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08/04/2008 1 Le obiezioni al neopositivismo logico We are like sailors who on the open sea must reconstruct their ship but are never able to start afresh from the bottom. Where a beam is taken away a new one must at once be put there, and for this the rest of the ship is used as support. In this way, by using the old beams and driftwood the ship can be shaped entirely anew, but only by gradual reconstruction. Otto Neurath, 1932 Come abbiamo visto i neopositivisti logici distinguono il contesto della scoperta dal contesto della giustificazione Nel contesto della giustificazione il pensiero scientifico si deve adattare ai canoni della logica formale. neopositivismo logico i tre cardini del neopositivismo logico 1. la teoria della verificabilità del linguaggio 2. il modello nomologico-deduttivo (D-N) della spiegazione scientifica ed il modello ipotetico-deduttivo(I-D) della conferma delle ipotesi 3. la concezione assiomatica delle teorie e la riduzione teorica delle scienze

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08/04/2008

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Le obiezioni al neopositivismo logico

We are like sailors who on the open sea must reconstruct their ship but are never able to start afresh from the bottom. Where a beam is taken away a new one must at once be put there, and for this the rest of the ship is used as support. In this way, by using the old beams and driftwood the ship can be shaped entirely anew, but only by gradual reconstruction.

Otto Neurath, 1932

Come abbiamo visto i neopositivisti logici distinguono il contesto della scoperta dal contesto della giustificazione

Nel contesto della giustificazione il pensiero scientifico si deve adattare ai canoni della logica formale.

neopositivismo logico

i tre cardini del neopositivismo logico

1. la teoria della verificabilità del linguaggio

2. il modello nomologico-deduttivo (D-N) della spiegazione scientificaed il modello ipotetico-deduttivo(I-D) della conferma delle ipotesi

3. la concezione assiomatica delle teorie e la riduzione teorica delle scienze

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I teoremi di incompletezza e i programmi di assiomatizzazione

In qualunque sistema assiomatico coerente che sia sufficientementeforte da permetterci di fare aritmetica, si può costruire un enunciatosui numeri naturali che all’interno del sistema non può essere néprovato né refutato.

Tale enunciato è però vero, nel senso che asserisce qualcosa suinumeri naturali che in effetti vale. Ma dato che il sistema non puòprovarlo, si dice incompleto. Il primo teorema di incompletezzaafferma1. Any sufficiently strong formal system of mathematics is either

inconsistent or incomplete

Primo teorema di incompletezza di Goedel

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Di per se il fatto che un sistema formalizzato sia incompleto può significare semplicemente che esso non sia dotato di tutti gli assiomi necessari a renderlo completo. Se priviamo la geometria Euclidea dell’assioma delle parallele non ci stupiremo di ottenere un sistema incompleto.. Il risultato di Göedel stabilisce, però, non solo che l’aritmetica di Peano è incompleta, ma anche che non si può per essa creare un insieme finito (o anche infinito ma computazionalmente numerabile) di assiomi completo e coerente. Ogni volta che si aggiunge un enunciato vero come assioma, c’è un enunciato vero che non potrà essere dimostrato, anche in presenza del nuovo assioma.

I risultati di incompletezza di Kurt Göedel hanno sbarrato la strada ai programmi di assiomatizzazione di varie discipline. Il sogno di poter costruire argomentazioni razionali con la stessa forza di un teorema matematico, che aveva accompagnato i filosofi, i teologi, gli scienziati sperimentali e perfino certi teorici della politica attraverso i secoli, si rivelava non perseguibile.

Critiche alla verificabilità del linguaggio

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Nella concezione neopositivista un enunciato analitico è un enunciato vero in virtù del suo significato (ad es. nessuno scapolo è sposato).

Un enunciato sintetico (o enunciato protocollare) è invece vero in virtù di dati di fatto (ad es. questa rosa è rossa)

4.2 Il senso della proposizione è la sua concordanza, e non-concordanza, con la possibilità del sussistere, e non sussistere, degli stati di cose

Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 1922

La verificabilità del linguaggio

L’applicazione del principio positivista della verifica del significato obbligava a disporre di un criterio di significanza conoscitiva, in base al quale gli enunciati non analitici e non riconducibili ad enunciati la cui verità dipende dall’esperienza, potessero essere espunti dall’ambito di ciò che è conoscitivamente significante.

Il criterio di significanza per i positivisti era da intendersi equivalente ad un criterio di verifica. In una prima fase tale verifica era intesa in senso “forte”:

un enunciato non analitico è conoscitivamente significativo se, tramite

l’esperienza, si può mostrare in modo conclusivo che esso è vero o falso

Criterio di significanza “forte”

Di conseguenza tutti gli enunciati non analitici relativi ad esempio alla psicologia ed alla metafisica, debbono essere considerati insignificanti.

Leggi di natura e loro conferma

Leggi di natura, che sono il cardine del modello ND della spiegazione, dovrebbero, come tutti gli enunciati, essere soggette a questo criterio di significanza, ma nessun enunciato universale costruito con logica induttiva può essere confermato in maniera conclusiva!

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Un predicato si dice osservabile se e solo se è possibile stabilire la verità o la falsità degli enunciati ottenuti saturando il predicato con un argomento, Una proposizione è (completamente) confermabile se la sua conferma è (completamente) riducibile a quella di una classe di predicati osservabili.

un enunciato non analitico è conoscitivamente significativo se esso è

confermabile, anche in linea di principio.

Non si richiede dunque che un enunciato sia verificabile, ma solo che esso sia confermabile, attraverso il controllo di esemplificazioni particolari.

Criterio di significanza “debole”

Anche questa versione “debole” non è esente dalle critiche elaborate sul concetto di conferma

In una seconda fase del positivismo logico, spesso detta dell’“empirismo logico”, coincidente storicamente con la fase “americana” del positivismo e con l’affermarsi di quella che viene denominata la standard view of the philosophy of science, si adotta un criterio di significanza “debole” introdotto da Carnap.

Leggi di natura e loro conferma

La forma debole del criterio di verifica del significato risolve il problema della conferma delle leggi universali.

Resta però il problema di come distinguere un enunciato nomologico, ossia una legge, da un enunciato generale accidentalmente vero. È questo il cosiddetto problema di Schlick, uno dei fondatori del pensiero neopositivista. Secondo la tradizione humeana il problema non è quello di comprendere cosa “ci sia sotto” una legge di natura, problema che sfocerebbe in una disputa metafisica, quanto nella definizione di un criterio di demarcazione tra regolarità universali e regolarità nomiche.

Si arriva a concludere che ciò che caratterizza fondamentalmente una legge è il suo “alto grado di conferma” e il suo uso non solo descrittivo ma predittivo (o retrodittiva). È per questo che talora si richiede che la legge sia non solo vera ma “accettabile prima della determinazione di tutti i suoi esempi” (N. Goodman) o tale che “il suo campo predicativo sia non esaurito” (Nagel)

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Conformità a legge. La via controfattuale

Una strada che è sembrata percorribile per risolvere il problema di Schlick è stata quella dei “controfattuali “. Si richiede, cioè, che un enunciato nomico debba sostenere enunciati condizionali il cui antecedente descrive stati solo possibili o anche, come spesso si dice, non esemplificati. Tutti i metalli riscaldati si dilatano sostiene il controfattuale se a fosse un metallo, riscaldato si dilaterebbe

Tutte le rocce in questa scatola contengono ferro è una generalizzazione accidentale in quanto non supporta un’affermazione del tipose un minerale fosse introdotto nella scatola esso conterrebbe ferro.

Tuttavia, come è stato dimostrato da N. Goodman la verità di un controfattuale dipende dal suo essere o meno sostenuto da una legge nomica e dunque la via controfattuale per la definizione della conformità a legge riporta al punto di partenza.

Si arriva allora a concludere con Goodman che “un enunciato non è usato per eseguire previsioni perché è una legge ma piuttosto è una legge perché è usato per fare previsioni”.

Critiche al concetto di conferma

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Critiche al concetto di conferma

• «l’infame» paradosso dei corvi, già noto ad Hempel

• il paradosso degli smeraldi (new riddle of induction), messo in evidenza da Goodman nel 1955

I positivisti logici utilizzano il concetto di conferma logica sia per la verifica del significato del linguaggio, sia per la verifica delle ipotesi attraverso il modello I-D..

Il concetto di conferma, però, viene messo in crisi da due paradossi particolarmente “corrosivi”

La nozione di conferma

Criterio di Nicod

Consideriamo una legge espressa come un condizionale universale del tipo∀∀∀∀x, F(x) ⇒⇒⇒⇒ G(x).

Un fatto a

1. conferma la legge se esso ammette come predicati sia F che G, ovvero se F(a) & G(a) è vera;

2. disconferma la legge se esso ammette come predicati sia F e non G, ovvero se F(a) & ¬G(a) è vera;

3. è neutro, o irrilevante se rispetto alla legge se esso non ammette come predicato F, ovvero se ¬F(a) è vero.

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il paradosso dei corvi

Consideriamo l’ipotesi “tutti i corvi sono neri”, posta nella forma: I: ∀∀∀∀x, C(x) ⇒⇒⇒⇒ N(x),

dove la proprietà C è quella di essere un corvo, la proprietà N è quella di essere nero. Consideriamo poi l’enunciato ad esso equivalente (nel senso che ammette la stessa

tabella di verità)I’: ∀∀∀∀x, ¬ N(x) ⇒⇒⇒⇒ ¬C(x).

Consideriamo ora i quattro enunciati seguenti relativi ad una istanza i:1. C(i) & N(i) che descrive un corvo nero;2. C(i) & ¬N(i) che descrive un corvo non nero3. ¬C(i) & N(i) che descrive un non corvo nero;4. ¬C(i) & ¬N(i) che descrive un non corvo non nero.

Applicando il criterio di Nicod a) 1. conferma I ed è neutro rispetto a I’b) 2. disconferma I e I’c) 3. è neutro rispetto a I e I’d) 4. è neutro rispetto a I e conferma I’

il paradosso dei corvi

Ciò è paradossale in quanto I e I’ sono equivalenti e ci si aspetta che la loro conferma dipenda solo dal contenuto e non dalla forma logica.

Dunque il criterio di Nicod dovrebbe essere inteso come condizione sufficiente per la conferma a cui dovrebbe essere aggiunta una condizione di equivalenza del tipo: tutto ciò che conferma o disconferma uno di due enunciati equivalenti conferma o disconferma l’altro.

Ma ciò equivarrebbe ad affermare che ogni oggetto che non è nero e che non è un corvo conferma l’ipotesi che tutti i corvi sono neri. Ovvero, come dice Goodman, che si potrebbe fare ornitologia al coperto, osservando oggetti che non sono corvi e non sono neri.

Come dire che uno scienziato potrebbe confermare una sua teoria facendo una qualsivoglia osservazione che non ha nessuna relazione con essa.

Il che è assai lontano da quello che vorremmo fosse la conferma scientifica.

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Tutti gli smeraldi osservati

sin’ora sono verdi

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tutti gli smeraldi sono verdi

Si definisca “blerde” è un oggetto che, se osservato per la prima volta prima del 2010, è verde e che, se osservato per la prima volta dopo il 2010, è blu.

Tutti gli smeraldi osservati

sin’ora sono blerdi

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tutti gli smeraldi sono blerdi

Il primo argomento sembra essere plausibile. Il secondo, che pure ha la stessa struttura del primo, sembra non

essere accettabile per due ordini di problemi:1. Perché è in conflitto col primo argomento;2. Perché ci porta ad concludere che dopo il 2010 osserveremo

smeraldi di colore blu sulla base dell’osservazione di smeraldi verdi!

Il paradosso degli smeraldi (new riddle of induction)

L’argomentazione di Goodman è volta a dimostrare che il meccanismo dell’induzione non può prescindere dal contenuto delle premesse (così come accade per una argomentazione deduttiva) e dunque non si può costruire una teoria formale dell’induzione.

Apparentemente semplice, l’argomentazione di Goodman porta in se una serie di problemi metodologici piuttosto frequenti nella pratica quotidiana delle scienze. Uno di questi è ad esempio il problema dell’interpolazione nell’analisi dei dati. Quando effettuiamo una interpolazione per poi ottenere una predizione tentiamo di scegliere curve “semplici”. Questo sembra suggerire che nei problemi di induzione si debba scegliere la via della semplicità e quindi preferire l’opzione verde all’opzione blerde. Ma Goodman replica che la semplicità dell’argomentazione induttiva dipende dal linguaggio. Difatti se nel nostro linguaggio esistessero solo i colori blerde e verble per definire il verde si potrebbe ………………..

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All’inizio degli anni ’50 W.V.O. Quine ha criticato in maniera severa la distinzione positivista tra enunciati analitici ed enunciati sintetici. Secondo Quine il concetto di analiticità può essere definito solo ricorrendo ad altri concetti quali ad esempio quello di significato che, a sua volta, può essere definito solo ricorrendo alla nozione di analiticità. Il risultato è un circolo vizioso.

Sicché parole come “analiticità” e “significato” non possono passare il test di verifica del linguaggio proposto degli stessi positivisti!

Si tratta di un attacco al cuore stesso del positivismo logico. L’articolo di Quine “Two dogmas of Empiricism” del 1953 è considerato tra i più importanti contributi alla filosofia del ventesimo secolo.

La teoria verificazionista del significato cade sotto i colpi della logica da essa stessa invocata.

Critica della distinzione analitico-sintetico

This is radical reductionism. Every meaningful statement is held to be translatable into a statement

(true or false) about immediate experience. Radical reductionism, in one form or another, well

antedates the verification theory of meaning explicitly so called. Thus Locke and Hume held that

every idea must either originate directly in sense experience or else be compounded of ideas thus

originating.

[…] But the dogma of reductionism has, in a subtler and more tenuous form, continued to influence

the thought of empiricists. The notion lingers that to each statement, or each synthetic statement,

there is associated a unique range of possible sensory events such that the occurrence of any of

them would add to the likelihood of truth of the statement, and that there is associated also

another unique range of possible sensory events whose occurrence would detract from that

likelihood. This notion is of course implicit in the verification theory of meaning.

The dogma of reductionism survives in the supposition that each statement, taken in isolation from

its fellows, can admit of confirmation or infirmation at all. My countersuggestion, issuing essentially

from Carnap's doctrine of the physical world in the Aufbau, is that our statements about the

external world face the tribunal of sense experience not individually but only as a corporate body.

L’olismo semantico di Quine

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The dogma of reductionism, even in its attenuated form, is intimately connected with the other

dogma: that there is a cleavage between the analytic and the synthetic. We have found ourselves

led, indeed, from the latter problem to the former through the verification theory of meaning. More

directly, the one dogma clearly supports the other in this way: as long as it is taken to be significant

in general to speak of the confirmation and infirmation of a statement, it seems significant to speak

also of a limiting kind of statement which is vacuously confirmed, ipso facto, come what may; and

such a statement is analytic.[…]

It is obvious that truth in general depends on both language and extra-linguistic fact. The

statement 'Brutus killed Caesar' would be false if the world had been different in certain ways, but

it would also be false if the word 'killed' happened rather to have the sense of 'begat.' Hence the

temptation to suppose in general that the truth of a statement is somehow analyzable into a

linguistic component and a factual component. Given this supposition, it next seems reasonable

that in some statements the factual component should be null; and these are the analytic

statements. But, for all its a priori reasonableness, a boundary between analytic and synthetic

statement simply has not been drawn. That there is such a distinction to be drawn at all is an

unempirical dogma of empiricists, a metaphysical article of faith.

W.V.O. Quine, From a logical point of view, 1961

Critiche al modello di spiegazione ND

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critica del modello N-D della spiegazione scientifica

Senza dubbi il modello N-D cattura gran parte delle spiegazioni scientifiche fornite dalla scienza moderna. Tuttavia la sua adozione comporta alcuni problemi di carattere logico. Il più famoso è il problema della asimmetria(Bromberger 1966)

Supponiamo che si voglia spiegare perché la lunghezza dell’ombra di un’asta di bandiera infissa nel terreno è pari a x metri. Una buona spiegazione secondo il modello N-D prenderebbe in considerazione l’altezza dell’asta, l’inclinazione dei raggi del sole (considerati in propagazione rettilinea), e, con un po’ di calcolo trigonometrico perverrebbe alla spiegazione.

Così come possiamo dedurre la lunghezza dell’ombra dalla lunghezza dell’asta che genera l’ombra, potremmo, con argomentazioni simili, inferire la lunghezza dell’asta dalla lunghezza della sua ombra. Da un punto di vista logico i due ragionamenti sono equivalenti. Ma possiamo accettare il secondo argomento come una spiegazione della lunghezza dell’asta?

Se è vero che alcune argomentazioni logiche possono essere rovesciate senza perdere significato, è vero che le spiegazioni sembrano avere una specie di direzionalità e non possono essere rovesciate. Così non tutte le argomentazioni che contengono leggi possono essere considerate spiegazioni di qualcosa.

critica del modello N-D della spiegazione scientifica

La covering law vede la spiegazione molto simile alla predizione. La differenza è solo nelle condizioni al contorno. Questo sembra essere erroneo.

Pensiamo ad esempio ai sintomi S di una malattia D. Essi possono essere utilizzati per una predizione di D ma certamente non per una spiegazione scientifica di D stesso.

Viceversa D potrebbe essere una buona spiegazione di S. Allo stesso

modo

Il problema della asimmetria nella spiegazione arreca danni considerevoli al modello N-D, ma danni ancor più gravi vengono arrecati da coloro che, sempre con l’uso di controesempi, mettono in luce il problema della rilevanza.

Quando la lancetta del barometro cade rapidamente si sta avvicinando una tempesta. La lancetta del barometro è caduta rapidamente_____________________________________________________Si sta avvicinando una tempesta

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Il problema della rilevanza

In un’argomentazione deduttiva la presenza di premesse irrilevanti non invalida la conclusione.

Tutti gli uomini sono mortali

Socrate è un uomo

Santippe è una donna

______________________dunque: Socrate è mortale

Il problema della rilevanza

La presenza di una premessa irrilevante in una spiegazione può invece avere effetti catastrofici.

Un po’ di sale da tavola è stato messo nell’acqua e si è sciolto. Perché? Perché l’acqua era benedetta e ogni qual volta si mette sale nell’acqua benedetta esso si scioglie.

La spiegazione soddisfa i requisiti imposti alle spiegazioni D-N. ma chiaramente non può essere considerata una spiegazione accettabile. Il problema sta nella irrilevanza di una delle premesse.

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Il problema della rilevanza

Il gallo che spiega l’alzarsi del sole sulla base del suo canto commette un errore ben più grave di una piccola ineleganza logica. Lo stesso vale per una persona che spiega lo sciogliersi di una zolletta di zucchero per mezzo del fatto che il liquido in cui l’acqua si scioglie è acqua santa, ed anche per l’uomo che spiega come ha evitato di essere ingravidato dicendo che ha regolarmente preso un anticoncezionale orale.

W.C. Salmon 1977

Esistono parecchie strategie proposte per risolvere il problema dei fattori irrilevanti nelle spiegazioni. In pratica si cerca di condizionare le premesse ad esprimere tutta e sola l’evidenza rilevante rispetto alla conclusione.

A questo punto siamo sicuri che le argomentazioni logiche non sono sempre spiegazioni; ma siamo ancora sicuri che le spiegazioni sono argomentazioni logiche?

Spiegazione e causalità

Taluni filosofi della scienza ritengono che la covering law incorra in tanti problemi per via del fatto che nel modello D-N non viene adeguatamente tenuta in conto la relazione di causalità.

La causalità è una relazione asimmetrica. Se u è causa di y, ovviamente ynon potrà essere causa di u. Per di più la causa è certamente rilevante sull’effetto, dunque il problema dell’asimmetria e della irrilevanza sembrano poter essere superati se l’explanans fornisse la causa dell’explanandum.

Spiegare un fenomeno potrebbe esaurirsi con l’identificazione delle sue cause.

In effetti il paradosso dell’asta di bandiera non si produrrebbe se considerassimo che la causa dell’ombra è il palo e non viceversa. Altresì l’approccio causale risolverebbe il problema della

rilevanza della benedizione dell’acqua.

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Ciononostante, alla fine del XX secolo, la discussione sulla spiegazione scientifica, condotta con varie argomentazioni, si fonda sull’idea che spiegare qualcosa significa fornire informazioni su come essa è stata causata.

la connessione causale come alternativa al modello N-D della spiegazione scientifica

L’idea della connessione causale è piuttosto controversa in filosofia. Per molti la causa è un concetto metafisico del quale si dovrebbe fare a meno nelle scienze. Ancora una volta questi sospetti risalgono alla tradizione empirista e, ancora una volta, ad Hume.

Lo screening-off come metodo per l’identificazione delle catene causali.

It may, therefore, be a subject worthy of curiosity, to enquire what is the nature of that evidence, which assures us of any real existence and matter of fact, beyond the present testimony of our senses, or the records of our memory. This part of philosophy, it is observable, has been little cultivated, either by the ancients or moderns […]. All reasonings concerning matter of fact seem to be founded on the relation of Cause and

Effect. By mean s of that relation alone we can go beyond the evidence of our memory and senses. If you were to ask a man, why he believes any matter of fact, which is absent; for instance, that his friend is in the country or in France; he would give you a reason; and this reason would be some other fact; as a letter received from him, or the knowledge of his former resolutions and promises. A man, finding a watch or any other machine in a desert island, would conclude, that there had once been men in that island. All our reasonings concerning fact are of the same nature. And here it is constantly supposed, that there is a connexion between the present fact and that which is inferred from it. Were there nothing to bind them together, the inference would be entirely precarious. The hearing of an articulate voice and rational discourse in the dark assures us of the presence of some person: Why? because these are the effects of the human make and fabric, and closely connected with it. If we anatomize all the other reasonings of this nature, we shall find, that they are founded on the relation of cause and effect, and that this relation is either near or remote, direct or collateral. Heat and light are collateral effects of fire, and the one effect may justly be inferred from the other.If we would satisfy ourselves, therefore, concerning the nature of that evidence, which assures us of matters of fact, we must enquire how we arrive at the knowledge of cause and effect.

David Hume Philosophical Essays concerning Human Understanding, 1748

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Dal punto di vista pragmatico (cioè dell’uso del linguaggio) una domanda “perche?” è sempre in relazione alla risposta che chi formula la domanda si attende; la risposta attesa dipende dal contesto e così anche la corretta interpretazione della domanda.

Non c’è differenza di principio tra “spiegazione scientifica” e spiegazione tout-court.

Esempio La semplice enfasi posta su una parola può cambiarecompletamente il significato di una domanda “perché?”

• Perché Adamo mangiò la mela?• Perché Adamo mangiò la mela?• Perché Adamo mangiò la mela?

Sebbene le parole siano le stesse e poste nello stesso ordine, le tre domande sono molto differenti.

La spiegazione pragmatica (van Fraassen)

La spiegazione teleologica:

Si spiega un evento facendo ricorso al fine o scopo che esso deve realizzare. Es.: Perché questa estate non sono andato in vacanza? Perché dovevo finire il mio ultimo libro

La spiegazione funzionale

Una proprietà o un comportamento viene spiegato in quanto ha lo scopo di preservare il funzionamento di un sistema. Es.: il fegato ha la funzione di purificare il sangue e di mantenere in vita il corpo.

La spiegazione genetica

Una certa azione viene spiegate raccontandone la genesi, ovvero gli eventi che l’hanno preceduta: Es. della macchia d’inchiostro.

Altre tipologie di spiegazione

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Estendendo la dimostrazione di Hume, Karl Popper ne La Logica della

Scoperta Scientifica dimostra l’impossibilità di provare la verità di un enunciato generale e la sua verità probabile attraverso l’induzione.

Il rimedio radicale proposto da Popper è quello di abbandonare la strada della conferma delle teorie suggerendo che gli scienziati dovrebbero piuttosto preoccuparsi di dimostrare la falsità delle ipotesi attraverso l’osservazione.

Popper, la scienza può fare a meno del principio di induzione

“L’induzione, cioè l’inferenza fondata su numerose osservazioni, è un mito. Non è né un fatto psicologico, né un fatto della vita quotidiana, e nemmeno una procedura scientifica.” (1963)

L’affermazione “tutti i corvi sono neri” non può essere verificata dall’osservazione di un qualunque numero, per quanto grande, di corvi neri, ma può essere falsificata dall’osservazione di un singolo corvo non nero.

Dal punto di vista della logica formale si tratta di applicare il modus tollens

ovvero la cosiddetta negazione del conseguente

se A, allora Bnon-B____________dunque: non-A

Popper, asimmetria tra verificazione e falsificazione

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A SURVEY OF SOME FUNDAMENTAL PROBLEMSA scientist, whether theorist or experimenter, puts forward statements, or systems of

statements, and tests them step by step. In the field of the empirical sciences, more

particularly, he constructs hypotheses, or systems of theories, and tests them against

experience by observation and experiment.

I suggest that it is the task of the logic of scientific discovery, or the logic of knowledge, to

give a logical analysis of this procedure; that is, to analyse the method of the empirical

sciences.

But what are these “methods of the empirical sciences”? And what do we call “empirical

science”?

1 THE PROBLEM OF INDUCTIONAccording to a widely accepted view -to be opposed in this book- -the empirical sciences

can be characterized by the fact that they use “inductive methods”, as they are called.

According to this view, the logic of scientific discovery would be identical with inductive

logic, i.e. with the logical analysis of these inductive methods.

It is usual to call an inference “inductive” if it passes from singular statements

(sometimes also called “particular” statements), such as accounts of the results of

observations or experiments, to universal statements, such as hypotheses or theories.

Now it is far from obvious, from a logical point of view, that we are justified in inferring

universal statements from singular ones, no matter how numerous; for any conclusion

drawn in this way may always turn out to be false: no matter how many instances of white

swans we may have observed, this does not justify the conclusion that all swans are

white.

The question whether inductive inferences are justified, or under what conditions, is

known as the problem of induction.

Una buona lettura, Karl Popper

The problem of induction may also be formulated as the question of the validity or the

truth of universal statements which are based on experience, such as the hypotheses

and theoretical systems of the empirical sciences. For many people believe that the truth

of these universal statements is 'known by experience'; yet it is clear that an account of

an experience -of an observation or the result of an experiment- can in the first place be

only a singular statement and not a universal one. Accordingly, people who say of a

universal statement that we know its truth from experience usually mean that the truth of

this universal statement can somehow be reduced to the truth of singular ones, and that

these singular ones are known by experience to be true; which amounts to saying that

the universal statement is based on inductive inference. Thus to ask whether there are

natural laws known to be true appears to be only another way of asking whether inductive

inferences are logically justified.

Yet if we want to find a way of justifying inductive inferences, we must first of all try to

establish a principle of induction. A principle of induction would be a statement with the

help of which we could put inductive inferences into a logically acceptable form In the

eyes of the upholders of inductive logic, a principle of induction is of supreme importance

for scientific method: “. . . this principle”, says Reichenbach, “determines the truth of

scientific theories. To eliminate it from science would mean nothing less than to deprive

science of the power to decide the truth or falsity of its theories. Without it, clearly,

science would no longer have the right to distinguish its theories from the fanciful and

arbitrary creations of the poet’s mind.

Now this principle of induction cannot be a purely logical truth like a tautology or an

analytic statement. Indeed, if there were such a thing as a purely logical principle of

induction, there would be no problem of induction; for in this case, all inductive inferences

would have to be regarded as purely logical or tautological transformations, just like

inferences in deductive logic.

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Thus the principle of induction must be a synthetic statement; that is, a statement whose

negation is not self -contradictory but logically possible. So the question arises why such

a principle should be accepted at all, and how we can justify its acceptance on rational

grounds.

Some who believe in inductive logic are anxious to point out, with Reichenbach, that “the

principle of induction is unreservedly accepted by the whole of science and that no man

can seriously doubt this principle in everyday life either”. Yet even supposing this were

the case -for after all, “the whole of science” might err- I should still contend that a

principle of induction is superfluous, and that it must lead to logical inconsistencies.

That inconsistencies may easily arise in connection with the principle of induction should

have been clear from the work of Hume; also, that they can be avoided, if at all, only with

difficulty. Far the principle of induction must be a universal statement in its turn. Thus if

we try to regard its truth as known from experience, then the very same problems which

occasioned its introduction will arise all over again. To justify it, we should have to employ

inductive inferences; and to justify these we should have to assume an inductive principle

of a higher order; and so on. Thus the attempt to base the principle of induction on

experience breaks down, since it must lead to an infinite regress.

Kant tried to farce his way out of this difficulty by taking the principle of induction (which

he formulated as the “principle of universal causation”) to be “a priori valid”. But I do not

think that his ingenious attempt to provide an a priori justification for synthetic statements

was successful.

My own view is that the various difficulties of inductive logic here sketched are

insurmountable. So also, I fear, are those inherent in the doctrine, so widely current

today, that inductive inference, although not “strictly valid”, can attain some degree of

“reliability” or of “probability”. According to this doctrine, inductive inferences are

“probable inferences”. […]

The theory to be developed in the following pages stands directly opposed to all attempts

to operate with the ideas of inductive logic. It might be described as the theory of the

deductive method of testing, or as the view that a hypothesis can only be empirically

tested -and only after it has been advanced.

Karl Popper, The Logic of scientific discovery, 1935

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Secondo Popper la caratteristica distintiva della scienza non è la sua infallibilità ma la sua fallibilità.Le teorie scientifiche si distinguono dalle quelle pseudoscientifiche per il fatto di essere falsificabili: possono essere contraddette dall’esperienza.

Le teorie pseudoscientifiche sono invece infalsificabili o per la loro forma logica (asserzioni esistenziali) o per l’atteggiamento metodologico dei loro sostenitori che le rendono immuni dalla confutazione constratagemmi ed “ipotesi ad hoc”.

la falsificabilità: un possibile criterio di demarcazione

Le teorie altamente scientifiche accettano il rischio di essere in errore.

Accettando questo rischio una teoria scientifica proibisce il verificarsi di alcuni eventi. Più situazioni la teoria esclude, più essa è potente.

Secondo Popper la dinamica della conoscenza scientifica è un’alternarsi di congetture e di confutazioni. Gli scienziati propongono ipotesi audaci (altamente falsificabili) e poi le sottopongono a severi controlli. Accettiamo provvisoriamente le teorie che sopravvivono a questa dura selezione (l’evoluzione della conoscenza scientifica avviene secondo uno schema darwiniano).

Congetture e confutazioni sono un meccanismo per ri-orientarsi continuamente in direzione della verità.

Sebbene la mancata confutazione non equivalga ad una conferma dell’ipotesi e non dimostri che quest’ultima è vera e neppure probabile, Popper definisce tale ipotesi corroborata. Alcuni autori vedono in questa corroborazione il problema dell’induzione che, scacciato, rientra dalla finestra.

la dinamica della conoscenza scientifica secondo Popper

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Nella visione postpositivista popperiana l’esperienza non precede la teoria ma è la teoria che rende possibile l’esperienza perché ogni cosiddetto “fatto”, ogni cosiddetta “qualità sensibile” è un costrutto teorico e mai un puro dato.

Una tesi che era già stata enunciata agli inizi del 900 da Pierre Duhem.

La tesi di Duhem-Quine

Un esperimento di fisica non può mai condannare un’ipotesi isolata, ma soltanto un

insieme teorico.

Pierre Duhem, 1914

Il fisico non può mai sottoporre al controllo dell’esperienza un’ipotesi isolata, ma

soltanto tutto un insieme di ipotesi. Quando l’esperienza è in disaccordo con le sue

previsioni, essa gli insegna che almeno una delle ipotesi costituenti l’insieme è

inaccettabile e deve essere modificata, ma non indica quale dovrà essere cambiata

Pierre Duhem, 1914

Nella visione postpositivista popperiana l’esperienza non precede la teoria ma è la teoria che rende possibile l’esperienza perché ogni cosiddetto “fatto”, ogni cosiddetta “qualità sensibile” è un costrutto teorico e mai un puro dato.

Una tesi che era già stata enunciata agli inizi del 900 da Pierre Duhem, l’impossibilità dell’experimentum crucis

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Per poter dedurre delle conseguenze osservative è necessario utilizzare un insieme abbastanza ampio di premesse che includono:

•un insieme di proposizioni H1, …, Hn che appartengono alla teoria su cui in quel momento si concentra l’attenzione;•un insieme di proposizioni cosiddette “ausiliarie” A1, …, Ai; •l’insieme delle condizioni al contorno I1, …, Ik,

Logicamente, ciò che deve essere sottoposto a verifica è l’implicazione :H1 & … & Hn &A1 & … & Ai & I1 & … & Ik ⇒⇒⇒⇒ O

Come si vede, è coinvolto un intero sistema teorico, che può essere anche molto complesso.

Ora supponiamo che il tentativo di falsificazione riesca e che si osservi ¬ O. Dunque

¬ O ⇒⇒⇒⇒ ¬ H1 v … v ¬ Hn v ¬ A1 v … v ¬ Ai v ¬ I1 v … v ¬ Ik

Se assumiamo, con Popper, che tutte le premesse sono sempre ipotetiche, congetturali e correggibili, allora possiamo concludere che almeno una di esse è falsa, ma non possiamo stabilire quale.

La tesi di Duhem-Quine, l’olismo metodologico

Per Quine tutte le nostre idee e ipotesi formano una ragnatela di convincimenti (web of belief) che prende contatto con l’esperienza come un tutt’uno. In alcune circostanze anche un’affermazione che può sembrare analitica può essere sottoposta a revisione in risposta all’esperienza.

La visione olistica

I risultati della critica di Quine al positivismo sono devastanti.

Da un lato il crollo della distinzione analitico/sintetico fa comprendere che la decisione di modificare una tesi scientifica dovrebbe essere considerata una decisione pragmatica e non logica..

Un’altra conseguenza è che, in presenza di risultati sperimentali negativi che impongono di apportare modifiche alla nostra struttura teorica, possiamo decidere di modificare non solo le proposizioni più comunemente ritenute parte della scienza empirica, ma anche le proposizioni logiche e matematiche.

Con Quine la logica e la matematica perdono lo status di discipline speciali in quanto aventi a che fare con asserti analitici.

Is Logic Empirical? Un tema sul quale, dopo Quine, si sono

cimentati eminenti filosofi contemporanei, H. Putnam, M.. Dummett

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In quanto empirista continuo a pensare lo schema concettuale della scienza, in definitiva, come uno strumento che serve a prevedere le future esperienze alla luce dell'esperienza passata. Gli oggetti fisici sono introdotti, dal punto di vista concettuale, come convenienti intermediari, non tramite una definizione in termini di esperienza, ma semplicemente come postulati irriducibili, simili, sul piano epistemologico, agli dei di Omero. Da parte mia, in quanto fisicalista laico, credo negli oggetti fisici e non negli dei di Omero; e considero un errore scientifico pensarla diversamente. Ma dal punto di vista del fondamento epistemologico, gli oggetti fisici e gli dei differiscono solo per il loro grado e non per il loro genere. Entrambi i tipi di entità entrano nelle nostre concezioni solo come presupposti culturali.Il mito degli oggetti fisici è epistemologicamente superiore alla maggior parte degli altri perché ha dimostrato maggiore efficacia, rispetto ad altri miti, come strumento per modellare una struttura maneggevole all’interno del flusso dell’esperienza.

W.V. Quine, Da un punto di vista logico, 1953

La pregnanza teorica dell’osservazione, ovvero la critica alla distinzione tra teoria e osservazione

Un esperimento di fisica non consiste soltanto nell’osservazione di

un fenomeno, ma anche nella sua interpretazione teorica. (Duhem)

Solo l’interpretazione teorica dei fenomeni rende possibile l’uso

degli strumenti (Duhem)

l’osservazione è carica di teoria (theory-laden)

Un altro assunto fondamentale dei neopositivisti era l’idea secondo la quale l’esperienza osservativa costituisce la base oggettiva per valutare le tesi scientifiche.

La neutralità delle osservazioni rispetto alle teorie è stata criticata da molti filosofi tra i quali Hanson (1958) e ancor prima, relativamente alla fisica, Duhem:

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Le obiezioni mosse al modello nomologico deduttivo hanno ridimensionato il desiderio di alcuni filosofi di interpretare tutte le spiegazioni come deduttive e tutte le teorie scientifiche come oggetti da assiomatizzare alla maniera della geometria euclidea.

Tuttavia esse hanno anche condotto ad una situazione nella quale non vi è alcun modello chiaro ed ampiamente accettato né della natura delle leggi o delle teorie, né del ruolo che esse devono avere nella spiegazione scientifica.

Tutto ciò ha aperto le porte ad un approccio diverso alla filosofia della scienza che chiameremo “ad orientamento storico” che vede in Kuhn il suo massimo esponente.

FINE