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6.
Presadiretta: il reportage emotivo
6.1 Il programma
Presadiretta è un programma in onda su RAITRE realizzato e condotto da Riccardo
Iacona, di Francesca Barzini e Domenico Iannacone. Il produttore esecutivo è Miriam
Poddi, le musiche originali sono curate da Daniel Bacalov e la regia è di Andrea
Bevilacqua. La prima edizione andò in onda con una serie di otto puntate, in cui si
alternavano i reportage degli autori a inchieste di giovani video maker: le prime cinque
serate sono andate in onda dal 1 febbraio al 1 marzo 2009, ogni domenica alle 21.30 su
RAITRE, le altre tre nel mese di giugno, con cui si è chiuso il ciclo.
Oltre agli autori collaborano vari inviati: Sabrina Carreras, Vincenzo Guerrizio, Danilo
Procaccianti, Vincenzo Saccone, Elena Stramentinoli e Cinzia Torriglia.
www.presadiretta.rai.it
6.1.1 Riccardo Iacona
Riccardo Iacona è nato a Roma il 27 aprile del 1957. Si è laureato al DAMS di Bologna,
dal 1980 al 1987 ha iniziato a lavorare nell’ambiente cine-televisivo come aiuto regista
per il cinema e la televisione. Dal 1987 lavora in qualità di giornalista per RAITRE,
inizialmente in Scenario di Andrea Barbato, poi in Duello ed infine in Samarcanda, Il
Rosso e il nero e Temporeale di Michele Santoro. Nel 1996 lascia la RAI e assieme a
Michele Santoro realizza i programmi Moby Dick e Moby's su Italia Uno.
Successivamente ritorna in RAI ancora insieme a Michele Santoro con cui continua la
collaborazione lavorando in Circus e Sciuscià. Riccardo Iacona, ha realizzato in prima
persona su RAITRE numerose trasmissioni d’inchieste su vari aspetti della vita
quotidiana in Italia, quali W gli sposi, W il mercato, W la ricerca e la serie di inchieste
1
W L’Italia nel 2006. Da giugno a settembre 2007 è stato impegnato in undici puntate di
W L’ITALIAdiretta, il primo settimanale di approfondimento giornalistico in onda
d’estate, in diretta da varie località d’Italia (per la prima volta la RAI e RAITRE in
particolare hanno deciso di investire nell’informazione anche in un periodo dove in
genere le TV generaliste si “spengono” dando fondo al magazzino e ai film in replica.
Per RAITRE significherà la realizzazione di un “sogno”: trasmettere informazione tutto
l’anno per una Rete che ha fatto dell’apertura verso la realtà il suo tratto identitario più
forte).
Il 19 e il 26 settembre 2008, sono andate in onda su RAITRE in prima serata, i suoi due
reportage internazionali, dal titolo “La Guerra Infinita” su Kosovo e Afghanistan.
Riccardo Iacona, ha condotto inchieste approfondite e reportage dal grande impatto,
spaziando dalla sanità al mercato immobiliare, alla ricerca scientifica. Nel 2009
Riccardo Iacona conduce un nuovo programma, Presadiretta. 1
L’informazione è da sempre la sua più grande passione e l’obiettivo dei suoi programmi
consiste nell’offrire agli spettatori uno sguardo diretto e approfondito dell’attualità.
Come dice lui stesso, “il rapporto con il reale è importante, in Italia, succede sempre più
spesso che a mediarlo sia la politica e che l’informazione finisca per seguire l’onda
emotiva.” 2 Per esempio “se c’è uno stupro, si parla di rom e invece sarebbe molto più
utile tenere le telecamere accese su certe situazioni prima e non solo dopo i fatti”. 3
La sua forte critica al sistema informativo è chiara: la televisione odierna è una
televisione dedita al presente, senza tempo, che tratta un argomento secondo i flussi
quotidiani delle notizie, offrendo un’immagine di una società schizofrenica. Questo tipo
d’informazione televisiva, ha espulso la dimensione temporale del racconto, se
raccontasse le storie, prima e dopo il loro culmine, ci sarebbe più memoria e maggior
consapevolezza.
Secondo Iacona, il cronista deve essere curioso e inoltre molto umile, perché l’umiltà
permette di ricordare che il mestiere del giornalista, è prima di tutto un servizio per il
cittadino e quindi indispensabile per la sua memoria e vivibilità in una società civile.
1 Cfr. Archivio web RAI http://www.archivio.raiuno.rai.it/schede/9026/902628.htm, http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2183&biografia=Riccardo+Iacona
2 http://aforismi.meglio.it
3 Cfr.intervista a Riccardo Iacona, all’indirizzo url: http://vodpod.com/watch/1647706-lucio-majelli-intervista-riccardo-iacona
2
Iacona trascura il fatto eclatante e contingente e invece ricerca nel fatto quella valenza
che possa arricchire l’opinione dello spettatore.
6.1.2 I temi delle inchieste
In Presadiretta si affrontano temi diversi: questi sono incentrati su realtà marginali e
poco conosciute che vanno dal sociale alla cronaca, dai mestieri ad attività meno note.
Ad ogni puntata viene affrontato un tema: per esempio nella puntata Taglisicuri (in onda
il 20 settembre 2009) la trasmissione ha documentato la drammatica situazione di
insicurezza in cui versano i grandi quartieri popolari di Roma. È andata a vedere da
vicino come vivono e lavorano i poliziotti di Roma in quei quartieri e le conseguenze
concrete che la mancanza di adeguati finanziamenti ha sulla capacità delle forze
dell’ordine di controllare e prevenire la piccola e la grande criminalità. Per la prima
volta parleranno in televisione decine di poliziotti.
Nella puntata Oro buttato (in onda il 27 settembre 2009), Domenico Iannacone va a
vedere come il patrimonio culturale d’Italia viene conservato e promosso dallo Stato.
Iannacone gira in lungo e in largo la penisola, tra siti sia noti che dimenticati e fa delle
scoperte sconcertanti: non ci sono soldi per interventi essenziali, per esempio a Caserta
non ci sono fondi per tagliare l’erba del parco più bello d’Italia. Nella stessa puntata,
Vincenzo Guerrizio va a vedere come in Francia trattano il loro patrimonio culturale. Ad
esempio a Montpellier, piccola città di provincia, si valorizzano i propri piccoli tesori,
generando così turismo e posti di lavoro. In Italia invece si sprecano anche le risorse
umane: archeologi, storici dell’arte e restauratori. Persone che hanno studiato con
passione per anni e si ritrovano quasi sempre sottoutilizzati, con pochi soldi e lavori
precari.
Un duro racconto di un’Italia che sta perdendo progressivamente quel che ha di più
prezioso. Un’altra puntata è Caccia agli zingari (In onda 22 febbraio 2009), in cui
Presadiretta mostra con diverse angolazioni l’universo del popolo Rom. Cinzia
Torriglia riprende lo sgombero di un campo nomadi a Roma. Riccardo Iacona torna su
una vicenda che ha suscitato clamore e polemiche a Mestre. Poi, Vincenzo Guerrizio in
Spagna racconta una convivenza possibile e documenta le politiche di integrazione
attuate dal governo Zapatero (Spagna) per i Rom. Infine Silvia Pizzetti raccoglie le
testimonianze di tre ragazze Rom, le quali raccontano la dura vita a cui sono state
sottoposte fin da piccole, nel campo nomade.
3
Nelle inchieste di Presadiretta, Iacona e i suoi collaboratori si battono per dare alla
gente, la “piccola” gente ordinaria, il senso della loro dignità e del loro considerevole
peso nella vita sociale. Con le videocamere, pedinano i protagonisti dei loro servizi
nella loro vita famigliare, nell’ambiente di lavoro e questi si mostrano per quello che
sono, con i loro dubbi e debolezze, speranze e slanci emotivi. I giornalisti riportano la
vita della gente, lasciando che il giudizio emerga implicito dal materiale scelto e ciò fa
trasparire un forte coinvolgimento emozionale, che non trasmette ansia ma compassione
altruistica e speranza, senza negare una lacrima finale. Le inchieste di Presadiretta
facendo vedere l'Italia dal punto di vista sociale fanno storia, in futuro ci daranno le basi
per capire i perché della nostra situazione attuale.
6.1.3 Modalità operative: le tecniche della presa diretta
Il titolo della trasmissione, Presadiretta, si riferisce ad una precisa tecnica televisiva,
che consiste nel registrare immagini e interviste senza modificarle in studio, proprio
come fossero in diretta. La registrazione del sonoro è effettuata sullo stesso supporto
video e le immagini sono spesso mosse e movimentate, così come i cameraman le
girano.
Per registrare l'audio in presa diretta, si utilizzano speciali microfoni montati su lunghe
aste (i Boom). Spesso ad integrare l'audio, ricevuto dal Boom, si utilizzano anche
piccoli microfoni posizionati sul corpo degli attori, che trasmettono con l'ausilio di
piccoli radiotrasmettitori, il segnale audio al registratore. Nelle situazioni più
complesse, in cui ci sono più di due radio-microfoni attivi contemporaneamente sulla
scena, le tracce audio provenienti dai singoli microfoni presenti sul set, vengono
generalmente incise su registratori multi-traccia, sincronizzati alla/alle videocamere
tramite time-code o almeno tramite il classico ciak, in modo tale da poter operare con
più calma in fase di postproduzione per la scelta delle singole tracce utili. In questo
modo - cioè elaborare le singole tracce prima del montaggio, invece che miscelarle
subito in stereo durante la ripresa, consente di ottimizzare la resa sonora di ciascuna
traccia utile ed escludere eventuali tracce inutili o di disturbo, ottenendo una pulizia del
segnale audio veramente utile alla migliore comprensione del parlato. In alternativa, le
varie sorgenti sonore sono pre-mixate dal tecnico del suono o fonico di presa diretta e
direttamente trasferite sulle telecamere, che dispongono generalmente di due o più
canali audio. Quest'ultimo passaggio riguarda tutte quelle situazioni dove la
postproduzione è ridotta al minimo, quali le riprese di attualità. Il ridotto margine di
4
tempo tra ripresa e messa in onda fa sì che si tenda ad avere già le riprese video
corredate dall'audio definitivo. La tecnica della presa diretta è usata raramente per le
difficoltà che implica, ma quando è praticata conferisce alle riprese un effetto di forte
realismo. Per ottenere un migliore risultato in presa diretta ci vuole una troupe ENG,
composta solitamente da operatore di ripresa, fonico e inviato. 4
L’obiettivo delle inchieste di Presadiretta è quello di restituire ai fatti che si raccontano,
la loro dimensione reale e quindi il tempo e lo spazio in cui si sviluppano (in quanto la
realtà esiste se sono presenti queste due variabili). La scelta della presa diretta permette
alla troupe di affrontare istantaneamente la notizia e raccontare i fatti lì dove accadono,
senza filtri e senza mediazioni: l’operatore segue, assieme al fonico, tutte le movenze
dell’autore dell’inchiesta, verificando di prima mano i dati esaminati e diventando così,
i secondi occhi del giornalista. Inoltre gli strumenti di lavoro diventano a volte co-
autori: macchina da presa e registratori audio portatili, 5 sono ripresi come se fossero
anche loro protagonisti dell’inchiesta. Così facendo, si fa vedere la costruzione in itinere
dell’inchiesta stessa, trasmettendo allo spettatore una forte impressione di autenticità e
istantaneità della rappresentazione dei fatti.
6.1.4 Il conduttore e la dimensione spazio-temporale del racconto
Nelle inchieste di Presadiretta tutto entra nel racconto: i viaggi, l’attraversamento degli
ambienti, la ricerca dei protagonisti; la camera da presa cerca, si muove e si sposta dove
va il giornalista.
Nei servizi si usano più videocamere, in genere due. L’utilizzo di una sola macchina da
presa è insufficiente e limitante, poiché ricoprire un solo punto di vista è insufficiente
4 ENG: electronic news gathering
5 Registratore che può ricevere segnale audio da uno o più microfoni. Nell’utilizzo di questo strumento, il fonico può scegliere la frequenza di campionamento (nel video è di 48.000 Hz) e durante la registrazio-ne può modificare il guadagno delle fonti sonore, per ottenere il livello e la qualità desiderati (monitoran-do con delle buone cuffie).
5
nel rappresentare gli avvenimenti nella loro dimensione reale. Se si vuole dare
pregnanza alle vicende, bisogna riprenderle con almeno due punti di vista: una camera
allora seguirà il giornalista e gli intervistati, invece l’altra, che è più libera, cercherà di
cogliere l’ambiente e la situazione nel suo complesso, cambiando le angolature,
cogliendo le reazioni e i gesti del giornalista e di chi gli sta di fronte.
Questo permette in sede di montaggio di creare delle sequenze narrative: che sia
un'intervista o no, il montatore potrà fare uso di campi e controcampi, 6 dettagli, primi
piani, campi lunghi e panoramiche per l'ambientazione, proprio per rappresentare gli
spazi e i tempi in cui si svolgono le vicende affrontate. L’intenzione è quella di
documentare la realtà con il risultato di trasmettere un effetto-verità, che altro non è che
il rispetto della dimensione spazio temporale, che nelle sequenze scelte da mandare in
onda è sempre rispettata. Come dice lo stesso Iacona: “Ho deciso che mi sarei dato del
TEMPO (...), tempo per incontrare le persone, per capire, tempo per studiare, tempo per
girare e tempo per montare. E soprattutto TEMPO DENTRO IL RACCONTO”. 7
Le sequenze delle inchieste, per documentare le vicende richiedono tempo e Iacona se
lo prende. Ad esempio, se c'è la scena dei lavoratori del Sud che per andare a lavorare
devono salire sul treno delle quattro di mattina per arrivare nel Nord est, la troupe di
Presadiretta riprende tutta la scena: le persone corrono verso il treno, non del tutto
fermo, a prendersi il posto per dormire; i genitori o gli amici li aiutano a salire e in
ultimo il saluto delle fidanzate e delle famiglie. Tutto questo probabilmente montato
senza commento fuori campo, ma con solo i suoni della scena stessa, proprio per far
vibrare l’intensità propria di quel momento.
Le inchieste non affrontano direttamente un caso nazionale, ma lo affrontano
riprendendo micro e macro realtà che lo connotano. Lo stesso Iacona dice: “Lavoro
sempre su temi che hanno una densità politica nazionale, magari visti da un posto
piccolo piccolo, ma che tendenzialmente riguardano il paese interno, come l’economia o
l’immigrazione”. 8
6 Campo e controcampo: Stacco da preparare in ripresa per poterlo gestire al meglio in montaggio, tra due soggetti o attori, in modo da restituire la giusta dimensione spaziale tra loro nel contesto di un dialogo o rapporto di sguardi.
Quando si fa uso di questa tecnica bisogna fare attenzione agli scavalcamenti di campo.A volte l’inquadratura di controcampo (ad esempio le domande o la reazione dell’intervistatore)
può essere registrata successivamente per risparmiare tempo.
7 Riccardo Iacona, Racconti d'Italia, Einaudi, Torino 2007, Pag.56.8 http://aforismi.meglio.it
6
Per indagare la realtà, Presadiretta si basa su un approccio documentarista e non
investigativo, gli autori non indagano attraverso i documenti ma preferibilmente
attraverso le testimonianze delle persone che vivono determinate situazioni, solo
successivamente vanno ad analizzare il dato documentale (per conferire obiettività e
attendibilità all’inchiesta). L’effetto-verità è dato anche dall’importanza che viene dalle
persone comuni. Questa non è una scelta casuale, perché sono le persone che
determinano la storia e per questo raccontano molto di più rispetto ad un documento
scritto o ad una lunga intervista all’esperto di turno.
Ogni personaggio ha una sua storia e questa viene raccontata, i figli, i bisogni, il
mestiere. Tutto è degno di essere raccontato, proprio perché esiste.
Lo stesso Iacona dice che la sua prima fonte di informazione sono le persone, l’unica
cosa che gli interessa e su cui basa il suo lavoro. 9 I volti dicono tutto ciò che serve per
capire cosa sta succedendo.
Scendere nelle situazioni vissute dalle persone, permette allo spettatore di condividere le
stesse emozioni e gli permette di vedere le cose attraverso gli occhi dei protagonisti.
Egli s’immedesima in loro, ed è portato a vivere le stesse emozioni, che sono autentiche
e forti proprio perché derivano da persone come lui. In sostanza, Presadiretta informa
attraverso un forte coinvolgimento emotivo, tanto che le inchieste potrebbero essere
definite “inchieste emotive”.
L’autore delle inchieste è sempre presente e non rimane quasi mai fuori campo. La
presenza dell’autore è palese: egli si propone come il narratore in campo che va alla
ricerca delle situazioni e delle storie delle persone. Così facendo, la sua presenza
diventa fondamentale: egli guida lo spettatore e riflette sugli avvenimenti narrati
insieme a lui (tanto che usa il termine “Noi”).
Proprio per questa sua funzione di collante fra lo spettatore e i personaggi dell'inchiesta,
anche se è sempre presente tuttavia, egli non predomina mai.
All'inizio lo spettatore non entra subito nei pensieri dell'autore/narratore, ma si limita ad
ascoltarne la parole e a vederne le azioni. Infatti, per introdurre le situazioni spesso
l'autore dell'inchiesta addotta un punto di vista esterno: egli osserva la vicenda da fuori,
e la introduce con un commento fuori campo. Una volta precisata la situazione, l’autore
acquisisce invece, un punto di vista interno e le informazioni date allo spettatore
iniziano a corrispondere per entrambi, cosicché lo spettatore condividerà il punto di
vista narrativo dell'autore.
9 Riccardo Iacona, Racconti d'Italia, Einaudi, Torino 2007, Pag. 26.
7
L’autore entra in contatto con i personaggi intervistati calandosi nell’ambiente in cui
vivono. Questa partecipazione gli permette di stabilire un'empatia, che gli fa conquistare
un alto grado di fiducia nei confronti delle persone e di conseguenza anche con lo
spettatore. Questo approccio partecipante, dà modo all’autore di scavare nelle emozioni
dei personaggi e influisce anche sul modo di fare le interviste. Queste, assumono la
forma di dialoghi, chiacchierate e non di investigazioni. L’autore non si limita a porre
delle domande, ma cerca un confronto improntato al dialogo, cercando di costruire un
filo di senso comune assieme l’intervistato, in modo che entrambi possano mettere in
discussione i propri punti di vista. Gli autori non sono interessati ad arrivare subito al
punto cruciale di una questione, lasciano che le interviste abbiano un inizio, una fine ed
un loro sviluppo: il punto cruciale sarà frutto del percorso dialogico fatto assieme
l’intervistato. È come se nei confronti degli intervistati, gli autori delle inchieste si
pongano come l’amico che non si vede da tempo, cui bisogna spiegare cosa è successo
nel frattempo. È per questo che ci si può fidare di lui, poiché non è lì per inquisire ma
per ascoltare e capire.
6.2 Analisi del servizio Guerra per l’acqua in Calabria
di Domenico Iannacone
Nella puntata del 08 Marzo 2009 intitolata “Guerre”, Presadiretta mette in onda più
inchieste, che trattano da punti di vista differenti il tema della guerra: si passa dalla
guerra di Gaza, a quella in Afghanistan e a conclusione un reportage di Domenico
Iannacone sulla guerra per l’acqua in Calabria.
Interessante è notare la scelta di inserire il tema dell’acqua in una puntata intitolata
“Guerre” e quindi affiancarlo alle vere guerre politico-economiche, che si svolgono nel
mondo. L’acqua, a causa della sua scarsità in termini di potabilità, è già vista come
futura fonte di contese e guerre, che in alcune parti del mondo sono già in atto. La
“guerra” in Calabria è un esempio civile di lotta tra cittadini e istituzioni, che sottende la
tendenza in atto e futura di gruppi finanziari, politici ed economici ad accaparrarsi la
gestione del servizio idrico e gli impianti annessi, convalidando così la proprietà
discrezionale del bene più comune dell’uomo e la volontà di perseguire interessi politici
e di profitto non legati alla collettività.
8
Gli abitanti di Reggio Calabria combattono da decenni la loro battaglia per ottenere un
bene primario: l’acqua potabile. Da sempre nei rubinetti scorre solo un liquido
salmastro e salato. Cittadini, vittime non certo della siccità o della penuria, ma
dell’inefficienza pubblica.
Trent’anni di denunce, di carte bollate contro enti locali, enti preposti e amministrazioni.
La classe politica sembra essere efficiente solo nel promettere una soluzione, sopratutto
a ridosso delle elezioni e le società poste per la soluzione sembrano essere vittime della
mancata continuità decisionale. La soluzione c’è da anni, ma le istituzioni continuano a
spendere soldi e a riceverne, pesando sulle speranze, sulle delusioni e sulla capacità di
adattamento dei cittadini.
6.2.1 Gli intervistati
Giovanni Milana: responsabile A.S.L di Regio Calabria
Giuseppe Scopelliti: sindaco di Reggio Calabria e commissario tecnico emergenza
idrica della città
Giovanni Domenico Foti: Giudice di Pace di Reggio Calabria
Paolo Calabrò: ricercatore della Facoltà di ingegneria specializzato in risorse idriche
Maurizio Marzolla: ingegnere che ha seguito la storia della diga sul Menta
Sergio De Mauro: ingegnere e direttore generale della società Sorical S.P.A
Luigi Incarnato: Assessore regionale ai lavori pubblici della giunta Loiero
6.2.2 Il conduttore e le modalità d’indagine
Domenico Iannacone è l’autore dell’inchiesta in Calabria. Egli è seguito da una troupe
composta da due operatori di ripresa e un fonico. Quest’organizzazione di lavoro gli
permette di muoversi liberamente e di avere un contatto diretto e senza interferenze con
chi incontra. Questo è dato a vedere dalla videocamera che lo segue riprendendolo di
spalle, mentre raggiunge le varie persone da intervistare. Interessante è l’esempio di lui
all’interno dei corridoi dell’A.r.p.a.c.a.l, o quando sale le scale della società Sorical
S.P.A, o quando mostra lo studio dell’avvocato pieno di pratiche, o quando va
sull’Aspromonte ripreso all’interno dell’auto di Maurizio Marzolla. Lo stacco che
connota gli spostamenti, è dato da una breve inquadratura sulle targhe-insegne dei vari
luoghi.
9
Iannacone ripreso durante i suoi spostamenti
Targa che connota lo spostamento della troupe
Iannacone, oltre che condurre l’inchiesta, assume anche il ruolo di narratore. Commenta
in voice over e fa il punto su ciò che viene a sapere nello svilupparsi dell’inchiesta. La
voce fuori campo la inserisce con moderazione per dare spazio ai volti e ai gesti e non
sviare l’interpretazione del pubblico. Il suo commento svolge un ruolo importante: fa
andare avanti la narrazione dei fatti.
Egli usa un artificio retorico: sembra non conoscere la questione a priori e la scopre
passo dopo passo, arrivandoci a seguito delle sue interrogazioni e della sua curiosità,
con le quali vuole suscitare interesse sui successivi sviluppi dell’inchiesta.
La gente intervistata gli offre degli spunti e delle riflessioni che poi lui controlla e
approfondisce, verificandole sui dati documentali. Questi gli permettono così, di
affrontare le istituzioni e gli esperti dei vari settori, di convalidare le notizie apprese dai
cittadini e dare voce alle loro rivendicazioni. Sviscerare la vicenda sui documenti
ufficiali della burocrazia, solo dopo aver sentito gli sfoghi delle persone, mette in risalto
l’intento di dare importanza all’opinione comune; in questo modo, la conoscenza dei
dati ufficiali e le opinioni degli esperti rendono attendibili le testimonianze acquisite
all’inizio del servizio, dando maggior credibilità alle inefficienze denunciate. Sul piano
linguistico, Iannacone rimarca il peso dell’opinione collettiva usando espressioni che
rendono meglio il sentire comune: “Continuiamo a girare nel centro storico, tutti
vogliono mostrarci quello che scorre nei rubinetti”.
Oltre alla partecipazione fisica, Iannacone partecipa anche emotivamente. Si fa vedere
solidale e partecipe e desideroso di capire ciò che gli si dice. Il suo volto è sempre
10
corrucciato, la sua gestualità è pronunciata e nelle interviste, tende il corpo verso
l’intervistato con un fare quasi teatrale. Questo atteggiamento quasi forzato, sembra
voler dare atto del suo reale coinvolgimento, a titolo personale, quasi fosse egli stesso
un cittadino di lunga data, nonostante il breve periodo di permanenza in territorio
calabrese.
Gestualità ed espressività forzata del conduttore
Inoltre, per dare maggiore autenticità all’inchiesta non utilizza sottopancia per
individuare l’intervistato, né altri elementi grafici estranei alle riprese, ma egli stesso
identifica direttamente a voce luoghi, persone e fonti.
6.2.3 La vox populi e l’osservazione partecipante
L’inchiesta inizia riprendendo delle persone alla fontana che riempiono le bottiglie
d’acqua. Iannacone, seguito dalla troupe, le raggiunge e chiede: “Buongiorno
un’informazione, come mai tutti qui?”
Signore 1: ”Perché nelle case non è buona”
Iannacone: “Ma che acqua vi arriva qui?”
Signore 2: “ Acqua salata”
Iannacone. “Acqua salata?! Cioè acqua come acqua di mare? E da quanto tempo è
così?”
Signore 1: ”Da una vita, sempre è stato così la penuria d’acqua a Reggio è ormai notoria
da anni, anni, anni.”
Si è così introdotto il problema dell’acqua insalubre a Reggio Calabria.
11
Dopo per avere maggiori riscontri, Iannacone va per le strade a domandare alle persone
com’è l’acqua. Le risposte sono tutte negative e scopre inoltre che, in effetti, le persone
pagano due volte: l’acqua erogata dal servizio idrico e l’acqua in bottiglia per berla.
Oltre a ciò, scopre che la situazione nel circondario e nel centro storico è peggiore, qui
le persone non si possono nemmeno lavare i denti. La troupe allora raggiunge il centro
storico ed entra nelle case delle persone, esse lamentano e mostrano alle camere da
presa la quantità di bottiglie di acqua minerale che hanno in casa, i rubinetti e le
tubazioni corrosi dal sale, gli elettrodomestici arrugginiti, le lenzuola sporche, il sapone
che sulle mani scivola via e i malanni agli occhi, a causa sempre dell’acqua salata.
Con queste testimonianze Iannacone affronta il problema dell’acqua insalubre. Con
voce fuori campo dice: “Nel piano generale delle acque approvato nel 1960 Reggio
Calabria era già considerata città ad alto stress idrico”. Fa il punto sulla questione che si
trascina da tempo e per completare l’indagine raggiunge anche la periferia Est della
città, dove l’acqua non arriva per settimane e la gente si arrangia con cisterne raccogli-
acqua, da mettere sui tetti o fuori casa. Lì, Iannacone intervista una famiglia che sembra
non farcela più, loro combattono da anni per avere l’acqua pulita.
12
Ciò che stupisce di più in queste interviste, è vedere le espressioni di sconforto e di
rabbia, i gesti e le frasi dialettali delle persone del luogo.
Iannacone in questa prima parte dell’inchiesta opta per un approccio sociale e quasi
etnografico: va nelle case delle persone, le ascolta e ne condivide la sfiducia. Egli si fa
riprendere mentre assaggia l’acqua che esce dai rubinetti. Lo fa per due volte e la
seconda enfatizza lo schifo che fa l’acqua addirittura sputandola, così facendo partecipa
confidenzialmente al dramma dei cittadini, ne acquista la fiducia e in più, agli occhi del
pubblico, dà credibilità e autenticità alla situazione drammatica che le persone di
Reggio Calabria stanno sopportando da anni. Le interviste sono tutte riprese con la
camera a mano, che come detto sopra segue tutti gli spostamenti del conduttore e
inquadra tutto ciò che viene mostrato dalle persone.
Le modalità di lavoro fin qui descritte, sono funzionali al rispetto della dimensione
temporale dell’indagine (già ricordata nel capitolo precedente.). Si restituisce la realtà
per quello che è: voci, espressioni, emozioni, gesti, frasi, rumori e azioni con il risultato
di una sensazione di verità e immediatezza.
Sconforto delle persone e partecipazione di Iannacone
6.2.4 Le interviste alle autorità e agli esperti
Dopo aver esaminato alcune analisi chimiche dell'acqua del centro storico, realizzate
dall'A.r.p.c.a.l (azienda regionale per il controllo ambientale della Calabria), Iannacone
scopre che il livello di sale presente nell'acqua di anno in anno è aumentato fino ad
arrivare a 12700 us/cm, cinque volte superiore il livello accettabile. In questa scena
l’operatore, prima di riprendere i documenti delle analisi, riprende Iannacone seduto in
13
una stanza e stringendo, con uno zoom lento, lo riprende mentre li sfoglia e li sottolinea.
Subito dopo, riprende esclusivamente i dati mentre Iannacone li sottolinea, in questo
modo l'attenzione del pubblico è focalizzata sui dati, rendendoli chiari e comprensibili.
Le riprese della scena sono accompagnate dalla voce fuori campo di Iannacone, che
spiega i documenti e da un brano malinconico suonato da una fisarmonica.
L’uso di questo brano, sembra porre l’accento sul momento intimo e delicato di ricerca,
che sta vivendo il conduttore. Inoltre strutturare la scena in questo modo è un chiaro
esempio di messa in scena del coinvolgimento di Iannacone.
Momento di ricerca sui documenti
A questo punto Iannacone raggiunge la sede dell’A.r.p.a.c.a.l. per avere spiegazioni
migliori proprio su quei dati, da chi di competenza. Così intervista il responsabile della
struttura. L'intervistato è ripreso dal basso, l'operatore è seduto e sembra riprendere di
nascosto, diciamo di nascosto perché Iannacone non rivela il nome. L'inquadratura è
larga, in questo modo si riesce a riprendere l’intera scena e le reazioni dell'intervistato,
che viene letteralmente sollecitato dalle domande di Iannacone: “Lei da cittadino può
bere quest'acqua? Quest'acqua può scorrere in un rubinetto?”. Iannacone lo mette in
immediato confronto con ciò che i cittadini intervistati avevano lamentato e le sue
risposte confermano naturalmente lo stato dell’acqua. In seguito precisa a Iannacone
che, dopo aver fatto le analisi, l'A.r.p.a.c.a.l le invia all'A.s.l, poiché il problema della
conducibilità diventa un problema sanitario, in questo modo fa capire che se ne lava le
mani.
Intervista nascosta al responsabile dell’A.r.p.a.c.al
14
A questo punto Iannacone va negli uffici dell'azienda sanitaria, che si trovano nello
stesso stabile, ed incontra il responsabile del settore, Giovanni Milana.
Gli incontri non sono organizzati precedentemente dalla redazione, ma sul luogo e gli
intervistati sono ripresi nel loro ambito lavorativo consueto.
Quest'intervista, è un esempio di confronto colloquiale e aperto in cui assieme
all'intervistato Iannacone arriva subito al fulcro della questione: l'acqua è salata e
nonostante il responsabile dell’A.s.l lo denunci, le autorità politiche non si mobilitano
efficacemente. Inoltre, il dare quest'acqua a 50.000 cittadini su 200.000, è una
percentuale molto alta, tanto che Milana ridendo e con sarcasmo dice: “Non esiste in
nessun posto del mondo una situazione del genere”.
Intervistato e intervistatore sono entrambi seduti e la telecamera cerca di riprendere sia
loro che interloquiscono, sia i dettagli dei documenti su cui discutono. Interessante è
anche la scelta, in sede di montaggio, di far vedere le reazioni di coinvolgimento delle
persone, presenti nella stanza e il volto perplesso in contro campo e in primo piano di
Iannacone. Questi piani d’ascolto, aumentano il senso di disagio e disappunto per la
situazione trattata e sono un chiaro esempio di quel fare teatrale indicato
precedentemente.10
Giovanni Milana - Responsabile A.s.l di Reggio Calabria
Piani d’ascolto
10 Piano d’ascolto: il piano d’ascolto ha la funzione di allontanare dal fulcro dell’azione senza che le emozioni vengano alterate. È definito anche inquadratura di reazione, poiché spesso mostra le reazioni ad una determinata azione. Inoltre può essere utilizzato per minimizzare errori di continuità visiva dell’azione, consentire l’eliminazione di parti di dialogo ed rimuovere tempi morti.
15
Dopo di ciò, Iannacone va a vedere come si arrangia chi ha un’attività commerciale. Un
panettiere mostra l’impianto di depurazione che ha dovuto comprare e che deve pure
mantenere, cambiando ogni venti giorni i filtri, a causa del sale marino.
Ma perché l’acqua è salata? Perché dai pozzi trivellati si è estratta troppa acqua,
esaurendo la falda naturale e nella sua mancanza si attinge direttamente dall’acqua di
mare.
Il governo nazionale nel 2003 stanziò una somma non indifferente per costruire un
dissalatore e venne nominato un commissario tecnico, ma il dissalatore non è mai stato
sufficiente e costa pure moltissimo.
Il commissario dell’emergenza venne nominato nella persona del sindaco, Giuseppe
Scopelliti. Iannacone va allora nel suo ufficio e lo intervista. Scoppelliti, dice che i soldi
li hanno spesi per la causa, ma nel tempo, il tasso del sale è aumentato e allora continua
il disservizio.
Giuseppe Scopelliti - sindaco di Reggio Calabria
16
Per verificare la gravità e diffusione di questo disservizio, Iannacone va nell’ufficio del
giudice di pace di Reggio Calabria, al quale molti cittadini si sono rivolti per avere
giustizia. Anche l’intervista al giudice Giovanni Domenico Foti, è montata in campo e
contro campo, con piani d’ascolto.
Giudice di pace Giovanni Domenico Foti e targa dell'ufficio che connota lo spostamento della troupe
Es. di campo e controcampo con piano d’ascolto di Iannacone
Dopo, per avere un parere attendibile, Iannacone va da un esperto e intervista Paolo
Calabrò, che sta studiando l'emergenza acqua da anni. Egli spiega che ci sarebbe una
soluzione al problema: in Aspromonte c'è una diga, la diga del Menta, iniziata nel 1985,
già progettata degli anni Sessanta, ma tutt’oggi non terminata e quindi non funzionante.
Il taglio di quest'intervista è più classico, Calabrò è ripreso sul lato sinistro a mezzo
busto che guarda Iannacone, seduto fuori campo. Le riprese sono stabili e sono
inframmezzate anche qui da riprese di Iannacone che ascolta interessato.
Paolo Calabrò - ricercatore della Facoltà di ingegneria specializzato in risorse idriche
17
Iannacone, assieme a Maurizio Marzolla, raggiunge la diga sul Menta. Marzolla è un
ingegnere che ha seguito l’intera storia dell’invaso. Questo, contiene fino a 2.000.000 di
mc d’acqua e la società di controllo e gestione è la Sorical S.PA, una società misto
pubblico privata, che dal 2004 ha il controllo di tutte le risorse idriche della regione
Calabria, per un periodo di trent’anni. La parte privata della società fa capo alla Veolià
waters, la prima multinazionale dell’acqua a livello mondiale. La multinazionale ha
avuto in dotazione le opere idriche gratuitamente dallo Stato.
Maurizio Marzolla - ingegnere - e la diga sul Menta
Marzolla spiega a Iannacone che ci sono voluti venticinque anni di costruzione. Per far
capire il passare del tempo e il paradosso di quest’attesa, sono montati in successione i
lanci dei servizi del TG regionale a riguardo. Nel 1996, 1999, 2002 fino al 2007, tutti
annunciano indistintamente la probabilità che la diga a breve sarà terminata e finalmente
i cittadini di Reggio potranno avere l’acqua potabile. Ma nel 2009, i cantieri a valle
della diga, sono ancora aperti. Per rimarcarlo, Iannacone si rivolge al pubblico dicendo:
“ Queste immagini le abbiamo girate dieci giorni fa, vedete i cantieri sono ancora aperti
(…) ” e nel concludere commenta: “C’è ancora tanto da fare”, anche se i tecnici della
società hanno dichiarato che l’acqua arriverà nel 2010.
Cantieri aperti
18
A questo punto Iannacone non ha che andare nella sede del Consiglio regionale, dove
incontra i responsabili della Sorical S.P.A, qui intervista l’ingegnere capo Sergio de
Marco.
Il piglio di Iannacone è più sfrontato e diretto, rispetto a quello tenuto nelle altre
interviste, egli ha di fronte i veri responsabili della messa a regime e in funzione delle
strutture idriche. Durante quest’intervista si capisce che il problema maggiore è dovuto
dalla mancata continuità negli incarichi. Ecco allora sopraggiungere Luigi Incarnato,
assessore ai lavori pubblici, il quale si mostra consapevole del problema e ben
intenzionato nel risolverlo. Anche le interviste di questi, è girata con la camera a spalla e
si fanno vedere i piani d’ascolto dei presenti nella stanza e le reazioni nervose e
infastidite degli intervistati.
Sergio De Marco - direttore generale della società Sorical S.P.A
Luigi Incarnato - Assessore regionale ai lavori pubblici della giunta Loiero
In conclusione Iannacone in voice off dice: “L’unica cosa certa in questa storia è che la
diga è costata fino ad oggi più di 300 milioni di euro (…) E che l’estate si sta
avvicinando con una nuova emergenza e che l’acqua del Menta scorrerà nei rubinetti di
Reggio Calabria forse nel 2010”. Mentre pronuncia la parola “forse”, è inserita
19
l’immagine di copertura di un capitello con dentro un Cristo a braccia aperte.
Un’immagine metaforica che sembra commentare e indurre che oramai l’unica
soluzione e speranza è appellarsi al “cielo”. Iannacone quindi, nel concludere il servizio,
non trae delle conclusioni concrete ma si affida a dei buoni propositi.
Immagine metaforica conclusiva con il capitello
A questo punto, ciò che è interessante notare, è che le interviste fatte a chi ha
determinate responsabilità politiche o amministrative (come a Scopelliti, o a De Marco),
sono condotte con Iannacone in piedi, pronto a discutere sullo stesso piano di chi
sembra aver torto. Invece, le interviste funzionali a chiarimenti e al dissolvere i dubbi,
sono fatte con Iannacone seduto e più tranquillo d’animo. Ci sono quindi tre stili
d'intervista: quelle condotte con partecipazione e comprensione ai cittadini, quelle
basate su un dialogo comune con l’intervistato, come quella fatta a Calabrò o al giudice
di pace e infine quelle prevalentemente inquisitorie come l’ultima illustrata. Dal punto
di vista tecnico le scelte di montaggio fin qui illustrate (come l’uso di campo e contro
campo) sono possibili solo, grazie alla registrazione autonoma dell'audio ripreso in
diretta e alla sessione di ripresa multi-camera (il fonico registra in presa diretta le traccie
audio, provenienti dai singoli microfoni, su registratori multi-traccia sincronizzati alle
videocamere tramite time-code) Questa modalità di lavoro, permette in sede di
montaggio di creare delle minime sequenze autonome e narrative, che trasmettano sì,
una sensazione di non-fiction, ma se si affronta l’inchiesta con uno sguardo più accorto,
si capisce che comunicano un’implicita messa in scena, ad esempio non è casuale la
messa in serie delle interviste stesse.
20
6.2.5 Strategie di postproduzione
Dal punto di vista del montaggio, in questa produzione viene adottato un linguaggio
scarno, essenziale, poiché ciò che interessa è il fatto, che dovrà essere restituito nel
modo più fedele e possibilmente oggettivo. In quest’inchiesta il montaggio è guidato da
una necessità: la comprensione e la credibilità del percorso di indagine tenuto da
Iannacone. Per ottenere questo risultato, il conduttore deve decidere e comunicare a
priori gli obiettivi e le modalità di indagine alla troupe che lo segue. Potrà così ottenere
un materiale coerente con i fini dell'inchiesta, da montare. Nel montaggio si può fare
una scelta di linguaggio, per esempio si racconta tutto in macro, praticamente a livello
di grande struttura problematica globale, o tutto in micro, ovvero a livello di piccola
realtà locale. Oppure si può decidere di avere un ritmo sostenuto o contemplativo. In
quest’occasione, l’inchiesta racconta la situazione di una città (micro) che da 50 anni è
alle prese con l’insalubrità dell’acqua. Si indaga per capire una situazione concreta e
circoscritta, che è però simbolo di un problema mondiale (macro): la depurazione
dell'acqua. Il ritmo non è accattivante nella forma (come ad esempio nelle inchieste de
Le Iene), ma lo è nel contenuto (si scoprono continue contraddizioni che permettono a
Iannacone di indagare), e ciò influisce sul risultato dell'inchiesta: non si arriva ad un
risultato univoco, ma si lascia libero giudizio allo spettatore. Questa scelta non è
casuale, poiché suggerire è meglio che esporre. Infatti più si arricchiscono i dettagli, più
il pubblico diventa spettatore passivo e diminuisce di conseguenza la sua partecipazione
critica. In questa modalità di montaggio, quello che ricorderà lo spettatore non saranno
il montaggio e le belle inquadrature, ma l’emozione e i contenuti di cui è venuto a
conoscenza. Nell’inchiesta di Presadiretta, non è tanto importante mettere assieme una
moltitudine di dati e di elementi estetici, quanto l’osservare un percorso d’indagine, con
un senso convincente.
Il montaggio è quindi lineare e rispetta la continuità spaziale e temporale delle azioni,
dando ad esse un senso di naturalezza e veridicità. Gli stacchi e i momenti di transizione
da un’inquadratura all’altra appaiono semplici ma non invisibili, poiché le inquadrature
non sempre sono perfette in termini di stabilità, ma questo è il risultato di una scelta
precisa, la presa diretta.
21
6.2.6 La grafica e il sonoro
In quest’inchiesta la musica è usato poco. Ci sono due brani, ma uno solo è il leit motiv:
una canzone folk malinconica e sconsolata suonata con una fisarmonica. Questa è
inserita tra le interviste delle persone comuni e le riprese di Iannacone che si sposta e
commenta. La funzione del brano, è quella di concludere un capitolo e aprirne un altro e
di rilevare emotivamente il coinvolgimento dell’autore e la drammaticità della
situazione. 11
L’uso parsimonioso della musica, lascia spazio ai suoni delle cose e dell’ambiente,
concorrendo a creare una sensazione di autenticità.
Un altro elemento poco utilizzato è la grafica. La sua funzione non è estetica ma
esplicativa. È presente in forma di sottotitoli in italiano, usati per spiegare meglio ciò
che le persone dicono, soprattutto quando si esprimono in dialetto calabrese; oppure
quando si sottolinea la visione della diga del Menta, tramite uno zoom in.
Un’altra soluzione grafica è quella di marcare lo scorrere del tempo quando sono
trasmessi gli incipit dei telegiornali, essi sono individuati per periodo di trasmissione
dalla rappresentazione grafica dell’anno, apposta alla base dell’immagine.
Sottotitoli Rappresentazione grafica della diga Lo scorrere del tempo dei TG
11 Cfr. capitolo su: “Le interviste alle autorità e agli esperti”, Pag.75.
22
7.
Report: l’inchiesta investigativa
7.1 Il programma
L’esperienza televisiva di Report (trasmissione nata nel 1997 su iniziativa di Milena
Gabanelli) è un significativo caso di giornalismo investigativo. Le singole puntate della
trasmissione affrontano, con stile monotematico, singole questioni di rilievo sociale.
Si tratta di una trasmissione che vuole riproporre inchieste giornalistiche nel tipico stile
di una volta. Cioè con un giornalista che, armato di microfono e block notes, inquadra
un fenomeno e lo approfondisce, andando ad incontrare i protagonisti. Ogni reportage è
un viaggio di ricerca che viene riproposto allo spettatore secondo un montaggio attento,
il quale ricostruisce gli elementi raccolti in una struttura narrativa solida con un inizio e
una fine. Le inchieste si occupano di argomenti originati dalla cronaca che si
protraggono nel tempo, oppure ricchi di lati oscuri e retroscena sconosciuti. Le inchieste
si pongono accattivanti e ammiccanti di fronte allo spettatore per l’atteggiamento sicuro
e sfrontato dei giornalisti. Egli è chiamato a seguire gli spostamenti e gli incontri alla
ricerca di situazioni controverse del nostro Paese.
Le inchieste di Report si sono interessate: di Economia (l’inchiesta sulla social card
Poveri noi! in onda il 5 Aprile 2009 curata da Giovanna Boursier), di Alimentazione
(l’inchiesta Carne di Riccardo Buono e Piero Riccardi, un’inchiesta sulla catena
intensiva di produzione dell’alimento, andata in onda il 17 maggio 2009), di Società
(l’inchiesta Una poltrona per due, andata in onda il 18 Ottobre 2009, Sabrina Giannini
indaga sul perché della crisi dei poltronifici italiani), di Ambiente (Milena Gabanelli
indaga sull’energia nucleare e le sue scorie. Il titolo dell’inchiesta è Radioattività di
Stato, in onda il 19 Novembre 2000). Tutte le inchieste prodotte da Report, sono
consultabili all’interno del sito del programma.
www.report.rai.it
23
Come dice Aldo Grasso “Report si distingue per gli argomenti affrontati e per il
modello produttivo offerto (il reporter è anche operatore, fonico e montatore). Report è
in primo luogo una spina nel fianco del giornalismo televisivo, così incline alla
chiacchiera, alla ritualità dell’apparire, a non dispiacere troppo ai politici di riferimento.
La Gabanelli è stata brava a occupare uno spazio vuoto, a ritagliarsi un ruolo unico e
fondamentale.” 12
7.1.1 Milena Gabanelli
Milena Gabanelli è free lance da sempre, ha esordito come collaboratrice con le tre reti
RAI nel 1982 con programmi di attualità, poi è passata al reportage per la testata
Speciali Mixer.
Fu l'unica giornalista italiana a mettere piede sull'isola dove vivono i discendenti degli
ammutinati del Bounty (Figli del Bounty - Mixer - 1990). Sempre per Mixer fu inviata
di guerra in Cambogia, Vietnam, Birmania, Sudafrica, ex Jugoslavia, Medio Oriente,
Mozambico, Somalia e Cecenia.
A Milena Gabanelli si deve la teorizzazione del metodo videogiornalistico: lavorando da
sola, con una videocamera portatile, all’inizio degli anni Novanta è precorritrice dei
tempi. Abbandona la troupe e realizza da sola i suoi servizi, introducendo di fatto in
Italia il videogiornalismo.
Nel 1997 è autrice e conduttrice di Report, una trasmissione televisiva d’inchieste
giornalistiche trasmessa da RAITRE. Va in onda in periodi diversi dell'anno ed in
stagioni con una programmazione variabile di puntate.
Cosi dice Milena Gabanelli della sua creatura:
“Si era formato un gruppo molto motivato, di gran talento. Finalmente prendeva forma
un sogno: quello di realizzare un programma d’inchiesta vecchio stile con un nuovo
metodo. Cominciammo con puntate monotematiche di circa trenta minuti. Purtroppo
12 Aldo Grasso, in Corriere della Sera, 31 Dicembre 2009, pp. 22-23.
24
significava lavorare sempre meno su pezzi miei: far funzionare una squadra e mantenere
in piedi un programma per la stagione successiva ti assorbe tutto il tempo e le energie.
Da Professione Reporter sono passate una trentina di persone, fra cui alcuni talenti sono
emersi e hanno contribuito a creare Report.” 13
7.1.2 Struttura del programma
Il programma mette in onda le inchieste affrontate dagli inviati su un determinato tema.
Durante la trasmissione il lavoro degli inviati viene sintetizzato dall’autrice in interventi
che riassumono e collegano quanto esposto, in modo da presentare, commentare o
anticipare i contenuti più interessanti delle inchieste e dare un poco di respiro allo
spettatore.
Milena Gabanelli in studio fa il punto e rilancia i servizi
Servizi degli inviati
7.1.3 La trasmissione: organizzazione interna
Il metodo organizzativo di Report si basa su una forma di produzione che utilizza in
parte i mezzi interni (nell'edizione e progettazione del programma) e in parte quelli
esterni (la realizzazione delle inchieste), riducendo così l’utilizzo dell'appalto. La
peculiarità di Report è una produzione interna ridotta al minimo, al programma lavorano
in tutto sei persone che, fanno da supporto agli autori delle puntate e da tramite fra essi e
la RAI in tutti gli aspetti burocratici e di controllo della qualità dei contenuti.
Gli autori esterni sono giornalisti free lance che auto producono le loro video inchieste.
Le realizzano e le montano con mezzi propri e a spese proprie, con la costante
supervisione dell'autrice. Conclusa l’edizione, le vendono alla RAI senza
l'intermediazione di società esterne. L'auto produzione delle inchieste consente un
notevole abbattimento dei costi, consente agli autori una libertà di azione, che permette
loro di dedicare anche tre o quattro mesi su ogni singola inchiesta, in modo da dare
13 Milena Gabanelli, Ecofollie. Per uno sviluppo (in)sostenibile, BUR, Milano 2009.
25
ragionevole spazio all'approfondimento per la denuncia sociale e politica. Questa
razionalizzazione del lavoro rende il programma economicamente competitivo.
I videogiornalisti attualmente in organico sono: Milena Gabanelli, Sabrina Giannini,
Piero Riccardi, Stefania Rimini, Bernardo Iovene, Giovanna Boursier, Sigfrido Ranucci,
Alberto Narazzini, Giuliano Marrucai, Paolo Mondani e Michele Buono.
Oggi il programma di Milena Gabanelli è considerato l'unico esempio di puro
giornalismo d'inchiesta della televisione italiana (un genere di giornalismo abbandonato
a causa degli alti costi), laddove anche le altre trasmissioni d'informazione (Anno zero,
Ballarò, Matrix) sembrano assorbite nella formula del talk show.
7.1.4 I temi delle inchieste
Le inchieste di Report affrontano numerose questioni problematiche del nostro Paese.
“Il programma della Gabanelli si basa su un'idea semplice ma allo stesso tempo
devastante: rendere pubblici i molti dubbi che tormentano la nostra vita sociale.” 14
Nello scegliere i temi, Report non s’interessa di vicende di cronaca locale, ma deve
esserci un interesse nazionale che le connoti. Quest'impostazione è legata al numero
ridotto delle puntate e ai fini comunicativi che si pone il programma.
I temi sviluppati sono i più disparati: si va dalla salute, alla giustizia, fino alle
inefficienze dei servizi pubblici. Il metodo di realizzazione di un’inchiesta parte da
semplici domande come ad esempio: “Perché il governo continua i lavori per la
costruzione del Ponte sullo stretto di Messina? Perché non si utilizzano quei soldi per le
infrastrutture interne della Sicilia, di cui ha più bisogno?”
A queste domande, la troupe di Report cerca delle risposte.
Le idee per gli argomenti possono provenire dalla stessa Gabanelli, dagli autori, oppure
possono essere suggerite tramite segnalazioni dei cittadini. L'autrice assegna gli
argomenti in base alle caratteristiche, alle passioni e alla sensibilità d’ogni singolo free
lance e una volta che una persona ha il suo pezzo, può impiegare il tempo necessario per
portarlo a termine, senza una scadenza vincolante. Ogni singola inchiesta, per essere
sviluppata in maniera completa, impegna così molto tempo, ed energie anche in termini
d’apporto personale di chi la crea. Come dice la stessa Gabanelli durante un'intervista:
“È un lavoro che occupando tutto il nostro tempo è forse anche qualcosa di più. Bisogna
crederci molto altrimenti non si è in grado di reggerlo”. 15
14 Aldo Grasso, Enciclopedia della televisione, Garzanti, Milano 2006, Pag. 609.15 M. Gabanelli alla presentazione del dvd "ECOFOLLIE" in Il Recensore.com. a cura di Dario Guzzeloni.
26
7.1.5 Modalità operative
Nelle inchieste vengono fatte rigorose ricostruzioni e accurati sopralluoghi. Attraverso
una meticolosa ricerca cronologica, gli autori semplificano le fasi delle vicende.
Indagano i diversi punti di vista, intervistando i governati e i governanti, dando allo
spettatore diverse chiavi di lettura ed una visione equilibrata dei protagonisti delle
situazioni.
Nonostante l’indagine approfondita, le inchieste di Report utilizzano un metodo di
linguaggio semplificato per consentire un’immediata comprensione del caso. Gli autori
si mettono nei panni dello spettatore e cercano di spiegare le cose in maniera semplice e
didascalica, non danno per scontato che certe cose le conoscano tutti.
Le inchieste di Report sono il risultato di un assembramento di testimonianze,
documenti, rapporti incrociati, dati e fonti normative. Con questa documentazione i
giornalisti possono maturare e possono trasmettere allo spettatore, un'opinione fondata
sui fatti oggettivi.
Una documentazione accurata è indispensabile per verificare l'attendibilità delle azioni
dei protagonisti. Permette di avere in mano dati inconfutabili, utili nei confronti con i
politici, o con chi non vuole dichiarare la verità. Necessaria per spiegare gli argomenti.
La verifica dei fatti è fatta di prima mano, con i propri occhi. I free lance vanno con la
videocamera sui luoghi per indagare e spesso rischiano in prima persona.
I rischi sono di essere chiamati in tribunale da chi rimane scontento dei fatti esposti
nelle inchieste, oppure di fornire dati non certificati e quindi poco veritieri che
indeboliscono l’inchiesta. Un terzo rischio consiste nelle possibili ritorsioni degli
inserzionisti pubblicitari, che lamentando della negativa visibilità, minacciano di
togliere, in via ritorsiva, gli spazi pubblicitari. Un ricatto che reca danno all’intera rete
televisiva. Il free lance è libero di agire, ma è molto consapevole che la professionalità e
la credibilità del suo operare, sono le discriminanti del suo lavoro e del suo futuro.
L’attendibilità è la sua vera forma di tutela.
M.G: ”Un video reporter deve essere curioso, determinato, e avere gran senso di
responsabilità verso il genere umano. Deve poi imparare a mettere se stesso in secondo
piano: non protagonista, ma al servizio di un ideale.” 16
Il gruppo di Report sembra fare giornalismo di tipo anglosassone: i giornalisti si
pongono nella sfera dell'imparzialità e della correttezza evitando qualsiasi lettura
16 Cfr. www.aforismi.meglio.it
27
moralistica. Inoltre il giornalista non si pone mai come anchor-man, come conduttore
del servizio in prima linea: egli è uno strumento per indagare, che si fa tramite per
spiegare e far conoscere le situazioni.
M.G: “ Noi dobbiamo informare. E quindi le persone che prima non sapevano, adesso
sanno una cosa, quindi possono decidere meglio e più consapevolmente. Per quel che
possono, per quel che vogliono”. 17
La squadra di Report fornisce dati, non si pone il problema di cosa potrebbe voler
vedere il pubblico, o cosa potrebbe interessargli. Loro approfondiscono temi poco
conosciuti, con lo scopo di far conoscere determinate realtà.
M.G: ”Approfondiamo argomenti che ci piacerebbe capire, e pensiamo che siccome ci
reputiamo persone normali, ce ne siano altre che hanno le nostre stesse curiosità”. 18
Report con le sue inchieste svolge una funzione sociale, proponendosi come coscienza
critica del paese. Il modo di operare e di affrontare la notizia come descritto, consente al
gruppo di Report di guadagnare una sicura autorevolezza e di potersi presentare in
modo credibile di fronte al pubblico.
L'efficacia e la credibilità delle inchieste di Report, non provengono solo da modalità
contenutistiche con le quali i free lance trattano gli argomenti, ma anche da modalità
tecnico operative, riconoscibili nella tecnica del videogiornalismo (tutti i giornalisti di
Report sono videogiornalisti). Uno stile, questo, che caratterizza il risultato estetico e di
conseguenza quello contenutistico del modo generale di fare inchiesta.
7.1.6 Il videogiornalismo
Un videogiornalista è un giornalista televisivo in grado di effettuare l'intero servizio da
solo. È lui stesso che realizza le riprese e il montaggio dei suoi servizi. Da alcuni anni,
le TV nazionali e locali, hanno introdotto il videogiornalismo nel sistema di produzione
dei servizi e a volte dei programmi televisivi.
Con il recente boom della tecnologia prosumer si è dato il via ad una generazione di
attrezzature digitali compatte, semplici da usare e dal costo ridotto. Questa rivoluzione
tecnologica ha portato a una “democratizzazione” dei mezzi di produzione, che oggi
sono alla portata di chiunque. Teoricamente, chiunque può trasformarsi da giornalista
classico a videogiornalista, ma la differenza sta nella qualità del lavoro prodotto. Un
videogiornalista non può essere un videoamatore. Non ci s’improvvisa in questo lavoro
17 Intervista a M. Gabanelli alla presentazione del dvd "ECOFOLLIE" in Il Recensore.com. a cura di Dario Guzzeloni.18 Cfr. www.aforismi.meglio.it
28
perché bisogna avere, oltre che competenze giornalistiche, anche competenze di
produzione e di postproduzione. Con il videogiornalismo non ci si riferisce soltanto ad
una modalità operativa, differente da quella tradizionale costituita dalla troupe ENG, ma
soprattutto ad un nuovo linguaggio. Il linguaggio è più diretto ed istantaneo, con
maggiori quantità di situazioni, l'effetto è di maggior realismo ed immediatezza. Il
videogiornalista con la sua videocamera riprende tutto quello che gli può essere utile, se
deve riprendere come un macchinista ferroviario lavora, sale con lui in cabina e riprende
ciò che ha di fronte, partecipando alla situazione. La tecnica è quella della macchina da
presa a mano e del pedinamento, con l'uso di stativi solo in situazioni comode e che
richiedono tempo, come l'intervista o la ripresa di un luogo. Con la ripresa a mano, il
giornalista ha la possibilità di cogliere gli avvenimenti sul momento e prendervi parte
direttamente, la videocamera deve, quindi, diventare una vera e propria estensione del
proprio braccio e del proprio occhio, con il risultato di una maggiore immediatezza
complessiva nel racconto finale.
Nelle interviste il videogiornalismo è uno stile che risulta molto efficace. Gli intervistati
guardano in camera e quindi il telespettatore. Normalmente l'intervistato guarda di lato,
verso il giornalista che pone le domande e solo di tanto in tanto verso la telecamera.
Con il videogiornalismo non interferiscono filtri compositivi e convenzionali tipici delle
interviste classiche, che avvolgono l'intervista in un alone d'ufficialità. Il realismo del
videogiornalismo è il risultato fondamentalmente di un’inquadratura in soggettiva, una
tecnica che consente allo spettatore di calarsi nei panni del conduttore, permettendogli
di vedere le cose con i propri occhi: appunto, in soggettiva. In questo modo lo spettatore
ha una visione maggiormente aderente alla realtà, nel senso che è messo nella
condizione di percepire tutto quello che sente, prova e vede in quel preciso momento il
personaggio sullo schermo che è di fronte a lui. L’inchiesta con questo modo di lavorare
risulta efficace nel suo tentativo di informare.
Molti sono i vantaggi derivanti da questo stile. Innanzi tutto, notevoli sono i risparmi
economici. Infatti, una persona opportunamente addestrata può fare da sola un lavoro
che prima richiedeva tre o quattro persone (giornalista, operatore, fonico, assistente) e
questo permette di ridurre al minimo i costi, che incidono sul costo finale di un servizio
o di un programma. Un altro vantaggio è l'indipendenza del videogiornalista, che
riprenderà le immagini che realmente gli servono per il servizio ideato. Conoscendo le
finalità del suo lavoro, egli girerà ogni volta che pensi possa essere utile. Procurandosi
da solo il materiale può riconoscere e trovare con facilità le immagini in fase di
29
montaggio, diversificandosi dal giornalista classico che spesso entra in sala di
montaggio senza sapere che immagini troverà o peggio di non avere le immagini che
desiderava per illustrare il proprio pezzo. Il videogiornalista può montare il materiale
con maggiore cognizione di causa e con maggiore libertà espressiva, seguendo sempre
la linea editoriale di un programma, ma potendo esprimere un suo linguaggio personale.
Tuttavia ci sono anche non pochi svantaggi per il videogiornalista. Si è certamente
penalizzati nell'assalto al personaggio famoso quando ci si deve preoccupare delle
immagini, ma anche dell'audio, avendo come estensione massima la lunghezza del
braccio. In queste situazioni è utile avere sulla videocamera due microfoni direzionali,
uno rivolto verso l'intervistato e l'altro verso il videogiornalista. Nelle interviste con il
cavalletto il videogiornalista si procurerà un Lavallier da applicare all'intervistato. Un
ulteriore aspetto negativo può essere la forma spartana del prodotto finito, conseguenza
di tutto l'iter progettuale di questo tipo di lavoro. Ma è anche la sua caratteristica
formale, che distingue la qualità del metodo giornalistico.
Il videogiornalismo richiedendo una sola persona, non decreterà la morte degli operatori
e dei montatori, di cui ci sarà sempre bisogno. Certamente, essendo uno strumento non
costoso che arriva ovunque, sarà il linguaggio del futuro, soprattutto con l'introduzione
della televisione su Internet (vedi RaiNews24). Il videogiornalismo è veloce, rapido e
istantaneo. Una sfida soprattutto per chi decide di farlo, che deve pensare a più cose
contemporaneamente: filmare e fare le domande, filmare e prendere appunti, filmare e
capire. È difficile far bene il giornalista, così come saper fare delle riprese non sfocate,
centrate e con colori equilibrati per poi montarle. Questa è la sfida, sui contenuti e sui
metodi portati avanti da Report. Un giornalista che conosce bene anche le tecnologie
che usa è più libero, ma saper padroneggiare la tecnologia è un'altra cosa rispetto
all'essere un bravo giornalista. Un cattivo giornalista non diventa bravo se conosce
perfettamente gli ultimi ritrovati tecnologici, e viceversa.
Con il videogiornalismo si apre una porta nel futuro dell'informazione, in cui i
programmi sono di buona qualità e a basso costo e Report è un esempio attuale riuscito.
30
7.1.7 Una riflessione sul risultato delle inchieste
Il metodo d’indagine e lo scopo informativo perseguito nelle inchieste di Report
obbediscono alle caratteristiche e alle esigenze di obiettività e professionalità sopra
descritte. Tuttavia questa considerazione non si può confondere con l’oggettività dei
fatti. Il risultato delle inchieste non è finalizzato a ricostruire una verità che contenga
tutte le sfaccettature dei fatti analizzati, ma una specifica verità di questi.
In questo senso le inchieste appaiono orientate, cioè rivolte a sviscerare e a far emergere
uno dei possibili punti di vista e comprensione degli eventi narrati. Per lo più si può
scorgere una visione di tipo ideologico (non moralista) che spesso coincide con il
pensiero di una specifica parte politica (la sinistra). Metodi e fatti sono scelti con lo
scopo di far emergere un aspetto critico e discutibile di una data realtà sociale e questo
lo si coglie da degli indizi: ad esempio il potere, che tutto condiziona e regola, è
collocato di solito da una parte sola, le inchieste sembrano andar contro i suoi
meccanismi, che vengono presentati come imbrogli, intrighi.
I servizi televisivi tendono a denunciare che cosa si nasconde dietro ai singoli fenomeni
sociali ed eventi, ponendoli come sfavorevoli. Questi in realtà non sono
necessariamente negativi o positivi in sé, ma l’intento di Report è quello di evidenziarne
una certa criticità, che viene presentata spesso come negatività dei meccanismi, realtà
sociali ed economiche che in altro contesto sono invece accettate come benemerite e
positive. Una valutazione assolutamente obiettiva implicherebbe la presentazione e
analisi imparziale di tutti gli aspetti di uno stesso fenomeno, ma non è questo l’interesse
della trasmissione che è invece quello di enfatizzare il proprio punto di vista anche in
chiave di un maggior coinvolgimento d’opinione, in quanto una visione obiettiva
porrebbe incertezze nel dover scegliere la posizione preferita creando nello spettatore
uno stato di ansia nell’autonomia della propria valutazione critica. Mentre nel caso di
Report il messaggio per quanto forte e critico è già orientato e predigerito, così che nello
spettatore si generi lo stesso stato d’ansia, a causa delle scoperte o chiarificazioni delle
vicende, che però è condiviso con gli autori della trasmissione.
31
7.2 Analisi del servizio L'acqua alla gola di Fabrizio Lazzaretti
Si può aumentare la tariffa del 3.300 per cento?
Questa è la domanda principale, cui Fabrizio Lazzaretti cerca di dare una risposta con la
sua inchiesta (del 15 Ottobre 2006) sul tema dell’acqua.
Nel 1992 l’ONU definisce l’acqua oltre che un diritto universale anche un bene a
rilevanza economica e non rinnovabile. Questo vuol dire che l’acqua potabile come tutti
i beni non va sprecata e deve dare profitti, soprattutto perché sempre più scarsa. Dove
non dà profitti, automaticamente non è potabile. Oggi infatti un miliardo e 200 milioni
di persone la bevono putrida, perché non tutti hanno le risorse economiche per pagare
l’acqua. Ma la domanda d’acqua è garantita e illimitata e su quest’assunto di base
agiscono i gestori privati.
Captare, depurare e portare l’acqua a milioni di abitazioni, è un giro d’affari planetario
che toccherà, si calcola, i 400 miliardi di dollari entro il 2010, ma porterà, com’è già
successo, anche conflitti civili. L’offerta privata dei servizi di distribuzione è gestita da
poche, grandi società per azioni, quasi tutte europee. Le due più grandi, entrambe
francesi, sono la Suez e la Veolia, che detengono l’ottanta per cento del “mercato della
sete”, che in questi ultimi trent’anni ha iniziato ad interessare molte persone.
Con quest’inchiesta Lazzaretti compie un viaggio, passa da Palermo all’India, dal Lazio
alla Bolivia, da Arezzo al Sudan. Il suo sguardo è globale.
Emblematico è il titolo dell’inchiesta stessa: L’acqua alla gola. Poiché come vedremo
siamo tutti con l’acqua alla gola.
A Palermo nel resto d’Italia e nel sud del mondo, il problema è di gestire la rete idrica e
depurare l’acqua, tutte attività molto costose che i comuni e gli stati non riescono a
sostenere e allora si mettono insieme ai privati. Ma dietro la gestione dell’acqua spesso
ci sono le multinazionali, il quale interesse ultimo è il profitto.
L’inchiesta inizia con uno spezzone di documentario in cui s’illustra la situazione
precaria del sistema idrico di Palermo. Da anni Palermo soffre la sete, qui non manca
l’acqua, ma la rete di distribuzione. Sono passati trent’anni e in alcune zone del
Palermitano la situazione non è cambiata di molto.
32
Palermo
A Palermo Fabrizio Lazzaretti va allo Zen, “quartiere difficile” dove i residenti hanno
occupato le case facendosi gli allacci abusivi di gas, luce e acqua. Il comune ha deciso
l’assegnazione degli appartamenti, chiedendo quindi i contratti di questi servizi. Ha
regolato i contratti di luce e gas ma quelli dell’acqua ancora no. Però, senza questi
contratti chi abita nel quartiere non può ottenere l’assegnazione della casa. I cittadini si
sono arrangiati da soli, hanno provato a fare la domanda d’allacciamento all’acquedotto,
ma la risposta fu negativa. I cittadini quindi si sono regolati di conseguenza. Oltre agli
allacci, nel quartiere manca pure una fognatura funzionante, la struttura fognaria è
implosa strutturalmente e così le acque bianche si mescolano con le acque nere. Tutto
questo succede perché il comune non ha le risorse e quindi trova più semplice
dimenticare una parte del suo territorio. Ora la gestione del servizio idrico è stata
affidata alla società AcquePotabili S.P.A. per i prossimi trent’anni. Questa dovrà
pensare anche alla situazione difficile del quartiere Zen. Con l’entrata dei privati l’acqua
sarà privatizzata, quindi non sarà più pubblica e i cittadini dello Zen saranno ancora più
nei guai.
Arezzo
Per capire cosa succede, quando i privati entrano nella gestione del servizio idrico,
Lazzaretti va ad Arezzo, dove nel 1999 è partito il primo esperimento in Italia di
gestione privata dell’acqua. La società aretina è la NuoveAcque S.P.A.
Tra i soci privati, figura la Suex Loinese De Aux, una multinazionale francese dell’acqua
tra le più importanti al mondo. È il socio di minoranza, ma secondo i patti parasociali è
lui a guidare la gestione e quindi a decidere. Ad Arezzo l’entrata dei privati avrebbe
abbassato le tariffe e realizzato investimenti, solo che le tariffe in questi dieci anni sono
aumentate e gli investimenti sono fra i più bassi d’Italia. Inoltre dopo tre anni
dall’affidamento viene fuori un buco di bilancio di tre milioni di euro, i comuni
s’indebitano con le banche e con il privato e per affrontare la situazione danno in pegno
alle banche le azioni della società di gestione, solo che le banche fanno parte dei soci
privati.
Latina
Lazzaretti dopo di Arezzo va a Latina, dove il socio privato che ha vinto la gestione
dell’acqua è: Acqualatina S.P.A. composta al 51% da 38 comuni e al 49% da un
consorzio privato guidato dal colosso francese Veolia Waters. A Latina le tariffe sono
33
aumentate del 300%, il servizio è buono ma la gente non riesce ad affrontare tale spesa,
soprattutto i pensionati.
La gente inizia a non pagare più ad Acqualatina S.P.A. ma solo al comune. Però il
mancato pagamento alla società comporta l’avvio delle procedure di recupero del
credito, previste dal regolamento d’utenza, come: il sollecito per lettera e raccomandata
e poi per chi non salda il conto la sospensione del servizio per morosità. La situazione è
ingarbugliata perché il comune non può rifiutare di ritirare i soldi dei cittadini, ma
Acqualatina S.P.A. a sua volta vuole che il comune le restituisca quei soldi. Inoltre se il
comune decide di recedere il contratto di servizio deve pagare alla società una penale
cospicua dei profitti mancati.
Per far fronte a questa situazione la gente decide di scendere in piazza a manifestare,
perché vogliono che l’acqua ridiventi pubblica e che i privati se ne vadano dalla
gestione.
Bolivia
È successa la stessa cosa dall’altra parte del pianeta in Bolivia, (il paese più povero
dell’America latina) dove nel 1999 i contadini scesero in piazza per manifestare contro
il consorzio privato Aguas del Tunari, composto dalla statunitense Bechtel S.P.A,
l’italiana Edison e la spagnola Albengoa. In Bolivia si è privatizzato per una condizione
della Banca Mondiale, del Fondo monetario internazionale e del Bid, per rinegoziare il
debito estero della Bolivia. A Cochabamba arrivarono a privatizzare pure l’acqua del
cielo e in certe zone gli allacci alla rete idrica non furono effettuati, a causa della
povertà della gente che non poteva pagare. Le persone costrinsero il governo a recedere
il contratto di gestione a favore di un ritorno alla gestione pubblica e comunitaria: dopo
otto giorni di occupazione delle piazze e di scontri, il governo ruppe il contratto con il
consorzio Aguas del Tunari e in ventiquattro ore il Parlamento nazionale modificò la
legge.
Sulla piazza ci furono due vittime e nonostante questo nel 2002 i privati presentarono
ricorso alla Banca mondiale contro il governo Boliviano, per i danni subiti dalla
rescissione del contratto. Il risarcimento calcolato per “mancati profitti” fu di circa
venticinque milioni di dollari. Nel 1997 fu privatizzata anche El Alto la città satellite di
La Paz dove il problema era portare l’acqua ad un milione di abitanti. a 4.000 metri di
altezza. A compiere l’impresa fu chiamato il consorzio privato Agua Del Illimani, in cui
la Suex Loinese de Aux, che abbiamo trovato ad Arezzo, era il maggiore azionista. In
pratica però lasciò circa 200.000 poveri senz’acqua. Pure qui il presidente della Bolivia
34
decise di cacciare la multinazionale, la quale minacciò di voler i risarcimenti dei
mancati guadagni, proprio come a Latina. La soluzione in Bolivia, dopo gli scontri con
non pochi seguiti, fu il ritorno ad una gestione collettiva in cui le comunità si
autogovernato.
India
La Suez è presenta anche nel paese che ha il più grande problema di depurazione di
acqua al mondo, l’India, dove le alternative sono: una dissenteria o il colera, oppure
pagare un po’ di più l’acqua buona. Gli abitanti della capitale dell’india sono quindici
milioni. Per dissetarli tutti servirebbero tre milioni e mezzo di litri d’acqua, ma quelli
forniti alla città dal gestore pubblico dell’acqua potabile, sono solo due milioni e mezzo.
Nei quartieri ricchi arrivano ogni giorno quattrocentosessanta litri a persona, in quelli
poveri, solo trentuno. L’acqua c’è, ma, come quella del fiume Yumuna, ormai è tossica a
causa dei riversamenti delle industrie di sostanze nocive, come l’arsenico. Per far fronte
alle malattie e all’acqua impura l’unica soluzione è comprare un filtro, per chi se lo può
permettere. Comprare i filtri è uno degli aspetti di un mercato ancora più grande e
proficuo, quello delle acque minerali. La minerale nazionale più venduta è la Bisleri, le
marche straniere sono: la Kinsley della Coca-cola Company e l’Acquafina della Pepsi.
Le migliaia di bottiglie vuote vengono raccolte per il riciclaggio, e così con
quest’attività una famiglia riesce a sfamarsi.
A Nuova Delhi, ritroviamo la stessa società che ha ottenuto la gestione dell’acqua in
Italia, ad Arezzo…la Suex Loinese de Aux.
L’amministrazione pubblica di Delhi ha affidato alla Suez l’appalto degli impianti di
potabilizzazione Sonia Vihar pagandoli cinquanta milioni di dollari per trattare 635
milioni di mc d’acqua al giorno. Ma siccome nella capitale l’acqua non c’è, gli
ingegneri francesi vanno a prenderla alla diga di Theri, 500 chilometri più a nord,
attraverso il vecchio canale dell’alto Gange, rimesso a nuovo dalla Banca Mondiale con
un investimento di 125 milioni di dollari..
Himalaya
Un altro aspetto, infatti, della privatizzazione sono le dighe che vengono costruite senza
nessuna premura per la popolazione. La diga più grande mai costruita lungo il corso del
Gange è quella di Theri dove i 130.000 abitanti dell’antica città e di altri villaggi
intorno, sono stati sfollati e le loro case sommerse dall’acqua. Ora abitano in casette a
schiera ribattezzate New Theri e costruite qualche centinaio di metri più a monte.
Nonostante la diga, l’acqua potabile non arriva, perché di quella pagata per cinquanta
35
autobotti ne arriva l’equivalente di dieci. I soldi degli altri carichi se li intascano i
privati.
I dati statistici affermano che in india l’ottantasei per cento della popolazione ha accesso
all’acqua potabile, ma non è spiegato il come e il quando, per esempio nei nuovi
quartieri, dove il boom demografico dell’India ammassa i contadini che lasciano le
campagne per la città, l’acqua viene distribuita solo mezz’ora al mattino e mezz’ora la
sera.
Le amministrazioni pubbliche di questi paesi non sono in grado di dare alla popolazione
dell’acqua decente, perché sono povere, inefficienti a volte corrotte e indebitate. Allora
interviene la Banca Mondiale che dice “ vi riduco il debito e vi presto dei soldi ma
risolvete il problema dell’acqua”. Per farlo gli stati devono appaltare ai privati la
gestione del servizio. Attraverso la Banca Mondiale, quindi, le multinazionali entrano
nell’economia dei Paesi in via di sviluppo. In questi paesi ci sono milioni di potenziali
utenti disposti a pagare, ma per un servizio che non c’è. I costi sono insostenibili e oggi
il sistema viene rimesso in discussione, perché bisogna mettere d’accordo i profitti degli
azionisti con le tasche degli indiani, boliviani, e anche con le nostre. Un giro di soldi
enorme, che però non influisce positivamente sullo sviluppo e sulla vivibilità della
gente, ma che anzi, arricchisce le tasche dei privati.
Sudan
In Sudan gli abitanti sono trentasei milioni. Il settanta per cento, secondo le stime
dell’organizzazione mondiale della sanità, non ha accesso all’acqua potabile e solo un
terzo dispone di servizi igienici adeguati.
In Sudan l’ultimo conflitto è quello del Darfur: con 70.000 morti e un milione e mezzo
tra profughi e sfollati. Di privatizzazione nessuno parla perché nessuno può veramente
pagare e il controllo dell’acqua si sviluppa intorno ai pozzi.
Lazzaretti raggiunge il campo profughi di Mayo, alla periferia della capitale Khartum.
Qui piove solo tre giorni all’anno e vivono 300.000 mila persone e le malattie sono
soprattutto legate alla scarsità e alla qualità dell’acqua. I padroni dei pozzi devono
pagare una tassa di cento euro al mese allo Stato e poi devono disinfettare e portare
l’acqua nelle case.
Piccoli gestori dell’acqua crescono, loro portano nelle case il bene con i loro asini e
qualcosa riescono a fatturare. L’acqua serve, è indispensabile e dove non c’è, è quasi
inevitabile che il principio del consumatore entri a far parte dell’ equilibrio di una
comunità, anche se povera come quella di Mayo.
36
L’acqua potabile ha un costo e spesso noi la sprechiamo e più ne consumiamo e più
paghiamo. A ogni individuo servono almeno 50 litri d’acqua al giorno, per poter vivere
in condizioni accettabili. In Italia la disponibilità media a persona è di 237 litri al
giorno, al campo di Mayo, è meno di dieci litri.
Spesso i Paesi poveri del Sud del mondo, non hanno strumenti per difendersi
dall’aggressività delle Multinazionali e allora la gente è costretta a pagare (se riesce)
l’acqua, quattro volte tanto rispetto a un italiano. Ma questo meccanismo perverso, in
cui la logica del profitto si mescola con il diritto alla vita, non è lontano da noi. A
Latina e ad Arezzo si combatte come a Cochabamba e a Palermo il sistema di
depurazione è inefficiente come quello in India. Le soluzioni sembrano quelle di una
gestione partecipata e dal basso come quella in Sudan e in Bolivia.
L’inchiesta di Lazzaretti illustra le inefficienze del sistema della privatizzazione, che se
inefficace influisce sull’igiene, sul territorio, sul consumo e quindi sullo sviluppo di un
Paese.
Siamo tutti con “l’acqua alla gola” e la risposta alla domanda iniziale: “Ma si può
aumentare la tariffa del 3.300 per cento?” è ” Se si privatizza si.”
7.2.1 Un viaggio sul filo dell'acqua
L’inchiesta di Lazzaretti è un tipico esempio di videogiornalismo. Il tema dell'acqua
nell'inchiesta di Lazzaretti è presentato attraverso una sequenza di servizi filmati,
ambientati in luoghi diversi del mondo, in cui la popolazione è o è stata vittima delle
conseguenze della privatizzazione dell'acqua. La concatenazione dei servizi è proposta
con la figura retorica del viaggio/itinerario: Lazzaretti intraprende un viaggio per capire
e approfondire le problematiche intorno il problema dell’acqua.
In questo modo il viaggio è un espediente narrativo che gli permette di creare un
collegamento tra le situazioni più varie e i luoghi frequentati, dall’Italia al resto del
mondo.
La scelta di utilizzare la formula del viaggio, come espediente narrativo, non è casuale:
si mette in rilievo, che l'acqua è una risorsa universale di tutta l'umanità, e allora quale
migliore modo per calarsi e scoprire realtà diverse dalle proprie, se non quella che
permette il viaggio?
Attraverso una pluralità di testimonianze e situazioni in luoghi diversi, l’autore scopre e
fa vedere allo spettatore l’unicità di una realtà, quella della crisi idrica a livello
mondiale.
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7.2.2 L’espediente narrativo del viaggio
La struttura del racconto si riflette nello svolgersi del viaggio: esso ha un inizio, uno
sviluppo in vari luoghi e un arrivo e il viaggiatore, in questo caso Lazzaretti, è il
protagonista che, in ogni situazione, elabora spunti di riflessione propri, che collegati tra
loro determinano una visione unitaria dei fatti.
In quest’inchiesta, la cadenza del viaggio è dichiarata dalle riprese dell’ambiente visto
da fuori il finestrino del treno, ad esempio quando Lazzaretti va da Arezzo a Latina, o
quando percorre le strade della Colombia per andare verso El Alto.
Secondo ciò che scrive Marco Deriu “la metafora del viaggio si concretizza anche
secondo una funzione lessicale, ovvero secondo il modo in cui gli eventi sono presentati
gestione idrica lancia il servizio dicendo: “Fabrizio Lazzaretti ci mostra (…), oppure
quando Lazzaretti dopo essere stato nel quartiere Zen di Palermo si sposta ad Arezzo
dice: “Le spiegazioni le troviamo verso nord (…).
Con la formula del viaggio l’inchiesta accosta diversi luoghi, nei quali ritroviamo il
ripetersi della stessa problematica sull’approvvigionamento dell’acqua. La conseguenza
sullo spettatore è quella di trasmettergli un senso di disagio nel constatare la frequenza
del problema e la consapevolezza che la questione dell’acqua tocca chiunque, anche lui.
Egli accompagna così lo spettatore luogo dopo luogo secondo un filo di un racconto
coerente, da dargli l’impressione di essere un viaggiatore curioso e condividere i
problemi delle altre culture.
Spostamenti di Lazzaretti – riprese che dichiarano la cadenza del viaggio
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7.2.3 Il conduttore e lo spettatore
Lazzaretti è il protagonista del viaggio/inchiesta sia come narratore (voce fuori campo),
sia come videogiornalista.
Lazzaretti assume diversi ruoli nella gestione dell’inchiesta: a volte egli offre le sue
riflessioni in prima persona su quanto gli viene detto dagli intervistati, altre volte
introduce i suoi intervistati parlandone in terza persona. In questo modo, egli cerca di
fornire un quadro il più completo possibile, di tutti i risvolti della vicenda.
Lazzaretti quando intervista persone di cui condivide i punti di vita, li presenta con un
linguaggio semplice e diretto. In questo modo lo spettatore è invitato a condividere le
situazioni e le opinioni degli intervistati, facendole proprie. Ad esempio quando c’è la
sequenza dei cittadini di Aprilia, che per far fronte alla privatizzazione scendono in
piazza a manifestare, egli dice: “Sono tutti qui i cittadini dell'agro pontino: il contratto
fra i comuni e acqua latina ha una durata di 30 anni, loro chiedono di interromperlo”,
lo spettatore si sente solidale con la protesta dei cittadini di Aprilia.
Cittadini d'Aprilia che manifestano
Lazzaretti quando invece non condivide il punto di vista dell’intervistato ne chiosa il
contenuto. Così Dario Casini (Presidente ATO4 Valdarno), nell’intervista sulle tariffe
dell’acqua ad Arezzo dice: “Però la paghiamo meno che gli altri Paesi europei, e siamo
in una strada che ci farà arrivare ad essere come i Paesi europei, speriamo presto.”
Lazzaretti a questo punto commenta: “È vero, ma anche pensioni e stipendi non sono
ancora ai livelli europei…Basta andare ad Aprilia, nel basso Lazio (…)” Egli espone
un’opinione personale non neutra che invita lo spettatore a fare una riflessione critica,
sia per adesione che per dissenso.
A Latina, per introdurre la sede del circolo del comitato cittadino contro la società
Acqualatina S.P.A, Lazzaretti usa un’espressione forte: “Il famigerato circolo dei
morosi ha sede qua dentro”. Egli ironizzando in realtà prende le difese del comitato,
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avvertendo lo spettatore che non si tratta di fanatici, ma di persone di buon senso e di
sani principi.
Comitato d'Aprilia
7.2.4 Strategie di postproduzione
Nel montaggio la presenza del conduttore è ridotta al minimo. I vari servizi sono uniti
tra di loro in modo da offrire un quadro apparentemente vario e obiettivo. I servizi
constano principalmente in interviste, contributi filmati e riprese sul campo. Essi sono
uniti tra loro in modo coerente e convergente ad un determinato punto di vista, che
consta nella visione personale e critica dell’autore.
Ad esempio parlando della multinazionale Suez si scopre che essa è presente sia ad
Arezzo, sia in Colombia che in India. Si vuol far passare il messaggio che questa
multinazionale, essendo presente in svariati luoghi del mondo, faccia i suoi profitti sulle
tasche della gente di tutto il mondo. Inoltre, la presenza costante della multinazionale,
rappresenta un chiaro elemento strutturale del testo televisivo, che permette di collegare
i diversi luoghi fra loro.
Ancora a sottolineare il punto di vista critico del conduttore, prendiamo il servizio sulla
manifestazione dei cittadini di Aprilia e l’analoga situazione dei cittadini di
Cochabamba, che premette alla Gabanelli in studio: “La gente si ritrova con il servizio
buono, ma un aumento del 1200 per 100. E si scende in piazza. Dall’altra parte del
pianeta qualche anno fa a scendere in piazza furono i contadini”.
I servizi seguono tutti uno stesso schema: a) nei vari luoghi il narratore fa sempre brevi
descrizioni del luogo in cui si trova; b) dopo di ciò inserisce le interviste relative al
luogo, c) formula una conclusione per prendere il pretesto per andare in un altro luogo.
A parti tradizionalmente narrative, si alternano frammenti che sembrano dei videoclip
fatti di immagini e musica, il cui scopo è di tenere viva l’attenzione dello spettatore e
gratificarne la visione, mostrandogli in forma accattivante note di folklore e tipiche
degli ambienti (Es. India e Sudan).
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Folklore e quotidianità dell’India
Lazzaretti monta le immagini una dopo l’altra con un ritmo di montaggio veloce,
utilizza accelerazioni e brani musicali del genere elettronico/d’n’b.
Un montaggio accattivante curato ed incalzante, è usato anche in base alle situazioni che
si mostrano, ad esempio quando si parla della rivolta di Cochabamba, Lazzaretti fa
vedere immagini della rivolta, soldati che sparano, gente che scappa, gente intorno le
bare delle vittime e persone ferite. Enfatizza gli spari con un brano che trasmette
angoscia e tristezza, mixato con i suoni ambiente delle scene. Espressioni, azioni e
coralità sono montate velocemente per dare la sensazione della confusione successa.
Dopo di che inserisce un pezzo dell'intervista di Oscar Oliveira che afferma che dopo
otto giorni di rivolta popolare il governo decise di modificare la legge. La musica
cambia, si sente un brano etnico e felice, con la quale si trasmette l'idea della vittoria e il
ritorno alla vita felice di tutti i giorni, qui le immagini sono di comizi pubblici.
Immagini della rivolta popolare boliviana e immagini di vittoria
Oltre all’uso di un montaggio attraente, Lazzaretti fa uso anche di forti analogie visive.
Con questo tipo di montaggio, che definiamo emotivo, crea dei forti accostamenti
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simbolici mirando a trasmettere un contenuto ideologico o concettuale tramite immagini
emozionanti. Ad esempio in Sudan, dove i carretti per il trasporto dell’acqua sono
trainati da asini, Lazzaretti fa vedere gli animali che stramazzano a terra assetati. Si
rimarca così la necessità d’acqua e che il suo mercato, purtroppo non è affare per i
piccoli gestori: esso è controllato da grosse aziende europee e per i piccoli non c’è posto
nel mercato mondiale.
Accostamento simbolico tra acqua e asino assetato
Lazzaretti fa uso anche di analogie temporali. Ad esempio Lazzaretti inserisce contributi
in bianco e nero di repertorio, con i quali mette in relazione il presente che sta
descrivendo e il passato (una sorta di prima/dopo e ora/prima): la prima sequenza è
quella del documentario Mani sull’acqua del 1975 con cui inizia l’intera inchiesta e con
il quale già illustra il ripetersi nel tempo dello stesso problema dell’acqua. La seconda
invece, è quella in cui sono ripresi i Beatles sul Gange. Le immagini in bianco e nero
fanno vedere l’india di una volta, lo spettatore si incuriosisce, ma ad un certo punto
Lazzaretti passa inaspettatamente alle immagini a colori dell’india di oggi, rompe così,
la magia delle immagini del passato, riportando l’attenzione dello spettatore al presente,
evidenziando però che la situazione è immutata nel tempo.
Immagini di repertorio
Queste scelte di montaggio, contraddistinguono l’inchiesta dalle altre inchieste di
Report, che di solito sono più immediate e dal sapore più investigativo, ma bisogna
considerare anche che quello dell’acqua è un tema su cui non si pone molta attenzione e
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inoltre è una risorsa cui, soprattutto qui in occidente, non si dà importanza, rispetto
magari a come fanno i boliviani. Per questo una soluzione efficace per trasmettere i
contenuti e irrompere nelle barriere del pregiudizio e dell’abitudine, è quella di scegliere
un percorso emozionale. L’inchiesta di Report è un ottimo esempio di diversificazione
del metodo di montaggio basato su determinati fini comunicativi e sulla sensibilità
dell’autore, che studia e comprende una determinata realtà e sceglie una strada per
documentarla e trasmetterla. Il montaggio delle sequenze fa appello nello stesso tempo
all’intelletto e al cuore dello spettatore, Lazzaretti vuole informare ma anche educare,
sia con una rappresentazione oggettiva della realtà, che con un approccio emotivo della
stessa.
7.2.5 Le interviste
Nel servizio sono intervistate persone comuni con la funzione di testimonianza dal
basso, Lazzaretti con queste instaura sul campo un dialogo grazie al quale vengono
raccolte preziose informazioni. Alle persone comuni si alternano esperti e imprenditori
del mercato dell’acqua. La presenza di questi personaggi conferisce, per altro verso,
ufficialità all’informazione.
Le interviste sono principalmente di due tipi, ci sono quelle estemporanee e quelle
curate e istituzionali. Nei servizi le interviste sono intrecciate tra loro, così da rilevare il
contrasto su analoghe questioni. Sembra che si metta in scena un “botta e risposta” ed è
proprio tramite questo scambio di risposte che si dà allo spettatore un filo logico da
seguire.
Esempio
Vandana Shiva - biologa ambientalista
I fiumi scorrono liberamente. È difficile appropriarsene. Per farlo devi costruire delle dighe e formare un
canale.
Quando chiudi l’acqua in un blocco di cemento, allora diventa “proprietà privata”.
Giovanni Giani - vice presidente Enviroment Suez Europa del sud
Nostro lavoro è quello di cercare di portare l’acqua nel modo migliore, e al prezzo più basso…miracoli,
non ne facciamo…ma non facciamo speculazione!
Vandana Shiva - biologa ambientalista
Per queste grandi società è conveniente usare la banca mondiale per porre delle condizioni di prestito a
paesi come l’india. In sostanza dicono: “vi serve qualche prestito? Allora privatizzate la vostra acqua.”
Alessandro Calmieri - dirigente banca mondiale
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La banca predilige operare con quelle società che danno affidabilità di servizi e ritorno sull’investimento
e comunque sia il giudizio passa attraverso il cliente. Non c’è un canale diretto tra la banca mondiale e i
prestatori di servizi.
Vandana Shiva - biologa ambientalista
Nel caso di Delhi, la banca mondiale ci ha concesso un prestito per la preparazione di un progetto di due
milioni e mezzo di dollari, dei quali un milione e sei sono andati ad una società privata di consulenza.
Antonio Tricarico - campagna per la riforma della banca mondiale
Le cifre e le analisi sugli aiuti che il ricco nord dà al sud del mondo ogni anno per presunta solidarietà
internazionale, hanno raggiunto lo scorso anno 100 miliardi di dollari, ci dicono che ben un quarto finisce
nelle tasche dei consulenti internazionali
Alessandro Calmieri - dirigente banca mondiale
25%...porca miseria…! Torno subito a fa’ il consulente eh, l’ho fatto per 22 anni, se la situazione è così
bella torno subito indietro, eh, eh!
Fabrizio Lazzaretti fuori campo
Questi sono gli impianti di potabilizzazione “Sonia Vihar”. L’amministrazione pubblica di Delhi li ha
pagati 50 milioni di dollari affidando l’appalto ai francesi della Suez, per trattare 635 milioni di metri cubi
d’acqua al giorno…e siccome nella capitale l’acqua non c’è, gli ingegneri francesi vanno a prenderla alla
diga di Theri, 500 chilometri più a nord, attraverso il vecchio canale dell’alto Gange. Rimesso a nuovo
dalla banca mondiale con un investimento di 125 milioni di dollari…
Giovanni Giani - vice presidente Enviroment Suez Europa del sud
Quindi, quando l’acqua arriva nelle nostre case, non ci arriva per caso ma ci arriva perché degli uomini
l’hanno lavorata e ce l’hanno fatta arrivare!
I cittadini, o le persone comuni rivestono per lo più il ruolo della vittima, che si
contrappone agli appetiti affaristici degli amministratori delegati delle società, che
quindi assumono un ruolo negativo, indotto dalla contrapposizione antagonistica con i
primi. Tra queste due categorie si frappongono figure di mediazione, in genere esperti
che danno ulteriori spiegazioni alle questioni di conflitto (Alessandro Calmieri-Bmi,
Vandana Shiva, rappresentanti comitati italiani, Carlo Schiatti Oscar Oliveira, etc…).
Vandana Shiva Bice Mortillaro - Laboratorio Zen Alessandro Calmieri - BMI
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Gli amministratori sono ripresi in pose istituzionali nei loro uffici. La camera, in genere
di tipo prosumer, è fissa su un cavalletto portatile, spesso appoggiata sul tavolo stesso
dell’ufficio. Lazzaretti dietro alla camera controlla tutto e ascolta l’intervistato che
rivolge lo sguardo leggermente fuori campo. L’inquadratura è a mezzo busto centrale,
presa un po' dal basso e gli intervistati sembrano a ridosso del video, ovvio che
quest’organizzazione è data dal fatto che il free lance è da solo e per ragioni di agilità e
immediatezza produttiva non può portare con sé ulteriore attrezzatura.
Dario Casini - Aato 4 Valdarno Silvano Morandi Giovanni Giani Ceo Suez Ceo Acqualatina S.P.A Environment EU Sud
A volte invece l’intervistato è posto su di un lato del quadro, o a destra o a sinistra,
un’inquadratura di equilibrio tra spazi pieni e spazi vuoti. Qui lo sguardo non va fuori
campo dal lato opposto rispetto alla posizione dell’intervistato, come è di consuetudine,
poiché l’intervistatore essendo dietro alla video camera per controllarne il
funzionamento porta lo sguardo verso di lui, dando la sensazione di un accennato
sguardo in macchina. Anche qui la video camera può essere posta su un tavolo, ma
quando c’è spazio è posta a 2-3 metri di distanza dall’intervistato, ripreso in tele, con
l’intervistatore in piedi sempre appresso alla videocamera. Queste sono anche le
impostazioni principali d’intervista impiegate da Report.
Le interviste fatte con la camera a mano riprendono invece, le persone nei luoghi in cui
vivono o svolgono le loro attività di lotta contro le società private (come ad Arezzo, a
Latina, in India). Sono presenti anche interviste del genere M.O.S (ad Arezzo, Latina).
Anche qui l’inquadratura ha spesso un taglio a mezzo busto con il personaggio centrale
che guarda in macchina. È probabile che a volte lo sguardo in macchina sia indotto dal
fatto che il video giornalista non guardi l’immagine sul monitor lcd, ma dall’obiettivo,
costringendo lo sguardo dell’intervistato a guardare in macchina e non il suo sguardo
libero. Sono presenti anche interviste e immagini d’archivio girate da altre emittenti,
come presumibilmente l’intervista a Oscar Oliveira, che è ripreso con un telo
monocromatico blu alle sue spalle. Questa scelta è tipica dei network anglosassoni i
45
quali usano l’espediente dello sfondo monocromo per rendere le interviste utilizzabili
nel futuro e quindi non influire sulla contestualità dei contenuti. Inoltre sono immagini
di repertorio poiché la rivolta popolare è avvenuta esattamente dieci anni fa.
Abitante dello Zen Tariffa aretina Comitato che aiuta i cittadini
Abitante di Theri Interviste M.O.S a Latina Oscar Oliveira con dietro il telo
7.2.6 Le domande di Lazzaretti
Alcune interviste di Lazzaretti seguono la struttura tipica della così detta intervista a
grappolo. Le interviste a grappolo in quest’inchiesta non sono molto presenti, ma ci
sono sporadici esempi. Questo genere di interviste è un'altra modalità operativa di
Report.
L’intervista a grappolo è strutturata per domande sequenziali apparentemente diverse
ma che trattano lo stesso tema della discussione: se l’intervistato non risponde
esaurientemente, o non dice quello che vuole sapere l’intervistatore, quest'ultimo con le
domande successive tenta di raggiungere l’obiettivo, o innescare una reazione
nell’intervistato.
Esempio di un'intervista a grappolo nell'intervista a Palermo nel quartiere Zen:
Tu saresti l’amministratore qui?
E tu rilasci regolare ricevuta?
E per che cosa?
Assolutamente tutto pulito? Voci di pizzo per l’acqua…?
State aspettando l’assegnazione legale?
46
E se non avete questo contratto, quindi, rischiate di non avere l’assegnazione della casa?
Sono 20 anni che state qui e non vi hanno mai regolarizzato con il contratto dell’acqua?
Quindi vi siete allacciati abusivamente…?
Comunque siete a buon punto con l’assegnazione delle case…
L’acqua pare che a Palermo verrà privatizzata, quindi non sarà più pubblica…
Ma l’acqua quanto vi costa?
E se un domani non dovessero regolarizzarvi per questa cosa dell’acqua e vi sbattono
fuori?
Queste domande vertono su un solo tema, quello sulla regolazione dell’uso del servizio
idrico. Lazzaretti fa domande dirette che mirano a restringere le possibilità di risposta
dell’intervistato, come se lo conducesse per un percorso obbligato, in modo che alla fine
non possa evitare di dare una risposta precisa o voluta ad una domanda specifica.
Questo tipo di domande Lazzaretti le fa pure a Giovanni Giani (Ceo Suez Environment
EU Sud), ma qui l’intento è diverso: oltre a voler ricevere determinate informazioni, usa
l’intervista a grappolo come espediente per mettere in difficoltà l’interlocutore e creare
una sorta di conflitto, che inneschi determinati comportamenti nell’intervistato. Anche
se nel montaggio non sono riportate le domande di Lazzaretti, Giani è chiaramente
irritato e assume un atteggiamento sostenuto e antipatico, rispondendo così alla logica
dell’antagonista sopraccitata. Possiamo anche intuire l’uso di un determinato schema di
domande dall’affermazione di Giani: “... Dalle domande che mi fa le posso rispondere.”
47
8.
Il Testimone: un’inchiesta di strada
8.1 Il programma
Il programma Il Testimone è strutturato su piccole inchieste condotte da Pierfrancesco
Diliberto.
Il programma televisivo è andato in onda per la prima volta nel 2007 sull’emittente
commerciale Mtv. La prima serie era organizzata in un ciclo di tredici episodi, andati in
onda tra l'8 ottobre e il 19 novembre. La seconda serie invece, ha avuto inizio il 15
ottobre 2008. La nuova data di inizio della terza stagione è l’8 febbraio 2010, sempre su
Mtv.
Il Testimone è uno show di punta dell’emittente Mtv, confermando il suo interesse in
fatto di programmi innovativi. Le inchieste del programma offrono un’informazione
“alternativa” e intelligente e allo stesso tempo intrattengono gradevolmente il pubblico.
http://extra.mtv.it/tv/testimone
8.1.1 “Pif”
Pif
Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è nato il 4 giugno del 1972 a Palermo. Ha
frequentato il liceo scientifico e non si è mai iscritto all’università. All’età di vent’anni è
andato a Londra, dove oltre a lavorare in un ostello seguiva i corsi di Media Practise.
Nel 1998 ha lavorato come assistente alla regia di Franco Zeffirelli, nel film "Un tè con
48
Mussolini" e l'anno dopo ne "I cento passi" di Marco Tullio Giordana. Nel 2000
partecipò ad un corso per diventare autore televisivo, organizzato da Mediaset. Una
volta terminato il corso, venne scelto per il programma Le Iene, prima come autore e poi
come iena. Grazie all'esperienza maturata a Le Iene, propose ad Mtv Italia il programma
Il Testimone.
8.1.2 I temi delle inchieste
Il programma non si occupa dei fatti di cronaca o delle notizie da prima pagina di
quotidiani e notiziari televisivi, lascia invece spazio a notizie più accessibili e piacevoli
e a realtà più a portata di mano, ma anche di telecamera. Ciò che interessa a Il
Testimone sono le storie della gente comune e gli episodi della quotidianità. Essi sono
presentati in modo originale, in modo da dare uno spaccato attendibile e curioso di fatti
di comune esperienza. Il testimone Pif incontra i protagonisti delle storie, spinto dalla
curiosità di una domanda, per esempio: “Come vivono gli italiani all’estero?”
Lo scopo del programma è andare ad incontrare persone per conoscerne i lati nascosti, o
le vicende personali o più semplicemente per stare con loro. I suoi incontri sono spinti
da ciò che le persone hanno da raccontare o insegnargli. Cerca di comprendere quindi,
attraverso di loro, la società, seguendo un processo bottom-up, svolgendo le sue
inchieste “per la strada”.
Le inchieste di Pif vanno dal mondo del circo a quello dei porno attori italiani a Praga, a
quello delle ragazze che decidono di diventare suora, agli ex manicomi, che come cura
utilizzano l’arte figurativa, fino alle usanze del Giappone.
I servizi si basano su argomenti a volte seri e importanti, altre volte di carattere più
leggero, ma trattati sempre con sensibilità, professionalità e stile ironico e libero,
propongono punti di vista insoliti, senza consigliare interpretazioni. Questo approccio
flessibile, determina la forza del programma e consente di conciliare l'intrattenimento
con la voglia di conoscere del pubblico, che alla fine di ogni puntata apprende sempre
qualcosa in più dei fatti narrati.
8.1.3 Modalità operative
La migliore caratteristica del programma è la semplicità combinata con lo spirito
dell’inchiesta.
Nel realizzare le puntate c’è solo Pif, che utilizza una videocamera handy mini dv con
cuffiette bianche e con un adattatore grandangolare, che gli permette di riprendere
49
agilmente ampi spazi di fronte a sé e il suo viso in primo piano quando si rivolge
all’obiettivo.
Con questa video camera egli segue passo dopo passo la vita delle persone che incontra,
facendo interviste sulle loro esperienze personali e partecipando a tutte le loro attività
quotidiane. Così facendo Pif ascolta, cerca di capire, si preoccupa di spiegare e di offrire
uno sguardo su quello che gli succede, dando voce a diversi punti di vista. I suoi viaggi
sono funzionali all’approfondimento di sé e degli altri, realizzando così una sorta di
spaccato sociologico.
L’uso della videocamera amatoriale crea un forte collegamento con lo spettatore, e
accentua l’impressione di autenticità e di presa diretta. Lo stile espressivo de Il
Testimone è fatto di riprese non patinate, imperfette e senza correzioni. L’immagine che
arriva sullo schermo è priva di filtri. Pif ha sempre lo scopo di offrire, alla fine, un
messaggio forte della sua esperienza e questa tecnica di ripresa è ideale per raggiungere
questo risultato.
Le sue inchieste non rispettano i canoni tradizionali e prevedibili dell’inchiesta, ma sono
condotte con piglio accattivante e gioviale. Sono basate su una regia carica di contenuti,
e da questi emerge lo stile del programma improntato al gusto e alle scelte personali del
conduttore.
8.1.4 Il diario di viaggio
Pif realizza le sue inchieste in prima persona, è lui che vive, commenta e descrive le
esperienze che prova, come fosse un vero e proprio diario di viaggio autobiografico.
Attraverso l’uso della narrazione in prima persona e un approccio curioso, egli si
propone come guida simpatica e realistica dei luoghi nuovi che va a scoprire e si pone
con gli interlocutori che incontra, come un amico in visita a cui interessa conoscere tutto
della vita dell’altro.
I suoi incontri avvengono con un fare disimpegnato ed ironico, tipico di un ragazzo
giovane e spigliato. Ciò aiuta a creare un coinvolgimento divertito nei confronti dello
spettatore. Quest’ultimo da passivo osservatore degli eventi, si sente attivamente
coinvolto nell’apprendere le confessioni dei protagonisti e del conduttore.
Inoltre, con l’uso di soggettive e/o domande dirette, contribuisce a creare un rapporto
confidenziale con il suo interlocutore, “in accordo” con lo spettatore. Instaura così un
rapporto colloquiale e personale parlando anche con lo spettatore, dandogli
l’impressione anche a lui di essere li.
50
Sul piano verbale Pif sollecita la partecipazione del pubblico, infatti più che dare
informazioni, egli crea un’aspettativa basata su domande individuali: “Cosa ci sarà.?.”
“Come sarà..?” In questo modo, egli fa capire che anche per lui tutto quello che scopre è
una novità. Pure il linguaggio non verbale sottolinea lo stupore e la novità della sua
esperienza, con il desiderio espresso di condividerle con il suo pubblico.
Egli utilizza strategie simili a quelle de Le Iene, (come il “faccia a faccia”, la
conduzione autore-centrica e un linguaggio diretto e semplice), anche se più diluite sul
piano estetico.
8.2 Analisi del servizio La strada dell'acqua - La tribù dei Masai di
Pierfrancesco Diliberto (“Pif”)
Quest’inchiesta parte dalla semplice domanda: Cosa succede quando decidiamo di dare
dei soldi in beneficenza per la costruzione di un pozzo in Africa?
Pif per scoprirlo parte alla volta del Kenya, lì incontra alcuni volontari dell’Amref, che
lo accompagnano in luoghi affascinanti e incontaminati.
Così coglie l’occasione per far conoscere l’Amref, un’associazione umanitaria che
agisce in Africa per la realizzazione di progetti di vario tipo, in questo caso pozzi per
l’acqua.
All’inizio egli fa vedere il volantino dell’associazione appeso sul frigo e, con voce fuori
campo, dichiara che vuole fare una donazione per aiutare la popolazione dello Slum,
una baraccopoli del Kenya.
Il volantino è posizionato tra una foto di Gorge W.Bush e una di Giulio Andreotti, con
un chiaro intento ironico. Si contrappone all’iniziativa benemerita la consapevolezza e
la presenza di due personaggi di cui non si ha stima, ma Pif invita a non perdere la
speranza grazie all’adesione al progetto contenuto nel volantino. A questo punto, con
voce fuori campo si rivolge allo spettatore e guardando in macchina gli dice: “Non
sapete cos’è lo Slum? Ve lo dico io che lo ho visto”. Con quest’espediente inizia il suo
diario di viaggio.
51
Frigo con i volantini e sguardo in macchina di Pif
Lo ritroviamo subito in Kenya, è accompagnato da un signore del luogo e qui illustra lo
Slum, descrivendo quello che vi si può trovare. Racconta come si svolge la vita di tutti i
giorni dello Slum, nell’ospedale, nelle strade o nelle scuole. Intervista un volontario
italiano dell’Amref, che gli racconta la sua esperienza di vita e poi intervista un signore
che gestisce una scuola, questi gli mostra le attività che fa fare ai bambini e ai ragazzi di
strada. Successivamente va a vedere un pozzo costruito dall’Amref, gli viene spiegato
che senza quei pozzi la gente andrebbe a procurarsi l’acqua dagli stagni, fonte così, di
malattie come il colera.
Poi Pif va a vedere come vivono i Masai e in particolare come raccolgono l’acqua.
Con un salto d’immagine in Italia, per farsi capire meglio, Pif si riprende mentre porta
un pacco di sei bottiglie, facendo molta fatica. Mette così in relazione la sua situazione
scomoda con quella ancora più difficoltosa delle donne Masai, le quali per raccogliere
l’acqua devono farsi quattordici Km al giorno, portando sulle loro spalle piccole
cisterne da venticinque litri d’acqua (corrispondenti a diciassette bottiglie della nostra
acqua).
Vita nello Slum e volontari dell’Amref
52
8.2.1 Pif e i Masai
Quando arriva al campo Masai i bambini e le donne sono spaventati dalla sua presenza
ma ancor più dalla presenza della video camera. Tutti urlano, scappano, al ché Pif cerca
di conquistarsi la loro fiducia. In seguito Pif, insieme ad un altro volontario,
accompagna le donne Masai a raccogliere l’acqua. Lungo il percorso conversa con il
volontario informandosi su come vivono i Masai, in particolare sul fatto che loro non
sanno nulla di cosa succeda nel mondo occidentale, inoltre viene a sapere che un pozzo,
in grado di soddisfare le esigenze idriche di 5/6 villaggi, costa solo 2.500 euro.
A questo punto Pif si offre di portare una cisterna colma d’acqua, provando sulle sue
spalle la fatica che una donna Masai deve fare.
Al termine del servizio, Pif fa il resoconto con voce fuori campo di tutto ciò che ha
conosciuto e visto, in modo da collegare e giungere ad una conclusione coerente. Così,
afferma che invece di spendere soldi per dei computer, lì si può spendere utilmente per
fare delle donazioni all’Amref. E per di più questo è ancora più facile, anche senza il
bisogno di un volantino, perché si può fare tramite internet. Contribuire alla costruzione
di un pozzo, di un ospedale, aiutare i ragazzi di strada delle scuole e/o adottare un
bambino a distanza è facile e tutto questo aiuta il prossimo e anche se stesso. Pif
conclude il servizio con una canzone di Yan Tiersen, il brano è incalzante, felice, e
sembra trasmettere speranza: sottolinea emotivamente le nuove conoscenze e una
diversa consapevolezza che Pif ha acquisito nel suo viaggio in Kenya.
Pif nel campo Masai che accompagna e aiuta le donne a raccogliere l'acqua
53
Quest’inchiesta è un perfetto esempio dello spirito con cui Pif conduce il suo
programma: le vicende personali della gente comune e gli episodi della quotidianità
diventano spettacolo e termine di confronto con realtà del tutto diverse (nello specifico
la nostra).
Egli con la sua videocamera riprende tutto e fa dell’inchiesta un vero strumento di
sensibilizzazione, fa appello al sentimento e al buon senso, richiama la facile
responsabilità di ognuno nel fare piccole ma importanti donazioni all’Amref.
8.2.2 Strategie di postproduzione
Il montaggio dell’inchiesta non è ricercato, è un montaggio semplice e funzionale a ciò
che Pif con le sue immagini vuole dire e raccontare. Si possono trovare due particolari
strategie di postproduzione.
In quest’inchiesta Pif fa continui collegamenti fra quello che vede e incontra in Africa e
la sua vita in Italia. Ad esempio quando parla di emergenza idrica, si riprendere a
Palermo che legge un articolo di giornale, dal quale apprende che del problema se ne
farà carico Totò Cuffaro, Presidente della regione Sicilia, nonché personaggio discusso.
Invece in Africa la questione è affrontata dall’Amref. Il continuo rimando tra la sua vita
in Italia e il viaggio in Africa, è quindi una scelta precisa sul piano registico. Egli metta
a confronto e collega i due mondi totalmente diversi, così da valorizzare e meglio
comprendere la portata delle azioni umanitarie dell’Amref.
Sul piano della postproduzione questa scelta risponde alla tecnica del montaggio
parallelo, una tecnica di montaggio che mette in relazione due eventi che non
avvengono simultaneamente e quindi nessun rapporto spaziale e temporale, ma soltanto
un rapporto di tipo simbolico. I passaggi tra la sua vita e quella in Africa sono marcati
con uno schiocco delle dita, che Pif fa guardando in camera. È con questo gesto
divertente e quasi “magico” che egli giustifica i suoi spostamenti e il suo racconto può
continuare.
L'altra caratteristica della postproduzione è l’utilizzo dell’“hard cut”, tagli da
un’inquadratura all’altra senza nessun tipo di transizione. Questa tecnica diventa
importante quando Pif descrive ciò che trova allo Slum. Egli mostra varie inquadrature
che hanno il medesimo campo, punto di vista, e movimento. Egli frammenta la
descrizione dei luoghi tramite il continuo taglio delle inquadrature, come fossero tanti
flash successivi.
54
Lavorando in questo modo Pif crea un ritmo circolare. Questo ritmo è creato anche dalla
voce fuori campo di Pif: il suo commento è caricato e riempito dal susseguirsi,
inarrestato, di frasi con le quali descrive minuziosamente e a volte anche ironicamente
ciò che osserva.
Pif con uno schiocco di dita si sposta da casa sua per ritrovarsi improvvisamente in Africa
8.2.3 Il sonoro
La musica nel servizio è molto presente, viene usata come sottofondo, come
accompagnamento e come sottolineatura emotiva, ma anche usati come collante
narrativo.
Quando Pif salta tra la sua quotidianità e l’Africa, la musica di sottofondo nel momento
in cui schiocca le dita e si ritrova dall’altra parte del mondo, si arresta in sincrono con il
rumore dello schiocco. Il silenzio focalizza il momento decisivo del passaggio e
l’istantaneo spaesamento di Pif nella nuova realtà, ma dopo poco lo stesso brano
riprende, quasi a suggerire che la narrazione può proseguire.
55
9.
La mia esperienza
Alla luce di quanto sopra analizzato, chiarita nei suoi risvolti tecnici e di contenuto la
tematica dell’inchiesta televisiva ed in particolare quella relativa al tema dell’acqua, mi
sono ripromessa di verificare quanto approfondito mettendo in pratica un’esperienza
personale d’inchiesta filmata. Inizialmente avevo più spunti ed intuizioni da seguire ma
nessuna ben definita, quando mi capitò un’occasione che mi consentì di elaborare
un’idea precisa di quanto andassi cercando.
Una mattina, camminando per il centro di Belluno, mi sono imbattuta in un bacchetto
per la raccolta di firme per il Comitato acqua bene comune. Le firme servivano per
presentare una delibera a tutti i sindaci della provincia di Belluno, con la quale si
chiedeva che gli stessi riconoscessero nel proprio Statuto Comunale il “Diritto umano
all’acqua” e che questa non costituisse solo un bene di rilevanza economica.
Mi sono informata meglio sulle finalità del comitato e ho appreso che i suoi promotori
stavano portando avanti, da circa due anni, una battaglia a livello locale, sia verso gli
enti pubblici che verso i singoli cittadini, contro la privatizzazione della risorsa acqua e
il riconoscimento dell’acqua come bene comune dell’umanità.
Il tema m’interessò subito perché, per quello che inizialmente capii, mescola
democrazia, economia, natura, diritto e la varia umanità. Ho iniziato a documentarmi
per capire cosa vuol dire privatizzazione, quali sono gli aspetti positivi e/o negativi e
qual’è la situazione mondiale e nazionale a riguardo. Il tema dell’acqua è seguito da
varie realtà locali, coinvolge diversi organi istituzionali e tuttavia è ancora scarsa la
consapevolezza collettiva da parte dei singoli cittadini e delle istituzioni pubbliche,
causa la complessità del fenomeno.
Decisi allora di realizzare un video - inchiesta sull’acqua contattando chi, in qualche
misura, avesse una competenza a livello locale per meglio comprendere le implicazioni
della privatizzazione dell’acqua.
Dapprima ho contattato il presidente del Comitato acqua bene comune di Belluno,
Valter Bonan, già presidente delle Ente Parco delle Dolomiti, per conoscere la sua idea.
Gli spiegai il mio progetto, egli fu entusiasta e mi invitò ad un’assemblea operativa del
Comitato, nella cui occasione ho filmato l’incontro/dibattito. Nel corso dell’incontro si
trattava proprio di prendere una posizione contro il provvedimento del Governo italiano
56
(il Decreto Ronchi – Vedi capitolo 3), che avrebbe autorizzato l’ingresso dei privati
nella gestione del servizio idrico integrato con almeno il 40% di partecipazione. Inoltre
si discuteva del Cop16 di Copenaghen, dove i presidenti di vari Stati avrebbero discusso
e deciso delle linee operative in merito all’ambiente (quindi anche sull’acqua) a livello
mondiale.
9.1 Documentazione e organizzazione delle interviste
Prima di procedere a raccogliere ulteriore materiale video e quant’altro, iniziai a
documentarmi approfonditamente sulla privatizzazione dell’acqua: ho letto libri,
articoli, navigato in internet, guardato documentari/inchieste, seguito dibattici pubblici e
contattato via e-mail diversi responsabili di Ong e varie associazioni. Inoltre mi misi
d’accordo con un mio compagno di università, Daniele Serio, per avere un
collaboratore nel registrare le diverse e future interviste, realizzare il montaggio
definitivo e avere un supporto umano.
Con Daniele discutemmo a lungo sul taglio da dare al video e decidemmo di realizzare
un video con uno scopo puramente informativo, composto da un insieme di interviste
con cui offrire uno sguardo sullo stato della privatizzazione a livello mondiale e a livello
nazionale; sui rischi, i perché e sulle soluzioni a riguardo.
Una volta decisa la linea da seguire organizzai, principalmente nel mese di Dicembre
2009, gli appuntamenti per le interviste. Questo periodo era adatto in quanto il decreto
Ronchi era ormai diventato legge e aveva suscitato grossi fermenti nell’opinione
pubblica più attenta e schierata sul tema.
Ho cercato di scegliere gli intervistati in base alle loro competenze, ad esempio abbiamo
intervistato un parlamentare della Lega Nord, Gianvittore Vaccari, per il decreto
Ronchi, Rosario Lembo (Segretario nazionale del Comitato per il Contratto Mondiale
dell'Acqua) per la situazione dell’acqua in generale in Italia, alcuni membri del
Comitato acqua pubblica d’Arezzo per la questione della prima privatizzazione del
servizio idrico in Italia.
Ho deciso principalmente, per ragioni di praticità ed economicità, di concentrare tutte le
interviste tra la zona del Bellunese e del Friuli Venezia Giulia.
Nel realizzare ciascuna intervista, io potevo ascoltare l’intervistato, concentrarmi sulle
sue risposte e porgli le domande scritte precedentemente. Daniele, il mio operatore
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invece, si dedicava esclusivamente ad impostare l’inquadratura e controllare i livelli
audio e video e ad avvertirmi in caso di batteria scarica o fine cassetta.
Altre volte invece sono andata da sola, come ad esempio per l’intervista ad Arezzo o per
quella fatta ad Oscar Oliveira.
9.1.1 Gli intervistati
Raffaella Cavallo: Collaboratrice del Ce.Vi - Centro di volontariato internazionale (UD)
Rosario Lembo: Segretario nazionale del Comitato per il Contratto Mondiale dell'Acqua
(MI)
Lucio Beloni: Comitato acqua pubblica d’Arezzo (AR)
Valter Bonan: Comitato acqua bene comune di Belluno (BL)
Oscar Oliveira: Coordinadora del Agua y la Vida - Protagonista della ripubblicizzazione
del servizio idrico di Cochabamba, in seguito alla “Guerra dell’acqua” (Bolivia)
Giorgio Zanin: Capogruppo provinciale del PD (PN)
Gianvittore Vaccari : Segretario provinciale della Lega Nord (BL) e parlamentare
Massimo Caproni: Coordinatore provinciale dell’Italia dei Valori (BL)
Vitto Claut: Presidente regionale Codacons FVG (PN)
Interviste del genere M.O.S durante una manifestazione per l’acqua bene comune
svoltasi a Belluno il 24 Ottobre 2009.
9.2 L’attrezzatura, le interviste e il montaggio
L’idea operativa di base per realizzare il video era di essere il più leggeri e comodi
possibili (una necessità determinata anche dal low budget disponibile), quindi: un
cavalletto, una video camera e un microfono Lavallier con radiotrasmettitori tx ed rx e
delle cassette Mini dv.
Principalmente abbiamo usato tre video camere differenti, in base alla disponibilità,
reperibilità dell’attrezzatura e occasionalità dell’intervista: una Sony Pdx 10 (per le
interviste), una Panasonic Nv - Gs 500 (per le immagini di copertura) e una Canon XH
A1 (comoda, in situazioni in cui non avevamo il Lavallier, per la buona qualità del
microfono integrato). In genere, nel fare le interviste avevamo sempre una video camera
di scorta, in modo da far fronte a qualsiasi inconvenienza.
Le inquadrature fatte sono principalmente a mezzo busto frontali, con l’intervistato che,
a volte guarda verso di me fuori campo, a volte (sempre a causa dell’occasionalità della
58
situazione) invece, guarda direttamente in macchina, poiché ad esempio, quando ero
sola, ero precisamente in piedi e dietro la m.d.p (un po’ come Report o RaiNews24).
Nel tenere le interviste ho deciso di non comparire nelle inquadrature, in modo da non
connotare il video sulla mia figura, ma essenzialmente sul contenuto di ciò che veniva
detto.
Non avendo modo di conoscere bene dapprima gli intervistati, le domande seguivano
preferibilmente uno schema libero, ma c’era sempre un soggetto e un contesto specifico
in modo da cogliere il fulcro di ciò di cui avevo necessità di capire e ottenere. Durante
le interviste avevo sempre con me un foglio con degli appunti così da avere uno schema
da seguire o trovare spunti per delle domande successive. Infine ci siamo preoccupati di
far firmare ad ogni intervistato una liberatoria per l’utilizzo pubblico del materiale, che
ci è stata concessa in tutti i casi.
Una volta raccolto tutto il materiale video, siamo passati alla fase di montaggio.
Abbiamo così preso spunto dalle inchieste di RaiNews24 e dal montaggio accattivante
utilizzato nell’inchiesta analizzata di Report, simile a quello dei video clip come nel
caso della guerra civile di Cochabamba.
Prima di montare le immagini di copertura, abbiamo ascoltato tutte le interviste e
cercato di creare un intreccio tra loro e una traccia narrativa.
Le immagini di copertura le abbiamo girate di nostra iniziativa, alcune invece (quelle
relative a Paesi del Sud del mondo) le abbiamo prese dal video “Una goccia tira l’altra:
percorsi di cittadinanza attiva per diventare portatori d’acqua” con l’autorizzazione del
Ce.Vi. 19
Abbiamo utilizzato la voce fuori campo, esattamente con lo stesso scopo del commento
di Mario Sanna nell’inchiesta sull’acqua esaminata per RaiNews24 (Vedi capitolo
RaiNews24). Il voice off rilancia e fa domande in base alle testimonianze degli
intervistati, in modo così da far andar avanti la narrazione per blocchi coerenti e legati
fra loro. Abbiamo deciso di far recitare il commento ad una persona che avesse un
timbro caldo di voce e una buona dizione, abbiamo così ingaggiato Guido Beretta che
ha avuto un’esperienza pluriennale come speaker in una radio locale.
Per al parte musicale abbiamo incaricato un nostro collega universitario e studente al
conservatorio di Udine, Andrea Alzetta e Sandro Cecchin musicista di chitarra
19 Iniziativa promossa e prodotta da Cospe Ce.vi Cipsi e Comitato per il Contratto mondiale dell’acqua. Realizzazione Etnhos. A cura di Elisa Del Vecchio, regia e montaggio Elisa Mereghetti, fotografia Marco Mensa e musiche originali di Arturo Fornasari.
59
acustica: ad entrambi abbiamo chiesto di comporre un paio di brani originali,
specificando il tema: ad esempio per la situazione italiana abbiamo chiesto di comporre
un brano allegro e d’atmosfera serena, invece per la guerra in Bolivia un brano
malinconico con uno sviluppo vivace.
9.2.1 Conclusioni
Nel creare questo video è stato fondamentale il lavoro di ricerca e di documentazione,
(vedi capitolo 3 e Appendice), con il quale ho potuto affrontare le interviste,
approfondire la tematica della privatizzazione dell’acqua e conoscere cosa utilizzare in
sede di montaggio.
Principalmente come già specificato, ho preso spunto dalle inchieste di RaiNews24,
poiché, a mio avviso, dopo aver analizzato le diverse inchieste televisive, è il modo più
obiettivo e chiaro di presentare i fatti, senza troppi sentimentalismi, formule visive
estetiche o componenti d’ansia ad effetto. Tre le esperienze possibili e sopra considerate
dell’inchiesta televisiva, preferisco quella che offre un percorso conoscitivo (soprattutto
se si affrontano temi come quello dell’acqua) piuttosto che quelle realizzate a tesi e con
una visione precostituita.
Inoltre il taglio di questa scelta è stato determinato anche dai limiti delle capacità
tecniche e di esperienza dei soggetti coinvolti nella realizzazione del prodotto.
60
Appendice
Associazioni nazionali per la tutela
dell'acqua come bene comune
Comitato Italiano del Contratto mondiale sull'acqua
www.contrattoacqua.it
L’Associazione italiana per il Contratto Mondiale dell’acqua è stata costituita a Milano
il 7 marzo 2000. Attualmente ha sede in via Rembrandt, 9 - 20147 Milano, è’ presieduta
da Emilio Molinari e il Segretario Generale è Rosario Lembo.
L'attività del Comitato italiano del contratto mondiale sull'acqua, si prefigge lo scopo di
rendere il bene acqua disponibile al più ampio numero di persone, senza limitarne la
disponibilità per motivi economici o politici. Svolge attività di educazione sulla società
civile, proponendo percorsi didattici in poli scolastici, percorsi di coinvolgimento per
parrocchie e comitati di quartiere, percorsi d’aggregazione giovanile e azioni di
cooperazione decentrata. Promuove raccolte firme e adesioni, costituzioni di comitati
d’appoggio e la mappatura sui problemi acqua.
Centro di volontariato internazionale
www.cevi.coop
Il Centro di Volontariato Internazionale per la Cooperazione allo sviluppo è sorto a
Udine nel 1984, con lo scopo di operare per la promozione umana, per relazioni
61
internazionali più giuste e per uno sviluppo globale sostenibile, equo e rispettoso delle
differenze.
Collabora con organismi del Nord e del Sud del mondo in una relazione di partenariato
basata sulla condivisone degli obiettivi, sullo scambio di conoscenze e sulla stima
reciproca.
Svolge attività di educazione, sensibilizzazione e promuove programmi di sviluppo
privilegiando il sostegno a iniziative di attività popolari, valorizzando le risorse
disponibili in loco allo scopo di sostenere ogni potenzialità di autosviluppo.
I progetti di cooperazione sono sempre frutto di una richiesta locale, delineati nella
sostanza e nelle modalità operative dalle comunità stesse.
Viene privilegiata la logica della cooperazione decentrata favorendo l'incontro, lo
scambio e la progettualità tra comunità del Nord e del Sud del mondo promuovendo un
modello che integri le attività di cooperazione e quelle di educazione.
In ambito educativo e formativo opera in collaborazione con associazioni, Enti locali,
Università, ecc. per la promozione sul territorio, dentro e fuori la scuola, al Nord e al
Sud del pianeta, il benessere, la difesa dei diritti, la salvaguardia dell'ambiente e il
rafforzamento della società civile.
Forum italiano per i movimenti per l'acqua
www.acquabenecomune.org
In Italia, l’importanza della questione dell’acqua, ha raggiunto nel tempo una forte
consapevolezza sociale e una capillare diffusione territoriale. Da diversi anni, infatti,
sono attive nei territori decine di vertenze aperte da cittadini, lavoratori ed anche
amministratori locali, che sono portatrici di un’esigenza comune e condivisa, cioè la
necessità di una svolta radicale rispetto alle politiche liberiste che hanno fatto dell’acqua
una merce.
Nel luglio 2005, diverse realtà sociali hanno deciso di ritrovarsi per rendere più incisive
le reciproche lotte in difesa dell’acqua come bene comune. È apparso a tutti chiaro
come fosse decisivo far diventare l’acqua una vertenza nazionale, comunemente
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condivisa e costruita in forma partecipata. Il 1° Forum Italiano dei Movimenti per
l’Acqua, si è tenuto a Roma dal 10 al 12 marzo 2006, durante il quale più di seicento
partecipanti, rappresentanti di reti associative e sindacali nazionali e di realtà territoriali
di movimento si sono confrontati, hanno approfondito le analisi, hanno messo in
comune saperi e pratiche di mobilitazione. Soprattutto hanno condiviso la necessità di
cambiare radicalmente il quadro normativo esistente, attraverso una proposta di legge
d’iniziativa popolare i cui obiettivi sono: la tutela della risorsa e della sua qualità, la
ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e la gestione dello stesso mediante
strumenti di democrazia partecipativa.
Ad oggi al Forum Italiano, aderiscono oltre ottanta reti nazionali, più di 1.000 realtà
territoriali e centinaia di Enti Locali.
Facoltà dell’acqua
www.universitadelbenecomune.org
La Facoltà dell’Acqua è la prima, delle quattro Facoltà dell’Università del Bene
Comune, in Italia.
Il 1° biennio della Facoltà si è svolto ad Abano Terme (PD) nel 2004/05. L'oggetto di
questa facoltà è l'acqua, in quanto espressione simbolica e concreta del bene comune ed
esempio maggiore di ciò che è un bene comune, in particolare un bene comune
mondiale.
Le attività della Facoltà sono finalizzate allo sviluppo una nuova cultura della società ci -
vile, fondata sull’accesso all’acqua come diritto ed alla difesa del medesimo come
“bene comune” grazie all’acquisizione di “saperi” multi disciplinari, a partire da espe-
rienze concrete di gestione.
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Campagne di sensibilizzazione
Acqua è vita
www.acquaevita.it
Acqua è vita è una campagna di informazione, sensibilizzazione e raccolta fondi,
promossa dall'associazione di volontariato internazionale LVIA di Cuneo, in occasione
dell'Anno Internazionale dell'Acqua, proclamato per il 2003 dalle Nazioni Unite.
Acqua è vita chiede a singoli cittadini, personalità della cultura e dello sport,
associazioni, imprese, scuole e università, istituzioni locali e regionali uno sforzo di
fantasia e un impegno concreto per raccogliere i fondi sufficienti a realizzare, progetti
che daranno acqua a 500.000 persone in Africa.
Imbrocchiamola
www.imbrocchiamola.org
L'iniziativa Imbrocchiamola, si propone come uno degli appuntamenti proposti per l'uso
dell'acqua di rubinetto a casa, al ristorante, in pizzeria e al bar: per ridurre i consumi di
acque minerali, per evitare sprechi di energia e risorse, per diminuire la produzione di
rifiuti plastici, per abbattere le emissioni di anidride carbonica causate dai camion che
trasportano le bottiglie.
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Portatori d’acqua
www.portatoridacqua.it
La campagna Portatori d’acqua si propone di attivare un processo di partecipazione e
mobilitazione da parte dei cittadini, istituzioni ed enti locali, disponibili ad impegnarsi a
difesa dell’acqua attraverso una serie di comportamenti individuali e collettivi. La
campagna vuole essere una modalità per mettere in rete e dare visibilità politica agli
impegni assunti dai cittadini ed enti locali, per il riconoscimento dell’acqua come diritto
umano.
Libera l’acqua
www.liberalacqua.it
Libera l’Acqua è una campagna di sensibilizzazione, informazione e raccolta fondi per
finanziare quattordici progetti in territori afflitti da miseria.
La campagna propone una borraccia contro la crisi economica e alle bottiglie di plastica,
con la quale si può portare l’acqua del rubinetto con se. La borraccia è realizzata
dall’azienda svizzera SIGG, le bottiglie in alluminio sono il contenitore perfetto per
l’acqua potabile, perché riciclabili, indistruttibili, pratiche e leggere. L’obiettivo della
campagna è quindi la salvaguardia di questo bene prezioso attraverso l’incentivo al
consumo dell’acqua del rubinetto.
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Water - Accesso all’acqua attraverso la promozione dei diritti
La campagna Water - Accesso all’acqua attraverso la promozione dei diritti si propone
come obiettivo generale: inserire il riconoscimento del diritto all’acqua per i cittadini,
soprattutto dei Paesi del Sud del mondo, nei quadri normativi e nell’organizzazione dei
servizi per l’accesso all’acqua. Gli obiettivi specifici sono:
1) Inserire il riconoscimento del diritto all’acqua all’interno dei quadri normativi
nazionali e internazionali (leggi sull’acqua, Convenzioni internazionali, rapporti speciali
dell’ONU, documenti finali del V Forum mondiale dell’acqua di Istanbul 2009).
2) Rafforzare la rete internazionale di istituzioni locali e nazionali, comitati e associa-
zioni impegnati nella difesa dell’acqua come diritto umano e bene comune dell’umanità
nei Paesi del Sud del mondo.
3) Promuovere i principi di cooperazione, partecipazione e solidarietà, nelle gestioni
nazionali e internazionali dell'acqua caratterizzate da interdipendenza con le gestioni dei
PVS.
Il Manifesto dell'acqua
Nel 1998 a Lisbona, Organizzazioni non governative e altri soggetti hanno lanciato il
"Manifesto dell'acqua", sostenendo che essa non è un bene economico ma un bene vitale
patrimoniale comune mondiale e che bisogna stipulare un contratto mondiale dell'acqua,
con due principali finalità:
1) assicurare l'accesso per ogni essere umano, per ogni comunità umana; l'accesso
dev'essere riconosciuto come diritto politico, economico e sociale fondamentale
individuale e collettivo inalienabile.
2) assicurare la gestione solidale e sostenibile integrata dell'acqua.
Per realizzare la prima finalità sono state organizzate delle campagne di mobilitazione
allo scopo di promuovere una Convenzione mondiale dell'acqua, che introduca nella
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo il Diritto di accesso all'acqua, di
modificare le leggi nazionali o fare approvare nuove leggi.
Le comunità locali, su mandato della comunità mondiale, debbono essere i titolari del
controllo, dell'esercizio e del godimento dei diritti-doveri individuali e collettivi relativi
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all'acqua e fissare le tariffe progressive dei servizi di distribuzione dell'acqua, in base ai
principi di solidarietà e sostenibilità.
Il Contratto mondiale dell'acqua si propone quattro obiettivi prioritari: impedire che il
numero dei non aventi accesso all'acqua aumenti, com'è nelle previsioni, secondo cui
nel 2020-25 sarebbero più di quattro miliardi le persone senza accesso all'acqua potabile
e fare in modo che esso diminuisca; disarmare i conflitti per l'acqua, ridurre gli sprechi,
assicurare l'accesso all'acqua degli abitanti delle 600 città che nel 2020 avranno più di
un milione di abitanti.
Gli attori sociali che debbono impegnarsi su questi obiettivi debbono essere i
parlamenti, le associazioni della società civile, gli scienziati, gli intellettuali, i media e i
sindacati.
L'Italia non è stata fra i paesi più attivi per una politica mondiale dell'acqua, comunque
anche nel nostro paese si è costituito un Comitato per il contratto mondiale dell'acqua e
si è lanciato un Manifesto italiano.
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Produzioni cinematografiche, letterarie e teatrali
Per il suo carattere controverso e contingente, l’acqua è un tema su cui si è sviluppata
un’attenzione particolare da parte della produzione cinematografica documentaria e
d’inchiesta e della produzione teatrale e letteraria. Si offre una lista di libri e produzioni
documentarie sull’acqua corredate di dati, ove è stato possibile ritrovarli.
Le guerre dell’acqua
Di Vandana Shiva, Edizione Feltrinelli, Roma 2004.
Un libro importante che al contempo celebra il ruolo di pacificazione tra i popoli che
l’acqua tradizionalmente ha sempre assunto e la minaccia dei conflitti che potrebbero
derivare dalla sua privatizzazione.
Le prime pagine di questo libro parlano di acqua insufficiente in Israele, India, Cina,
Bolivia, Canada, Messico, Ghana e Stati Uniti. Le guerre dell’acqua non sono una
prospettiva lontana nel futuro. Il conflitto è già in corso, anche se non è sempre visibile.
Sono al tempo stesso guerre di paradigmi - conflitti su come percepiamo e viviamo
l’esperienza dell’acqua - e guerre tradizionali. Questi scontri fra culture dell’acqua si
stanno verificando in ogni società. Che si tratti del Punjab o della Palestina, spesso la
violenza politica nasce dalla competizione sulle scarse ma vitali risorse idriche. Molti
conflitti politici determinati dal controllo sull’acqua sono celati o repressi. Per esempio,
nel Punjab una delle ragioni del conflitto che negli anni ottanta ha provocato oltre
quindicimila morti è stata il continuo disaccordo sulla spartizione delle acque del fiume.
Poi hanno attribuito gli eccidi e gli scontri alla rivolta sikh. Chi controlla il potere
preferisce mascherare le guerre dell’acqua travestendole da conflitti etnici e religiosi.
Sono travestimenti facili perché le regioni lungo i fiumi sono abitate da società
multietniche che presentano una grande diversificazione di gruppi umani, lingue e
usanze.
Vandana Shiva
Fisica quantistica ed economista, dirige il Centro per la Scienza, Tecnologia e Politica
delle Risorse Naturali di Dehra Dun in India. È considerata la teorica più nota di una
nuova scienza: l'ecologia sociale.
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Il Manifesto dell'acqua. Il diritto alla vita per tutti
Di Riccardo Petrella, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2001.
È un'utopia pensare che tutti nel mondo potranno disporre dell'acqua fra vent'anni?
Quali sono le soluzioni percorribili? È giusto privatizzare e lasciare al mercato il
compito di risolvere il problema? Un'alternativa esiste, ed è quella che viene proposta
dal Manifesto dell'acqua, pubblicato ora anche in Italia, vincitore nel 2000 del Premio
Internazionale delle scritture d'acqua. L'acqua non deve diventare il petrolio di domani.
Contrariamente all'idea che l'acqua sia "l'oro blu", questo testo afferma che essa deve
essere considerata come bene comune, patrimonio dell'Umanità. Propone inoltre la
definizione e la messa in opera di un sistema pubblico di gestione delle risorse idriche
organizzate dal livello locale a quello mondiale, avente anche la funzione di "tribunale"
per la risoluzione dei conflitti e di garante dell'accesso per tutti nella quantità e qualità
sufficiente alla vita.
Riccardo Petrella
Economista politico (Università di Firenze), è consigliere della Commissione Europea a
Bruxelles e professore di mondializzazione presso l'Università Cattolica di Lovanio
(Belgio). Insegna anche alla "Libera Università di Bruxelles" (sessione olandese).
Presidente del Gruppo di Lisbona è collaboratore di "Le Monde Diplomatique" ed è
stato per cinque anni presidente dell'Associatión des Amis de Le Monde Diplomatique.
Militante, è un "operaio della parola" presente ovunque è possibile proporre soluzioni
alternative alla mondializzazione dell'economia capitalistica di mercato.
H2Oro
Spettacolo teatrale - www.itineraria.it
Da un progetto di Fabrizio De Giovanni e Maria Chiara Di Marco, nasce questo
spettacolo di teatro-documento per sostenere il diritto all'acqua per tutti, per riflettere sui
paradossi e gli sprechi del "Bel Paese", per passare dalla presa di coscienza a nuovi
comportamenti.
Uno spettacolo per affermare che un altro mondo è possibile, non all'insegna del denaro,
ma della dignità umana. H2Oro è una produzione della Compagnia teatrale
ITINERARIA diretta da Roberto Carusi. Lo spettacolo è stato realizzato con: il
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Patrocinio del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua e del Centro
Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano e premiato nel 2006 con una targa d'argento
dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Flow - per amore dell’acqua
Documentario-inchiesta di Irina Salina
Produzione: The Group Entertainment
Produttore: Steven Starr, Gill Holland, Yvette Tomlinson
Sceneggiatura: Irena Salina
Montaggio: Caitlin Dixon, Madeleine Gavin, Andrew Mondhsein, A.C.E.
Fotografia: Pablo De Selva, Irena Salina
Sound editor: James D. Redding, David Paterson
Musica: Christophe Julien
Distribuzione: Celluloid Dreams
Formato: DigiBeta
Un documentario sull'acqua con contributi di Mario Sesti, approfondimenti ed estratti
da Le guerre per l’acqua di Vandana Shiva e con un’intervista esclusiva a Riccardo
Petrella, segretario generale del "Contratto mondiale sull’acqua".
Irena Salina ha raccolto dati, ascoltato testimonianze, cercato storie per comporre un
quadro completo di quello che gli esperti chiamano "21st: Century's global water crisis".
Ci sono i grandi cartelli mondiali dell'acqua, che mirano ad una privatizzazione globale
delle risorse idriche, ci sono gli scienziati che spiegano perché stiamo raggiungendo il
punto di non ritorno, ci sono gli attivisti che lottano contro le multinazionali, c'è la
quotidiana stupidità di comprare acqua in bottiglia meno pura e meno sana di quella che
esce dai nostri rubinetti.
Il documentario lancia un grido di allarme: l'acqua, bene primario per la sopravvivenza
del pianeta, è in pericolo. E sceglie di procedere mostrando le ripercussioni locali di
questa crisi globale: la lotta di idraulici clandestini che in Africa, con il favore delle te-
nebre, riallacciano le baracche nei sobborghi alla rete idrica, garantendo così la soprav-
vivenza di intere comunità; un caso di inquinamento dell'acqua scandalosamente occul-
tato in California; il responsabile di una compagnia fornitrice d'acqua potabile che fattu-
ra miliardi di dollari ogni anno pronto a spacciare la privatizzazione come la soluzione
del futuro; un "guru dell'acqua" che incoraggia in tutta l'India iniziative comunitarie di
lotta sul tema delle risorse idriche; un autore canadese che svela al mondo l'amara verità
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sui profitti e i giochi di potere legati alla commercializzazione dell'acqua potabile. Il
film è questo, e molto altro.
Irena Salina
Nata in Francia nel 1968, ha lavorato come attrice teatrale prima di trasferirsi a New
York per studiare all'Actor's Studio. Ha fatto esperienza in varie produzioni ricoprendo
le mansioni più diverse e ha poi esordito alla regia con il corto See You on Monday. Il
suo primo lungometraggio, Ghost Bird: The Life and Art of Judith Deim (2000), un
documentario sulla straordinaria vita dell'artista di Saint Louis Judith Deim, le vale
premi a numerosi festival e continua a essere programmato con grande successo dal
Sundance Channel.
El Ciruelo
Documentario di Carlos Rossini ed Emiliano Altuna (Messico, 2008, 70’).
Sceneggiatura: Carlos Rossini, Emiliano Altuna
Fotografia: Lauracarmen Magaña, Carlos Rossini, Emiliano Altuna
Montaggio: Pedro G. García, Carlos Rossini, Emiliano Altuna
Suono: Daniel Hidalgo
Produttore: Christiane Burkhard, Carlos Rossini, Emiliano Altuna
Produzione: IMCINE - Instituto Mexicano de Cinematografía CONACULTA - Consejo Nacional para la
Cultura y las Artes FOPROCINE, Prysma Film
Bambú Audiovisual
HD-Cam, Colore
Lentamente, e inesorabilmente, il piccolo villaggio di El Ciruelo, sulle montagne della
Sierra di Nayarit, in Messico, sta scom parendo. A causa della costruzione di un invaso,
le acque del fiume El Cajón stanno inondando e sommergendo questa regione. Il lento
innalzarsi del letto del fiume porta con sé la fine del paese. Lunghe e silenziose
sequenze mostrano, dall’acqua, le case di mattoni e la chiesa bianca sommerse dal
fiume in un’atmosfera di malinconica fine. Gli oggetti della vita recente galleggiano,
immobili. L’acqua si appropria dei luoghi che gli uomini hanno abitato da secoli. Il
silenzio è rotto dal rumore degli automezzi su cui si apprestano a partire le famiglie che
abitano i villaggi. Gli abitanti sono costretti, a malincuore, ad abbandonare le loro case e
la loro storia, cercano di abituarsi alla vita nel villaggio che lo Stato ha costruito non
lontano per loro, El Nuevo Ciruelo.Qui le case sono tutte uguali, sembrano fatte con lo
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stampino. È stato ricostruito perfino il cimitero, ma le donne affermano che queste
tombe «non dicono niente».
Emiliano Altuna, Carlos Rossini
Nati entrambi in Argentina ed entrambi nel 1978, Emiliano Altuna ha studiato
cinematografia a Barcellona e Carlos Rossini in Messico. Nel 2004 hanno fondato
insieme la casa di produzione Bambù Audiovisual dove lavorano oggi come autori,
registi e produttori.
L’acqua invisibile
Documentario di Andrea Palladino e Astrid Lima (Italia/Gran Bretagna 2006, 58’).
Produzione: Boker Media Agency Ltd. e Associazione Liblab
Formato originale: HDV (1080i50) 16:9
Musiche: Il sesto continente, di Carlo Micheli / Porto de Llenha, di Aldisio Filgueiras e Torrinho
Manaus è la capitale geografica e culturale dell'Amazzonia brasiliana. Si affaccia sul-
l'incontro del Rio Negro con il Rio Amazonas, che formano il maggior bacino d'acqua
dolce del mondo. A Manaus 300.000 persone stanno vivendo da anni una paradossale
emergenza idrica: la distribuzione dell'acqua - privatizzata nel 2000 - raggiunge solo i
quartieri centrali e residenziali e l'acqua potabile costa più che in Europa. Come uscire
da questa situazione? La città di Manaus si rende conto che il modello europeo della pri -
vatizzazione non può funzionare in un paese in via di sviluppo, dove accanto ad una for -
te crescita demografica troviamo una delle peggiori distribuzioni di reddito del Brasile.
Ogni cultura dovrà trovare nella propria storia, nella propria cultura le risorse e la pro-
gettualità per rispondere alle sfide della globalizzazione.
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Strade d'acqua
Documentario di Augusto Contento - www.cineacqua.com
Produzione: Cineparallax
Co-produzione: Pàlé Films - Pirates à l’écran
Musiche originali: Ken Vandermark
Un documentario che va nella foresta dell'Amazzonia, dove spesso le uniche strade per-
corribili sono quelle fluviali, anche per gli abitanti del luogo, per i quali utilizzare le
"strade d'acqua" significa salvare il fiume dalla deforestizzazione. Un documentario che
contiene alle sue interno testimonianze di esperti, abitanti e viaggiatori.
The water front
Inchiesta di Liz Miller - www.waterfrontmovie.com
Un esempio d’inchiesta in cui l’autrice intervista cittadini e parti istituzionali, sulla
questione della privatizzazione del servizio idrico. Highland Park è una città ormai
abbandonata dove non c’è lavoro e la gente fa fatica a pagare l’affitto, figuriamoci le
bollette dell’acqua, che con la privatizzazione sono aumentate. L’aumento però è dovuto
anche per una decisione dell’amministrazione per risanare le casse pubbliche. Con lotte,
manifestazioni e azioni legali il comitato cittadino vincerà la causa contro
l’amministrazione.
La pace come l’acqua
Documentario di Myrice Tanzini
Il filmato La pace come l'acqua tratta il problema delle risorse idriche in Palestina senza
posizioni preconcette e analizzando a fondo i problemi legati alla conflittualità che si
sviluppa tra israeliani e palestinesi, quando si tratta della gestione delle risorse idriche
che entrambi i popoli hanno in comune. Il cortometraggio, realizzato dalla Cooperativa
Sud Nord, non si è limitato alla denuncia della situazione esistente ma, attraverso una
serie di testimonianze dei diversi attori dello scenario arabo-israeliano, tenta di tracciare
una possibile soluzione ai problemi legati all'acqua, che possono essere superati solo
attraverso una pacifica e condivisa gestione della risorsa.
Sul conflitto Israelo - Palestinese si segnala anche un altro documentario: Route 181 di
Eyal Sivan and Michel Khleifi.
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Drowned out (Sommersi)
Documentario di Franny Armstrong
Un documentario su un villaggio alle prese con la costruzione di una diga sul fiume
Narmada. Le conseguenze sono l’inondazione dell’intera zona, distruggendo l’ambiente
fertile. La gente del posto protesta decidendo di non spostarsi.
The Water Is Ours, Damn It!
Documentario di Sheila Franklin e Ravi Khanna
www.1worldcommunication.org/documentaryonbolivia.htm
Un documentario che racconta i soprusi della privatizzazione dell’acqua a Cochabamba,
in Bolivia (2000) e la conseguente rivolta popolare, finita con la vincita del popolo con-
tro il governo e le multinazionali.
L’oro blu!
Documentario di Damien de Pierpont
www.filmeeinewelt.ch/italiano/files/40184.pdf
Il documentario del regista belga Damien de Pierpont, L’oro blu, mette in scena il
problema della gestione idrica portando l’esempio di quanto accade in Marocco, nella
regione attorno a Marakech.
Il documentario propone uno spaccato sulla crisi idrica, sulla privatizzazione e sul
progresso economico dannoso per questi luoghi.
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