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360com Iab seminar Mobile 2016

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U P G R A D EM O B I L E S U M M I T

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ANNO VII | #1 | GIOVEDÌ 14 APRILE 20161

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ANNO VII | #1 | GIOVEDÌ 14 APRILE 2016COM

Cosa ci riserva il futuro dell’adv alla luce dell’espansione vissuta dalle tecnologie mobili che sta rivoluzionando l’intera industry

strategie rOCKet FUeLIl futuro per la mobile adv è solamente native

I dispositivi sono tanti ma l’utente resta uno

Gli smartphone saranno di certo il prossimo terreno di battaglia

dell’online adv. Ma attraverso quali formati? Lo studio di IHS Technology prova a delineare lo scenario in arrivo

Intervista al country manager della company, Enrico Quaroni,

che aggiorna sull’evoluzione dell’of-ferta aziendale sviluppata nel delica-to e competitivo campo del mobile

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12 14 16 20

4sCenari

Interviene il business developer della startup legata a Artattack

netnOCContent marketing: si consumano più contenuti, non adv

La strategia del noto marchio del beverage: social audience

bUzzOOLeCeres preferisce cercare il dialogo con gli influencer

Parla il chief executive officer della struttura, Carlo Vaccaro

biz UpNative advertising che strizza l’occhio al mondo digital pr

L’opinione di Sirio Zuelli, ceo della sigla nata quattro anni fa

pixeLbOOKTra mobile e web la strada più efficace rimane l’integrazione

Mobile Relations: Barcellona “caput mundi” della mobilità

zanOxMshopping, la corsa che non conosce pause

verizOnInternet of Things diventa mainstream

FindTutti i segreti per ottenere successo: contenuti più seo

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Il 60% degli utenti di smartphone è insoddisfatto dei servizi erogati dagli operatori di telefonia mobile di riferimento ed è pronto a cambiare fornitore. È una delle principali evidenze dello Screenager Report 2016 di Accenture, multinaziona-le specializzata in consulenza direzionale, servizi tecnologi-ci e outsourcing. Lo Screenager Report 2016 si basa sui dati raccolti nell’ambito della Digital Consumer Survey 2016, uno studio annuale attraverso cui Accenture si propone di indagare la percezione che i consumatori hanno di disposi-tivi, servizi e contenuti digitali, e analizzare i comportamenti di acquisto, le preferenze e l’impatto nel loro stile di vita. La Digital Consumer Survey 2016 ha coinvolto 28.000 consu-matori in 28 Paesi, Italia inclusa. L’indagine è stata condotta online tra ottobre e novembre dello scorso anno, su un cam-pione rappresentativo della popolazione dai 14 ai 55+ anni di età, per un totale di 1.000 interviste per ciascun Paese. In materia di soddisfazione dei servizi forniti dagli operatori di telefonia mobile, gli esperti raccolgono e pubblicano opinio-ni e commenti degli utenti riguardanti affidabilità, assisten-za clienti, copertura di rete e tempi di attivazione. Dallo Screenager Report 2016 di Accenture si appren-de anche che il 62% degli utenti di smartphone è preoccupato per la sicurezza delle transizioni finanziarie e il 47% per la privacy e la sicu-rezza in generale, e che l’83% reputa trop-po frequenti gli annunci pubblicitari. Privacy e advertising su dispositivi mobi-li sono temi peraltro legati a doppio filo, come evidenziato da Nachiket Deshpande, vicepresidente di Cinarra Systems, azien-da che fornisce una piattaforma pubbli-citaria di mediazione, in un intervento ospitato sulle pagine web di Light Re-ading e intitolato “What Privacy Means for Mobile Operators”. Alcuni operatori di telefonia mobile, fra cui Orange, Ve-rizon Communications, AT&T, Telenor e PT Indosat Tbk, hanno iniziato a imple-

mentare modelli di business basati sulla monetizzazione dei dati forniti - previo consenso - dagli utenti dei loro ser-vizi. Le soluzioni sperimentate dalle compagnie di settore di cui sopra, ha spiegato Deshpande, devono essere confe-zionate avendo come obiettivo primario la tutela della pri-vacy degli utenti, perché soltanto in tal modo questi ultimi potranno accogliere volentieri le medesime soluzioni e gli operatori proporre servizi di valore ai loro abbonati. Alle cri-ticità emerse in seno allo Screenager Report 2016 si affian-cano spazi di manovra utili per gli operatori di telefonia mo-bile che vogliono migliorare i loro servizi e intercettare la domanda e le esigenze dei consumatori. Si pensi, per esem-pio, che il 71% degli utenti di smartphone si dichiara dispo-sto a pagare di più per fruire di un servizio di accesso miglio-re. “La chiave è fornire esperienze nuove, di elevata qualità, multi-dispositivo e multi-canale, capaci di soddisfare im-mediatamente le attese dei consumatori”, spiega Marco Vernocchi, Global Digital Lead Communications, Media and

Technology di Accenture. “A tal fine, è ne-cessaria una progettazione intelligente e centrata sull’utente, che muova dall’ana-lisi integrata dei dati e che sia suppor-

tata da servizi di connettività, sicurezza e privacy in linea con le aspettative dei con-sumatori”, aggiunge Vernocchi. Tra i con-

sigli indirizzati da Accenture agli operato-ri di telefonia mobile, infine, ne figura uno che ha

a che fare con un tema trattato più volte su queste pa-gine web: il rapporto tra telco e Ott. Gli esperti di Ac-

centure Consulting suggeriscono alle compagnie di tele-comunicazioni di collaborare con i fornitori di contenuti e servizi, secondo un modello di innovazione aperta. Intan-to, il traffico da mobile sta aumentando ad altissima ve-locità e un nuovo studio da parte di Cisco conferma che nel 2020 il traffico video comporrà il 75% del traffico tota-

le. In crescita del 55% rispetto al 2015. E le statistiche per il Nord-America sono ancora più alte con traffico video del 77%. Il report annuale di Cisco, Visual Networking Index fo-

editorialedi Matteo dedè

Multi-dispositivo. e Multi-canale Questo vuole la gente dal Mobile

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Direttore responsabileDaniele Bologna

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Pubblicità e iniziative specialiIvano Moro

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mob. +39.3393970611

recast (VNI), infatti, illustra che il traffico mobile è cresciuto di 400 milioni negli ultimi 15 anni e l’aumento nel numero di utenti, di dispositivi mobili e l’innovazione tecnologica stan-no facendo arrivare il traffico video alle stelle. Lo studio pre-dice che nel 2020 ci saranno più di 11,6 miliardi di dispositi-vi mobili connessi ad internet, dato che supera le proiezioni della popolazione in quell’anno (7,8 miliardi) e che questo avrà un impatto fortissimo sul traffico video. Vediamo, quin-di, nei dettagli quali sono le previsioni di Cisco per il 2020.

= Nel 2020, oltre il 75% del traffico globale da mobile sarà costituito da video;

= Gli smartphone rappresenteranno l’81% del traffico da mobile totale, in crescita rispetto al 76% del 2015;

= La connessione tramite rete 4G supererà il 2G nel 2018 e il 3G nel 2020; Entro il 2020, ci saranno 432 mi-lioni di hotspots WiFi (inclusi quelli domestici), rispet-to ai 64milioni del 2015;

= Per ogni persona inglese ci saranno almeno tre con-nessioni a internet;

= 7 bilioni di video saranno caricati nel 2020, ossia circa 2,5 video al giorno per persona.

Traffico video da mobile: il consumo aumentaIl consumo di video sta crescendo, dunque, molto più ve-locemente di qualsiasi altro tipo di contenuto digitale, per questo le proiezioni dei prossimi cinque anni di Cisco si sono concentrate su questa tipologia.= Cosa farà aumentare così tanto il consumo prima del

2020? Essenzialmente, la facilità con cui i consuma-tori potranno avere accesso a dispositivi altamente performanti che utilizzeranno soprattutto per acce-dere a contenuti video. Gli smartphone sono diventati molto sofisticati e generano oggi 4 volte il traffico ge-nerato dai dispositivi mobili; i tablet hanno possibilità ancora migliori generando 113 volte più traffico.

= I video sono il contenuto multimediale con proiezioni di crescita più alte nei prossimi cinque anni, che è il motivo per cui una strategia di video marketing su di-spositivi mobili è essenziale per ogni brand.

= Non c’è che dire: sarà il video a trainare tutto. E i principali operatori stanno già muovendosi a gran ritmo per accaparrarsi le migliori posizioni sul cam-po, pronti a giocare un’ulteriore partita decisiva sul sempre più competitivo terreno del digitale

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scenari/1

Mobile Relationsil Mobile World congress di barcellona è l’evento più iMportante al Mondo nel settore della telefonia Mobile. e non solo, perché la Mobilità sta orMai interessando Qualsiasi aMbito della nostra vita. così, abbiaMo seguito da vicino la kerMesse spagnola, scoprendo coMe potrebbe caMbiare il futuro, anche per l’advertising systeM

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Servizi a cura di FranceSco Lattanzio, anna Maria ciarduLLo e nicoLò FranceSchi

Ad aprire le danze del Mobile World Congress 2016 di Bar-cellona, è stato David Black, branding consumer markets managing director di Google. Nel suo speech ha fatto il pun-to su come oggi l’esperienza video da mobile sia la migliore di sempre grazie a schermi ogni volta più grandi e luminosi, videocamere intelligenti e un suono più netto e preciso. Il fu-turo è video: questo aspetto, infatti, ha completamente cam-biato il nostro modo di esporci ai mezzi di comunicazione. «I ragazzi non guardano più la tv sul divano con la famiglia perché da mobile possono fruire di molti più contenuti, an-che contemporaneamente, e le loro star non sono più quelle televisive, ma di YouTube». Partendo da questo nuovo grado di partecipazione attivo dei consumatori i marketer posso-no trovare nuovi modi di raggiungere il pubblico. Black ha dato loro tre consigli: «“To Show Up”, ovvero farsi vedere ed essere esattamente dove sono i consumatori, sebbene capi-re come avvengano i cambiamenti nel loro comportamento sia la vera sfida di oggi. E poi focalizzarsi, testare e impara-re a ottimizzare l’offerta per il mobile. Infine, prestare mol-ta attenzione all’analisi dei dati. Se pensate che le esperien-ze multimediali di oggi siano “immersive”, ebbene, questo è solo l’inizio» ha concluso. A quanto pare questo è il momen-to migliore per essere un brand marketer poiché il mondo è veramente pronto per un’autentica video rivoluzione.

Attrarre nuovi clientiMary Clark, chief marketing officer di Syniverse, è poi inter-venuta al panel ospitato dal mega evento spagnolo su quan-to sia importante oggi il mobile per attrarre nuovi clienti. «E’ tutta una questione di personalizzazione» ha esordi-to. Quando un consumatore decide di partecipare, ricono-sce l’esistenza di una relazione, ma sta all’abilità del mar-keter assicurare un consumer engagement personalizzato e di successo. La ricetta vincente, per Clark, è ancora una volta un trittico: fare attenzione ai dati, alla trasparenza e alle funzioni di controllo. Il panel si è concluso con una di-scussione incentrata sulle crescenti tensioni tra advertising e utility. «Vorrei dire, in tono provocatorio che ci troviamo all’inizio di un’era post advertising», ha commentato Lou-is Paskalis, senior vice president and enterprise media exe-cutive di Bank Of America. «Oggi i brand attirano i clien-ti tramite il mobile. Il più personale e il più rilevante device di comunicazione della storia spinge le aziende a un riesa-

me delle proprie strategie». Secondo Paskalis, siamo all’ini-zio di una rinascita del marketing perché oggi i brand de-vono competere anche con gli stessi consumatori che sono diventati publisher a tutti gli effetti. La qualità del contenu-to fa la qualità dell’advertising e lo dimostra il fatto che ogni dieci video condivisi quattro hanno un contenuto pubblici-tario. Ha concluso il panel Susie Kim Riley, chief executi-ve and founder di Aquto, discutendo le criticità che si pre-sentano quando si decide di investire di più nel mobile. Gli utenti accettano realmente di stabilire una relazione con il brand solamente se si sentono davvero considerati e solo se ritengono che ne valga la pena. L’unico modo per riuscire ad attirare la loro attenzione è quello di offrire qualcosa che li renda veramente soddisfatti e che ne consolidi la fiducia. La sfida del secolo, insomma. In fondo, una cosa è chiara a tut-ti: ciò che è buono oggi potrebbe non esserlo domani.

Disruption ovunqueL’ultimo Mobile World Congress che abbiamo seguito a Bar-cellona ha creato vera disruption nella mente degli addet-

ti ai lavori presenti negli immensi spazi dell’evento. L’area in cui si diramano gli stand era frizzante, congestionata dai vi-sitatori che si fermavano nelle postazioni di player mondia-li operanti nelle diverse aree necessarie all’advertising mo-bile. Dati, programmatic e geotargeting cambiano tratti ad ogni passo, mutando la forma grazie a offerte e funzionali-tà specifiche. Tra i colossi internazionali, sorprendeva il nu-mero di aziende francesi, a testimonianza del gran lavoro fatto Oltralpe nel settore dell’advertising digitale. L’intreccio tra speech e argomenti ha offerto punti di vista e suggeri-menti provenienti dai personaggi di più alto rilievo nei cam-pi di tecnologia, telco, advertising, brand ed editoria, anche se non è stato sempre facile mantenere l’orientamento. Era-no molti, infatti, i teatri dislocati tra i vari padiglioni che an-nodavano gli oltre cento interventi legati da cinque filoni paralleli. Alle 11 del mattino della prima giornata erano in corso ben diciotto attività diverse tra keynote, tour virtua-li e conferenze. La traccia seguita dalla conferenza plena-ria, l’evento principale di MWC 2016, ha corso trasversale su molte tematiche, dall’applicazione del 5G, fondamenta-

L’intreccio tra speech, tecnoLogie e reLazioniNell’immagiNe a lato: si preseNtava così la fiera di barcelloNa Nelle prime ore del mattiNo che ha iNaugurato l’edizioNe 2016 del mobile world coNgress. tra i taNtissimi temi affroNtati iN spagNa ha trovato ampio spazio la disamiNa della situazioNe attuale iNereNte l’esperieNza video da mobile: è giudicata la migliore di sempre, grazie a schermi ogNi volta più graNdi e lumiNosi, videocamere iNtelligeNti e uN suoNo più Netto e preciso. il futuro, duNque, è video: questo aspetto, iNfatti, ha completameNte cambiato le Nostre modalità di esposizioNe ai differeNti mezzi di comuNicazioNe

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tà digitale; ma soprattutto il suo utilizzo massivo potrà aiu-tare a snellire la burocrazia, mantenendo una sicurezza ga-rantita dalla collaborazione tra settore pubblico e privato che ne consegni agli utenti più controllo. Contemporanea-mente, nel padiglione dedicato ai media, si succedevano gli speaker del Mobile Media Summit: una raccolta di interven-ti dedicati alle diverse facce dell’advertising. La scrematura dei dati e la confusione che nasce da una errata considera-zione sull’importanza delle varie informazioni, la descrizio-ne della vita dei consumatori attraverso le app che usano, e il futuro di mobile video e programmatic, sono stati passa-ti al setaccio nei diversi Auditorium della Hall 8.0. Di que-sti ultimi due argomenti 360com ha voluto saperne di più e ha intervistato due grandi player internazionali, operan-ti anche in Italia.

Teads: “Il mobile è il nostro focus”«Il mobile è diventato il nostro focus, tanto che in diversi Pa-esi del mondo, tra cui Italia e Uk, il 50% del nostro business è relativo a questi dispositivi. I nostri prodotti video sono cross-screen, ma funzionano meglio su smartphone e ta-blet, perché i formati delle pagine web ci permettono di svi-luppare i player in modo che si estendano su tutta la larghez-za disponibile, catturando così più attenzione» spiega Todd Tran, svp global mobile & programmatic di Teads. «Inoltre, abbiamo notato che i budget dedicati al mobile aumenta-no con un ritmo più alto rispetto alle inventory. In questo modo, molti brand si ritrovano a investire su modalità poco remunerative, accostandosi a contenuti di scarsa qualità. In-fatti, solo il 5% dei video prodotti sono professionali, ed è questo che intendiamo noi di Teads per qualità. Lavorando con molti editori premium a livello internazionale, abbiamo creato un ecosistema brand-safe. Abbiamo annunciato un nuovo partner sul territorio italiano, mentre la collaborazio-ne con AppNexus, poi, è una grande opportunità, perché ci permette di erogare adv su inventory di alto livello. Inoltre, qui al Mobile World Congress abbiamo presentato una no-vità: il formato InRead Vertical. Un player verticale, reso di-sponibile da inizio aprile, che si estende esattamente lungo le dimensioni degli schermi mobile, per permettere inser-zioni video viewable by design». «La viewability e le moda-lità di pagamento e di fruizione seguono esattamente quelle dei formati precedenti - continua Santiago Oliete, global svp publisher sales di Teads -. I dati parlano chiaro: l’80% del consumo mobile avviene attraverso una app. Noi siamo già attivi da un anno e mezzo su questo segmento con la no-

suL paLco per spiegare come sarà iL futuro deLLa pubbLicità mobiLeNella prima fila iN alto, da siNistra: alex uNderwood (spotify), susie Kim riley (aquto), allie KliNe (aol), pete blacKshaw (Nestlé). Nella fila ceNtrale, da siNistra: david blacK (google), heNric ehreNblad (widespace), beNjamiN faes (google), louis pasKalis (baNK of america). qui a fiaNco, da siNistra: roy carthy (shiNe), poi saNtiago oliete e todd traN (teads)

le per avviare la rivoluzione che troverà il suo traino nell’uti-lizzo dei dispositivi IoT, al modo in cui i brand si raccontano sui dispositivi portatili, che permettono un immediato e lo-calizzato raggiungimento dell’utenza.

FrammentazioneIl percorso tematico si frammenta e si ricongiunge, per non tralasciare nessuno degli aspetti relativi a un mezzo che ha raggiunto una pervasione del cento per cento sulla popola-

zione mondiale. Sono infatti 7,3 miliardi le sim attive, men-tre circa un miliardo di utenti hanno sottoscritto abbona-menti alla rete Lte. Il traffico dati, benzina per il segmento di mercato, è cresciuto del 65%, grazie alla spinta congiunta di social network e video online. Il mobile appare qui come una chiave per tanti mondi: i wearable possono diventare il motore di una rinnovata produttività e sicurezza azienda-le, smartphone e tablet possono offrire alle aziende delle vie più dirette per approcciare e seguire i consumatori, l’identi-

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7ANNO VII | #1 | GIOVEDÌ 14 APRILE 2016

REINVENTING VIDEO ADVERTISING teads.tv

PREMIUM PROGRAMMATIC

MOBILE V IDEOPREMIUM VIDEO

INVENTORY AT SCALE

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stra sdk, costantemente aggiornata. Da poco abbiamo lan-ciato la terza versione. Inoltre, abbiamo due importanti pro-getti per il prossimo futuro. Uno di questi riguarda i dati. Abbiamo formato un team che sta lavorando sui big data re-lativi ai video. Questo ci fornirà numerose evidenze con cui potremo perfezionare di molto la nostra offerta. Sul fronte video, invece, abbiamo iniziato a percorrere alcune strade per garantire più valore proprio ai video nel momento in cui l’audio è disattivato. I sottotitoli sono solo una delle possibi-lità che stiamo vagliando» ha concluso Oliete.

Rubicon Project: “Al centro di tre grandi boom”«Siamo al centro di tre grandi boom - ha spiegato Joe Prusz, head of mobile di Rubicon Project -. Registriamo una gran-de crescita dei private marketplace su mobile, con un incre-mento pari al 1.400%. Il motivo è che l’universo mobile è più frammentato rispetto al desktop: l’incredibile numero di app presenti negli app store è divisa tra i pochi che si pos-sono permettere di fare affidamento su un team di vendita e i moltissimi che non ne hanno i mezzi. Rubicon Project ha pensato a questa situazione e ha trovato la soluzione per otti-mizzare e massimizzare il valore delle loro inventory. L’asce-sa del mobile, poi, ha dato una forte spinta al proliferare dei formati adv. Native e video stanno definitivamente conqui-stando smartphone e tablet e offrono agli advertiser molte più soluzioni di quanto non faccia il desktop. Questo tema non va sottovalutato perché spesso la creatività ha rappre-sentato un limite nello svolgimento delle operazioni mar-keting su mobile, principalmente a causa della dimensione ridotta degli schermi. L’ultimo fattore che voglio sottolinea-re è la letterale esplosione del programmatic advertising in generale». Se queste sono le tendenze del momento, Rubi-con prova a rilanciare. Ha infatti portato all’esordio Fastlane, soluzione per l’header bidding su desktop, mobile browser e app. «Siamo la prima company al mondo a offrire questa opportunità per le applicazioni: è un grande risultato se si pensa che utilizziamo circa trenta app al mese» ha sottoli-neato Prustz. «Anche in Italia abbiamo da poco comincia-to a proporre questa soluzione: su desktop è già stata adot-tata da due clienti mentre su mobile abbiamo aperto delle discussioni con i nostri partner e siamo fiduciosi in una loro rapida adozione - ha aggiunto Sara Buluggiu, sales director Sud Europa -. Nel prossimo mese di giugno, il team italiano vedrà l’aggiunta di una nuova professionalità che già segue il mercato locale dall’estero. Dunque, Loris Matha entrerà a far parte di Rubicon Project in qualità di yield manager».

scenari/2Il dilemma ad-blocking: un’opportunità preziosa o opzione insostenibile?al Mobile World congress si è iMposta la discussione sulla situazione creata dalla crescente adozione dei tool da parte dei consuMatori e sospinta da accordi per bloccare l’erogazione pubblicitaria direttaMente a livello del netWork. secondo shine, il sisteMa pubblicitario è davanti a “un’opportunità per rivedere le sue Modalità”. e google risponde che “produrre contenuti senza riuscire a Monetizzarli non è sostenibile per gli editori nel breve periodo”

Le fotografie sul mondo del mobile si proiettano sui pal-chi degli auditorium durante il Mobile World Congress di Barcellona. Un susseguirsi di visioni che formano, alla fine dell’evento, il film dell’advertising dei prossimi mesi. Forse anni. Tra gli highlights spiccano anche alcuni scon-tri, come quello avvenuto sul palco dell’Auditorium 3 del-la Hall 4, dove è andato in scena l’intervento “Mobile Ad-vertising: Ad-Engagement and Ad-Blocking”. Allie Kline, cmo di Aol, Benjamin Faes, managing director di Media & Platforms Google, Pete Blackshaw, vice president Digi-tal & Social Media di Nestlé, Nick Hugh vice president & general manager Advertising Emea di Yahoo, e Roi Car-thy, cmo di Shine, si sono incontrati per parlare di un tema molto scottante, proprio con uno dei player che, ne-

gli ultimi tempi, ha rintuzzato i carboni già abbastanza ardenti degli scorsi mesi.

L’“erba matta” dell’ad-blockingAd aprire l’intervento, prima della discussione, è stato però James Hilton, Global Ceo & Founder, M&C Saatchi Mobile, con un riassunto sulla situazione e sulle oppor-tunità che offre al settore l’“erba matta” dell’ad blocking. «Gli utenti si sono abituati all’advertising, ma sono anche stufi di essere investiti da cascate di pubblicità fastidio-se. Per evitare che sentano la necessità di installare questi strumenti nei loro browser noi, come advertiser, dobbia-mo cambiare qualche fattore nelle nostre strategie. Ab-biamo a disposizione tonnellate di dati, tanto da poter scoprire esattamente cosa guardano gli utenti all’interno dello schermo e cosa è per loro più rilevante. È importan-te ridurre il numero delle inserzioni, privilegiando una qualità migliore e la scelta dell’ambiente in cui vengono consegnate. Sul lato contenutistico, la chiave strategica sta nei dati di audience, il placement deve essere basa-to su un targeting curato e deve garantire una visibili-tà ottimale alla stregua delle informazioni ricavate dal-le misurazioni. Per quanto riguarda la strategia, invece, continuare con il metodo “spray and pray” è più che mai controproducente. Bisogna lanciare campagne ragionate usando molti canali e meno intensità, nel pieno rispetto dell’utente» ha spiegato Hilton.

Riconoscere il problema«Il primo challenge è riconoscere il problema - spie-

strategia

ingaggio

abusi

l’iNdicazioNe è questa: coNtiNuare coN il metodo “spray aNd pray” è più che mai coNtroproduceNte

per realizzarle Nella maNiera più adeguata vieNe coNsigliato di utilizzare molti caNali e usare meNo iNteNsità

NoN è uN problema Nuovo, è da tempo che si parla di user experieNce: vaNNo ascoltati gli uteNti

NoN bisogNa favorire il peNsiero di essere coNtro l’adv, ma gli aNNuNci fastidiosi soNo da evitare del tutto

caMpagne

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ga Nick Hugh -. Abbiamo deciso di scegliere una logi-ca user-first, ma poi ci siamo trovati di fronte al proble-ma dell’engagement». «Non è un problema nuovo. È da tempo che si parla della user experience. L’unico modo per capire che strada intraprendere è ascoltare i consu-matori. Non possiamo ignorare la loro sensibilità. Anzi, dobbiamo garantire che i formati siano rispettosi sia per il mercato sia per gli utenti» continua Pete Blackshaw. «Qualche anno fa abbiamo dato agli utenti la possibili-tà di segnalarci quali ads consideravano fastidiose. È così che si evolve il sistema» ha aggiunto Hugh. Shine ha ap-pena firmato un accordo con la compagnia telefonica 3 per la costituzione di un sistema di ad blocking diretta-mente dal network e ha risposto, per bocca di Roi Car-thy: «Noi diamo ai consumers la possibilità di evitare gli abusi dell’advertising. Non siamo contro l’adv, ma credia-mo che ci siano nuove regole di engagement da seguire. I nostri 30 milioni di utenti, iniziando da quelli in Italia e Uk, possono scegliere liberamente se ricevere o no le pubblicità». «Va però riconosciuta una sostanziale diffe-renza tra ads buone e cattive. Le prime sono coinvolgenti e apprezzate, altre sono belle, leali e rispettose, ma poco apprezzate. Altre ancora sono solamente fastidiose» è in-tervenuto Benjamin Faes di Google. «E il settore già lavo-ra in questo senso. In Aol ci siamo già posti la domanda: come colpiamo gli utenti senza infastidirli? Per questo abbiamo investito nella ricerca di contenuti più coinvol-genti capaci di portare con forza un messaggio adv» ha fatto eco Allie Kline. L’evoluzione dei contenuti, e l’ap-prezzamento dei suoi risultati, rimane però in mano agli utenti: «Vogliamo assicurare un’esperienza non intrusiva. Shine è aperta ad ascoltare tutti i punti di vista, di adver-tiser e brand, per un migliore advertising. Non facciamo whitelisting e per ora non generiamo revenue. Vogliamo creare un network di fiducia, che magari in futuro ci por-terà qualche ritorno» ha ribattuto Carthy.

Come monetizzare«Produrre contenuti senza monetizzare è un discorso che potrebbe non essere sostenibile per gli editori nel breve periodo. Anche le logiche adottate da alcuni publisher, come ad esempio la richiesta di pagamento per ogni arti-colo verso chi usa ad blocker e la gratuità per chi accetta le ads, distrugge la libertà su cui si fonda internet. Il cui motore e fascino è anche l’adv» ha spiegato Faes. «Sareb-be il crollo di una delle più grandi democrazie nate negli

ultimi trent’anni, ancora guidata dagli utenti. Che sono dieci passi avanti rispetto al settore stesso» ha aggiun-to Kline, prima che Hugh rafforzasse il concetto: «Il 60% della popolazione digitale in Uk preferisce ads e conte-nuti gratuiti a quelli a pagamento. È questa la natura del free internet». «In realtà, il 20% della popolazione eu-ropea utilizza ad blocker per il desktop. Inoltre, tra gli utenti di Digicell, che utilizza una logica opt out, in po-chissimi hanno scelto di ricevere pubblicità. La questio-ne non è cambiare i contenuti, è cambiare le regole. E a tutto questo aggiungiamo che tra il 5 e il 15% dei dati di rete consumati dagli utenti mobile è assorbito dalle in-serzioni - ha tagliato corto il manager di Shine in un dia-logo da tutti contro uno -. La industry pubblicitaria si affaccia ai problemi solo quando questi diventano esi-stenziali. Non è un boicottaggio nei confronti del siste-ma adv, ma un’opportunità per rivedere la sua struttu-ra comunicativa». Va detto, però, che anche sul lato telco non esiste un accordo totale. O2, ad esempio, ha dichia-rato che “l’ad blocking a livello di network non può esse-re una soluzione”.

Radici e declinazioniTra Henric Ehrenblad, Founder and Chairman di Wide-space, Jay Kenny, svp Marketing di Alarm.com, Roelant Prins, Cco di Adyen, e Alex Underwood, vp Head of Glo-bal Agency and Accounts di Spotify, invece, fluttuava un senso di accordo generale. Iab e Dmexco avevano orga-nizzato, in uno dei Teathre del padiglione dedicato, una giornata all’insegna del marketing. Il keynote “Disrup-tive Innovation: The Next Mobile Frontier” ha portato alla luce le radici e alcune delle possibili declinazioni del marketing sui dispositive portatili. Le fondamenta, sono e continueranno ad essere i dati. «Sono importantissi-mi per il nostro business perché ci permettono di fare leva sulla personalizzazione. La sfida è capire cosa pia-ce a ognuno dei nostri utenti e seguire le loro abitudini. Bisogna consegnare il giusto messaggio al giusto utente al giusto momento, dicono i marketer. Ma noi puntiamo ad aggiungere un altro elemento: il giusto contesto. Ab-biamo un business crossplatform che ci consente di su-perare il mondo demografico. Bisogna concentrarsi sulle persone e su cosa fanno. Alcuni ascoltano Spotify anche per addormentarsi, tanto che ci sono delle playlist dedi-cate al sonno» ha spiegato Underwood. «Lavorando sui dati abbiamo scoperto che esistono gruppi di utenti per

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ciascun contenuto. Spesso queste audience si auto pro-filano» ha continuato Ehrenbald, e dunque è necessario aumentare l’attenzione ai dati per calcolare i risultati e scoprire nuove opportunità. Il mobile permette a Wide-space di «utilizzare le informazioni di geolocalizzazione per la delivery di ads specifiche. Ad esempio il weather targeting: se un utente abita in una città in cui c’è sole e caldo, gli consegneremo l’inserzione di una gelateria».

Cloud & Smart«Attraverso una piattaforma cloud che connette tutti i di-spositivi, smartphone e altri oggetti smart presenti nel-la casa, riusciamo a far convivere la gestione automati-ca di alcune dinamiche abitative con la pubblicità. Per esempio, se si è rotto il filtro dell’aria condizionata e tor-nando a casa da lavoro si passa nella zona di un rivendi-

tore, l’app sarà in grado di consigliarti di passarci, aven-do già individuato il guasto e il modo per aggiustarlo» ha raccontato Jay Kenny. Guarda al futuro Spotify, attra-verso gli occhi di Underwood, che ha dichiarato: «Il no-stro obiettivo è offrire musica on demand e personaliz-zata. Siamo aperti a partnership, per esempio abbiamo appena concluso un accordo con Uber, per permettere agli utenti di viaggiare con la loro colonna sonora. Ma la nostra piattaforma musicale potrebbe essere collega-ta sui videogiochi o addirittura allo spazzolino. Un modo per dare ritmo alla routine del mattino. La disruption av-verrà attraverso quei dispositivi che possono veramente rivoluzionare la user experience. Per noi significa aprir-ci a partnership con quei player che possono fare scopri-re ai nostri utenti nuova musica o dare una nuova vita a quella che conoscono già».

protagonisti / alcatel one touch diventa alcatel e parla ai Millenialsper l’estate iMMinente è in arrivo una caMpagna di prodotto con focus sul digital, coMe spiega il country Manager del gruppo, flavio ferraroUn rebranding e una campagna di prodotto in arrivo quest’estate. Alcatel One Touch diventa Alcatel e per l’occasione sfoggia un logo nuovo di pac-ca e si prepara a comunicare le ultime novità di prodotto. Per chi non lo sapesse dal 2006 il ramo cellulari di Alcatel è parte del cinese TCL Group mentre Alcatel Lucent è da poco passata nelle mani di Nokia. «Sentiva-mo la necessità di fare ordine e pulizia sul nostro brand - ha spiegato a 360com il country manager Flavio Ferraro, incontrato al Mobile World Congress di Barcellona -. E da Alcatel One Touch siamo diventati sempli-

cemente Alcatel. Questo perché era necessario avere un nome di più facile identificazione e ab-biamo ripreso il marchio originale rinnovando il logo con uno stile più moderno e adatto ai tempi. Questa operazione mira a renderci più approc-ciabili e rilevanti con lo scopo di democraticiz-zare l’innovazione: con questa espressione in-tendo dire che, per noi, la tecnologia dev’essere accessibile al mercato, anche dal punto di vista del prezzo. Al centro del nostro rebranding, poi, c’è il cliente e in questo senso stiamo cercan-do di conquistare il target dei Millenials: è a loro che ci rivolgiamo principalmente». Il rebran-ding non avrà attività di comunicazione dedica-te, ma Alcatel pensa di lanciare per quest’estate una campagna legata a due famiglie di prodot-to, Idol e Pop, in cui evidenziare anche il nuo-vo logo. «La campagna è in fase di definizione, stiamo pensando ai canali da utilizzare. Senz’al-tro ci sarà il digital, comprese le piattaforme so-cial, dove veicoleremo circa il 50% del budget. A livello di tempistiche le prime operazioni per Pop potrebbero arrivare verso maggio o giugno, mentre Idol sarà pubblicizzato a partire da fine estate». Alcatel si servirà di partner internazio-nali, con una creatività ad ampio raggio capa-ce di parlare efficacemente a persone di Paesi e popoli molto diversi fra loro.

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di ottavia Quartieri

Se fino a qualche anno fa quando si parlava di smar-tphone si pensava esclusi-vamente alla sue caratteri-stiche primarie e basilari, quali le telefonate e i mes-saggi, quegli Short Message Service che i giovani d’oggi conoscono a malapena per-ché impegnati a tenersi in contatto con applicazioni quali WhatsApp e WeChat, oggi la situazione si è com-pletamente trasformata, in ogni suo aspetto. Tutti i di-spositivi che utilizziamo in mobilità, dagli smartphone ai tablet fino alla più recen-te crasi tra i due, i phablet, vengono sì visti in quanto elementi di connessione, ma non più direttamente tra le persone, bensì prima alla rete poi, di conseguen-za, tra i vari utenti. E questa

nuova modalità di fruizione dei device mobili ha fatto sì che tutti gli operatori del panorama online debba-no puntare a offrire servizi e/o prodotti che conquisti-no l’attenzione dei navigan-ti affinchè restino connessi e in contatto con loro. Per far questo la via più sicura ed efficace è quella di spin-gere sui contenuti di quali-tà, operazione che gli ope-ratori del settore chiamano Content Marketing. Conte-nuti cuciti su misura, dun-que, è questo quello che vo-gliono i player dell’online, dalle aziende agli editori, per mantenere quel touch point con gli utenti garan-tendogli così una user ex-perience più immersiva. «Le persone consumano contenuti, non advertising, tanto che ormai sono di-sposte a spendere tempo o

soldi pur di non vedere la pubblicità». È questo quello che ha sottolineato Pasqua-le Borriello, Business Deve-loper di netnoc, durante la sua intervista a 360com in occasione di questo primo Seminar targato Iab Ita-lia e dedicato proprio alle best practice del comparto Mobile. Borriello ha, inol-tre, fatto il punto della si-tuazione sulle nuove offerte di netnoc e, più in generale, ha stilato una panoramica sullo stato dell’arte dell’in-tero settore.

All’inizio di quest’anno è partita Netnoc Bloom, prima piattaforma di Content Marketing Made in Italy. Come funziona e quali sono stati i primi riscontri a poche settimane dal lancio?«Siamo in fase di clo-

netnoc, la startup di artattack, si occupa di content strategy, production e analytics

«Le persone consumano contenuti, non advertising»bastano poche parole per espriMere un concetto chiaro. così il business developer di netnoc, pasQuale borriello, descrive con una panoraMica esaustiva il Mondo, ancora in fase di notevole espansione, del content Marketing, Mettendo in evidenza le offerte della struttura di cui fa parte

sed beta con dieci azien-de partner per capire me-glio quali sono le esigenze specifiche di editori, azien-de e agenzie che operano nel content marketing. In-tanto stiamo anche racco-gliendo le iscrizioni per la open beta che contiamo di lanciare entro giugno. La risposta è stata molto buo-

na e c’è sicuramente inte-resse per un prodotto così innovativo e che risponde a un’esigenza pratica del-le aziende: capire come sta funzionando il proprio content marketing».

Il 38% dei media è fruito attraverso uno smartphone. Alla luce di questo trend come si sta adattando la vostra offerta? Sono emerse esigenze specifiche o particolari nella veicolazione dei

contenuti via mobile o i content di qualità non sono legati a un device in particolare?«La verità è che il Con-tent funziona benissimo su mobile. L’advertising, fatta eccezione per quel-la sui social, fa molta fati-ca a trovare formati adat-ti allo smartphone. Stiamo già ragionando con alcuni clienti ad iniziative di con-tent marketing particola-ri che si adattino al device. Proprio come avviene con la grafica dei siti responsi-

ve, ma per il contenuto».

Una case history targata Netnoc, se di case history si può parlare«Stiamo collaborando or-mai da diversi mesi con un importantissimo clien-te della Gdo con cui pre-sto lanceremo un innova-tivo formato video pensato principalmente per la fru-izione social e mobile. Ma non ci piace parlare di case history e per questo non vogliamo firmare i no-stri contenuti. Il content

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a tutto tondoiN questa foto pasquale borriello,

busiNess developer di NetNoc duraNte l’iNtervista rilasciata a 360com

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lo produciamo per i nostri clien-ti e li aiutiamo a diventare media company, agiamo quindi dietro le quinte per garantire la massi-ma qualità. In questo siamo mol-to diversi da un’agenzia».

Content Marketing, Branded Content e Native adv: se ne parla molto ma in pochi sanno coglierne le differenze e i punti di forza«La distinzione chiave è quella tra contenuto, contenitore e distribu-zione. In una fase iniziale del con-tent marketing in Italia l’interlo-cutore dell’azienda si proponeva di fare tutto: contenuto, editore e media. Ora stiamo finalmente ar-rivando ad una specializzazione che impatta positivamente sul-la qualità. E noi vogliamo esse-re l’interlocutore privilegiato per quello che riguarda la strategia e la creazione dei contenuti».

Da un lato ci sono banner tradizionali messi a dura prova dal basso tasso di click, dall’altro l’ascesa inarrestabile del fenomeno degli Ad Blocking. In questo scenario, quali vantaggi possono trarre le aziende che decidono di appoggiarsi a soluzioni di Content Marketing?«Le persone consumano contenu-ti, non advertising. E ormai sono disposte a spendere tempo o sol-di pur di non vedere la pubblicità. Per le aziende il modo migliore, e talvolta perfino l’unico, per parla-re al proprio pubblico è quello di dar loro contenuti. Devo aggiun-gere altro?»

l’opinione coMe superare il probleMa nuMero uno del content Marketingun estratto dal blog di pasQuale borriello, business developer di netnoc, che in pochi e chiari punti spiega le linee guida per creare strategie di content Mrkt efficaci

Siamo tutti convinti che il Content Mar-keting funzioni e serva a qualsiasi tipo di azienda. Giusto? Bene. Allora è il mo-mento di affrontare il primo problema. Che è anche il più grande.

Come creare il contenuto?Dopo aver definito obiettivi e target del Content Marketing, aver identificato i ca-nali, finalmente è il momento di crea-re il contenuto. La content strategy può di nuovo tornarci utile perché è proprio a livello strategico che occorre organizzare il processo di produzione del content. È il tipo di attività che gli editori svolgono molto bene, ma non vale lo stesso per le aziende o per le agenzie. Dobbiamo quin-di chiarire alcuni punti fondamentali.

Qual è la tipologia di contenuto?Occorre definire che tipo di contenuto ci serva. Non è scontato che il contenuto sia creato dal team interno o che addirittura vada creato ex-novo.Le tipologie di con-tenuto possono essere almeno cinque:Custom Content: è il caso standard; il contenuto va realizzato ad hoc per il pro-getto di content marketing;Curated Content: il contenuto prodotto da altri viene selezionato e riorganizzato per dare nuovo valore ai lettori, come nel caso di netnoc weekly;UGC: il contenuto è prodotto dagli utenti, in formato testuale o visivo, è importante definire le meccaniche di engagement e dare qualcosa in cambio agli utenti che contribuiscono;Co-created Content: contenuto sviluppa-to insieme agli utenti e è frutto di un la-voro di coinvolgimento a monte secondo modalità e finalità molto precise. Ma at-

tenzione, si tratta di solito di progetti molto complessi;Re-purposed Content: un approccio eco-logico in cui i contenuti esistenti acqui-siscono una nuova vita in formati diver-si dall’originale.

Quali saranno le fonti?È un passo delicato perché più la fonte è valida e autorevole, maggiore saran-no le possibilità di creare un contenu-to di qualità. Le soluzioni sono moltepli-ci, ed è fondamentale scegliere il partner giusto in relazione alla “voce” dell’azien-da. Sarà, quindi, importante affidar-si a esperti per contenuti approfonditi in settori molto specifici, cosí come potrà servirci la creatività di un’agenzia per ge-nerare contenuti originali e che funzio-nano bene sui social. Propongo un fra-mework di produzione del contenuto che distingue tra fonti in-house ed esterne.

Fonti di contenuto in-house:Esperti del prodotto e/o del mercato che lavorano in azienda, in centri studi, di ri-cerca o nel marketing;Contenuti già presenti in azienda utilizza-ti dai reparti sales e marketing;Case study che riguardano sia i clienti che i progetti rilevanti.Fonti di contenuto esterne:Lavoro di ricerca originale, che serve per riempire i nostri canali di content marketing e per approfondire la

conoscenza di mercato e competitor;Certified Content, contenuto realizzato da un editore autorevole con redattori e con collaboratori specializzati;Contenuto d’agenzia, ovvero frutto di un lavoro creativo da parte di professionisti della comunicazione ma non competenti su argomenti specifici;Contenuto prodotto da un Talent, Influen-cer o Blogger dove conta non tanto (o non solamente) la competenza scientifi-ca quanto l’autorevolezza sull’argomen-to, riconosciuta da un pubblico di segua-ci (followers);Contenuto crowdsourced o user-genera-ted nel caso in cui sia importante avere input originali da parte del pubblico o nel caso di contest creativi.

Quali formati mi servono?Per formato intendo la forma finale di ciò che il pubblico vedrà. Non si tratta solo di definire se vogliamo un post su un blog o un video, ma di valorizzare al meglio la

galassia di piece of content da realizzare all’interno della medesima content stra-tegy. Propongo una semplice distinzione tra contenuti editoriali, visivi e interattivi.

E ora? Di “cosa” parliamo?Dopo aver definito come creare il con-tenuto, fonti e formati, siamo finalmen-te pronti. Fondamentale è chiarire i temi che vogliamo trattare. È la parte centra-le del brief per coloro che dovranno oc-cuparsi della redazione vera e propria del content: è il ‘cosa’ del content marketing. Per allineare tutto il team può essere uti-le aggiungere qualche dettaglio, come: il contesto marketing all’interno del qua-le il content si posiziona; eventuali temi o keyword “vietate” da non usare; il “tone of voice”.

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di anna Maria ciarduLLo

Buzzoole è una piattaforma di “influencer marketing automation” che, intorno a una delle più antiche forme di comunicazione, il passa-parola, ha costruito un vero e proprio modello di busi-ness. Un modello che vale per gli utenti finali ma so-

prattutto per le aziende che, tramite la piattaforma, possono ingaggiare una serie di persone influen-ti nel loro settore allo sco-po di creare interesse intor-no ai loro prodotti e servizi e strutturare la fiducia degli utenti verso il brand. Fabri-zio Perrone, amministrato-re delegato di Buzzoole, due

anni fa ha creato la piat-taforma dopo aver intuito come sul mercato mancas-se un tool qualitativo che permettesse di misurare la reale influenza degli utenti in rete sia dagli utenti stessi sia dai brand. Un tool ver-satile, che consentisse an-che alle piccole e medie im-prese di poter utilizzare il

“word of mouth” come un vero e proprio canale me-dia. Royal Unibrew, azien-da che produce e commer-cializza il marchio Ceres, lavora insieme a Buzzoole da quasi due anni e, in più di un’occasione, ha scelto i suoi servizi per dare slan-cio alle proprie strategie di comunicazione sui so-

cial network. Le campagne di Ceres sono considera-te un vero e proprio esem-pio di successo nell’ambito del social media marketing e dimostrano l’efficacia del modello Buzzoole. Tra le più significative si annove-ra quella realizzata dal noto brand del beverage in occa-sione dello scorso Festival

anche se ci siaMo orMai addentrati nell’era dei social Media, il passaparola resta ancora tra i Mezzi di coMunicazione più efficaci

Buzzoole per Ceres: l’influencer marketing automation, nutrimento di social audiencel’engageMent genuino che non strizza l’occhio alle celebrità, Ma agli user, sta alla base del successo delle caMpagne del noto brand del beverage che ha scelto gli influencer per portare un sorso di creatività a sanreMo 2016, toccando una reach di oltre 10 Milioni di contatti e un tasso di interazione con la Marca, calcolato attraverso il click through rate, pari al 5,5%

di Sanremo. Ceres, per ca-valcare la social TV intor-no alla kermesse e alimen-tare le conversazioni verso il suo marchio, ha affittato un balcone di fronte all’Ari-ston, trasformandolo in

una sorta di palcoscenico dove far esibire artisti e ap-pendere in real time i com-menti più divertenti posta-ti dagli user con l’hashtag #SanremoCeres. Grazie a Buzzoole, Ceres ha coin-

ceres in primo piano

la marca spicca sul balcoNe usato per taNti collegameNti

iN diretta duraNte il festival di saNremo

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volto oltre 90 influencer nell’iniziativa i quali hanno ricevuto un “Ceres pack” contenente 4 bottiglie di birra e un manuale per il “perfetto influencer”, che li ha accompagnati in una sorta di viaggio intorno al festival, fatto di degusta-zione e musica. Per tutta la durata dell’evento e in ora-ri prestabiliti, gli influencer hanno, quindi, tweettato e interagito con gli utenti, massimizzando l’esposizio-

ne del brand e generando conversazioni che han-no incrementato l’engage-ment con l’account ufficia-le. #SanremoCeres è stato il quinto hashtag per menzio-ni di tutta la kermesse san-remese totalizzandone più di 35.000. I risultati della campagna hanno supera-to le aspettative registran-do un record di contatti che ha sfiorato i 10 milio-ni. Il tasso di interazione con Ceres, calcolato attra-

verso il Click Through Rate (CTR), è stato del 5%, con-tro il dato medio di Twit-ter che si attesta non oltre il 2,5%. La campagna, par-tita con una fase teaser, ha raggiunto il massimo della reach durante le serate del festival, entrando da subi-to nei trend topic. Ceres ha registrato oltre 1500 nuovi follower, più di 1000 retwe-et, 3300 nuovi like e oltre 11.000 mention su Twit-ter. Il profilo Facebook, in-

vece, ha raggiunto ben 2,5 milioni di utenti con circa 20.000 interazioni. Insom-ma, i numeri parlano chia-ro e dimostrano come un utilizzo consapevole del-le piattaforme social possa fare davvero la differenza per un brand. Lo scenario del “second screen” che na-sce dall’integrazione cre-scente tra Twitter e i pro-grammi televisivi appare, dunque, un terreno fertile per questo tipo di attività che può portare grandi be-nefici, non solo alle azien-de, ma anche all’intero set-tore dell’entertainment. “Il fenomeno del second scre-en ha un impatto enorme non soltanto nelle moda-lità di fruizione/consumo televisivo ma rappresen-ta una grandissima oppor-tunità per i marketer e gli

advertiser per entrare nelle conversazioni sui brand, in particolar modo su Twitter. Ad oggi abbiamo condot-to circa 100 campagne di live tweeting consentendo ai brand, nel 90% dei casi, di rientrare nei trend to-pic”, ha dichiarato Fabrizio Perrone. Buzzoole, inoltre, continua a innovare la sua offerta con soluzioni sem-pre più originali. A parti-re dal 5 aprile, ad esempio, le campagne di live Twee-ting, dapprima disponibili solo in forma consulenzia-le, saranno attivabili anche in modalità self service. Per questo nuovo format è sta-to sviluppato anche un ser-vizio di report ad hoc che permette di controllare in tempo reale l’andamento dei tweet, delle menzioni e l’audience raggiunta.

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di anna Maria ciarduLLo

Oggi, per potenziare il pro-prio business, le aziende possono contare su un alle-ato molto forte: i digital me-dia. BizUp, una web agency specializzata nell’erogazio-ne di servizi seo, content marketing e digital pr mul-ti-obiettivo, multi-cana-le e multilingua, proprio intorno questa possibili-tà ha costruito il suo busi-ness, sviluppando soluzioni di marketing e comunica-zione online per aiutare le aziende ad acquisire traffi-co, incrementare le vendi-te, migliorare la propria re-putazione e aumentare la fidelizzazione degli utenti. In soli quattro anni di atti-vità, la company ha già se-guito oltre 200 clienti in 25 mercati. Forte della sua pluriennale esperienza in ambito digital pr e consape-vole dell’evoluzione dell’on-line advertising verso forme di pubblicità più rilevanti e meno invasive, BizUp ha dato vita ad UpStory (www.

upstory.it), una piattaforma di digital pr a performance e native advertising di cui ci parla meglio in questa in-tervista Claudio Vaccaro, ceo di BizUp e UpStory.

Che cos’è UpStory? UpStory è un network di circa 4.000 siti premium, vertical blog e profili social che consente di pianifica-re campagne di digital PR a performance (post sponso-rizzati, video seeding, so-cial engagement) e native advertising ad alto tasso di engagement.

A chi si rivolge la piattaforma?UpStory ha due anime. Lato

brand, assicura la promo-zione di branded content verso la giusta audience con performance garanti-te e tracciabili in tempo re-ale (numero di post, post views, click sui post, vi-deo views, reach, social in-teraction) e la pianificazio-ne di campagne di Native Adv con messaggi rilevan-ti e contestuali. Lato publi-sher, rappresenta una solu-zione alternativa al display adv per monetizzare il traf-fico mobile e desktop.

Perché un publisher dovrebbe iscriversi ad UpStory? E quali sono, invece, i vantaggi per i brand coinvolti?

UpStory, come il Nati-ve stesso, è una soluzio-ne win-win per publisher e inserzionisti. Per i primi rappresenta uno strumen-to efficace per contrastare la diffusione dei software ad-blocking e monetizza-re l’inventory (soprattut-to mobile) con post spon-sorizzati e annunci nativi che non interrompono la navigazione e si adattano perfettamente al design del sito nel quale sono inseriti. Sui vantaggi per i brand, i dati parlano chiaro: bran-ded content e Native Ad-vertising hanno ormai su-perato il Display Adv per tasso di crescita degli inve-stimenti, CTR, viewability,

i branded content e il native adv coMe alternativa alla pubblicità display tradizionale su desktop e Mobile

Un native advertising di qualità che strizza l’occhio alle digital prbizup, grazie al netWork di upstory che conta circa 4.000 siti preMiuM, vertical blog e profili social, garantisce a brand e publisher caMpagne capaci di erogare perforMance ad alto tasso di engageMent. ce lo ha spiegato il ceo claudio vaccaro. in soli Quattro anni di attività, la coMpany ha seguito 200 clienti in 25 Mercati differenti

aL verttice deLL’azienda

iN questa foto compare carlo vaccaro, ceo di

bizup e upstory, che traccia uNa siNtesi

dell’attività dei due player

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Piattaforma self-service per social media monitoringin tempo reale

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trust, valore nel tempo, ca-pacità di catturare l’atten-zione degli utenti per poi spingerli all’azione, confi-gurandosi come valide so-luzioni per realizzare sto-rytelling di qualità.

In uno scenario frammentato come quello dell’online advertising, quali sono le novità di Upstory che proponete per competere nel settore?UpStory è nata nel 2015 come una piattaforma per la distribuzione di spon-sored post a performance garantita. Coerentemente con l’evoluzione del mer-cato e in linea con le de-finizioni della Guida IAB al Native Advertising, ab-biamo deciso di farci pro-motori dei trend in atto completando l’offerta di UpStory con nuovi forma-ti pubblicitari nativi 100%

viewable, ad-block safe e full-responsive.

Cosa vi ha spinto a focalizzarvi sui contenuti native? Come si collocano i vostri formati rispetto alla classificazione IAB?Di pari passo con la cresci-ta esponenziale degli inve-stimenti in Native Adverti-sing (20 miliardi di dollari nel 2018 in US secondo Bu-siness Insider), abbiamo scelto di cogliere questa gi-gantesca opportunità arric-chendo l’offerta con formati pubblicitari che assumono la forma del contesto in cui si trovano, generano maggiore fiducia e stimolano l’engage-ment intorno al brand. I no-stri formati sposano la clas-sificazione operata a livello internazionale da IAB: Up-Feed, composto da imma-gine, titolo e descrizione, si inserisce nel feed dei conte-

nuti del sito desktop e mo-bile, ne assume esattamen-te la forma e rimanda a una pagina interna al sito; UpVi-deo (in-feed e in-content) è un formato video scroll-to-play ad alto tasso di enga-gement, collocato nel flus-so di notizie o all’interno di un articolo sia desktop che mobile; UpContent, com-posto da immagine, titolo e descrizione, è anch’esso full-responsive e si colloca alla metà dell’articolo.

Altre novità e progetti futuri?Attualmente stiamo lavo-rando alla costruzione di un network di publisher e social influencer sem-pre più premium, corposo e verticale. Entro il primo semestre del 2016 daremo inoltre la possibilità agli investitori di acquistare la nostra inventory native in programmatic.

l’offerta della società è stata arricchita con forMati che assuMono la forMa del contest al cui interno sono veicolati

l’intervistahuaWei avvia la grande caMpagna: 10 Milioni di investiMento

budget in crescita del 70%, il 25% in digital. il direttore Marketing spiega la strategia legata a un Marchio “cool”

di davide Sechi

Come un fulmine a ciel sereno: Hua-wei lancia la sua prima campagna di comunicazione integrata a livello glo-bale, incentrata sull’hashtag “#OO” e caratterizzata dal claim “Change the way you see the world”, attraver-so iniziative digitali e social, affissio-ni ooh, stampa e radio. Una comuni-cazione legata al lancio della nuova serie di smartphone P9. Le iniziati-ve che hanno coinvolto inizialmente Milano, non tarderanno a impadro-nirsi anche di capitali del calibro di Madrid, Londra, Berlino e Parigi. Il tutto mentre monta l’attesa sull’an-nuncio riguardante l’innovazione le-gata al marchio, mistero che è stato poi svelato in quel di Londra. 360com ne ha approfittato per dialogare con il direttore marketing del gruppo in Italia, Ettore Patriarca.

Prossimi obiettivi e buoni propositi...

Un’azienda sorta solo venticinque anni fa, divenuta celebre per le pro-prie abilità nel campo delle teleco-municazioni, particolarmente attiva nelle infrastrutture di rete, allarga i propri ambiti e si fa notare sem-pre più nel campo degli smartpho-ne. E ora? Cosa sta per succedere? «Ora è arrivato il momento di con-solidare la nostra posizione ma an-che di allargare le prospettive. Ma andiamo con ordine: siamo il terzo brand in Italia per quel che concer-ne il market share, siamo il secon-do marchio Android, anche a livel-lo europeo. Come siamo riusciti in così breve tempo a conquistare una simile posizione? Aggredendo la fa-scia medio-bassa, quella dei pro-dotti a prezzi decisamente conve-nienti. E’ giunto il momento di fare un passo nella direzione opposta, ovvero penetrare con autorevolezza nella fascia da 400/500 euro in su».

A che livello si posiziona oggi

la vostra brand awareness?«Era al 15% nel 2013, oggi ha supe-rato l’80%. La brand consideration è passata dal 13% al 30% nel giro di un paio di anni. Possiamo anche dare un nome al nostro obiettivo: brand dinamic premium».

Un’operazione davvero di grandi proporzioni...L’agenzia che ha riadattato la campa-gna globale di Havas London è Ogil-vy, mentre Maxus si è occupata del media. «In ambito digitale i partner sono Isobar e H-ART. Intendiamo co-municare l’interazione tra le nostre attività e la rilevanza del brand». Il budget è di 10 milioni, in crescita del 70%, il 25% è destinato al digital. Te-simonial della campagna due gran-di personaggi: l’attrice Scarlett Jo-hansson e Henry Cavill, l’attore che interpreta Superman nel film “Bat-man v Superman”.

Sarà una campagna europea?«Certo, avremo una visione strategi-ca internazionale ma con contenuti ed elementi per pubblico e mercato italiano. Un adattamento intelligen-te e creativo. Da questa visione deri-vano le operazioni compiute online e con i comici di The Jackal o la part-nership con “The Voice of Italy”».

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di ottavia Quartieri

Il 2015 è stato l’anno del-la consacrazione del mobi-le. E a dirlo non sono solo gli operatori del settore, ma esistono diversi nume-ri e statistiche che confer-mano il trend già in atto. Sono 22 milioni gli italiani, tra i 18 e 74 anni, che acce-dono ogni mese a internet da dispositivi mobili, pari alla metà della popolazio-ne di riferimento. Inoltre, più del 70% del tempo tra-scorso giornalmente a na-vigare è legato a dispositivi mobili e, se per i giovanis-simi questa percentuale sale all’85%, persino per gli over 55 hanno superato ormai quota 50%. E anche il mercato dell’advertising inizia a guardare con at-tenzione a questo compar-to, che “è cresciuto del 53% tra il 2014 e il 2015 rag-giungendo un valore di 462 milioni di euro e una quo-ta pari al 21% dell’Internet Advertising e al 6% del to-tale dei mezzi pubblicitari”,

come ha affermato Marta Valsecchi dell’Osservato-rio del PoliMi a commen-to degli ultimi dati emersi a febbraio. Di fronte a evi-denti dati, in crescita anno su anno e mese su mese, non sempre le aziende ri-spondono di conseguenza, investendo quote adegua-te su questo dispositivo. Di questo e di molto altro ha parlato il ceo di pixelBook, Sirio Zuelli, che ha fatto an-che luce sulle performance dell’azienda specializzata nell’offrire soluzioni effica-ci ed economiche per por-tare sui dispositivi mobili brochure aziendali, catalo-ghi e riviste.

Nel mercato italiano c’è coerenza tra la consapevolezza acquisita del primato del comparto mobile - sia in termini di fruizione del contenuto sia in quanto al peso delle transazione economiche - e budget di spesa messi

effettivamente sul tavolo dalle aziende? «La situazione italiana è in lenta evoluzione, sopra-tutto se paragonata ad al-tri Paesi dove la presenza su mobile è più massiccia e strategica. Le grandi azien-de e le multinazionali non solo hanno un budget per il mobile, ma questo è anche gestito da un digital mar-keting manager acquisito e formato appositamente. Per avere, però, il peso vero del mercato mobile, occor-re guardare alle piccole e medie imprese; e qui siamo ancora lontani da una vera consapevolezza e potenza del mezzo. A parte pochi il-luminati che sul mobile in-vestono parte del budget, la maggior parte ignora le po-tenzialità di tablet e smar-tphone, nonostante qua-si metà del traffico internet passi da questi dispositivi. Per questo abbiamo volu-to proporre alcune soluzio-ni molto economiche di pi-xelBook, con funzionalità base ma per consentire ad

alcuni pionieri, di mettere un piede in questo mondo, senza dover investire cifre e risorse eccessive».

Secondo l’esperienza maturata da pixelBook, di che cosa ha bisogno un’iniziativa mobile per essere efficace ed emergere nel mercato?«La soluzione proposta deve corrispondere a un reale bisogno, ed essere semplice da usare: l’utente deve aprire l’app e trovar-si a casa. Come se l’avesse sempre usata, deve trova-re al volo quello che cer-ca, e avere i comandi esat-tamente dove si aspetta che siano. PixelBook risponde alla necessità delle aziende di comunicare all’esterno la propria gamma di pro-dotti, permette agli editori di pubblicare velocemente ed economicamente cata-loghi, libri e riviste, e con-sente alle aziende più gran-di, di fornire alla propria forza vendita tutti i listini, cataloghi e materiale tec-

pixelbook è una piattaforMa per la pubblicazione digitale sviluppata dall’oMoniMa società di reggio eMilia

Tra Mobile e Web, la strada più efficace è l’integrazioneil ceo della startup nata Quattro anni fa, sirio zuelli, in occasione del seMinar iab dedicato al coMparto del Mobile ha evidenziato alcuni punti chiave che i player del settore devono tenere in considerazione, per ottenere un contatto Maggiore e più efficace tra i bisogni reali degli user e le soluzioni proposte

speciaLizzazioneiN questa foto

sirio zuelli, ceo della startup,

che fa luce aNche sulle performaNce

coNseguite dall’azieNda

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nico sempre nella versione più aggiornata. I punti d’incontro rispetto alla User Experience sono parecchi, anche se su de-sktop si può “osare” un po’ di più come complicazione del-la dashboard; ma i dispositi-vi mobili hanno il grosso van-taggio di avere una dotazione hardware che permette tante interazioni in più. Basti pen-sare, ad esempio, al giroscopio e al modulo GPS: anche per questo, la scelta dell’app nativa in luogo delle “web app” è qua-si imprescindibile».

Quali solution all’interno della vostra offerta sono le più richieste? E tale scelta è indicativa di una tendenza in corso?«In coerenza con quello che ho appena detto, le funzio-nalità principalmente richie-ste sono quelle di integrazio-ne con il web. C’è la possibilità di pubblicare il catalogo o la ri-vista, arricchita tramite l’edi-

tor, anche sul web. Da poche settimane vengono portate sul web anche tutte le interat-tività (gallery, video, link…), e quindi con un’unica opera-zione si alimenta sia un letto-re web che la propria app. Chi ha prodotti a pagamento (gior-nali, libri, riviste) che già ven-de con suoi canali web e fisici, apprezza molto la possibilità di integrare l’app con gli altri ca-nali: la pubblicazione acquista-ta con l’ecommerce, può essere direttamente consultata anche sull’app. Oppure si può rendere disponibile sull’app la versione digitale del libro acquistato in formato cartaceo al negozio».

PixelBook, tra numeri…«Siamo una startup, e abbia-mo una struttura commer-ciale da meno di due anni: nell’ultimo anno, però, abbia-mo raddoppiato il fatturato rispetto all’anno precedente, e ne siamo molto soddisfatti. Nei primi mesi del 2016 stia-

mo godendo del migliora-mento delle vendite dato dai nuovi listini, in vigore dalla metà del Q4 2015».

… e nuove sfide «L’obiettivo di quest’anno è consolidare la nostra posizio-ne, allargando la base clienti e inserendo nuove funzionali-tà che ci vengono richieste dal mercato. Ho parlato del rea-der web con la completa com-patibilità con tutte le interat-tività inserite con l’editor. Poi abbiamo in programma diver-si interessantissimi migliora-menti nel backoffice di gestio-ne delle proprie applicazioni e delle pubblicazioni, e nuo-ve campagne marketing. Con-testualmente, racconteremo delle diverse funzionalità an-che ai nostri iscritti alla new-sletter, anche tramite l’espo-sizione di alcuni interessanti case history che stiamo rac-cogliendo proprio nel corso di questi mesi».

Il quotidiano del marketing in rete

Scarica l’APP di per leggere anche su tablet e smartphone le ultime news e gli approfondimenti dal mondo del digital marketing, con contenuti esclusivi, anche OFFLINE

Per informazioni

«La collaborazione con DailyNet nasce a Barcellona, in occasione del Mobile World Congress 2015, dove pixelBook era pre-sente con un proprio stand. Già dalla pri-ma stretta di mano abbiamo capito che le due realtà potevano essere complementari: il quotidiano online DailyNet aveva bisogno di portare su mobile i contenuti che produce quotidianamente per il mercato digitale ita-liano, mentre pixelBook doveva “evangeliz-

zare” agenzie e aziende per le quale le info di DailyNet sono un riferimento. Impossibi-le non trovare un punto d’incontro per una proficua e duratura collaborazione». Nasce così l’app “DailyNet”, che consente a tutti gli abbonati di scaricare (su iOS e Android) e leggere il quotidiano direttamente da smar-tphone o tablet; e per chi non fosse ancora abbonato, è previsto un periodo promozio-nale in forma completamente gratuita.

evangelizzare con inforMazioni di Qualitàuna collaborazione nata a barcellona

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con l’eMergere prepotente del Mobile, anche il Modo di fare e veicolare pubblicità sta caMbiando

Rocket Fuel: dispositivi tanti, ma un solo utente l’intervista al country Manager enrico Quaroni, che aggiorna 360coM sull’evoluzione dell’offerta aziendale in caMpo Mobile. Ma non solo

di GiacoMo BroGGi

Con l’emergere del mobi-le il modo di fare e veicola-re pubblicità sta cambian-do. Lo sa bene Rocket Fuel, piattaforma programmati-ca guidata in Italia da En-rico Quaroni, che sta adat-tando la sua offerta per rispondere alle esigenze dei suoi advertiser, forte del-la soluzione Cross-Device Optimization, che permet-te di riconoscere il singo-lo utente su qualsiasi di-spositivo. E che è rafforzata dall’utilizzo dell’algoritmo proprietario Moment Sco-ring, che «determina qua-li annunci mostrare a quali consumatori e su quale di-spositivo», come spiega a 360com lo stesso Quaroni.

Come si declina l’offerta sviluppata

da Rocket Fuel per il Mobile? E come si integra con quella Desktop? Oggi è comune che una persona abbia smartpho-ne, tablet e computer de-sktop o laptop per il lavoro e poi magari altrettanti di-spositivi per uso persona-le (per non parlare di quel-li wearable). La sfida per i marketer è scoprire chi è l’utente che si “nasconde” dietro a questi sei device e mostrargli gli annunci più adatti per ogni momento della sua giornata o situa-zione in cui si trova. Ro-cket Fuel offre la soluzione Cross-Device Optimization che ha la capacità di rico-noscere un singolo uten-te su diversi dispositivi nel 97.4% dei casi. Una volta elaborate le informazioni fornite dall’utente, l’algo-ritmo Moment Scoring de-termina quali annunci mo-strare a quali consumatori e su quale dispositivo, in modo tale da aumentare le probabilità di conversione. La nostra soluzione si basa su dati validi ed è in gra-do di rendere le campagne

pubblicitarie online più ef-ficienti ed efficaci, evitando inutili duplicazioni di sfor-zi e ottimizzando gli inve-stimenti da parte dell’in-serzionista.

Quali sono le ultime evoluzioni in campo mobile a disposizione dei clienti? Il persona-based marke-ting è una delle nuove stra-tegie di punta per molti brand e anche noi ci stia-mo concentrando su que-sta novità. Il nostro team tecnico, infatti, si sta occu-pando di analizzare ed ela-borare l’enorme quantita-tivo di dati che abbiamo a disposizione, provenien-ti dai dispositivi mobili, per fornire ai nostri clienti nuovi segmenti di audien-ce basati sui diversi stili di vita e su rinnovati modelli comportamentali.

Avete annunciato una partnership con Eyeota: ci racconta meglio i dettagli e cosa cambia per i clienti?L’accordo garantisce la di-

sponibilità dei segmenti di dati forniti da Eyeota nel-la piattaforma di Rocket Fuel. Eyota ha identificato 1,8 miliardi di profili unici, che sono ora a disposizio-ne degli inserzionisti e dei media buyer che utilizza-no la nostra platform. Ciò permette loro di utilizzare dati di alta qualità con cui possono indirizzare effica-cemente le loro campagne online in modo tale da mi-rare ad un pubblico ancora più specifico.

stiamo adattando l’offerta per rispondere alle esigenze dgli advertiser, forti della soluzione Cross-deviCe optimization, Che permette di riConosCere il singolo utente su qualsiasi dispositivo

L’intesa perfettacome spiega iN questa iNtervista eNrico quaroNi, «l’accordo garaNtisce la dispoNibilità dei segmeNti di dati forNiti da eyeota Nella piattaforma di rocKet fuel. eyota ha ideNtificato 1,8 miliardi di profili uNici, che soNo ora a disposizioNe degli iNserzioNisti e dei media buyer che utilizzaNo la Nostra platform»

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si tenta di abbattere un ostacolo insidioso

Ad-blocker, parte la crociata degli editori americaninuMerosi siti Web ad alto traffico negli stati uniti si dicono disponibili a intraprendere un’azione legale per contrastare Quella che viene reputata coMe una vera e propria Minaccia per l’intero sisteMa della pubblicità

di davide de vecchi

Un numero di siti web ad alto traffico negli Stati Uni-ti si dicono disponibili a intraprendere un’azione le-gale per contrastare la mi-naccia degli ad-blocker. A rivelarlo è un nuovo report della società di ricerche Medianomics, che ha effet-tuato un’indagine su 42 siti o network di siti dai 6 ai 450 milioni di visitatori, per un aggregato di 2,2 miliar-di di visite al mese. Obiet-tivo del monitoraggio: va-

lutare le probabili tattiche per affrontare l’impatto del blocco della pubblicità. Tra le strategie più probabili ci sarebbe, appunto, quella di avviare un’azione lega-le collettiva. Nessuno degli intervistati ha mai prova-to a portare le aziende di blocco degli annunci in un tribunale, ma ben il 48% degli intervistati ha detto che era “abbastanza pro-babile”, mentre una quota pari al 36% ha dichiarato che avrebbe “decisamente/molto probabilmente” pre-

so una soluzione del gene-re. Un sondaggio compiu-to su 42 editori (i cui nomi non sono stati rivelati) non è necessariamente rappre-sentativo di tutta l’indu-stria dei media online negli Stati Uniti, ma è comunque interessante vedere che al-meno alcuni editori sono disposti a prendere dei provvedimenti contro la costante “spremitura” del-le loro entrate. I sistemi di ad-blocking sono utilizza-ti dal 10% degli utenti de-sktop degli States, secondo un rapporto pubblicato dal gruppo comScore all’inizio di questo mese, che ha sot-tolineato come costituisca-no, di fatto, una minaccia per le aziende online che si basano molto sulla pubbli-cità. La reazione del mer-cato è ancora più sorpren-dente, anche perché gli editori, altrove, non hanno avuto successo nel portare avanti le loro battaglie giu-diziarie con gli ad-blocker.In Germania, Adblock Plus, di Eyeo, è stata portata in tribunale cinque volte, la più recente dal quotidiano Süddeutsche Zeitung, poi dal proprietario di Busi-ness Insider, Axel Springer, inoltre da RTL Interacti-ve, da ProSieben/Sat1 e da Zeit/Handelsblatt. Il giu-dice si è espresso in favore di Eyeo in ogni occasione. Il portavoce di Eyeo, Ben Williams, ha detto a Busi-ness Insider: “Tratteremo

altre eventuali contestazio-ni, proprio come abbiamo fatto con quelle in Germa-nia, dove abbiamo sempre vinto. Cose come il bloc-co degli annunci e la tute-la della privacy sono diritti fondamentali per gli uten-ti che navigano in internet. Perciò continueremo a di-fendere questi diritti».

Le altre tatticheSempre secondo Media-nomics, molti di quelli che hanno risposto al son-daggio possono sempli-cemente aver aggiunto il loro nome a una class ac-tion causata da un altro organismo o trade body, piuttosto che averla piani-ficata attivamente in pri-

ma persona. Raju Nariset-ti, senior vice president of strategy di News Corp (che non ha partecipato al son-daggio di Medianomics) ha dichiarato a Business Insi-der: “Non mi è chiaro come potrà risolversi per gli edi-tori l’azione legale contro le aziende di ad-blocking, ma sono invece certo che

questi stanno diventan-do popolari presso il pub-blico. E vincere nella cor-te dell’opinione pubblica è sempre la migliore strate-gia a lungo termine, piut-tosto che cercare di vincere solo in un tribunale”. Na-risetti ha spiegato che per News Corp il primo im-perativo è capire quanto il pubblico online dei suoi marchi abbia attivato ad-blocker. In secondo luogo, la società sta affrontando la “pesantezza” e la “lentez-za” dei suoi siti per garan-tire un’esperienza di lettu-ra più veloce. Narisetti ha detto anche che è fonda-mentale far capire al pub-blico “come il giornalismo di qualità a cui si rivolgo-no ha dei costi ed è paga-to spesso attraverso gli an-nunci”. L’approccio di News Corp sembra allinearsi con le strategie degli edito-ri del sondaggio di Media-nomics. Limitare il nume-ro di annunci e tracciare gli script per ridurre le dimen-sioni della pagina e il tem-po di caricamento sono tra le tattiche più popolari che i publisher hanno già testa-to (26%) o probabilmen-te testeranno (60%). Circa il 40% degli editori intervi-stati ha anche dichiarato di aver cominciato a sostitui-re gli annunci display con annunci nativi o contenu-ti sponsorizzati, che hanno meno probabilità di essere bloccati dai software.

Mercato usa, due terzi della digital display è acQuistata in prograMMaticnell’ultiMo report di eMarketer si stiMa che la spesa della digital display a stelle e strisce si attesta intorno ai 22,1 Milioni di euro, in auMento del 39,7%

Il settore del programmatic advertising sta diventando sempre più sofisticato e la spesa tramite questa tecnica di media buying appare in costante crescita, anche se a un ritmo leggermente decrescente rispetto al passato. Nell’ultimo report realiz-zato da eMarketer, relativamente alle previsioni sulla spesa programmatica negli Stati Uniti, si prevede che per quest’anno più di due terzi della pubblicità digitale sarà acquistata in modalità programmatica. Nel 2016, infatti, la spesa della digital display a stelle e strisce si attesta intorno ai 22,1 miliardi di euro, in aumento del 39,7% rispetto allo scorso anno, e rappresenta il 67% della spesa pubblicitaria di-gitale totale. Anche nel 2017, inoltre, si prospetta una crescita che, in termini as-soluti, dovrebbe attestarsi intorno ai 27 miliardi, andando a rappresentare il 72% della spesa totale in digital display. Di questo trend positivo, emerso anche nella ri-cerca, sempre a cura eMarketer, “Us Programmatic Advertising”, pubblicata anche sul quotidiano digitale specializzato DailyNet, nella quale si chiariva come più di un marketer su due veicoli in programmatic dal 10 al 50% della propria spesa di co-municazione, ne ha parlato anche Lauren Fisher, senior analyst eMarketer. “Il pro-grammatic è una modalità estremamente efficiente e ha una capacità senza prece-denti nel congiungere rich media con inventario di annunci e vari target”.

Mobile, un traino importanteA guidare la crescita di questo settore è il mobile, la cui spesa in programmatic quest’anno ha raggiunto negli Usa i 15,45 miliardi di dollari, rappresentando il 69% dell’intera spesa pubblicitaria display. Nel 2017 è previsto che questo dato aumenti ancora, superando i 21 miliardi. Per quanto riguarda, invece, la spesa video veicola-ta in modalità programmatica quest’anno raggiungerà i 5,51 miliardi di dollari e si stima che il prossimo anno superi, per la prima volta, quella da desktop.

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Il futurodel mobile adv?ènative

gli sMartphone saranno il prossiMo caMpo di battaglia dell’online adv. Ma attraverso Quali struMenti? secondo uno studio di ihs technology non c’è dubbio su Quale sarà il forMato che prevarrà

L’ ascesa degli s m a r t p h o n e e del business delle app ha ra-

dicalmente trasformato lo scenario dei media, quel-lo pubblicitario e, ovvia-mente, quello tecnologico. Dal lancio dell’App Store di Apple, avvenuto a metà del 2008, fino a oggi, i downlo-ad di app sono stati oltre 500 miliardi. Oltre il 95% di essi sono gratuiti e monetizzati attraverso la pubblicità, gli acquisti in-app o una com-binazione dei due. Alla fine del 2015 erano circa 3,3 mi-liardi gli smartphone in uso a livello globale, con un tas-so di penetrazione che nei mercati più avanzati arriva all’85%. Tuttavia, c’è anco-ra spazio per la crescita: si prevede, infatti, che entro il 2018 gli smartphone in uso globalmente saranno cir-ca 5 miliardi. Una tendenza che evidenzia una opportu-nità enorme. Basta pensa-re che molti dei futuri uten-ti di smartphone saranno “mobile first” nella fruizio-ne di numerosi contenu-ti digitali, compresi ovvia-mente quelli pubblicitari. Il mobile, dunque, sarà con ogni probabilità il canale dominante per ogni forma di online adv. Anzi, lo sarà senza alcun dubbio. Alme-no secondo quanto emer-ge da un’analisi condotta da IHS Technology, per conto di Audience Network di Fa-cebook, attraverso più

di vera ModeSto

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di settanta interviste appro-fondite con editori autore-voli, sviluppatori di giochi e applicazioni, associazioni di settore, agenzie, servizi di musica, reti pubblicita-rie e commercianti di pro-dotti tecnologici in 25 Pae-si di Europa, Asia Pacifica e America. Il risultato è il pri-mo vero tentativo di misu-razione e proiezione pro-spettica del mercato della pubblicità in-app nativa. Secondo lo studio di IHS technology, entro il 2020

il 75,9% di tutte le entrate provenienti dall’online di-splay advertising, ossia 84,5 miliardi di dollari, proverrà da mobile. Di questa cifra, il 63,2% (del mobile display advertising) sarà native. Il mobile native advertising arriverà, dunque, a valere la “spaventosa” cifra di 53,4 miliardi di dollari. A farla da padrone è, e sarà ancora per molto, il mercato ame-ricano, ma l’area più dina-mica sarà quella Asia-Paci-fico-Australia (APAC), con

una crescita annua compo-sta prevista del 177%. Dallo studio è emerso anche come gli utenti tendano a intera-gire dal 20 al 60% in più con le inserzioni native rispetto alle inserzioni banner stan-dard. Inoltre, questo tipo di pubblicità genera un incre-mento nel retain rate (fino a tre volte), nell’eCPM (fino a due volte) e nel CTR. Tut-tavia, benché gli intervistati affermino che con la diffu-sione dei dispositivi mobili, un numero sempre maggio-

re di inserzionisti stia dedi-cando al mobile fette sem-pre maggiori del proprio budget il “percorso di avvi-cinamento” all’adozione di native adv può variare an-cora molto per i diversi tipi di editori mobili e non tut-ti, ancora, hanno compreso a fondo come un approccio flessibile che metta l’espe-rienza dell’utente al centro della strategia di pubblicità sarà cruciale per l’autentico e definitivo successo della pubblicità native.

“Native” è ormai diventata una parola di tendenza nel mondo del digital ad-vertising. Tuttavia, molto spesso vie-ne utilizzata, alla pari di uno slogan, in modi e contesti non sempre coeren-ti tra loro. Si tratta, in effetti, di un fe-nomeno in costante evoluzione sulla spinta delle esigenze degli inserzio-nisti e le capacità degli sviluppatori di applicazioni, e di conseguenza indivi-duare una definizione univoca e per-manente non è un compito sempre agevole. Non a caso, infatti, l’Interac-tive Advertising Bureau (IAB) nel suo Native Advertising Playbook ha iden-tificato sei differenti tipi di native adv di cui uno, addirittura, viene indicato con la categoria “Varie”. Il problema di definire il Native Adv, quindi, è rela-tivo soprattutto a quanto la definizio-ne di tale pratica deve essere ampia. L’adozione di una definizione ristret-ta rischia di escludere i formati prin-cipali di annunci nativi e può rivelar-si imprecisa, mentre un approccio più

ampio limita il perimetro e, di conse-guenza, l’efficacia delle analisi di per-formance. In definitiva, si può dire che benché non univoca, la definizione uf-ficiale di pubblicità nativa è quella di Iab Net adottata negli Stati Uniti an-che da MMA (Mobile Marketing Asso-ciation): “La pubblicità mobile nativa è un formato di pubblicità che sfrutta la forma e la funzione delle circostanti esperienze degli utenti, che sono tutti implicite alla grande varietà di dispo-sitivi mobili”. E ancora: “La pubblici-tà nativa è differente dai generici con-tenuti di marketing. Mentre i secondi hanno l’obiettivo di abbinare il conte-nuto e il formato pubblicitario, la pub-blicità nativa, almeno sui dispositi-vi mobili, è soprattutto un formato di annunci che corrisponde allo stile del sito o applicazione in cui serve. Inol-tre, il native può essere acquistato a livello di codice, mentre i contenuti di marketing richiedono solitamente un coinvolgimento editoriale”.

native advertising, una definizioneil futuro del mobile adv? e’ native

siaMo al traMonto del banner?Nella sua versione mobile il banner ha ormai dimostrato di non essere altrettanto efficace come avviene sul desktop. In effetti, si tratta di un formato preso in prestito proprio dal mondo desktop e riadattato, con poco successo, per gli schermi di minore dimensione. La scarsa efficienza ha generato, almeno inizialmente, una notevole fru-strazione sul fronte degli inserzionisti e il conseguente, immediato disinteresse ver-so la pubblicità mobile, diminuendo sensibilmente il valore delle inventory mobili e la fedeltà degli utenti. Il native ha come obiettivo quello di eliminare gli “attriti” che altri formati possono generare nella user experience, sia all’interno sia all’esterno di una app mobile, attraverso la prefetta integrazione con i contenuti fruiti in quel determi-nato istante dagli utenti. Buona parte della letteratura tecnica ha già unanimemente dimostrato che, in effetti, costoro tendono a interagire in una misura maggiore attra-verso i formati native, rispetto a quanto avviene con formati banner tradizionali.

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ANNO VII | #1 | GIOVEDÌ 14 APRILE 2016

B I G D ATA • A N A L Y T I C S • S E M A N T I C • I D E A SWWW.PARC L E . COM

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ANNO VII | #1 | GIOVEDÌ 14 APRILE 201628

di GiacoMo BroGGi

Trasformare la Rai da broadcaster a media company, perché occor-re cambiare cultura ed essere veramente digi-tali, uscendo da una lo-gica palinsesto-centrica, che rimane comunque importante, perché il digitale non viene pri-

ma, è innato. Si è foca-lizzato su questi e tan-ti altri punti l’intervento del direttore della Dire-

zione Digital della Rai, Gian Paolo Tagliavia, in Commissione Vigilan-za, perché, non è un mi-

stero, anche in un Pa-ese tv-centrico come il nostro, le fasce più gio-vani della popolazione,

trasforMare l’azienda da broadcaster a Media coMpany. per caMbiare cultura ed essere veraMente digitali

In casa Rai c’è un nuovo corso per il digitale: riavvicinamento a YouTube, sviluppo e semplificazione prodotto, valorizzazione contenuti e universalità

il direttore della direzione digital, gian paolo tagliavia, in coMMissione vigilanza ha condotto un lungo intervento, delineando le strategie future del servizio pubblico, inclusive Ma personalizzate

quelle di età compresa tra i 15 e i 44 anni, stan-no abbandonando il pic-colo schermo. In favo-re, guarda caso, di web e mobile. E dopo la nomi-na del dicembre scorso, Tagliavia ne ha appro-fittato per fare il punto sui primi mesi al timo-ne del digitale di Via-le Mazzini. Tra le tante cose, è emerso un velato riavvicinamento a You-Tube, dopo la rottura di due anni fa, che potreb-be portare a un secondo matrimonio.

L’organizzazione«Il primo elemento su cui abbiamo messo mano è l’organizzazione», ha af-fermato Tagliavia. Pri-ma, infatti, non esisteva una direzione digitale, ma un gruppo di lavoro inserito all’interno del-la direzione tecnologia. «Qui è evidente la vi-sione strategica, e quin-di si intendeva il digitale come servizio tecnico e non, quindi, un sogget-to deputato allo svilup-po del prodotto, ma alla sua riproposizione con modalità tecniche parti-colari - ha proseguito -. Ma per essere competi-tivi sul digitale occorre l’unione di tre compo-nenti: non basta quella tecnologica, ma i conte-nuti e il marketing de-vono essere strettamen-

te integrati». Con questi presupposti, a gennaio, è nata la direzione digi-tal del servizio pubblico, a diretto riporto del di-rettore generale Antonio Campo Dall’Orto. E l’ex ceo di Ipg Mediabrands in Italia ha indicato, poi, le tre direttrici lungo le quali si concentreranno le azioni della sua dire-zione: sviluppo prodotti; valorizzazione contenu-ti; e contributo alla ridu-zione del digital divide.

Lo sviluppo e anche la revisione passano per la semplificazioneCome ben spiegato dallo

stesso Tagliavia, da una parte ci sono i prodotti, «perché saremo giudica-ti dalla loro qualità. Per questo siamo impegna-ti in una revisione com-plessiva del prodotto di-gitale di Rai che va verso la semplificazione. Una revisione che è un vero e proprio rifacimen-to della nostra offerta e si declina in due modi. Innanzitutto, semplifica-zione delle cose che fac-ciamo; ci sono più di 200 siti, diversi profili social, forse dovremo comin-ciare a fare meno cose, ma meglio». Insomma, una modalità che tenda la mano ai fruitori per-ché la Rai vuole esse-re universale. «Il secon-do ambito è proprio la semplificazione del pro-dotto, per far raggiunge-re i contenuti in modo più rapido», ha aggiun-to, sottolineando la ne-cessità di inclusività. In-clusività che, però, non deve rappresentare un ostacolo alla persona-lizzazione dell’esperien-za utente. «Nell’uni-versalità occorre dare strumenti di persona-lizzazione», ha precisa-to Tagliavia, alludendo alle piattaforme ameri-cane, come Netflix, che propongono homepage diverse per singola per-sona. Un altro ambito è quello della socialità,

siamo impegnati in una revisione Complessiva del prodotto digitale Che va verso la semplifiCazione, per permettere agli utenti di raggiungere i nostri Contenuti

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«perché quello che vie-ne condiviso ha vita di-gitale, mentre quello che non lo è scompare nell’oblio».

Sguardo a YouTube e alle piattaforme tech, «Bisogna trovare il modo di collaborare»Quindi, Tagliavia ha toc-cato il tema YouTube, dopo che circa due anni fa la Rai aveva deciso di ritirare i suoi video dalla piattaforma di proprietà

di Google. Secondo al-cune indiscrezioni que-sto accordo poteva vale-re 700 mila euro all’anno in cambio di 7.000 filma-ti caricati, anche se gli interessati hanno sem-pre smentito accordi del genere. Tagliavia ha toc-cato la questione: con-siderando il patrimonio della Rai e l’importanza nel panorama media ita-liano di Google, il rap-porto prestazione/con-troprestazione non era

sufficiente in termini di remunerazione. Insom-ma, Tagliavia lo nascon-de un po’, ma la sostanza è che questo tipo di in-tese richiede più soldi. Ma cosa farà la Rai? La volontà di dare prodot-ti migliori è sempre pri-maria e quindi l’uscita da YouTube deve impli-care la proposta di alter-native valide. E allargan-do il discorso ad altre piattaforme come Face-book e Twitter, che do-

minano il mercato digi-tale, Tagliavia ha detto: «Noi dobbiamo in qual-che maniera ricompren-derli anche strategica-

mente all’interno delle cose che vogliamo fare, non possiamo far finta che questi signori non ci siano e trovare il modo di collaborare, senza di-menticare, però, chi sia-mo: non siamo globali, ma sicuramente abbia-mo una storia e davan-ti a noi un futuro che ci impone di richiedere a questi potenziali part-ner un rapporto più per-sonalizzato. Dobbiamo trovare le chiavi per va-

lorizzare i contenuti di Rai, ma una volta trova-te non vedo perché non si possa ricominciare a lavorare con YouTube come già facciamo con i social Facebook e Twitter. L’importante, però - ha ammonito -, è mantenere una misura, un metodo». Proprio un eventuale ri-torno su YouTube, po-trebbe permettere alla Rai di avvicinarsi alle audience più giovani. «Il nostro primo interesse è avere un dialogo con-tinuativo con delle fa-sce di popolazione con cui la relazione è un po’ più lasca. Il tema è an-dare noi dove le persone sono», ha puntualizzato, spiegando come i gigan-ti Usa abbiano un pub-blico numeroso, che la Rai vuole raggiungere.

Valorizzazione dei contenutiOltre a studiare le prati-che a livello internazio-nale Tagliavia invita a guardare allo specifico: «Noi siamo detentori di un patrimonio stermi-nato, la cultura visiva di questo Paese ce l’abbia-mo noi e quindi dobbia-mo porci come obietti-vo di rendere accessibile questa grande quantità di contenuti», conside-rando anche che negli ultimi anni è stato fatto un lavoro di conserva-

zione, di restaurazione, di messa a disposizione, «ma non essendoci pro-dotti particolarmente performanti questa ul-tima fase non ha trovato pieno compimento. Con dei prodotti migliori, le teche diventeranno un luogo più frequentato, specialmente sul non li-neare», ha specificato.

Inclusività: una Rai universale, per ridurre il solito digital divideLa Rai si deve impegna-re, sempre in un’ottica di inclusività, anche con chi è fuori dal digita-le: «È evidente che pos-siamo essere una grande piattaforma di comuni-cazione, ma dobbiamo sviluppare un lavoro di identificazione sul per-ché la forbice del digi-tal divide è così ampia in Italia. Non siamo stati in grado, come industria, di capire e di interpreta-re in maniera profonda, e quindi disoddisfare i bisogni delle persone che sono rimaste fuori dal digitale», ha sottoli-neato Tagliavia. Motiva-zioni economiche, tec-nologiche e soprattutto culturali sono le barrie-re che restano a blocca-re l’adozione del digi-tale. «Siamo impegnati in una fase propedeuti-ca per un successivo la-voro di comunicazione»,

in qualChe modo dobbiamo riComprendere strategiCamente le piattaforme soCial all’interno dei nostri obiettivi, ma senza dimentiCare Chi siamo. non possiamo far finta Che questi signori non esistano

in Questa foto il direttore generale antonio caMpo dall’orto. nel riQuadro a fianco, gian paolo tagliavia. il priMo eleMento su cui hanno Messo Mano è l’organizzazione. priMa, infatti, non esisteva una direzione digitale, Ma un gruppo di lavoro inserito all’interno della direzione tecnologia. Qui è evidente la visione strategica: priMa, infatti, si intendeva il digitale coMe servizio tecnico e non, Quindi, coMe un soggetto deputato allo sviluppo del prodotto, Ma solaMente alla sua riproposizione con Modalità tecniche particolari

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mente affinando le proprie strategie di promozione sul mobile, ma anche perché sempre più nativi dell’era digitale stanno crescen-do con l’abitudine a utiliz-zare smartphone e tablet per effettuare acquisti, in-segnando contemporanea-mente alle vecchie genera-zioni ad avere più fiducia e dimestichezza con le nuo-ve tecnologie. A certificar-lo, una volta di più, se ce ne fosse bisogno, è l’edizio-ne 2016 del Mobile Perfor-mance Barometer di zanox, indagine che due volte l’an-no analizza a fondo gli svi-luppi del mercato mobile e i comportamenti d’acqui-sto degli utenti italiani ed europei, rivelando una lun-ga serie di interessanti in-sight e trend, ottenuti gra-zie agli esclusivi dati di cui dispone il network interna-zionale di zanox: un por-tfolio di oltre 4.300 clien-ti internazionali, diffusi in undici Paesi, che ne fanno uno tra i leader nel perfor-mance marketing. Dunque, la crescita del mcommer-

ce nel Vecchio Continente sembra proprio inarresta-bile: nel 2015, con la spesa complessiva (desktop più mobile) aumentata di ol-tre il 9%, le transazioni ge-nerate da dispositivi mobi-li hanno registrato un tasso di crescita del 140%. Un se-gnale davvero inequivoca-bile, sempre secondo za-nox, di un trend destinato a continuare a lungo: i con-sumatori sono sempre più a loro agio nel fare acqui-sti semplicemente estraen-do il proprio device dalla tasca o dalla borsa e il net-work internazionale sti-ma che il valore medio del-la spesa online raggiungerà nel 2016 una quota di 100 euro, superando del 25% quella del 2015 che era pari a 80 euro.

La zona Ue In Europa, come già detto, il 2015 si è concluso mol-to positivamente e le festi-vità natalizie si sono rive-late più che mai proficue. Infatti, proprio in conco-mitanza con gli acquisti

di Natale, che hanno trai-nato l’intero settore Re-tail & Shopping, zanox ha verificato un numero re-cord di vendite: 5,4 milio-ni (2,6 milioni quelle ef-fettuate a novembre, 2,8 milioni a dicembre). Que-sto dopo un Black Friday fenomenale che per la pri-ma volta ha superato la so-glia di un milione di euro di fatturato generato in un solo giorno. Gli acqui-sti più frequenti sono sta-ti, al contrario di quanto si possa immaginare, oggetti voluminosi, pezzi di arre-damento, elettrodomestici per la casa e i soliti viaggi. A guidare la classifica per Paesi sono, nel retail, Re-gno Unito e Scandinavia mentre per quanto riguar-da il settore travel, in te-sta si trova la Svizzera con un valore medio di spesa pari a 530 euro per utente. L’Italia appare ancora piut-tosto indietro su questo fronte, con una spesa me-dia pro capite che è meno della metà di quella dei no-stri vicini d’oltralpe.

Mshopping, la corsa non si arresta zanox, due volte all’anno, analizza gli sviluppi avvenuti all’interno del Mercato Mobile, con particolare attenzione a coMe si evolvono i coMportaMenti dei consuMatori italiani

il Mobile perforMance baroMeter certifica che nel 2015 le transazioni Mobile hanno guadagnato il 140% a livello globale. in italia l’auMento è stato del 58%, facendone il Quinto Mercato europeo per tasso di crescita

di vera ModeSto

L’evoluzione della tecnolo-gia mobile è un chiodo fis-so ormai da anni per tut-ti coloro che si occupano

di marketing, e non sen-za motivo. I continui cam-biamenti che vengono ap-portati ai dispositivi e ai software, nonché il muta-mento del comportamento

degli utenti, pongono non poche sfide agli operatori tradizionali, che ne valuta-no gli sviluppi quantitativi e soprattutto l’ovvia capaci-tà di generare direttamen-

te fatturato senza ulterio-ri passaggi. Il 2015 è stato l’anno della consacrazione definitiva dell’mcommer-ce, non solo perché i mer-chant stanno progressiva-

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sheyla biasini

Performance italianeNonostante rispetto al re-sto del continente la per-formance italiana sia sta-ta notevolmente inferiore, anche nel nostro Paese il mercato del mshopping ha registrato un impressio-nante aumento del fattu-rato, pari al 58% rispetto al 2014, facendone il quin-to mercato in Europa per tasso di crescita, davan-ti a Germania, Uk e Fran-cia. In termini percentuali, il 27,4% delle vendite tota-li realizzate sono state ef-fettuate da dispositivi mo-bili. Peraltro, insieme alla

Spagna, l’Italia è il Paese che fa registrare l’incre-mento maggiore di acqui-sti da smartphone rispet-to al tablet, comunemente considerato più “comodo” rispetto al parente più pic-colo per navigare nei siti di ecommerce. Tuttavia, gra-zie agli schermi sempre più grandi e facili da utilizzare e all’ampliamento del numero dei siti mobile-friendly, gli smartphone stanno recu-perando terreno sui tablet (19,6% vs 7,8% i rispettivi tassi di crescita), al contra-rio di quanto avvenuto ne-gli anni precedenti. In con-

27,4%

65%

68%

55%

quota di veNdite totali realizzate da dispositivi mobile a livello europeo Nello scorso aNNo

si tratta della quota di fatturato realizzata da dispositivi mobile coN sistemi operativi ios

iN spagNa gli acquisti da dispositivi coN sistemi aNdroid è NettameNte superiore a quelli ios

è la quota di fatturato geNerata iN italia da acquisti effettuati tramite dispositivi aNdroid

trotendenza nei confronti del resto d’Europa, in Ita-lia è stata l’estate il periodo di maggior incremento del-le vendite da mobile, grazie alle prenotazioni di viaggi e all’acquisto di prodotti le-gati alle vacanze: a luglio e agosto, infatti, l’uso dei de-vice mobile tocca, rispet-tivamente, una quota del 31% e del 33%, contro una media annua del 23%.

iOs vs Android Venendo ai sistemi operativi, è iOS, ossia l’iPhone, a pesa-re maggiormente rispetto al totale, con una quota di fat-turato del 65%. Questo non è dovuto a migliori caratte-ristiche tecniche, ma al fatto che i possessori di questi de-vice, mediamente più costosi di quelli Android, dimostra-no un potere d’acquisto più elevato. Non a caso la mag-giore concentrazione di ac-quisiti operati dai telefonini

con la mela si registra nei Pa-esi Scandinavi e in Uk, a dif-ferenza di altri come Italia e Spagna in cui è risultata, in-vece, una forte preferenza dei dispositivi con Android (Italia 55% vs 43% e Spagna 68% vs 31%).

Siti mobili ormai necessariAnalizzando il Mobile Per-formance Barometer la con-seguenza più evidente che se ne trae è certamente il ruolo ormai critico assunto dagli msite e dalle app nella strate-gia di marketing e vendite di quasiasi operatore del retail o del commercio elettronico. Aspetto sottolineato anche dagli addetti ai lavori: «Oggi più che mai, è fondamentale che advertiser e publisher, e ogni altro operatore dell’eco-nomia digitale, si assicurino di avere siti ottimizzati per il mobile che garantiscano una shopping experience velo-

Mobile perforMance - salesce e senza interruzioni, sod-disfacendo le esigenze degli acquirenti in un modo pun-tuale e personalizzato» ha commentato Sheyla Biasini, country manager di zanox

Italia. L’appuntamento, dun-que, è al prossimo Barome-ter, sperando che le aziende italiane raccolgano l’appello che quest’anno appare mol-to chiaro.

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Gli obiettivi di Zalando erano tre: rendere più conosciuto il proprio negozio di moda

online in Italia, acquisire nuovi utenti e scoprire informazioni utili sul comportamento

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Internet of Things diventa mainstream. Lo conferma il nuovo report di Verizon

già nell’arco di tre anni il consuMatore potrà speriMentare un seMpre più elevato livello di autoMazione

il fattore trainante nella scelta è l’opportunità di crescita del fatturato. la Monetizzazione dei dati è citata coMe driver principale, Ma solo l’8% delle iMprese utilizzano più del 25% dei loro dati iot. altri fattori che deterMinano l’adozione includono un auMento delle aspettative dei consuMatori, la necessità di struMenti seMplificati per gli sviluppatori e i caMbiaMenti nelle norMative

di danieLe BoLoGna

Con un mercato indirizza-bile che include più di 150 milioni di auto attualmen-te non connesse, oltre 300 milioni di contatori, quasi 1 milione di acri di vigne-ti e 45 milioni di persone che condividono prodot-ti e servizi, solo negli Sta-ti Uniti, Internet of Things (IoT) è diventato main-stream secondo il nuovo report rilasciato da Veri-zon. Intitolato “State of the Market: Internet of Things 2016”, il report include, tra le diverse novità, anche ap-profondimenti di uno stu-

dio di Oxford Economics, commissionato dalla stessa Verizon. Ebbene, nel corso del 2016 e negli anni a ve-nire, gli esperti Verizon ri-tengono che l’IoT conti-nuerà a essere un driver di fatturato per imprese gran-di e piccole per la confluen-za di alcuni macro-trend.

AutomazioneNell’arco di tre, forse cin-que anni, il consumatore medio potrà sperimenta-re un sempre più elevato li-vello di automazione nella vita quotidiana, principal-mente grazie alla possibili-tà di utilizzare applicazioni

IoT attraverso una singo-la interfaccia. Oggi, infatti, ben l’81% degli utilizzato-ri di IoT all’interno del set-tore pubblico ritiene che i cittadini si aspettino una maggiore offerta di servizi avanzati basati sull’utilizzo di dati e IoT.

MonetizzazioneLa monetizzazione dei dati diventerà una competen-za necessaria. Si prevede che nei prossimi due o tre anni anni quasi il 50% del-le imprese userà almeno il 25% dei loro dati. Le anali-si dei dati evolveranno da semplici raccolte de-

chi è verizon, colosso del WirelessVerizon Communications impiega una forza lavoro diversificata di oltre 177.900 uni-tà e ha generato più di 127 miliardi di dollari di ricavi nel corso del 2014. Verizon Wireless gestisce la rete wireless più affidabile d’America con oltre 110,8 milioni di connessioni retail nazionali. Con sede centrale a New York, Verizon offre, inoltre, servizi di comunicazione e intrattenimento tramite la rete a fibre ottiche più avanza-ta d’America e propone soluzioni aziendali integrate ai clienti in tutto il mondo.

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scrittive ad analisi sempre più sofisticate con modelli predittivi e prescrittivi. Le industrie cercheranno di ricavare dai dati elemen-ti chiave che permettano di fornire benefici ai loro consumatori perciò si as-sisterà a un cambiamento di paradigma: dalla richie-sta di competenze generi-che nella raccolta dei “big data” ad esperti analisti del settore.

Cambiamenti I cambiamenti nel pano-rama normativo conti-nueranno a plasmare un ecosistema di partner che contribuirà a instaura-re più rapidamente nuo-vi standard di settore. Un esempio è il il Drug Supply Chain Act (la normativa sulla distribuzione dei me-dicinali). La nuova legge dà tempo alle imprese far-maceutiche fino alla fine del 2017 per implementare sistemi di trasferimento e stoccaggio elettronico del-la cronologia delle transa-zioni per i medicinali con prescrizione, incluse le in-formazioni di spedizione lungo la catena distribu-tiva e di commercializza-zione. La legge è stata con-cepita per contrastare la contraffazione di farmaci che, secondo l’Organizza-zione Mondiale della Sani-tà, comporta per il settore una perdita di 75 miliardi di dollari l’anno.

WirelessLa tecnologia wireless di prossima generazione, non solo promette di tra-sformare in realtà l’auto-matizzazione di soluzioni nel settore auto e della ro-botica, ma introdurrà an-che nuove categorie di uti-lizzo, quali realtà virtuale e aumentata per l’imple-mentazione di IoT.

SicurezzaGli esperti di sicurezza riescono a stare al pas-so con gli ultimi svilup-pi tecnologici attraverso il monitoraggio dei vet-tori di rischio emergen-ti - sia esistenti, sia nuo-vi - che impatteranno l’utilizzo di IoT e le atti-vità quotidiane. Il report rileva anche come le im-prese si stiano rivolgendo alle start-up per accelera-re la loro crescita IoT. Nel 2015, le start-up nel setto-re IoT per le imprese han-no sorpassato del 75% in termini di finanziamen-ti le start-up appartenen-ti al settore consumer. Gli esperti di Verizon riten-gono che nel 2016 le start-up nel settore IoT per le imprese cresceranno da due a tre volte di più in termini di capitali rispet-to alle start-up nel settore IoT consumer.«Per lungo tempo si è pensato che IoT fosse una combinazione di tecnolo-gie complesse usata sola-

mente da “early adopter” - ha dichiarato Mark Bar-tolomeo, Vice Presidente IoT Connected Solutions di Verizon -. Nell’ulti-mo anno, abbiamo inve-ce avuto la prova di come IoT sia utilizzato da una

vasta gamma di aziende, imprenditori, enti pub-blici e sviluppatori per ri-spondere alle più impor-tanti esigenze di business, dei consumatori e del set-tore pubblico. Il risultato finale sarà non solo l’av-

vento di migliaia di nuo-vi casi di utilizzo nel cor-so dei prossimi due anni, ma anche la creazione di un canale d’accesso acce-lerato per l’innovazione e la creazione di una nuova economia».

ConnettivitàLa connettività di rete, i di-spositivi a basso consumo e le piattaforme IoT ren-deranno l’innovazione più democratica mettendo più strumenti a disposizione

degli sviluppatori e dando la possibilità alle imprese di dimensionare in manie-ra più economica l’imple-mentazione dell’Internet of Things, passando da milioni a miliardi di connessioni.

127 150 8%miliardi di dollari è il fatturato moNdiale realizzato dal gruppo verizoN Nel 2014

milioNi soNo le autovetture NoN coNNesse attualmeNte iN circolazioNe Negli usa. uN immeNso mercato poteNziale

e’ la quota di azieNde che oggi utilizzaNo almeNo il 25% dei propri dati. eNtro tre aNNi saràNNo il 50%

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Il segreto per ottenere il successo online: contenuti di buona qualità e livelli di Seo professionaliMarco loguercio, ceo di find ed esperto di search engine optiMization, ci ha fornito un punto di vista sull’attuale situazione degli investiMenti in ottiMizzazione della ricerca online. l’italia è ancora indietro Ma i Marketer sono seMpre più consapevoli dell’iMportanza di essere rilevanti nel Web

un processo che aiuta a ottiMizzare un sito nei suoi aspetti tecnici, nella sua architettura inforMativa e nel suo iMpianto contenutistico

di anna Maria ciarduLLo

Per un sito internet il se-greto del successo dipende da un imperativo impre-scindibile: fornire conte-nuti di qualità. Partendo da questo presupposto, ci sono poi, ovviamente, mol-ti altri accorgimenti che portano a ottenere lo stes-so obiettivo. Uno di questi è senza dubbio la Seo, acro-nimo di “Search engine op-

timization”. Un processo che aiuta a ottimizzare un sito nei suoi aspetti tecnici, nella sua architettura in-formativa e nei suoi conte-nuti perché siano indiciz-zati nel modo più veloce ed efficiente possibile dai vari motori di ricerca come Go-ogle, ottengano la massima visibilità online e possano essere di aiuto agli utenti per soddisfare le loro esi-genze. Questo argomen-

to è stato oggetto di dibat-tito anche a Meet Magento 2016, il più importante evento dedicato ai player del settore ecommerce, che si è tenuto lo scorso mar-zo a Milano. A questo pro-posito è intervenuto Marco Loguercio, fondatore e ceo di Find, grande esperto di Seo, core business della sua azienda, che ci ha concesso un’intervista dove ha spie-gato dettagliatamente lo

scenario attuale del settore e il perché cresca sempre di più l’importanza di svilup-pare e ottimizzare i conte-nuti online per il successo di tutte le attività.

Come si può descrivere l’evoluzione della Seo negli ultimi anni?Lo scenario dell’evolu-zione dell’uso della Seo è concentrato nel periodo che va da prima del 2000,

quando gli italiani onli-ne hanno iniziato a sco-prire l’utilità dei moto-ri di ricerca, fino ad oggi. La richiesta da parte delle aziende per attività di SEO

c’è sempre stata, in tutti questi anni; quello che è cambiato è stato il grado di difficoltà e il coinvolgi-mento delle aziende stesse in questi progetti. In pas-sato le barriere all’ingres-so erano molto più basse, esistevano anche soluzio-ni che consentivano, ad esempio, di non dover ne-cessariamente mettere le mani sul sito da promuo-vere per fargli ottenere vi-sibilità. Erano però solu-zioni di breve periodo, che possiamo tranquillamen-te chiamare “trucchetti”

(accettati però dai clien-ti, in nome del “tutto, subito, possibilmente a basso costo e senza do-verci lavorare troppo”), che magari raggiunge-

vano l’obiettivo ma non costruivano del valore re-ale. Poi Google si è evolu-to e il suo orientamento al valore per l’utente dei con-tenuti dei risultati di ricer-ca ha da una parte alza-to l’asticella, dall’altra ha portato molte aziende a

capire che i motori rappre-sentano un’opportunità di business eccezionale ma sulla quale occorre lavora-re seriamente. Non basta scegliere le parole chiave su cui lavorare in base alla quantità di ricerche. Oc-corre comprendere le esi-genze e le necessità dietro una ricerca. Capire cosa serva realmente a chi sta cercando: quali contenu-ti, in quale forma, funzio-nali a quale fase del com-plicato percorso che porta a una scelta, a un acqui-sto. Le aziende che gene-

ralmente in Italia hanno saputo comprendere per prime questa nuova op-portunità sono state quelle straniere operanti da noi o le filiali italiane delle mul-tinazionali, con un forte supporto e spinta a questo genere di investimenti di-rettamente dalla casa ma-dre, anche se non è sempre stato tutto rose e fiori an-che con loro. Le realtà ita-liane, specie quelle medie o piccole, hanno faticato

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di più ad adeguarsi, anche per la necessità di maggio-ri investimenti, tanto in attività Seo che, soprattut-to, nelle analisi per com-prendere i comportamenti di ricerca e nella creazio-ne di contenuti. Comples-sivamente, oggi rispetto a ieri, c’è oramai una chiara consapevolezza delle dif-ficoltà che si presentano oggi a chi fa search engine optimization ma, allo stes-so tempo, se ne compren-de l’enorme valore che può generare. Le aziende più evolute sanno che devono aspettare anche 5/6 mesi per ottenere i primi risul-tati e vedere un impatto sul business; sono consapevo-li che la Seo non sia un’at-tività economica ma anche che è diventata necessaria e che solo appoggiando-si ad agenzie e consulenti esperti i risultati possono essere concreti e duratu-ri. Oggi fare Seo significa soprattutto avere contenu-

ti di qualità e quindi inve-stire in chi li produce, in-vestire per farli conoscere, renderli rilevanti e investi-re nella loro divulgazione, fare in modo che le perso-ne li trovino, li clicchino e li condividano. Sono tut-ti elementi che i motori di ricerca tengono in consi-derazione come criteri di visibilità.

È una consapevolezza che hanno anche le aziende Italiane?Le realtà italiane vanno sempre un po’ a rispar-mio purtroppo, a discapi-to dei risultati. La differen-za di investimento in Seo tra realtà internazionali che operano in Italia e re-altà italiane sul territorio è a volte anche del 50%. In pochi hanno capito il valo-re di ritorno degli investi-menti e sono consci anche della lifetime value degli utenti che arrivano natu-ralmente ai risultati di ri-

cerca. Anche in Italia, con il passare degli anni, stan-no crescendo i volumi di investimento ma c’è anco-ra questa convinzione che si tratti di un lavoro “one shot”. Opinione diffusa è che sia sufficiente ottimiz-zare il sito all’inizio e il la-voro sia fatto. Ovviamen-te non è così. Un sito non

non è la giusta parola Chiave nella pagina Che fa vendere, ma la CapaCità di raCContare effiCaCemente una storia Con il prodotto Come autentiCo protagonista

una carriera spesa neLLa

ricerca (deLLa paroLa chiave)

marco loguercio si occupa

professioNalmeNte di marKetiNg e advertisiNg da

sempre. dal 2002, aNNo di foNdazioNe

della sua prima search marKetiNg

ageNcy, oggetto della sua attività

soNo i motori di ricerca, ambito iN cui è coNsiderato uNo tra i massimi

esperti italiaNi

è un’entità statica: si evol-ve, cambiano i prodotti, cambia il modo di cerca-re e quindi bisogna sem-pre ottimizzare la ricerca in modo da ottenere ri-sultati naturali basandosi su molte varianti da come gli utenti cercano, all’evo-luzione degli algoritmi dei motori. Pensiamo all’im-patto che ha avuto di re-cente il cambio del layout dell’advertising di Google sulla visibilità dei risultati naturali e sulle stesse im-postazioni delle campagne a pagamento.

Qual è, dunque, la sfida per chi si occupa di Seo a livello professionale?Oggi la sedia di molti di-rettori marketing scotta e dover fare il rendiconto di un grande investimento in Seo, che non può dare risul-tati immediati, è un gran-de problema da affrontare. Noi come agenzie abbiamo sempre l’obiettivo di dimo-strare la validità e il ritor-no delle soluzioni che an-diamo a proporre, in modo che se ne possa compren-dere meglio l’utilità e si possano giustificare tutti gli investimenti necessari. Ma, soprattutto, dobbiamo sempre far comprendere che la visibilità nei moto-ri è un mezzo, non il fine. Il focus deve essere sem-pre su chi cerca, e questo in molti continuano anco-ra a non considerarlo.

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Costa Crociere comunica con Opinion Modellanciata dal gruppo Mondadori, la piattaforMa digitale di Marketing partecipativo conta su 83 Mila utenti registrati un’originale iniziativa rivolta a coloro che intendono provare l’esperienza di una crociera sulla nuova aMMiraglia E’ stata sviluppata su Opi-nionmodel.it, sostenuta da Donna Moderna, un’origi-nale iniziativa rivolta a tutti coloro che intendono prova-re l’esperienza di una cro-ciera a bordo della nuova Ammiraglia Costa Diadema. Il progetto ha utilizzato la piattaforma di Opinion Mo-del per selezionare cinque utenti che per una settima-na viaggeranno nel Medi-terraneo: le persone ven-gono scelte in base alle loro attitudini, interessi e com-petenze, grazie alle infor-

mazioni e ai dati disponibi-li sulla piattaforma stessa. Al termine del viaggio i te-ster compilano un questio-nario per esprimere le loro opinioni. I risultati vengono quindi pubblicati su Don-na Moderna, così da rende-re la community partecipe dell’esperienza. Le uten-ti scelte vivranno al 100% l’esperienza di una crocie-ra Costa attraverso le gran-di novità che rappresentano il meglio dell’Italia, a co-minciare proprio dall’am-miraglia Costa Diadema.

Dai piatti firmati dallo chef Bruno Barbieri, alla pizza di produzione artigianale del-la pizzeria Pummid’oro, re-alizzata a bordo con impa-sto di lievito madre, grazie a una collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo; dallo show tele-visivo “Tù Sì que Vales”, ri-proposto per la prima vol-ta sulle navi da crociera, che coinvolge direttamente gli ospiti facendo scoprire i talenti nascosti, all’incon-tro con Peppa Pig, idolo dei

più piccoli. Ma anche i nuo-vi burger d’autore italiani, la gelateria Amarillo, i menù regionali, lo speciale buffet dedicato alla pasta, e i nuovi show in cui musica, ballo e feste escono dal teatro per coinvolgere l’intera nave. Lanciata da Mondadori già nel mese di marzo, Opinion Model è una piattaforma di-gitale di marketing parteci-pativo che conta ad oggi 83 mila utenti registrati e che si avvale dell’amplificazione media garantita dai brand del gruppo Mondadori.

aziende/3 Heineken The Dilemma, il prank video firmato da Publicis Italia va in giro per il mondoOltre 8 milioni di visualizzazioni in rete, di cui più di 4 milioni sui canali social di Heineken. Più di un milione di interazio-ni (like, commenti e condivisioni) sui principali social media. Centinaia di siti, blog e televisioni a livello internazionale ne hanno parlato, raggiungendo più di 3 milioni di lettori. Un video che ha fatto davvero il giro del mondo, arrivan-do in 244 Paesi. Sono questi i numeri pazzeschi che stanno decretando il suc-cesso mondiale di “The Dilemma”, il video che documenta il live stunt allo sta-dio Olimpico, ideato e organizzato da Heineken in collaborazione con Publicis Italia, durante la partita di calcio della Uefa Champions League tra la Roma e il Real Madrid del 17 febbraio scorso. In dettaglio, i numeri sono veramente significativi: 1.608.969 visualizzazioni, 3.471 like e 6.526 condivisioni su You-Tube; 2.900.000 visualizzazioni, 1.090.561 interazioni, 3.779.252 persone rag-giunte tra Facebook e Twitter. Oltre cento articoli su tv, siti e blog di tutto il pia-neta hanno saputo generare più di tre milioni di visualizzazioni.

aziende/2 Havas Worldwide Milan sigla il progetto #AircrossToAirport per la Citroën C4 Aircross

On air il progetto #AircrossToAirport, la nuova campagna digital firmata Havas Worldwide Mi-lan per Citroën C4 Aircross, SUV 4x4 della gam-ma Citroën. Come sottolineato dal claim “The fun side of winter”, Citroën C4 Aircross non è solo un 4x4, è un SUV capace di adattarsi a ogni tipo di terreno e trasformare anche le strade invernali in un’esperienza di guida divertente e adrenalinica. Per dimostrare a tutti che anche l’inverno può essere divertente, Citroën si è ri-volta proprio a chi dall’inverno stava per scap-

pare e con un modello della gamma che si adatta a tutte le condizioni meteo in-vernali. Inconsapevoli protagonisti dell’online video al centro della campagna sono, infatti, alcuni turisti che, a febbraio, si erano recati all’aeroporto di Milano Malpensa per imbarcarsi alla volta di destinazioni tropicali, posteggiando la loro auto in uno dei parcheggi della zona. Ognuna di loro, grazie a una candid came-ra studiata nei minimi dettagli, ha raggiunto l’aeroporto in modo completamen-te inaspettato, scoprendo il lato divertente dell’inverno a bordo di Citroen C4 Ai-rcross. Il video, anticipato da un teaser sui canali social di Citroen, è oggetto di una campagna digital e social. E all’operazione è associato anche un contest.

ed Mod tetueros dolor ing euM zzriusto duisl

al centro della caMpagna spicca un online video