriamo iii) a titolo di esempio. Procediamoper assurdo; supponiamo che V ⊆ N sia un sottoinsieme non vuotoche non abbia un primo elemento e dimostriamo che in tal caso ogninaturale e minore o uguale ad ogni elemento di V , cioe che l’insieme

U = n | x ∈ V ⇒ n ≤ x

coincide con l’insieme di tutti i naturali. Procediamo per induzione;0 ∈ U ; se n ∈ U , allora n ∈ V , perche in caso contrario V avrebben come primo elemento; dunque se x ∈ V , allora n ≤ x e x = n; mase n ≤ x e x = n, allora σ(n) ≤ x, dunque anche σ(n) ∈ U . DunqueU = N. Ma questa e una contraddizione, perche se V non e vuoto, siak ∈ V ; allora n ≤ k, per ogni n, dunque anche per n = k + 1, assurdo.

La prima importante applicazione dell’ordine sui naturali e il teo-rema sulla divisione di naturali.

Teorema 2.3.2 . Per ogni coppia di naturali x e n, n = 0, esistonodue naturali q (“quoziente”) e r (“resto”), tali che:

x = qn+ r e 0 ≤ r < n .

Inoltre, se q0 e r0 sono altri due naturali per cui 0 ≤ r0 < n e x =q0n + r0, allora q = q0 e r = r0 (unicita del quoziente e del resto delladivisione per n).

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58 CAPITOLO 2. NUMERI

Dimostrazione. Consideriamo l’insieme dei “possibili resti”:

M = m | esiste q tale che x = qn+m .Definiamo r come il primo elemento di M ; bisogna pero assicurarsi

che M non sia vuoto; infatti, x stesso sta in M (basta prendere q =0). Dunque esiste q tale che x = qn + r. Dobbiamo dimostrare che0 ≤ r < n. Per assurdo, supponiamo n ≤ r; allora r = n + k, quindix = qn + n + k = (q + 1)n + k e k < r; assurdo perche r e il primoelemento di M .Se x = q0n+ r0, con 0 ≤ r0 < n, dimostriamo che r0 deve essere un

primo elemento di M. Infatti, se cosı non fosse, esisterebbe m ∈M conm < r0; dunque r0 = m + y ed esisterebbe q tale che x = qn + m =q0n+r0 = q0n+m+y; quindi qn = q0n+y, percio y sarebbe un multiplodi n, cio che e impossibile perche r0 < n. Dunque r = r0, percio perla cancellazione della somma anche qn = q0n e, per la cancellazione delprodotto, poiche n = 0, anche q = q0.

2.4 Idempotenti ed involuzioni

Per ogni endofunzione f :X −→ X su un insieme X possiamo definireil sottoinsieme di X

F = Fix(f) = x ∈ X|f(x) = x ⊆ Xdei punti fissi di f . Se f e un idempotente, cioe ha la proprieta cheff = f2 = f , dunque che f(f(x)) = f(x) per ogni x ∈ X, alloraogni elemento della forma f(x) e un punto fisso, perche y = f(x) ha laproprieta che f(y) = y. Dunque denotando con e la funzione f stessaconsiderata pero come funzione X −→ F e denotando con i:F → Xl’inclusione di F in X considerata come una particolare funzione (larestrizione dell’identita su X), si ha che l’idempotente f si fattorizzacome

Xf - X = X

e - F ½ i - X .

Cosa possiamo dire della composizione

F ½ i - Xe - F ?

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2.4. IDEMPOTENTI ED INVOLUZIONI 59

E chiaro che

F ½ i - Xe - F = F

1F - F ,

poiche se y ∈ F , cioe se y = f(y), allora e(i(y)) = e(y) = f(y) = y.Diremo che la coppia e, i e uno spezzamento dell’idempotente f . Di-remo anche che i:F → X e un retratto e che e e una sua retrazionequando la composizione ei e l’identita su F . Dunque ogni idempo-tente determina un retratto, prendendone lo spezzamento attraverso ipunti fissi. Viceversa, dato un retratto i:F → X, ogni sua retrazionee:X −→ F determina un idempotente f = ie:X −→ X (poichef2 = (ie)(ie) = i(ei)e = ie = f) che ha F come insieme dei puntifissi. Da questa discussione dovrebbe apparire chiaro che se i:F → X,allora le sue retrazioni e:X −→ F , quindi gli idempotenti che hannoF come insieme dei punti fissi, sono in corrispondenza biunivoca con lefunzioni F c −→ F dall’insieme complementare dell’insieme F dei puntifissi a F stesso. In particolare, se X e un insieme finito di cardinalita n,allora gli idempotenti che hanno un insieme di punti fissi di cardinalitai sono

n

iin¡i

e quindi il numero di tutti gli idempotenti su X e

n

i=0

n

iin¡i .

Un’altra importante proprieta che un endomorfismo f :X −→ Xpuo avere e quella di essere una involuzione, cioe f2 = 1 e dunquef(f(x)) = x, per ogni x ∈ X. Si osservi che mentre l’unico idempotenteche sia anche invertibile e l’identita, invece ogni involuzione e invertiblie,essendo essa stessa il proprio inverso. Per capire meglio che cosa siauna involuzione cercheremo di contare il numero delle involuzioni In suun insieme finito di cardinalita n. Una formula induttiva per il numerodelle involuzioni su un insieme finito di cardinalita n e

In = In¡1 + (n− 1)In¡2e I0 = 1 = I1. Infatti, se n ≥ 2, ripartiamo l’insieme delle involuzionif : [n] −→ [n] in due classi disgiunte, quelle che lasciano fisso 1 e quelle

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60 CAPITOLO 2. NUMERI

che lo muovono. Il numero delle prime e chiaramente In¡1, perche unatale involuzione consiste semplicemente nel dare una involuzione suirimanenti n − 1 elementi. Per determinare il numero delle seconde,si osservi che se f(1) = 1, allora f manda la coppia 1, f(1) nellacoppia f(1), 1 , perche f e una involuzione; dunque f e completamentedeterminata da una involuzione sui rimanenti n − 2 elementi. Poichef(1) puo assumere solo n− 1 valori, per la clausola f(1) = 1, il numerodelle seconde e (n− 1)In¡2.

2.5 Funzioni generatrici

Usiamo il problema di trovare una espressione esatta per il numero Indelle involuzioni su un insieme con n elementi, per illustrare un metodoclassico della combinatorica, il metodo delle funzioni generatrici, checonsiste nel trovare una serie formale (di Taylor)

I(t) =n¸0Intn

n!

che abbia per coefficienti proprio la successione dei numeri In, usandola formula induttiva appena stabilita. Nel caso in questione, per laforma della formula induttiva, tentiamo di trovare la derivata I(t) diI(t), supponendo che una tale funzione esista. Si ha:

I(t) = n¸1 Intn¡1(n¡1)! = 1 + n¸2 In

tn¡1(n¡1)! =

= 1 + n¸2 In¡1tn¡1(n¡1)! + n¸2(n− 1)In¡2 tn¡1

(n¡1)! =

= 1 + n¸2 In¡1tn¡1(n¡1)! + t n¸2 In¡2

tn¡2(n¡2)! =

= 1 + [I(t)− 1] + tI(t) = I(t) + tI(t) = I(t)(1 + t).Poiche I(t)

I(t)= 1+ t si ha log I(t) = t+ t2

2; dunque la funzione generatrice

del numero delle involuzioni e

I(t) = et+t2

2 .

Non rimane dunque che sviluppare in serie di Taylor questa funzione pertrovare i valori esatti di In. Osserviamo dapprima che la proprieta fon-damentale dell’esponenziale e che trasforma somme in prodotti, dunque

Page 62: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.6. ESERCIZI 61

che et+t2

2 = et et2

2 ; ricordiamo anche che ex = i¸0xi

i!e che il prodotto

di Cauchy i¸0 aiti k¸0 bktk di due serie e la serie n¸0 cntn, dove ilcoefficiente cn e dato dalla formula cn = i+k=n aibk, cio che generalizzail prodotto di polinomi. Si ha dunque che

Inn!tn = i¸0

ti

i! k¸0( t2

2)k

k!= i¸0

ti

i! k¸0t2k

k!2k=

= n¸0( i+2k=n1

i!k!2k) tn

e quindi che

In =i+2k=n

n!

i!k!2k.

2.6 Esercizi

1. I numeri di Fibonacci Fn sono definiti induttivamente da F0 =F1 = 1 e Fn = Fn¡1 + Fn¡2, per n ≥ 2, ed hanno svariate inter-pretazioni combinatorie. Si provi che la funzione generatrice F (t)dei numeri di Fibonacci e

F (t) =1

1− t− t2 .

(Suggerimento: si assuma che F (t) sia sviluppabile in serie dipotenze, F (t) = n¸0 Fntn; allora

F (t) = 1+ t+ n¸2 Fntn = 1+ t+ n¸2 Fn¡1tn+ n¸2 Fn¡2tn =.....)

2. Ricordando che la funzione 11¡x e sviluppabile in serie tramite la

serie geometrica1

1− x = k¸0xk ,

si usi il precedente esercizio per mostrare che i numeri di Fibonaccisono dati dalla formula

Fn =i+k=n

k

i.

(Suggerimento: sostituire t(1 + t) ad x nella serie geometrica edusare la formula del binomio di Newton).

Page 63: Algebra - Matematica Discreta- ITA

62 CAPITOLO 2. NUMERI

3. Ricordiamo che nell’esercizio 1.13.6 abbiamo introdotto i numeridi Catalano an e che abbiamo proposto di provare che la lorodefinizione induttiva e an =

n¡1k=1 akan¡k, per n ≥ 2, convenendo

che a1 = 1 = a2; conveniamo anche che a0 = 0 (trovare unagiustificazione per tali convenzioni, anche sulla base di quantosegue). Definiamo albero binario un grafo con la proprieta che daogni nodo partono due rami o nessuno; ad esempio

o

¶¶¶ S

SS

X1 o

¶¶¶ S

SS

o X4

¶¶¶ S

SS

X2 X3

e un albero binario con 4 foglie (= nodi terminali). Numerandole foglie in senso antiorario come nella figura e convenendo cheun nodo non terminale e il prodotto dei due nodi immediata-mente sottostanti, si puo’ associare ad ogni tale grafo una con-figurazione di parentesi; ad esempio, quella associata al grafo infigura e X1((X2X3)X4). Si dimostri che il numero di Catalanoan e il numero degli alberi binari con n foglie, stabilendo unaopportuna corrispondenza biunivoca.

4. Si dimostri che la funzione A(t) generatrice dei numeri di Cata-lano e

A(t) =1

2(1−√1− 4t) .

(Suggerimento: A(t) = n¸0 antn = t+ n¸2 antn =

= t + [ n¸2(n¡1i=1 an¡iai)t

n] = t + [ n¸2( i+k=n aiak)tn] = t +

A2(t), quindi... Infine si tenga conto della condizione inizialeA(0) = a0 = 0.)

Page 64: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.7. I NUMERI INTERI 63

5. Si trovi lo sviluppo in serie di Taylor della funzione generatricedei numeri di Catalano. (Suggerimento: si dimostri per induzioneche per ogni n ≥ 2, la derivata n-esima di A(t) e

A(n)(t) =1

2n[n¡2

k=0

(2k + 1)](1

4− t)¡ 2n¡1

2 ).

Usando poi che n!an = A(n)(0) si deduca l’espressione esatta

an =1

n

2n− 2n− 1 ,

moltiplicando numeratore e denominatore di

an =22n¡1

n!2n

n¡2

k=0

(2k + 1)

per la quantita n¡1k=1(2k) = 2

n¡1(n− 1)!).6. Se

Xf - X = X

e - F ½ i - X =

= Xp - G ½ j - X

sono due spezzamenti dello stesso idempotente f su X, si proviche esiste un unico isomorfismo t:F −→ G tale che jt = i (oequivalentemente, te = p).

2.7 I numeri interi

Vogliamo ora mostrare come le proprieta dell’insieme N dei numeri na-turali permettano di costruire l’insieme Z degli interi, come soluzioneal problema di “aggiungere i numeri negativi”, cioe gli opposti di ogninumero naturale. Cercheremo anche di spiegare perche il prodotto didue negativi e positivo (“meno per meno fa piu”). Ricordiamo chel’ordine stretto su N e definito da n < m se esiste un d = 0 tale che

Page 65: Algebra - Matematica Discreta- ITA

64 CAPITOLO 2. NUMERI

n+ d = m; ricordiamo anche che un tale d e unico, per la proprieta dicancellazione della somma, ed e da pensare come “m − n” o, meglio,come l’unica soluzione dell’equazione n + x = m. Consideriamo ora ilprodotto N×N e la funzione

N×N f - N×N

definita da

f(n1, n2) =

0, d se n1 < n2 e se n1 + d = n2d, 0 se n2 < n1 e se n2 + d = n10, 0 se n1 = n2

Tale funzione e ben definita per la proprieta di tricotomia dell’ordinein N. E facile inoltre verificare che f e idempotente. Sia

N×N e - Z ½ i - N×Nlo spezzamento di f attraverso l’insieme Z dei suoi punti fissi. Dunque

Z = n1, n2 |n1 = 0 o n2 = 0 .

Possiamo convenire di denotare con−n le coppie del tipo n, 0 , con n =0 e semplicemente con n le coppie del tipo 0, n , con n ∈ N. Dunquecome insieme, Z cosı definito coincide con l’insieme dei numeri interi(“relativi”) che conosciamo da sempre. Il punto e di mostrare comequesta descrizione implica l’esistenza delle usuali operazioni sugli interie delle loro usuali proprieta. Osserviamo dapprima che le operazionidi somma e prodotto su N si possono estendere alle coppie ordinateN×N definendole “puntualmente”, cioen1, n2 + m1,m2 = n1 +m1, n2 +m2

n1, n2 m1,m2 = n1m1, n2m2 .E facile verificare che in tal modo si ottengono due operazioni sul pro-dotto N ×N che soddisfano le stesse proprieta formali delle analogheoperazioni suN, cioe associativita, esistenza dell’elemento neutro, com-mutativita. Cio si esprime dicendo che N×N ha, come N, due strut-ture di monoide commutativo. Inoltre, le due operazioni di somma eprodotto soddisfano la stessa proprieta di distributivita che vale in N:

Page 66: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.7. I NUMERI INTERI 65

x(y + z) = xy + xz

x0 = 0 .

Esprimiamo tutto cio dicendo cheN×N ha una struttura di semi-anellocommutativo, definita puntualmente dalla struttura di semi-anello com-mutativo di N. Vedremo che tale struttura di semi-anello commutativonon e l’unica possibile su N×N, ma ne esiste un’altra che viene “ere-ditata” da Z (si veda l’esercizio 2.13.1). Il fatto generale che governaquesti fenomeni e descritto nel seguente

Teorema 2.7.1 Sia (X, ∗, u) un monoide e sia

f :X −→ X

una funzione idempotente. Sia

Xf - X = X

e - F ½ i - X

lo spezzamento di f attraverso i punti fissi. Allora F ha una unicastruttura di monoide (F, , u0) per cui la proiezione e:X −→ F e unomomorfismo, se e solo se f soddisfa la seguente identita (che chiamer-emo proprieta di chiusura rispetto all’operazione ∗):

f [f(x) ∗ f(y)] = f(x ∗ y) .

Inoltre, tutte le identita che sono soddisfatte dal monoide (X, ∗, u) sonoanche soddisfatte dal monoide (F, , u0) e, se X ha altre strutture dimonoide per cui f soddisfa la proprieta di chiusura, allora tutte le iden-tita che sussistono tra le varie operazioni (ad esempio la distributivita),valgono anche in F per le operazioni indotte.

Dimostrazione. La funzione e e ancora f stessa, perche f e un idem-potente e i e semplicemente l’inclusione di F in X. Dunque se vogliamodefinire un’operazione x y su F in modo che e sia un omomorfismo,cioe f(a∗ b) = f(a)f(b), allora se x = f(x) e y = f(y) sono due puntifissi si deve avere

x y = f(x) f(y) = f(x ∗ y)

Page 67: Algebra - Matematica Discreta- ITA

66 CAPITOLO 2. NUMERI

e dunque l’operazione su F deve essere definita cosı. Viceversa, de-finendo in tal modo l’operazione su F , la proprieta di chiusura assicurache la proiezione e:X −→ F e un omomorfismo. Infatti, per ognia, b ∈ X si ha: f(a ∗ b) = f [f(a) ∗ f(b)] = f(a) f(b). Inoltre si hasubito che u0 = f(u) e l’elemento neutro per l’operazione su F : sex = f(x) e un punto fisso, allora u0 x = f(u)f(x) = f [f(u)∗f(x)] =f(u ∗ x) = f(x) = x; similmente si ha x u0 = x. Non rimane cheprovare l’associativita; se z = f(z) e un altro punto fisso, allora

(x y) z = f [(x y) ∗ z] = f [f(x ∗ y) ∗ z] = f [f(x ∗ y) ∗ f(z)] =f [(x ∗ y) ∗ z] = f [x ∗ (y ∗ z)] = f [f(x) ∗ f(y ∗ z)] = x (y z).Nello stesso modo si mostra che le ulteriori identita che possono esseresoddisfatte dal monoide (X, ∗, u) (ad esempio la commutativita), sonosoddisfatte anche dal monoide (F, , u0).Viceversa, se su F esiste una operazione “” per cui e e un omomor-

fismo, cioe f(a ∗ b) = f(a) f(b), allora f deve soddisfare la proprietadi chiusura:

f [f(a) ∗ f(b)] = f(f(a)) f(f(b)) = f(a) f(b) = f(a ∗ b).Infine, supponiamo che su X ci sia un’altra operazione di monoide

“ ” per cui f soddisfa la proprieta di chiusura e chiamiamo “·” l’opera-zione indotta su F (cioe x·y = f(x y)). Supponiamo che inX valga ladistributivita a (b∗c) = (a b)∗(a c); allora la stessa distributivitavale in F per le operazioni indotte:

x · (y z) = f(x (y z)) = f [f(x) f(y ∗ z)] = f [x (y ∗ z)] =f [(x y) ∗ (x z)] = f [f(x y) ∗ f(x z)] = (x · y) (x · z).Applichiamo questo teorema all’idempotente f su N×N descritto

precedentemente. E facile verificare che f soddisfa la proprieta dichiusura rispetto alla somma ‘puntuale’ su N × N (esercizio che sisvolge distinguendo i vari casi). Dunque, l’insieme dei punti fissi Zha un’unica struttura di monoide commutativo per cui e e un omo-morfismo, che tradizionalmente denotiamo ancora con il simbolo “+”,perche l’inclusione i:N → Z definita da i(n) = 0, n e un omomorfismo(esercizio). Il fatto che la costruzione di Z risolve il problema di aggiun-gere i negativi al monoide (N,+) e di immediata verifica: ogni elementox ∈ Z ha un opposto −x, cioe un elemento −x tale che x + (−x) = 0.In altre parole, Z e un gruppo rispetto alla somma, e sappiamo chedunque l’opposto e unico: l’opposto di 0, d e d, 0 e viceversa.

Page 68: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.8. DIVISIONE DI INTERI 67

La difficolta e che l’idempotente f non e un operatore di chiusurarispetto al prodotto puntuale (si trovi un controesempio). E possibilepero trovare un’altro prodotto suN×N per cui sia un monoide commu-tativo e che sia distributivo rispetto alla somma, rispetto al quale f eun operatore di chiusura (si veda l’esercizio 2.13.1). Tuttavia ora prefe-riamo mostrare che il prodotto in Z e unicamente determinato dallecondizioni di essere conservato dall’inclusione i:N → Z e dalla richi-esta di essere associativo e distributivo rispetto alla somma. Infatti, larichiesta che i conservi il prodotto equivale a richiedere che il prodottodi ‘positivi’, cioe il prodotto di coppie 0, d , 0, e sia definito come lacoppia 0, de . Poiche in un semi-anello in cui la somma e un gruppo,cioe in un anello, la distributivita implica la regola dei segni (lemma1.16.1), si vede allora che gli altri possibili prodotti sono determinaticome

d, 0 0, e = de, 0 , 0, d e, 0 = de, 0 ,

d, 0 e, 0 = 0, de .

Non resta che verificare che il prodotto cosı definito e in effetti asso-ciativo e distributivo rispetto alla somma. La commutativita di taleprodotto segue dalla commutativita del prodotto in N.

2.8 Divisione di interi

Poiche nell’anello degli interi Z esiste la divisione, si ottengono altri e-sempi di anelli commutativi nel modo seguente. Ricordiamo dapprimache l’esistenza della divisione in Z significa che per ogni coppia di interix e n, con n > 0, esiste un’unica coppia di interi q e r, detti rispettiva-mente ‘quoziente’ e ‘resto’, tali che

x = qn+ r e 0 ≤ r < n .Infatti, se x ≥ 0, allora siamo nel caso discusso per i naturali; se x < 0,allora 0 ≤ (−x− 1) e dunque esistono q e r tali che −x− 1 = nq + r e0 ≤ r < n; dunque x = n(−q − 1) + (n− r − 1) e 0 ≤ (n− r − 1) < n.L’unicita del resto permette di definire, per ogni n > 0 fissato, una

funzione

Zrn - Z

Page 69: Algebra - Matematica Discreta- ITA

68 CAPITOLO 2. NUMERI

come:rn(x) = l’unico resto della divisione di x per n .

E immediato constatare che la funzione rn e idempotente; denotiamocon Zn l’insieme dei suoi punti fissi. Zn risulta essere l’insieme deipossibili resti della divisione per n, cioe

Zn = 0, 1, 2, . . . , n− 1 .E naturale a questo punto chiedersi se rn soddisfa le proprieta di chiusu-ra rispetto alla somma ed al prodotto in Z, cioe se

rn(rn(x) + rn(y)) = rn(x+ y) , rn(rn(x)rn(y)) = rn(xy) .

La risposta e affermativa per entrambe. Dimostriamo la prima, la-sciando al lettore la dimostrazione della seconda. Dividiamo x e y pern:x = q1n+ rn(x), y = q1n+ rn(y);eseguiamo anche la divisionern(x) + rn(y) = q3n+ rn(rn(x) + rn(y)).Sommando e sostituendo si ha:x+ y = (q1+ q2)n+ rn(x)+ rn(y) = (q1+ q2+ q3)n+ rn(rn(x)+ rn(y)).Poiche rn(rn(x) + rn(y)) < n, l’unicita del resto garantisce che talequantita e il resto della divisone di x + y per n. Per il teorema suglioperatori di chiusura si ha che Zn e un anello commutativo e che laproiezione Z −→ Zn data dal prendere il resto della divisione per n eun omomorfismo di anelli, per le operazioni su Zn che consistono nelprendere il resto della divisione per n delle operazioni omonime su Z.Per ogni n fissato, la relazione di equivalenza su Z data dal nucleo

di equivalenza di rn (per una definizione precisa di tali concetti si vedail paragrafo 6 del capitolo 3) si chiama “congruenza modulo n” e la siindica con

x ≡ y (mod n) .Dunque x ≡ y (mod n) se e solo se x− y e un multiplo di n (esercizio).

2.9 Massimo Comun Divisore

Un’altra importante conseguenza della divisione tra interi e l’esistenzadel massimo comun divisore di due interi. Diciamo che un intero x

Page 70: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.9. MASSIMO COMUN DIVISORE 69

divide un intero y (e scriviamo x|y) se esiste un intero k tale che y = kx.Il massimo comun divisore (M.C.D.) di due interi x e y e un interod = M.C.D.(x, y) tale che d|x e d|y e tale che, per ogni altro interok, se k|x e k|y, allora k|d. E chiaro che il M.C.D. e unico a meno delsegno. Il seguente teorema dimostra l’esistenza del M.C.D. medianteun algoritmo per determinarlo.

Teorema 2.9.1 i) Se x e y sono due interi non nulli alloraesiste il massimo comun divisore d = M.C.D.(x, y).

ii) Esistono due interi r e s tali che d = rx+ sy.

Dimostrazione. Dimostreremo l’esistenza del massimo comun divi-sore fornendo un procedimento effettivo per calcolarlo, noto come “al-goritmo euclideo delle divisioni successive”. Possiamo supporre, senzaalterare la generalita della dimostrazione, che 0 ≤ y (perche?). Si con-sideri la catena delle divisioni:x = qy + r, 0 ≤ r < y;y = q1r + r1, 0 ≤ r1 < r;r = q2r1 + r2, 0 ≤ r2 < r1;. . . . . . . . .Poiche ogni resto e maggiore o uguale a zero e minore del precedente,tale catena deve terminare: per un certo n si deve avere rn+1 = 0,dunque:. . . . . . . . .rn¡2 = qnrn¡1 + rn, 0 ≤ rn¡1 < rn;rn¡1 = qn+1rn.Questo fatto prova che il M.C.D. di x e y e proprio l’ultimo resto nonnullo rn. Infatti, per l’ultima uguaglianza, si ha che rn divide rn¡1,quindi per la penultima uguaglianza divide anche rn¡2 e, risalendo cosıla catena delle uguaglianze, si vede che divide anche y e x. Inoltre, sek divide x e y, allora divide anche r = x − qy, dunque divide ancher1 = y− q1r e, discendendo cosı la catena delle uguaglianze, si vede chedivide anche rn¡1. Dunque rn e il M.C.D. di x e y.ii) Per dimostrare che esistono due numeri r e s tali che d =

M.C.D.(x, y) = rx + sy, esprimiamo il M.C.D. di x e y come ultimoresto non nullo nell’algoritmo euclideo delle divisioni successive. Lapenultima di tali uguaglianze fornisce:

Page 71: Algebra - Matematica Discreta- ITA

70 CAPITOLO 2. NUMERI

rn = rn¡2 − qnrn¡1;la precedente uguaglianza (rn¡3 = qn¡1rn¡2 + rn¡1) fornisce rn¡1 comesomma di prodotti (= combinazione lineare) di rn¡3 e rn¡2 che, sostitu-ito nella precedente espressione per rn, fornisce, dopo aver sommato itermini simili, una espressione di rn come combinazione lineare di rn¡3e rn¡2; cosı continuando a risalire la catena delle uguaglianze, si ottienealla fine una espressione di rn come combinazione lineare di x e y.Vediamo alcune applicazioni del precedente teorema sul M.C.D ai

gruppi Zn. Ricordiamo che un numero intero p e primo se gli unici suoidivisori sono, a meno del segno, 1 e p; ricordiamo anche che due numeriinteri x e y si dicono primi relativi se M.C.D.(x, y) = 1.

Teorema 2.9.2 . Un elemento non nullo di Zn e invertibile se e solose M.C.D.(x, n) = 1.

Dimostrazione. Se M.C.D.(x, n) = 1, allora per il teorema sulM.C.D., esistono due interi r e s tali che 1 = ax + bn. Dunque, pren-dendo i resti modulo n di entrambi i membri di tale uguaglianza etenendo conto che la funzione rn “prendere in resto modulo n” e unoperatore di chiusura rispetto alla somma e al prodotto, si ha:1 = rn(1) = rn(ax+ bn) = rn[rn(ax) + rn(bn)] = rn(ax) == rn[rn(a)rn(x)] = rn[rn(a)x].Dunque rn(a) e l’inverso di x in Zn.Viceversa, supponiamo che x ∈ Zn sia invertibile, cioe che esista

p ∈ Zn tale che px = 1 in Zn; cio significa che il resto della divisione dipx per n e 1, dunque che px = hn+ 1; ma allora M.C.D.(x, n) = 1.

Come ulteriore applicazione del teorema sul M.C.D. diamo un metodoper trovare tutte le soluzioni intere di una equazione del tipo

ax+ by = c ,

dove a, b e c sono coefficienti interi (“equazione diofantea lineare”).Cominiciamo con l’osservare che tale equazione ha una soluzione se esolo se d = M.C.D.(a, b) divide il termine noto c. Infatti, poiche ddivide a e d divide b, esistono h e k tali che a = hd e b = kd; dunquese l’equazione ha una soluzione x, y, allora c = ax+ by = hdx+ kdy =(hx+ky)d; dunque d divide c. Viceversa, se d divide c, dunque c = dt, le

Page 72: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.9. MASSIMO COMUN DIVISORE 71

soluzioni dell’equazione sono le stesse di quella che si ottiene dividendoper d:

hx+ ky = t ;

poiche h e k sono primi relativi, il teorema sul M.C.D. assicura cheesistono due interi r e s tali che hr+ ks = 1; moltiplicando per t si ha:h(rt)+k(st) = t; dunque x = rt e y = st e una soluzione dell’equazioneridotta, quindi anche di quella di partenza. Tutte le altre soluzioni siottengono aggiungendo ad una soluzione particolare le soluzioni dellaequazione omogenea associata:

hx+ ky = 0 .

Infatti, se x0, y0 e una soluzione dell’equazione omogenea, allora x +x0, y+ y0 e ancora una soluzione dell’equazione (ridotta), poiche h(x+x0)+k(y+y0) = (hx+ky)+(hx0+ky0) = t+0 = t. Inoltre, se x

0, y0 e unasoluzione dell’equazione (ridotta), allora x − x0, y − y0 e una soluzionedell’equazione omogenea. Poiche tutte le soluzioni dell’equazione omo-genea sono evidentemente: x0 = mb, y0 = −ma, per m ∈ Z, alloratutte le soluzioni della equazione data sono x = rt+mb, y = st−ma,per m ∈ Z.Una applicazione della precedente discussione e il “teorema cinese

del resto”: se p e q sono primi relativi, allora la coppia di congruenze:

x ≡ a (mod p), x ≡ b (mod q) ,ha una sola soluzione (mod pq). Infatti, i numeri x che soddisfano con-temporaneamente le due congruenze date sono quelli per cui esistonoh e k tali che x = hp+ a = kq + b. Basta dunque risolvere l’equazionehp − kq = b − a che, per quando discusso precedentemente ha sicura-mente soluzioni, perche M.C.D.(p, q) = 1. Se r e s sono due numeri percui 1 = rp+ sq, le soluzioni sono:h = r(b− a) +mq, k = s(a− b) +mp, per m ∈ Z;dunque le soluzioni delle congruenze date sono:x = r(b− a)p+mpq + a = s(a− b)q +mpq + b, per m ∈ Zcioe definiscono un elemento di Zpq tale che rp(x) = a e rq(x) = b. Unaconseguenza di tale fatto e la seguente. Sia

α:Zpq −→ Zp × Zq

Page 73: Algebra - Matematica Discreta- ITA

72 CAPITOLO 2. NUMERI

la funzione che ad ogni intero 0 ≤ x < pq associa la coppia α(x) =rp(x), rq(x) . Il teorema cinese del resto assicura che tale funzione esuriettiva e quindi una corrispondenza biunivoca, perche entrambi gliinsiemi hanno la stessa cardinalita. E anche facile vedere direttamenteche α conserva la somma, il prodotto e 1 e dunque che e un ismo-morfismo di anelli, pur di definire la struttura di anello sul prodottoZp × Zq componente per componente (prodotto di anelli). In parti-colare, questo fatto ci assicura che α definisce un isomorfismo tra glianelli Z¤pq e Z

¤p × Z¤q. E un fatto generale che se se f :A −→ B e un

isomorfismo di anelli, esso induce un isomorfismo tra i gruppi A¤ e B¤

degli elementi invertibili di A e B (esercizio).Per finire non possiamo a questo punto non menzionare una famosa

funzione, la funzione φ:N−0 −→ N−0 che ad ogni naturale n = 0associa il numero φ(n) dei naturali minori di n e primi con n. Alcunisuoi valori sono percio:φ(1) = 1, φ(2) = 1, φ(3) = 2, φ(4) = 2, φ(5) = 4e, in generale, se p e un numero primo, φ(p) = p− 1. La funzione φ edetta “funzione di Eulero” e per il teorema precedente, il numero φ(n)coincide con l’ordine del gruppo Z¤n degli elementi invertibili di Zn. Ilteorema cinese del resto garantisce che se p e q sono coprimi, alloraφ(pq) = φ(p)φ(q). Quindi, il teorema fondamentale dell’aritmetica,che dice che ogni naturale n > 1 si fattorizza in modo unico (a menodell’ordine) come prodotto

n = pα11 pα22 . . . p

αkk ,

dove pi sono primi e αi sono naturali non nulli, ci permette di dare unaformula esplicita per φ(n), pur di conoscere una formula esplicita perφ(pα), dove p e un primo e α e un naturale non nullo.

2.10 Esercizi

1. Si provi che se n e a sono coprimi e se n|ab, allora n|b.2. Si provi che se p e primo e p|ab, allora p|a o p|b.3. Se p e un primo, si provi che il numero dei numeri compresi tra1 e pα che non sono coprimi con pα e pα¡1. Si deduca il valore di

Page 74: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2.11. NUMERI PRIMI 73

φ(pα) e, usando il teorema cinese del resto insieme al teorema fon-damentale dell’aritmetica, si dia una formula esplicita per φ(n).

2.11 Numeri Primi

Il teorema fondamentale dell’aritmetica, noto gia ai Greci, ha numeroseconseguenze oltre a quello del calcolo esplicito della funzione φ. Al-meno due di queste sono argomenti noti fino dalla antichita, che perla loro semplicita e universalita dovrebbero appartenere al bagaglio diconoscenze di ogni persona acculturata, anche se non e un matematicoprofessionista.

Teorema 2.11.1 (Infinita dei primi (Euclide).) Esistono infiniti nu-meri primi.

Dimostrazione. Per assurdo: supponiamo che il loro numero siafinito e sia p “l’ultimo numero primo”. Consideriamo il numero

p! + 1 .

Poiche p! + 1 ha una (unica) fattorizzazione in potenze di primi, sia qun suo fattore primo. Poiche p e l’ultimo primo, p! dovra contenere qcome fattore, dunque il resto della divisione di p!+1 per q e 1, dato che1 < q. D’altra parte il resto della divisione di p! + 1 per q e 0, perche qe un suo fattore, cio che contraddice l’unicita del resto della divisione..

Un’altro semplicissimo argomento ancora basato sul teorema dellafattorizzazione unica in primi e la “non razionalita della radice quadratadi 2” e lo richiameremo in seguito. Questi esempi dovrebbero essere suf-ficienti a convincerci dell’interesse di dare una dimostrazione di tale teo-rema. Il lettore interessato puo trovare una dimostrazione elementareper induzione ad esempio nel libro di Herstein (Algebra, Editori Riu-niti, 1982). Un’altra dimostrazione piu generale, ma non costruttiva,verra data in seguito nella teoria degli anelli ad ideali principali (si vedaad esempio il libro di Birkhoff - MacLane, “Algebra”, Editori Riuniti,Cap. IV, Teorema 26).

Page 75: Algebra - Matematica Discreta- ITA

74 CAPITOLO 2. NUMERI

2.12 I Numeri Razionali

L’ultimo esempio di costruzione della stessa natura delle precedentiche vogliamo esaminare e la costruzione dei numeri razionali Q. Lacostruzione di Q risponde al desiderio di aggiungere ai numeri interinon nulli l’inverso rispetto al prodotto, cioe di aggiungere ad ogni interonon nullo x un (unico) numero x¡1 tale che x¡1x = 1 (ricordiamoche un anello commutativo con tale proprieta e detto ‘campo’). L’ideae che un mumero razionale e una espressione formale xy¡1, dove ye non nullo, che interpretiamo come soluzione dell’equazione yz = xnell’incognita z, che tradizionalmente si denota con la scrittura come‘frazione’ x

y. Essendo tale scrittura una scrittura formale, possiamo

considerarla semplicemente come una coppia di interi x, y , con y nonnullo. Dunque, possiamo partire dall’insieme

Z× (Z− 0)delle coppie ordinate di interi la cui seconda componente e non nulla.Tuttavia, tra tutte tali coppie hanno un ruolo essenziale quelle chenon hanno divisori comuni. Questo ci permette di descrivere Q comel’insieme dei punti fissi di un idempotente su Z× (Z − 0) nel modoseguente.Ricordiamo dapprima che la divisione in Z permette di dimostrare

l’esistenza del massimo comun divisore (x, y) di ogni coppia di interinon entrambi nulli x e y (ad esempio mediante l’algoritmo euclideodelle divisioni successive), cioe di un intero d che divide sia x sia y etale che sia diviso da ogni divisore comune di x e y. Poiche il massimocomun divisore e unico a meno del segno, conveniamo di scegliere quellopositivo. Possiamo dunque definire una funzione

Z× (Z− 0) d- Z× (Z− 0)mediante

d(x, y) =x

(x, y),y

(x, y)

dove il simbolo di frazione indica il quoziente in Z della divisione ilcui resto, nelle nostre ipotesi, e nullo. E immediato vedere che d e unidempotente; definiamo Q come l’insieme dei punti fissi di d. Q cosı

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2.12. I NUMERI RAZIONALI 75

definito coincide con i numeri razionali come li conosciamo dalle scuolemedie, poiche e isomorfo alle frazioni x

y‘ridotte ai minimi termini’, cioe

alle coppie di interi x, y con y non nullo e con (x, y) = 1 (si dice chex e y sono ‘coprimi’; si osservi che l’unico numero coprimo con 0 e 1,perche se y = 0, allora (0, y) = y).Rimane il problema di spiegare le usuali operazioni su Q. Ora,

Z×(Z−0) e un monoide commutativo rispetto al prodotto puntuale,e non e difficile vedere che d soddisfa la proprieta di chiusura rispetto alprodotto puntuale (si veda l’esercizio 3). Dunque, per il teorema suglioperatori di chiusura, si ha che Q e un monoide commutativo rispettoal prodotto

x, y ∗ r, s = d( x, y r, s ) = d( xr, ys ) ,

che e nient’altro che la definizione che si usa in pratica: si fa il prodottodei numeratori e dei denominatori e poi si riduce ai minimi termini. Siosservi che la funzione

i:Z → Q

definita da i(x) = x, 1 e un omomorfismo iniettivo di monoidi, cioe ie iniettiva e x, 1 ∗ y, 1 = xy, 1 . Percio il prodotto in Q ‘estende’in prodotto in N e per questa ragione ometteremo la notazione ‘∗’ peril prodotto in Q.La ragione per cui e legittima la convenzione di scrivere una coppia

(x, y) di interi coprimi con y non nullo nella forma di frazione xy, e

la seguente: ogni razionale (x, y) = 0, 1 e invertibile: x, y y, x =d(xy, xy) = 1, 1 , che e l’elemento neutro del prodotto in Q; dunque,x, y ¡1 = y, x . In particolare si ha

x, y = x, 1 1, y = x, 1 y, 1 ¡1 ,

cio che giustifica la notazione

x, y =x

y.

Infine osserviamo che l’unico elemento non invertibile 0, 1 di Q, chedenoteremo ancora con 0 perche e i(0), ha la proprieta 0 x, y = 0, perogni x, y ∈ Q.

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76 CAPITOLO 2. NUMERI

Rimane da spiegare la somma di razionali. Osserviamo che la sommapuntuale su Z×(Z−0) e una operazione rispetto alla quale il prodottopuntuale e distributivo, ma che non ha elemento neutro, perche dovreb-be essere 0, 0 . Inoltre, l’idempotente d non soddisfa la proprietadi chiusura rispetto alla somma puntuale (si trovi un controesempio).Siamo in una situazione analoga ma opposta a quella descritta per lacostruzione degli interi Z. Tuttavia vediamo che anche in tal caso lasomma e determinata dalla richiesta che l’inclusione i:Z → Q sia unomomorfismo di anelli e dalla richiesta che il prodotto sia distributivorispetto a tale somma. Infatti, supponiamo che una tale somma esista edenotiamola semplicemente con ‘+’. La prima condizione equivale allacondizione x, 1 + y, 1 = x + y, 1 . Usando la seconda condizione,calcoliamo il prodotto:( x, y + r, s ) ys, 1 = x, y ys, 1 + r, s ys, 1 == d(xys, y) + d(rys, s) = xs, 1 + ry, 1 = xs+ ry, 1 .Dunque ( x, y + r, s ) ys, 1 = xs+ ry, 1 . Moltiplicando entrambi imembri per l’inverso di ys, 1 che e 1, ys , si ottienex, y + r, s = xs+ ry, 1 1, ys = d(xs+ ry, ys),che e la formula usuale per la somma di frazioni ridotte ai minimi ter-mini. Dunque, se la somma con le proprieta prescritte esiste, deve esseredata dalla formula precedente. Si tratta di dimostrare che, definendola somma come sopra, essa ha le proprieta prescritte (si veda anche ilseguente esercizio 4).

2.13 Esercizi

1. Dimostrare che l’operazione ‘ ’ su N×N definita da

n,m r, s = ns+mr, nr +ms

e una operazione associativa, commutativa, per cui 0, 1 e l’ele-mento neutro e che e distributiva rispetto alla somma puntuale;dunque essa induce una struttura di semi-anello su N × N di-versa da quella in cui il prodotto di coppie e definito puntual-mente. Dimostrare anche che l’idempotente f definito all’iniziodel paragrafo e un omomorfismo rispetto a questa operazione e

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2.13. ESERCIZI 77

che quindi in particolare soddisfa la proprieta di chiusura rispettoa ‘ ’. Mostrare infine che l’operazione indotta sull’insieme Z deipunti fissi coincide con l’usuale prodotto di interi.

2. Dimostrare che la funzione resto rn ha la proprieta di chiusurarispetto al prodotto.

3. Dimostrare che l’idempotente d su Z× (Z− 0) definito prece-dentemente soddisfa la proprieta di chiusura rispetto al prodottopuntuale. (Suggerimento: se h = (x, y) ed e = (r, s), allorax = x1h, y = y1h, r = r1e, s = s1e; dunque

( x, y r, s ) = d(xr, ys) = xr(xr,ys)

, ys(xr,ys)

=

= x1r1(x1r1,y1s1)

, y1s1(x1r1,y1s1)

perche

(xr, ys) = (x1r1he, y1s1he) = he(x1r1, y1s1);

eseguendo calcoli analoghi sull’altro membro dell’equazione cheesprime la proprieta di chiusura di d si arriva allo stesso risultato.)

4. Dimostrare che l’operazione x, y + r, s = xs+ yr, ys sull’in-sieme Z× (Z− 0) e una operazione associativa, commutativa,con elemento neutro dato da 0, 1 e per cui il prodotto puntualee distributivo. Dimostrare che d soddisfa la proprieta di chiusurarispetto a tale somma e che l’operazione percio indotta sui razio-nali coincide con la somma di razionali.

5. Dimostrare che le due costruzioni di Z e Q si possono eseguirenell’ordine opposto a quello presentato in questo paragrafo: par-tendo da N si puo prima considerare l’idempotente d ma definitosolo suN×(N−0), i cui punti fissi sono i razionali non negativiQ¸0. Poi, osservando che l’ordine in Q¸0 e definibile come in Ne che per esso vale la tricotomia, si puo definire su Q¸0×Q¸0 unidempotente f i cui punti fissi sono tutti i razionali Q in manieraanaloga a quanto fatto per N×N.

6. Si costruisca una corrispondenza biunivoca

γ:Q¸1 −→W (N>0)

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78 CAPITOLO 2. NUMERI

dall’insieme dei razionali maggiori o uguali a 1 al semigruppo delleparole sui naturali non nulli. (Suggerimento: se x = m,n e unrazionale maggiore o uguale a 1, si consideri la sua “parte intera”[x], che altro non e che il quoziente della divisione m = n[x] + r1(0 ≤ r1 < n); allora x1 = n, r1 e un razionale maggiore o ugualea 1 per cui

x = [x] +1

x1.

E chiaro che questo processo puo essere iterato un numero finitodi volte, poiche ad un certo punto si deve ottenere un resto nullo.Questa procedura definisce in modo univoco una parola di natu-rali non nulli

w(x) = [x][x1] . . . [xk] ,

che si deve mostrare essere una corrispondenza biunivoca. Lafunzione inversa e detta “frazione continua finita”).

7. Costruzione dei reali non negativi estesi come spezzamento di unidempotente. Un ‘filtro’ F su Q¸0 e un sottoinsieme F ⊆ Q¸0 diQ¸0 con la proprieta

x ∈ F e x ≤ y ⇒ y ∈ F .Sia F(Q¸0) l’insieme dei filtri su Q¸0. Consideriamo la funzione

F(Q¸0)D- F(Q¸0)

definita da:

D(F ) = q ∈ Q¸0 | x > q ⇒ x ∈ F .Si provi che D e un idempotente su Q¸0 e che l’insieme deisuoi punti fissi e l’insieme R¸0 dei numeri reali non negativicon l’aggiunta del punto all’infinito. Quali operazioni su Q¸0

si trasportano su F(Q¸0) e per quali di esse l’idempotente Dsoddisfa la proprieta di chiusura?

8. Si provi che la stessa funzione w definita nell’esercizio 6 fornisceuna corrispondeza biunivoca

γ: I>1 −→ N>0N

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2.13. ESERCIZI 79

dall’insieme I>1 = R>1 − Q>1 degli irrazionali maggiori di 1all’insieme delle successioni di naturali maggiori di 0. La fun-zione inversa e detta “frazione continua”.

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80 CAPITOLO 2. NUMERI

Page 82: Algebra - Matematica Discreta- ITA

Capitolo 3

Omomorfismi

3.1 Immagini dirette ed inverse

Sia f :X −→ Y una funzione e sia V ⊆ Y un sottoinsieme di Y .L’insieme:

f¤(V ) = x ∈ X|f(x) ∈ V e un sottoinsieme di X detto immagine inversa di V nella funzione f .Se V e costituto da un solo elemento y ∈ Y , allora l’immagine inversaf¤(y) di V viene denotata semplicemente con f¤(y) e viene dettacontroimmagine di y; dunque:

f¤(y) = x ∈ X|f(x) = y.

Se U ⊆ X e un sottoinsieme di X, l’insieme

f¤(U) = y ∈ Y |esiste x ∈ U : f(x) = y

e un sottoinsieme di Y detto immagine (diretta) di U nella funzione f .In particolare il sottoinsieme di Y dato da

f¤(X) = y ∈ Y |esiste x ∈ X: f(x) = y

e detto immagine della funzione f e denotato con Im(f). Ricordandoche cosa si intende per funzione suriettiva, si vede che f e suriettivase e solo se Im(f) = Y . In particolare, ogni funzione f :X −→ Y

81

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82 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

diventa una funzione suriettiva quando la si considera come funzionef :X −→ Im(f).

Le precedenti definizioni di immagine inversa e di immagine direttaforniscono due funzioni

f¤:PY −→ PX , f¤:PX −→ PY

che soddisfano le seguenti identita:

1. f¤(V1 ∪ V2) = f¤(V1) ∪ f¤(V2)

2. f¤(V1 ∩ V2) = f¤(V1) ∩ f¤(V2)

3. f¤(U1 ∪ U2) = f¤(U1) ∪ f¤(U2)

4. U ⊆ f¤(f¤(U)) e f¤(f¤(V )) ⊆ V ,

per ogni coppia di sottoinsiemi U1, U2 di X e V1, V2 di Y . A titolodi esempio dimostriamo la seconda uguaglianza. Poiche dobbiamo di-mostrare che due sottoinsiemi di X sono uguali, dobbiamo usare il prin-cipio di estensionalita, cioe dobbiamo dimostrare che hanno gli stessielementi: x ∈ f¤(V1 ∩ V2) se e solo se f(x) ∈ V1 ∩ V2, cioe se e solose f(x) ∈ V1 e f(x) ∈ V2; d’altra parte, x ∈ f ¤(V1) ∩ f¤(V2) se e solose x ∈ f ¤(V1) e x ∈ f ¤(V2), cioe se e solo se f(x) ∈ V1 e f(x) ∈ V2.Dunque i sottoinsiemi f ¤(V1 ∩ V2) e f¤(V1) ∩ f ¤(V2) hanno gli stessielementi, percio sono uguali.

Quando A e B sono dotati di una stessa struttura algebrica e f eun omomorfismo, e importante osservare che gli “operatori” f¤ e f ¤ sirestringono alle sottostrutture, cioe se U ⊆ X e V ⊆ Y sono sottostrut-ture di quelle su X e Y , allora l’immagine diretta f¤(V ) e l’immagineinversa f¤(U) sono ancora sottostrutture di quelle di Y e di X. Uncaso particolare e in realta gia stato dimostrato alla fine del capitolo1, quando si e parlato di immagine e di nucleo (quest’ultimo nel casodei monoidi). La dimostrazione generale non e molto diversa da quelladata per l’immagine ed il nucleo e la lasciamo per esercizio.

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3.2. ESERCIZI 83

3.2 Esercizi

1. Si provi che se f :X −→ Y e una funzione e se U1 e U2 sono duesottoinsiemi di X, allora

f¤(U1 ∩ U2) ⊆ f¤(U1) ∩ f¤(U2)

e si mostri con un controesempio che in generale non si ha l’ugua-glianza.

2. Si provi che una funzione f :X −→ Y e iniettiva se e solo se perogni sottoinsieme U ⊆ X si ha f¤(f¤(U)) = U e che e suriettivase e solo se per ogni sottoinsieme V ⊆ Y si ha f¤(f ¤(V )) = V .

3. Si provi che gli operatori f¤ e f¤ soddisfano la seguente proprieta:se U ⊆ X e V ⊆ Y sono due sottoinsiemi di X e Y , alloraf¤(U) ⊆ V se e solo se U ⊆ f ¤(V ).

4. Si provino le identita 1, 2, 3 e 4 solo a partire dalla precedenteproprieta degli operatori f¤ e f¤ e dal fatto che essi conservinol’ordine.

5. Se (X, , exp) e (Y, ·, u) sono monoidi e se fX:−→ Y e un omo-morfismo di monoidi, si provi che per ogni sottomonoide U ⊆ Xe V ⊆ Y le immagini dirette e inverse f¤(U) e f ¤(V ) sono sot-tomonoidi rispettivamnete del codominio e del dominio di f . Sienunci e si dimostri l’analogo risultato per i gruppi e per gli anelli.

3.3 Funzioni suriettive

Mostriamo ora come si possa determinare il numero E(n,m) delle fun-zioni suriettive f : [n] −→ [m] semplicemente usando il fatto che ognifunzione f :X −→ Y si puo analizzare come composizione di una fun-zione suriettiva e di una iniettiva prima considerando f come funzioneda X alla propria immagine Im(X) e poi considerando l’inclusione diIm(X) in Y . Osserviamo dapprima che

1. E(n,m) = 0, se n < m;

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84 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

2. E(n, 0) = 0 e E(n, 1) = 1, se n > 0;

3. E(n, n) = n!.

Dato che una funzione f : [n] −→ [m] puo essere considerata come unafunzione suriettiva sulla propria immagine, si ha che il numero dellefunzioni f : [n] −→ [m] che hanno per immagine un sottoinsieme di [m]con k elementi e dato da

m

kE(n, k),

cioe dal numero E(n, k) delle funzioni suriettive f : [n] −→ [k] per il nu-

mero mkdei sottoinsiemi di [m] con k elementi. Infine, l’insieme delle

funzioni [n] −→ [m] puo essere descritto come la somma dell’insiemedelle funzioni [n] −→ [m] che hanno per immagine un insieme con unelemento, piu quello delle funzioni [n] −→ [m] che hanno per immagineun insieme con due elementi ecc., si ha che il numero mn di tutte lefunzioni f : [n] −→ [m] puo essere espresso come:

mn = mk=1

mkE(n, k) .

Fissato n, facendo variare m tra 1 e n si ottengono n equazioni linearinelle n incognite xi = E(n, i); si ha cioe un sistema di n equazioni in nincognite:

1n =1

1x1

2n =2

1x1 +

2

2x2

3n =3

1x1 +

3

2x2 +

3

3x3

. . . . . . . . .

nn =n

1x1 +

n

2x2 +

n

3x3 + . . .+

n

nxn

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3.4. PARTIZIONI 85

Si osservi che la matrice A = ik

di questo sistema e una matricetriangolare bassa i cui elementi sulla diagonale sono tutti 1; dunque Aha determinante 1. Percio A e invertibile e non e difficile mostrare chela matrice inversa A¡1 di A e:

A¡1 = (−1)i+k i

k.

Infatti, detto crs il generico elemento della matrice prodotto A ·A¡1, siha:

crs =ni=1(−1)s+i r

iis= n

i=1(−1)s+i rs

r¡si¡s =

= rs

ri=s(−1)s+i r¡s

i¡s = (posto k = r − s)

= rs

ki=0(−1)i k

i;

ora usando la formula del binomio di Newton si ha:

0 = (1− 1)k = ki=0(−1)i k

i, se k = 0, cioe se r = s;

dunque crs = 0 se r = s, mentre crr = 1; percio A · A¡1 e la ma-trice identica. Moltiplicando A¡1 per il vettore colonna dei termininoti si ha che le soluzioni del sistema sono date dalla formula:

xi = E(n, i) =nk=1(−1)i+k i

kkn .

3.4 Partizioni

Ricordiamo che una partizione U = Uii2I di un insieme X e unafamiglia di sottoinsiemi non vuoti Ui di X tale che ogni elemento di Xsta in uno ed un solo sottoinsieme della famiglia. Gli insiemi Ui sonodetti “classi” o “regioni” della partizione.Poniamoci ora il problema di contare il numero delle partizioni di

[n] in m classi e ragioniamo come segue. Osserviamo dapprima che sef :X −→ I e una funzione suriettiva, allora la famiglia Uf = Uii2Idefinita da

Ui = f¤(i) = x ∈ [n]|f(x) = i

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86 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

e una partizione di X e, se I e finito di cardinalita m, e costituita dam classi poiche f e suriettiva e dunque ciscun insieme Ui non e vuoto.Viceversa, se U = Uii2I e una partizione di X, si puo costruire unafunzione suriettiva fU :X −→ I definendo fU(x) = i se e solo se x ∈ Ui.Il fatto che U sia una partizione equivale al fatto che tale definizioneda proprio una funzione suriettiva. Inoltre, e facile mostrare che dataun’altra funzione suriettiva g:X −→ J , si ha che Uf = Ug se e solo seesiste un (unico) isomorfismo σ: I −→ J tale che σff = g.Nel caso di X = [n] e I = [m], poiche partendo dalla stessa par-

tizione di [n] si possono costruire in questo modo m! funzioni suriettivef : [n] −→ [m] semplicemente permutando l’ordine degli indici i ∈ [m],si ha che il numero E(n,m) delle funzioni suriettive f : [n] −→ [m] edil numero S(n,m) delle partizioni di [n] in m classi sono legati dallarelazione:

E(n,m) = m!S(n,m) .

La formula per E(n,m) fornisce dunque:

S(n,m) =m

k=1

(−1)m+k m

k

kn

m!.

I numeri S(n,m) sono chiamati numeri di Stirling di seconda specie.

Diamo ora un metodo induttivo per generare i numeri S(n,m).

Lemma 3.4.1 I numeri S(n,m) soddisfano le seguenti relazioni:

1. S(n, n) = 1, se 0 ≤ n;2. S(n, 0) = 0, se 0 < n;

3. S(n,m) = 0, se n < m;

4. S(n+ 1,m) = S(n,m− 1) +mS(n,m).Dimostrazione. Solo la proprieta (4) richiede una dimostrazione.Sia U una partizione di [n + 1] in m classi; distinguiamo due casi:se la partizione contiene l’insieme n + 1 formato dal solo elemento

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3.4. PARTIZIONI 87

n + 1 oppure no. Il numero delle partizioni di [n + 1] in m classiche contengono l’insieme n + 1 formato dal solo elemento n + 1 echiaramente uguale al numero S(n,m−1) delle partizioni di [n] inm−1classi. D’altra parte per ogni partizione di [n] in m classi si possonocostruirem partizioni di [n+1] inm classi aggiungendo l’elemento n+1ad una delle classi della partizione negli m modi possibili. Dunque ilnumero delle partizioni di [n + 1] in m classi in modo che l’elemento[n+ 1] non formi da solo una delle classi e mS(n,m).

Mostriamo ora un altro esempio di definizione induttiva. Si definiscel’n-esimo numero di Bell Bn come il numero di tutte le partizionidell’insieme [n]; dunque

Bn =ni=0 S(n, i) .

Usando la formula esplicita per S(n, i) si puo ottenere quella per Bn;tuttavia si puo dimostrare direttamente con un argomento di caratterecombinatorio la seguente formula induttiva per Bn (si osservi che unadimostrazione diretta mediante la definizione esplicita sarebbe estrema-mente piu complicata):

Lemma 3.4.2 I numeri di Bell Bn ammettono le seguente definizioneinduttiva: B0 = 1 e

Bn+1 =n

i=0

n

iBi.

Dimostrazione. Sia U un sottoinsieme U ⊆ [n + 1] di [n + 1] dicardinalita i e tale che (n + 1) /∈ U . Se U e una partizione di U ,possiame definire una partizione U 0 di [n + 1] aggiungendo ad U ilcomplemento U c di U , cioe U 0 = U ∪ U c. Dunque il numero dellepartizioni di [n+1] costruite in tal modo a partire dal sottoinsieme U eBi. Poiche il numero dei sottoinsiemi U ⊆ [n+1] di cardinalita i e taliche (n+ 1) /∈ U e n

i, per 0 ≤ i ≤ n, si ha che in tal modo si possono

costruiren

i=0

n

iBi

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88 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

partizioni di [n+ 1]. D’altra parte ogni partizione di [n+ 1] e in modounico di questa forma: se U 0 e una partizione di [n + 1], sia V l’unicoelemento di U 0 tale che (n+ 1) ∈ V e sia U il complemento U = V c diV ; chiaramente (n+1) /∈ U e U 0 induce una partizione U di U tale cheU 0 = U ∪ U c.

3.5 Esercizi

1. Sia X un insieme finito e sia U = Uii2I X una famiglia disottoinsiemi non vuoti e disgiunti Ui di X. Si provi che U e unapartizione di X se e solo se

|X| =i2I|Ui| .

2. Si provi che i numeri S(i, k) (per i, k = 1, . . . ,m) costituisconouna matrice quadrata invertibile. Indicando gli elementi dellamatrice inversa con s(i, k), si provi che essi sono numeri interiche soddisfano l’ identita:

m(n) =n

k=1

s(n, k)mk.

(Suggerimento: si osservi che dalla formule precedenti si ottienemn = m

k=1 S(n, k)m(k); facendo variare n tra 1 e m, si ha unsistema di m equazioni in m incognite xn = m(n); i numeri s(i, k)sono chiamati numeri di Stirling di prima specie).

3. Indicando con B(x) la funzione generatrice dei numeri di Bell,si provi che dalla loro definizione ricorsiva si ha che B(x) sod-disfa l’equazione differenziale B0(x) = B(x) exp(x) e quindi che,tenendo conto della condizione iniziale B(0) = 1, la funzione B(x)e B(x) = exp(exp(x)− 1).

3.6 Il Teorema di Lagrange

Un esempio classico di partizione su un insieme e nella teoria dei gruppi.D’ora in poi, quando parliamo genericamente di gruppi, diremo sem-plicemente “sia G un gruppo . . .”, indicando semplicemente il nome G

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3.6. IL TEOREMA DI LAGRANGE 89

dell’insieme su cui e data l’operazione binaria che soddisfa le proprietaespresse per una operazione di gruppo; non daremo neppure un simboloparticolare per l’operazione, che denoteremo con la semplice giustap-posizione; chiameremo “prodotto” l’operazione generica e denoteremocon 1 la sua identita. Cio premesso, sia G un gruppo e sia H ⊆ G unsuo sottogruppo. Diremo “laterale destro di H in G” un insieme dellaforma

gH = gh |h ∈ Hcioe un insieme costituito da tutti i prodotti di un elemento g ∈ Gfissato per tutti gli elementi h ∈ H. Denoteremo con G/H l’insieme ditutti i laterali destri.

Teorema 3.6.1 L’insieme G/H di tutti i laterali destri di H in G euna partizione di G.

Dimostrazione. Cominciamo con l’osservare che due laterali g1H eg2H sono uguali (come sottoinsiemi di G!) se e solo se g¡12 g1 ∈ H.Infatti, se g1H = g2H, poiche g1 ∈ g1H dato che 1 ∈ H, allora g1 ∈g2H; cioe esiste h ∈ H tale che g1 = g2h e dunque g

¡12 g1 = h ∈ H.

Viceversa, sia g¡12 g1 = h ∈ H (e quindi anche g¡11 g2 ∈ H, perche He sottogruppo). Allora se g1h e un elemento del laterale g1H, si ha:g1h = (g2g

¡12 )g1h = g2(g

¡12 g1)h e l’elemento (g

¡12 g1)h e in H perche H

e chiuso rispetto al prodotto; dunque g1H ⊆ g2H. Similmente si provag2H ⊆ g1H e dunque che g1H = g2H.E ora immediato provare che l’insieme G/H di tutti i laterali destri

di H in G e una partizione di G: ogni elemento g di G appartiene allaterale gH, come gia osservato. Inoltre, se appartenesse anche ad altrolaterale g1H, cioe se esistesse h tale che g = g1h, allora g

¡11 g = h ∈ H

e dunque per quanto dimostrato prima si avrebbe gH = g1H. Dunqueogni elemento di G appartiene ad uno ed un solo laterale.Il Teorema di Lagrange e una applicazione immediata del precedente

teorema al caso in cui il gruppo G sia finito. Premettiamo che per ungruppo finito, la cardinalita dei suoi elementi e spesso chiamata anche“ordine” del gruppo.

Teorema 3.6.2 (di Lagrange) Se G e un gruppo finito e H e un suosottogruppo, allora l’ordine di H divide l’ordine di G.

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90 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Dimostrazione. La dimostrazione e immediata per il precedente teo-rema. Per l’esercizio 1 di 3.5, si ha che la cardinalita di G e uguale allasomma delle cardinalita dei laterali distinti, perche essi costituisconouna partizione di G. Ma ogni laterale gH ha la stessa cardinalita di H,perche la moltiplicazione per g definisce una funzione

H −→ gH

che e ovviamente suriettiva e che e anche iniettiva, dato che in ungruppo l’esistenza dell’inverso garantisce la proprieta di cancellazione.Dunque la cardinalta di G e la somma della cardinalita di H tante voltequanti sono i laterali distinti, cioe

|G| = |G/H||H| .Piu avanti daremo un esempio che il teorema di Lagrange non puo

essere invertito: non e detto che per ogni divisore dell’ordine di ungruppo finito esista un sottogruppo di ordine il divisore.Una immediata conseguenza del teorema di Lagrange e l’osservazio-

ne che ogni elemento g di un gruppo finito G elevato all’ordine delgruppo e l’elemento neutro. Infatti, basta osservare che le potenze di gcostituiscono un sottogruppo di G (perche?) e dunque che il loro numeroe un divisore dell’ordine di G. Questo fatto e alla base di un famosoteorema, il “piccolo teorema di Fermat”:

Teorema 3.6.3 Siano a e n due naturali positivi coprimi con a < n.Allora aφ(n) e congruo a 1 modulo n, essendo φ la funzione di Eulerodefinita in 2.9. In particolare, per ogni primo p e per ogni naturale nonnullo a < p, si ha ap¡1 = hp+ 1.

Dimostrazione. Infatti, il fatto che a e n siano coprimi significa che ae invertibile in Zn; dunque a e un elemento del gruppo degli invertibilidi Zn e dunque elevato all’ordine di tale gruppo, che e φ(n), e l’elementoneutro 1, cio che significa che e congruo a 1 modulo n.

3.7 Esercizi

1. Si dimostri che i gruppi finiti privi di sottogruppi propri sono (ameno di isomorfismi) tutti e soli i gruppi Zp con p primo.

Page 92: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.8. RELAZIONI 91

3.8 Relazioni

Una relazione (binaria) R tra un insieme X ed un insieme Y e unsottoinsieme

R ⊆ X × Ydel prodotto cartesiano X × Y . Useremo anche la notazione

xRy

o ancheR(x, y)

(che leggeremo x e in relazione R con y) per indicare che x, y ∈ R.Se R ⊆ X × Y e una relazione tra X e Y , chiameremo matrice di

R la sua funzione caratteristica (si veda il paragrafo 1.6)

cR:X × Y −→ 2.

La matrice di R e dunque una funzione che associa ad ogni coppiax, y ∈ X×Y il valore di verita 0 se x non e in relazione R con y ed ilvalore di verita 1 se x e in relazione R con y. Se X e Y sono gli insiemifiniti standard [n] ed [m], allora la matrice di una relazione R tra X eY puo essere rappresentata con una matrice ad m righe ed n colonnein cui l’elemento di posto (i, k) e 0 o 1 secondo se il k-esimo elementodi [n] e o non e in relazione R con l’i-esimo elemento di [m]. Vediamoalcuni esempi:

1. Sia f :X −→ Y una funzione; la relazione

Γ(f) = x, f(x) | x ∈ X ⊆ X × Ye detta grafo della funzione f . Si osservi che Γ(f) altro non e chel’immagine della funzione 1, f :X −→ X × Y . In particolare, ilgrafo della funzione identita 1X e la relazione

x, x | x ∈ X;indicheremo tale relazione con IX e la chiameremo relazione iden-tica su X; se X e l’insieme finito [n], la matrice di I[n] e la ma-trice quadrata i cui elementi sulla diagonale principale sono tutti

Page 93: Algebra - Matematica Discreta- ITA

92 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

uguali a 1, mentre tutti gli altri elementi sono 0. In generale, sef : [n] −→ [m] e una funzione tra insiemi finiti standard, allora lamatrice del suo grafo ha la proprieta che ogni colonna ha uno edun solo elemento diverso da 0.

2. Sia f :X −→ Y una funzione; la relazione

N(f) = x1, x2 ∈ X ×X| f(x1) = f(x2) ⊆ X ×X

e detta nucleo di equivalenza di f . Ricordando cosa vuol dire cheuna funzione e iniettiva, si vede che la condizione di iniettivita dif equivale a N(f) = IX .

3. La relazione D ⊆ N×N definita da

D = n,m ∈ N×N| esiste k ∈ N: kn = m ⊆ N×N

e detta relazione di divisibilita. Se n,m ∈ D, diremo che ndivide m e scriveremo n|m.

4. Se (PX,∪,∩) e il reticolo dei sottoinsiemi di un insieme X, larelazione

⊆X = U, V ∈ PX ×PX| U ⊆ V ⊆ PX ×PX

e la relazione d’ordine del reticolo. Si osservi che la relazione ⊆Xe uguale alla relazione

U, V ∈ PX ×PX| U ∩ V = U

ed anche alla relazione

U, V ∈ PX ×PX| U ∪ V = V .

5. Un’altra relazione che abbiamo gia incontrato e la relazione d’or-dine su N;

≤ = i, j ∈ N×N| i ≤ j ⊆ N×N.

Page 94: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.8. RELAZIONI 93

6. Una relazione R ⊆ X×X e spesso chiamata un grafo (orientato)su X. Secondo questa terminologia gli elementi di X sono dettivertici del grafo, le coppie x, y ∈ R sono detti lati e, se X el’insieme finito standard [n], la matrice di R e chiamata matricedi incidenza del grafo. Spesso in tal caso puo essere utile rap-presentare il grafo con una figura, disegnando gli elementi di Xcome punti del piano e tracciando una freccia da un vertice x adun vertice y se xRy.

Per le relazioni R ⊆ X×Y tra due insiemi fissati X e Y si possono farele solite operazioni di intersezione, unione e complemento di sottoin-siemi. Ma per le relazioni esistono altre due operazioni fondamentali,per descrivere le quali e piu conveniente usare la notazione

R:X −→ Y

per indicare una relazione R ⊆ X×Y ; diremo anche che X e il dominiodella relazione R e che Y e il suo codominio:

1. per ogni relazione R:X −→ Y diciamo relazione opposta la re-lazione R±:Y −→ X definta da:

R± = y, x | x, y ∈ R ⊆ Y ×X;

2. se R:X −→ Y e S:Y −→ Z sono due relazioni tali che il codo-minio di R e uguale al dominio di S, definiamo la composizionedi R e S come la relazione SR:X −→ Z data da:

SR = x, z ∈ X × Z| esiste y ∈ Y tale che xRy e ySz.

Elenchiamo alcune proprieta di queste operazioni che puo essere utiledimostrare come esercizio, sempre usando il principio di estensionalitaper i sottoinsiemi:

1. (associativita della composizione di relazioni): siano

R:X1 −→ X2 , S:X2 −→ X3 , T :X3 −→ X4

tre relazioni componibili; allora:

(TS)R = T (SR);

Page 95: Algebra - Matematica Discreta- ITA

94 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

2. (identita): per ogni relazione R:X −→ Y :

RIX = R = IYR;

3. (distributivita):R(S ∪ T ) = RS ∪RT

e se 0Y,Z denota la relazione vuota tra Y e Z, ecc., allora

0Y,ZR = 0X,Z .

4. (involuzione):

(R±)± = R, (SR)± = R±S±, (R ∩ S)± = R± ∩ S±, (Rc)± = (R±)c;

5. (modularita):SR ∩ T ⊆ (S ∩ TR±)R.

Un teorema (dovuto a P. Freyd) garantisce che tali proprieta co-stituiscono una caratterizzazione elementare delle relazioni, nel sensoogni proprieta elementare delle relazioni e conseguenza di questi cinqueassiomi sulle operazioni precedentemente descritte.Nel caso delle relazioni tra gli insiemi finiti standard [n], le opera-

zioni “opposta” di una relazione e “composizione di relazioni” si inter-pretano sulle matrici corrispondenti, nelle operazioni di “trasposta” diuna matrice e di “prodotto” di matrici. Tuttavia, trattandosi di matricidi valori di verita, l’usuale prodotto di matrici (righe per colonne) edefinito mediante le operazioni logiche sui valori di verita e non suquelle numeriche; dunque, il “prodotto” di valori di verita, che e lacongiunzione logica ∧, coincide con il prodotto numerico sugli interi 0e 1, ma la “somma” di valori di verita, che e la disgiunzione logica ∨,non coincide completamente con la somma numerica, perche 1∨ 1 = 1.Dunque, se A = (ai,k) e B = (bk,l) sono due matrici di valori di

verita di tipo (m,n) e (n, p) rispettivamente, l’elemento ci,l di posto(i, l) nella matrice prodotto AB e dato da:

ci,l =n

k=1

(ai,k ∧ bk,l).

Page 96: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.9. ESERCIZI 95

Il linguaggio delle relazioni permette di esprimere molti fatti sulle fun-zioni. E senz’altro un utile esercizio dimostrare i seguenti fatti:

1. Sia f :X −→ Y una funzione e sia Γ(f):X −→ Y il suo grafo;allora:

Γ(f)Γ(f)± ⊆ IY , Γ(f)±Γ(f) ⊇ IX .Viceversa, una relazione R:X −→ Y e il grafo di un ’unica fun-zione X −→ Y se RR± ⊆ IY e R±R ⊇ IX .

2. La relazione N(f) nucleo di equivalenza di una funzione f puoessere espressa come:

N(f) = Γ(f)±Γ(f);

Dunque f e iniettiva se e solo se

Γ(f)±Γ(f) = IX .

3. Una funzione f e suriettiva se e solo se

Γ(f)Γ(f)± = IY .

3.9 Esercizi

1. Un grafo orientato G su un insieme X si dice riflessivo quandocontiene tutte le coppie x, x per x ∈ X e si dice irriflessivoquando non ne contiene nessuna. In altre parole, G ⊆ X ×X eriflessivo quando IX ⊆ G ed e irriflessivo quando IX ∩G = ∅. Se|X| = [n], si conti il numero dei grafi orientati riflessivi e quellodei grafi orientati irriflessivi.

2. Sia R ⊆ X ×X una endorelazione di X. R e detta simmetrica seR = R±. In particolare, se X = [n], R e simmetrica se e solo sela sua matrice e una matrice simmetrica. Si provi che il numerodelle endorelazioni simmetriche su [n] e

2n(n+1)

2 .

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96 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

3. Un grafo su un insieme X e un sottoinsieme delle coppie non or-dinate di X che sia irriflessivo. Si conti il numero dei grafi su uninsieme X di cardinalita n; (Suggerimento: un grafo su X e sem-plicemente un sottoinsieme dell’insieme dei sottoinsiemi di X condue elementi distinti, dunque ...). Si provi che i grafi su X sonoin corrispondenza biunivoca con le endorelazioni simmetriche diX che non intersecano IX .

4. Se X e Y sono monoidi (gruppi, anelli) e se f :X −→ Y eun omomorfismo di monoidi (di gruppi, di anelli), si provi cheN(f) ⊆ X ×X e un sottomonoide (sottogruppo, sottoanello) delmonoide (gruppo, anello) prodotto.

3.10 Relazioni di Equivalenza

Una importante nozione e quella di “relazione di equivalenza” su uninsieme X. L’idea e quella che in molte circostanze si e condotti na-turalmente a definire su un insieme X una endorelazione E ⊆ X ×Xche ha le stesse proprieta formali della relazione di uguaglianza (sex1, x2 ∈ E, scriveremo x1 ∼E x2 e diremo che x1 e E-equivalente ax2):

1. (riflessivita): per ogni x ∈ X: x ∼E x.

2. (simmetria): se x1 ∼E x2, allora x2 ∼E x1.

3. (transitivita): se x1 ∼E x2 e x2 ∼E x3, allora x1 ∼E x3.

Un esempio immediato e il nucleo di equivalenza

N(f) = x1, x2 ∈ X ×X| f(x1) = f(x2) ⊆ X ×X

di una funzione f :X −→ Y . Possiamo dire che il dato della funzionef ci conduce a considerare una diversa nozione di uguaglianza suglielementi di X: due elementi x1 e x2 vengono considerati uguali, nonpiu quando sono lo stesso elemento di X, ma quando diventano lo stessoelemento di Y dopo l’applicazione della funzione f .

Page 98: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.10. RELAZIONI DI EQUIVALENZA 97

Un altro importante esempio e il seguente: se H e un sottogruppodi un gruppo G, definiamo la relazione

∼H⊆ G×G(che chiameremo “congruenza modulo H”), nel modo seguente:

g1 ∼H g2 se e solo se g¡11 g2 ∈ H.

E facile verificare che la congruenza modulo H e una relazione di equi-valenza su G le cui classi di equivalenza sono proprio i laterali destri diH in G. Infatti, x ∈ [g]»H se e solo se x¡1g ∈ H, se e solo se g¡1x ∈ H,se e solo se esiste h ∈ H tale che g¡1x = h, se e solo se esiste h ∈ Htale che x = gh, se e solo se x ∈ gH.Gli esempi sono in realta moltissimi. Per convincerci, cerchiamo

di contare quante sono le relazioni di equivalenza su un insieme finito.Come al solito, un conto diretto e assai difficile, ma un argomentobasato sull’idea che una relazione di equivalenza su un insieme X e inun certo senso come introdurre una nuova relazione di uguaglianza tragli elementi di X, ci fornisce immediatamente la risposta. Infatti, seE ⊆ X × X e una relazione di equivalenza su X e se x ∈ X e unelemento di X, allora, pensando che E e una nuova “uguaglianza” suX, dobbiamo convenire che tutti gli elementi x0 tali che x ∼E x0 devonoessere identificati con x e che dunque il sottoinsieme

[x]E = x0 ∈ X | x»x0 ⊆ Xdi X va considerato come un unico elemento di un insieme su cui Ediventa la relazione di uguaglianza abituale, nel senso che per quantoriguarda la nuova “uguaglianza”E, essi non sono distinguibli. L’insieme[x]E viene detto “classe di equivalenza di x” ed il fatto cruciale e ilseguente:

Teorema 3.10.1 Se E e una relazione di equivalenza su X, alloral’insieme

X/E

delle classi di equivalenza e una partizione di X, che viene detto “in-sieme quoziente di X rispetto ad E”.

Page 99: Algebra - Matematica Discreta- ITA

98 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Dimostrazione. Per la proprieta riflessiva di E, ogni elemento x ∈ Xappartiene a [x]E . Inoltre, se x ∈ [y]E, allora [x]E = [y]E. Infatti, sez ∈ [x]E, cioe se x ∼E z, allora poiche x ∈ [y]E, cioe y ∼E x, per latransitivita si ha y ∼E z, cioe z ∈ [y]E; dunque [x]E ⊆ [y]E; similmente,usando anche la simmetria si dimostra che [y]E ⊆ [x]E: se z ∈ [y]E,cioe se y ∼E z, allora poiche y ∼E x e dunque per la simmetria anchex ∼E y, per la transitivita si ha x ∼E z, cioe z ∈ [x]E. Dunque[x]E = [y]E.La costruzione X/E delle classi di equivalenza di E definisce una

funzione dall’insieme delle relazioni di equivalenza suX all’insieme dellepartizioni di X. Il fatto essenziale e che tale funzione e biunivoca: seU = (Xi)i2I e una partizione di X, allora la relazione U definita da

x1 ∼U x2 se e solo se esiste i ∈ I tale che x1 ∈ Xi e x2 ∈ Xi

e una relazione di equivalenza (esercizio). E facile ora mostrare che lafunzione cosı definita dalle partizioni di X alle relazioni di equivalenzasu X e la funzione inversa della precedente e che dunque tali funzionistabliliscono una corrispondenza biunivoca tra le relazioni di equivalenzasu X e le partizioni di X. In particolare, se X = [n], allora il numerodelle relazioni di equivalenza su [n] e il numero di Bell Bn.La precedente discussione implica anche che l’esempio di relazione

di equivalenza dato dal nucleo di equivalenza di una funzione e in realtal’unico esempio, nel senso che data una qualsiasi relazione di equiva-lenza E su un insieme X, esiste sempre una funzione il cui nucleo diequivalenza e la relazione E. Infatti, se E e una relazione di equivalenzasu X, allora possiamo costruire l’insieme quoziente X/E e possiamoconsiderare la funzione

pE:X −→ X/E

definita dapE(x) = [x]E .

Tale funzione e detta “proiezione sul quoziente” ed e facile vedere cheil suo nucleo di equivalenza e proprio E:N(pE) = x, y | pE(x) = pE(y) = x, y | [x]E = [y]E == x, y | x ∼E y = E,

Page 100: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.10. RELAZIONI DI EQUIVALENZA 99

poiche, per quanto dimostrato nel precedente teorema, [x]E = [y]E se esolo se x ∼E y. Tutto cio conduce a dimostrare la seguente proprietauniversale della costruzione dell’insieme quoziente:

Teorema 3.10.2 Se E e una relazione di equivalenza su X, allora laproiezione

pE:X −→ X/E

di X sull’insieme quoziente X/E ha la seguente proprieta (universale):per ogni funzione f :X −→ Y tale che E ⊆ N(f), cioe tale che sex ∼E y allora f(x) = f(y), esiste un’unica funzione f :X/E −→ Y taleche

f(pE(x)) = f(x) ,

cio che puo essere espresso dicendo che il seguente diagramma com-muta:

XpE - X/E

@@@@@

fRY .?

f

Dimostrazione. Se vogliamo che la funzione f sia definita in modoche il diagramma commuti, l’unica possibilita e quella di definirla suogni classe di equivalenza [x]E come:

f([x]E) = f(x) .

non rimane dunque che mostrare che la precedente definizione e benposta, cioe che non dipende dal rappresentante della classe di equiva-lenza: se y e un altro rappresentante della classe [x]E, cioe se [x]E =[y]E, allora f(x) = f(y). Ricordando che [x]E = [y]E se e solo sex ∼E y, questa e proprio la condizione espressa nell’enunciato. Questacondizione si esprime anche dicendo che “f e costante sulle classi diequivalenza” o anche che “f e una funzione E-invariante”.Come esempio di applicazione di questo teorema, possiamo conside-

rare una qualunque funzione f :X −→ Y ed il suo nucleo di equivalenza

Page 101: Algebra - Matematica Discreta- ITA

100 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

E = N(f). Poiche E = N(f), per il teorema precedente abbiamo unafattorizzazione di f

XpN(f)- X/N(f)

@@@@@

fRY .?

f

Per come e definita, la funzione f si fattorizza attraverso l’immagineIm(f) ⊆ Y di f

f :X/N(f) −→ Im(f)

e si dimostra che e un isomorfismo: e suriettiva, perche dato y ∈ Im(f),cioe dato un y ∈ Y della forma f(x) per un qualche x ∈ X, alloraf([x]N(f)) = f(x) = y; e iniettiva, perche se f([x]N(f)) = f([y]N(f)),allora f(x) = f(y), dunque x ∼N(f) y, cio che equivale a [x]N(f) =[y]N(f). Abbiamo cosı dimostrato il

Teorema 3.10.3 Ogni funzione f :X −→ Y induce un isomorfismo

f :X/N(f) −→ Im(f)

tra l’insieme quoziente del dominio con il nucleo di equivalenze N(f)di f e l’immagine Im(f) di f .

3.11 Esercizi

1. Se X e un insieme e R ⊆ X × X e una relazione su X, si proviche

a) la relazioneRs = R ∪R±

e una relazione simmetrica ed e la piu piccola relazione sim-metrica che contiene R;

b) la relazioneRr = IX ∪R

e una relazione riflessiva ed e la piu piccola relazione riflessivache contiene R;

Page 102: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.11. ESERCIZI 101

c) se R e una relazione riflessiva e simmetrica, la relazione

E(R) =n

Rn ,

dove Rn indica la composizione di R iterata n volte, e la piupiccola relazione di equivalenza che contiene R.

2. Se [4] denota l’insieme standard con 4 elementi e se R e la re-lazione binaria su [4] rappresentata dalla matrice

0 1 1 01 0 1 01 0 0 00 1 0 1

si calcoli la matrice che rappresenta la piu piccola relazione diequivalenza che contiene R.

3. Se M e un monide commutativo con cancellazione, si consideri larelazione ∼ su X =M ×M definita da:

x1, y1 ∼ x2, y2 se e solo se x1y2 = x2y1 .

Si provi che

a) la relazione ∼ e una relazione di equivalenza su X;b) l’operazione definita sulle classi di equivalenza da

[x, y]»[u, v]» = [xu, yv]»

non dipende dalla scelta dei rappresentanti e cosi definisceuna operazione binaria su X/ ∼, che e associativa, commu-tativa e dotata di un elemento neutro;

c) il monoide commutativo X/ ∼ e in realta un gruppo e lafunzione

α:M −→ X/ ∼definita da

α(m) = [ m, 1 ]»

e un omomorfismo iniettivo.

Page 103: Algebra - Matematica Discreta- ITA

102 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

d) vale la seguente proprieta universale: se f :M −→ G e unomomorfismo dal monoideM ad un gruppo commutativo G,allora esiste un’unico omomorfismo di gruppi f :X/ ∼−→ Gtale che il seguente diagramma commuti:

Mα - X/ ∼

@@@@@

fRG ;?

f

Per questa ragione il gruppo X/ ∼ detto “gruppo libero sulmonoide commutativo cancellativo M”.

d) se M e il monoide commutativo (N,+) dei naturali rispettoalla somma, allora X/ ∼ e isomorfo all gruppo (Z,+) deinumeri interi e, se M e il monoide (N>0, ·) dei naturali nonnulli rispetto al prodotto, allora X/ ∼ e isomorfo al gruppomoltiplicativo dei razionali positivi.

3.12 Congruenze e Strutture Quoziente

Poniamoci ora la questione di capire cosa succede quando applichiamola precedente costruzione dell’insieme quoziente ad un insieme su cui eassegnata una struttura algebrica di monoide, di gruppo o altra ancora.Piu precisamente, limitandoci al caso dei monoidi per fissare le idee, ilproblema e il seguente: supponiamo che E ⊆M×M sia una relazione diequivalenza e che suM sia assegnata una struttura di monoide (M, ·, 1);il problema e:

determinare le condizioni necessarie e sufficienti sulla relazione E affin-che sull’insieme quoziente M/E sia definibile una struttura di monoidein modo che la proiezione pE:M −→M/E sia un omomorfismo.

Ricordando che la proiezione pE e definita da pE(x) = [x]E e cheN(pE) = E, la condizione necessaria e evidente: se suM/E e definibileuna struttura di monoide in modo che pE sia un omomorfismo, allora

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3.12. CONGRUENZE E STRUTTURE QUOZIENTE 103

E = N(pE) ⊆M ×M e un sottomonoide del monoide prodotto M ×M(si veda l’esercizio 4 di 3.9). Viceversa, se E ⊆M×M e una relazione diequivalenza suM che inoltre sia un sottomonoide del monoide prodottoM ×M , allora dato che questa condizione significa in particolare che

x ∼E x0 e y ∼E y0 → xy ∼E x0y0

si puo definire una operazione sulle classi di equivalenza come

[x]E[y]E = [xy]E .

Infatti, la condizione per E di essere sottomonoide del prodotto equivalealla condizione che la precedente definizione dell’operazione sulle clssidi equivalenza sia ben posta, cioe non dipenda dalla scelta dei reppre-sentanti:

se [x]E = [x0]E e [y]E = [y0], allora [xy]E = [x0y0]E,

poiche due classi di equivalenza sono uguali se e solo se i rappresen-tanti sono equivalenti. E ora immediato (esercizio) dimostrare che taleoperazione e associativa, che ha un elemento neutro (la classe di equi-valenza [1]E dell’elemento neutro) e che la proiezione p(x) = [x]E e unomomorfismo. Osserviamo infine che se E ⊆M×M e una relazione ri-flessiva, allora la condizione di chiusura rispetto alla operazione binariae sufficiente a garantire che E e un sottomonoide, poiche la riflessivitaassicura che l’elemento neutro 1, 1 e in E. In definitiva, possiamo ri-assumere e completare la precedente discussione nel seguente teorema:

Teorema 3.12.1 i) Dato un monoide M ed una relazione di equi-valenza E su M , condizione necessaria e sufficiente sulla re-lazione E affinche sull’insieme quoziente M/E sia definibile unastruttura di monoide in modo che la proiezione pE:M −→ M/Esia un omomorfismo e che E sia un sottomonoide del monoideprodotto M ×M , cio che equivale a:

x ∼E x0 e y ∼E y0 → xy ∼E x0y0 .

Diremo in tal caso che la relazione di equivalenza e una “con-gruenza” sul monoide M .

Page 105: Algebra - Matematica Discreta- ITA

104 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

ii) Se E e una congruenza sul monoide M , allora la proiezione

pE:M −→M/E

di M sul monoide quoziente M/E ha la seguente proprieta (uni-versale):

per ogni omomorfismo di monoidi f :M −→ N tale che E ⊆N(f), cioe tale che se x ∼E y allora f(x) = f(y), esiste un unicoomomorfismo f :M/E −→ N tale che

f(pE(x)) = f(x) ,

cio che puo essere espresso dicendo che il seguente diagrammacommuta:

MpE - M/E

@@@@@

fRN .?

f

Dimostrazione. Solo la seconda parte necessita di una dimostrazione,poiche la prima parte e stata dimostrata nella discussione precedente ilteorema. A questo scopo, basta dimostrare che nelle condizioni espressedal teorema l’unica funzione f :M/E −→ N tale che f(pE(x)) = f(x),e in realta un omomorfismo, cioe che

f([x]E[y]E) = f([x]E)f([y]E) , f([1]E) = 1 .

Ricordando la definizione di f data dal teorema precedente

f([x]E) = f(x)

e che

[x]E[y]E = [xy]E ,

perche E e una congruenza, per la definizione di f tali condizioni sonoproprio le condizioni che f sia un omomorfismo di monoidi.

Page 106: Algebra - Matematica Discreta- ITA

3.13. ESERCIZI 105

3.13 Esercizi

1. SiaM un semigruppo commutativo e sia R ⊆M×M la relazionebinaria su M definta da

xRy =df esiste t ∈M tale che xt = yt .

Si provi che

a) la relazione R e una congruenza di semigruppi.

b) il semigruppo quozienteM/R e un semigruppo in cui vale laproprieta di cancellazione.

c) La proiezione p:M −→M/R soddisfa la seguente proprietauniversale: se f :M −→ S e un omomorfismo daM verso unsemigruppo in cui vale la proprieta di cancellazione, esisteun unico omomorfismo f :M/R −→ S tale che fp = f . Perquesta ragione il semigruppo M/R viene detto “semigruppocancellativo libero su M”.

d) SeM e un monoide commutativo, ancheM/R e un monoidecommutativo e la proiezione p e un omomorfismo di monoidi.

2. Sia M un monoide commutativo con cancellazione e si conside-ri la relazione ∼⊆ X × X sul prodotto X = M × M definitanell’esercizio 3.11.3. Si provi che

a) Se ∼ e una congruenza sul monoide prodotto X =M ×M .b) Se M e un monoide commutativo, non necessariamente can-cellativo, si possono eseguire in questo ordine le due costru-zioni del monoide cancellativo libero su M e al riultato ap-plicare la costruzione del gruppo libero sul monoide commu-tativo cancellativo M/R. Il risultato e un gruppo commuta-tivo, denotato con k(M) e detto “gruppo di Grothendieck diM”. Ricordando la proprieta universale descritta nell’eser-cizio 3.11.3 d), si enunci la proprieta universale di k(M).

Page 107: Algebra - Matematica Discreta- ITA

106 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

3.14 Sottogruppi normali

Se E ⊆ G×G e una congruenza su un monoide G e se G e in particolareun gruppo, allora affinche il monoide quoziente G/E sia un gruppo (cioeaffinche E sia una congruenza di gruppi) c’e da aspettarsi che E debbapossedere ulteriori proprieta. Infatti, se G/E e un gruppo, allora datoche la proiezione pE :G −→ G/E e un omomorfismo di gruppi, alloraE = N(pE) e un sottogruppo del gruppo prodotto G× G e dunque inparticolare e chiuso rispetto all’inverso:

x ∼E y → x¡1 ∼E y¡1 .

Tuttavia, e facile vedere che se E e una congruenza di monoide e se Ge un gruppo, allora E e una congruenza di gruppo:

se x ∼E y, allora poiche per la riflessivita si ha y¡1 ∼E y¡1, segue chey¡1x ∼E y¡1y = 1 e dunque, ancora per la riflessivita applicata a x¡1,che y¡1 ∼E x¡1; infine, per la simmetria, si ha x¡1 ∼E y¡1.Dunque, la nozione di congruenza per monoidi e per gruppi coincide e,sostituendo uniformemente “gruppo” a “monoide” e “omomorfismo digruppi” a quello di “omomorfismo di monoide”, il teorema del paragrafoprecedente puo essere dimostrato anche per i gruppi. C’e tuttavia unadifferenza cruciale tra la nozione di congruenza per i monoidi e quellaper i gruppi: il fatto che per i gruppi la nozione di congruenza e rap-presentabile, nel senso seguente:

Teorema 3.14.1 Dato un gruppo G, il prendere il nucleo ker(pE) dellaproiezione sul quoziente di G per un congruenza E su G stabilisce unacorrispondenza biunivoca tra l’insieme delle congruenze su G e l’insiemedei sottogruppi “normali” di G, cioe di quei sottogruppi N di G con laproprieta

n ∈ N, g ∈ G ⇒ g¡1ng ∈ N .L’elemento g¡1ng si chiama “coniugato di n mediante g” e dunquela proprieta di un sottogruppo di essere normale si esprime a paroledicendo che il coniugato di ogni elemento di N mediante ogni elementodi G appartiene a N . Se N e un sottogruppo normale di G, scriveremoN ¢G.

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3.14. SOTTOGRUPPI NORMALI 107

Dimostrazione. Osserviamo subito che il nucleo di un qualunqueomomorfismo di gruppi f :G −→ H e un sottogruppo normale: infatti,se n ∈ ker(f), cioe se f(n) = 1, allora qualunque sia g ∈ G, si haf(g¡1ng) = f(g¡1)f(n)f(g) = f(g¡1)f(g) = f(1) = 1, cioe g¡1ng ∈ker(f). Dunque prendere il nucleo della proiezione sul quoziente di Gper una congruenza associa ad ogni congruenza su G un sottogrupponormale di G.Viceversa, abbiamo gia visto in un precedente esercizio che se N e unsottogruppo di un gruppo G, la relazione

∼N⊆ G×G

(che abbiamo chiamato “congruenza modulo N”), definita da

g1 ∼N g2 se e solo se g¡11 g2 ∈ N ,

e una relazione di equivalenza su G le cui classi di equivalenza sonoproprio i laterali destri di N in G. Vediamo ora che tale relazione diequivalenza e una congruenza se e solo se N e un sottogruppo normaledi G. Infatti, se la relazione di congruenza modulo N e una congruenza,allora la proiezione sul quoziente e un omomorfismo di gruppi e dunqueil suo nucleo e un sottogruppo normale; ma ker(p»N ) e proprio N .Viceversa, sia N un sottogruppo normale; mostriamo che la relazionedi congruenza modulo N e una congruenza: se x1 ∼N x2 e y1 ∼Ny2, cioe se x

¡11 x2 ∈ N e y¡11 y2 ∈ N , allora y¡11 x¡11 x2y2 ∈ N , poiche

y¡11 x¡11 x2y2 = [y

¡11 (x

¡11 x2)y1]y

¡11 y2; ma l’espressione dentro la parentesi

quadra e un elemento di N perche N e normale e per una delle dueipotesi, mentre l’altro fattore e in N per l’altra delle due ipotesi e, datoche N e un sottogruppo, il loro prodotto e in N . Dunque y¡11 x

¡11 x2y2 ∈

N , cio che precisamente significa x1y1 ∼N x2y2, cioe che la relazione diequivalenza “congruenza modulo N” e una congruenza. .E chiaro che per i gruppi abeliani ogni sottogruppo e normale, ma

si puo mostrare che in generale non e vero per i gruppi non commu-tativi. Ad esempio, calcoliamo tutti i sottogruppi del gruppo ∆4 dellesimmetrie del quadrato e poi ricerchiamo quali sono quelli normali. Persemplificare questi calcoli, vedremo che sara utile una caratterizzazionedei sottogruppi normali in termini di laterali:

Page 109: Algebra - Matematica Discreta- ITA

108 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Teorema 3.14.2 Un sottogruppo N di un gruppo G e normale se esolo se ogni laterale destro e uguale al corrispondente laterale sinistro:per ogni g ∈ G, gN = Ng.

Dimostrazione. E chiaro che se per ogni g ∈ G, gN = Ng, alloraper ogni g ∈ G si ha g¡1Ng = N e dunque per ogni n ∈ N , g¡1ng ∈ N ,cioe N e normale.Viceversa, se N e normale, e se gn ∈ gN , allora gn = (gng¡1)g; ma

gng¡1 ∈ N , perche e il coniugato di n mediante g¡1 e N e normale;dunque gn e della forma mg, con m = gng¡1 ∈ N , dunque gn ∈ Ng;percio gN ⊆ Ng. Similmente si prova Ng ⊆ gN e dunque gN = Ng.. A titolo di esemplificazione cerchiamo ra di determinare tutti isottogruppi e tutti i sottogruppi normali di un gruppo particolare, ∆4.Comiciamo con l’osservare che per il teorema di Lagrange, i sottogruppipossono avere come ordine solo un divisore dell’ordine di ∆4, che e 8,dunque quelli propri solo 2 e 4. I sottogruppi di ordine 2 sono dellaforma H = 1, x, dove x e un elemento per cui x2 = 1. Ora, in ∆4 talielementi x sono solo R2, D, RD, R2D e R3D.Per quanto riguarda i sottogruppi di ordine 4, il sottoinsieme delle

rotazioni T = 1, R,R2, R3 e evidentemente un sottogruppo di ordine4 isomorfo al gruppo Z4. Per trovare gli altri eventuali sottogrupi diordine 4, ragioniamo cosı: se X e un sottogruppo di ordine 4, alloraX ∩ T e un sottogruppo di X e di T , dunque puo avere come ordinesolo 1, 2 o 4, sempre per il teorema di Lagrange. Non puo essere 1,perche allora X dovrebbe contenere tre elementi di ∆4 che non sonoin T , cioe tre fra i quattro elementi D,RD,R2D,R3D; una sempliceverifica mostra che ogni possibile scelta (sono 4) non e chiusa rispettoal prodotto. Non puo essere 4, perche altrimenti X = T . Dunque puoessere solo 2. PoicheX∩T e un sottogruppo di ordine 2 di T , puo esseresolo 1, R2; dunque X deve avere la forma X = 1, R2, x, y, dove x ey sono due qualsiasi elementi di ∆4. Ma possiamo subito escludere chex o y siano R o R3, perche in tal caso per la chiusura di X rispetto alprodotto si avrebbe X = T . Dunque x e y possono essere solo uno deirimanenti 4 elementi.Se x = D, deve per forza essere y = R2D (perche X deve essere

chiuso rispetto al prodotto) ed e facile verificare che il sottoinsieme

U = 1, R2, D,R2D

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3.14. SOTTOGRUPPI NORMALI 109

e chiuso rispetto al prodotto ed e percio un sottogruppo di ∆4.Se x = RD, allora y deve essere per forza R3D e si puo verificare

che il sottoinsieme

V = 1, R2, RD,R3De chiuso rspetto al prodotto, dunque e un sottogruppo di ∆4.Se x = R2D, allora y deve essere D e si ricade percio nel caso di U .Infine, se x = R3D, allora y deve essere RD e si ricade ancora nel

caso di U .Dunque non ci possono essere altri sottogruppi di ∆4 di ordine 4

oltre a quelli trovati: T , U e V .Riassumendo, ∆4 ha 8 sottogruppi non banali, 3 di ordine 4 e 5

di ordine 2. Resta da decidere quali di questi sottogruppi sono nor-mali. Iniziamo da quelli di ordine 4. Un criterio per decidere se unsottogruppo e normale e quello di verificare se i laterali sinistri coinci-dono con i laterali destri. Per il teorema di Lagrange, poiche l’ordinedel gruppo e 8, i laterali di un sottogruppo di ordine 4 sono solo due:il sottogruppo stesso ed il laterale che si ottiene da un qualsiasi altroelemento che non appartenga al sottogruppo. Ma tale laterale deveper forza coincidere con il complemento insiemistico del sottogruppo edunque laterali destri e sinistri coincidono. Percio ogni sottogruppo diordine 4 e normale. Si osservi che tale ragionamento si puo generaliz-zare a ∆n, per n qualsiasi e quindi si puo dimostrare che il sottogruppodelle rotazioni di un qualsiasi gruppo diedrico e normale.Consideriamo ora i sottogruppi di ordine 2. Cominciamo con il

sottogruppo X = 1, R2. I quattro laterali sinistri di X sono:X1 = X;XR = R,R3;XD = D,R2D;X(RD) = RD,R3D;i corrispondenti laterali destri sono:X;RX = XR;DX = D,DR2 = D,R2D = XD; (RD)X =RD,RDR2 = RD,R3D = X(RD);dunque i laterali sinistri e destri coincidono, percio X e normale.Vediamo che X e l’unico sottogruppo normale di ordine 2. In-

fatti, il coniugato di D mediante R e RDR¡1 = RDR3 = RDRR2 =RR3DR2 = DR2 = R2D; dunque il sottogruppo 1, D non e normaleperche non contiene il coniugato di D mediante R. Similmente, il co-niugato di RD mediante D = D¡1 e DRDD = DR = R3D; dunque ilsottogruppo 1, RD non e normale perche non contiene il coniugato

Page 111: Algebra - Matematica Discreta- ITA

110 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

di RD mediante D. In modo simile si verifica che anche gli altri duesottogruppi di ordine 2 non sono normali.Concludendo, degli otto sottogruppi propri di ∆4, solo quattro sono

normali: i tre sottogruppi di ordine 4 e il sottogruppo X = 1, R2 diordine 2.Rimangono da determinare i gruppi quoziente di ∆4. Per quanto

riguarda i sottogruppi normali di ordine 4, poiche i laterali sono solo 2ed esiste una sola struttura di gruppo su un insieme con due elementi,i gruppi quoziente i gruppi quoziente sono tutti isomorfi a Z2; e chiaropero che le tre proiezioni ∆4 −→ Z2 sono tutte diverse.Consideriamo l’unico sottogruppo normale X = 1, R2 di ordine 2.

Gli elementi del gruppo quoziente ∆4/X sono i laterali X0 = X, X1 =XR, X2 = XD e X3 = X(RD). Calcoliamo la tavola di moltiplicazionedi ∆4/X:

X0 X1 X2 X3

X0 X0 X1 X2 X3X1 X1 X0 X3 X2X2 X2 X3 X0 X1X3 X3 X2 X1 X0

Ad esempio: X0X0 = (XR)(XR) = XR2 = X = X0, perche R

2 ∈ X;X3X1 = (X(RD))(XR) = X(RDR) = XD = X2, ecc.Possiamo identificare ∆4/X ad un gruppo noto. Consideriamo il

gruppo prodotto Z2 × Z2; i suoi elementi sono 0 = 0, 0 , a = 1, 0 ,b = 0, 1 e c = 1, 1 ; la tavola di moltiplicazione e

0 a b c

0 0 a b ca a 0 c bb b c 0 ac c b a 0

Si vede immediatamente che ponendo X0 = 0, X1 = a, X2 = b eX3 = c, le tavole di mopltiplicazione di ∆4/X e di Z2×Z2 coincidono;dunque la funzione f(X0) = 0, f(X1) = a, f(X2) = b, f(X3) = c e unisomorfismo di gruppi:

f :∆4/X −→ Z2 × Z2 .

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3.15. ESERCIZI 111

Il gruppo Z2×Z2 e detto “gruppo trirettangolo” e puo essere interpre-tato geometricamente come il gruppo delle simmetrie del rettangolo,cioe l’identita, il ribaltamento intorno all’asse a, quello intorno all’asseb e la loro composizione (che e la rotazione di 180 gradi). Se chiamiamorispettivamente 0, a, b e c queste quattro simmetrie e scriviamo la lorotavola di moltiplicazione, troviamo esattamente la tavola di moltipli-cazione di Z2 × Z2.Si osservi che conoscendo il significato geometrico del gruppo pro-

dotto Z2×Z2 avremmo potuto aspettarci il fatto che ∆4/X e isomorfoa Z2 × Z2. Infatti, la relazione di equivalenza associata al sottogruppo1, R2 consiste nel dichiarare equivalenti due simmetrie del quadratoquando o sono uguali o si ottengono una dall’altra attraverso una ro-tazione di 180 gradi. Ma esaminando le simmetrie del quadrato si puovedere che ognuna di esse e una simmetria del quadrato consideratocome rettangolo, oppure, se non lo e, lo e invece quella che si ottienedopo una rotazione di 180 gradi.

Per finire, si osservi che, sebbene il gruppo ∆4 non sia commutativo,lo sono invece tutti i suoi quozienti propri.

3.15 Esercizi

1. Si consideri il gruppo Q generato da due elementi i e j soddis-facenti le relazioni:

i4 = 1 , i2 = j2 , ji = i3j .

Si dimostri che Q ha 8 elementi e si scriva la tavola di moltipli-cazione. Si determinino tutti i suoi sottogruppi e si dica quali diessi sono normali. Il gruppo Q e detto “gruppo dei quaternioni”.

2. Se N1¢G1 e N2¢G2 sono due sottogruppi normali di due gruppiG1 e G2, si provi che il prodottoN1×N2 e un sottogruppo normaledel prodotto G1 ×G2 e che esiste un isomorfismo canonico

(G1 ×G2)/(N1 ×N2) ∼ G1/N1 ×G2/N2 .

Page 113: Algebra - Matematica Discreta- ITA

112 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

3.16 Ideali

Rimane da capire che cosa e una congruenza per gli anelli. Poicheun anello e un gruppo abeliano (A,+) dotato di un prodotto (A, ·)distributivo rispetto all’operazione di “somma” del gruppo abeliano,una congruenza di anello e una congruenza di gruppo abeliano, quindiun sottogruppo I ⊆ A del gruppo (A,+), tale che la congruenza chegenera e anche una congruenza per il monoide (A, ·).Teorema 3.16.1 Dato un anello (A,+, ·), un sottogruppo I ⊆ A delgruppo (A,+) e tale che la congruenza che genera e anche una con-gruenza per il monoide (A, ·) se e solo se soddisfa la seguente con-dizione:per ogni a ∈ A e per ogni i ∈ I, ia ∈ I e ai ∈ I,cio che si esprime dicendo che I e un “ideale (bilatero)”.

Dimostrazione. Se la congruenza generata da I e anche una con-gruenza rispetto alla struttura di monoide, allora il gruppo quozienteA/I e anche un anello rispetto al prodotto di laterali

(I + a)(I + b) =df I + ab

e la proiezione pI :A −→ A/I e un omomorfismo di anelli il cui nucleoe proprio il sottogruppo I. Ma e un fatto generale che se f :A −→ Be un omomorfismo di anelli, allora ker(f) e un ideale bilatero: Ker(f)e un sottogruppo di (A,+) e se i ∈ ker(f) e a ∈ A, allora f(ai) =f(a)f(i) = f(a)0 = 0, cioe ai ∈ ker(f) e similmente ia ∈ ker(f).Viceversa, sia I un ideale dell’anello A e mostriamo che la con-

gruenza generata da I e una congruenza anche rispetto al monoide(A, ·). Ricordiamo che la conguenza generata da I definita daa ∼ b se e solo se (b− a) ∈ I.Il fatto che tale relazione di equivalenza sia anche una congruenzarispetto al prodotto significa chese a ∼ b e c ∼ d, allora ac ∼ bd,cioese (b− a) ∈ I e (d− c) ∈ I, allora (bd− ac) ∈ I.Quest’ultima proprieta si dimostra nel modo seguente:bd− ac = bd+ ad− ad− ac = (b− a)d+ a(d− c),

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3.16. IDEALI 113

che e un elemento di I, poiche (b − a) ∈ I, (d − c) ∈ I e poiche I,essendo un ideale bilatero, e chiuso rispetto al prodotto a sinistra e adestra con ogni elemento di A ed anche rispetto alla somma.Dunque, se I e un ideale bilatero di un anello A, il gruppo quoziente

A/I in realta un anello e la proiezione pI :A −→ A/I e un omomorfismodi anelli, che soddisfa la proprieta universale:per ogni anello B ed ogni omomorfismo di anelli f :A −→ B tale cheI ⊆ ker(f), esiste un unico omomorfismo f :A/I −→ B tale che

f(pI(x)) = f(x) ,

cio che puo essere espresso dicendo che il seguente diagramma commuta:

ApI - A/I

@@@@@

fRB .?

f

In seguito ci occuperemo prevalentemente di anelli commutativi; in talcaso la nozione di ideale si semplifica poiche basta richiedere solo unadelle due condizioni di chiusura rispetto al prodotto per gli elementidell’anello. Moltissimi sono gli esempi di ideali: nel precedente teoremasi prova che il nucleo di ogni omomorfiamo di anelli e un ideale; dipiu, si prova che infatti ogni ideale appare in tal modo, ad esempiocome nucleo dell’omomorfismo dato dalla proiezione sul quoziente. Diparticolare interesse sono gli ideali definiti nel modo seguente: sia Aun anello commutativo e sia a ∈ A; si vede facilmente (esercizio) chel’insieme

(a) = xa |x ∈ Ae un ideale di A, chiamato “ideale principale generato da a”.

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114 CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Page 116: Algebra - Matematica Discreta- ITA

Capitolo 4

Azioni

4.1 M-insiemi

Se M = End(X) e il monoide delle endofunzioni di un insieme X, c’eun tipo di operazione evidente di M su X

∗ : End(X)×X −→ X ,

la valutazione

f ∗ x = f(x) ,che evidentemente soddisfa le proprieta

M1) g ∗ (f ∗ x) = (gf) ∗ x

M2) 1X ∗ x = x.

In generale chiameremo azione (sinistra) di un monoide M su un insiemeX ogni operazione (“azione”) di tipo ∗ :M ×X −→ X, il cui valore suuna coppia m,x denoteremo con m∗x, che soddisfa M1 e M2. Diremoche “X e un M-insieme (sinistro)” o anche che “M opera (a sinistra) suX”. Gli esempi sono moltissimi. Eccone solo alcuni:

1. Prendendo per X il monoide stesso M, l’operazione di M e unaazione M ×M −→ M : le identita M1 e M2 sono semplicementel’associativita e l’unita sinistra.

115

Page 117: Algebra - Matematica Discreta- ITA

116 CAPITOLO 4. AZIONI

2. Se N e un sottomonoide di M e ∗ :M ×X −→ X e una azione diM su X, allora si ha per restrizione una azione N ×X −→ X. Cisono due esempi particolari di tale situazione:

a) Se N e un sottomonoide di un monoide M e M ×M −→Me l’azione dell’esempio 1), allora essa induce per restrizioneuna azione

N ×M −→M

di N su M; quando M e un gruppo e N e un suo sottogruppo,questa azione e gia stata considerata nel Teorema di La-grange (si veda 3.6).

b) se Aut(X)e il sottogruppo di End(X) degli automorfismi diun insieme X, allora per restrizione dell’azione considerataall’inizio del paragrafo si ottiene una azione

Aut(X)×X −→ X .

3. Se X e un insieme e Xn = X × · · · ×X e l’insieme delle n-upleordinate degli elementi di X, allora c’e una azione del gruppoS([n]) = Sn delle permutazioni su [n] su X

n

∗ :Sn ×Xn −→ Xn

definita da

σ ∗ x1, . . . , xn = xσ(1), . . . , xσ(n) .

4. Se G e un gruppo, si puo definire una azione

∗ :G×G −→ G

mediante la formulag ∗ x = gxg¡1 .

Tale azione e detta ‘coniugio’ e si riduce alla proiezione

G×G −→ G

se e e solo se il gruppo G e abeliano.

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4.1. M-INSIEMI 117

5. Il fatto che il monoide che agisce su un insiemeX sia un gruppo hadiverse conseguenze non banali. Ad esempio, una e la seguente:se un monoide M agisce su un insieme X madiante una azione∗ :M ×X −→ X, allora agisce anche sull’insieme PX delle partidi X mediante la formula

m ∗ U = m ∗ x | x ∈ U ⊆ X ,per ogni sottoinsieme U di X. Ora, se M e un gruppo, allora perogni elemento m la funzione m∗ (−) :X −→ X e un isomorfismo,poiche la funzione inversa e la funzione m¡1 ∗ (−), cio che sidimostra dagli assiomi M1 e M2; dunque la funzione m∗ − induceun isomorfismo da U a m ∗ U . Pertanto, denotando con PnXl’insieme dei sottoinsiemi di X di cardinalita n, quando M e ungruppo, l’azione sulle parti di X si restringe ad una azione sulleparti di cardinalita n.

6. Molti sono gli esempi di natura geometrica e qui ci limitiamo acitarne due. Se P denota l’insieme dei punti del piano e T ilgruppo delle traslazioni, c’e una azione evidente

+:T×P −→ Pche ha la proprieta: per ogni coppia P1 e P2 di punti esisteun’unica traslazione T , tale che T + P1 = P2, cio che autorizzaa denotare tale T con T = P2 − P1. A sua volta, il gruppo delledilatazioni D agisce in modo naturale sul gruppo delle traslazioni(come?).

7. (Macchine di Turing) Se f :X −→ X e una funzione, c’e unaazione

N×X −→ X

del monoide (N,+, 0) definita da n ∗ x = fn(x). Inoltre, ogniazione ∗ :N × X −→ X del monoide dei naturali rispetto allasomma e di questo tipo per un’unica funzione f :X −→ X (eser-cizio; si definisca f(x) = 1 ∗ x...).

E spesso assai utile associare ad una azione un grafo che la arricchiscedi una intuizione geometrica, il suo diagramma. Se ∗ :M × X −→ X

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118 CAPITOLO 4. AZIONI

e una azione, consideriamo il seguente grafo Diag(∗ :M ×X −→ X): ivertici sono gli elementi di x, y, z, ... di X, che denoteremo con punti; ilati (che sono orientati e che dunque denoteremo con frecce)

x· m - y·

sono gli elementi m tali che m ∗ x = y. Si osservi che tale grafo ha laseguente ulteriore struttura: se

x· m - y· n - z·

sono due lati come descritti nella figura, allora mn e un lato

x· nm - z·

che chiameremo composizione dei due lati e che per ogni elemento xl’unita 1 del monoide M e un lato

x· 1 - x·

Il lettore puo facilmente provare che gli assiomi di azione equivalgonoal fatto che la composizione e associativa, quando e definita, e che haidentita. Diverse significative proprieta di una azione possono essereespresse mediante proprieta (‘geometriche’) del suo diagramma. Adesmpio, il fatto che il diagramma sia un grafo connesso, cioe che ognicoppia di vertici sia congiunta da almeno un lato, equivale alla proprieta

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4.1. M-INSIEMI 119

dell’azione di essere transitiva, cioe che per ogni coppia di elementix, y ∈ X, esiste m ∈M tale che m ∗ x = y.La costruzione del diagramma di una azione ha una conseguenza

assai utile. Cominciamo con il precisare che cosa e un grafo (orien-tato), cio che fino ad ora non abbiamo fatto, avendo preferito lasciareall’intuizione del lettore immaginare la sua corretta definizione. Ungrafo orientato e il dato di due insiemi, l’insieme V dei vertici e quelloL dei lati, e di due funzioni d0, d1:L −→ V che assegnano ad ogni latof due vertici d0(f) e d1(f), detti rispettivamente dominio e codominiodi f . Per visualizzare un grafo, disegneremo i suoi vertici come puntie, se f e un lato di cui x = d0(f) e y = d1(f) sono il dominio ed ilcodominio, disegneremo f come freccia

x· f - y· .

Ad ogni grafo orientato G = (d0, d1:L −→ V ) possiamo sempre asso-ciare una relazione binaria R(G) ⊆ V ×V sull’insieme V dei suoi verticisemplicemente prendendo l’immagine della funzione

d0, d1 :L −→ V × V .

Dunque due vertici sono in relazione se e solo se esiste un lato che licongiunge. Un fatto assai utile e il seguente:

Teorema 4.1.1 Se G e il grafo dato dal diagramma dell’azione ∗ :G×X −→ X di un gruppo G su un insieme X, allora la relazione R(G) ⊆X ×X e una relazione di equivalenza. Denoteremo con X/G l’insiemequoziente, con una notazione che sottointende l’azione di G su X.

La semplice dimostrazione e lasciata al lettore. Qui ci limitiamo aqualche esempio. Gli elementi dell’insieme quoziente X/G sono le classidi equivalenza della relazione di equivalenza R(G) ⊆ X ×X e dunquesono gli insiemi

G ∗ x = g ∗ x | g ∈ G ,

Page 121: Algebra - Matematica Discreta- ITA

120 CAPITOLO 4. AZIONI

che vengono detti ‘orbite di x’. In particolare si osservi che nell’esempiodella restrizione ad un sottogruppo H di G dell’azione data dall’opera-zione di G, le orbite sono proprio i laterali di H in G. In un certo senso,l’insieme X/G e una ‘misura’ dell’azione: una prima rozza approssi-mazione del senso di tale affermazione e il seguente, di facile verifica:una azione e transitiva se e solo se X/G ha un solo elemento, cioe se esolo se esiste una sola orbita. Il lettore provi a mostrare che l’esempio2, b) e un esempio di azione transitiva.Concludiamo convenendo che se Mop denota il monoide opposto di M,cioe il monoide sullo stesso insiemeM , ma in cui l’operazione e definitada x · y =def yx, allora una azione sinistra di Mop su un insieme X edetta azione destra di M su X. Dunque una azione destra di M su Xe una funzione ∗ :M ×X −→ X tale che

Mop1 ) m ∗ (n ∗ x) = (nm) ∗ xM2) 1 ∗ x = x.

4.2 Rappresentazioni, centro

Un monoide “concreto” e un monoide di endofunzioni, cioe un monoidedella forma End(X) per un insieme X. Una rappresentazione di unmonoide M e un qualsiasi modo di compararlo con un monoide concreto,dunque semplicemente un omomorfismo di monoidi

Mρ- End(X) ,

per un qualche insieme X. Quando ρ e iniettiva, si dice che la rappre-sentazione e fedele e in tal caso si puo pensare ad una rappresentazionecome ad un “modello” di M. E semplice ma assai utile osservare cheil principio di λ-conversione (si veda 1.12) permette di dimostrare ilseguente

Teorema 4.2.1 Per ogni monoide M ed ogni insieme X, la λ-conver-sione induce una corrispondenza biunivoca tra le rappresentazioni

Mρ- End(X) ,

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4.2. RAPPRESENTAZIONI, CENTRO 121

e le azioni∗ :M ×X −→ X .

Dimostrazione. Basta mostrare che data una rappresentazione ρ, lasua trasposta ∗ = ρt:M ×X −→ X soddisfa gli assiomi di azione:

(mn) ∗ x = ρt(mn, x) = ρ(mn, x) = ρ[m, ρ(n, x)] = ρt[m, ρt(n, x] == m ∗ (n ∗ x),e che data una azione ∗ :M ×X −→ X, la sua aggiunta esponenzialeλ∗ :M −→ End(X) e un omomorfismo, cioe una rappresentazione diM:

λ ∗ (mn)(x) = (mn) ∗ x = m ∗ (n ∗ x) = λ ∗ (m)[(λ ∗ (n)(x)] == [λ ∗ (m)][(λ ∗ (n)](x).Osserviamo che se M e in particolare un gruppo G e ρ e una rap-

presentazione, allora ogni valore di ρ e un automorfismo di X e dunqueuna rappresentazione di un gruppo G e in realta un omomorfismo digruppi

Gρ- Aut(X)

di G al gruppo degli automorfismi di un insieme X.Il caso speciale della aggiunta esponenziale dell’azione data dalla

operazione stessa M × M −→ M e una rappresentazione canonicadetta rappresentazione di Cayley di M. Se M e in particolare un gruppoG, allora la sua rappresentazione di Cayley

Gc- Aut(G)

e sempre fedele (esercizio).In generale, non e detto che una rappresentazione sia fedele. Ad

esempio, consideriamo la rappresentazione

Gρ- Aut(G)

aggiunta esponenziale dell’azione di coniugio ρ(g)(x) = gxg¡1. Il suonucleo, che sappiamo essere un sottogruppo normale di G, e:

ker(ρ) = g ∈ G | ρ(g) = 1G =

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122 CAPITOLO 4. AZIONI

= g ∈ G | ρ(g)(x) = x, per ogni x ∈ G == g ∈ G | gxg¡1 = x, per ogni x ∈ G == g ∈ G | gx = xg, per ogni x ∈ G = Z(G).Il sottogruppo normale Z(G) di G e detto “centro” di G e coincide conG se e solo se G e abeliano. Possiamo considerare il gruppo quoziente

G/Z(G)

che per il teorema di isomorfismo e un gruppo isomorfo all’immagineIm(ρ) e che pertanto ha una rappresentazione fedele nel gruppo Aut(G).Il sottogruppo Im(ρ) di Aut(G) e detto “sottogruppo degli automorfismiinterni di G”, nome che trova la sua spiegazione in una altra impor-tante proprieta della rappresentazione di coniugio: per ogni elementog ∈ G, l’isomorfismo ρ(g) e un isomorfismo di gruppi, dunque un auto-morfismo di G come gruppo (esercizio). Una conseguenza importantedella precedente osservazione e la seguente. Poiche per ogni g ∈ G,l’isomorfismo ρ(g):G −→ G e un isomorfismo di gruppi, dunque portasottogruppi in sottogruppi, l’azione di coniugio si estende all’insiemeSub(G) dei sottogruppi di G

∗ :G× Sub(G) −→ Sub(G)

definendo g ∗ H = gHg¡1 ed e un semplice esercizio provare diretta-mente gli assiomi di azione.La precedente osservazione sulla reppresentazione data dal coniugio

e di carattere generale: data ogni rappresentazione

Gρ- Aut(X)

di un gruppo G, possiamo sempre prendere l’immagine Im(ρ), che eisomorfa al quoziente di G per il nucleo di ρ e ottenere una rappresen-tazione fedele del quoziente nel gruppo degli automorfismi dello stessoinsieme X.

4.3 Stabilizzatori

Se ∗ :M ×X −→ X e una azione di un monoide M su un insieme X,allora per ogni x ∈ X il sottoinsieme di M

St(x) = m ∈M |m ∗ x = x

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4.3. STABILIZZATORI 123

dato dagli elementi la cui azione lascia fisso x e un sottomonoide diM e, quando M e un gruppo G, un sottogruppo di G (esercizio) detto“stabilizzatore di x”. Diremo che x e un invariante per l’azione di G, oche e G-invariante, se St(x) = G, cioe se l’azione di ogni elemento diG lascia fisso x. Ad esempio, se consideriamo l’azione di coniugio, lostabilizzatore St(x) e il sottogruppo di G

St(x) = g ∈ G | gxg¡1 = x = g ∈ G | gx = xg .Esso viene detto “centralizzante” di x e spesso viene denotato con C(x).Dunque x ∈ Z(G) se e solo se C(x)=G e percio gli elementi G-invariantiper l’azione di coniugio sono proprio gli elementi del centro. Quandoconsideriamo l’azione di coniugio estesa ai sottogruppi, gli elementi G-invarianti sono precisamente i sottogruppi normali.D’ora in poi per una azione G × X −→ X semplificheremo la no-

tazione denotando il suo valore su una coppia g, x semplicemente congx. Data dunque una azione di un gruppo G su un insieme X, consi-deriamo le due funzioni

G

ª¡¡¡¡¡

α@@@@@

β

RGx G/St(x) ,

aventi lo stesso dominio G e aventi codominio rispettivamente l’orbitaGx di x e l’insieme quoziente di G per il sottogruppo stabilizzatore dix, definite da α(g) = gx e β(g) = gSt(x). Entrambe sono suriettive ehanno inoltre lo stesso nucleo di equivalenza:

α(g1) = α(g2)⇔ g1x = g2x⇔ g¡12 g1x = x⇔ g¡12 g1 ∈ St(x)⇔ g1St(x) = g2St(x)⇔ β(g1) = β(g2).

Per la proprieta universale dei quozienti esiste un unico isomorfismo

θ :Gx −→ G/St(x)

tale che θα = β. In particolare, quando X e G sono finiti, passandoalle cardinalita si ottiene:

|Gx| = |G/St(x)| = [G:St(x)] ,

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124 CAPITOLO 4. AZIONI

da cui ricordando che le orbite sono una partizione diX si ha l’equazionedelle classi:

|X| =x2X/G

[G:St(x)] =x2X/G

|G||St(x)| ,

dove la notazione x ∈ X/G significa che la somma e estesa ad una sceltaqualsiasi di x ∈ X, uno ed uno solo per ogni orbita.Illustriamo l’equazione delle classi per l’azione di coniugio di in

gruppo finito G. Ricordiamo che in tal caso gli stabilizzatori St(x)sono i centralizzanti C(x), mentre le orbite, dette “classi coniugate” espesso denotate con Cl(x), sono i sottoinsiemi Cl(x) = gxg¡1 | g ∈ G.L’equazione delle classi in tal caso e:

|G| = |G||C(x)| ,

dove la somma e estesa ad una scelta arbitraria di elementi x ∈ G, unoed uno solo per ogni classe coniugata.Vediamo ora alcune applicazioni della teoria fin qui delineata.

Teorema 4.3.1 Se G e un gruppo finito di ordine pn per un primo p,allora il centro di G contiene un elemento diverso dall’unita.

Dimostrazione. Per il teorema di Lagrange, l’ordine del centraliz-zante C(x) di ogni elemento x di G divide l’ordine di G, che e pn,dunque e una potenza pnx di p con nx ≤ n. Scriviamo l’equazione delleclassi per l’azione di coniugio:

pn =nx·n

pn

pnx= |Z(G)|+

nx<n

pn

pnx,

dove la somma e estesa ad una scelta arbitraria di elementi x ∈ G, unoed uno solo per ogni classe coniugata e si e usato che x ∈ Z(G) se esolo se C(x) = G, se e solo se pnx = pn, se e solo se nx = n. Dunque

|Z(G)| = pn −nx<n

pn¡nx

e pertanto p divide l’ordine del centro, che percio non puo essere ridottoalla sola unita.

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4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN 125

Corollario 4.3.1 Ogni gruppo finito di ordine p2 per un primo p eabeliano.

Dimostrazione. Per il teorema precedente, il centro non e ridotto allasola unita, dunque il suo ordine deve essere p o p2. Se l’ordine e p2 ilteorema e vero. Se l’ordine e p, sia a un elemento che non appartiene alcentro e consideriamo il suo centralizzante C(a). Il centro e certamenteun sottogruppo di C(a) e poiche a e in C(a) e non nel centro, e unsottogruppo proprio. Ancora, l’ordine di C(a) puo essere solo p o p2,ma non puo essere, perche in ogni caso contraddiremmo l’ipotesi chea non sia nel centro. Dunque G coincide con il suo centro e percio eabeliano.

4.4 Il gruppo simmetrico Sn

La struttura del gruppo degli automorfismi Aut(X) di un insieme X ecompletamente determinata dalla cardinalita di X. Infatti un isomor-fismo φ:X −→ Y induce un isomorfismo di gruppi

Φ: Aut(X) −→ Aut(Y )

mediante Φ(α) = φαφ¡1 (esercizio). In particolare, se X e un insiemefinito di cardinalta n, allora Aut(X) e un gruppo isomorfo al gruppoAut([n]) = Sn, detto anche gruppo simmetrico di [n].Vogliamo ora determinare completamente la struttura di tale gruppo.Cosa questo significhi, risultera chiaro alla fine della discussione e per-tanto non ci dilunghiamo a spiegarlo in anticipo. Dovra anche risultarechiaro da quanto esporremo la ragione del nome “gruppo simmetrico”.Il metodo che useremo sara essenzialmente basato sulle proprieta dellaazione canonica

Sn × [n] −→ [n]

dell’esempio 2, b) di 4.1, e delle sue restrizioni. Cominciamo con il ri-cordare una precedente osservazione secondo cui tale azione e transitiva;infatti, per ogni coppia di elementi i, j ∈ [n] esiste una permutazioneσi,j di Sn che manda i in j, la permutazione che “scambia” i con je lascia fissi tutti gli altri elementi. Vedremo che alcuni di tali auto-morfismi elementari, che soddisfano a condizioni che mostreremo che li

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126 CAPITOLO 4. AZIONI

autorizza a chiamare “simmetrie”, sono i mattoni con cui puo venirecompletamente descritto ogni automorfismo di [n]. Per ora osserviamoche essi soddisfano tutti ad una identita, quella che li qualifica comeinvoluzioni:

σ2ij = 1[n] .

Gli scambi, o trasposizioni, sono particolari permutazioni, dette “ci-cli”. Ricordando che in un gruppo finito G, come Sn, ogni elemento gha un periodo finito o(g), i cicli sono definiti come segue:

Definizione 4.4.1 Un “ciclo” e una permutazione σ ∈ Sn tale cheo(σ) = |Fix(σ)c| ,

cioe tale che il suo ordine e uguale al numero degli elementi di [n]non lasciati fissi, dunque mossi, da σ. Il valore comune k e chiamato“lunghezza del ciclo”.

Cerchiamo ora di descrivere come e fatto un ciclo σ di lunghezza k.Sia i1 il primo elemento di [n] che e mosso da σ; σ(i1) = i2 e a suavolta mosso da σ, come pure ogni σm(i1) = im+1 e mosso da σ, perm < k − 1, poiche σ e una funzione iniettiva. Quando m = k − 1, cisono k elementi mossi da σ e poiche k e anche l’ordine di σ non puoche aversi σk(i1) = i1 e si ricomincia da capo. Dunque, σ opera sulsottoinsieme i1, i2, . . . , ik di [n], in questo ordine, mandando ciascunelemento nel successivo e opera sul suo complemento come l’identita;viceversa, se i1, i2, . . . , ik e un sottoinsieme di [n] e lo ordiniamo conl’ordine indotto dall’ordine naturale sugli indici, esiste un solo ciclo dilunghezza k che opera su [n], mandando ogni elemento del sottoinsiemecon l’ordine scelto sul successivo e lasciando fissi tutti gli altri elementiche non sono nel sottoinsieme. Di qui il nome di ciclo: un ciclo permutaciclicamente gli elementi del sottoinsieme dato con l’ordine prescritto,mandando ciascuno nel successivo e l’ultimo nel primo e lascia fissi tuttigli altri elementi non nel sottoinsieme. Dunque il numero dei cicli dilunghezza k e il numero dei sottoinsiemi di cardinalita k per il numerodegli ordini lineari su un insieme di cardinalita k, che altro non e che ilnumero n(k) delle funzioni iniettive [k] −→ [n]; tale numero deve esserediviso per k, poiche su un sottoinsieme di [n] di cardinalita k esistonoesattamente k ordini lineari che danno luogo allo stesso ciclo.

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4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN 127

Per facilitare la comprensione e per eseguire calcoli e certamenteutile usare la notazione a due righe per le permutazioni

σ =1 2 . . . nσ1 σ2 . . . σn

(dove per semplificare la notazione abbiamo consistentemente scritto σia posto di σ(i)) e ad ad una riga

γ = i1 i2 . . . ik

per indicare un ciclo di lunghezza k con l’ordine prescritto. Abbiamoora tutti gli elementi per dimostrare un primo teorema di struttura,salvo questa ultima osservazione. Due permutazioni σ e τ si dicono“disgiunte” se Fix(σ)c ∩ Fix(τ)c = ∅, cioe se gli elementi mossi da unanon sono mossi dall’altra. E facile (e lo lasciamo al lettore) dimostrareil seguente

Lemma 4.4.1 Se σ e τ sono disgiunte, allora στ = τσ.

Teorema 4.4.1 Ogni permutazione σ ∈ Sn si decompone in modounico (a meno dell’ordine) nel prodotto

σ = γ1γ2 . . . γh

dove le permutazioni γi sono cicli disgiunti a due a due.

Dimostrazione. Sia (σ) il sottogruppo ciclico di Sn generato da σ econsideriamo la restrizione a (σ) dell’azione canonica su [n]. Sappiamoche le orbite

(σ)i = i,σ(i), (σ2)(i), . . . , (σk¡1)(i)

dove k e l’ordine di σ, sono una partizione di [n]. Attenzione, la car-dinalta di (σ)i puo essere inferiore a k, poiche sebbene l’ordine di σsia k, per qualche particolare valore i si puo avere (σr)(i) = i, ancheper un r minore di k ed in tal caso la cardinalita di (σ)i e inferiorea k. Il lettore puo usare la formula di 4.3 per dare una formula perla cardinalita di ciascuna orbita (esercizio). A questo punto la parte

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128 CAPITOLO 4. AZIONI

riguardante la decomposizione enunciata nel teorema e dimostrata: seci sono h orbite, denotiamole con C1, C2, . . . , Ch, allora ad ogni orbitaassociamo il ciclo determinato dall’ordine delle potenze di σ e otteniamocosı h cicli γ1, γ2, . . . , γh che hanno la proprieta enunciata dal teorema:se j ∈ [n], allora j sta in una e una sola orbita, diciamo Cs, e dunque(γ1, γ2, . . . , γh)(j) = γs)(j) = σ(j).D’altra parte, se σ = δ1δ2 . . . δl e un’altra decomposizione di σ in

cicli a due a due disgiunti, allora gli elementi mossi da ciascun cicloδr formano un’orbita Cr di σ e quindi δr e il ciclo γr. Dunque le duedecomposizioni differiscono solo per l’ordine dei fattori.Osservando che per due elementi permutabili e di periodo finito

di un gruppo, l’ordine del prodotto e il e il minimo comune multiplodegli ordini dei fattori, si puo usare il precedente teorema per calcolarel’ordine di una permutazione qualsiasi: esso infatti risulta essere il mi-nimo comune multiplo degli ordini dei cicli disgiunti in cui puo veniredecomposto in modo unico, ricordando che per definizione l’ordine diun ciclo e semplicemente il numero degli elementi che sono mossi.Gli scambi, o trasposizioni, sono dunque cicli di lunghezza due. Di

particolare interesse sono gli n− 1 scambi

τi = (i, i+ 1) ,

che chiameremo “simmetrie”, perche sono un sistema di generatori, percui e possibile trovare un sistema di relazioni particolarmente significa-tive che giustificano tale nome, che forniscono una presentazione delgruppo simmetrico Sn.

Teorema 4.4.2 Ogni permutazione di Sn si puo scrivere come prodottodi cicli della forma τi e il prodotto in Sn e determinato completamentedalle relazioni

τiτj =

1 se j = iτjτi se j < i− 1τjτiτjτi se j = i− 1 .

Dimostrazione. E immediato dimostrare (esercizio per il lettore) chetali relazioni valgono per le simmetrie τ in Sn.Per mostrare che le simmetrie e le relazioni date descrivono comple-

tamente Sn come gruppo, cominciamo con l’osservare che ogni scambio

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4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN 129

(i, j), con j > i + 1, puo essere ottenuto come prodotto dei τ . Si hainfatti τi+1τiτi+1 = (i, i + 2) e iterando tale definizione un un numeroopportuno di volte si ottiene lo scambio

(i, j) = τiτi+1 . . . τj¡2τj¡1τj¡2τj¡3 . . . τi .

Osservando che (i, j) = (j, i), si ha l’asserto per ogni scambio con j =i+ 1. Si osservi a questo punto che ogni ciclo (i1, i2, . . . , ir) puo essereottenuto come prodotto di (r − 1) scambi nel modo seguente

(i1, i2, . . . , ir) = (i1, ir)(i1, ir¡1) . . . (i1, i2)

e dunque anche come prodotto dei τ . Usando infine il fatto che ognipermutazione e ottenibile come prodotto di cicli, si ottiene che ognipermutazione σ e ottenibile come prodotto

σ = τi1τi2 . . . τik

dei generatori τ .Si osservi che la procedura sopra descritta per ottenere ogni permu-

tazione come prodotto dei generatori τ non garantisce affatto l’unicitadi tale decomposizione (si trovi un esempio) e neppure il fatto che taledecomposizione sia di cicli a due a due disgiunti. Rimane dunque ilproblema di come determinare il prodotto di due permutazioni, solosapendo come si comporta il prodotto sui generatori.A questo scopo, procediamo come segue. Consideriamo l’insieme W

di tutte le k-uple ordinate di generatori τ (“parole di lunghezza k”; siveda l’esempio 1.14.4)

w = τi1, τi2 , . . . , τik ,

dove gli indici i1, . . . ik sono tutti compresi tra 1 e n− 1, per qualsiasinaturale k. Introduciamo la seguente relazione: data una coppia diparole w e w0, diciamo che “w si riduce a w0”, e scriveremo

w ⇒ w0 ,

se w0 si ottiene da w applicando una delle seguenti regole

(R1) τi, τi ⇒ 1(R2) τi, τj ⇒ τj, τi , se j < i− 1(R3) τi, τi¡1, . . . , τj, τi ⇒ τi¡1, τi, τi¡1, . . . , τj , se j < i

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130 CAPITOLO 4. AZIONI

alle sottoparole di w formate da lettere consecutive (“segmenti” di w).Diciamo che una parola w e in forma normale se non e possibile ridurlaulteriormente e osserviamo che per ogni parola w esiste una catena diriduzioni

w ⇒ w1 ⇒ w2 ⇒ . . .⇒ wh

tali che wh e in forma normale. Infatti, o w e gia in forma normale,o appaiono due indici consecutivi cui si puo applicare una delle re-gole R1 o R2, oppure tre o piu indici consecutivi cui si puo applicarela R3. Se applichiamo R1 la parola w1 che otteniamo diminuisce dilunghezza, mentre se applichiamo una delle altre due regole, la parolache otteniamo precede w nell’ordine lessicografico (si veda 1.13.6). Echiaro che possiamo continuare ad applicare tale procedimento solo unnumero finito di volte, perche la lunghezza decresce e perche le pa-role della stessa lunghezza che precedono una parola data nell’ordinelessicografico sono un numero finito e dunque che in un numero finitodi passi troviamo una forma normale.La questione cruciale e ora la seguente. E chiaro che il procedimento

descritto per trovare una forma normale non e unico. Ad esempio possocominciare ad esaminare le coppie o le terne di indici consecutivi cuiapplicare le regole a partire dall’inizio della parola in esame, oppurea partire dal fondo. In generale si otterranno due catene diverse diriduzioni e a questo punto noi sappamo solo che entrambe devono con-durre ad una forma normale. Il punto e ora di mostrare che due qualsiasicatene di riduzioni che partono dalla stessa parola, conducono semprealla stessa forma normale o, in altre parole, che ogni parola puo essereridotta ad una unica forma normale. Questa proprieta e una proprietaassai forte sulle riduzioni, come mostra il seguente argomento. Sia

| |:W −→ Sn

la funzione che ad ogni parola w di generatori assegna il loro prodotto|w| in Sn. Poiche, come abbiamo gia osservato, in Sn le relazioni datesui generatori sono vere, si ha che se w ⇒ w0, allora |w| = |w0|. Questoe evidente per le riduzoni R1 e R2, mentre per la R3 si ragiona perinduzione sull’indice j nel modo seguente. L’enuciato vale se j = i− 1,perche e la terza delle relazioni nell’enunciato del teorema; supponiamodimostrata l’relazione sui generatori corrispondente alla regola R3 eproviamo la corrispondente relazione per j − 1:

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4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN 131

τiτi¡1 . . . τjτj¡1τi = τiτi¡1 . . . τjτiτj¡1 = τi¡1τiτi¡1 . . . τjτj¡1,

usando l’ipotesi di induzione e la seconda delle relazioni nell’enunciato.Dunque, se una parola avesse due forme normali, si potrebbe dimostrareesistono altre relazioni sui generatori che sono valide in Sn, ma che nonsono tra quelle elencate e si potrebbe cominciare a dubitare del fattoche le relazioni date siano sufficienti a ricostruire il prodotto in Sn.Per raggiungere il nostro scopo sara sufficiente contare le forme nor-

mali e mostrare che esse sono proprio tante quanti gli elementi di Sn,cioe n!. Infatti, poiche ogni parola ha una forma normale, se una parolaw avesse due forme normali, allora alla permutazione |w| corrispon-derebbero due forme normali, e dunque la cardinalita dell’insieme Fndelle forme normali non potrebbe essere quella di Sn. Inoltre, il fattoche dimostriamo che ogni parola ha un’unica forma normale solo us-ando le relazioni descritte nell’enunciato del teorema, garantisce chepossiamo ricostruire il prodotto in Sn solo conoscendo tali relazioni:date due permutazioni, consideriamo le forme normali associate ad unaloro decomposizione come prodotto dei generatori e consideriamo laforma normale della loro concatenazione; questa e la forma normale delprodotto, che evidentemente si ottiene solo usando le relazioni descrittenel teorema.Cominciamo con il semplificare la notazione identificando una una

parola w = τi1, τi2, . . . , τik semplicemente con la successione dei suoiindici i1, i2, . . . , ik , che altro non e che una funzione i: [k] −→ [n− 1].Cosı ad esempio per n = 5 la successione 2, 3, 1, 4, 2, 1, 3 denota laparola τ2, τ3, τ1, τ4, τ2, τ1, τ3 di lunghezza 7 (quale e una sua formanormale?). Per contare le forme normali, usiamo la tecnica standard dimetterle in corrispondenza biunivoca con un insieme di cui sappiamocontare la cardinalita. Dato un qualsiasi naturale non nullom, poniamo

[m] = 0, 1, 2, . . . ,m

e sia Fn l’insieme

Fn = ρ: [n− 1] −→ [n− 1] | ρ(i) ≤ i, per ogni i ∈ [n− 1] .

Vogliamo mostrare che e possibile porre l’insieme Fn in corrispondenzabiunivoca con l’insieme delle forme normali. Data ρ ∈ Fn, definiamo

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132 CAPITOLO 4. AZIONI

una parola w(ρ) nel modo seguente: dapprima definiamo per ogni i ∈[n− 1] una parola w(ρ(i)) come

w(ρ(i)) =

parola vuota se ρ(i) = 0parola definita dalla successionei, i− 1, . . . , i− ρ(i) + 1 se ρ(i) = 0 .

Definiamo quindi w(ρ) come la parola che si ottiene concatenando leparole w(ρ(1)), w(ρ(2)), . . . , w(ρ(n− 1)) in questo ordine. Ad esempio,se ρ: [4] −→ [4] e la funzione ρ(1) = 0, ρ(2) = 2, ρ(3) = 3, ρ(4) = 1,la parola w(ρ) e la parola associata alla successione 2, 1, 3, 2, 1, 4 . Siosservi che la funzione ρ soddisfa la clausola richiesta per cui ρ(i) ≤ i.Per raggiungere il nostro scopo dobbiamo mostrare tre fatti:

1. w(ρ) e in forma normale;

2. ogni parola in forma normale proviene da un’unica ρ ∈ Fn me-diante il procedimento descritto (e dunque la definizione di w(ρ)fornisce una corrispondenza biunivoca w:Fn −→ Fn tra l’insiemedelle forme normali e l’insieme Fn);

3. Fn ha cardinalita n! .

Cominciamo con il primo. Basta esaminare i segmenti di w(ρ) cheprovengono da successioni della forma

i− r − ρ(i− r), i, i− 1, . . . , i− ρ(i) + 1, i+ s ,

dove i− r e il piu grande indice minore di i tale che ρ(i− r) = 0 e i+ se il piu piccolo indice maggiore di i tale che ρ(i + s) = 0. Le possibiliriduzioni possono comparire solo nel segmento iniziale e in quello finale.Sia d = i− (i− r − ρ(i− r) + 1) = r + ρ(i− r)− 1 ≥ r − 1. Dunque,se r > 1, allora d > 0, mentre se r = 1, allora d = ρ(i− 1), che in ognicaso e non nullo, perche i− r e il piu grande intero minore di i per cuiρ(i− r) e non nullo. Dunque il precedente di i e sempre minore di i enon si applicano le regole. L’argomento riguardante il segmento finalee del tutto simmetrico. Dunque le parole definite dalle successioni deltipo w(ρ) sono in forma normale.

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4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN 133

Per quanto riguarda il secondo fatto, sia

i1, i2, . . . , ir, . . . , ik

la successione degli indici di una parola w in forma normale e cerchiamodi capire come deve essere fatta o, meglio, come deve essere fatto il suografico. Esaminando da questo punto di vista le regole, e traducendolein regole di trasformazione del grafico di una spezzata che congiungepunti del piano a cofficienti interi, si puo vedere che la successione degliindici i: [k] −→ [n − 1] di una parola in forma normale definisce unaspezzata congiungente punti a del piano a coordinate intere se e solo seha le seguenti proprieta:

1. la spezzata non ha tratti orizzontali;

2. i tratti discendenti sono paralleli alle bisettrice del primo e terzoquadrante;

3. la sottosuccessione dei valori assunti da i che maggiorano il valoreche li precede e strettamente crescente.

Si osservi che in particolare la clausola 3 implica che i due segmentiuscenti da un punto di minimo relativo formano un angolo inferiore adun angolo retto. Per meglio comprendere tale definizione, illustriamolacon un esempio:

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134 CAPITOLO 4. AZIONI

7

1 3 10 15 17

2

9

10

13

4

3

Certamente il grafico di una parola w(ρ) ha queste proprieta. Vice-versa, se il grafico di una parola i ha queste proprieta, allora la parola ein forma normale (basta esprimere le regole come regole di trasfor-mazione di grafici di spezzate). In tal caso, se 1 ≤ ih1 < ih2 <. . . < ihr ≤ (n − 1) e la sottosuccessione dei valori assunti da i chemaggiorano il precedente valore (convenendo che h1 = 1), definiamo

ρ: [n− 1] −→ [n− 1] come

ρ(j) =0 se j ∈ ih1 , ih2, . . . , ihtihu − ihu+1¡1 + 1 se j = ihu, u = 1, . . . , t .

Con un po’ di pazienza il lettore puo verificare che per tale funzione ρsi ha w(ρ) = i e che e l’unica possibile con tale proprieta.

Infine, il fatto che la cardinalita di Fn e n! si prova con l’usualetecnica di conteggio delle funzioni tra insiemi finiti, pur di tener contodella clausola ρ(i) ≤ i.

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4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN 135

Prima di procedere e opportuno qualche commento sulla dimostra-zione del teorema, in realta alquanto laboriosa. La ragione di averescelto questa dimostrazione (ne esistono di piu semplici) e quella dicogliere l’opportunita di illustrare su un esempio concreto e rilevantealcune importanti idee che stanno alla base della Matematica Com-putazionale. Il problema e il seguente: esistono dimostrazioni di enun-ciati del tipo di quello del teorema precedente, che in principio possanoessere automatizzate, cioe eseguite da una macchina? La risposta e af-fermativa e la dimostrazione precedente ne e un esempio. E chiaro che apartire dalle regole di riduzione (chiamate anche “regole di riscrittura”),il procedimento di trovare una forma normale puo essere descritto daun algoritmo (cioe da un programma eseguibile da una macchina), purdi operare una scelta arbitraria sull’ordine con cui applicare le regoledi riduzione alle parole. Primo problema: cosa mi assicura che perqualsiasi scelta l’algoritmo termini sempre? Ancora, cosa mi assicurache, ammesso che termini, il risultato non dipenda da queste sceltearbitrarie? Evidentemente queste sono proprieta dell’ordine indottosull’insieme delle parole dalle regole di riduzione. Un altro problemacruciale e il seguente. Il lettore avra notato che le regole di riduzionenon sono semplicemente le relazioni dell’enunciato in cui si e sostituital’uguaglianza con una freccia, ma comprendono anche altre conseguenzedi quelle relazioni, in cui l’uguaglianza e sostituita con una freccia. Laquestione e dunque se, a partire da un certo numero finito di relazioni,e meccanizzabile il processo per trovare un insieme finito di regole diriduzione per cui i due problemi precedenti abbiano risposta afferma-tiva. Ci limitiamo qui a queste prime considerazioni, perlatro basilari,rimandando ad un corso appropriato i lettori cui questa discussione ab-bia stimolato l’interesse per tali argomenti. Appare tuttavia doverosoalmeno citare i nomi degli algoritmi maggiormente noti per questi pro-blemi, che sono l’algoritmo di Knuth-Bendix, quello di Todd-Coxetere, nel caso lineare, quello delle basi di Grobner.

Un corollario immediato del teorema precedente e il seguente. Siaσ una permutazione qualsiasi e decomponiamola nel prodotto di sim-metrie τ . Sappiamo che tale decomposizione non e unica, ma sappiamoanche che ogni due decomposizioni di σ si ottengono l’una dall’altra me-diante applicazioni delle relazioni enunciate nel teorema, poiche hanno

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136 CAPITOLO 4. AZIONI

la stessa forma normale. Ora, osservando la forma delle relazioni, si puonotare facilmente che ogni loro applicazione lascia invariato il numerodelle occorrenze dei generatori τ o lo altera di due. Dunque, la paritadel numero delle occorrenze dei generatori in ogni decomposizione di σe sempre la stessa. Dunque la definizione

sgn(σ) =0 se σ puo essere decomposto in un numero pari di τ1 altrimenti

e ben posta ed e immediato vedere che definisce un omomorfismo digruppi

sgn: Sn −→ Z2,

il cui nucleo e il sottogruppo normale

An = ker(sgn)

formato dalle permutazioni “pari”, quelle cioe che possono essere de-composte nel prodotto di un numero pari di generatori. Il gruppoAn e detto gruppo “alterno” e ha ordine |An| = n!

2. Conviene met-

tre in evidenza che componendo l’omomorfismo sgn con l’isomorfismoZ2 −→ −1, 1 = Z¤ si ottiene un omomorfismo

: Sn −→ Z¤,

di uso frequente in molte parti della matematica.Per finire, si osservi che se assegnamo un elemento φ(τi) = gi ∈ G ad

ognuno degli n− 1 generatori di Sn, con la condizione che gli elementigi soddisfino in G le stesse relazioni cui soddisfano i generatori τi inSn, allora si puo estendere tale definizione ad un unico omomorfismodi gruppi φ: Sn −→ G. Tale osservazione permette spesso facilitare ladefinizione di omomorfismi di dominio Sn; ad esempio, la si puo usareper provare quanto asserito nell’esempio 3 di 4.1.

4.5 Esercizi

1. Si provi che i cicli di lunghezza k di Sn sono precisamente lerappresentazioni fedeli del gruppo Zk in Sn.

Page 138: Algebra - Matematica Discreta- ITA

4.6. I TEOREMI DI SYLOW 137

2. Si provi che due permutazioni sono disgiunte se e solo se

[Fix(σ)]c ⊆ Fix(τ)(si ricordi che Ac denota il complemento di un sottoinsieme A ⊆X).

3. Dimostrare che il coniugato ργρ¡1 di un ciclo γ lunghezza k me-diante una qualsiasi permutazione ρ e ancora un ciclo di lunghezzak.

4. Dimostrare che un ciclo e pari se e solo se il suo ordine e dispari.Dedurre un metodo per calcolare la parita di ogni permutazione.

5. Per ogni insieme ordinatoX esistono due sottoinsiemi canonici delmonoide End(X) delle endofunzioni di X: il sottogruppo Aut(X)degli automorfismi dell’insieme X e l’insieme X! delle endofun-zioni f di X con la proprieta f(x) ≤ x, per ogni x ∈ X. QuandoX e l’ordinale [n], i due sottoinsiemi hanno la stessa cardinalita n!e dunque sono isomorfi. Si utilizzi il teorema 4.4.2 per descrivereun esplicito isomorfismo (ricorsivo) Θ: [n]! −→ Aut([n]) = Sn,osservando dapprima che la definzione Ψ(f)(i)) = f(i + 1) − 1fornisce un isomorfismo Ψ: [n]! −→ Fn.

6. Si dimostri che per ogni permutazione σ di Sn diversa dall’identi-ta, n > 2, esiste uno scambio τ tale che στ = τσ. Dedurre cheper n > 2, il centro di Sn e costituito dalla sola identita.

7. Si dimostri che in S4 ci sono esattamente 9 elementi di ordine 2,8 di ordine 3 e 6 di ordine 4. Si deduca che S4 ha 4 sottogruppi diordine 3 e che i sottogruppi di ordine 6 sono tutti isomorfi a S3.

8. Si provi che il gruppo alterno A4 non ha sottogruppi di ordine 6.

4.6 I teoremi di Sylow

L’ultimo esercizio della precedente sezione mostra che il Teorema diLagrange non puo essere invertito: esiste un gruppo finito e un divisoredell’ordine del gruppo per cui non esistono sottogruppi aventi per ordine

Page 139: Algebra - Matematica Discreta- ITA

138 CAPITOLO 4. AZIONI

quel divisore. I teoremi di Sylow si preoccupano di trovare condizionisu un divisore k dell’ordine n di un gruppo finito G per le quali egarantita l’esistenza di un sottogruppo di quell’ordine. La risposta ealquanto sorprendente ed e legata in modo ancora un po’ misterioso alteorema fondamentale della aritmetica: basta che k sia della forma pα,essendo p uno dei primi in cui n si decompone n in modo unico comeprodotto di potenze di primi e α un naturale non superiore alla potenzacon cui p compare nella decomposizione di n. Esistono poi altri dueteoremi che danno ulteriori informazioni sul loro numero e sulle lororelazioni, quando α e la massima potenza di p per cui pα divide n.

Teorema 4.6.1 (Primo Teorema di Sylow) Se p e un primo e se pα

e un divisore dell’ordine n di un gruppo finito G, allora G ha un sot-togruppo di ordine pα.

Dimostrazione. Posto n = pαm, sia Pp®G l’insieme dei sottoinsiemidi G aventi pα elementi e consideriamo l’azione di G su Pp®G indottadal prodotto (si veda l’esempio 4.1.5). Sia r l’unico naturale tale chepr divide m, ma pr+1 non divide m e mostriamo che esiste un’orbita ditale azione la cui cardinalita non e multipla di pr+1. Infatti, osservandodapprima che pr e un divisore della cardinalita p®m

p®di Pp®G, ma

che pr+1 non lo e1, se pr+1 dividesse la cardinalita di ogni orbita, datoche le orbite sono una partizione di Pp®G, dividerebbe anche la suacardinalita, assurdo. Sia dunque S un sottoinsieme di G di cardinalitapα la cui orbita ha una cardinalita k che non e un multiplo di pr+1 e sia

H = st(S)

il sottogruppo di G dato dal suo stabilizzatore. Mostreremo che lacardinalita |H| di H e pα. Sappiamo che la cardinalita di un’orbita e

1Infatti

p®m

p®=p®m(p®m− 1) : : : (p®m− (p® − 1))

p®(p® − 1)! = m

p®¡1

i=1

(p®m− i)p® − i

e se pt ≤ p®, allora pt divide p® − i se e solo se divide p®m − (p® − i); dunque inp®mp® tutte le potenze pt con t ≤ ® scompaiono, tranne quelle che dividono m.

Page 140: Algebra - Matematica Discreta- ITA

4.6. I TEOREMI DI SYLOW 139

l’indice dello stabilizzatore di un qualsiasi suo elemento (si veda 4.3),dunque

k =pαm

|H| ,

cioe k|H| = pαm. Poiche pr+1 non divide k e pα+r divide pαm = k|H|,si ha che pα divide |H| e quindi anche pα ≤ |H|. Infatti, poiche pα+rdivide k|H|, per la unicita della decomposizione in prodotto di potenzedi primi di k|H|, si ha che una potenza pt, con α+ r ≤ t, divide k|H|.Sia t = u+v, tali che pudivide k e pv divide |H|; poiche pr+1 non dividek, deve essere u ≤ r, dunque α + u ≤ α + r ≤ u + v, dunque α ≤ v;percio pα divide pv, che divide |H|. D’altra parte, fissato s ∈ S, per ognielemento g ∈ H il prodotto sg e ancora un elemento di S, per come edefinito H; dunque tale moltiplicazione definisce una funzione H −→ Sche e iniettiva (basta usare l’inverso s¡1) e quindi |H| ≤ |S| = pα;percio

|H| = pα .Se pα e la massima potenza di un primo p che divida l’ordine di

un gruppo finito G, un sottogruppo di ordine pα di G di cui abbiamoappena mostrato l’esistenza si dice “p-gruppo (di Sylow). E chiaro cheil coniugato di ogni p-gruppo di Sylow di G e ancora tale. Il secondoteorema di Sylow inverte tale affermazione. Per la dimostrazione dob-biamo premettere alcune considerazioni:

1. Dati due gruppi G e H, chiameremo “(G-H)-insieme” una azione(G×Hop)×X −→ X del gruppo G×Hop su un insiemeX. L’esem-pio piu semplice si ottiene prendendo G = H = X e definendol’azione mediante a, b x = axb. Il lettore e invitato a verificaregli assiomi. E chiaro che se A e B sono sottogruppi di G, taleazione si restringe ad un (A-B)-insieme. Come per ogni azione, leorbite costituiscono una partizione, che nell’esempio ora descrittodi G come (A-B)-insieme si chiamano “laterali doppi” e vengonodenotati con AxB.

2. Se A e B sono sottoinsiemi di un gruppo G, definiamo il prodottoAB come il sottoinsieme di G

AB = ab | a ∈ A e b ∈ B .

Page 141: Algebra - Matematica Discreta- ITA

140 CAPITOLO 4. AZIONI

Anche se A e B sono sottogruppi, non e detto che AB lo sia: loe se e solo se AB = BA e in tal caso e il piu piccolo sottogruppoche li contiene entrambi, che denoteremo con A∨B. La semplicedimostrazione e lasciata per esercizio al lettore. Inoltre, se A e Bsono sottogruppi di un gruppo finito G, si ha la seguente formulasulla cardinalita del prodotto AB:

|AB| = |A||B||A ∩B| .

Basta infatti mostrare che ogni elemento ab di AB ha |A ∩ B|scritture distinte. Se t ∈ A ∩ B, allora ab = (at)(t¡1b), conat ∈ A e t¡1b ∈ B; se ab = uv, allora u¡1a = vb¡1 = t ∈ A ∩B.

Teorema 4.6.2 (Secondo Teorema di Sylow) Due p-gruppi di Sylow diun gruppo finito G, relativi allo stesso primo p, sono coniugati.

Dimostrazione. Osserviamo che se A e B sono sottogruppi di G,allora la moltiplicazione con x¡1 definisce una corrispondenza biunivocaAxB −→ AxBx¡1; poiche xBx¡1 e un sottogruppo di G isomorfo a B,per la precedente osservazione 2 si ha:

|AxB| = |AxBx¡1| = |A||xBx¡1||A ∩ xBx¡1| =

|A||B||A ∩ xBx¡1| .

Siano ora A e B due p-gruppi di Sylow di G. Procediamo per assurdo.Se per ogni x ∈ G si avesse A = xBx¡1, allora per ogni x si avrebbe|A ∩ xBx¡1| = pm con m < n, dove n e il massimo naturale per cui pn

divide l’ordine di G. Dunque

|AxB| = p2n

pm= p2n¡m

e 2n−m ≥ n+1, poiche 2n = n+n ≥ m+n+1. Di qui la contraddizione:se per ogni x ∈ G, pn+1 dividesse |AxB|, allora pn+1 dividerebbe |G|,perche i laterali doppi AxB sono una partizione di G. Dunque esistex ∈ G tale che A = xBx¡1.

Page 142: Algebra - Matematica Discreta- ITA

4.6. I TEOREMI DI SYLOW 141

Per quanto riguarda il terzo Teorema di Sylow, ricordiamo dapprimache per l’azione di coniugio sui sottogruppi G× Sub(G) −→ Sub(G) lostabilizzatore st(H) di un sottogruppo H di G

st(H) = g ∈ G | gHg¡1 = He un sottogruppo di G che contiene H, detto “normalizzante” di H edenotato con N(H). Sappiamo che l’indice di N(H) in G e il numerodei coniugati distinti, che e il numero degli elementi dell’orbita di Hnella azione di coniugio sui sottogruppi.

Teorema 4.6.3 (Terzo Teorema di Sylow) Sia P un p-sottogruppo di

Sylow di un gruppo finito G. Il numero jGjjN(P)j dei coniugati distinti di

P, dunque il numero dei p-sottogruppi di Sylow di G, e della forma

|G||N(P)| = 1 + kp .

Dimostrazione. Si ha

|PxP | = |P |2|P ∩ xPx¡1| .

Dunque, se x ∈ N(P), cioe se P ∩ xPx¡1 = P , allora pn+1 non divide|PxP |, per n tale che |P | = pn, poiche |PxPx¡1| = pm con m < ne quindi |PxP | = p2n¡m ≥ pn+1. Se invece x ∈ N(P), cioe P =xPx¡1, allora Px = xP e PxP = P 2x = Px e dunque |PxP | = pn.Riassumendo, x ∈ N(P) se e solo se |PxP | = pn. Consideriamo oral’equazione delle classi

|G| =x2N(P)

|PxP |+x62N(P)

|PxP |

dove la somma e estesa ad una scelta arbitraria di elementi x ∈ G, unoed uno solo per ogni laterale doppio. Se x ∈ N(P), allora PxP = Pxe dunque la prima somma e |N(P)|, perche la somma e estesa ad unascelta di x, uno per ogni laterale di P in N(P). Ogni termine dellaseconda somma e divisibile per pn+1, dunque pn+1 la divide e percioesiste un numero razionale u tale che

x62N(P)|PxP | = upn+1 .

Page 143: Algebra - Matematica Discreta- ITA

142 CAPITOLO 4. AZIONI

Percio|G| = |N(P)|+ upn+1

e dunque|G|

|N(P)| = 1 + upn+1

|N(P)| .

Ma |N(P)| divide |G|, poiche N(P) e un sottogruppo di G. Dunqueu pn+1

jN(P)j deve essere intero. Inoltre pn+1 non divide |N(P)|, perche se lo

dividesse, allora dividerebbe |G|, dato che |N(P)| divide |G|. Dunqueu pn+1

jN(P)j deve essre divisibile per p, cioe della forma kp, con k intero.

Page 144: Algebra - Matematica Discreta- ITA

Appendice A

L’alfabeto greco

L’alfabeto greco e una fonte consolidata di simboli estremamente utilinel linguaggio matematico. Anche alcune lettere di altri alfabeti hannoun uso ormai definitivamente consolidato, come ad esempio ℵ (alef)dall’alfabeto ebraico o e da quello gotico. Nel seguito diamo unelenco delle sue lettere e dei loro nomi.

alfabeto grecoα A alfa η H eta ν N ni τ T tauβ B beta ϑ Θ theta ξ Ξ xi υ Υ ypsilonγ Γ gamma ι I iota o O omicron ϕ Φ fiδ ∆ delta κ K kappa π Π pi χ X chiε E epsilon λ Λ lambda ρ P rho ψ Ψ psiζ Z zeta µ M mi σ Σ sigma ω Ω omega

143

Page 145: Algebra - Matematica Discreta- ITA

RACCOLTA DI ESERCIZI PER IL CORSO DI ALGEBRA

ANDREA PREVITALI

ABSTRACT. Vienedi seguito riportata unaseriedi esercizi conrisoluzioneper il corsodiAlgebradel primo anno.

1. FUNZIONI

Indichiamo con

l’insieme delle funzioni da

in , con l’insieme i cui elementivengono detti endofunzioni. Con e intendiamo lemappe iniettivee suriettiveda

a .

Esercizio 1.1. Date !#" e $% & , dimostrare che $')(*+ " implica iniettivae $ suriettiva. Viceversadataunamappa suriettiva $ , esisteunamappa iniettiva," tale che $'-(./ " e analogamentedataunamappainiettiva 00" , esisteunamappa suriettiva $ 1 taleche $'( / " .

Svolgimento: Sia 2435 (6738+ , applicando $ si ottiene39(:$'73; (:$'243'8/ (:358 e ee iniettiva. Inoltre dato 3, , 3-(!$<=2435 > e $ e suriettiva. Siaora ?0" iniettiva e sidefinisca$ comesegue:

$<4@A ( B 3 se @C()73; D altrimenti

dove D e un qualsiasielementodi

. Si noti che $ e unafunzionepoiche dato @#E2 esisteun unico 3 tale che @-(F73; . E immediatoprovareche $'G(F+ " . Sia ora data$H suriettivae si indichi con $I7JK3; l’insiemedellecontroimmaginidi 3 , ossiaLM@N:O>$<4@P C(Q3R . Peripotesi $ IJ 3; S(UT . Inoltre se 3VS(U38 , allora $ I7J 43; XWH$ IJ 358Y Z(QT .Si scelgada ognuno di questi insiemi disgiunti uno ed un solo elemento. In tal modosi costruisceunafunzione , ove 73; e l’unico elementosceltodi $ I7J 3; . Ovviamente$'(6/ " . Restadadimostrarechele duefunzioni costruitesonorispettivamentesuriettivae iniettivamacio seguedall’identita $'(6+ " . q.e.d.

Esercizio 1.2. Provareche $ e iniettivasseper ogni coppia di funzioni [ >\ ?] ,$^[?(_$ \ implica [,( \ (si diceche $ e cancellabile a sinistra). Analogamente` 9 esuriettivasseper ogni coppia di funzioni [ a\ Vb9" , [`( \ implica [0( \ (si diceche e cancellabilea destra).

Svolgimento: Siano [ >\ .c] tali che $^[.(d$ \ . Allora $^[e D c(f$ \ D , per ogniD %b . Se $ e iniettiva, allora [< D c( \ D e [_( \ per il principio di estensionalita.Viceversasia $ non iniettiva, allora esistono@GS(g@K8&_ tali che $<4@P 9(g$<4@P8+ . Siano[ a\ h definiteda

\ &(iLM@MR e [< Z(jLM@A8R , cioe [ e\

sonomappe costantisu .Peripotesi $^[(%$ \ , ma [kS( \ . Siaora , l suriettiva e sia [c( \ , per [ a\ b" .Siccome7 1( , nesegueche [<3; l( \ 3; perogni 3E , cioe [k( \ . Viceversa

Date: Mercoledı, 2 Ottobre 2001.Key wordsandphrases.Esercizidi Algebra.Supportatodai fondi di incentivazioneperla Didattica.

Page 146: Algebra - Matematica Discreta- ITA

2 Esercizidi Algebra

supponiamoche nonsiasuriettiva, allora m 24 S(%T . Si ponga ['74@P n( \ 74@A n(_o ,

per ogni @)p e [<3; h(rq , \ 3; h(ts per ogni 3guj24 . Allora [dS( \ , mentre['( \ . q.e.d.

Esercizio 1.3. Dato un insiemefinito , dimostrare che $!_= e iniettiva sseeinvertibile. Mostrareinoltrechela suainversaedellaforma $v perqualcheintero positivow.

Svolgimento: E chiarochel’invertibilita implical’inietti vita. Bastaquindi mostrarecheun’endofunzione iniettivasuun insiemefinito e suriettiva. Forniamo dueprove:

(1) Sia $ iniettiva,allora O $< AOK( . Ma $<= nxy , allora $<= z( ;(2) sia H? esi consideril’insieme |(_LM$X>=2 O~n?R . Poiche e finito, devono

esistere a dueinteri distinti tali che $X7=^ ( $2=^ . Supponiamoche .Siccome$ e iniettiva si puo cancellarea sinistrae quindi $ I =^ 9(p da cui@(p$2 I I7J =2 soddisfa $<4@P l(j3 . Siccome eraarbitrario, nesegueche $ esuriettiva.

Quindi esisteun interopositivo e(%a=2 taleche $e^ C(_ . Sia

il minimo comunemultiplo di tutti questiinteri al variaredi in , allora

$ =^ (:$ I = $ Y/ ^ (.$ I Y =2 Ripetendoquestopassootteniamoche $z=2 ( , quindi bastaprendere

w ( E q . q.e.d.

Esercizio 1.4. Mostrare con un controesempio che esistonoendofunzionisu insiemi in-finiti chesonosuriettivemanoniniettivee viceversa. Si mostri cheesistonofunzioni cheammettono inversaa destra manona sinistra.

Svolgimento: Sia $yG74 definitada $y'V-.q , allora $ e iniettiva manonsuriettiva. Sia cz definitada:

7= ( B q se .qo altrimenti

allora esuriettivamanoneiniettiva.Sinoti che$`( / , mentre $'S( / , infatti $'24o z(q . Quindi $ ammetteinversasinistramanondestra,altrimentisarebbeinvertibile . q.e.d.

Esercizio 1.5. Determinareunafunzioneinvertibile $,) la cui inversanonsi esprimecomeiteratadi $ (ossia$ IJ S(:$2 , perogni intero ).

Svolgimento: Mostriamodueesempi:

(1) $H,Z definitada $<^ (6&Eq . Allora $ I7J 3; (:3 q , mentre$73; (:3nH ,perogni h? ;

(2) sia $: |5 , ove |h( o qP &x¢¡ e l’intervallo unitariodei numeri reali, definitada $<=^ &(%^£ . Allora $ =2 &(!^£>¤ mentre$ I7J =2 N(¦¥ . Sefosse$ (¦$ I7J ,allora £>¤§©¨ (ª . Ma le unichesoluzioni della precedenteequazione sono o eq . q.e.d.

Esercizio 1.6. Se $V9" e ,hb sonoentrambesuriettive(iniettive),allora lo stessovaleper $ . Se;$ e suriettiva(iniettiva)cosapossiamoconcludere su $ ?

Svolgimento: Siano $ suriettive, allora 2«$< a 0(¬24 0(tb e ;$ e suriettiva.Siano $ iniettive, allora sonocancellabili a sinistraper cui da ;$<435 9(ª$<3 8 segue

Page 147: Algebra - Matematica Discreta- ITA

AP 3

$<435 (*$<358/ e 3G(­358 , per cui $ e iniettiva. Se ;$ e iniettiva, allora $ e deve essereiniettiva. Altrimenti esisterebbero3kS(¦3^8 tali che $<435 &(¦$<4358+ , dacui $<3; N(Q$<38 ,contro l’inietti vita di $ . Sia

(ibj(pL©qKR , ª(pL©q s;R , $<q &(pq e 2aq N(%2«s N(­q .Allora $ e iniettiva mentre no. Analogamente$ suriettiva implica che debbaesseresuriettiva, mentre$ potrebbe nonesserlo.Ad esempiosiano

(%cLq s ¯® R , bi(jLqR esi definisca$<qM l(­$<«s l(*q , $< ® l(ps , 2aq l(j74s l(*q , allora ;$ e suriettiva ma $no. q.e.d.

Esercizio 1.7. Siano $!.#" , _b e °. ] tali che °;$ (F+ " , $7°G(F+ e$7°c(+ ] . Simostriche $ ° sonobiezionie determinarne le inverse.

Svolgimento: Visto il ruolo simmetricobastamostrarel’assertoper $ . Ora °$`( / " ,$7°(+ implicanochel’inversadi $ e ° . q.e.d.

Esercizio 1.8. Ricordiamoche e un’inversadestra per $ se $'c(:+ . Mostrare cheseO ±N²c$zO2_s , allora $ e unabiezione sseammetteunasola inversaa destra sseammetteunasolainversasinistra.

Svolgimento: Se $!!9" e unabiezione, sia unasuainversae 8 unasuainversadestra,allora -(674$'8/ (i=;$7 582(6;8 , dacui ho unicita. Viceversasia $'#(.+ . Se $none biettiva, allora $ none iniettiva, ossiaesistono3yS(¦38G³ tali che $<435 ´(i$<3;8/ .Si osservichese 3 3;8 appartenesseroa 74µ , allora 3?(_74@P e 3^8(_74@8/ , neseguirebbe@C(.$'2«@P (.$<3; (.$<358/ (.$'74@P8 (.@8 e 3#(:$<«@P (.$<4@P8/ (.358 , quindi 38nu?24 . Sidefinisca87 N comesegue:

8 =2 ( B 7=^ se ES(:@358 se `(:@ Si noti che la definizione di ^8 e consistente.Inoltre $'y(g$'^8Z(*+ " e 74@P HS(ª;844@P .Sia infine ;$V(U/ " , ma $ nonsiasuriettiva,alloraesiste@E%¶N$< e si definisca 8taleche ;844@P S(!2«@P e ;84^ N(!2^ per S(¦@ . In particolare 28/$h(!$(Q+ " essendoL·@RM¸n¹6$< . q.e.d.

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