12. Parmenide, La via Dell'Essere

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  • MARIN, Parmenide 1

    Sapienza Filosofica

    PARMENIDE, Sulla Natura

  • MARIN, Parmenide 2

    Maurizio MARIN, Parmenide: la via dellEssere

    Parmenide di Elea un punto di riferimento fondamentale per la filosofia greca antica, per cui

    esistono innumerevoli studi e interpretazioni del suo pensiero. Questo che si aggiunge non ha

    nessuna pretesa di essere il migliore o il pi valido, ma solo offrire un aiuto alla riflessione

    facilmente accessibile, innanzitutto ai miei studenti e poi a chiunque sia interessato alla filosofia

    greca, con la presentazione di informazioni storiche e archeologiche su Elea, di riferimenti per il

    ricupero del testo di Parmenide, un accenno al suo contesto culturale, una rassegna delle principali

    interpretazioni individuate, poi la presentazione di ogni frammento del poema parmenideo con testo

    greco, traduzione e commento sulla base di studi di vari specialisti. Ne scaturir, ovviamente,

    unaltra interpretazione che si aggiunger alle numerose gi sviluppate da altri, anche se non

    milludo che sia migliore, ma forse solo pi consapevole di aver detto ancora poco e al di sotto di

    quello che il pensiero di Parmenide meriterebbe.

    Da come sinterpreta Parmenide dipende anche la comprensione di Platone e Aristotele, anzi

    spesso le precomprensioni che abbiamo di Aristotele e Platone le proiettiamo, pi o meno

    consapevolmente, sullinterpretazione che forniamo di Parmenide. Gi Platone e Aristotele hanno

    proiettato su Parmenide la loro interpretazione di Melisso, ma si possono giustificare per motivi

    teoretici in quanto non pretendevano di fare gli storici della filosofia. Per avere unidea della

    differenza tra la loro interpretazione e il contenuto del testo parmenideo, basta confrontare la figura

    di Parmenide nellomonimo dialogo platonico con quella che emerge dai frammenti del poema: in

    Platone un nobile vecchio e nel proemio al poema un giovane dinamico su un carro veloce, nel

    dialogo platonico un implacabile dialettico e nel poema un giovane in attento ascolto di una dea, nel

    dialogo un ferreo logico e nel poema una mente ispirata dalla rivelazione divina dellessere. Noi

    invece, che riteniamo di aver acquisito una mentalit critica, cerchiamo di non mortificare il

    pensiero di Parmenide con la nostra simpatia o antipatia per la metafisica aristotelica, di non

    ingannare noi stessi nascondendo tale precomprensione viscerale sotto un cumulo di erudizione,

    memori dellesperienza storica che spesso lerudizione la foglia di fico dello scetticismo.

    Per correttezza verso il paziente lettore dico subito che nellinterpretazione di Parmenide trovo

    particolarmente stimolanti le letture di Martin Heidegger e di Emanuele Severino, ma come avvio al

    contesto quella di Antonio Capizzi, invece per lanalisi dei frammenti, oltre agli studi di Nestor-

    Luis Cordero e a quelli promossi da Pierre Aubenque, i commenti di Mario Untersteiner, Luigi

    Ruggiu e Giovanni Reale. Anche se Platone ha spostato Parmenide nel Ceramico di Atene, per

    evitare un altro parricidio eviteremo la trascrizione in termini pi rigorosi come fa Aristotele

    con vari pensatori e cercheremo di comprenderlo nellantica Elea del VI-V secolo a.C.

  • MARIN, Parmenide 3

    1. Elea, citt della Magna Grecia

    Lorigine di Elea accennata da Erodoto nel racconto delle peripezie degli abitanti di Focea nella

    Ionia per sfuggire al dominio persiano: da anni i Focesi con le loro pentecontere , navi con

    cinquanta vogatori, percorrevano lAdriatico, il Tirreno e avevano intensi rapporti commerciali con

    Tartesso, nella Spagna meridionale. Dopo che Ciro ebbe conquistato Sardi capitale della Lidia, nel

    547 a.C. circa, poi con il suo generale Mazare inizi a sottomettere le citt ioniche e

    successivamente con il generale Arpago anche quelle della costa a cominciare da Focea munita di

    possenti mura, ma i Focesi, sapendo che non avrebbero resistito alla sua tecnica dassedio con i

    terrapieni, preferirono approfittare di una tregua per imbarcarsi sulle navi e cercarsi una nuova

    patria. Prima tentarono nellEgeo presso Chio, ma rifiutati, met di loro si scoraggiarono e

    tornarono a Focea sottomessa ai Persiani e met si diressero nel Tirreno allisola di Cirno, la

    Corsica, doveva avevano gi fondato la colonia di Alalia. Dopo cinque anni, in reazione alle loro

    scorrerie, nel 535 circa furono attaccati da Cartaginesi e Tirreni, cio Etruschi, che si spartirono i

    prigionieri. Quelli toccati alletrusca Agilla, cio Caere che corrisponde allodierna Cerveteri,

    furono lapidati. I Focesi sfuggiti alla cattura si rifugiarono nella colonia eubea fondata da Calcide

    sulla punta meridionale della Calabria, la citt di Reggio, poi da l simpadronirono di Jele, una citt

    dellEnotria, a sud dellattuale Salerno.1

    Da Strabone, nella sua Geografia una vasta opera in 17 libri scritta ai tempi di Augusto, identifica

    la Jele di Erodoto con Ele, dal nome di una fontana, ai suoi tempi nota come Elea, citt fondata dai

    Focesi e dove nacquero i filosofi, definiti pitagorici, Parmenide e Zenone. La citt aveva buone

    leggi, anche per merito dei due filosofi, fu attaccata dai Lucani che avevano conquistato Posidonia,

    ma li sconfisse sebbene fossero pi numerosi. Rispetto a Posidonia la citt si trovava dopo un

    promontorio, su un golfo che si estende fino a capo Palinuro e aveva di fronte due isole dette

    Enotridi,2 probabilmente dal nome della regione, ora nota come Cilento.

    Dal contemporaneo Diodoro Siculo si apprende che Elea dovette difendersi non solo

    dallavanzata dei Lucani ma anche dalle mire egemonistiche di Dionigi tiranno di Siracusa, per cui

    le citt greche della zona si riunirono in una lega.3 Lo storico greco Polibio, del secondo secolo a.C,

    aveva gi spiegato che le discordie tra le citt della Magna Grecia erano iniziate dopo la cacciata dei

    Pitagorici, di tendenza aristocratica, dal governo e la loro persecuzione, ma per i disordini senza

    1 ERODOTO, Storie I 161-167; sullo scritto di Senofane, La colonizzazione di Elea dItalia, di duemila versi se considerato

    insieme al poema La fondazione di Colofone o pi probabilmente Lemigrazione da Colofone, che per alcuni interpreti costituiscono un unico poema, ma del quale non rimasto niente, cf. M. MARIN, Senofane di Colofone, il poeta-filosofo della Terra. Come fa notare Enzo Passa, dal punto di vista geografico e linguistico la citt di Elea si trova in mezzo ad altre colonie fondate da Greci dellEubea e con stretti rapporti nellentroterra con le colonie fondate dai Dori (E. PASSA, Parmenide, tradizione del testo e questioni di lingua, Edizioni Quasar, Roma 2009, p. 145). 2 STRABONE, Geografia VI 1.

    3 DIODORO SICULO, Biblioteca storica XIV 91; nel testo non viene fatto il nome esplicito di Elea.

  • MARIN, Parmenide 4

    fine che ne seguirono le citt italiote chiesero laiuto degli Achei e ne imitarono la confederazione

    con il culto comune a Zeus Omario verso la fine del quinto secolo a.C., poi sciolta nel quarto secolo

    dagli intrighi da parte di Dionigi di Siracusa.4 Sempre da Polibio, siamo informati che durante la

    prima guerra punica Elea, insieme a Taranto, Locri e Neapolis forn triremi ai Romani per il loro

    attacco in Sicilia.5

    Plutarco, il fecondo scrittore greco del secondo secolo d.C., fa sapere che Lucio Emilio Paolo, il

    vincitore di Lusitani, Liguri e Macedoni nel secondo secolo a.C., trascorse, su consiglio dei medici,

    verso la fine della vita un lungo periodo a Velia in una casa di campagna vicino al mare per curare

    una sua lunga malattia.6 Velia era un punto di riferimento anche per Bruto che la raggiunse per

    salpare alla volta di Atene,7 e per Cicerone dalla quale scrive allamico Trebazio per esprimergli

    quanto gli sia gradita quella localit,8 tanto che proprio navigando tra Velia e Reggio aveva iniziato

    la stesura dei suoi Topici sullesempio di quelli di Aristotele.9

    Da altri riferimenti antichi si ricava che Elea, dopo essersi conservata indipendente dallavanzata

    dei Lucani e dalle mire espansionistiche di Dionigi di Siracusa, si alle con i Romani, rimase fedele

    a Roma durante le guerre puniche, nel 88 a.C. divenne municipio romano con moneta propria e

    lingua greca, divenne luogo di villeggiatura di ricchi romani come Paolo Emilio, Cicerone, Bruto e

    Orazio. Nel periodo di Augusto vi era una famosa scuola medica, ma nel primo secolo d. C. inizi

    linsabbiamento dei porti velini, comunque il luogo continu ad essere abitato fino al sesto secolo.

    Dalle ricerche avviate agli inizi del diciannovesimo secolo e trasformate in scavi archeologici

    sistematici a met del ventesimo, sono state individuate per il periodo arcaico della citt (540-450

    a.C.) due approdi, a sud e a nord del promontorio roccioso, con due nuclei abitativi distinti e sopra il

    promontorio una terrazza per unarea sacra, per il periodo classico (450-300 a.C.) un potenziamento

    dellabitato sul promontorio che diventa lacropoli riservata alle cerimonie politico-religiose e il

    rafforzamento del circuito di mura a difesa dellintera citt, per il periodo ellenistico (300-100 a.C.)

    la riorganizzazione della citt in quartieri e la monumentale Porta Rosa oltre a numerose altre opere

    di abbellimento e fortificazione, per il periodo romano (100 a.C.-500 d.C.) la necropoli della zona

    gi insabbiata davanti al quartiere meridionale ma anche numerosi edifici pubblici particolarmente

    prestigiosi.10

    4 POLIBIO, Storie II 39, 1-7.

    5 Ivi I 20, 14.

    6 PLUTARCO, Vita di Emilio 39, 1-2.

    7 PLUTARCO, Vita di Bruto 23, 1-24, 1.

    8 CICERONE, Lettera ai familiari VII 20.

    9 Ivi VII 19.

    10 Cf. come guida semplice dello scopritore della Porta Rosa, M. NAPOLI, Guida agli scavi di Elea, Di Mauro Editore, Cava

    dei Tirreni 1972, come panoramica storica e archeologica dellintera Magna Grecia M. NAPOLI, Civilt della Magna Grecia, Eurodes, Roma 1978; in particolare lattento studio aggiornato alle ricerche pi recenti nella tesi di laurea di

  • MARIN, Parmenide 5

    In sintesi, nel quinto secolo a.C. Elea era una polis greca indipendente, fondata dagli intraprendenti

    Focei, con lacropoli sul promontorio nel golfo tra punta Licosa e capo Palinuro, un quartiere

    settentrionale e uno meridionale rispetto a tale promontorio.

    2. Note biografiche su Parmenide

    Diogene Laerzio, che raccolse da varie fonti antiche e compose la sua opera in dieci libri nel terzo

    secolo d.C., dedica uno spazio insignificante a Parmenide e non coglie pi lesistenza di una scuola

    eleatica; nella breve nota biografica riporta che era figlio di Pire di Elea e ricava da Sozione, che

    scrisse varie biografie di filosofi, le Diadochai in 23 libri, nel secondo secolo a.C. attingendo dalla

    giustamente famosa Biblioteca di Alessandria dEgitto, 11 che fu discepolo di Senofane ma non lo

    imit, invece imit il pitagorico Aminia; era di nobile casato eleate, fu discepolo e imit il povero

    Aminia perch ricco di virt e valore (kal% kai a\gaj%), infatti per riconoscenza gli elev un

    heroon, cio una sepoltura monumentale come un santuario ad un eroe.12

    Che Parmenide sia stato discepolo di Senofane riportato come opinione comune da Aristotele

    nel primo libro della Metafisica, confermato da Alessandro di Afrodisia e Simplicio in base ad uno

    scritto di Teofrasto successore di Aristotele.13

    Diogene aggiunge che la sua fama raggiunse il

    culmine durante la sessantanovesima Olimpiade, cio fra il 504 e il 501 a.C., con un ricercato

    sincronismo con Eraclito, fa notare Untersteiner, per cui, tenendo presente che per la fonte

    Apollodoro di Atene il culmine di un personaggio sta quasi sempre nel quarantesimo anno di et,

    Parmenide sarebbe nato nel 540 a.C.14

    Sulla base dello scritto Sui filosofi di Speusippo, nipote e

    Eufemia GUARIGLIA, Parco Archeologico e Antiquarium di Velia. Progetto di musealizzazione dellAcropoli, Politecnico di Milano 2011 (https://www.politesi.polimi.it/bitstream/10589/23764/27/2011_07_Guariglia_15.pdf, 7 marzo 2013) 11

    Cf. Italo GALLO, La biografia greca. Profilo storico e breve antologia di testi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, p. 30-31. 12

    DIOGENE LAERZIO, Vite e dottrine dei pi celebri filosofi, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano 2005 [DL], IX 21; Diogene insiste, probabilmente sulla base di Sozione, che fu Aminia e non Senofane ad avviare Parmenide alla quiete

    (ei\v h|suciav), intesa come vita contemplativa, in netto contrasto con altre testimonianze di un suo forte impegno politico, ma laccentuazione di Sozione va letta nel contesto culturale dei Mediopitagorici che tendono ad attribuire alla propria scuola tutti i meriti degli altri filosofi (cf. G. REALE, Storia della filosofia greca e romana. Vol. 7. Rinascita del Platonismo e del Pitagorismo, Bompiani, Milano 2004, p. 191-199); cf. il dettagliato e ampio commento di Mario Untersteiner al passo di DL (M. UNTESTEINER e G. REALE, a cura di, Eleati: Parmenide-Zenone-Melisso, Bompiani, Milano 2011[UN], p. 224-29); sui rapporti di Parmenide con loriginale Senofane e con il pitagorico Aminia ha fatto alcune sagge considerazioni anche il benemerito Bernard Van Hagens sulla base di buoni studi del proprio tempo (B. VAN HAGENS, Parmenide, La Scuola, Brescia 1944, p. 10-19). Passa fa notare a proposito dellheroon al pitagorico Aminia che, secondo Diels, probabilmente dalliscrizione sulla sua tomba deriv a Sozione e pass in Diogene lespressione avviato alla vita serena, inoltre Cerri come esametro di Parmenide la citazione di Boezio, (i cieli forgiarono il corpo di quella sacra persona, nel suo Sulla consolazione della filosofia (4, 6.38), che Cerri ritiene appartenente alliscrizione dellheroon, Passa forse estratto dal poema di Parmenide (PASSA, Parmenide, o.c., p. 17). 13

    Cf. H. DIELS- W. KRANZ, I Presocratici, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano 2006 [DK] 28 A 6-7. 14

    DL IX 23, UN nota a p. 238-42, dove si evidenzia la difficolt a conciliare tale data con lincontro immaginato da Platone nel Parmenide ad Atene, cio verso il 450 a.C. allet di 65 per cui la nascita sarebbe stata nel 515 a.C.; oltre alle varie soluzioni gi ricordate da Untersteiner, indichiamo quelle opposte di Antonio Capizzi per il quale Parmenide nato nel 510 a.C. (A. CAPIZZI, La porta di Parmenide, Edizioni dellAteneo, Roma 1975, p. 61-62; nella cronologia di

  • MARIN, Parmenide 6

    successore di Platone allAccademia, Parmenide red leggi per i suoi concittadini,15 quindi ebbe un

    preciso incarico politico16

    ed era uno esperto stimato delle condizioni sociali di una giovane polis

    greca.

    Il filosofo neoplatonico Giamblico, sulla base di unaffermazione del matematico Nicomaco di

    Gerasa, conferma il racconto platonico nel Parmenide di una visita ad Atene da parte di Parmenide

    con il suo discepolo Zenone durante le grandi feste religiose delle Panatenee, visita che Untersteiner

    ritiene probabile e Capizzi certa.17

    Platone nel Parmenide descrive lomonimo filosofo di Elea come

    un vecchio di 65 anni con i capelli bianchi e il portamento ancora vigoroso, Zenone sui 40 anni, alto

    di statura e di bellaspetto; nel Teeteto descrive Parmenide come molto vecchio per ancora di

    mente profonda e in termini omerici, cio come fa il grande poeta epico Omero per descrivere i suoi

    eroi, uomo venerabile (ai\doi%ov) e temibile (deinov).18

    La formulazione pi particolareggiata della vita di Parmenide offerta dalla ricostruzione storico-

    interpretativa di Antonio Capizzi che ha il merito di un forte collegamento delle vicende probabili

    di Parmenide con quelle della storia greca nel Mediterraneo occidentale nella prima met del quinto

    secolo a.C. I capisaldi principali della sua ricostruzione, partendo dalla massima valorizzazione dei

    ritrovamenti archeologici, sono laffermazione di Plutarco sulle buone leggi redatte per Elea da

    Parmenide, tanto ammirevoli che ogni anno i magistrati facevano giurare i cittadini di osservarle, e

    quella platonica sul viaggio di Parmenide con Zenone ad Atene; a questi due capisaldi sono

    collegate tutte le altre testimonianze fino a focalizzare quattro aspetti in Parmenide: lo studioso

    avviato alla riflessioni linguistiche dal contatto con Senofane e soprattutto dallesempio di Aminia,

    il politico a capo prima di una fazione e poi dellintera polis, il legislatore aristocratico che

    promuove lomogeneit propugnata dai Pitagorici e il medico.19 In forma schematica Capizzi

    elabora la seguente cronologia: Parmenide nasce nel 510 da una ricca famiglia di Elea e si

    appassiona allo studio, nel 485 nasce Zenone che Parmenide adotta come figlio, nel 480 i Siracusani

    sconfiggono i Cartaginesi a Imera e cominciano a espandersi anche fuori dalla Sicilia, nel 474

    Apollodoro, fa notare Capizzi, Parmenide sarebbe nato nello stesso anno della fondazione di Elea o addirittura prima) e di Giovanni Reale che condivide la valutazione critica gi fornita da Eduard Zeller e alla quale aggiunge unulteriore rassegna dinterpretazioni per concludere che, come prospettato da Zeller, non si pu fissare una data con sicurezza ma solo collocare la vita di Parmenide tra il sesto e il quinto secolo a.C. (E. ZELLER R. MONDOLFO, G. REALE, Gli Eleati da La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Bompiani, Milano 2011 [ZMR], note alle pagine 167-171). 15

    DL IX 23; Untersteiner fa notare che laffermazione di un impegno in politica da parte di Parmenide stata ripresa anche da Strabone e Plutarco, in Speusippo per gli analoghi tentativi dello zio e in Plutarco per limpostazione attivistica avviata da Dicearco, e richiama anche limpostazione opposta, contemplativa, affermata da Aristotele nel Protreptico per Anassagora e Parmenide, due impostazioni che hanno suscitato letture opposte anche tra alcuni studiosi moderni (UN note p. 243-45) 1616

    Secondo Capizzi, per analogia con le magistrature di Focea e Marsiglia colonia dei Focei, ebbe la carica di pritano (A. CAPIZZI, Introduzione a Parmenide, Editori Laterza, Roma-Bari 1986

    2, p. 86).

    17 DK 28 A 4, UN p. 250-51, CAPIZZI, Introduzione, o.c., p. 87-89.

    18 PLATONE, Parmenide 127 B, Teeteto 183 E; DK 28 A 5; UN p. 251-54.

    19 CAPIZZI, Introduzione, o.c., p. 61-78.

  • MARIN, Parmenide 7

    sconfiggono gli Etruschi sul mare davanti a Cuma, nel 470 fondano una colonia a Pitecusa, lattuale

    isola di Ischia, ma gli aristocratici di Elea, per timore di essere circondati dai Siracusani, incaricano

    Parmenide di cercare la conciliazione con il quartiere settentrionale che si era staccato da quello

    meridionale. Parmenide ottiene la riunificazione e diventa capo dellintera polis, nel 468 redige la

    costituzione e pubblica il suo poema, nel 466 con la cacciata di Trasibulo da Siracusa termina

    legemonia siracusana nel Tirreno, nel 460 inizia lingerenza ateniese nelle citt greche dItalia

    mentre a Elea Zenone reagisce a un libello che denigra le teorie di Parmenide sostenendo invece che

    le teorie degli avversari portano a conseguenze molto pi assurde, nel 445 Parmenide e Zenone si

    recano ad Atene per allearsi con Pericle e prevenire il pericolo dellegemonia cartaginese, nel 440

    sono attestate monete di Velia con la testa della dea Atena che indossa un elmo attico, il 435 la

    data probabile della sua morte, cio sui 75 anni.20

    3. Informazioni sul suo scritto

    Diogene Laerzio, nellelencare i filosofi in rapporto agli scritti, annovera Parmenide tra quelli che,

    come Melisso e Anassagora, scrissero una sola opera mentre agli estremi stanno, con nessun scritto,

    Socrate con vari altri e Crisippo, il pi prolifico superiore, in ordine decrescente, a Epicuro,

    Aristotele, Democrito e Senocrate.21

    Ancora Diogene informa che scrisse in versi come prima di lui

    Esiodo e Senofane, dopo di lui Empedocle.22

    Il neoplatonico Simplicio, nei suoi commenti agli

    scritti aristotelici, dimostra particolare predilezione per Parmenide sia perch vede nel suo pensiero

    una esplicita trattazione sulluno sia perch il suo scritto nel sesto secolo d.C. ormai diventato

    20

    CAPIZZI, Introduzione, o.c., p. 92-93; tale ricostruzione suggestiva ma molto contestata da vari studiosi i quali ritengono molto meglio motivata la collocazione della data di nascita di Parmenide nel 540 a.C. e soprattutto che tra Elea ed Atene il rapporto fu tuttaltro che di collaborazione diretta (PASSA, Parmenide, o.c., p. 13-16); se dal punto di vista storico-politico ci sembra adeguata la cautela sulle facile convergenze tra Elea e Atene, dal punto di vista storico-filosofico ci sembra esagerato sia interpretare la scuola eleatica come un austero ritrovo di filosofi razionalisti sulla scia dellinterpretazione aristotelica sia intenderla come sodalizio di medici e mistici consacrati ad Apollo Guaritore probabilmente istituito da Parmenide stesso come afferma Enzo Passa (PASSA, Parmenide, o.c., p. 17); una scheda biografica pi attenta alle precise testimonianze antiche fornita da Giovanni Cerri nella sua edizione commentata del poema parmenideo (G. CERRI, a cura di, PARMENIDE, Poema sulla natura, Rizzoli, Milano 2009

    4, I edizione 1999 [CR], p.

    49-52); fornisce inoltre numerosi dettagli sullattivit scientifica di Parmenide, in particolare sulla difesa della sfericit della terra, lidentificazione di Hesperos o prima stella della sera con Phosphoros o ultima stella della notte, la riscoperta dellorigine della luce lunare (p. 52-57). 21

    DL I 16, cf. DK 28 A 13. 22

    DL IX 22; confermato anche da Plutarco che lo avvicina, oltre che ad Empedocle anche a Nicandro e Teognide (DK 28 A 15). Empedocle, come Parmenide, oltre a varie competenze era soprattutto filosofo, Nicandro medico e Teognide pedagogo, per tutti loro espressero le loro teorie, Empedocle sulla sua concezione delluniverso, Nicandro sui rimedi ai morsi degli animali velenosi e Teognide le sue sentenze gnomiche in versi esametri per conferire loro la nobilt del procedimento poetico ed evitare quello prosaico, cio, come dice il termine greco (pezon) a piedi, lento come quello di un fante. In un altro scritto Plutarco ritiene che il risultato sia piuttosto criticabile dal punto di vista poetico perch ad Archiloco rimprovera la scelta dellargomento, a Sofocle lincostanza nel rendimento, e a Euripide il modo di esprimersi, a Parmenide critica proprio il modo di comporre i versi (DK 28 A 16).

  • MARIN, Parmenide 8

    raro.23

    Nel commento allo scritto aristotelico Sul cielo, Simplicio riferisce che il titolo dello scritto

    di Parmenide era Sulla natura, come pure quello successivo di Melisso, cercando di motivare in

    modo maldestro un titolo che suona piuttosto generico, dato successivamente dai dossografi agli

    scritti dei filosofi naturalisti.24

    Proclo, il grande neoplatonico per oltre cinquantanni diadoco della scuola di Atene nel quinto

    secolo d.C., nel vasto commento al Timeo di Platone osserva che il procedimento poetico scelto

    hanno tolto chiarezza allesposizione del pensiero nello scritto di Parmenide, inoltre nel commento

    al Parmenide di Platone precisa che sebbene leleate, spinto dalla modalit poetica di esprimersi, sia

    stato costretto a far uso di metafore, figure e tropi, il suo procedimento molto vicino alla prosa,

    evita gli ornamenti inutili ed usa i termini in modo sobrio.25

    Il testo attuale del poema di Parmenide, spiega Denis OBrien, deriva dai manoscritti di una

    trentina di autori antichi dai quali sono stati ricavati secondo le competenze di codicologia e di

    filologia degli editori moderni; ai soliti errori dovuti ai copisti qui si aggiunge la mancanza del

    contesto originale e persino linserimento di manipolazioni tendenziose.26 A cominciare dal secondo

    secolo d.C. nel testo parmenideo sono state inserite progressivamente formule anacronistiche

    dispirazione platonica o neoplatonica.27

    Il testo parmenideo, secondo Nestor-Luis Cordero, compare due volte nel contesto culturale

    antico, la prima volta nel periodo che va da Platone a Teofrasto (Platone lo cita cinque volte,

    Aristotele due volte e Teofrasto una volta ma in una versione diversa da quella di Aristotele), la

    23

    DK 28 A 21. 24

    DK 28 A 14; cf. lattenta analisi delle testimonianze antiche e degli interpreti moderni sul titolo Peri fusewv in UN nota a p. 240-50, dove sostanzialmente si concorda sulla sua accettazione. Cf. inoltre le annotazioni critiche di Zeller e il loro aggiornamento in ZMR note a p. 171-73. 25

    DK 28 A 17-18; tali aspetti sono ribaditi anche da Simplicio che fa una lettura piuttosto spigliata di alcune espressioni di Parmenide e degli inni agli di da parte di antichi teologi, riducendole a finzioni poetiche (28 A 20); nonostante il parere negativo di vari interpreti antichi e moderni sulla formulazione poetica di Parmenide per la durezza degli esametri e leccessiva densit dei concetti, Passa ribadisce che Parmenide oltre ad a essere stato un pensatore rivoluzionario per il suo tempo, stato anche un grande innovatore nel campo delle forme letterarie perch rivitalizza la prestigiosa tradizione epica, fornisce forma poetica ai contenuti filosofici divulgati nella prosa, collega i versi in esametri alla lingua di uso quotidiano, il dialetto ionico di origine orientale, Focea, con interferenze locali, ma nei frammenti attuali con molti atticismi dovuti alla trasmissione del testo nellambito ateniese (PASSA, Parmenide, o.c., p. 145-49); i passaggi compiuti da Parmenide per riadattare il genere epico alla funzione didattico-scientifica ben espressa da Cerri che analizza anche i motivi per cui non piace n agli antichi n ai moderni interpreti, evidenziandone, invece, il valore allinterno della scuola ad Elea della quale, tramite Platone, ricava persino un fotogramma per procedimento didattico (CR p. 90-95). 26

    D. OBRIEN, Problmes dtablissiment du texte, in tudes sur Parmnide, par Pierre Aubenque, Tome II, Problmes dinterpretation, J. Vrin, Paris 1987, p. 314 ; ad es. Al fr. 1,29 la differenza tra il testo parmenideo in Plutarco, Sesto Empirico, Clemente dAlessandria e Diogene Laerzio rispetto a quello dei neoplatonici Proclo e Simplicio (illuminato o ben rotondo invece di persuasivo p. 315-16); in 8, 4 per Plutarco intero nelle sue membra e per Simplicio intero, unico nel suo genere (p. 318-19); in 8, 5 per Simplicio n era n sar poich ora tutto intero, invece per Ammonio n era n sar poich solamente tutto intero, ossia sopprime anche ora per influsso del Timeo di Platone (p. 334-36). John Whittaker fa notare linflusso di Plotino sul testo parmenideo riportato da Simplicio (Ivi, p. 337). 27

    Ivi, p. 341.

  • MARIN, Parmenide 9

    seconda volta dopo quattro secoli da Plutarco al sesto secolo d.C. e che sembra abbia avuto tre

    versioni diverse (Sesto, Proclo e Simplicio); tutte le successive sono citazioni indirette. La prima

    ricostruzione del testo avviene nel 1573 ad opera di Henri Estienne che redige una serie di note

    sulla base dei codici di Sesto, Clemente, Proclo e Teofrasto; sulla base di tali note nel 1600 Joseph

    Scaliger ricostruisce il testo parmenideo, poi utilizzato da Karsten nel 1835, mentre nel 1812

    Brandis ne fornisce una ricostruzione meglio documentata aggiungendo alle fonti precedenti anche

    Aristotele, Galieno, Celio Aureliano e il commentario di Simplicio alla Fisica aristotelica.28

    I 19 frammenti, di 150 versi in esametri, anche oggi considerati autentici sono stati individuati da

    Karsten nel 1835 sulla base del lavoro di Scaliger; ledizione di Karsten stata ripresa con qualche

    leggera modifica da Diels nelle sue edizioni dei Frammenti dei Presocratici tra il 1897 e il 1912,

    infine in quella diventata punto di riferimento nelledizione di Kranz nel 1951, alla quale si

    aggiunta nel 1984 ledizione critica a cura di Cordero, unaltra prestigiosa ricostruzione critica si

    trova nelledizione di Coxon nel 1986 e nella sua revisione nel 2009 ad opera di Richard

    McKirahan.29

    Denis OBrien ricostruisce cos il testo: i 150 versi rimasti sono un quarto del poema, ma sulla

    base di fonti secondarie come Plutarco e Simplicio si possono individuare le sue parti principali,

    cio un prologo in cui passa attraverso le porte di giorno e notte per essere accolto dalla dea che

    nella prima parte del poema gli spiega i principi dellesistenza e nella seconda parte lorigine del

    cosmo e degli esseri viventi; il proemio di 32 versi ricavato da Sesto, Simplicio, Diogene, Plutarco

    e Proclo, lo sviluppo iniziale di 23 versi tratta delle due vie, dellerrore dei mortali e della fallacia

    dei sensi, la via dellesistenza di 49 versi espone le caratteristiche dellessere nel frammento 8, versi

    28

    N.-L .CORDERO, Lhistoire du texte de Parmnide, in tudes, o.c., p. 4-10. 29

    Ivi, p. 14-18; segue unappendice nella quale si analizza il lavoro di Hermann Diels nelle sue varie edizioni ed elenca, secondo Cordero, i punti da correggere (Ivi, p.14-21), con una successiva appendice sulle fonti antiche del testo parmenideo (p. 22-24); la ricostruzione critica del testo greco con traduzione francese e giustificazione delle scelte si trova in N.L. CORDERO, Les deux chemins de Parmnide, dition critique, traduction, tudes et bibliographie, J. Vrin, Paris 1984 In continuit con gli studi di Cordero, Passa individua tre gruppi come fonti del testo parmenideo: un primo gruppo nel quarto secolo a.C. con Platone, Aristotele, Teofrasto ed Eudemo ossia nellAccademia e nel Peripato, un secondo gruppo piuttosto eterogeneo nel secondo e terzo secolo d.C. con Plutarco, Galeno, Clemente di Alessandria, Sesto Empirico e Diogene Laerzio, un terzo gruppo con i neoplatonici con Plotino, Giamblico, Proclo, Damascio, Ammonio e Simplicio, ai quali dobbiamo la maggior parte del testo (PASSA, Parmenide, o.c, p. 21); nella trasmissione del testo emergono le seguenti fasi: 1) la pi antica che pre-platonica, in cui il testo fu tramandato ad Elea e in Asia minore con un suo filone confluito in Sesto Empirico 2) una fase attica con Platone che linterpret come propedeutica al proprio pensiero e nel quarto secolo a.C. gener due diverse tradizioni attiche del testo, una collegata allAccademia e laltra al Peripato o dossografica con Teofrasto, mentre Aristotele rimase collegato a quella accademica 2a) il silenzio dellet ellenistica che senzaltro conserv e trasmise il testo ma di cui non rimasta nessuna traccia 2b) le modifiche nel periodo del Medioplatonismo che riprende la tradizione accademica in Plutarco e Proclo, riprende la tradizione dossografica con un testo molto rovinato in Clemente di Alessandria 3) la fase neoplatonica che accentua laspetto simbolico interpretando Parmenide come intermedio tra Pitagora e Platone, in cui Proclo riprende dalla tradizione accademica e Simplicio tramite Giamblico una tradizione dellAsia minore (Ivi, p. 143-45). Per il testo critico, oltre a Cordero, cf. A.H. COXON, The Fragments of Parmenides: A critical text with introduction and translation, the ancient testimonia and a commentary, edited with new translation by Richard McKirahan, Parmenides Publishing, Las Vegas-Zurch-Athens 2009; cf anche CR, p. 146-60.

  • MARIN, Parmenide 10

    1-49, cui seguono tre versi di passaggio (8, 50-52), la seconda parte contiene le opini dei mortali

    con uno sviluppo iniziale di 31 versi in cui si espongono i due principi del cosmo e il ruolo della

    daimon, seguono 13 versi sui corpi cosmici e sulle parti degli animali, infine la conclusione in tre

    versi conservati nel frammento 19.30

    4. Collegamenti al contesto culturale

    Nel poema di Parmenide non si hanno solo i versi in esametri come nei poemi omerici ma anche

    richiami ai suoi contenuti, in particolare a Ulisse che nel libro dodicesimo dellOdissea riceve dalla

    divina Circe le indicazioni per la via giusta, per evitare quelle funeste ai suoi compagni e rispettare

    la mandria custodita dalle Eliadi.31

    Il riferimento alla collaborazione indispensabile di una dea, oltre

    che allinizio dei poemi omerici richiama anche quello dei poemi di Esiodo in particolare della

    Teogonia che contiene, come nel testo parmenideo, anche una cosmogonia.32

    I molti nomi della dea che rivela la verit va considerata nel contesto del rinnovamento religioso

    del sesto secolo a.C. favorito dalla diffusione dei culti orfici che esprimono una sensibilit molto

    pi intensa ed elevata, stimolato anche dalle polemiche di Senofane verso le forme grossolane di

    antropomorfismo, ormai incomprensibili nelle poleis che richiedono legislazioni precise e hanno gi

    smarrito la sensibilit naturalistico-panteistica della civilt micenea o le tradizioni sacrali

    dellaristocrazia omerica.33

    La scelta dello stile epico invece della prosa come nei filosofi ionici permette di collegare la

    razionalit da loro potenziata alla ricchezza della forma mitica che consente una pluralit di registri

    interpretativi della realt.34

    Secondo Emanuele Severino, Parmenide collegato ad Anassimandro

    dalla concezione della giustizia, che per Anassimandro consiste nellespiazione della pena per aver

    scacciato il contrario, per Parmenide nellevidenza dellimmutabilit dellessere.35 Mentre nei

    riguardi di Anassimandro, pur nella diversa impostazione, si ha una convergenza secondo Severino,

    30

    D. O BRIEN, La rpartition des fragmentes, in tudes, o.c, p. 239-52 ; Coxon e McKirahan concordano sulla seguente lista di fonti dei frammenti : da Platone (7, 1-2 ; 8, 38, 43-45 ; 13), da Aristotele (7, 1 ; 8, 44 ; 13 ; 17), daTeofrasto (17), da Eudemo (8, 43, 44), da Plutarco (1, 29-30 ; 8, 4 ; 13 ; 14 ; 15), da Sorano nella versione latina di Celio Aureliano (19), da Galeno (18), da Sesto Empirico (1, 1-30; 4; 6; 8, 3-4; 9), da Clemente Alessandrino (1, 29-30; 4; 6; 8, 3-4; 9), da Plotino (4; 8, 5, 25, 43), da Diogene Laerzio (1, 28-30; 7, 3-5), da Giamblico (8, 24), da Proclo (1, 29-30; 2; 3; 4; 6, 1; 8, 4, 5, 25, 26, 29-32, 35-36, 43-45), da Damascio (6, 2; 8, 25), da Ammonio (8, 5), dallo scoliasta allEsamerone di Basilio (16), da Simplicio (1, 28-32; 3, 3-8; 5; 7, 1-2; 8; 10; 11; 12; 13; 20). 31

    CAPIZZI, Introduzione, o.c., p. 12-14. 32

    L. RUGGIU, Commentario filosofico al poema di Parmenide Sulla natura, in PARMENIDE, Poema Sulla Natura. I frammenti e le testimonianze indirette, a cura di Giovanni Reale e Luigi Ruggiu, Rusconi, Milano 1991, p. 156-58. 33

    Cf. Ivi, p. 165; M. UNTERSTEINEER, La fisiologia del mito, Bollati Boringhieri, Torino 1991; O. KERN, ORFICI, Testimonianze e frammenti, a cura di Elena Verzura, Bompiani, Milano 2011; per lincidenza della religiosit orfica sullinizio della filosofia cf. G. REALE, LOrfismo e la novit del suo messaggio, in Storia della filosofia, o.c., vol. 1. Orfismo e presocratici naturalisti, p. 57-73. 34

    RUGGIU, Commentario, o.c., p. 156-57. 35

    E. SEVERINO, La parola di Anassimandro, in Ritornare a Parmenide, Libreria Vita e Pensiero, Milano 1966, p. 9-21.

  • MARIN, Parmenide 11

    invece nei riguardi di Anassimene, secondo Mario Untersteiner, si ha una forte polemica senza

    nominarlo.36

    In continuit con lo sviluppo delle ricerche promosse dai Pitagorici si ha, secondo Giovanni Cerri,

    in Parmenide un forte sviluppo dellepistemologia che si distingue dallepica, dalla poesia

    teogonica, dai logografi-storici, dai geografi e che diventa via al monismo ontologico.37

    Dagli studiosi moderni ha ricevuto particolare attenzione la presenza o meno nel testo di

    Parmenide di una polemica contro la concezione di Eraclito. Zeller sostenne che Parmenide non

    conosceva il testo di Eraclito, invece Nestle che c sicuramente una polemica antieraclitea, per

    Diels possibile che Ermodoro, scacciato da Efeso, abbia potuto raggiungere Elea e far conoscere il

    libro di Eraclito, ipotesi condivisa anche da Burnet; Bernays individua la polemica contro Eraclito

    nel frammento sei ai versi 4-9 sugli uomini a due teste, interpretazione condivisa anche da

    Schwegller e approfondita da Diels che individua, nei frammenti dei testi di entrambi, diversi

    termini corrispondenti e contrapposti fra i due filosofi, per Patin addirittura tutto il poema di

    Parmenide sarebbe una polemica contro la concezione di Eraclito, interpretazione ripresa e ribadita

    da Loew, da Kranz, Gomperz e molti altri studiosi nella prima met del secolo scorso. Reinhardt

    difende la tesi di Zeller che Parmenide non conobbe il testo di Eraclito e persino rovescia il

    rapporto, ossia che fu Eraclito a polemizzare con il testo di Parmenide perch gli Eleati riconoscono

    che nel mondo tutto contrasto e pongono il problema degli opposti ma non risolvono a differenza

    di Eraclito che vede nellopposizione lessenza delle cose, lunit nellarmonia degli opposti e non

    nel ritenerli falsi, invece Mondolfo obietta a questa tesi che il problema degli opposti era gi stato

    affrontato da Anassimandro e dai Pitagorici, ed contro di loro che polemizza Eraclito. Si

    schierarono per lestraneit fra la concezione di Parmenide e quella di Eraclito Wilamowitz-

    Moellendorf e Verdenius, Doering e Reich precisano che la polemica di Parmenide contro i

    Pitagorici, secondo Schwabl contro dottrine ioniche e pitagoriche in generale, tesi condivisa anche

    da Gadamer e Untersteiner, per Mansfeld la polemica contro gli uomini in generale come si ricava

    anche da tanti passi di poeti arcaici come Simonide, Teognide, Solone ed Esiodo contro la scarsit

    della conoscenza umana, la sua nullit in confronto a quella divina e la sua insufficienza per la

    stessa vita umana.38

    Secondo Capizzi i mortali oggetto della polemica non sono altri filosofi e

    neppure i mortali in generale, come facevano i poeti lirici, ma i barbari, in particolare i Fenici per

    precisi motivi politici oltre che linguistici.39

    36

    UN p. XCIX e nota 195 a p. XCIC-CI in cui riprende la tesi di Reinhardt e altri studiosi che ritengono che nel frammento 4 ai versi 2-4 si abbia una polemica di Parmenide alla cosmologia di Anassimene. 37

    CR p. 57-64. 38

    ZMR nota a p. 173-83. 39

    CAPIZZI, La porta di Parmenide, o.c., p. 85-102.

  • MARIN, Parmenide 12

    Dalla collocazione cronologica e geografica di Elea ai tempi di Parmenide facile intuire intensi

    rapporti politici, economici e culturali con le altre citt greche, mentre risulta pi difficile precisare,

    in base al testo di Parmenide, quali siano stati gli influssi precisi ricevuti dai filosofi della Ionia, se

    abbia conosciuto il pensiero di Eraclito, quanto debba a Senofane e quanto ai Pitagorici, se la sua

    polemica sia verso gli uomini in generale, verso situazioni politiche contingenti o verso

    limpostazione del sapere promosso dai Pitagorici.

    5. Interpretazioni degli antichi

    Hermann Diels nei Frammenti dei Presocratici ha raccolto diverse testimonianze degli antichi

    sulla dottrina di Parmenide, tra i quali emergono, in ordine cronologico, Platone, Aristotele, Aezio,

    Plutarco, Diogene Laerzio e Simplicio, inoltre sono emerse interpretazioni di Parmenide anche in

    Isocrate, Euclide di Megara, Teofrasto, Filodemo, Cicerone, Ippolito, Tertulliano, Lattanzio,

    Macrobio, Censorino, Plotino, Proclo, Ammonio e Filopono.40

    Zenone di Elea e Melisso di Samo sono i pi noti continuatori del pensiero sullessere avviato da

    Parmenide, ma anche quelli che ne hanno condizionato alla radice le interpretazioni successive. Le

    teorie dei Fisici pluralisti sono elaborazioni originali che hanno gi assimilato alcune istanze

    promosse dagli Eleati. Un primo risultato dellinterpretazione del pensiero di Parmenide come

    incentrato sullUno traspare in un accenno di Diogene Laerzio al legame di Euclide di Megara con

    leleate: aveva familiarit con gli scritti di Parmenide e affermava che lUno il bene.41 Alla luce

    affermazione il pensiero megarico stato interpretato come monismo ontologico che collegava la

    concezione di Socrate con quella di Parmenide.42

    Un punto di riferimento fondamentale per la comprensione di Parmenide linterpretazione

    complessa, profonda e articolata che ne fornisce Platone in diversi scritti (Simposio, Teeteto,

    Parmenide, Sofista in modo esplicito, ma anche Fedone, Repubblica, Timeo in modo implicito),

    tanto che lo studioso John Palmer ha distinto due fasi nellassimilazione platonica della concezione

    delleleate: la prima fase negli scritti della maturit (Simposio, Fedone, Repubblica) dove attribuisce

    le caratteristiche dellEssere parmenideo alle Idee e la seconda negli scritti della vecchiaia (Teeteto,

    Parmenide, Sofista, Timeo) dove identifica lEssere parmenideo allUno.43 Il collegamento tra

    40

    Cf. DK 28 A 22-54, UN p. 270-337. 41

    DL II 106. 42

    Cg. REALE, Storia della filosofia, o.c., 2. Sofisti, Socrate e Socratici minori, p. 301-309; per una interpretazione diversa, pi erudita ma meno sostanziosa, cf. G. GIANNANTONI, Socratis et Socraticorum reliquiae, Bibliopolis, Napoli 1990, p. 33-60; sul rapporto della concezione di Euclide con quella di Parmenide, cf. R. MULLER, Euclide de Mgare et Parmnide, in tudes, o.c., p. 274-74 (il pensiero megarico come frutto duna interpretazione restrittiva del criterio eleatico di razionalit applicato alla ricerca socratica sul bene). 43

    Cf. DK 28 A 5 (UN commento a p. 251-53), A 26 (UN comment a p. 288-91), J. PALMER, Platos Recption of Parmenides, Oxford University Press, Oxford 1999; PASSA, Parmenide, o.c., p. 23.

  • MARIN, Parmenide 13

    lEssere e la sfera, nel frammento 8 ai versi 42-45, ha esercitato una profonda influenza su Platone,

    tanto che nel Fedone (108 C-109 A) lo ha applicato alla terra e nel Timeo (33 B-C) a tutto il cosmo

    in un modo cos denso di termini parmenidei che Aristotele, Eudemo, Proclo e Simplicio si servono

    dei passi platonici per interpretare leleate.44

    Isocrate accoglie linterpretazione accademica e megarica dellessere parmenideo come uno,

    infatti nellElena, del 390/380 a.C., attribuisce il monismo delluno solo a Melisso, invece

    nellAntidosis, del 354 a.C. circa, lo ritiene proprio anche di Parmenide che include esplicitamente

    nella critica.45

    Le testimonianze ricavate dai testi aristotelici sono particolarmente numerose e strutturate.46

    Le

    interpretazioni fornite da Aristotele sono state sottoposte ad una critica particolarmente dura da

    Harold Cherniss,47

    ma ridimensionate negli studi successivi, ossia non bisogna leggere i passi

    aristotelici come affermazioni da prendere alla lettera ma da interpretare, le sue non sono pagine di

    storia della filosofia ma di rielaborazione teoretica, imprescindibili per la vicinanza alle fonti e per

    lacutezza dellanalisi ma fortemente riduttive rispetto al loro contesto originario che va ricuperato

    tramite confronti con altre testimonianze antiche. La riduzione del pensiero di Parmenide al

    monismo ontologico e alla negazione del divenire, gi attuata da Platone con la sovrapposizione di

    Melisso, solo aspetto, non secondario, dei possibili risvolti del pensiero eleatico.

    Hermann Diels, nel suo ampio studio sui dossografi antichi, ha recuperato anche varie

    testimonianze da Teofrasto successore di Aristotele e Aezio suo epitomatore nel primo secolo a.C,48

    che proseguono con mentalit dossografica, ossia raccolta di opinioni, sulla linea interpretativa

    aristotelica. Non si discosta di molto neanche Plutarco, sebbene le sue citazioni attestino una fonte

    diversa da quella accademica e filologicamente pi vicina al testo originale.49

    Ugualmente preziosa

    risulta la citazione di Sesto Empirico anche se nel contesto di uninterpretazione nettamente

    scettica, ossia al fine di dimostrare che i sensi sono una fonte di conoscenza fallace.50

    Con

    limpostazione fornita dai dossografi non meraviglia che in Diogene Laerzio la dottrina di

    Parmenide sia ridotta ad una cosmologia anche, sulla base dello scritto di Teofrasto Sulla fisica,

    44

    PASSA, Parmenide, oc., p.23-24. 45

    DK 28 A 23 in UN p. 274-75. 46

    DK 28 A 6, 24 (UN commento critico a p. 277-84), 25 con la critica pi dura agli Eleati (UN p. 284-88), 27(UN p. 291-92), 35 (UN p. 303-4), 52 (UN p. 330-32). 47

    H.F. CHERNISS,, Aristotles Criticism of Presocratic Philosophy, Johns Hopkins Press, Baltimore 1935) 48

    Per Teofrasto cf. DK 28 A 46 (UN p. 323-25), per Aezio cf. DK 28 A 29 (UN p. 297), 31, 32 (UN p. 299), 36, 37 (UN p. 305-6), 38, 39 (UN p. 310), 40 a (UN p. 311-12), 41,42 (UN p. 313), 43, 43 a, 46 a, 47 (UN p. 326), 48 (UN p. 327), 50, 53 (UN p. 332-35), 54 (UN p. 335). 49

    Cf. PASSA, Parmenide, o.c., p. 27-29; DK 28 A 15 (UN p. 265-66), 16 (UN p. 266-67). 50

    Cf. PASSA, Parmenide, o.c., p. 29-31; DK 28 B 1 (UN p. 338-42)

  • MARIN, Parmenide 14

    ricorda che il poema era diviso in due parti, la prima per esporre la verit (kata a\lhjeian) e la

    seconda per esporre lopinione (kata doxan), ossia la conoscenza rigorosa e quella probabile.51

    La fonte pi cospicua e le interpretazioni pi suggestive sono fornite dai Neoplatonici, in

    particolare da Simplicio, in continuit con la lettura platonica e nella rivalutazione del pensiero

    pitagorico, per cui Parmenide visto come lanello concettuale tra Pitagora e Platone, come

    prosecuzione dellapertura della ragione al divino iniziata con Pitagora e anticipazione del

    rapportarsi di tutta la realt allUno esplicitata in Platone.52

    6. Interpretazioni di studiosi moderni

    Come gli studi in pratica anche le interpretazioni moderne sono innumerevoli, per cui ne

    accenniamo soltanto ad alcune per poi tenerne conto, nellanalisi dei frammenti individuati dai

    filologi, nella misura in cui aiutano a cogliere il contesto culturale in cui sono stati elaborati.

    Uninterpretazione particolarmente intrigante quella politica di Capizzi, o meglio, topografica

    per il Proemio, linguistica per il testo e politica per lo scopo. Il Proemio, secondo Capizzi, descrive

    un viaggio reale di Parmenide dal quartiere settentrionale al quartiere meridionale di Elea passando

    per la Porta Arcaica a ridosso dellacropoli. Lo scopo del viaggio riconciliare il quartiere

    meridionale con quello settentrionale, riaprire la porta di collegamento che era stata chiusa per

    dissenso politico; il risultato cos soddisfacente che Parmenide viene incaricato di redigere leggi

    per la polis e gli viene affidato il governo, poi passato al suo discepolo Zenone. La scelta del

    linguaggio e la logica che vi traspare sarebbero funzionali alla costituzione aristocratica promulgata

    per garantire lequilibrio e lintegrazione sociale tra le sue componenti.53

    Uninterpretazione contemporanea ma opposta emerge nel bel libro di Lugi Ruggiu, secondo il

    quale il viaggio descritto da Parmenide nel Proemio solo simbolico, mentre lo scopo

    liniziazione misterica alla rivelazione della verit espressa nella sua pienezza dalla dea; la 51

    DL IX 21-23 (UN p. 224-46), DK 28 A 44 (UN p. 314-18); G. ROCCA-SERRA, Parmnide chez Diogne Larce, in tudes, o.c., p. 254-73). 52

    Cf. per Plotino DK 28 A , per Giamblico 28 A 4 (UN p. 25051) per Proclo 28 A 4, 17 (UN p. 267), 18 (UN p. 267-68), per Ammonio 28 A 30 (UN p. 297-99), per Damascio, per Filopono 28 A 21 (UN p. 271), per Simplicio 28 A 8 (UN p. 260-61), 10 (UN p. 261-62), 14 (UN p. 264-65), 19 (UN p. 268), 20 (UN p. 268-70), 21 (UN p. 270-71), 28 (UN p. 292-96), 34 (UN p. 301-2). Unanalisi dettagliata dellinterpretazione neoplatonica, in particolare di Plotino e Proclo fornita da CH. GUERARD, Parmide dle chez les noplatoniciennes, in tudes, o.c., p. 294-313 ; inoltre, con specialmente per Simplicio, cf. PASSA, Parmenide, o.c., p. 33-43. Simplicio, in continuit con gli insegnamenti di Proclo, dedica molta attenzione anche ai testi di Aristotele, infatti le fonti maggiori di citazioni dei Presocratici sono i commentari agli scritti aristotelici Sul cielo, Fisica, Categorie, Sullanima, attingendo molto materiale anche dalla scuola neoplatonica siriaca di Giamblico (Ivi, p. 36); sullinterpretazione di Semplicio merita particolare attenzione lacuta analisi svolta da Annick Stevens (A. STEVENS, Postrit de ltre. Simplicius interprte de Parmnide, Ousia, Bruxelles 1990). 53

    CAPIZZI, La porta, o.c., p. 30-68 ; Giovanni Cerri apprezza le suggestioni fornite da Capizzi nellinterpretazione allegorica del poema, ma altamente improbabile nel resto, anzi diventa fantasia pura, emblematica dellinsoddisfazione che serpeggia negli interpreti di Parmenide, che manifestano in vari modi la sensazione di non averne ancora colto il significato profondo (CR p. 24-25); per uninteressante rassegna dinterpretazioni del Proemio in vari autori dellOttocento e del Novecento cf. Reale in ZMR p. 320-34.

  • MARIN, Parmenide 15

    simbologia iniziatica evita sia limpoverimento realistico sia lo svuotamento nel simbolismo

    astratto. I primi dieci versi del Proemio, secondo Ruggiu descrivono il ritorno dalla casa della dea

    dopo la rivelazione, gli altri come avvenuto il viaggio e il resto del poema il contenuto della

    rivelazione nel cuore delle tenebre, dove si trovano le case della Madre Notte.54

    Laspetto pi

    suggestivo di tale interpretazione lanalisi dei nomi divini che esprimono i vari aspetti della dea

    che accoglie e rivela a Parmenide la realt dellessere.55

    Una linea interpretativa ancora diversa stata avviata da Emanuele Severino fino a farla diventare

    lessenza dellintero sviluppo della sua filosofia: ritornare a Parmenide per riscoprire il senso

    univoco dellessere nella sua opposizione radicale al nulla;56 infatti il filosofo di Elea, mentre ha

    posto per primo in tutta la sua pregnanza levidenza dellessere anche il primo responsabile del

    suo tramonto in quanto ha posto le differenze nella doxa come falsa, differenze che poi Platone ha

    reintrodotto nellessere trasformando tutta la metafisica occidentale in una fisica.57 In questa

    riscoperta di Parmenide come profondo pensatore metafisico Severino stato preceduto da Martin

    Heidegger che nelle lezioni a Friburgo nel 1942/43 ne ha fornito uninterpretazione magistrale sul

    legame tra essere e verit come svelamento che connette lessere non alla totalit delle differenze

    ma allapertura che riscopre il suo inizio come fondamento di ogni possibilit nella custodia della

    verit dellessere.58 In continuit con il monismo ontologico che traspare in Severino possono essere

    lette, come suo sviluppo divergente, anche le interpretazioni del suo discepolo Massimo Don che

    accentua il ruolo del nulla,59

    e quella opposta di Albino Nolletti che interpreta lessere parmenideo

    54

    RUGGIU, Parmenide, o.c., p. 15-24. 55

    Ananke come espressione di forza e necessita, Moira come destino che vincola, Peith forza persuasiva della razionalit, Themis come norma delle cose, Dike come giustizia che custodisce la dimora ed centro di unit del divino, fondamento delle leggi e valore cosmico, custode dei legami dellessere, Ivi, p. 67-113. 56

    Cf. Ritornare a Parmenide, o.c, inoltre Il parricidio mancato (1985), Il giogo, alle origini della ragione (1988), Verit, volont, destino (2008), La morte e la terra (2011). 57

    SEVERINO, Ritornare a Parmenide, o.c., p. 27-29. 58

    M. HEIDEGGER, Pamenide, Adelphi, Milano 1999, p. 286-88. 59

    M. DON (a cura di), PARMENIDE, Dellessere e del nulla, AlboVersorio, Senago (Milano), 2012 (testo greco di DK, tr. it. di Giuseppe Girgenti dei primi otto frammenti e commento di Massimo Don); cf. M. SIMIONATO, Nulla e negazione. Laporia del nulla dopo Severino, Editore Plus, Pisa 2012. Secondo Don la filosofia occidentale minata fin dalle radici da una falsa domanda sullalternativa radicale tra essere e nulla mentre nel nominarlo il nulla diventa solo un altro positivo DON, o.c., p. 41-42), con un ardito accostamento tra Parmenide ed Hegel, riduzione dellessere al suo manifestarsi al pensiero (p. 43-44). In tale prospettiva lorizzonte parmenideo (quello secondo cui lessere non pu venire dal nulla e neppure il nulla dallessere) e quello pi specificamente nichilistico (secondo cui, invece, lessere verrebbe sempre dal nulla e il nulla dallessere) finiscono per mostrarsi assai pi solidali di quanto non si potrebbe pensare. Almeno nella misura in cui entrambi concepiscono il nulla sempre e comunque come un semplicemente altro dallessere (p. 61). Da questo punto di vista, sarebbe risultato del tutto vano anche il tentativo di un pensatore come Emanuele Severino; il quale, dopo aver escluso il nulla dallessere (sulla scia di Parmenide anzi, radicalizzandone il proposito), e quindi dopo aver fatto dellessere un essere costitutivamente finito (de-terminato da un nulla, inteso appunto come suo semplice altro), si sarebbe proposto di dimostrare che il nulla non- per leternit. Ossia che, necessariamente, il nulla non-, finendo, invece, con sancire proprio contrario, ossia che il nulla eternamente (p. 62-63); la soluzione di Don quella di Pirrone senza nominarlo e senza nemmeno accennare alla distinzione tra non essere relativo e non essere assoluto, invece di evocare loriente e loccidente in gran miscuglio di mitologie (per una trattazione ampia da varie prospettive sul nulla cf. Lambivalenza del Nulla, tra negazione dellumano e apertura al

  • MARIN, Parmenide 16

    come una enorme sfera costituita di materia uniforme nel quale tutte le distinzioni operate dai nostri

    sensi sono puramente illusorie.60

    Untersteiner vide in Parmenide lelaborazione della conoscenza che media tra molteplicit del

    mondo e lunit dellessere, in continuit con Anassimandro che aveva gi colto la continuit

    temporale del pensiero al quale Parmenide aggiunge la continuit spaziale fino a trasformarlo

    nellunit spaziale della molteplicit concettuale e coglie lessere come universale gnoseologico.61

    Nel ripensamento pubblicato trentanni dopo, Untersteiner precisa tale concezione dellessere di

    Parmenide come un intero (ou&lon), esplicitato tramite lunione di metodo di ricerca e concezione

    ontologica, come perfetta uguaglianza fuori del tempo e dello spazio; Platone aveva accolto

    linterpretazione megarica che assolutizzava luno, mentre la sua unit solo un aspetto dellessere

    quale intero, completo in tutte le sue parti (ou\lomelev) e indifferenziato (ou\lofuev).62

    Per Zeller il pensiero di Parmenide in continuit con quello di Senofane ma con molto maggior

    vigore sullunit dellessere ora contrapposto allopinione comune degli uomini che considera le

    realt percepite dai sensi come composte di elementi tra loro opposti per spiegare il molteplice,

    mentre esse si riducono alla contrapposizione tra essere e non-essere, a livello fenomenico come

    luce e tenebre, delle quali solo lessere o luce esprime la verit.63

    Giorgio Imbraguglia interpreta lintero poema parmenideo non come la nascita dellontologia ma

    la via consapevole al pensiero logico astratto che insieme diventa, nella seconda parte, missione di

    verit concreta, impegno culturale pratico, guidato da solari evidenze per passare dal mondo

    tenebroso dei sensi a quello luminoso della ragione sulla strada maestra del pensiero logico.64

    Denis

    OBrien coglie nel poema parmenideo, allopposto di Imbraguglia, persino una duplice ontologia:

    divino, che in occasione della Tavola Rotonda del 26 febbraio 2009 ha raccolto 15 interventi di vasta portata in https://sites.google.com/site/ateneaccademia) 60

    A. NOLLETTI, Parmenide profeta della globalizzazione? Che cos lessere di Parmenide. Spiegazione di un enigma , La Nuova Editrice, Teramo 2004. 61

    M. UNETERSTEINER, Parmenide, studio critico, frammenti testimonianze-commento, Fratelli Bocca, Torino 1925, p. 23-36. 62

    UN p. 40-62, 168-77. 63

    ZMR p. 165-73, 244-60; cf. la lunga nota alle p. 292-334 per unampia rassegna dinterpretazioni moderne della doxa nel pensiero di Parmenide (storico-genetica, dossografico-polemica, ipotetico-fenomenologica, gnoseologica, ontologiche come ad es. in Schwabl che interpreta lessere parmenideo come lunit dei contrari, in Untersteiner che distingue tra la doxa parmenidea che prosecuzione sulla via della verit e la doxa dei mortali che il dualismo introdotto dalla cosmogonia ionica, in Montero Moliner per il quale la doxa lo stesso essere ma nella prospettiva dei sensi invece che in quella della ragione, in Mansfeld che ritiene la disgiunzione giorno-notte una falsa disgiunzione rispetto a quella vera di essere e non-essere); unaltra rassegna dinterpretazioni moderne si pu trovare in Internet nella Standford Encylopedia alla voce Parmenides di John Palmer (monista come quella di Guthrie, logico-dialettica come in Raven, Russell, Owen e Barnes, meta-principio come in Mourelatos, Nehamas e Curd, modale come Finkelberg e Hussey) (http://plato.stanford.edu/entries/parmenides/) (19 marzo 2013). 64

    G. IMBRAGUGLIA, Lordinamento assiomatico dei frammenti parmenidei, Marzorati, Milano 1974, n. 1, p. 56-58; la tesi ripresa e approfondita in G. IMBRAGUGLIA, Teoria e mito in Parmenide, Studio Editoriale di Cultura, Genova 1979; per una lettura completamente diversa del rapporto tra mitologia e filosofia in Parmenide, cio non in quella dellassiomatica ma della scienza delle religioni, cf. K. HEINRICH, Parmenide e Giona. Quattro studi sul rapporto tra filosofia e mitologia, a cura di Massimo De Carolis, Guida editori, Napoli 1988.

  • MARIN, Parmenide 17

    lontologia divina della dea per quale laffermazione dellessere rende impossibile il non-essere,

    lontologia umana costituita dalle opinioni dei mortali per i quali laffermazione dellessere

    connesso alle cose sensibili giustifica anche la loro negazione.65

    Nota Pierre Aubenque che

    Parmenide lunico pensatore presocratico a interessarsi in modo esplicito dellessere, a

    tematizzarlo con tale forza da prestarsi ad essere letto in diversi modi (verbo senza soggetto, verbo

    impersonale, uso impersonale dun verbo personale) e a collegarlo con altrettanta forza al pensiero

    da creare la correlazione tra essere e intelletto.66

    Nel pensiero parmenideo si ha una densit tale,

    osserva Lambros Couloubartsis, per cui alcuni vi hanno scorto due cammini di ricerca, altri tre e

    altri quattro, come sostiene lo stesso Lambroso: il cammino della divinit e la credenza degli

    uomini, ai quali saggiungono la via o dimora del giorno e la via o dimora della notte; le quattro vie

    corrispondo a quelle dellessere e del non-essere, dellopinione dei mortali quale doxa falsa e del

    discorso mitologico sul cosmo quale doxa vera.67

    Giovanni Reale ribadisce la tesi delle tre vie di ricerca presenti nel poema: una dellassoluta verit

    o dellessere, laltra dellassoluta falsit o del non-essere e la terza quella del verosimile o

    dellopinione plausibile; lessere parmenideo quello del cosmo individuato dai filosofi ionici ma

    senza il cosmo, immobilizzato e purificato dalle sue instabilit, al quale vanno ricondotte anche le

    due forme dellopinione plausibile, cio i principi cosmogonici di luce e notte.68 Lorenzo Perilli

    riprende la lettura di Sesto Empirico, senza citarlo ma avvicinadno Parmenide a Eraclito, sulla

    negazione del valore conoscitivo dei sensi accentuando il legame con il contesto mistico nella

    modalit espressiva per arrivare a individuare sei argomenti sugli attributi fondamentali dellessere

    con i quali diventa insostenibile la concezione di una sostanza unica che si trasforma per dare

    origine a tutte le cose.69

    7. Presentazione e analisi dei frammenti del Poema

    Il testo di riferimento per il greco ledizione critica di Cordero con alcuni ritocchi ricavati da

    OBrien, Cerri e Passa. La traduzione italiana basata sul testo greco accolto, comunque ne

    65

    D. = BRIEN, Ltre et non-tre, in tudes, o.c., Tome I, Le pome de Parmnide, texte, traduction, essai critique, par Denis OBrien en collaboration avec Jean Frre pour la traduction franaise, p. 237. 66

    P. AUBENQUE, Syntaxe et smantique de ltre dans le Poeme de Parmnide, in tudes,o.c., tome II, p. 104-17. 67

    L. COULOUBARITSIS, Les multiples chemins de Parmnide, in tudes, o.c., tome II, p. 40-43 ; una tesi chiaramente opposta a quella sostenuta nella sua edizione critica, ossia che le uniche due testi presenti nel poema parmenideo sono quella che afferma lesistenza e quella che la nega (CORDERO, Les deux chemins, o.c., p. 79 ss). 68

    REALE, Storia della filosofia, o.c., vol. 1. Orfismo e Presocratici naturalisti, p. 175-87. 69

    L. PERILLI, I Presocratici, in L. PERILLI, D. TAORMINA (a cura di), La filosofia antica. Itinerario storico e testuale, Utet, Torino 2012, p. 112-20.

  • MARIN, Parmenide 18

    esistono diverse di buone anche in italiano e tra le pi facilmente accessibili, oltre che

    particolarmente equilibrata, segnaliamo la traduzione di Giovanni Reale.70

    PARMENIDE, Poema Sulla Natura (Hermann DIELS Walther KRANZ = DK 28 B, frammenti 1-19)

    B1. Proemio (da SESTO EMPIRICO, Contro i matematici, VII, 111ss)

    Il testo greco del Proemio ricavato da Sesto Empirico integrato per i versi 28b-32 dalla citazione

    ricavata da Simplicio (Sul cielo 557-58) e corretto per 28b-30 dalla citazione in Diogene Laerzio

    (IX, 22). La citazione di Sesto preceduta da una breve introduzione che fornisce la sua chiave di

    lettura, cio la negazione del valore conoscitivo delle sensazioni per una conoscenza scientifica,

    seguita da unampia spiegazione per dimostrare la superiorit della ragione.71

    Il Proemio o frammento 1 unanticipazione dellintero Poema, con forma e metro epico,

    nellintreccio di mithos e logos (mito: racconto sacro/rivelazione; logos: ragionamento/scoperta).

    Mithos e logos sono parti essenziali dellaletheia/verit. uno stile che si contrappone alla prosa

    dei filosofi ionici, quindi si pone in continuit con Omero ed Esiodo, per non per creare semplici

    racconti ma per parlare dellessere.72

    v. 1-5:

    i$ppoi tai me ferousin o$son t \ e\pi jumov i|kanoi,

    pempon, e\pei m\ e\v o|don bh%san polufhmon a"gousai

    daimonov, h kata 73

    ferei ei\dota fw%ta.

    t+% feromhn, t+% gar me polufrastoi feron i$ppoi

    a$rma titainousai, kou%rai d \ o|don h|gemoneuon.

    Le cavalle che mi portano fin dove arriva il desiderio

    mi conducevano, dopo che erano venute per guidarmi

    alla via famosa della dea, che reca la luce del sapere.

    Per quella ero portato, per quella infatti mi conducevano le abili cavalle

    tirando il cocchio, mentre le giovani precedevano sulla via.

    v. 6-10:

    a"xwn d \ e\n cnoi+sin

  • MARIN, Parmenide 19

    ai\jomenov (doioi%v gar e\peigeto dinwtoi%sin

    kuklloiv a\mfoterwjen), o$te spercoiato pempein

    h|liadev kou%rai, prolipou%sai dwmata nuktov,

    ei\v faov, w\samenai kratwn a"po cersi kaluptrav.

    Lasse nei mozzi emetteva uno stridio

    infiammandosi (da due cerchi rotanti infatti era premuto

    dambo i lati), quando saffrettavano nel guidarmi

    le giovani Eliadi, lasciate le dimore della Notte,

    verso la luce, togliendosi dai capi con le mani i veli.

    v. 11-14:

    e"nja pulai niktov te kai h"matov ei\si keleujwn,

    kai sfav u|perjuron a\mfiv e"cei kai lai=nov ou\dov.74

    au\tai d \ ai\jeriai plh%ntai megaloisi juretroiv.75

    tw%n de Dikh76

    polupoinov e"cei klhi%dav a\moibouv.

    L la Porta del cammino di Notte e Giorno,

    con intorno un architrave e una soglia di pietra,

    e chiusa nelletere da grandi battenti.

    Di essi la Giustizia, che molto punisce, ha le chiavi.

    v. 15-21:

    thn dh parfamenai kou%rai malakoi%si logoisi

    pei%san e\pifradewv w$v sfin balanwton o\ch%a

    a\pterewv w"seie pulewn a"po.77

    tai de juretrwn

    casm \ a\canev poihsan a\naptamenai polucalkouv

    a"xonav e\n surigxin a\moibadon ei\lixasai

    gomfoiv kai peron+sin a\rhrote78.

    t+% r|a di \ au\tw%n

    i\juv e"con kou%rai kat \ a\maxiton a$rma kai i$ppouv.

    Le scaltre giovani con tenere parole la persuasero (v. 15)

    astutamente a togliere senza indugio per loro

    la sbarra del chiavistello; e quelle al volo

    74

    Cf. lanalisi del testo greco in PS p. 99-100. 75

    Cf. PS p. 100-2. 76

    Sulla legittimit della maiuscola cf. PS p. 53. 77

    Cf. PS p. 84 per il confronto con due versi della Teogonia di Esiodo. 78

    Br p. 6, PS p. 84-85 sulla preferenza per au\tewn della maggior parte degli editori e pi corretto dal punto di vista della poesia aulica ma pi improbabile nelloriginale.

  • MARIN, Parmenide 20

    spalancarono la porta facendo girare con stridii

    alternamente i bronzei battenti irrobustiti

    da chiodi e grappe; per di l facilmente le giovani (v. 20)

    trassero dritto per la via maestra cocchio e cavalle.

    v. 22-28:

    kai me jea profrwn u|pedexato, cei%ra de ceiri

    dexiterhn e$len, w/de d \ e"pov fato kai me proshuda.

    w& kou%r \ a\janatoisi sunaorov79

    h|niocoisin,

    i$ppoiv t \ ai"80

    se ferousin i|kanwn h|meteron dw%,

    cai%r \ , e\pei ou"ti se moi%ra kakh prou"pempe neesjai

    thnd \ o|don (h& gar a\p \ a\njrwpwn e\ktov patou e\stin),

    a\lla jemiv te. crew81

    de se panta pujesjai

    E la Dea mi accolse benevola, mi prese per la mano

    destra, mi rivolse la parola e cos mi disse:

    O giovane, compagno di immortali aurighi,

    che giungi, con le cavalle che ti portano, a casa nostra, (v. 25)

    benvenuto, perch non ti ha condotto una cattiva sorte a percorrere

    questa via (infatti essa fuori dal passaggio degli uomini),

    ma decreto divino e giustizia. Bisogna che tu apprenda ogni cosa:

    v. 29-32:

    h|men a\lhjeihv eu\peijeov82

    a\trekev83

    h&tor84

    h\de brotw%n doxav, tai%v ou\k e"ni pistiv A\lhjhv.

    a\ll \ e"mphv kai tau%ta majhseai.

    w|v ta dokeu%nta85

    crh%n dokimwv ei&nai dia pantov panta perw%nta.86

    e della persuasiva Verit il cuore retto

    e dei mortali le opinioni, in cui non c convinzione di Verit. (v. 30)

    Ma pure questo imparerai, come le apparenze

    bisognava davvero che ci fossero, essendo sempre tutte transitorie.

    Di questo proemio esistono numerose interpretazioni; propongo le tre pi interessanti che

    sembrano integrarsi invece di scontrarsi e creare disorientamento:

    79

    PS p. 132-37 dotta analisi del termine sunaorov e sua comprensione nel contesto della letteratura arcaica. 80

    PS p. 57-60 analisi dei manoscritti e scelta di t \ ai$ invece di tai oppure j \ ai$. 81

    PS p. 77-79 confronto con versi omerici e innovazione di Parmenide. 82

    Sulla base dei testi di Plutarco, Diogene Laerzio e Sesto Empirico eu\peijeov invece di eu\kukleov come in Simplicio; cf. BR p. 7 e 11-12; PS p. 51-52 e 55-57. 83

    Sulla base di Plutarco invece di a\tremev come in Simplicio; cf. PS p. 52 e 53-55. 84

    Cf. PS p. 52-53 sul suo uso e sulla connessione alla Verit. 85

    PS p. 121, il termine dokou%nta di Simplicio una tipica atticizzazione. 86

    Simplicio riporta per o"nta accolto anche da Cerri e Reale, cf. BR p. 14, PS p. 127.

  • MARIN, Parmenide 21

    1) (CAPIZZI, La porta di Parmenide, 1975) lettura topografica: partendo dalla somiglianza con

    Odissea XII, CAPIZZI ritiene che possa essere un viaggio reale descritto ai concittadini:

    - Via = la strada che attraversa una gola della collina di Elea e congiunge le tre parti della citt: il

    quartiere settentrionale, lacropoli e il quartiere meridionale.

    - Le case della Notte = le case del quartiere settentrionale allombra della collina.

    - Verso la luce = verso il quartiere meridionale.

    - Le fanciulle figlie del sole = i pioppi (mitologia).

    - Il levarsi dal capo i veli = man mano che la strada sale verso il colle, i pioppi cominciano ad avere

    le cime illuminate.

    - Le cavalle = animali comuni e quadriga con salita rapida.

    - La Porta = Porta Antica nel punto pi alto del colle (la descrizione corrisponde ai ritrovamenti

    archeologici; per i resti sono gi sul versante opposto in discesa).

    2) (CAPIZZI) lettura politica: discorso rivolto ai concittadini per indicare la giusta strada per la

    riconciliazione interna dopo che hanno affidato proprio a Parmenide il governo della citt a questo

    scopo. La citt si era divisa in tre partiti di fronte alla minaccia siracusana dopo la vittoria di

    Siracusa a Imera contro i Fenici/Cartaginesi (480 a.C.): panellenici, secessionisti e filo-fenici. I filo-

    fenici contavano sui Fenici contro i Siracusani, i secessionisti insistevano sulla separazione dal

    quartiere settentrionale perch poco fidabile in quanto non era greco, i panellenici puntavano

    sullalleanza con Atene.

    - La porta chiusa = gli abitanti del quartiere meridionale avevano deciso di separarsi da quelli del

    quartiere settentrionale e perci avevano sbarrato la porta. Parmenide li aveva convinti a riaprirla al

    traffico locale e quindi a riunirsi politicamente.

    - Le tre vie: A) Sul piano linguistico di partenza (dagli studi di Parmenide): la prima via quella del

    discorso razionale affermativo che porta a riconoscere lesistenza di una cosa come necessaria, la

    seconda via quella del discorso razionale negativo che porta a negarla fino a dirla impossibile, la

    terza via quella degli ambigui farfugliamenti come nella lingua fenicia che porta a rinunciare a

    decidere. B) Sul piano politico di arrivo corrisponde ai tre partiti sorti di fronte alla minaccia

    siracusana e a quella retrostante fenicia la prima via il riconoscimento e lunificazione dei tre

    nuclei di Elea, la seconda lostinata continuazione della secessione, la terza contare sui Fenici

    contro i Siracusani. Dunque la terza esprime i filo-fenici, la seconda gli intransigenti, la prima i

    nazionalisti panellenici come Parmenide che salvarono appunto Elea con la collaborazione di

    Atene.

    3) (RUGGIU REALE) lettura metafisica: Il Proemio prefigurazione dellintero Poema che tratta

    dellessere. Lattribuire ad una divinit il contenuto dellopera nello stile epico il mezzo

  • MARIN, Parmenide 22

    espressivo comune; per il disvelarsi del reale nella sua essenza anche manifestazione divina (p.

    160). Il logos che si auto-svela insieme rivelazione del divino e autonomo contenuto del

    pensatore; uomini e di sono entrambi testimoni dellessere che si rivela. Ci sono molti blocchi

    tematici tratti sia da Omero sia da Esiodo sia dagli Orfici, temi che erano ormai patrimonio comune

    della cultura.

    - Il carro = cosmo e opera di Parmenide (1. Nella sua valenza cosmica il carro Elios/il sole che

    percorre quotidianamente il sentiero di Notte e Giorno = il sole tramonta a occidente, attraversa con

    il carro gli Inferi e rispunta a oriente; 2. Nella valenza iniziatica il carro esprime unassociazione tra

    miti solari e miti della rinascita delluomo = il morto segue la via del sole per rinascere, secondo gli

    Orfici; 3. Nella valenza letteraria il carro rappresenta lo stesso Poeta o meglio lopera del Poeta; 4.

    Nella valenza teologica esprime la presenza del divino per cui si parla del carro di Zeus, di Apollo,

    di Afrodite, ecc.). Il carro, nel suo significato globale, la rappresentazione della Filosofia: la

    dottrina (carro) in quanto rivela la natura delle cose si identifica con la struttura di tutto luniverso

    (carro cosmico). Nellispirazione poetica e filosofica si attua, come nellepica, la stessa rivelazione

    divina che non annulla liniziativa umana, ma esprime collaborazione di entrambi (p. 171).

    - Notte e Giorno: Non vanno intesi come essere e non-essere, ma come due aspetti dellessere, ossia

    lunit e la molteplicit, perci il sentiero lo stesso. A differenza di Anassimandro, non c

    prevaricazione di un contrario sullaltro, ma, come in Eraclito, unit dei contrari. Giorno e Notte

    esprimono la polarit del reale, i due aspetti di una stessa realt (p. 174).

    - Le cavalle = forza istintiva/ impulsi alla verit/ forza cosmica impersonale con la quale il poeta si

    identifica perch conforme al suo desiderio di conoscenza.

    - Figlie del sole = forze conoscitive/ potenze divine insieme solari e notturne (il velo segno di

    potenze ctonie); il velamento e lo svelamento costituiscono una nuova polarit.87

    87

    (MARIN, Cera posto per gli angeli nel politeismo greco?, in Salesianum 58, 1996, p. 674-77) Il miglior esempio di guida personale di carattere divino nellambito epico senzaltro la dea Atena nellOdissea; nellambito filosofico, oltre alla voce interiore di Socrate, sono le Eliadi del proemio al poema di Parmenide. I termini del proemio parmenideo sono tipici dellepica e in vari punti coincidono con argomenti omerici. Le giovani figlie del Sole indicano la via al filosofo che procede con il suo carro e le sue cavalle. Ad un certo punto esse si tolgono i veli dal capo e accelerano la corsa al carro del filosofo verso la luce della verit. Arrivati alla porta solenne della Giustizia, sono le figlie del Sole a convincere la dea ad aprire. Esse sanno adoperare con maestria il linguaggio e ottengono subito quanto chiedono. La dea, vedendo il filosofo in loro compagnia, accoglie in modo cordiale Parmenide: lo prende per mano, lo saluta e lo incoraggia ad accettare la sua missione divina. Chi sono le Eliadi? Il significato che si attribuisce ai termini mitologici dipende dallinterpretazione generale data alla filosofia di Parmenide. Per lo scettico SESTO EMPIRICO le fanciulle sono le sensazioni che guidano alla conoscenza, in particolare le Eliadi esprimono la vista. I termini mitici sarebbero mediocri allegorie dei concetti utilizzati nel resto del poema. Lo storico tedesco del XIX secolo Eduard ZELLER, nella sua ampia storia della filosofia greca, non dedica neppure una riga al proemio parmenideo: dato che nella concezione di Parmenide non c nessuna realt al di fuori dellUno, non resta nessun spazio per la mitologia. Se, invece, si riconosce al linguaggio mitico un proprio valore anche nellambito filosofico, allora il proemio diventa molto significativo e le Eliadi assumono una propria consistenza concettuale ed esistenziale. Per alcuni interpreti le Eliadi sono le dee che guidano il carro del sole nel percorso sotterraneo da occidente ad oriente e nel percorso celeste

  • MARIN, Parmenide 23

    - Viaggio = cammino verso la Verit (che coincide con la Natura e il Diritto). Il viaggio il motivo

    centrale del Poema: 1) via che dice molte cose = datrice di tutte le conoscenze; 2) via della

    Daimon = appartiene a lei; 3) porta alla Daimon, perci non percorribile senza il suo consenso (v.

    27: fuori della via battuta dagli uomini). Il procedere lungo la via richiede corrispondenza tra il

    volere delluomo e le forze cosmiche che lo conducono (cavallo, carro Eliadi). Qui, nel caso di

    Parmenide, c convergenza tra il desiderio del filosofo e quelle forze cosmiche, anzi progressiva

    identificazione. La via percorribile solo dalluomo che sa (v. 3) = in qualche modo noi siamo

    sempre nella via, ma essa si manifesta solo quando la sappiamo come tale (RUGGIU p. 178)

    bisogna conoscerla e volerla, per cercarla. Luomo deve partecipare in qualche modo di quella

    medesima essenza divina della quale partecipa la via. Senza lassistenza del divino, e quindi senza

    liberazione di ci per il quale luomo si rende estraneo allEssere, vi sarebbe Ubris/ tracotanza

    come nei mitici Fetonte e Orfeo che fallirono il loro viaggio col carro celeste. La via implica scelta,

    ossia superare con fatica le abitudini nate da numerose esperienze dei mortali, abitudini che

    impediscono di vedere quanto pure si mostra. La via porta per tutti i luoghi/ per tutte le citt = per la

    totalit dei domini della conoscenza (teologia, cosmologia, antropologia); eppure essa via del

    Ritorno/nostos (come per Odisseo a Itaca), cio lautorivelazione dellEssere qualcosa che deve

    continuamente venire rinnovata (p. 181-82).

    - Dea = la Verit che si manifesta, pur avendo una pluralit di nomi Daimon (1, 22), Moira (8,

    37), Themis (1, 28), Dike (1, 14), Aletheia (1, 29), Ananke (8, 30), Afrodite (fr. 18), Eros (fr. 13)

    che esprimono la potenza della Dea che rimane identica nel mutare dei suoi aspetti: Nel richiamo

    allunit della Dea il molteplice riprende la forma unitaria. Nel molteplice dei nomi e della

    differenziazione e articolazione si esprime la ricchezza del reale (p. 166).

    da oriente ad occidente. Altri, sottolineando lo stretto legame tra dea, fanciulle e via come fattori di conoscenza, identificano le Eliadi con le forze necessarie per ascendere alla verit. Sono simboli tratti dai culti misterici per lo stretto legame fra ricerca misterica e ricerca della verit. Nellallegoria delliniziazione, in questo caso alla filosofia, le guidatrici del carro del sole, che portano dunque la luce sinonimo di conoscenza, rappresentano le varie forme del sapere da assimilare liberandole dalloscurit espressa dal velo sul capo, prima di poter accedere alla pienezza del sapere proprio della dea. Con questa trasposizione di simboli dal campo religioso a quello filosofico abbiamo un nuovo mondo spirituale. Per alcuni interpreti il proemio non unallegoria, ma la descrizione nel linguaggio mitico di unautentica esperienza religiosa che esprime la collaborazione tra forze divine e iniziativa delluomo. In questultima prospettiva le Eliadi sono espressione di elementi costitutivi della nostra intelligenza e il viaggio il loro graduale emergere a illuminare tutta la mente per lincontro con la dea. Le cavalle sono le forze che portano Parmenide dalla terra fino alla via della luce, le figlie del Sole sono le dee che lo incontrano su tale via e lo accompagnano per il resto del viaggio. Sia la dea o demone sia le fanciulle o vergini sono esseri impregnati di forza sovrannaturale, adatti a mediare fra gli uomini la divinit. Parmenide simmedesima con le Eliadi per elevarsi alla dea suprema. Al primo verso del proemio si dice che son le cavalle a guidare il carro di Parmenide, al sesto le fanciulle. Entrambe, cavalle ed Eliadi, sono manifestazioni della dea che attira potentemente a s il filosofo. Esse sono forze cosmiche che elevano Parmenide al divino e manifestano la cooperazione tra uomo e dio, la compenetrazione tra uomo e cosmo. La guida delle fanciulle, al quinto verso, esprime la vicinanza della dea che assiste Parmenide nel suo ardito viaggio, lontano dalle vie comuni degli altri uomini, la mediazione offerta dalla stessa Daimon fra s e la via da percorrere, il tramite necessario alluomo perch possa entrare nel divino.

  • MARIN, Parmenide 24

    Daimon/ Dea (1, 22) = la potenza divina in tutti i suoi aspetti

    Ananke/ Necessit (8, 30) = forza in grado di imporre un vincolo che non pu essere infranto

    Moira/ Destino (8, 37) = norma e necessit che vincola lEssere: andare oltre precipitare nel nulla

    Peith/ Persuasione (2, 4) = persuasivit e razionalit che genera fiducia

    Afrodite/ dea dellamore (fr. 18) = imposizione interna per la generazione

    Eros/ Amore (fr. 13) = principio del cosmo

    Themis/ Norma (1, 28) = la norma fondata sulla tradizione che regola la polis

    Dike/ Giustizia (1, 14.28; 8, 14) = la norma fondata sulla razionalit, sul logos.

    Gi Anassimandro ed Eraclito avevano esaltato Dike, come espressione del valore astratto della

    norma che si impone sia a livello cosmico sia a livello politico. In Parmenide esprime la legge della

    totalit del reale = la valenza onniesaustiva dellessere nel suo valore normativo. La legge vincola e

    salvaguarda.Dike la Verit gi in Esiodo in quanto espressione della effettiva realt delle cose

    (p. 191). Ha anche un valore cosmico nel frammento 9: Garantisce le parti che competono a ciascun

    dio, mantiene ciascuno nei limiti.

    - Il cuore retto della Verit persuasiva = la condizione essenziale per conoscere la fermezza che

    manifesta lininterrotta attivit del centro vitale cui fanno riferimento le diverse potenze conoscitive

    e vitali (p. 199). Persuasiva = ha la forza della ragione. Verit persuasiva = ci che guida alla

    pienezza della conoscenza. Cuore = il centro pi significativo.88

    - Le parole della fanciulle = le qualit di Parmenide che lo rendono degno di entrare.

    - La Porta = laccesso alla conoscenza che separa e unisce la realt (oltre la porta sta loscurit che

    racchiude Notte e Giorno, ossia il fondamento della totalit dellapparire; oltre la porta sta la sede

    della Daimon, cio della madre di tutte le cose, dalla quale le cose attingono vita ed esistenza). La

    realt non che il manifestarsi dellinfinita ricchezza di aspetti della forza divina.89

    88

    (MARIN , Il fascino del divino, Las, Roma 2000, p. 146-47) Sullo scudo di Atena, la dea della sapienza sta la testa della terribile Medusa che pietrifica chi la guarda (Iliade 5, 737-742). Altrettanto suggestivo e potente era per molti pensatori, secondo Platone (Teeteto 183 E5-184A1), il pensiero di Parmenide. Alcuni di loro, osserva Aristotele (Sulla generazione e corruzione 352 a2-23), applicarono in modo cos radicale la concezione parmenidea dellessere, anche contro levidenza delle sensazioni, da ridurre tutto ad ununit immobile e con i loro procedimenti logici finirono per rasentare la pazzia. Lesigenza dellunit, gi espressa da Eraclito con il logos, in Parmenide si rivela il cuore della Verit, seduta al suo centro come la terribile Gorgone sullo scudo rotondo di Atena. insieme scoperta e rivelazione, conquista umana e dono divino, esigenza logica e realt razionale evidente. una conferma dellaspetto divino dellintelligenza umana. Richiede il massimo sforzo nella ric